Critica e superamento della grammatica

Transcript

Critica e superamento della grammatica
Critica e superamento della grammatica universale nella
linguistica dell’Ottocento tedesco
BENEDETTA ZAVATTA
La moderna Sprachwissenschaft, nata in Germania all’inizio del
1800, si afferma definitivamente come disciplina accademica
autonoma intorno alla metà del secolo. Per difendere la scientificità
della neonata disciplina i ricercatori abbandonano ogni genere di
speculazione astratta intorno al fenomeno del linguaggio e si dedicano
piuttosto alla raccolta e classificazione di dati empirici, allo scopo di
arrivare a una descrizione quanto più accurata possibile dello sviluppo
storico delle lingue naturali. Il tema più dibattuto tra ‘600 e ‘700, vale
a dire l’idea di una grammatica universale o razionale, viene
progressivamente abbandonato. Humboldt, Steinthal e Nietzsche
rappresentano tre tappe di una linea di ricerca che ridiscute il rapporto
tra categorie logiche e grammaticali, sviluppando una critica sempre
più serrata alla pretesa purezza e universalità della ragione illuminista
e rifondando su nuove basi la ricerca di universali linguistici. Se con
Humboldt la presenza di forme linguistiche universali, pur nella
grande varietà delle loro declinazioni, è garantita dalla fede
nell’unicità del soggetto trascendentale, con Steinthal il fondamento
della grammatica non viene più cercato nella logica, ma nella
psicologia empirica e nello spirito peculiare a ciascun popolo.
Nietzsche, infine, demolisce anche l’idea romantica che il linguaggio
Studi Linguistici e Filologici Online
ISSN 1724-5230
Vol. 8.2 (2010), pp. 329-359
Benedetta Zavatta, Critica e superamento della grammatica universale nella
linguistica dell’Ottocento tedesco
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
sia espressione del Volksgeist, mostrandone il radicamento nel corpo e
nella fisiologia.
1.
IL
LINGUAGGIO
COME
A-PRIORI
STORICO
DELLA
SINTESI
TRASCENDENTALE
Il sogno di una lingua filosofica universale che, come una sorta di
algebra del pensiero, enumeri e ordini tutti i pensieri, risale a
Descartes. Riprendendo questa suggestione, Leibniz ipotizza una
grammatica rationalis in base alla quale, a partire da un certo numero
di idee semplici e attraverso determinate trasformazioni, si possano
generare tutte le idee complesse. Il ragionamento sarebbe così
riducibile a una sorta di calcolo algebrico, di cui la grammatica
fornirebbe le regole1. Nel cosmopolita XVIII secolo l’idea di una
grammatica generale, manifestazione delle universali leggi della
ragione, diventa l’ipotesi regolativa su cui fondare l’aspirazione di
dialogare con tutti i popoli della terra. Nell’articolo grammaire,
redatto da Beauzée per l’Encyclopedie di D’Alembert e Diderot
(1757), la grammatica generale è definita come la scienza che cerca i
principi immutabili e generali del discorso in ogni lingua, i quali
precedono e fondano le lingue particolari. Seguendo queste istruzioni,
la Grammaire générale et raisonnée (1660) di Arnauld e Lancelot (o
1
La composizione delle idee sarebbe analoga alla moltiplicazione in aritmetica,
mentre la decomposizione di un'idea nei suoi elementi semplici equivarrebbe alla
scomposizione di un numero nei suoi fattori primi.
330
grammatica di Port-Royal) deduce sistematicamente le categorie della
grammatica da quelle universali della logica. Assunto di fondo di una
simile impresa è che il pensiero sia un fenomeno distinto dal
linguaggio, non solo dotato di una sua autonomia, ma precedente e
prioritario rispetto ad esso. Il linguaggio è visto cioè come una sorta di
“veicolo” o manifestazione esteriore di un fenomeno spirituale che,
tuttavia, se usato in maniera non corretta, è capace di influenzarlo
negativamente e indurre confusione nel ragionamento. In questa
cornice vanno collocate anche le analisi di Locke e Bacon dirette a
una “purificazione” del pensiero dagli errori in esso ingenerati da un
uso non critico del linguaggio. In definitiva, si può rintracciare un
minimo comune denominatore delle pur varie ricerche sul rapporto
pensiero-linguaggio condotte durante il ‘700 nell’impostazione del
confronto interlinguistico sostanzialmente su base astorica e
nell’intenzione di dimostrare attraverso di esso la tesi di una
sostanziale omogeneità e origine comune di tutte lingue.
Con il progredire delle indagini storico-descrittive sulle lingue
naturali si impone tuttavia con sempre maggior forza il dato della
grande diversità delle manifestazioni del linguaggio e si avverte
l’esigenza di reimpostare su nuove basi la ricerca dei principi generali
o universali di questo fenomeno. È Hamann il primo a inquadrare il
problema
del
rapporto
pensiero-linguaggio
entro
coordinate
completamente nuove. Nella lunga controversia intrattenuta con
Michaelis, che nel 1759 aveva vinto il concorso bandito
dall’Accademia berlinese delle Scienze con il saggio Beantwortung
331
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
der Frage von dem Einfluss der Meinungen eines Volks in seine
Sprache, und der Sprache in die Meinungen, Hamann muove
obiezione all’impostazione stessa del problema, secondo cui pensiero
e linguaggio sono considerati due fenomeni separati e reciprocamente
influenzantesi.
La
sua
Metakritik
denuncia
l’ingenuità
e
impraticabilità di ogni approccio che presupponga l’esistenza di una
“ragione pura” e manchi di considerare l’importante ruolo svolto dal
linguaggio – come a-priori storico-culturale – nella sintesi
trascendentale2. In una lettera a Herder dell’8 agosto 1874, Hamann
afferma che pensiero e linguaggio sono un unico e solo fenomeno,
logos appunto, e che pertanto non soltanto l’uno non possiede priorità
sull’altro, ma neppure può esistere separatamente. Da ciò consegue
l’impossibilità di condurre una critica della conoscenza e della ragione
umana che prescinda da un’adeguata considerazione del linguaggio.
La Sprachkritik diventa allora indispensabile metacritica della
ragione, nella consapevolezza che non esiste un punto esterno al
linguaggio e alla storia da dove possa essere condotta una critica della
2
Forti attacchi a Michaelis si possono trovare anche nella Aesthetica in nuce (1762),
che rigetta l’impostazione del problema proposta dall’Accademia e considera
piuttosto il linguaggio nella sua relazione con la storia. La discussione viene
rilanciata dal saggio di Sulzer del 1767 Observations sur l’influence réciproque de
la raison sur le langage et du langage sur la raison che mantiene sostanzialmente
l’impostazione di Michaelis, considerando pensiero e linguaggio come due realtà
separate e concedendo al primo la priorità sul secondo. Sulzer riconosceva
ovviamente che il linguaggio permette di definire meglio i pensieri, di
immagazzinarli ordinatamente e richiamarli più velocemente alla memoria, nonché
di abbreviare considerevolmente i ragionamenti. Non considerava tuttavia
minimamente il ruolo da questo svolto nella sintesi trascendentale e dunque la sua
funzione propriamente ‘costruttiva’.
