Vendite Aggressive

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Vendite Aggressive
VENDITE “AGGRESSIVE”
I CONTRATTI “NEGOZIATI FUORI DEI LOCALI COMMERCIALI”
ED I CONTRATTI “A DISTANZA”
1.- Introduzione. 2. - I contratti negoziati fuori dei locali commerciali. 3.- La direttiva n.
85/577/CEE. 4.- Il recepimento: dal d.lgs. n. 50/1992 al d.lgs. n. 206/2005 (Codice del
consumo). 5. – Il campo di applicazione. 6. - Gli obblighi informativi a carco del
professionista nei contratti fuori dei locali commerciali 7. – I contratti a distanza. 8. - La
direttiva n. 97/7/CE, il d.lgs. n. 185/1999 ed il d.lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo). 9. - Il
campo di applicazione. 10. - Gli obblighi informativi a carico del professionista nei contratti a
distanza. 11. - L’esecuzione del contratto a distanza. 12. - Il pagamento mediante carta di
credito. 13. – Le forniture non richieste ed i limiti all’utilizzo di talune tecniche di
comunicazione a distanza. 14. - La vendita tramite mezzo televisivo e altri mezzi audiovisivi.
15. – Le disposizioni comuni: sanzioni. 16. - (segue) Il foro competente. 17. - Il diritto di
recesso. 18. – Il termine per recedere. 19. - Come esercitare il recesso. 20. - Gli effetti del
recesso. 21. - Il finanziamento accessorio. 22.- Cenni giurisprudenziali. 23. - La tutela del
consumatore nel commercio elettronico.
1. Introduzione. Il contributo del legislatore comunitario alla realizzazione
della libera circolazione di beni e servizi nel mercato interno -come è noto- è
maturato, fin dalla metà degli anni Settanta, nella prospettiva di accrescere il
grado di fiducia degli acquirenti di beni e servizi. Tale intervento si è diretto
inizialmente verso determinate tecniche di vendita in ragione della loro
particolare “aggressività”.
Queste dinamiche commerciali possono essere ricondotte a due categorie di
situazioni che comportano uno specifico svantaggio per il consumatore: i
“contratti negoziati fuori dei locali commerciali” (vendite porta a porta, sulla
pubblica via, nel corso di escursioni turistiche, su catalogo) ed i “contratti a
distanza” (televendite, vendite telefoniche, via fax, tramite Internet, etc.).
Fin dai suoi albori, l’iniziativa comunitaria a tutela dei consumatori si
preoccupò in particolare dei contratti negoziati fuori dei locali commerciali:
già il Programma preliminare della Comunità economica europea per una
politica di protezione e di informazione del consumatore del 1975, al punto n.
25, evidenziava la necessità di intervenire nel settore delle vendite a
domicilio1.
1
Due anni dopo, nel lontano 1977, vede la luce una Proposta di direttiva sulla base del
modello francese, dove già era in vigore una legge in tema di démarchage e vendite a
domicilio ispirata ad un sistema basato per lo più sull’imposizione di oneri formali a pena di
nullità del contratto: la legge francese prevedeva obbligatoriamente la forma scritta ad
substantiam del contratto, il suo contenuto minimo, il diritto di recesso entro 7 giorni dalla
stipulazione, la nullità di qualsiasi rinuncia a tale diritto, il divieto di esigere il pagamento
prima della scadenza del termine per il recesso.
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2. I contratti negoziati fuori dei locali commerciali. Nelle vendite operate
al di fuori dei locali commerciali l’asimmetria economica-informativa che già
caratterizza
normalmente
il
rapporto
tra
consumatore
e
soggetto
professionale è aggravata dall’ “effetto sorpresa” dovuto alla circostanza che
il venditore si presenta all’acquirente in situazioni non preordinate all’acquisto
(per l’appunto presso la sua abitazione, per la strada, durante un viaggio). A
ciò si aggiunge che, nella maggior parte dei casi, al consumatore è
sottoposto un modulo contrattuale già unilateralmente predisposto dal
professionista (senza possibilità di interferire sul contenuto dell’accordo, ma
solo di accettarlo o rifiutarlo integralmente); che viene meno, rispetto alle
dinamiche di acquisto tradizionali, il consueto intervallo di tempo tra la scelta
del bene e l’acquisto vero e proprio (è generalmente il commerciante a
prendere l’iniziativa); che manca, nella maggior parte dei casi, la possibilità di
verificare concretamente le caratteristiche del bene.
Sono queste le ragioni che giustificano una tutela rafforzata del contraente
debole.
3. La direttiva n. 85/577/CEE. Dopo lunghi anni di gestazione (la prima
proposta, come detto, risaliva al 1977), la direttiva viene approvata nel 19852
con lo scopo, enunciato nei “considerando”, di proteggere gli acquirenti di
beni e servizi contro richieste di pagamento di merci non ordinate e contro i
metodi aggressivi di vendita, nella duplice prospettiva di tutelare la libertà
negoziale dei consumatori e di garantire lo sviluppo e la certezza delle regole
di mercato, configurando, dunque, per il consumatore una sorta di “diritto alla
tranquillità”.
Il legislatore comunitario si era reso conto, insomma, dell’esigenza di
attenuare i rischi connessi a particolari tecniche di vendita nelle quali è il
venditore che prende l’iniziativa ed il consumatore resta colto di sorpresa,
non avendo, per un verso, la possibilità di confrontare qualità e prezzo con
altre offerte e, per altro verso, restando condizionato dalla fretta e dalla
2
Direttiva n. 85/577/CEE del 20 dicembre 1985, pubblicata in GUCE L 372 del 31 dicembre
1985.
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superficialità tipica, come si diceva, di situazioni non preordinate al
consumo3.
4. Il recepimento: dal d.lgs. n. 50/1992 al d.lgs. n. 206/2005 (Codice del
consumo). Nonostante il termine per recepire la direttiva fosse fissato al 13
dicembre 1987, l’Italia vi provvede soltanto nel 1992, con il decreto legislativo
n. 50 del 15 gennaio4. In compenso va detto che, rispetto alla direttiva, la
legge italiana segna, per certi aspetti, un allargamento di tutela5.
Il consumatore6 riceve protezione su tre versanti: grazie alla previsione di
specifici obblighi informativi in capo al professionista; al riconoscimento di un
diritto di recesso unilaterale, gratuito e incondizionato; all’individuazione di un
foro inderogabilmente competente per le controversie inerenti l’applicazione
di questa disciplina7.
Tra
questi,
si
noti,
in
particolare,
l’impatto
dirompente
connesso
all’introduzione nel nostro sistema di una facoltà “di ripensamento” finalizzata
a consentire all’acquirente di valutare a posteriori la convenienza dell’affare
per il quale si presume sia mancata una piena formazione del consenso.
Così il consumatore potrà sciogliersi unilateralmente e gratuitamente dal
vincolo assunto con l’operatore commerciale entro un determinato periodo di
tempo (nella terminologia anglosassone “cool-off period”, tempo di
“raffreddamento”).
3
Va ricordato che, già prima del recepimento della direttiva, l'esigenza di riconoscere al
consumatore un “diritto di ripensamento” era stata oggetto di un tavolo di confronto tra le
contrapposte categorie dei commercianti e dei consumatori. Nell’ottobre del 1989 veniva
firmato a Roma il Protocollo d'intesa in tema di contratti negoziati fuori dei locali commerciali.
