Critica e superamento della grammatica
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Critica e superamento della grammatica
Critica e superamento della grammatica universale nella linguistica dell’Ottocento tedesco BENEDETTA ZAVATTA La moderna Sprachwissenschaft, nata in Germania all’inizio del 1800, si afferma definitivamente come disciplina accademica autonoma intorno alla metà del secolo. Per difendere la scientificità della neonata disciplina i ricercatori abbandonano ogni genere di speculazione astratta intorno al fenomeno del linguaggio e si dedicano piuttosto alla raccolta e classificazione di dati empirici, allo scopo di arrivare a una descrizione quanto più accurata possibile dello sviluppo storico delle lingue naturali. Il tema più dibattuto tra ‘600 e ‘700, vale a dire l’idea di una grammatica universale o razionale, viene progressivamente abbandonato. Humboldt, Steinthal e Nietzsche rappresentano tre tappe di una linea di ricerca che ridiscute il rapporto tra categorie logiche e grammaticali, sviluppando una critica sempre più serrata alla pretesa purezza e universalità della ragione illuminista e rifondando su nuove basi la ricerca di universali linguistici. Se con Humboldt la presenza di forme linguistiche universali, pur nella grande varietà delle loro declinazioni, è garantita dalla fede nell’unicità del soggetto trascendentale, con Steinthal il fondamento della grammatica non viene più cercato nella logica, ma nella psicologia empirica e nello spirito peculiare a ciascun popolo. Nietzsche, infine, demolisce anche l’idea romantica che il linguaggio Studi Linguistici e Filologici Online ISSN 1724-5230 Vol. 8.2 (2010), pp. 329-359 Benedetta Zavatta, Critica e superamento della grammatica universale nella linguistica dell’Ottocento tedesco Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo sia espressione del Volksgeist, mostrandone il radicamento nel corpo e nella fisiologia. 1. IL LINGUAGGIO COME A-PRIORI STORICO DELLA SINTESI TRASCENDENTALE Il sogno di una lingua filosofica universale che, come una sorta di algebra del pensiero, enumeri e ordini tutti i pensieri, risale a Descartes. Riprendendo questa suggestione, Leibniz ipotizza una grammatica rationalis in base alla quale, a partire da un certo numero di idee semplici e attraverso determinate trasformazioni, si possano generare tutte le idee complesse. Il ragionamento sarebbe così riducibile a una sorta di calcolo algebrico, di cui la grammatica fornirebbe le regole1. Nel cosmopolita XVIII secolo l’idea di una grammatica generale, manifestazione delle universali leggi della ragione, diventa l’ipotesi regolativa su cui fondare l’aspirazione di dialogare con tutti i popoli della terra. Nell’articolo grammaire, redatto da Beauzée per l’Encyclopedie di D’Alembert e Diderot (1757), la grammatica generale è definita come la scienza che cerca i principi immutabili e generali del discorso in ogni lingua, i quali precedono e fondano le lingue particolari. Seguendo queste istruzioni, la Grammaire générale et raisonnée (1660) di Arnauld e Lancelot (o 1 La composizione delle idee sarebbe analoga alla moltiplicazione in aritmetica, mentre la decomposizione di un'idea nei suoi elementi semplici equivarrebbe alla scomposizione di un numero nei suoi fattori primi. 330 grammatica di Port-Royal) deduce sistematicamente le categorie della grammatica da quelle universali della logica. Assunto di fondo di una simile impresa è che il pensiero sia un fenomeno distinto dal linguaggio, non solo dotato di una sua autonomia, ma precedente e prioritario rispetto ad esso. Il linguaggio è visto cioè come una sorta di “veicolo” o manifestazione esteriore di un fenomeno spirituale che, tuttavia, se usato in maniera non corretta, è capace di influenzarlo negativamente e indurre confusione nel ragionamento. In questa cornice vanno collocate anche le analisi di Locke e Bacon dirette a una “purificazione” del pensiero dagli errori in esso ingenerati da un uso non critico del linguaggio. In definitiva, si può rintracciare un minimo comune denominatore delle pur varie ricerche sul rapporto pensiero-linguaggio condotte durante il ‘700 nell’impostazione del confronto interlinguistico sostanzialmente su base astorica e nell’intenzione di dimostrare attraverso di esso la tesi di una sostanziale omogeneità e origine comune di tutte lingue. Con il progredire delle indagini storico-descrittive sulle lingue naturali si impone tuttavia con sempre maggior forza il dato della grande diversità delle manifestazioni del linguaggio e si avverte l’esigenza di reimpostare su nuove basi la ricerca dei principi generali o universali di questo fenomeno. È Hamann il primo a inquadrare il problema del rapporto pensiero-linguaggio entro coordinate completamente nuove. Nella lunga controversia intrattenuta con Michaelis, che nel 1759 aveva vinto il concorso bandito dall’Accademia berlinese delle Scienze con il saggio Beantwortung 331 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo der Frage von dem Einfluss der Meinungen eines Volks in seine Sprache, und der Sprache in die Meinungen, Hamann muove obiezione all’impostazione stessa del problema, secondo cui pensiero e linguaggio sono considerati due fenomeni separati e reciprocamente influenzantesi. La sua Metakritik denuncia l’ingenuità e impraticabilità di ogni approccio che presupponga l’esistenza di una “ragione pura” e manchi di considerare l’importante ruolo svolto dal linguaggio – come a-priori storico-culturale – nella sintesi trascendentale2. In una lettera a Herder dell’8 agosto 1874, Hamann afferma che pensiero e linguaggio sono un unico e solo fenomeno, logos appunto, e che pertanto non soltanto l’uno non possiede priorità sull’altro, ma neppure può esistere separatamente. Da ciò consegue l’impossibilità di condurre una critica