332
ragione pura: la ragione come linguaggio è già da sempre immersa in
una dimensione storica.
Forte da un lato delle conquiste della filosofia kantiana e
neokantiana, dall’altro avvalendosi dell’enorme mole di dati che la
linguistica empirico-descrittiva stava portando alla luce, Humboldt
cerca di conciliare riflessione filosofica e indagine scientifica in una
trattazione che, pur rendendo giustizia alla diversità culturale,
considera il linguaggio come fenomeno universalmente umano.
Partendo, come Hamann, dalla critica alla kantiana “purezza” della
ragione e riconoscendo il linguaggio quale matrice storico-culturale
intrascendibile e ineliminabile, Humboldt sottolinea come il soggetto
non conosca il mondo in modo oggettivo, ma piuttosto si formi una
rappresentazione di esso che è sempre linguisticamente mediata e
culturalmente
condizionata
(Weltanschauung).
Con
Humboldt
pensiero e linguaggio cessano per sempre di essere considerati come
fenomeni distinti e reciprocamente influenzantesi, mentre si afferma
di contro la convinzione che essi siano due aspetti di un medesimo
movimento spirituale con il quale l’uomo dà forma al mondo in cui
vive (Weltbild). La possibilità di rintracciare un’unità al fondo della
diversità delle lingue è garantita per Humboldt dall’unicità del
soggetto trascendentale, che precede e fonda la soggettività empirica.
Il programma da lui delineato nella Kawi-Einleitung prevede la
ricostruzione, attraverso una ricognizione delle diverse lingue, delle
forme universali con cui l’uomo concettualizza ed esprime la realtà
per risalire poi, attraverso di esse, a forme universali dello spirito
333
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
umano. A questo scopo Humboldt prescrive prima di tutto uno studio
monografico delle lingue storiche e poi uno sguardo per così dire
trasversale, che esamini come le singole funzioni grammaticali
vengono rappresentate nei diversi sistemi linguistici.
Zuvörderst jede bekannte Sprache in ihrem inneren Zusammenhange zu
studieren, alle darin aufzufindenden Analogien zu verfolgen, und
systematisch zu ordnen, um dadurch die anschauliche Kenntniss der
grammatischen Ideenverknüpfung in ihr, des Umfangs der bezeichneten
Begriffe, der Natur dieser Bezeichnung und des ihr beiwohnenden,
mehr, oder minder lebendigen geistigen Triebes nach Erweiterung und
Verfeinerung, zu gewinnen. Ausser diesen Monographien der ganzen
Sprachen, fordert aber die vergleichende Sprachkunde andre einzelner
Theile des Sprachbaues, z.B. des Verbum durch alle Sprachen hindurch3.
L’aspirazione humboldtiana a rintracciare delle invarianti nelle
strutture grammaticali delle diverse lingue, cui corrispondano funzioni
fondamentali dello spirito umano, si differenzia tuttavia radicalmente
dal progetto illuminista, in quanto riconosce al dato storico-empirico
un ruolo fondamentale, non meramente accidentale. Se prima si
partiva dalle leggi della logica per ricavare quelle del pensiero, ora
piuttosto è il linguaggio che fornisce indicazioni sulla struttura dello
spirito umano. Inoltre, l’essenza del linguaggio non viene più cercata
in principi esterni ad esso ma nella sua storia, cioè ricavata dalla
comparazione delle singole lingue nelle quali questo fenomeno si è
3
Cfr. Humboldt 1963:10-11.
334
concretamente manifestato. Se nel ‘700 era ancora possibile discutere
del linguaggio a priori, cercando di dedurne le leggi a partire da un
ragionamento astratto, nell’800 la via per arrivare agli universali
linguistici è unicamente quella dell’indagine empirica, dell’induzione
a partire dai dati forniti dalla ricerca storico-comparativa.
La direzione inaugurata da Humboldt venne però poco o per nulla
seguita dai suoi contemporanei. Come sottolinea Donatella di Cesare,
sebbene citarne il nome fosse al tempo quasi doveroso, la linguistica
aveva ormai intrapreso una strada diversa4. Chiaramente indicativo
dello spirito del tempo è il commento di Whitney, che dipinge
Humboldt come “un uomo del quale oggi è di moda tessere grandi
elogi, senza però comprenderlo o addirittura senza leggerlo”5. Nella
stessa direzione, Trabant afferma che la Kawi-Einleitung, già al
momento della sua pubblicazione postuma nel 1836, poteva
considerarsi un’opera sorpassata, proprio per il tentativo inattuale di
usare l’analisi storica come mezzo per una considerazione filosofica
del problema6. Per difendere la scientificità e l’autonomia della
neonata disciplina i ricercatori scelsero di dedicarsi unicamente allo
studio di dati osservabili, astenendosi dal formulare ipotesi che
implicassero una considerazione transdisciplinare del fenomeno
linguistico. Ad esempio Bopp, che con la sua Vergleichende
Grammatik (1833-1857) offrì la prima compiuta applicazione del
metodo storico-comparativo introdotto dallo Schlegel, diversamente
4
Cfr. Di Cesare 2000:XVI-XVII.
Cfr. Morpurgo Davies 1996:267.
6
Cfr. Trabant 1985:676-677.
5
335
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
da questo si proponeva di conseguire la ricostruzione non dello
sviluppo dello spirito umano, bensì unicamente di quello del
linguaggio. Pur essendo legato a Humboldt da rapporti di profonda
amicizia e guidato nel suo lavoro da istanze di ordine generale, Bopp
rivendicava l’assoluta libertà della linguistica da preoccupazioni di
altro ordine. Anche la Deutsche Grammatik (1819-1837) di Grimm si
propone come descrizione storica della grammatica tedesca dalle
origini alla modernità proprio in opposizione e in polemica rispetto
all’idea
astratta
di
una
grammatica
universale,
riproposta
7
nell’Ottocento da Bernhardi . Il saggio di August Pott, Zur Geschichte
und Kritik der sogennanten allgemeine Grammatik (1863), che
delinea
un’immagine
auspicandone
programmatico”
un
della
stereotipata
superamento,
grammatica
dell’utopia
settecentesca,
diventerà
il
“manifesto
comparata.
Per
la
nuova
generazione di linguisti, operanti a partire della seconda metà
dell’Ottocento, la ricostruzione storica delle lingue diventa un fine in
sé e per sé, senza alcuna considerazione del significato che essa può
rivestire nell’ambito della storia di una cultura o di un popolo. Se in
Bopp, Pott e Grimm il legame, seppure polemico, con la filosofia del
linguaggio romantica era ancora vivo, l’approccio dei Neogrammatici
si inserisce invece a pieno titolo nel clima positivista della fine
secolo8.