Entrato in vigore dal gennaio dell’anno successivo, era stato sottoscritto dall’AVEDISCO
(Associazione Nazionale Vendite Dirette Servizio Consumatori), l'AIE (Associazione Italiana
Editori), dall'ANIPAV (Associazione Nazionale Imprese Promozione Acquisti Viaggi) e dalla
Consulta Nazionale Consumatori e Utenti.
4
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del 3 febbraio 1992, Supplemento ordinario.
5
Non soltanto si abbozza, in anticipo rispetto al legislatore comunitario, una prima
regolamentazione dei contratti “a distanza”, ma si stabilisce (a differenza di quanto previsto
dalla direttiva) un ambito di applicazione rigorosamente oggettivo di questo corpo di regole,
non assumendo alcun rilievo l’eventuale reale ponderazione dell’acquisto nè che la
contrattazione sia avvenuta per iniziativa dello stesso consumatore.
6
Per la definizione di Consumatore si rimanda alla “Parte generale”
7
La giurisprudenza ha avuto interpretazioni oscillanti riguardo alla determinazione
dell’ambito di operatività di detto foro inderogabile. Di queste si dirà nei “Cenni
giurisprudenziali”.
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Oggi queste norme sono rifluite nella Parte III del Codice del Consumo8 e
precisamente nel Titolo III, Capo I “Particolari modalità di conclusione del
contratto”9. Si noti che questo Capo si apre, inaspettatamente, con l’art. 44,
dedicato ai “Contratti negoziati nei locali commerciali”, che rinvia alla
disciplina delle dinamiche tradizionali di vendita che restano disciplinate dalla
legge sul commercio (Legge. n. 114/ 1998).
5. Il campo di applicazione. Preliminarmente va osservato che nella legge
italiana le fattispecie che delimitano l’ambito di applicazione di questo corpo
di regole sono formulate in termini rigorosamente oggettivi: a differenza della
direttiva, infatti, nel decreto di recepimento non rileva che la contrattazione
sia avvenuta per iniziativa del consumatore piuttosto che dell’operatore
commerciale10.
La disciplina della negoziazione fuori dai locali commerciali (art. 45 Cod.
cons.) riguarda tutti i “contratti tra un operatore commerciale e un
consumatore, riguardanti la fornitura di beni o la prestazione di servizi, in
qualunque forma conclusi”11 stipulati:
a) “durante la visita dell’operatore commerciale al domicilio del
consumatore o di un altro consumatore ovvero sul posto di lavoro del
consumatore o nei locali nei quali il consumatore si trovi, anche
temporaneamente, per motivi di lavoro, di studio o di cura” (lettera a);
b) “durante un’escursione organizzata dal professionista12 al di fuori dei
8
D.lgs. n. 206 del 6 settembre 2005, “Codice del consumo, a norma dell’art. 7 della legge 29
luglio 2003, n. 229”, in G.U. 8 ottobre 2005, supplemento ordinario n. 235. Il Codice è entrato
in vigore il 23 ottobre 2006, abrogando tutte le normative oggetto dell’opera di riassetto.
9
Il Capo I di suddivide a sua volta in quattro sezioni: Sezione I “Contratti negoziati fuori dai
locali commerciali (artt. 44 e segg.); Sezione II “Contratti a distanza” (artt. 50 e segg.);
Sezione III “Diposizioni comuni” (artt. 62 e 63); Sezione IV “Diritto di recesso (artt. 64 e seg.
). Segue, poi, un capo II, contenente unicamente la norma di rinvio di “commercio
elettronico”. E’ il caso di ricordare che uno dei principali meriti dell’opera di riassetto
realizzata dal Codice del consumo si realizza in questo settore dove si è proceduto ad una
unificazione (seppur parziale) della disciplina, come detto, nella sezione III “Disposizioni
comuni” e nella quarta “Diritto di recesso”.
10
Né, dunque, è possibile che l’effettiva ponderazione della scelta da parte del consumatore
possa escludere l’applicazione della normativa di protezione.
11
Art. 45, comma 1, Cod. cons.: il campo di applicazione è perciò vastissimo, rilevando non
tanto la natura dei beni o servizi oggetto del contratto, bensì le modalità in cui è avvenuta la
stipulazione (tali da presumere una non corretta formazione del consenso).
12
Nel d.lgs. 50/1992, in questa prescrizione così come in quella della lettera d, si usava
l’espressione “operatore commerciale”.
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propri locali commerciali” (lettera b);
c) “in area pubblica o aperta al pubblico, mediante la sottoscrizione di
una nota d’ordine, comunque denominata” (lettera c)13;
d) “per corrispondenza o, comunque, in base ad un catalogo che il
consumatore ha avuto modo di consultare senza la presenza del
professionista”14.
Il secondo comma dell’art. 45 Cod. cons. estende l’ambito di applicazione del
decreto alle “proposte contrattuali sia vincolanti che non vincolanti” formulate
dal consumatore (ai sensi delle lettere a, b, c e d) “per le quali non sia ancora
intervenuta l’accettazione del professionista”.
Questa ultima precisazione ha suscitato qualche perplessità: il linguaggio
adoperato dal legislatore speciale è visibilmente difforme da quello del codice
civile, ove la proposta può essere revocabile od irrevocabile (articoli 1326,
1329 c.c.) ed il recesso si può esercitare solo in relazione ad un contratto già
concluso (articolo 1373 c.c.)15.
Evidentemente il riferimento alle proposte “sia vincolanti che non vincolanti” è
finalizzato a rendere applicabile la disciplina a qualunque possibile
articolazione della fase prenegoziale, sia che la proposta venga strutturata
come vincolante (cioè, irrevocabile) che non vincolante (cioè, revocabile).
13
Si noti che tale ipotesi, non prevista nella direttiva, è peculiare alla normativa italiana: l’uso
di un termine atecnico quale “nota d’ordine” serve a tutelare il consumatore, al quale può
venir fatto firmare un modulo presentato come non vincolante allo scopo di indurlo in errore
circa le conseguenze negoziali della sottoscrizione.
14
Anche questo caso è peculiare alla normativa italiana e va da subito osservato che tale
categoria di contratti è disomogenea rispetto alle altre, mancando la contestuale presenza
fisica di venditore ed acquirente: non a caso, attesa tale peculiarità, il legislatore prevede il
diverso regime informativo di cui all’art. 47, comma 5. In effetti si tratta, piuttosto, di una
negoziazione “a distanza” e per questo non si spiega perché il legislatore del Codice del
consumo non abbia provveduto a trasferire questa fattispecie nella Sezione seguente,
limitandosi, invece, ad aggiungere all’art. 45 un comma conclusivo nel quale si spiega che ai
contratti per corrispondenza si applicano, se più favorevoli, le disposizioni di cui alla Sezione
II.
15
Evidentemente si è voluto considerare e disciplinare una prassi contrattuale piuttosto
diffusa, la c.d. contrattazione “salvo approvazione della cosa” nella quale la formazione del
contratto avviene in modo che il consumatore assume la veste di proponente: il soggetto che
contatta agisce per conto di un operatore commerciale facendo sottoscrivere e raccogliendo
moduli prestampati in cui vi è un ordine del consumatore cui fa seguito l’accettazione
dell’operatore commerciale o l’inizio di esecuzione del contratto ex articolo 1327 c.c. (nella
specie, consegna del bene o prestazione del servizio. L’equiparazione contratto-proposta
prospettata dal decreto è volta ad attribuire il diritto di recesso ed il relativo obbligo di
informazione a carico dell’operatore commerciale anche in ordine a quelle che agli occhi del
consumatore si presentano come innocue proposte, evitando così che la normativa di
protezione possa essere maliziosamente aggirata fingendo che sia il consumatore ad
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Per altro verso, considerato che proposta e accettazione sono, a rigore, atti
prenegoziali (non producono effetto finchè non si fondono nell’accordo delle
parti), quando il legislatore parla di recesso in relazione le proposte
contrattuali, in realtà, non fa che attribuire d’autorità al consumatore il diritto
di revocare la proposta, anche quando questa, in base alle normali regole
civilistiche, viene qualificata come irrevocabile ed anche se nel frattempo
sono già state eseguite alcune prestazioni16.