della conoscenza e della ragione umana che prescinda da un’adeguata considerazione del linguaggio. La Sprachkritik diventa allora indispensabile metacritica della ragione, nella consapevolezza che non esiste un punto esterno al linguaggio e alla storia da dove possa essere condotta una critica della 2 Forti attacchi a Michaelis si possono trovare anche nella Aesthetica in nuce (1762), che rigetta l’impostazione del problema proposta dall’Accademia e considera piuttosto il linguaggio nella sua relazione con la storia. La discussione viene rilanciata dal saggio di Sulzer del 1767 Observations sur l’influence réciproque de la raison sur le langage et du langage sur la raison che mantiene sostanzialmente l’impostazione di Michaelis, considerando pensiero e linguaggio come due realtà separate e concedendo al primo la priorità sul secondo. Sulzer riconosceva ovviamente che il linguaggio permette di definire meglio i pensieri, di immagazzinarli ordinatamente e richiamarli più velocemente alla memoria, nonché di abbreviare considerevolmente i ragionamenti. Non considerava tuttavia minimamente il ruolo da questo svolto nella sintesi trascendentale e dunque la sua funzione propriamente ‘costruttiva’. 332 ragione pura: la ragione come linguaggio è già da sempre immersa in una dimensione storica. Forte da un lato delle conquiste della filosofia kantiana e neokantiana, dall’altro avvalendosi dell’enorme mole di dati che la linguistica empirico-descrittiva stava portando alla luce, Humboldt cerca di conciliare riflessione filosofica e indagine scientifica in una trattazione che, pur rendendo giustizia alla diversità culturale, considera il linguaggio come fenomeno universalmente umano. Partendo, come Hamann, dalla critica alla kantiana “purezza” della ragione e riconoscendo il linguaggio quale matrice storico-culturale intrascendibile e ineliminabile, Humboldt sottolinea come il soggetto non conosca il mondo in modo oggettivo, ma piuttosto si formi una rappresentazione di esso che è sempre linguisticamente mediata e culturalmente condizionata (Weltanschauung). Con Humboldt pensiero e linguaggio cessano per sempre di essere considerati come fenomeni distinti e reciprocamente influenzantesi, mentre si afferma di contro la convinzione che essi siano due aspetti di un medesimo movimento spirituale con il quale l’uomo dà forma al mondo in cui vive (Weltbild). La possibilità di rintracciare un’unità al fondo della diversità delle lingue è garantita per Humboldt dall’unicità del soggetto trascendentale, che precede e fonda la soggettività empirica. Il programma da lui delineato nella Kawi-Einleitung prevede la ricostruzione, attraverso una ricognizione delle diverse lingue, delle forme universali con cui l’uomo concettualizza ed esprime la realtà per risalire poi, attraverso di esse, a forme universali dello spirito 333 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo umano. A questo scopo Humboldt prescrive prima di tutto uno studio monografico delle lingue storiche e poi uno sguardo per così dire trasversale, che esamini come le singole funzioni grammaticali vengono rappresentate nei diversi sistemi linguistici. Zuvörderst jede bekannte Sprache in ihrem inneren Zusammenhange zu studieren, alle darin aufzufindenden Analogien zu verfolgen, und systematisch zu ordnen, um dadurch die anschauliche Kenntniss der grammatischen Ideenverknüpfung in ihr, des Umfangs der bezeichneten Begriffe, der Natur dieser Bezeichnung und des ihr beiwohnenden, mehr, oder minder lebendigen geistigen Triebes nach Erweiterung und Verfeinerung, zu gewinnen. Ausser diesen Monographien der ganzen Sprachen, fordert aber die vergleichende Sprachkunde andre einzelner Theile des Sprachbaues, z.B. des Verbum durch alle Sprachen hindurch3. L’aspirazione humboldtiana a rintracciare delle invarianti nelle strutture grammaticali delle diverse lingue, cui corrispondano funzioni fondamentali dello spirito umano, si differenzia tuttavia radicalmente dal progetto illuminista, in quanto riconosce al dato storico-empirico un ruolo fondamentale, non meramente accidentale. Se prima si partiva dalle leggi della logica per ricavare quelle del pensiero, ora piuttosto è il linguaggio che fornisce indicazioni sulla struttura dello spirito umano. Inoltre, l’essenza del linguaggio non viene più cercata in principi esterni ad esso ma nella sua storia, cioè ricavata dalla comparazione delle singole lingue nelle quali questo fenomeno si è 3 Cfr. Humboldt 1963:10-11. 334 concretamente manifestato. Se nel ‘700 era ancora possibile discutere del linguaggio a priori, cercando di dedurne le leggi a partire da un ragionamento astratto, nell’800 la via per arrivare agli universali linguistici è unicamente quella dell’indagine empirica, dell’induzione a partire dai dati forniti dalla ricerca storico-comparativa. La direzione inaugurata da Humboldt venne però poco o per nulla seguita dai suoi contemporanei. Come sottolinea Donatella di Cesare, sebbene citarne il nome fosse al tempo quasi doveroso, la linguistica aveva ormai intrapreso una strada diversa4. Chiaramente indicativo dello spirito del tempo è il commento di Whitney, che dipinge Humboldt come “un uomo del quale oggi è di moda tessere grandi elogi, senza però comprenderlo o addirittura senza leggerlo”5. Nella stessa direzione, Trabant afferma che la Kawi-Einleitung, già al momento della sua pubblicazione postuma nel 1836, poteva considerarsi un’opera sorpassata, proprio per il tentativo inattuale di usare l’analisi storica come mezzo per una considerazione filosofica del problema6. Per difendere la scientificità e l’autonomia della neonata disciplina i ricercatori scelsero di dedicarsi unicamente allo studio di dati osservabili, astenendosi dal formulare ipotesi che implicassero una considerazione transdisciplinare del fenomeno linguistico. Ad esempio Bopp, che con la sua Vergleichende Grammatik (1833-1857) offrì la prima compiuta applicazione del metodo storico-comparativo introdotto dallo Schlegel, diversamente 4 Cfr. Di Cesare 2000:XVI-XVII. Cfr. Morpurgo Davies 1996:267. 