7
Cfr. Formigari 1999:4.
Theodor Benfey, nella sua Geschichte der Sprachwissenschaft (1869) è il primo a
registrare il cambio di paradigma e sottolineare come la linguistica storicocomparata volesse dare dignità scientifica allo studio delle lingue rifondando su
nuove basi anche quanto di valido si poteva recuperare nella ricerca sul linguaggio
8
336
2. LA PSICOLOGIZZAZIONE DELLA GRAMMATICA UNIVERSALE
Sebbene
l’avvento
della
linguistica
comparata
segni
indubbiamente una svolta nello studio del linguaggio e apra una
frattura profonda tra approccio filosofico e approccio empirico,
sarebbe superficiale pensare che la riflessione sugli universali
linguistici venga abbandonata di punto in bianco. Come sostiene Lia
Formigari, l’idea di “grammatica generale” propriamente non
scompare, bensì subisce una mutazione, dando origine a una
molteplicità di “grammatiche generali a base psicologica”, le quali
indagano la struttura grammaticale delle diverse lingue nel loro
rapporto non con le categorie di una presunta ragione universale, bensì
con le strutture cognitive del soggetto9. Particolarmente significativa
in questa fase di transizione è la figura di Heymann Steinthal che,
dei secoli precedenti (cfr. Ramat 1990:199). Chiaramente indicativo della volontà di
recidere ogni legame con le ricerche romantiche sul linguaggio è anche lo statuto
della Société de Linguistique de Paris, fondata nel 1866, che all’art. 2 riporta il
divieto di proporre comunicazioni riguardante i temi dell’origine del linguaggio e
della lingua universale.
9
Un altro punto sottolineato dalla Formigari è che sono gli stessi filosofi a decretare
il tramonto della grammatica generale, sanzionando il discredito gettato su di essa
dai linguisti. Questi cercano però un suo superamento che rappresenti allo stesso
tempo anche un superamento della nuova grammatica comparata. Ad esempio
Ludwig Heyse critica la grammatica generale illuminista perché cercava il
fondamento del linguaggio fuori dal linguaggio stesso e rimaneva pertanto una
“forma del tutto vana e morta, uno scheletro irrigidito, un’ossatura scarnificata”. Al
tempo stesso, non si accontenta della nuova grammatica comparata e nel suo System
der Sprachwissenschaft (1856) tenta di fornire alla considerazione del linguaggio un
fondamento non empirico. Cfr. Formigari 1997:200.
337
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
insieme a Pott, è pressoché l’unico a preoccuparsi di mantenere viva
l’eredità di Humboldt, promuovendone l’edizione e la diffusione delle
opere10. Mentre Pott ripubblicò la Kawi-Einleitung con un lungo
commento, Steinthal curò un’edizione delle opere complete e i primi
importanti studi critici sul suo pensiero11. Ma se Humboldt risultava
estraneo allo spirito del tempo, Steinthal venne ancor meno capito e
apprezzato. Delbrück lo definisce: “Ein schwer verständlicher
Philosoph, dem es auf den Höhen der Abstraktion am wohlsten
war”12. E Jespersen osserva:
This obscurity, in connexion with the remoteness of Steinthal’s studies,
which ranged from Chinese to the language of the Mande negroes, but
paid little regard to European languages, prevented him from exerting
any powerful influence on the linguistic thought of his generation13.
Il pensiero di Steinthal conobbe dunque poca fortuna al suo tempo
e, per ricevere i primi riconoscimenti, si dovranno aspettare i primi del
‘900. Sarà infatti Wilhelm Wundt che, in apertura di Sprachgeschichte
und Sprachpsychologie (1901), riconoscerà a Steinthal il merito di
10
Heymann Steinthal, dopo gli studi di linguistica, filosofia e botanica, conseguì il
dottorato a Tübingen nel 1847 e l’abilitazione a Berlino nel 1849, dove rimase a
insegnare “Filologia e mitologia” prima come Privatdozent e poi come professore
straordinario. Nonostante fosse un linguista stimato, non divenne mai professore
ordinario a causa dell’allora assai diffuso antisemitismo. Cfr. Stammerjohann 1996:
885.
11
Cfr. Steinthal 1883:4.
12
Cfr. Delbrück 1919:11.
13
Cfr. Jespersen 1925:87.
338
aver per primo introdotto la prospettiva psicologica nella scienza del
linguaggio e riprenderà il suo progetto di una Völkerpsychologie14.
Il rapporto di Steinthal con Humboldt è peraltro assai complesso e
sfaccettato, e tende ad assumere con il passare del tempo un tono
sempre più critico e polemico. Come si evince dalla sua dissertazione
dottorale sul pronome relativo, Steinthal inizialmente condivide il
progetto humboldtiano di esaminare come le stesse funzioni
grammaticali siano rappresentate nelle diverse lingue allo scopo di
individuare forme universali dello spirito umano. Ben presto, però, il
confronto con lingue estremamente diverse da quelle del ceppo
indoeuropeo, come quella dei negri Mande, lo conduce a concludere
che esistono
Sprachen […], welche mit dem Kategorienschema der philosophischen
Grammatiker keinen Berührungspunkt zeigen, und welche mit unseren
höher organisirten indo-europäischen Sprachen rücksichtlich des inneren
Baues zu vergleichen so wenig möglich ist, als es angeht ein Insect mit
einem Säugethier zu vergleichen15.
A partire dagli anni ’50 Steinthal comincia dunque a mostrarsi
critico nei confronti della realizzabilità del progetto humboldtiano e
tenta di sciogliere la grammatica dalla sua dipendenza dalla logica,
ossia dalle categorie di un presunto soggetto trascendentale universale,
per legarla piuttosto alla psicologia individuale: “Unsere Aufgabe [ist]
14
Cfr. Knobloch 1987:268-273 e 1987:395-422. Si veda Formigari 1997b; Fortuna
2005.
15
Cfr. Steinthal 1867: VI-VII.
339
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
das Princip der Grammatik zu bestimmen, sie von der Logik scharf
abzuschneiden und ihren Zusammenhang mit der Psychologie zu
zeigen”16. Steinthal libera dunque la psicologia empirica dalla
condanna kantiana che, per quasi un secolo, aveva relegato questa
disciplina a un ruolo di secondaria importanza. In Philosophie,
Geschichte und Psychologie (1864) egli la indica quale strumento
privilegiato di indagine del linguaggio e sottolinea la sua grande
rilevanza per la ricerca storica e filologica17.
Opponendosi al paradigma schleicheriano secondo cui la lingua
sarebbe un organismo naturale, governato da leggi proprie e privo di
legami con la vita del popolo che la parla, Steinthal sostiene al
contrario che essa vada studiata proprio nella molteplicità delle sue
incarnazione storiche. Il suo progetto di una Völkerpsychologie mira
appunto a verificare come lo spirito peculiare di ogni popolo venga
all’espressione nella grammatica della lingua che gli è propria.