Dal campo di applicazione del decreto restano escluse quattro categorie di
contratti (art. 46 Cod. cons.):
a) i contratti per la costruzione, vendita e locazione di beni immobili17 ed i
contratti relativi ad altri diritti concernenti beni immobili, con eccezione
dei contratti relativi alla fornitura di merci e alla loro incorporazione in
beni immobili e dei contratti relativi alla riparazione di beni immobili18;
b) i contratti relativi alla fornitura di beni ad uso domestico, vale a dire
somministrazioni di alimenti, bevande o altri prodotti consegnati a
scadenze frequenti e regolari19;
c) i contratti di assicurazione20;
d) i contratti relativi a strumenti finanziari21.
assumere l’iniziativa per la conclusione del contratto.
16
Tutto ciò vale fino a che non sia intervenuta l’accettazione o sia iniziata l’esecuzione: dopo
tale momento, il contratto è concluso ed allora l’esercizio del recesso da parte del
consumatore si avvicina maggiormente alle regole civilistiche.
17
L’esclusione si giustifica in ragione della particolare disciplina degli atti negoziali
riguardanti gli immobili (si pensi all’intervento del notaio e al regime delle trascrizioni) tale da
annullare l’ “effetto sorpresa” cui il consumatore è normalmente esposto nelle vendite fuori
dei locali commerciali.
18
L’eccezione all’eccezione è particolarmente preziosa per innalzare il livello di tutela del
consumatore: non è certo infrequente che il contratto di acquisto di impianti da incorporare (il
climatizzatore, la cucina, l’armadio “a muro”) o quello con l’artigiano per un intervento di
“manutenzione domestica” vengano stipulati presso l’abitazione dove si dovrà realizzare
l’intervento A tali contratti resta applicabile la disciplina del recesso.
19
L’esclusione si spiega non tanto per la particolare natura dei beni, per lo più deperibili (se
così fosse, tra l’altro, penalizzerebbe l’acquirente di beni caratterizzati da maggiore
durabilità, come -ad esempio- il vino), quanto per la preoccupazione che, all’esito del
recesso, al venditore vengano restituiti (e quindi rimessi in commercio) prodotti alterati o
danneggiati a causa della non corretta conservazione nelle more del ripensamento o durante
le procedure per la restituzione. Inoltre, queste dinamiche, caratterizzate dal rapporto di
periodico contatto con il venditore, non giustificano un particolare livello di protezione al
consumatore.
20
Questa esclusione si giustifica in virtù della revisione di una specifica normativa di settore,
il d.lgs. 19 agosto 2005, n.190, che non è rifluito nel Codice del consumo perché pubblicato
in Gazzetta Ufficiale dopo l’approvazione del decreto di riassetto.
21
Nell’originario testo del d.lgs. 50/1992 si faceva riferimento a “valori mobiliari”, dicitura
ormai desueta.
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A norma del comma 2 dell’art. 47, restano esclusi anche i contratti aventi ad
oggetto la fornitura di beni o la prestazione di servizi per i quali il corrispettivo
globale che deve essere pagato da parte del consumatore non supera
l'importo di 26,00 euro22, comprensivo di oneri fiscali ed al netto di eventuali
spese accessorie che risultino specificamente individuate nella nota d'ordine
o nel catalogo o altro documento illustrativo, con indicazione della relativa
causale. Tuttavia l’esclusione non opera nel caso di più contratti stipulati
contestualmente tra le medesime parti, qualora l'entità del corrispettivo
globale, indipendentemente dall'importo dei singoli contratti, superi l'importo
di 26,00 euro.
6. Gli obblighi informativi a carico del professionista nei contratti fuori
dei locali commerciali. La tutela informativa è uno dei capisaldi della tutela
del consumatore nelle vendite aggressive. Tuttavia va osservato fin d’ora che
è certamente più forte nei contratti “a distanza”, dei quali si dirà tra breve,
rispetto a quelli negoziati fuori dei locali commerciali. Tale diversità si spiega
per la più grave asimmetria informativa propria della contrattazione a
distanza dove la mancata presenza fisica delle parti non consente al
consumatore di “toccare con mano” il bene che intende acquistare.
Così si spiega il diverso regime informativo previsto dal Codice del consumo
nell’art. 47 per i contratti negoziati fuori dai locali commerciali (con esclusivo
riguardo al diritto di recesso), rispetto agli artt. 52 e 53 Cod. cons., riguardanti
le vendite a distanza (dove si disegna un più accurato obbligo informativo).
Nelle vendite fuori dei locali commerciali, l’art. 47 Cod. cons. impone
all’operatore commerciale di informare per iscritto il consumatore della
possibilità di esercitare il recesso23 fornendo:
22
Resta difficilmente comprensibile l’esclusione dell’intera disciplina in ragione dello scarso
valore dell’affare: l’osservazione della realtà dimostra, al contrario, che è di gran lunga più
difficile garantire il consumatore nelle controversie di importo bagatellare nelle quali, per
ragioni di antieconomicità, è sconsigliabile il ricorso agli strumenti di tutele tradizionali.
23
Il diritto all’informazione del consumatore, riconosciuto come “fondamentale” dalla legge n.
281/1998 (anch’essa rifluita nel Codice del consumo, art. 2, lett. c), tende a riequilibrare il
rapporto, attenuando le asimmetrie informative esistenti tra l’operatore commerciale ed il
consumatore, soggetto per definizione debole che ha scarsa dimestichezza con gli strumenti
giuridici di tutela.
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a) l'indicazione dei termini, delle modalità e delle eventuali condizioni per
l'esercizio del diritto di recesso24;
b) l'indicazione del soggetto nei cui riguardi va esercitato il diritto di
recesso ed il suo indirizzo o, se si tratti di società o altra persona
giuridica, la denominazione e la sede della stessa, nonché
l'indicazione del soggetto al quale deve essere restituito il prodotto
eventualmente già consegnato, se diverso.
Qualora il contratto preveda che l'esercizio del diritto di recesso non sia
soggetto ad alcun termine o modalità, l'informazione deve comunque
contenere gli elementi indicati nella lettera b).
Si osservi che quando al consumatore è fatta sottoscrivere “una nota
d'ordine, comunque denominata”, l'informazione deve essere riportata nella
suddetta nota d'ordine, “separatamente25 dalle altre clausole contrattuali e
con caratteri tipografici uguali o superiori a quelli degli altri elementi indicati
nel documento” (art. 47, comma 3, Cod. cons.).
La legge prevede altresì che una copia della nota d'ordine, recante
l'indicazione del luogo e della data di sottoscrizione, debba essere
consegnata al consumatore.