6 Cfr. Trabant 1985:676-677. 5 335 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo da questo si proponeva di conseguire la ricostruzione non dello sviluppo dello spirito umano, bensì unicamente di quello del linguaggio. Pur essendo legato a Humboldt da rapporti di profonda amicizia e guidato nel suo lavoro da istanze di ordine generale, Bopp rivendicava l’assoluta libertà della linguistica da preoccupazioni di altro ordine. Anche la Deutsche Grammatik (1819-1837) di Grimm si propone come descrizione storica della grammatica tedesca dalle origini alla modernità proprio in opposizione e in polemica rispetto all’idea astratta di una grammatica universale, riproposta 7 nell’Ottocento da Bernhardi . Il saggio di August Pott, Zur Geschichte und Kritik der sogennanten allgemeine Grammatik (1863), che delinea un’immagine auspicandone programmatico” un della stereotipata superamento, grammatica dell’utopia settecentesca, diventerà il “manifesto comparata. Per la nuova generazione di linguisti, operanti a partire della seconda metà dell’Ottocento, la ricostruzione storica delle lingue diventa un fine in sé e per sé, senza alcuna considerazione del significato che essa può rivestire nell’ambito della storia di una cultura o di un popolo. Se in Bopp, Pott e Grimm il legame, seppure polemico, con la filosofia del linguaggio romantica era ancora vivo, l’approccio dei Neogrammatici si inserisce invece a pieno titolo nel clima positivista della fine secolo8. 7 Cfr. Formigari 1999:4. Theodor Benfey, nella sua Geschichte der Sprachwissenschaft (1869) è il primo a registrare il cambio di paradigma e sottolineare come la linguistica storicocomparata volesse dare dignità scientifica allo studio delle lingue rifondando su nuove basi anche quanto di valido si poteva recuperare nella ricerca sul linguaggio 8 336 2. LA PSICOLOGIZZAZIONE DELLA GRAMMATICA UNIVERSALE Sebbene l’avvento della linguistica comparata segni indubbiamente una svolta nello studio del linguaggio e apra una frattura profonda tra approccio filosofico e approccio empirico, sarebbe superficiale pensare che la riflessione sugli universali linguistici venga abbandonata di punto in bianco. Come sostiene Lia Formigari, l’idea di “grammatica generale” propriamente non scompare, bensì subisce una mutazione, dando origine a una molteplicità di “grammatiche generali a base psicologica”, le quali indagano la struttura grammaticale delle diverse lingue nel loro rapporto non con le categorie di una presunta ragione universale, bensì con le strutture cognitive del soggetto9. Particolarmente significativa in questa fase di transizione è la figura di Heymann Steinthal che, dei secoli precedenti (cfr. Ramat 1990:199). Chiaramente indicativo della volontà di recidere ogni legame con le ricerche romantiche sul linguaggio è anche lo statuto della Société de Linguistique de Paris, fondata nel 1866, che all’art. 2 riporta il divieto di proporre comunicazioni riguardante i temi dell’origine del linguaggio e della lingua universale. 9 Un altro punto sottolineato dalla Formigari è che sono gli stessi filosofi a decretare il tramonto della grammatica generale, sanzionando il discredito gettato su di essa dai linguisti. Questi cercano però un suo superamento che rappresenti allo stesso tempo anche un superamento della nuova grammatica comparata. Ad esempio Ludwig Heyse critica la grammatica generale illuminista perché cercava il fondamento del linguaggio fuori dal linguaggio stesso e rimaneva pertanto una “forma del tutto vana e morta, uno scheletro irrigidito, un’ossatura scarnificata”. Al tempo stesso, non si accontenta della nuova grammatica comparata e nel suo System der Sprachwissenschaft (1856) tenta di fornire alla considerazione del linguaggio un fondamento non empirico. Cfr. Formigari 1997:200. 337 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo insieme a Pott, è pressoché l’unico a preoccuparsi di mantenere viva l’eredità di Humboldt, promuovendone l’edizione e la diffusione delle opere10. Mentre Pott ripubblicò la Kawi-Einleitung con un lungo commento, Steinthal curò un’edizione delle opere complete e i primi importanti studi critici sul suo pensiero11. Ma se Humboldt risultava estraneo allo spirito del tempo, Steinthal venne ancor meno capito e apprezzato. Delbrück lo definisce: “Ein schwer verständlicher Philosoph, dem es auf den Höhen der Abstraktion am wohlsten war”12. E Jespersen osserva: This obscurity, in connexion with the remoteness of Steinthal’s studies, which ranged from Chinese to the language of the Mande negroes, but paid little regard to European languages, prevented him from exerting any powerful influence on the linguistic thought of his generation13. Il pensiero di Steinthal conobbe dunque poca fortuna al suo tempo e, per ricevere i primi riconoscimenti, si dovranno aspettare i primi del ‘900. Sarà infatti Wilhelm Wundt che, in apertura di Sprachgeschichte und Sprachpsychologie (1901), riconoscerà a Steinthal il merito di 10 Heymann Steinthal, dopo gli studi di linguistica, filosofia e botanica, conseguì il dottorato a Tübingen nel 1847 e l’abilitazione a Berlino nel 1849, dove rimase a insegnare “Filologia e mitologia” prima come Privatdozent e poi come professore straordinario. Nonostante fosse un linguista stimato, non divenne mai professore ordinario a causa dell’allora assai diffuso antisemitismo. Cfr. Stammerjohann 1996: 885. 11 Cfr. Steinthal 1883:4. 12 Cfr. Delbrück 1919:11. 13 Cfr. Jespersen 1925:87. 