Steinthal sostiene infatti che, nella grammatica di una lingua, siano già
contenute in nuce tutta la logica, la metafisica e addirittura la visione
scientifica che una cultura potrà sviluppare:
16
Cfr. Steinthal 1855: 392.
Secondo Lia Formigari la Vorstellungstheorie che sta alla base della teoria
linguistica di Steinthal, alimentata dagli studi di medici-filosofi come Johannes
Müller e Hermann Lotze, sembra voler rinnovare il dialogo tra filosofia cognitiva e
linguistica tipico del ‘700, bruscamente interrotto dalla condanna kantiana. Steinthal
considera lo studio della meccanica psichica come il metodo par excellence per
investigare le condizioni del linguaggio: un metodo fondato sull’introspezione,
sull’analisi della percezione e delle modalità di trasformazione simbolica dei dati
percettivi. Si veda Formigari 1999.
17
340
Ursprünglich sind die Formen des Denkens, die logischen Kategorien,
wie Urteil, Schluss u.s.w., eben so wohl wie die metaphysischen ganz
unbewusst. Erst mit der Bildung der Logik als Wissenschaft treten sie
ins Bewusstsein. Längst zuvor aber haben sich die metaphysischen und
die logischen Formen eine sinnlichen Ausdruck geschaffen in den
grammatischen Formen18.
In Die Classification der Sprachen dargestellt als die Entwicklung
der Sprachidee (1850) Steinthal propone una classificazione delle
lingue su base psicologica, sostenendo la necessità di considerare e
descrivere ogni lingua non in rapporto con un presunto modello
generale, bensì unicamente secondo la sua propria logica e la innere
Sprachform che la caratterizza19. L’idea di grammatica universale
viene perciò definitivamente rimpiazzata con quella di una
molteplicità di grammatiche a base psicologica, ognuna delle quali
esprime lo spirito di un determinato popolo. “So viele Sprachen es
gibt, so viel Grammatiken haben wir zu schaffen”
20
. Una seconda
versione di questa teoria, rivista e arricchita con una più ampia
descrizione delle singole lingue, venne ripresentata da Steinthal dieci
anni dopo in Charakteristik der hauptsächlichsten Typen des
Sprachbaues (1860), opera che apparve poi come secondo volume
dell’Abriss der Sprachwissenschaft curato dallo svizzero Franz Misteli
18
Cfr. Steinthal 1871:108.
“Den sprachschaffenden Geist oder das Volksbewußtsein, insofern es
spracherzeugend ist, nennen wir mit Humboldt den innern Sprachsinn. Er bringt die
innere Sprachform hervor, d.h. das eigenthümliche System der grammatischen
Kategorien einer Sprache” (Cfr. Steinthal 1850:71).
20
Cfr. Steinthal 1871:29.
19
341
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
(1841-1903). In definitiva, secondo Steinthal, ciò che emerge dallo
studio comparato delle diverse lingue non è l’unità del soggetto
trascendentale kantiano, bensì piuttosto l’irriducibile peculiarità della
psicologia di ciascun popolo. L’unità è semmai da rintracciare,
hegelianamente, nel percorso di evoluzione da una lingua all’altra.
Diversamente da Hegel, tuttavia, Steinthal ritiene che il cammino
dell’Idea possa essere individuato solo alla fine della ricostruzione
storica e non postulato a monte del processo storico. Prova della
grande importanza che per Steinthal riveste il dato empirico è
l’enorme mole di ricerche linguistiche e antropologiche raccolte nella
rivista Zeitschrift für Völkerpsychologie und Sprachwissenschaft da
lui fondata nel 1860 e diretta insieme al cognato Moritz Lazarus per
circa un trentennio.
La riflessione di Steinthal segna il passaggio da un relativismo
linguistico generale, dove il vincolo esercitato dal linguaggio sul
pensiero assumeva la forma delle categorie della ragione universale
kantiana, a un relativismo linguistico particolare, dove tale vincolo si
esercita invece attraverso forme storico-culturali di portata limitata. La
transizione
da
un
relativismo
linguistico
“generale”
a
uno
“particolare” segna il definitivo tramonto dell’idea di un soggetto
trascendentale, precedente e fondante la soggettività empirica, che in
Humboldt garantiva ancora l’unita delle lingue al di sotto
dell’apparente diversità. La grammatica per Steinthal non rivela più
una presunta struttura universale dello spirito umano, bensì soltanto la
vita spirituale di un popolo, con la sua storia e la sua cultura.
342
3. LA FISIOLOGIZZAZIONE DELLA GRAMMATICA
Di poco più vecchio di Steinthal, Friedrich Nietzsche si forma
come filologo a Leipzig durante gli anni ’60 dell’Ottocento. Tra i suoi
insegnanti, di particolare rilievo è Georg Curtius – autore degli
importanti Grundzüge der griechischen Etymologie (1858-62) – che si
impegnò strenuamente affinché a Leipzig la linguistica venisse
riconosciuta come disciplina accademica autonoma, portando ben
presto questa università a ottenere un indiscusso primato tanto sul
piano della ricerca, quanto su quello della didattica21. Curtius
sosteneva che il linguaggio è la prima e più importante espressione
dello spirito umano e pertanto sottolineava la grande rilevanza della
linguistica per la filologia, intendendo quest’ultima in senso ampio
21
Cfr. Morpurgo Davies 1996:260. La preminenza dell’Università di Leipzig nel
campo della linguistica inizia nel 1861 con la docenza di Curtius, cui seguono quella
di Leskien, Brugmann e Wundt. Anche Sausurre - di una generazione più giovane di
Nietzsche - si forma all’Università di Leipzig, iniziando i suoi studi nel 1876,
quando prende vita il movimento dei Neogrammatici. Sempre a Leipzig studiarono
Joseph Wright e Leonard Bloomfield. Alla scuola di Curtius si formò anche
Friedrich Max Müller che, nel 1874, osservava lo straordinario incremento di
interesse registrato nel campo della linguistica comparata: “Als ich vor einigen
Jahren in Deutschland reiste, fand ich, dass fast Alle, welche classische Philologie
studirten, die Vorlesungen über vergleichende Philologie besuchten. In Leipzig fand
ich über 100 Studenten im Auditorium des Professor Curtius; und sogar der
Professor des Sanskrits, mein alter Lehrer, Professor Brockhaus, der, als ich zu
Lepzig studirte, zu Anfang des Semesters drei, zu Ende einen Zuhörer hatte, hatte
jetzt gegen fünfzig Schüler, die wenigstens so viel von Sanskrit zu lernen
wünschten, als zu einem wirklich fruchtbringenden Studium der vergleichenden
Grammatik unumgänglich ist” (Cfr. Müller 1874: 3).