Qualora, invece, non venga predisposta una nota d'ordine, “l'informazione
deve essere comunque fornita al momento della stipulazione del contratto
ovvero all'atto della formulazione della proposta ed il relativo documento
deve contenere, in caratteri chiaramente leggibili, oltre alle altre informazioni
anche l'indicazione del luogo e della data in cui viene consegnato al
24
L’esperienza concreta dimostra che assai raramente l’infrmativa predisposta dal soggetto
professionale è conforme alla legge dando conto, in modo puntuale, di termini, modi e
condizioni per il corretto esercizio del diritto di recesso. Di questo va tenuto conto perché
un’informazione non conforme dal punto di vista contenutistico (G.d.P. Palermo, 18
dicembre 1998, in Foro.it, 1999, 2412) o grafico (G.d.P. Carrara, 4 ottobre 1995, in Foro it.,
1996, 1885) implica il prolungamento del termine per recedere a norma dell’art. 65, comma
3, Cod. cons..
25
Sul punto merita di essere citato un orientamento della Corte di Cassazione secondo il
quale il l’autonomia della clausola di recesso deve tradursi nella separazione della stessa
dall’intero insieme delle altre clausole, non essendo ammissibile che sia inserita in un
contesto di clausole di apparente pari rilevanza ed ordinate secondo una sequenza
numerata (Cass., sent. 16762 del 2003).
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consumatore, nonché gli elementi necessari per identificare il contratto” (art.
47, comma 4, Cod. cons.).
Si rammenti che nei contratti per corrispondenza (art. 45, comma 1, lettera d)
è previsto un differenziato regime informativo: l'informazione sul diritto di
recesso deve essere riportata nel catalogo (o altro documento illustrativo o
nella relativa nota d'ordine) con caratteri tipografici uguali o superiori a quelli
delle altre informazioni. Nella nota d'ordine, comunque, in luogo della
indicazione completa degli elementi previsti per legge può essere riportato il
solo riferimento al diritto di esercitare il recesso con la specificazione del
termine e con rinvio alle indicazioni contenute nel catalogo o altro documento
illustrativo della merce o del servizio per gli ulteriori elementi previsti
nell'informazione26.
Secondo l’ultimo comma dell’art. 47 Cod. cons., il professionista non potrà
accettare, a titolo di corrispettivo, effetti cambiari che abbiano una scadenza
inferiore a quindici giorni dalla stipulazione del contratto e non potrà
presentarli allo sconto prima di tale termine. Questa previsione è volta ad
evitare che l’operatore commerciale incassi il corrispettivo prima della
decorrenza del termine per esercitare il diritto di recesso cosicchè il
consumatore sia disincentivato a valersene, ritenendo ormai difficile
recuperare la somma pagata27.
L’art. 48 del Codice prevede che, per i contratti riguardanti la prestazione di
servizi, il diritto di recesso non possa essere esercitato nei confronti delle
prestazioni che siano state già eseguite28.
26
Le diverse modalità per l’informativa sul diritto di recesso si giustificano a fronte della
minore aggressività della vendita in parola, in primo luogo dovuta alla non simultanea
presenza fisica di professionista e consumatore.
27
Ma le buone intenzioni del legislatore non sembra si siano tradotte in una disciplina
veramente adeguata e protettiva: infatti, come vedremo, non sempre il termine di 15 giorni
copre il periodo entro il quale si può recedere (devono tenersi presenti le proroghe previste
dall’art. 65, comma 3, Cod. cons.).
28
Si riproduce la regola generale di cui all’art. 1373, comma 2, c.c., che però -si osserviesclude il recesso anche per le prestazioni “in corso di esecuzione”. Da questa via passano
però frequenti strumentalizzazioni ad opera del professionista che intenda eludere la
normativa: concentrando prestazioni e costi nei primi giorni di esecuzione del contratto (è il
caso di chi richieda, ad esempio, per lo svolgimento di un corso, una “quota di iscrizione”
molto elevata rispetto al prezzo complessivo), si scoraggerà il recesso del consumatore che
non potrà sperare nel rimborso di buona parte di quanto pagato. In termini di assetto
complessivo, si osservi che questa norma, non è riprodotta nella Sezione II: la disciplina dei
contratti a distanza prevede, però, che non si possa esercitare il diritto di recesso nel caso di
24
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Si osservi, in conclusione, che alle vendite fuori dai locali commerciali si
applicano le disposizioni di cui agli articoli 1829 , 1930 e 2031 del d.lgs. 31
marzo 1998, n. 114, recante riforma della disciplina relativa al settore del
commercio (art. 49 Cod. cons.).
7. I contratti a distanza. Già l’articolo 9 del d.lgs. 50/1992 si preoccupava di
anticipare la disciplina della contrattazione “a distanza”, effettuata cioè
attraverso i mezzi televisivi e audiovisivi o attraverso l'uso di strumenti
informatici e telematici32.
In questo tipo di contrattazione, si prevedeva -a norma del d.lgs. n. 50/1992che l'informazione sul diritto di recesso fosse fornita durante la presentazione
del prodotto o servizio, compatibilmente con le caratteristiche e la tecnologia
del mezzo, ed anche per iscritto, non oltre la consegna della merce33.
Tutte queste situazioni si caratterizzano, come già anticipato, perché la
transazione (nella terminologia comunitaria è sinonimo di negoziazione)
avviene senza la contestuale presenza fisica dei contraenti. Ed ecco che
l’aggressività di tali dinamiche è ascrivibile, per un verso, all’impossibilità di
verificare il bene/servizio nella sua concretezza e, per altro, all’uso di
strumenti e tecnologie non necessariamente d’uso familiare per il
consumatore.
8. La direttiva n. 97/7/CE, il d.lgs. n. 185/1999 ed il d.lgs . n. 206/2005
(Codice del consumo). Il legislatore comunitario ha rivolto a queste vendite
fornitura di servizi la cui esecuzione sia iniziata, con l’accordo del consumatore, prima della
scadenza del termine per recedere (art. 55, comma 2, lett. a, Cod.cons.).
29
Riguardante la “vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione”.
30
Riguardante le “vendite effettuate presso il domicilio dei consumatori”.
31
Riguardante la “propaganda a fini commerciali”.
32
Da un punto di vista normativo la tutela dell’acquirente “a distanza” era all’epoca in fase
del tutto embrionale: la proposta di direttiva in materia è infatti la C/156/14 del 23 giugno
1992, cui è seguita la direttiva n. 97/7/CE del 20 maggio 1997, recepita nel nostro
ordinamento dal decreto legislativo n. 185 del 1999, che ha dettato una disciplina organica
per i contratti a distanza, anch’essa rifluita nel Codice del consumo (artt. 50 e seguenti).
33
Il legislatore, ancora una volta impreciso, aveva dimenticato di menzionare le prestazioni
di servizi; la cosa ha creato non poche difficoltà interpretative, ora risolte dalla normativa
specifica.
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una disciplina specifica con la direttiva n. 97/7/CE34 che riprende le linee
tracciate nel piano di azione triennale della Commissione per una politica del
consumo del 1990. Essa disciplina i casi in cui le transazioni avvengono
senza la presenza fisica simultanea dei contraenti ed è dunque più difficile
identificare la controparte e l’oggetto stesso del contratto35.
Per questo si applica a qualsiasi contratto stipulato a distanza tra un
consumatore un soggetto professionale, senza che gli interlocutori si
incontrino fisicamente: è affermato in maniera esplicita che la direttiva si
applica esclusivamente quando, per la conclusione del contratto, siano
adottate “una o più tecniche di comunicazione a distanza36 nell’ambito di un
sistema di vendita o prestazione di servizi a distanza organizzato dal
fornitore”.
Il legislatore italiano ha recepito la direttiva emanando, in data 22 maggio
1999, il d.lgs. n. 18537. Anche questo provvedimento è rifluito nel Codice del
Consumo, nella parte III, Titolo III, Sezione II (artt. 50 e seguenti).