338 aver per primo introdotto la prospettiva psicologica nella scienza del linguaggio e riprenderà il suo progetto di una Völkerpsychologie14. Il rapporto di Steinthal con Humboldt è peraltro assai complesso e sfaccettato, e tende ad assumere con il passare del tempo un tono sempre più critico e polemico. Come si evince dalla sua dissertazione dottorale sul pronome relativo, Steinthal inizialmente condivide il progetto humboldtiano di esaminare come le stesse funzioni grammaticali siano rappresentate nelle diverse lingue allo scopo di individuare forme universali dello spirito umano. Ben presto, però, il confronto con lingue estremamente diverse da quelle del ceppo indoeuropeo, come quella dei negri Mande, lo conduce a concludere che esistono Sprachen […], welche mit dem Kategorienschema der philosophischen Grammatiker keinen Berührungspunkt zeigen, und welche mit unseren höher organisirten indo-europäischen Sprachen rücksichtlich des inneren Baues zu vergleichen so wenig möglich ist, als es angeht ein Insect mit einem Säugethier zu vergleichen15. A partire dagli anni ’50 Steinthal comincia dunque a mostrarsi critico nei confronti della realizzabilità del progetto humboldtiano e tenta di sciogliere la grammatica dalla sua dipendenza dalla logica, ossia dalle categorie di un presunto soggetto trascendentale universale, per legarla piuttosto alla psicologia individuale: “Unsere Aufgabe [ist] 14 Cfr. Knobloch 1987:268-273 e 1987:395-422. Si veda Formigari 1997b; Fortuna 2005. 15 Cfr. Steinthal 1867: VI-VII. 339 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo das Princip der Grammatik zu bestimmen, sie von der Logik scharf abzuschneiden und ihren Zusammenhang mit der Psychologie zu zeigen”16. Steinthal libera dunque la psicologia empirica dalla condanna kantiana che, per quasi un secolo, aveva relegato questa disciplina a un ruolo di secondaria importanza. In Philosophie, Geschichte und Psychologie (1864) egli la indica quale strumento privilegiato di indagine del linguaggio e sottolinea la sua grande rilevanza per la ricerca storica e filologica17. Opponendosi al paradigma schleicheriano secondo cui la lingua sarebbe un organismo naturale, governato da leggi proprie e privo di legami con la vita del popolo che la parla, Steinthal sostiene al contrario che essa vada studiata proprio nella molteplicità delle sue incarnazione storiche. Il suo progetto di una Völkerpsychologie mira appunto a verificare come lo spirito peculiare di ogni popolo venga all’espressione nella grammatica della lingua che gli è propria. Steinthal sostiene infatti che, nella grammatica di una lingua, siano già contenute in nuce tutta la logica, la metafisica e addirittura la visione scientifica che una cultura potrà sviluppare: 16 Cfr. Steinthal 1855: 392. Secondo Lia Formigari la Vorstellungstheorie che sta alla base della teoria linguistica di Steinthal, alimentata dagli studi di medici-filosofi come Johannes Müller e Hermann Lotze, sembra voler rinnovare il dialogo tra filosofia cognitiva e linguistica tipico del ‘700, bruscamente interrotto dalla condanna kantiana. Steinthal considera lo studio della meccanica psichica come il metodo par excellence per investigare le condizioni del linguaggio: un metodo fondato sull’introspezione, sull’analisi della percezione e delle modalità di trasformazione simbolica dei dati percettivi. Si veda Formigari 1999. 17 340 Ursprünglich sind die Formen des Denkens, die logischen Kategorien, wie Urteil, Schluss u.s.w., eben so wohl wie die metaphysischen ganz unbewusst. Erst mit der Bildung der Logik als Wissenschaft treten sie ins Bewusstsein. Längst zuvor aber haben sich die metaphysischen und die logischen Formen eine sinnlichen Ausdruck geschaffen in den grammatischen Formen18. In Die Classification der Sprachen dargestellt als die Entwicklung der Sprachidee (1850) Steinthal propone una classificazione delle lingue su base psicologica, sostenendo la necessità di considerare e descrivere ogni lingua non in rapporto con un presunto modello generale, bensì unicamente secondo la sua propria logica e la innere Sprachform che la caratterizza19. L’idea di grammatica universale viene perciò definitivamente rimpiazzata con quella di una molteplicità di grammatiche a base psicologica, ognuna delle quali esprime lo spirito di un determinato popolo. “So viele Sprachen es gibt, so viel Grammatiken haben wir zu schaffen” 20 . Una seconda versione di questa teoria, rivista e arricchita con una più ampia descrizione delle singole lingue, venne ripresentata da Steinthal dieci anni dopo in Charakteristik der hauptsächlichsten Typen des Sprachbaues (1860), opera che apparve poi come secondo volume dell’Abriss der Sprachwissenschaft curato dallo svizzero Franz Misteli 18 Cfr. Steinthal 1871:108. “Den sprachschaffenden Geist oder das Volksbewußtsein, insofern es spracherzeugend ist, nennen wir mit Humboldt den innern Sprachsinn. Er bringt die innere Sprachform hervor, d.h. das eigenthümliche System der grammatischen Kategorien einer Sprache” (Cfr. Steinthal 1850:71). 20 Cfr. Steinthal 1871:29. 