343
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
come studio della vita culturale di un popolo nel suo complesso.22 Nel
breve saggio Die Sprachvergleichung in ihrem Verhältniss zur
classichen Philologie (1845) Curtius distingue due direzioni della
linguistica comparativa, una filosofica e una storica. La prima,
inaugurata
da
Humboldt,
è
al
servizio
della
“allgemeinen
Sprachwissenschaft”, ossia della “philosophischen Grammatik”, e ha
il compito di indagare le strutture fondamentali del pensiero così come
vengono all’espressione nel linguaggio. La comparazione serve in
questo caso unicamente per dimostrare i modi particolari in cui queste
universali relazioni del pensiero si manifestano nelle diverse lingue.
La seconda è invece strettamente apparentata alla filologia per il fatto
di essere una scienza storica fondata sulla ricerca empirica. In
conclusione del suo saggio, Curtius auspica di vedere in futuro riunite
queste due direzioni della linguistica, così da orientare la ricerca
storica e, allo stesso tempo, dare fondamento alla riflessione teorica23.
Nietzsche, ottenuta nel 1869 la cattedra di filologia classica
all’Università di Basilea, continuò a promuovere e diffondere questa
visione, sostenendo l’importanza dello studio del linguaggio per
comprendere la storia e la cultura dei popoli. Nella Encyclopedie der
klassischen Philologie, concepita come un’introduzione agli studi
classici, egli critica l’impostazione allora dominante nella linguistica,
per cui raccolta e classificazione dei dati erano diventati un fine in sé.
Pur mostrando di apprezzare grandemente gli importanti risultati
22
Si veda la prolusione inaugurale sul tema “Filologia e linguistica” tenuta da
Curtius all’Università di Leipzig il 30 aprile 1862 (Curtius 1862).
23
Cfr. Curtius 1945:6.
344
conseguiti dalla linguistica storico-comparativa, Nietzsche ribadisce la
necessità che essi vengano impiegati per elaborare una considerazione
di più ampio respiro24. Negli appunti del 1875 per la mai pubblicata
Considerazione Inattuale dedicata a Noi filologi, questa posizione
viene ribadita ulteriormente, deplorando la cecità di chi si dedica
unicamente a indagare il particolare senza saperlo inserire in una
visione più ampia.
L’attenzione per il rapporto esistente tra linguaggio e cultura si
mostra esemplarmente in occasione delle Vorlesungen über
lateinische Grammatik (WS 1869-70), introducendo il quale
Nietzsche si addentra in una riflessione sulle problematiche
epistemologiche implicate nello studio della grammatica ben più
approfonditamente di quanto il contesto direttamente richiedesse. In
questo breve saggio, intitolato Vom Ursprung der Sprache, Nietzsche
sostiene che il linguaggio, originato da un istinto inconscio dell’essere
umano, rappresenta l’ineludibile matrice di ogni pensiero consapevole
e pertanto condiziona fortemente tutti i sistemi metafisici, morali o
religiosi. La componente del linguaggio che andrebbe a determinare
l’articolazione del pensiero è la grammatica.
Die tiefsten philosoph. Erkenntnisse liegen schon vorbereitet in der
Sprache […]. Man denke an Subjekt und Objekt; der Begriff des
Urtheils ist vom grammatischen Satze abstrahirt. Aus Subjekt u. Prädikat
wurden die Kategorien von Substanz und Accidenz25.
24
25
Cfr. Nietzsche KGW II/3:389-90.
Cfr. Nietzsche KGW II/2:185. Si veda Simon 1972.
345
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
Gli stessi concetti di sostanza ed accidente, cardini della
riflessione filosofica occidentale, sono considerati da Nietzsche
derivati dalle categorie linguistiche di soggetto e predicato, così che
non pare azzardato concludere che gran parte della nostra filosofia è
già implicitamente contenuta nella lingua che parliamo. Nonostante
gran parte delle riflessioni contenute in questo saggio seguano la
falsariga della Philosophie des Unbewusstes di Eduard von
Hartmann26, non è affatto da sottovalutare l’importanza dell’influsso
che potrebbe aver esercitato su Nietzsche la lettura di Steinthal.
Proprio nel novembre 1869 egli prende infatti a prestito dalla
biblioteca
universitaria
di
Basilea
la
Geschichte
der
Sprachwissenschaft bei den Griechen und Römern mit besonderer
Rücksicht auf die Logik (1863)27 e, nella bibliografia della
Encyclopädie der Philologie (1868-69), cita il saggio Philosophie,
Geschichte und Psychologie in ihren gegenseitigen Beziehungen
(1864)28.
La
critica
alla
grammatica
e
al
vincolo
che
questa
inconsapevolmente esercita sul pensiero rimane un leit-motiv costante
nella riflessione nietzscheana. Come si legge in un aforisma della
Gaia Scienza, dopo la ‘morte di Dio’ la terra è rimasta pur sempre
26
Si veda Thüring 1994 e Crawford 1988.
Cfr. Crescenzi 1994:391.
28
Cfr. Nietzsche KGW I/5:197. Albrecht ipotizza anche che le idee di Steinthal
possano essere pervenute a Nietzsche anche attraverso Franz Misteli, dal 1874
collega di Nietzsche a Basilea e curatore del monumentale Abriss der
Sprachwissenschaft che raccoglie le principali idee di Steinthal in materia di
linguaggio. Cfr. Albrecht 1979:241.
27
346
coperta dalla sua ombra, vale a dire da scienza, morale, metafisica - i
tre grandi sistemi che divinizzano la natura – che riposano sul comune
presupposto della ‘fede’ nella grammatica29. La travatura di concetti
che l’uomo, tramite la grammatica, sovrappone allo scorrere del
divenire per non venirne travolto è infatti il presupposto
dell’edificazione di qualsiasi sistema metafisico, morale o religioso.
Ecco perché nel Crepuscolo degli Idoli Nietzsche lamenta: „Ich
fürchte, wir werden Gott nicht los, weil wir noch an die Grammatik
glauben …“30. La grammatica viene definita una “fede” o, meglio, una
sorta di credo popolare, di superstizione31. Essa nasce infatti per
soddisfare un bisogno connaturato all’essere umano, quello di
formarsi un’immagine del mondo stabile e coerente. Per vivere
l’uomo è costretto a credere che esista, al di sotto del flusso del
divenire, un “essere” sostanziale che permane. In realtà, osserva
Nietzsche, è la relazione predicativa soggetto-verbo-oggetto che porta
a immaginare dietro ogni fenomeno una causa agente, dando vita così
a un mondo di sostanze metafisiche che sarebbero a noi note soltanto
tramite i loro ‘ effetti’.
29
“Neue Kämpfe. - Nachdem Buddha todt war, zeigte man noch Jahrhunderte lang
seinen Schatten in einer Höhle, - einen ungeheuren schauerlichen Schatten. Gott ist
todt: aber so wie die Art der Menschen ist, wird es vielleicht noch Jahrtausende lang
Höhlen geben, in denen man seinen Schatten zeigt. - Und wir - wir müssen auch
noch seinen Schatten besiegen!” (Cfr. Nietzsche KSA 3:467).