9. Campo di applicazione. L’art. 50 Cod. cons. definisce il contratto a
distanza come quello “avente per oggetto beni o servizi stipulato tra un
professionista ed un consumatore nell’ambito di un sistema di vendita o di
prestazione di servizi a distanza organizzato dal professionista che, per tale
contratto, impiega esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a
distanza fino alla conclusione del contratto comprendente la conclusione del
contratto stesso.”
L’ambito di applicazione della normativa in esame è delimitato dal riferimento
all’impiego esclusivo di una o più tecniche di comunicazione a distanza, il
che comporta che esulano dall'ambito di tutela, sia le vendite a distanza
occasionali, sia i contratti rientranti in sistemi non caratterizzati dalla
34
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 febbraio 1997 concernente la
tutela dei consumatori in materia dei contratti a distanza, pubblicata in GUCE L 144 del 4
giugno 1997.
35
Considerando n. 24 della direttiva.
36
Per “tecniche di comunicazione a distanza “ l’articolo 2 della direttiva intende: “qualunque
mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e del consumatore, possa
impiegarsi per la conclusione del contratto tra dette parti”.
37
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 21 giugno 1999 (Rettifica G.U. n. 230 del 30
settembre 1999).
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esclusività38.
È da rilevare che il decreto non si applica a tutti i contratti a distanza: ne
restano esclusi infatti, secondo l’indicazione dell’art. 51, i contratti:
a) relativi ai servizi finanziari39, un elenco indicativo dei quali è nell'alleg.
I40;
b) conclusi
tramite
distributori
automatici
o
locali
commerciali
automatizzati41;
c) conclusi con gli operatori delle telecomunicazioni impiegando telefoni
pubblici42;
d) relativi alla costruzione e alla vendita o ad altri diritti relativi a beni
immobili,43 con esclusione della locazione44;
e) conclusi in occasione di una vendita all'asta.45
Ulteriori limitazioni all’operatività della disciplina sono poste dall’art. 55 Cod.
cons. che esclude il diritto di recesso ed alcuni obblighi informativi per:
a) i contratti di fornitura di generi alimentari, di bevande o di altri beni per
uso
domestico
di
consumo
corrente
forniti
al
domicilio
del
38
In particolare, si osservi che il sistema di vendita a distanza deve essere “organizzato dal
professionista”, il quale deve avvalersi in via esclusiva e “fino alla conclusione del contratto”
di una o più tecniche di comunicazione a distanza: pertanto, non potrebbero esservi
ricompresi gli accordi che, seppur frutto di trattative condotte a distanza, siano
successivamente ratificati e/o materialmente sottoscritti tra presenti (si pensi, ad esempio,
all’occasionale contatto telefonico o via e-mail a seguito del quale interviene l’incontro fisico
delle parti).
39
Perché già disciplinati dalle specifiche norme previste dal D.lgs. 19 agosto 2005, n.190.
40
Servizi d'investimento; operazioni di assicurazione e di riassicurazione; servizi bancari;
operazioni riguardanti fondi di pensione; servizi riguardanti operazioni a termine o di
opzione.
41
Perché, generalmente, è possibile per l’acquirente “vedere” il bene che sta per acquistare
e soprattutto perché è agevole l’identificazione del soggetto venditore.
42
L’esclusione riguarda verosimilmente i servizi telefonici a pagamento (come il c.d. elenco
abbonati) che per la loro natura istantanea, l’esiguo costo ed il carattere d’imparzialità che li
regola non si prestano ad essere soggetti alla disciplina in parola.
43
Sull’argomento si veda quanto già detto in relazione alla analoga esclusione di cui all’art.
46, comma 1, lettera “a”, in materia di contratti negoziati fuori dai locali commerciali.
44
A differenza di quanto previsto per i contratti stipulati fuori dai locali commerciali (art. 46,
comma 1, lettera “a”), le locazioni restano, quindi, ricomprese nel campo di applicazione
della normativa, con il rischio di evidenti difficoltà applicative. Tra queste, di non poco conto,
il coordinamento con il successivo art. 55, comma 1, lettera “b”, che esclude il diritto di
ripensamento per i “contratti di fornitura di sevizi relativi all’alloggio”.
45
Già disciplinate dal d.lgs 114/98 e dalla Circolare n. 3457 del 17 giugno 2002 del Ministero
delle Attività Produttive.
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consumatore, al suo luogo di residenza o al suo luogo di lavoro, da
distributori che effettuano giri frequenti e regolari;46
b) i contratti di fornitura di servizi relativi all'alloggio, ai trasporti47, alla
ristorazione, al tempo libero, quando all'atto della conclusione del
contratto il professionista si impegna a fornire tali prestazioni ad una
data determinata o in un periodo prestabilito48.
Si prevede inoltre, che, salvo diverso accordo tra le parti, il consumatore non
possa esercitare il diritto di recesso nei casi:
a) di fornitura di servizi la cui esecuzione sia iniziata, con l'accordo del
consumatore, prima della scadenza del termine previsto dall’articolo
64, comma 1;49
b) di fornitura di beni o servizi il cui prezzo è legato a fluttuazioni dei tassi
del mercato finanziario che il professionista non è in grado di
controllare;
c) di
fornitura
di
beni
confezionati
su
misura
o
chiaramente
personalizzati50 o che, per loro natura, non possono essere rispediti o
rischiano di deteriorarsi o alterarsi rapidamente;
46
Come si è già detto, questa esclusione si fonda sulla preoccupazione che, all’esito del
recesso, al venditore vengano restituiti (e quindi rimessi in commercio) prodotti alterati o
danneggiati a causa della non corretta conservazione nelle more del ripensamento o durante
le procedure per la restituzione. Si aggiunga, inoltre, che si tratta di dinamiche che, visto il
rapporto di periodico contatto con il venditore, non sembrano caratterizzate da particolare
aggressivià.
47
La Corte di Giustizia delle Comunità Europee (sentenza del 10-03-2005, nel procedimento
C-336/03), relativamente all’interpretazione dell’art 3, n. 2 della direttiva 97/7CE in materia di
contratti a distanza, ha ricompreso nella nozione di servizi relativi ai trasporti anche i servizi
di autonoleggio. Secondo la Corte la nozione di trasporto indicherebbe non soltanto l’azione
di spostare persone o beni ma anche quella di mettere a disposizione del consumatore un
mezzo di trasporto. Conseguentemente, il consumatore non potrà esercitare il diritto di
ripensamento nei contratti a distanza che abbiano ad oggetto la fornitura di servizi di
autonoleggio.
48
Di fatto con l’intento di proteggere i fornitori di determinati servizi dagli inconvenienti
connessi all’ “annullamento” dell’ordine di servizi che presuppongono una prenotazione e,
generalmente, una onerosa attività preparatoria.
49
Escludere il ripensamento in simili circostanze non garantisce sufficiente tutela al
consumatore (nella prassi gli vengono frequentemente sottoposti accordi che prevedono
l’inizio dell’esecuzione prima del termine per il ripensamento): sarebbe stato preferibile
riprodurre la regola prevista dall’art. 48 in materia di contratti negoziati fuori dai locali
commerciali (“per i contratti riguardanti la prestazione di servizi, il diritto di recesso non può
essere esercitato nei confronti delle prestazioni che siano state già eseguite”).
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d) di fornitura di prodotti audiovisivi o di software informatici sigillati,
aperti dal consumatore;51
e) di fornitura di giornali, periodici e riviste;52
f) di servizi di scommesse e lotterie.
10. L’obbligo di informazione. Come detto, rispetto alle vendite fuori dei
locali commerciali, il panorama degli obblighi informativi gravanti sul
professionista che contratta “a distanza” è decisamente più consistente.