19 341 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo (1841-1903). In definitiva, secondo Steinthal, ciò che emerge dallo studio comparato delle diverse lingue non è l’unità del soggetto trascendentale kantiano, bensì piuttosto l’irriducibile peculiarità della psicologia di ciascun popolo. L’unità è semmai da rintracciare, hegelianamente, nel percorso di evoluzione da una lingua all’altra. Diversamente da Hegel, tuttavia, Steinthal ritiene che il cammino dell’Idea possa essere individuato solo alla fine della ricostruzione storica e non postulato a monte del processo storico. Prova della grande importanza che per Steinthal riveste il dato empirico è l’enorme mole di ricerche linguistiche e antropologiche raccolte nella rivista Zeitschrift für Völkerpsychologie und Sprachwissenschaft da lui fondata nel 1860 e diretta insieme al cognato Moritz Lazarus per circa un trentennio. La riflessione di Steinthal segna il passaggio da un relativismo linguistico generale, dove il vincolo esercitato dal linguaggio sul pensiero assumeva la forma delle categorie della ragione universale kantiana, a un relativismo linguistico particolare, dove tale vincolo si esercita invece attraverso forme storico-culturali di portata limitata. La transizione da un relativismo linguistico “generale” a uno “particolare” segna il definitivo tramonto dell’idea di un soggetto trascendentale, precedente e fondante la soggettività empirica, che in Humboldt garantiva ancora l’unita delle lingue al di sotto dell’apparente diversità. La grammatica per Steinthal non rivela più una presunta struttura universale dello spirito umano, bensì soltanto la vita spirituale di un popolo, con la sua storia e la sua cultura. 342 3. LA FISIOLOGIZZAZIONE DELLA GRAMMATICA Di poco più vecchio di Steinthal, Friedrich Nietzsche si forma come filologo a Leipzig durante gli anni ’60 dell’Ottocento. Tra i suoi insegnanti, di particolare rilievo è Georg Curtius – autore degli importanti Grundzüge der griechischen Etymologie (1858-62) – che si impegnò strenuamente affinché a Leipzig la linguistica venisse riconosciuta come disciplina accademica autonoma, portando ben presto questa università a ottenere un indiscusso primato tanto sul piano della ricerca, quanto su quello della didattica21. Curtius sosteneva che il linguaggio è la prima e più importante espressione dello spirito umano e pertanto sottolineava la grande rilevanza della linguistica per la filologia, intendendo quest’ultima in senso ampio 21 Cfr. Morpurgo Davies 1996:260. La preminenza dell’Università di Leipzig nel campo della linguistica inizia nel 1861 con la docenza di Curtius, cui seguono quella di Leskien, Brugmann e Wundt. Anche Sausurre - di una generazione più giovane di Nietzsche - si forma all’Università di Leipzig, iniziando i suoi studi nel 1876, quando prende vita il movimento dei Neogrammatici. Sempre a Leipzig studiarono Joseph Wright e Leonard Bloomfield. Alla scuola di Curtius si formò anche Friedrich Max Müller che, nel 1874, osservava lo straordinario incremento di interesse registrato nel campo della linguistica comparata: “Als ich vor einigen Jahren in Deutschland reiste, fand ich, dass fast Alle, welche classische Philologie studirten, die Vorlesungen über vergleichende Philologie besuchten. In Leipzig fand ich über 100 Studenten im Auditorium des Professor Curtius; und sogar der Professor des Sanskrits, mein alter Lehrer, Professor Brockhaus, der, als ich zu Lepzig studirte, zu Anfang des Semesters drei, zu Ende einen Zuhörer hatte, hatte jetzt gegen fünfzig Schüler, die wenigstens so viel von Sanskrit zu lernen wünschten, als zu einem wirklich fruchtbringenden Studium der vergleichenden Grammatik unumgänglich ist” (Cfr. Müller 1874: 3). 343 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo come studio della vita culturale di un popolo nel suo complesso.22 Nel breve saggio Die Sprachvergleichung in ihrem Verhältniss zur classichen Philologie (1845) Curtius distingue due direzioni della linguistica comparativa, una filosofica e una storica. La prima, inaugurata da Humboldt, è al servizio della “allgemeinen Sprachwissenschaft”, ossia della “philosophischen Grammatik”, e ha il compito di indagare le strutture fondamentali del pensiero così come vengono all’espressione nel linguaggio. La comparazione serve in questo caso unicamente per dimostrare i modi particolari in cui queste universali relazioni del pensiero si manifestano nelle diverse lingue. La seconda è invece strettamente apparentata alla filologia per il fatto di essere una scienza storica fondata sulla ricerca empirica. In conclusione del suo saggio, Curtius auspica di vedere in futuro riunite queste due direzioni della linguistica, così da orientare la ricerca storica e, allo stesso tempo, dare fondamento alla riflessione teorica23. Nietzsche, ottenuta nel 1869 la cattedra di filologia classica all’Università di Basilea, continuò a promuovere e diffondere questa visione, sostenendo l’importanza dello studio del linguaggio per comprendere la storia e la cultura dei popoli. Nella Encyclopedie der klassischen Philologie, concepita come un’introduzione agli studi classici, egli critica l’impostazione allora dominante nella linguistica, per cui raccolta e classificazione dei dati erano diventati un fine in sé. Pur mostrando di apprezzare grandemente gli importanti risultati 22 Si veda la prolusione inaugurale sul tema “Filologia e linguistica” tenuta da Curtius all’Università di Leipzig il 30 aprile 1862 (Curtius 1862). 23 Cfr. Curtius 1945:6. 344 conseguiti dalla linguistica storico-comparativa, Nietzsche ribadisce la necessità che essi vengano impiegati per elaborare una considerazione di più ampio respiro24. Negli appunti del 1875 per la mai pubblicata Considerazione Inattuale dedicata a Noi filologi, questa posizione viene ribadita ulteriormente, deplorando la cecità di chi si dedica unicamente a indagare il particolare senza saperlo inserire in una visione più ampia. L’attenzione per il rapporto esistente tra linguaggio e cultura si mostra esemplarmente in occasione delle Vorlesungen über lateinische Grammatik (WS 1869-70), introducendo il quale Nietzsche si addentra in una riflessione sulle problematiche epistemologiche implicate nello studio della grammatica ben più approfonditamente di quanto il contesto direttamente richiedesse. In questo breve saggio, intitolato Vom Ursprung der Sprache, Nietzsche sostiene che il linguaggio, originato da un istinto inconscio dell’essere umano, rappresenta l’ineludibile matrice di ogni pensiero consapevole e pertanto condiziona fortemente tutti i sistemi metafisici, morali o religiosi. La componente del linguaggio che andrebbe a determinare l’articolazione del pensiero è la grammatica. Die tiefsten philosoph. Erkenntnisse liegen schon vorbereitet in der Sprache […]. Man denke an Subjekt und Objekt; der Begriff des Urtheils ist vom grammatischen Satze abstrahirt. Aus Subjekt u. Prädikat wurden die Kategorien von Substanz und Accidenz25. 