30
Cfr. Nietzsche KSA 6:77.
31
Le espressioni più ricorrenti sono quelle di “Gouvernanten-Glauben” (Cfr. KSA 5:
52) o “Volks-Metaphysik” (Cfr. KSA 3:590).
347
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
Wenn ich sage ‘der Blitz leuchtet’, so habe ich das Leuchten einmal als
Thätigkeit und das andere Mal als Subjekt gesetzt: also zum Geschehen
ein Sein supponirt, welches mit dem Geschehen nicht eins ist, vielmehr
bleibt, ist, und nicht ‘wird’32.
È pertanto in sede linguistica che viene creato un Hinterwelt di
sostanze eterne e immutabili di cui il mondo apparente non sarebbe
che il riflesso o il prodotto. Il mondo immaginato secondo le categorie
della sintassi appare peraltro assolutamente congruente con le
categorie dell’intelletto umano, che si dimostrano essere così
strumenti perfettamente adeguati alla sua comprensione. La
‘conoscenza’ è appunto l’illusione che si genera allorquando
riscontriamo congruenza tra questa sfera dell’essere da noi inventata e
le nostre strutture cognitive, senza accorgerci che la regolarità che
ritroviamo nella natura è quella che noi stessi vi abbiamo introdotto.
Come Nietzsche osserva nella Genealogia della morale, dimenticare
l’instabile fondazione di tutta la conoscenza è per l’essere umano un
bene33. La finzione di una permanenza e di una regolarità nella realtà
che ci circonda è la base indispensabile che consente all’individuo di
dominare l’ambiente e sopravvivere34.
32
Cfr. Nietzsche KSA 12:103. In sostituzione del tradizionale “Ding-Modell”,
Nietzsche propone un “Prozeß-Modell”, nel quale “als ‘Bausteine’ der Natur und
des Lebendigen nicht ‘Dinge’ im Sinne Raum-Zeit-Stellen besetzender ‘materieller
Körper’, sondern ‘Ereignisse’ resp. ‚Prozesse’ angenommen werden” (Cfr. Abel
2001: 11).
33
Cfr. Nietzsche KSA 5:291.
34
Cfr. Nietzsche KSA 5:293.
348
Che Nietzsche propenda per lo “spezieller Sprachrelativismus”
sostenuto da Steinthal, secondo il quale ogni lingua esercita sul
pensiero un vincolo peculiare, si evince chiaramente da un aforisma di
Al di là del bene e del male, che val la pena di riportare per l’intero.
Dass die einzelnen philosophischen Begriffe nichts Beliebiges, nichts
Für-sich-Wachsendes sind, sondern in Beziehung und Verwandtschaft
zu einander emporwachsen, dass sie, so plötzlich und willkürlich sie
auch in der Geschichte des Denkens anscheinend heraustreten, doch
eben so gut einem Systeme angehören als die sämmtlichen Glieder der
Fauna eines Erdtheils: das verräth sich zuletzt noch darin, wie sicher die
verschiedensten Philosophen ein gewisses Grundschema von möglichen
Philosophien immer wieder ausfüllen. Unter einem unsichtbaren Banne
laufen sie immer von Neuem noch einmal die selbe Kreisbahn: sie
mögen sich noch so unabhängig von einander mit ihrem kritischen oder
systematischen Willen fühlen: irgend Etwas in ihnen führt sie, irgend
Etwas treibt sie in bestimmter Ordnung hinter einander her, eben jene
eingeborne Systematik und Verwandtschaft der Begriffe. Ihr Denken ist
in der That viel weniger ein Entdecken, als ein Wiedererkennen,
Wiedererinnern, eine Rück- und Heimkehr in einen fernen uralten
Gesammt-Haushalt der Seele, aus dem jene Begriffe einstmals
herausgewachsen sind: — Philosophiren ist insofern eine Art von
Atavismus höchsten Ranges.
Die wunderliche Familien-Ähnlichkeit
alles indischen, griechischen, deutschen Philosophirens erklärt sich
einfach genug. Gerade, wo Sprach-Verwandtschaft vorliegt, ist es gar
nicht zu vermeiden, dass, Dank der gemeinsamen Philosophie der
Grammatik — ich meine Dank der unbewussten Herrschaft und Führung
349
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
durch gleiche grammatische Funktionen — von vornherein Alles für
eine gleichartige Entwicklung und Reihenfolge der philosophischen
Systeme vorbereitet liegt: ebenso wie zu gewissen andern Möglichkeiten
der Welt-Ausdeutung der Weg wie abgesperrt erscheint. Philosophen
des ural-altaischen Sprachbereichs (in dem der Subjekt-Begriff am
schlechtesten entwickelt ist) werden mit grosser Wahrscheinlichkeit
anders „in die Welt“ blicken und auf andern Pfaden zu finden sein, als
Indogermanen oder Muselmänner: der Bann bestimmter grammatischer
Funktionen
ist
im
letzten
Grunde
der
Bann
physiologischer
35
Werthurtheile und Rasse-Bedingungen .
Nietzsche sostiene che il vincolo esercitato dalla relazione
predicativa soggetto-verbo-complemento oggetto, particolarmente
spiccata nelle lingue appartenenti al ceppo indogermanico, circoscriva
entro certi limiti la diversità dei sistemi di pensiero che possono
crescere entro questo bacino linguistico. Filosofie di ben altro genere
verranno invece sviluppate nelle lingue appartenenti al ceppo uraloaltaico, dove la relazione predicativa non è altrettanto articolata36.
Anche in un frammento del 1885, contestando il cogito ergo sum
cartesiano, Nietzsche ribadisce: “Vor der Frage nach dem ,Sein’
müßte die Frage vom Werth der Logik entschieden sein”37. Prima di
occuparsi della questione dell’essere e di altre problematiche
filosofiche,
bisognerebbe
cioè
interrogarsi
sulla
legittimità
dell’inferenza con cui deduciamo da un pensiero l’esistenza di
35
Cfr. Nietzsche KSA 5:34.
Cfr. Albrecht 1979:228 e Djurić 1985:44.
37
Cfr. Nietzsche KSA 11:639.
36
350
qualcosa che esercita l’azione di pensare: bisognerebbe chiedersi se la
logica che utilizziamo sia davvero universale e incontrovertibile, o
non dipenda piuttosto dalla grammatica della lingua in cui ci
esprimiamo.
Rispetto a Steinthal, Nietzsche compie però un passo ulteriore: nei
frammenti e nelle opere della seconda metà degli anni ’80 la
grammatica, infatti, non è più considerata espressione della psicologia
di un popolo, bensì piuttosto della fisiologia di una determinata razza.