Ben articolato è il sistema di informazioni precontrattuali che il fornitore è
tenuto a mettere a disposizione: l’originario art. 3 del d.lgs. 185/199
(attualmente art. 52 Cod. cons.) già ampliava, rispetto alla formulazione
dell’articolo 4 della direttiva, il novero delle informazioni che il fornitore è
chiamato a trasmettere al consumatore in tempo utile, "prima della
conclusione di qualsiasi contratto a distanza”. Le informazioni, il cui scopo
commerciale deve essere inequivocabile53, devono essere fornite “in modo
chiaro e comprensibile”54, con ogni mezzo adeguato alla tecnica di
comunicazione a distanza impiegata55, osservando in particolare i principi di
buona fede e di lealtà in materia di transazioni commerciali, valutati alla
stregua delle esigenze di protezione delle categorie di consumatori
particolarmente vulnerabili.
Le informazioni obbligatorie sono relative all'identità del fornitore, al suo
50
Uno dei più ricorrenti escamotage per privare il consumatore della facoltà di ripensamento
consiste nel fargli omaggio di una personalizzazione: nel caso delle televendite di preziosi e
gioielli, ad esempio, è frequentissima l’offerta di una incisione a ricordo di una data o di una
circostanza particolare.
51
Per l’ovvia ragione che, una volta sconfezionato, non sarebbe difficile duplicarne il
contenuto, prima di esercitare il diritto di recesso. Attenzione, però, al venditore “solerte” che
offre al consumatore di provvedere all’istallazione del software al solo scopo di rimuovere la
confezione dai supporti, così realizzando la preclusione posta da questa norma.
52
Che il consumatore potrebbe consultare o duplicare, prima di esercitare il diritto di
recesso.
53
Inciso di grande rilievo in considerazione del fatto che, invece, la prassi commerciale dà
conto di modalità di contatto la cui aggressività principale consiste proprio nel dissimulare lo
scopo della telefonata e di altra comunicazione a distanza (per le comunicazioni telefoniche,
si considerino poi i dettagliati obblighi di cui al comma 3).
54
Sono i requisiti della “trasparenza” già più volte richiamati dal Codice (art. 5, comma 3, in
materia di obblighi generali di informazione e l’art. 35, comma 1, in materia contrattuale).
55
Per le comunicazioni telefoniche, si dovrà far riferimento al regime posto dall’art. 52,
comma 3, mentre per televendite e contratti conclusi a mezzo di strumenti informatici o
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indirizzo, alle caratteristiche essenziali del bene o del servizio, al suo prezzo
(comprese tasse o imposte nonché spese di consegna), alle modalità del
pagamento, della consegna o della esecuzione del contratto, all’esistenza del
diritto di recesso e alle modalità per restituire i beni, al costo dell'utilizzo della
tecnica di comunicazione a distanza, alla durata della validità dell'offerta o
del prezzo e alla durata minima in caso di contratti per la fornitura di prodotti
o prestazioni di servizi di esecuzione continuata o periodica.
In caso di comunicazioni telefoniche, l'identità del professionista e lo scopo
commerciale
della
telefonata
devono
essere
dichiarati
in
modo
inequivocabile all'inizio della conversazione con il consumatore, a pena di
nullità del contratto56. In caso di utilizzo della posta elettronica si applica la
disciplina prevista dall'art. 9 del d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70, in materia di
commercio elettronico.
In ogni caso, si stabilisce (art. 53 Cod. cons.) che deve comunque essere
fornita un'informazione scritta sulle condizioni e modalità dell'esercizio del
recesso, sull'indirizzo geografico della sede della controparte cui inoltrare i
reclami, sull'esistenza di servizi di assistenza e di garanzie commerciali, sulle
condizioni di recesso del contratto in caso di durata indeterminata o
superiore ad un anno.
Si noti che tra gli obblighi informativi è ricompreso quello di indicare, nel
contratto a distanza, il riferimento alle disposizioni del Codice del Consumo
(art. 60).
In conseguenza del mancato assolvimento degli obblighi informativi sono
previste sanzioni amministrative a carico del professionista. (art. 62 Cod.
cons.) ed una proroga legale del termine per recedere (art. 65, comma 3,
Cod. cons.). Mentre da un punto di vista contrattuale c’è da ritenere che, in
caso di notizie inesatte, incomplete o oscure, il consumatore potrà esperire
gli ordinari rimedi civilistici a tutela della libertà del consenso (facendo
riferimento ai c.d. vizi della volontà).
telematici, il legislatore ha, invece, previsto le particolari modalità di informativa sul diritto di
recesso di cui all’art. 59.
56
Colpisce la gravità della sanzione se raffrontata alle difficoltà che il consumatore
incontrerà sul piano probatorio.
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11. L’esecuzione del contratto a distanza. L’art. 54 del Codice prevede
che, salvo diverso accordo tra le parti, il professionista dovrà eseguire
l'ordinazione entro trenta giorni a decorrere dal giorno successivo a quello in
cui il consumatore ha trasmesso l'ordinazione al professionista.
In
caso
di
mancata
esecuzione
dovuta
alla
indisponibilità,
anche
temporanea, del bene o del servizio richiesto, il professionista sarà tenuto nel
medesimo termine, ad informare il consumatore e a rimborsare le somme
eventualmente già corrisposte per il pagamento della fornitura.
Salvo consenso del consumatore, da esprimersi prima o al momento della
conclusione del contratto, il professionista non potrà adempiere eseguendo
una fornitura diversa da quella pattuita, anche se di valore e qualità
equivalenti o superiori57.
Va ricordato, infine, che a norma dell’art. 61 Cod. cons., ai contratti a
distanza si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 18 del d.lgs. 31
marzo 1998, n. 11458, recante la disciplina generale del commercio.
12. Il pagamento mediante carta di credito. Ove sia previsto, il
consumatore potrà effettuare il pagamento tramite carta di credito ed il
Codice prevede (art. 56) in caso di pagamento non dovuto59, il diritto del
consumatore al riaccredito ad opera dell'istituto di emissione della carta.
Questo potrà poi addebitare al fornitore, tutte le somme riaccreditate al
consumatore.
Si tratta di una previsione molto garantista che ha per effetto quello di far
ricadere sul venditore, al quale possono essere addebitate le somme
riaccreditate al consumatore, la responsabilità dell’uso fraudolento della carta
di credito, ancorché realizzato da un soggetto terzo e, pertanto, estraneo al
57
L’ultima parte della norma richiama il disposto dell’art. 1197 c.c., che prevede, salvo il
consenso del creditore, l’impossibilità per il debitore di liberarsi eseguendo una prestazione
diversa da quella pattuita, anche se di valore uguale o maggiore. Si ricordi, inoltre, che
nell’ambito dei contratti del consumatore, l’art. 33, comma 3, lettera “m”, prevede che si
presuma vessatoria la clausola “che ha per oggetto o per effetto di consentire al
professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le
caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel
contratto stesso”.
58
Riguardante la “vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione”.
31
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rapporto di consumo.
13. Forniture non richieste e limiti all’utilizzo di talune tecniche di
comunicazione a distanza. Il Codice del consumo, come già faceva il d.lgs.
185/1999, si occupa di proteggere il consumatore dalle c.d. forniture non
richieste: si tratta di quelle operazioni commerciali tendenti ad “imporre”
l’acquisto di beni o servizi senza che l’acquirente abbia manifestato una
volontà negoziale in tal senso60.