24 25 Cfr. Nietzsche KGW II/3:389-90. Cfr. Nietzsche KGW II/2:185. Si veda Simon 1972. 345 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Gli stessi concetti di sostanza ed accidente, cardini della riflessione filosofica occidentale, sono considerati da Nietzsche derivati dalle categorie linguistiche di soggetto e predicato, così che non pare azzardato concludere che gran parte della nostra filosofia è già implicitamente contenuta nella lingua che parliamo. Nonostante gran parte delle riflessioni contenute in questo saggio seguano la falsariga della Philosophie des Unbewusstes di Eduard von Hartmann26, non è affatto da sottovalutare l’importanza dell’influsso che potrebbe aver esercitato su Nietzsche la lettura di Steinthal. Proprio nel novembre 1869 egli prende infatti a prestito dalla biblioteca universitaria di Basilea la Geschichte der Sprachwissenschaft bei den Griechen und Römern mit besonderer Rücksicht auf die Logik (1863)27 e, nella bibliografia della Encyclopädie der Philologie (1868-69), cita il saggio Philosophie, Geschichte und Psychologie in ihren gegenseitigen Beziehungen (1864)28. La critica alla grammatica e al vincolo che questa inconsapevolmente esercita sul pensiero rimane un leit-motiv costante nella riflessione nietzscheana. Come si legge in un aforisma della Gaia Scienza, dopo la ‘morte di Dio’ la terra è rimasta pur sempre 26 Si veda Thüring 1994 e Crawford 1988. Cfr. Crescenzi 1994:391. 28 Cfr. Nietzsche KGW I/5:197. Albrecht ipotizza anche che le idee di Steinthal possano essere pervenute a Nietzsche anche attraverso Franz Misteli, dal 1874 collega di Nietzsche a Basilea e curatore del monumentale Abriss der Sprachwissenschaft che raccoglie le principali idee di Steinthal in materia di linguaggio. Cfr. Albrecht 1979:241. 27 346 coperta dalla sua ombra, vale a dire da scienza, morale, metafisica - i tre grandi sistemi che divinizzano la natura – che riposano sul comune presupposto della ‘fede’ nella grammatica29. La travatura di concetti che l’uomo, tramite la grammatica, sovrappone allo scorrere del divenire per non venirne travolto è infatti il presupposto dell’edificazione di qualsiasi sistema metafisico, morale o religioso. Ecco perché nel Crepuscolo degli Idoli Nietzsche lamenta: „Ich fürchte, wir werden Gott nicht los, weil wir noch an die Grammatik glauben …“30. La grammatica viene definita una “fede” o, meglio, una sorta di credo popolare, di superstizione31. Essa nasce infatti per soddisfare un bisogno connaturato all’essere umano, quello di formarsi un’immagine del mondo stabile e coerente. Per vivere l’uomo è costretto a credere che esista, al di sotto del flusso del divenire, un “essere” sostanziale che permane. In realtà, osserva Nietzsche, è la relazione predicativa soggetto-verbo-oggetto che porta a immaginare dietro ogni fenomeno una causa agente, dando vita così a un mondo di sostanze metafisiche che sarebbero a noi note soltanto tramite i loro ‘ effetti’. 29 “Neue Kämpfe. - Nachdem Buddha todt war, zeigte man noch Jahrhunderte lang seinen Schatten in einer Höhle, - einen ungeheuren schauerlichen Schatten. Gott ist todt: aber so wie die Art der Menschen ist, wird es vielleicht noch Jahrtausende lang Höhlen geben, in denen man seinen Schatten zeigt. - Und wir - wir müssen auch noch seinen Schatten besiegen!” (Cfr. Nietzsche KSA 3:467). 30 Cfr. Nietzsche KSA 6:77. 31 Le espressioni più ricorrenti sono quelle di “Gouvernanten-Glauben” (Cfr. KSA 5: 52) o “Volks-Metaphysik” (Cfr. KSA 3:590). 347 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Wenn ich sage ‘der Blitz leuchtet’, so habe ich das Leuchten einmal als Thätigkeit und das andere Mal als Subjekt gesetzt: also zum Geschehen ein Sein supponirt, welches mit dem Geschehen nicht eins ist, vielmehr bleibt, ist, und nicht ‘wird’32. È pertanto in sede linguistica che viene creato un Hinterwelt di sostanze eterne e immutabili di cui il mondo apparente non sarebbe che il riflesso o il prodotto. Il mondo immaginato secondo le categorie della sintassi appare peraltro assolutamente congruente con le categorie dell’intelletto umano, che si dimostrano essere così strumenti perfettamente adeguati alla sua comprensione. La ‘conoscenza’ è appunto l’illusione che si genera allorquando riscontriamo congruenza tra questa sfera dell’essere da noi inventata e le nostre strutture cognitive, senza accorgerci che la regolarità che ritroviamo nella natura è quella che noi stessi vi abbiamo introdotto. Come Nietzsche osserva nella Genealogia della morale, dimenticare l’instabile fondazione di tutta la conoscenza è per l’essere umano un bene33. La finzione di una permanenza e di una regolarità nella realtà che ci circonda è la base indispensabile che consente all’individuo di dominare l’ambiente e sopravvivere34. 32 Cfr. Nietzsche KSA 12:103. In sostituzione del tradizionale “Ding-Modell”, Nietzsche propone un “Prozeß-Modell”, nel quale “als ‘Bausteine’ der Natur und des Lebendigen nicht ‘Dinge’ im Sinne Raum-Zeit-Stellen besetzender ‘materieller Körper’, sondern ‘Ereignisse’ resp. ‚Prozesse’ angenommen werden” (Cfr. Abel 2001: 11). 33 Cfr. Nietzsche KSA 5:291. 34 Cfr. Nietzsche KSA 5:293. 