Nel sopra ricordato aforisma di Al di là del bene e del male, nel quale
Nietzsche sostiene che la grammatica di ogni famiglia linguistica
“spinge [treibt]” e “conduce [führt]” il pensiero ad assumere una
determinata forma e soltanto quella, il linguaggio è detto rispecchiare
non già il Volksgeist, ma “physiologische[r] Werthurtheile und RasseBedingungen”. Nietzsche individua cioé l’origine delle categorie
grammaticali non tanto nello spirito, quanto nel corpo e nella sua
fisiologia. Sono le Existenzbedingungen di una determinata forma di
vita a imporsi attraverso il linguaggio, stabilendo ciò che, ai fini della
sua sopravvivenza, deve essere tenuto per vero. Per questo il
conoscere è definito da Nietzsche una sorta di “Rück- und Heimkehr
in einen fernen uralten Gesammt-Haushalt der Seele, aus dem jene
Begriffe einstmals herausgewachsen sind”: le strutture metafisiche che
lo scienziato o il filosofo crede di riscontrare nella natura non sono
altro che il riflesso di quelle proiettate incosciamente dalla
grammatica, a cui con un infondato sentimento di conforto “si fa
ritorno”. La grammatica è espressione a sua volta del primordiale
351
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
commercio del corpo con il mondo esterno, definito da Nietzsche
“fernen uralten Gesammt-Haushalt der Seele”. L’idea di “spirito”,
inteso quale essenza metafisica separata dal corpo e ad esso
contrapposta, viene rimpiazzata con il concetto di ‘anima’, intesa però
non come sostanza, bensì come attività, o per meglio dire come
“insieme di processi fisiologici”. Secondo Nietzsche la grammatica di
una lingua non è pertanto espressione né di una supposta universale
ragione, né di uno specifico Volksgeist, bensì semplicemente del
commercio quotidiano dell’organismo di una determinata forma di
vita con il mondo. Selezionando, filtrando e organizzando gli stimoli
ricevuti dall’esterno, la grammatica crea un mondo in cui questa possa
sopravvivere38.
Il linguaggio, in definitiva, rappresenta per Nietzsche unicamente
l’espressione delle condizioni di sopravvivenza di una determinata
razza, dei suoi bisogni e istinti più fondamentali. Rileggendo il
trascendentale kantiano da un punto di vista fisiologico, Nietzsche
conclude che la base sulla quale è possibile costruire il consensus tra
gli esseri umani consiste nella sostanziale uniformità degli organi di
senso, grazie alla quale la diversità individuale nel modo di percepire
38
Già nell’aforisma 354 della Gaia Scienza, intitolato Der Genius der Gattung, (Cfr.
KSA 3: 590) Nietzsche presentava l’essere umano come svantaggiato in natura e
pertanto costretto a usare il linguaggio per condividere con i suoi simili bisogni e
intenzioni. Il “Genius der Gattung”, che nella metafisica dell’amore sessuale di
Schopenhauer era l’impulso originario [Urtrieb] alla riproduzione, diventa per
Nietzsche l’istinto a semplificare la realtà per mezzo del linguaggio. Lo
“Hauptbedürfniß” dell’essere umano è infatti quello di comunicare rapidamente con
i propri simili. Filtrando il “thatsächliche[s] Geschehen” tramite un
“Simplifications-Apparat” gli uomini arrivano a stabilire una “Zeichenschrift”
tramite la quale il loro pensiero diventa osservabile e comunicabile (Cfr. KSA 11:
505).
352
e esperire la realtà rimane circoscritta entro certi limiti. Leggiamo già
in un appunto del 1872-1873: “Der ungeheure Consensus der
Menschen über die Dinge beweist die volle Gleichartigkeit ihres
Perceptionsapparates”39. È poi invece la varietà delle condizioni di
esistenza – storiche e culturali – delle diverse razze a determinare le
differenze di semantizzazione tra lingue diverse. Ecco perché
Nietzsche afferma che il filosofare è non tanto uno scoprire qualcosa
di nuovo, quanto un riconoscere qualcosa di già noto: attraverso il
linguaggio non si apprende nulla sulla realtà, ma si arriva soltanto a
comprendere la fisiologia dell’organismo o della specie che ha fissato
un certo tipo di condizioni40.
In un frammento del 1885 Nietzsche si fa beffe di quanti
credevano di poter conoscere, tramite lo studio del linguaggio, lo
spirito del proprio popolo, e hanno invece scoperto una ‘verità’
inaspettata su se stessi: vale a dire che tutte le astrazioni, comprese
l’idea di identità nazionale o soggettiva, o di uno spirito contrapposto
al corpo, non sono che finzioni regolative utili solo da un punto di
vista adattivo per una migliore organizzazione cognitiva:
39
Cfr. Nietzsche, KSA 7:468.
Il fatto che Nietzsche imposti la sua ricerca sul linguaggio in stretta relazione con
lo studio della fisiologia e della psicologia della percezione è del resto pienamente
conforme al clima intellettuale della seconda metà dell’Ottocento. Il sorgere dello
storicismo e dell’ermeneutica avevano messo ormai definitivamente in crisi l’ideale
di una ragione pura e di un punto di osservazione privilegiato dal quale giudicare il
flusso della storia, mentre l’emergenza del discorso scientifico stava rapidamente
smantellando l’edificio metatafisico dell’Idealismo tedesco. Tanto la fisiologia
quanto la psicologia della percezione emergono come discipline autonome tra la fine
del 18esimo e la metà del 19esimo secolo con un medesimo obiettivo: la descrizione
funzionale dell’attività mentale. Che esse rappresentassero per Nietzsche fonti di
grande interesse già dagli anni ’60 è dimostrato dalla sua lista di letture durante gli
anni di Basilea. Cfr. Emden 2005: 98-99.
40
353
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
Wie arm sind die Philosophen bisher, wo ihnen nicht die Sprache,
mindestens die Grammatik, im Ganzen das, was ‘Volk’ in ihnen ist,
soufflirt! In den Worten stecken Wahrheiten, mindestens Ahnungen der
Wahrheit: das glauben sie alle steif und fest: daher die Zähigkeit, mit der
sie sich an ‘Subjekt’ ‘Leib“ ‘Seele’ ‘Geist’ klammern41.
Quelle
che
Humboldt
e
Steinthal
chiamavano
“Weltanschauungen“ sono quindi per Nietzsche nient’altro che
“perspektivische Schätzungen […], vermöge deren wir uns im Leben
[…] erhalten“42. Il movimento con il quale vengono formate chiama in
causa non unicamente il pensiero e il linguaggio, ma anche la
dimensione fisiologica in cui entrambe i fenomeni si radicano e
traggono il loro fondamento. Dato che questo processo di “formazione
di prospettiva” non è mai concluso, a causa del variare della forma di
vita e delle sue necessità, ciò che chiamiamo “realtà” è appunto
soltanto un nome per il momentaneo prodotto del continuo riarrangiamento con il quale l’essere umano riesce ad accomodarsi
all’ambiente43.