La legge prevede (art. 57 Cod. cons.), nel caso in cui la fornitura comporti
una richiesta di pagamento, un espresso divieto della stessa in mancanza di
previa ordinazione: in questi casi, il consumatore non sarà tenuto ad alcuna
prestazione corrispettiva e -si precisa- in ogni caso la mancata risposta non
significa consenso.61
Si noti, inoltre, che l’art. 58 Cod cons. prevede che il professionista che
voglia far uso del telefono, della posta elettronica, di sistemi automatizzati di
chiamata o di fax debba richiedere il consenso preventivo del consumatore,
mentre altre tecniche di comunicazione a distanza, qualora consentano una
comunicazione individuale, possono essere impiegate dal professionista solo
a condizione che il consumatore non si dichiari esplicitamente contrario.
14. Vendita tramite il mezzo televisivo o altri mezzi audiovisivi. L’art. 59
del Codice riprende riprende l’art. 9 del d.lgs. 15 gennaio 1992, n. 50 che come si ricorderà- nel disciplinare i contratti negoziati fuori dai locali
commerciali, non mancava di tratteggiare la disciplina di alcune “particolari
modalità contrattuali”.
Si prevede che l’informativa sul diritto di recesso sia fornita secondo
particolari modalità: nel corso della presentazione del prodotto o del servizio
59
E quindi per i pagamenti dei quali il consumatore dimostri l'eccedenza rispetto al prezzo
pattuito ovvero l'effettuazione mediante l'uso fraudolento della propria carta di pagamento da
parte del professionista o di un terzo.
60
Particolarmente odiose, in tempi recenti, le operazioni di telemarketing realizzate da alcuni
gestori di servizi di telefonia per l’attivazione di nuovi abbonamenti o di servizi aggiuntivi,
senza che il consumatore manifesti alcun consenso in proposito.
61
Non sarà dunque necessario per il consumatore neppure esercitare il diritto di recesso.
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oggetto del contratto, compatibilmente con le particolari esigenze poste dalle
caratteristiche dello strumento impiegato e dalle relative evoluzioni
tecnologiche; per le televendite, invece, l'informazione dovrà comparire
all'inizio e nel corso della trasmissione.
In ogni caso l'informazione sul diritto di recesso deve essere fornita per
iscritto non oltre il momento in cui viene effettuata la consegna della merce.
Da questo momento decorre il termine per l'invio della comunicazione di
recesso (art. 59, ultima parte).
15. Disposizioni comuni: sanzioni. Il codice accorpa nella Sezione III,
intitolata “Disposizioni comuni”, il regime sanzionatorio62 e le disposizioni
d’ordine processuale riguardanti il foro competente63.
Quanto alle sanzioni, salvo che il fatto costituisca reato, il professionista che
contravviene alle descritte norme (non fornisce le previste informazioni al
consumatore, ostacola l'esercizio del diritto di recesso, non rimborsa le
somme pagate, presenta all'incasso o allo sconto gli effetti cambiari) è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516,00 a euro 5165,00.
Nei casi di particolare gravità o di recidiva, detti importi sono raddoppiati. La
recidiva si verifica quando stessa violazione è stata commessa due volte in
un anno, anche se si è proceduto al pagamento della sanzione mediante
oblazione. Le sanzioni sono applicate ai sensi della legge 24 novembre
1981, n. 689.
16. (segue) Il giudice competente. Com’è noto, accanto al riconoscimento
del diritto di recesso, l’altra grande garanzia per il consumatore, tendente a
riequilibrare la sua posizione di debolezza, è la norma processuale sulla
competenza giudiziale.
L’art. 63 Cod. cons. prevede “per le controversie civili inerenti all'applicazione
del presente capo la competenza territoriale inderogabile del giudice del
62
Originariamente previsto all’art. 11 del d. lgs. 15 gennaio 1992, n. 50, e all’art. 12 del d.
lgs. 22 maggio 1999, n. 185)
63
Originariamente nell’art. art. 12 del d. lgs. 15 gennaio 1992, n. 50, e nell’art.14 del d.lgs.
22 maggio 1999, n. 185
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luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio
dello Stato.” Secondo alcuni la norma tenderebbe ad individuare un “giudice
naturale” per il consumatore nel settore delle vendite aggressive.
Tuttavia detta interpretazione è stata oggetto di approfondimenti per chiarire
il significato dell'espressione “inerenti l'applicazione del presente decreto”: ci
si chiede, cioè, se il legislatore si sia voluto riferire solo alle controversie
riguardanti l'esercizio del diritto di recesso oppure se rientrino in tale
competenza funzionale anche le controversie riguardanti, ad esempio, la
validità, l'efficacia o l'adempimento del contratto.
La questione è stata affrontata più volte dalla giurisprudenza che sembra
preferire l'interpretazione estensiva della norma64, del resto coerente con la
ratio di tutela del consumatore quale parte debole del rapporto65.
Vale da ultimo osservare che la questione ha, tuttavia, ormai perso di
rilevanza alla luce dei principi posti dalla Sezioni Unite della Cassazione66
che hanno riconosciuto natura di norma processuale speciale all’art. 1469
bis, comma terzo, n. 19 c.c., attualmente art. 33, comma 2, lettera “u”, Cod.
cons..
64
Tra i provvedimenti che la ritengono invocabile anche nel caso in cui si verta in materia di
inadempimento o invalidità, G.d.P. Perugia, 4 dicembre 1998, in Rass. Giur. Umbra, 1999,
128.
65
A tal proposito è utile ricordare il Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22
dicembre 2000, “concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione
delle decisioni in materia civile e commerciale” che sostituendosi alla Convenzione di
Bruxelles del 1968, stabilisce all’articolo 16 che “l'azione dell'altra parte del contratto contro il
consumatore può essere proposta solo davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio
è domiciliato il consumatore”.
66
Cass. S.U., 1 ottobre 2003, n. 14669, in Guida al Diritto n. 42, 2003, 20.
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17. Il diritto di recesso. Come si è detto l’aspetto qualificante della tutela
riconosciuta al consumatore nelle vendite aggressive consiste nella
previsione in favore dell’acquirente di un ulteriore “tempo di riflessione”
rispetto alle dinamiche tradizionali tende a riequilibrare l’asimmetria che si
realizza nella contrattazione svolta con metodi aggressivi o tecniche di
comunicazione a distanza.
In sostanza il legislatore attribuisce al consumatore la facoltà di sciogliersi
unilateralmente
dal
vincolo
contrattuale
senza
oneri
o
condizioni,
subordinando l’esercizio di tale facoltà soltanto ad un limite temporale67.
La forza dirompente di tale istituto (ben diverso, infatti, è il recesso
disciplinato dal Codice civile, solitamente a titolo oneroso e comunque
necessariamente convenzionale) è manifesta in un ordinamento che eleva
l’incontro delle volontà contrattuali a “forza di legge” tra le parti (art. 1372
c.c.)68.
Resta il fatto che l’istituto, soggetto com’è al solo vincolo temporale, avrebbe
forse meritato una diversa denominazione (diritto di “ripensamento”?) che ne
connotasse la funzione ed anche il sapore vagamente sanzionatorio
ricollegabile all’uso, da parte del professionista, di tecniche di vendita
qualificabili come “aggressive” (anche perché, come detto, esso può indicare
sia uno scioglimento volontario dal contratto che una revoca della proposta).
A norma dell’art. 64 Cod. cons. il recesso è gratuito (non comportando il
pagamento di alcun corrispettivo, penale o spesa accessoria) ed è altresì
incondizionato non essendo necessario per il consumatore di “specificare il
motivo”.