348 Che Nietzsche propenda per lo “spezieller Sprachrelativismus” sostenuto da Steinthal, secondo il quale ogni lingua esercita sul pensiero un vincolo peculiare, si evince chiaramente da un aforisma di Al di là del bene e del male, che val la pena di riportare per l’intero. Dass die einzelnen philosophischen Begriffe nichts Beliebiges, nichts Für-sich-Wachsendes sind, sondern in Beziehung und Verwandtschaft zu einander emporwachsen, dass sie, so plötzlich und willkürlich sie auch in der Geschichte des Denkens anscheinend heraustreten, doch eben so gut einem Systeme angehören als die sämmtlichen Glieder der Fauna eines Erdtheils: das verräth sich zuletzt noch darin, wie sicher die verschiedensten Philosophen ein gewisses Grundschema von möglichen Philosophien immer wieder ausfüllen. Unter einem unsichtbaren Banne laufen sie immer von Neuem noch einmal die selbe Kreisbahn: sie mögen sich noch so unabhängig von einander mit ihrem kritischen oder systematischen Willen fühlen: irgend Etwas in ihnen führt sie, irgend Etwas treibt sie in bestimmter Ordnung hinter einander her, eben jene eingeborne Systematik und Verwandtschaft der Begriffe. Ihr Denken ist in der That viel weniger ein Entdecken, als ein Wiedererkennen, Wiedererinnern, eine Rück- und Heimkehr in einen fernen uralten Gesammt-Haushalt der Seele, aus dem jene Begriffe einstmals herausgewachsen sind: — Philosophiren ist insofern eine Art von Atavismus höchsten Ranges. Die wunderliche Familien-Ähnlichkeit alles indischen, griechischen, deutschen Philosophirens erklärt sich einfach genug. Gerade, wo Sprach-Verwandtschaft vorliegt, ist es gar nicht zu vermeiden, dass, Dank der gemeinsamen Philosophie der Grammatik — ich meine Dank der unbewussten Herrschaft und Führung 349 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo durch gleiche grammatische Funktionen — von vornherein Alles für eine gleichartige Entwicklung und Reihenfolge der philosophischen Systeme vorbereitet liegt: ebenso wie zu gewissen andern Möglichkeiten der Welt-Ausdeutung der Weg wie abgesperrt erscheint. Philosophen des ural-altaischen Sprachbereichs (in dem der Subjekt-Begriff am schlechtesten entwickelt ist) werden mit grosser Wahrscheinlichkeit anders „in die Welt“ blicken und auf andern Pfaden zu finden sein, als Indogermanen oder Muselmänner: der Bann bestimmter grammatischer Funktionen ist im letzten Grunde der Bann physiologischer 35 Werthurtheile und Rasse-Bedingungen . Nietzsche sostiene che il vincolo esercitato dalla relazione predicativa soggetto-verbo-complemento oggetto, particolarmente spiccata nelle lingue appartenenti al ceppo indogermanico, circoscriva entro certi limiti la diversità dei sistemi di pensiero che possono crescere entro questo bacino linguistico. Filosofie di ben altro genere verranno invece sviluppate nelle lingue appartenenti al ceppo uraloaltaico, dove la relazione predicativa non è altrettanto articolata36. Anche in un frammento del 1885, contestando il cogito ergo sum cartesiano, Nietzsche ribadisce: “Vor der Frage nach dem ,Sein’ müßte die Frage vom Werth der Logik entschieden sein”37. Prima di occuparsi della questione dell’essere e di altre problematiche filosofiche, bisognerebbe cioè interrogarsi sulla legittimità dell’inferenza con cui deduciamo da un pensiero l’esistenza di 35 Cfr. Nietzsche KSA 5:34. Cfr. Albrecht 1979:228 e Djurić 1985:44. 37 Cfr. Nietzsche KSA 11:639. 36 350 qualcosa che esercita l’azione di pensare: bisognerebbe chiedersi se la logica che utilizziamo sia davvero universale e incontrovertibile, o non dipenda piuttosto dalla grammatica della lingua in cui ci esprimiamo. Rispetto a Steinthal, Nietzsche compie però un passo ulteriore: nei frammenti e nelle opere della seconda metà degli anni ’80 la grammatica, infatti, non è più considerata espressione della psicologia di un popolo, bensì piuttosto della fisiologia di una determinata razza. Nel sopra ricordato aforisma di Al di là del bene e del male, nel quale Nietzsche sostiene che la grammatica di ogni famiglia linguistica “spinge [treibt]” e “conduce [führt]” il pensiero ad assumere una determinata forma e soltanto quella, il linguaggio è detto rispecchiare non già il Volksgeist, ma “physiologische[r] Werthurtheile und RasseBedingungen”. Nietzsche individua cioé l’origine delle categorie grammaticali non tanto nello spirito, quanto nel corpo e nella sua fisiologia. Sono le Existenzbedingungen di una determinata forma di vita a imporsi attraverso il linguaggio, stabilendo ciò che, ai fini della sua sopravvivenza, deve essere tenuto per vero. Per questo il conoscere è definito da Nietzsche una sorta di “Rück- und Heimkehr in einen fernen uralten Gesammt-Haushalt der Seele, aus dem jene Begriffe einstmals herausgewachsen sind”: le strutture metafisiche che lo scienziato o il filosofo crede di riscontrare nella natura non sono altro che il riflesso di quelle proiettate incosciamente dalla grammatica, a cui con un infondato sentimento di conforto “si fa ritorno”. La grammatica è espressione a sua volta del primordiale 351 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo commercio del corpo con il mondo esterno, definito da Nietzsche “fernen uralten Gesammt-Haushalt der Seele”. L’idea di “spirito”, inteso quale essenza metafisica separata dal corpo e ad esso contrapposta, viene rimpiazzata con il concetto di ‘anima’, intesa però non come sostanza, bensì come attività, o per meglio dire come “insieme di processi fisiologici”. Secondo Nietzsche la grammatica di una lingua non è pertanto espressione né di una supposta universale ragione, né di uno specifico Volksgeist, bensì semplicemente del commercio quotidiano dell’organismo di una determinata forma di vita con il mondo. Selezionando, filtrando e organizzando gli stimoli ricevuti dall’esterno, la grammatica crea un mondo in cui questa possa sopravvivere38. Il linguaggio, in definitiva, rappresenta per Nietzsche unicamente l’espressione delle condizioni di sopravvivenza di una determinata razza, dei suoi bisogni e istinti più fondamentali. Rileggendo il trascendentale kantiano da un punto di vista fisiologico, Nietzsche conclude che la base