La critica alla grammatica diventa sostanzialmente per Nietzsche
il mondo di condurre una Erkenntniskritik e una Kulturkritik:
mettendo in luce l’arbitrarietà delle strutture grammaticali, da un lato
viene scossa la fiducia nella possibilità di formulare giudizi universali
e necessari sulla realtà, mentre dall’altro viene messa radicalmente in
41
Cfr. Nietzsche KSA 11:630.
Cfr. Nietzsche KSA 12:114
43
Cfr. Nietzsche KSA 12:383.
42
354
questione
la
validità
assoluta
dei
valori
morali
tramandati
implicitamente per mezzo del linguaggio. Ogni istituzione umana che
si realizza attraverso un consenso intersoggettivo per il tramite del
linguaggio è espressione dello sforzo di una determinata forma di vita
per crearsi un ambiente adatto alla propria sopravvivenza, dunque
espressione non di uno spirito svincolato dal corpo, bensì dell’unico
movimento di organizzazione fisiologica e cognitiva proprio all’essere
umano.
4. BIBLIOGRAFIA
Abel, Günter (2001), Bewusstsein – Sprache – Natur. Nietzsches
Philosophie des Geistes, Nietzsche-Studien 30: 1-43.
Albrecht, Jörn (1979), Friedrich Nietzsche und das sprachliche
Relativitätsprinzip, Nietzsche Studien 8: 225-44.
Crawford, Claudia (1988), The Beginning of Nietzsche’s Theory of
Language. Berlin: De Gruyter.
Crescenzi, Luca (1994), Verzeichnis der von Nietzsche aus der
Universitätsbibliothek in Basel entliehenen Bücher (1869-1879),
Nietzsche-Studien 23: 388-442.
Curtius, Georg (1862), Philologie und Sprachwissenschaft. Leipzig:
Teubner.
Curtius, Georg (1945), Die Sprachvergleichung in ihrem Verhältniss
zur classichen Philologie. Dresden: Programm.
355
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
Delbrück, Berthold, (1919), Einleitung in das Studium der
indogermanischen Sprachen. Ein Beitrag zur Geschichte und
Methodik der vergleichenden Sprachforschung, 6. Aufl. Leipzig:
Breitkopf und Hartel.
Di Cesare, Donatella (2000), Introduzione a Wilhelm von Humboldt,
La diversità delle lingue. XV-CIV. Roma-Bari: Laterza.
Djurić, Mihailo (1985), Nietzsche und die Metaphysik. Berlin: De
Gruyter.
Emden, Christian (2005), Nietzsche on Language, Counsciousness,
and the Body. Illinois: University of Illinois Press.
Formigari, Lia (1997a), La grammatica generale nell’età romantica,
in: P. Berrettoni, F. Lorenzi (eds.), Grammatica e ideologia nella
storia della linguistica. 197-206. Perugia: Margiacchi-Galeno.
Formigari, Lia (1997b), Filosofia e semantica: il caso Steinthal, in: F.
Albano Leoni, D. Gambarara, S. Gensini, F. Lo Piparo, R. Simone
(eds.), Ai limiti del linguaggio. Vaghezza significato e storia. 211227. Roma-Bari: Laterza.
Formigari, Lia (1999), Grammar and Philosophy in the Age of
Comparativism, in: S. Embleton, J.E. Joseph, H-J. Niederehe
(eds.), The Emergence of the modern language sciences. Studies
on the transition from historical-comparative to structural
linguistics.
Vol.
1:
Historiographical
Amsterdam-Philadelphia: Benjamins.
356
perspectives.
3-12.
Formigari, Lia (1999), Steinthal et la philosophie des Lumières, in: R.
Bach, R. Desné, G. Haßler (eds.), Formen der Aufklärung und
ihrer Rezeption. 345-352. Tübingen: Stauffenburg Verlag, 1999.
Fortuna, Sara (2005), Il laboratorio del simbolico. Fisiognomica,
percezione, linguaggio da Kant a Steinthal. Perugia: Guerra
Edizioni.
Friedrich Nietzsche (1988), Kritische Studienausgabe (KSA). Berlin:
De Gruyter.
Humboldt, Wilhelm von (1963), Werke in fünf Bänden. Bd. IV.
Darmstadt: Wissenschaftliche Buchgesellschaft.
Jespersen, Otto (1925), Language: its nature, development and origin.
London: Allen & Unwin.
Knobloch,
Clemens
(1987),
Geschichte
der
psychologischen
Sprachauffassung in Deutschland von 1850 bis 1920, Tübingen:
Niemeyer.
Morpurgo Davies, Anna (1996), La linguistica dell’Ottocento.
Bologna: Il Mulino.
Müller, Friedrich Max (1874), Einleitung in die vergleichende
Religionswissenschaft. Straßburg: Trübner.
Nietzsche, Friedrich (1867-), Kritische Gesamtausgabe Werke
(KGW). Berlin: De Gruyter.
Ramat, Paolo (1990), Da Humboldt ai neogrammatici. Continuità e
fratture, in: T. De Mauro, L. Formigari (eds.), Leibniz, Humboldt
and the Origins of Comparativism. 199-210. Amsterdam: Benjam
357
Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010)
Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa
www.humnet.unipi.it/slifo
Simon, Josef (1972), Grammatik und Wahrheit: Über das Verhältnis
Nietzsches zur spekulativen Satzgrammatik der metaphysischen
Tradition, Nietzsche-Studien 1: 1-26.
Stammerjohann, Harro (ed.), (1996), Lexicon Grammaticorum:
Who's Who in the History of World Linguistics. Tübingen, Max
Niemeyer Verlag.
Steinthal, Heymann (1850), Die Classification der Sprachen
dargestellt als die Entwicklung der Sprachidee. Berlin: Dümmler.
Steinthal, Heymann (1855), Grammatik, Logik, Psychologie: Ihre
Prinzipien und Ihre Verhältniss zu Einander. Berlin: Dümmler.
Steinthal,
Heymann
(1867),
Die
Mande-Neger-Sprachen
psychologisch und phonetisch betrachtet. Berlin: Dümmler.
Steinthal, Heymann (1871), Abriß der Sprachwissenschaft. 1 Teil: Die
Sprache im Allgemeinen. Einleitung in die Psychologie und
Sprachwissenschaft. Berlin: Dümmler.
Steinthal, Heymann (1883-4), Die sprachphilosophischen Werke
Wilhelm’s von Humboldt, mit einer allgemeinen Einleitung, der
Abhandlung „Der Styl Humboldts“ und mit Einführungen und
Erklärungen des Herausgebers zu den einzelnen Schriften
Humboldts. Berlin: Dümmler.
Thüring, Hubert (1994), Beiträge zur Quellenforschung, NietzscheStudien 23: 480-89.
Trabant, Jürgen (1985), Humboldt zum Ursprung der Sprache, Ein
Nachtrag zum Problem des Sprachursprungs in der Geschichte der
358
Akademie. Zeitschrift für Phonetik, Sprachwissenschaft und
Kommunikationsforschung, 38: 576-589.
359