sulla quale è possibile costruire il consensus tra gli esseri umani consiste nella sostanziale uniformità degli organi di senso, grazie alla quale la diversità individuale nel modo di percepire 38 Già nell’aforisma 354 della Gaia Scienza, intitolato Der Genius der Gattung, (Cfr. KSA 3: 590) Nietzsche presentava l’essere umano come svantaggiato in natura e pertanto costretto a usare il linguaggio per condividere con i suoi simili bisogni e intenzioni. Il “Genius der Gattung”, che nella metafisica dell’amore sessuale di Schopenhauer era l’impulso originario [Urtrieb] alla riproduzione, diventa per Nietzsche l’istinto a semplificare la realtà per mezzo del linguaggio. Lo “Hauptbedürfniß” dell’essere umano è infatti quello di comunicare rapidamente con i propri simili. Filtrando il “thatsächliche[s] Geschehen” tramite un “Simplifications-Apparat” gli uomini arrivano a stabilire una “Zeichenschrift” tramite la quale il loro pensiero diventa osservabile e comunicabile (Cfr. KSA 11: 505). 352 e esperire la realtà rimane circoscritta entro certi limiti. Leggiamo già in un appunto del 1872-1873: “Der ungeheure Consensus der Menschen über die Dinge beweist die volle Gleichartigkeit ihres Perceptionsapparates”39. È poi invece la varietà delle condizioni di esistenza – storiche e culturali – delle diverse razze a determinare le differenze di semantizzazione tra lingue diverse. Ecco perché Nietzsche afferma che il filosofare è non tanto uno scoprire qualcosa di nuovo, quanto un riconoscere qualcosa di già noto: attraverso il linguaggio non si apprende nulla sulla realtà, ma si arriva soltanto a comprendere la fisiologia dell’organismo o della specie che ha fissato un certo tipo di condizioni40. In un frammento del 1885 Nietzsche si fa beffe di quanti credevano di poter conoscere, tramite lo studio del linguaggio, lo spirito del proprio popolo, e hanno invece scoperto una ‘verità’ inaspettata su se stessi: vale a dire che tutte le astrazioni, comprese l’idea di identità nazionale o soggettiva, o di uno spirito contrapposto al corpo, non sono che finzioni regolative utili solo da un punto di vista adattivo per una migliore organizzazione cognitiva: 39 Cfr. Nietzsche, KSA 7:468. Il fatto che Nietzsche imposti la sua ricerca sul linguaggio in stretta relazione con lo studio della fisiologia e della psicologia della percezione è del resto pienamente conforme al clima intellettuale della seconda metà dell’Ottocento. Il sorgere dello storicismo e dell’ermeneutica avevano messo ormai definitivamente in crisi l’ideale di una ragione pura e di un punto di osservazione privilegiato dal quale giudicare il flusso della storia, mentre l’emergenza del discorso scientifico stava rapidamente smantellando l’edificio metatafisico dell’Idealismo tedesco. Tanto la fisiologia quanto la psicologia della percezione emergono come discipline autonome tra la fine del 18esimo e la metà del 19esimo secolo con un medesimo obiettivo: la descrizione funzionale dell’attività mentale. Che esse rappresentassero per Nietzsche fonti di grande interesse già dagli anni ’60 è dimostrato dalla sua lista di letture durante gli anni di Basilea. Cfr. Emden 2005: 98-99. 40 353 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo Wie arm sind die Philosophen bisher, wo ihnen nicht die Sprache, mindestens die Grammatik, im Ganzen das, was ‘Volk’ in ihnen ist, soufflirt! In den Worten stecken Wahrheiten, mindestens Ahnungen der Wahrheit: das glauben sie alle steif und fest: daher die Zähigkeit, mit der sie sich an ‘Subjekt’ ‘Leib“ ‘Seele’ ‘Geist’ klammern41. Quelle che Humboldt e Steinthal chiamavano “Weltanschauungen“ sono quindi per Nietzsche nient’altro che “perspektivische Schätzungen […], vermöge deren wir uns im Leben […] erhalten“42. Il movimento con il quale vengono formate chiama in causa non unicamente il pensiero e il linguaggio, ma anche la dimensione fisiologica in cui entrambe i fenomeni si radicano e traggono il loro fondamento. Dato che questo processo di “formazione di prospettiva” non è mai concluso, a causa del variare della forma di vita e delle sue necessità, ciò che chiamiamo “realtà” è appunto soltanto un nome per il momentaneo prodotto del continuo riarrangiamento con il quale l’essere umano riesce ad accomodarsi all’ambiente43. La critica alla grammatica diventa sostanzialmente per Nietzsche il mondo di condurre una Erkenntniskritik e una Kulturkritik: mettendo in luce l’arbitrarietà delle strutture grammaticali, da un lato viene scossa la fiducia nella possibilità di formulare giudizi universali e necessari sulla realtà, mentre dall’altro viene messa radicalmente in 41 Cfr. Nietzsche KSA 11:630. Cfr. Nietzsche KSA 12:114 43 Cfr. Nietzsche KSA 12:383. 42 354 questione la validità assoluta dei valori morali tramandati implicitamente per mezzo del linguaggio. Ogni istituzione umana che si realizza attraverso un consenso intersoggettivo per il tramite del linguaggio è espressione dello sforzo di una determinata forma di vita per crearsi un ambiente adatto alla propria sopravvivenza, dunque espressione non di uno spirito svincolato dal corpo, bensì dell’unico movimento di organizzazione fisiologica e cognitiva proprio all’essere umano. 4. BIBLIOGRAFIA Abel, Günter (2001), Bewusstsein – Sprache – Natur. Nietzsches Philosophie des Geistes, Nietzsche-Studien 30: 1-43. Albrecht, Jörn (1979), Friedrich Nietzsche und das sprachliche Relativitätsprinzip, Nietzsche Studien 8: 225-44. Crawford, Claudia (1988), The Beginning of Nietzsche’s Theory of Language. Berlin: De Gruyter. Crescenzi, Luca (1994), Verzeichnis der von Nietzsche aus der Universitätsbibliothek in Basel entliehenen Bücher (1869-1879), Nietzsche-Studien 23: 388-442. Curtius, Georg (1862), Philologie und Sprachwissenschaft. Leipzig: Teubner. 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