18. Il termine per recedere. Nell’illustrazione dei termini per l’esercizio del
diritto di recesso, l’articolo 64 Cod. cons. distingue le ipotesi in cui sia stata
67
Antesignano di questo “ripensamento” può considerarsi il termine previsto dalla Legge n.
77 del 1983 sulla vendita a domicilio di valori mobiliari (il contratto rimaneva sospeso nella
sua efficacia per cinque giorni a decorrere dalla sottoscrizione, in modo da permettere
all’acquirente di meglio valutare l’affare concluso).
68
La dottrina si è ingegnata per individuarne l’inquadramento giuridico (tentando di
ricondurlo a figure già conosciute dall’ordinamento, come il patto d’opzione, la condizione
sospensiva o risolutiva, la vendita con riserva di gradimento). Ma, a ben vedere, si può
affermare che la questione resta di scarso rilievo pratico: è, infatti, lo stesso legislatore a
prevedere le condizioni di esercizio e gli effetti del recesso in capo alle parti (artt. 66 e 67
Cod. cons.).
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regolarmente fornita la relativa informazione da quelle in cui ciò non sia
avvenuto, così da non consentire il corretto esercizio del diritto.
In presenza di una corretta informativa, il diritto di recesso può essere
esercitato (sia per i contratti negoziati fuori dai locali commerciali che per
quelli a distanza) entro il termine di dieci giorni lavorativi69.
Nel caso in cui, invece, il professionista non abbia soddisfatto gli obblighi di
informazione, il termine è prorogato automaticamente (art. 65, comma 3,
Cod. cons.) a sessanta giorni, per i contratti fuori dei locali commerciali, e a
novanta, per quelli “a distanza”70. Stessa regola vale allorché il professionista
fornisca una informazione incompleta o errata che non ne consenta il corretto
esercizio (comma 4).
Si noti che, mentre la mancata informazione determina automaticamente ed
oggettivamente il prolungamento del termine per il recesso, in caso di
informazione incompleta o errata occorrerà, invece, prima stabilire se ciò
abbia impedito il corretto esercizio del diritto: il prolungamento del termine
non sarà quindi un effetto automatico, ma andrà valutato caso per caso.
Importante è il regime della decorrenza del termine per recedere (c.d. dies a
quo) che si atteggia differentemente per le due tipologie contrattuali.
Stabilisce, infatti, l’art. 65 Cod. cons. che per i contratti o le proposte
contrattuali negoziati fuori dei locali commerciali, il termine per l’esercizio del
diritto di recesso decorre:
a) dalla data di sottoscrizione della nota d'ordine contenente l'informazione
sul diritto di recesso ovvero, nel caso in cui non sia predisposta una
nota d'ordine, dalla data di ricezione dell'informazione stessa, per i
contratti riguardanti la prestazione di servizi ovvero per i contratti
69
L’aver uniformato il termine al più lungo periodo previsto dal D.lgs 185 del 1999 per i
contratti a distanza (per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali tale termine era, ex
art.6, D.lgs 50 del 1992, di sette giorni “secchi”) è uno dei più appariscenti segni di
innovazione della tutela riconosciuta dal Codice del consumo.
70
Resta qualche perplessità sull’efficacia di tale rimedio: se l’informativa sul diritto di recesso
sia del tutto omessa o sia talmente imprecisa da impedire l’esercizio del recesso,
l’allungamento del termine non consentirà comunque di valersi del “ripensamento”. Ed allora,
forse si sarebbe dovuta prevedere una sanzione più incisiva, magari la nullità relativa del
contratto, ma sull’argomento si è detta contraria la giurisprudenza comunitaria (CGCE, 13
dicembre 2001, C-481/99).
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riguardanti la fornitura di beni, qualora al consumatore sia stato
preventivamente mostrato o illustrato dal professionista il prodotto
oggetto del contratto;
b) dalla data di ricevimento della merce se successiva, per i contratti
riguardanti la fornitura di beni, qualora l'acquisto sia stato effettuato
senza la presenza del professionista ovvero sia stato mostrato o
illustrato un prodotto di tipo diverso da quello oggetto del contratto.
Per i contratti a distanza, invece, il termine per l’esercizio del diritto di
recesso decorre:
a) per i beni, dal giorno del loro ricevimento da parte del consumatore ove
siano stati soddisfatti gli obblighi di informazione o dal giorno in cui
questi ultimi siano stati soddisfatti, qualora ciò avvenga dopo la
conclusione del contratto purché non oltre il termine di tre mesi dalla
conclusione stessa;
b) per i servizi, dal giorno della conclusione del contratto o dal giorno in cui
siano stati soddisfatti gli obblighi di informazione, qualora ciò avvenga
dopo la conclusione del contratto purché non oltre il termine di tre mesi
dalla conclusione stessa.
Naturalmente resta nella facoltà delle parti di convenire garanzie più ampie in
favore del consumatore (art. 65, ult. comma, Cod. cons.).
19. Come esercitare il recesso. Il diritto di recesso si esercita con l'invio,
entro il termine di dieci giorni lavorativi, di una comunicazione scritta alla
sede del professionista71 (anzi, al soggetto indicato nella nota informativa).
Sarà necessario osservare la formalità della lettera raccomandata con avviso
di ricevimento.72 Questa si intende spedita in tempo utile se consegnata
71
A differenza del recesso civilistico, che quale atto unilaterale recettizio produce i suoi
effetti quando la controparte ne riceve notizia, il recesso in commento è operativo non
appena giunto al domicilio del professionista, essendo indifferente che l’atto sia o meno
entrato nella sfera di conoscibilità dell’impenditore.
72
La forma scritta non è prescritta per la validità dell’atto (cioè ad substantiam), ma
rappresenta, secondo la legge, il mezzo tipico per assicurare la conoscenza dell’atto in capo
al destinatario. Così l’assenza della raccomandata non eslude il prodursi degli effetti del
recesso se la prova può essere raggiunta in altro modo (Trib. Milano, 27 gennaio 1997, in
Contr., 1998, 48). Ugualmente efficace si ritiene la comunicazione inviata dal rappresentante
37
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all'ufficio postale accettante entro i termini previsti dalla legge, o dal contratto
se diversi. L'avviso di ricevimento non è, comunque, condizione essenziale
per provare l'esercizio del diritto di recesso.73
La comunicazione può essere inviata, entro lo stesso termine, anche
mediante telegramma, telex, posta elettronica74 e fax, a condizione che sia
confermata mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento entro le
quarantotto ore successive.75
Solo se espressamente previsto nell'offerta o nell'informazione concernente il
diritto di recesso, in luogo di una specifica comunicazione è sufficiente la
restituzione, entro il termine, della merce ricevuta (art. 64, ult. comma, Cod.
cons.)
20. Gli effetti del recesso. Per effetto del recesso, con la ricezione da parte
del professionista della relativa comunicazione, “le parti sono sciolte dalle
rispettive obbligazioni derivanti dal contratto o dalla proposta contrattuale”
(art. 66 Cod. cons), fatte salve, nell'ipotesi in cui le obbligazioni stesse siano
state nel frattempo in tutto o in parte eseguite, gli obblighi restitutori
dettagliati nell’art. 67 Cod. cons.
Qualora sia avvenuta la consegna del bene il consumatore è tenuto a
restituirlo o a metterlo a disposizione del professionista o della persona da
questi designata, secondo le modalità ed i tempi previsti dal contratto. Il
termine per la restituzione del bene non può comunque essere inferiore a
dieci giorni lavorativi decorrenti dalla data del ricevimento del bene (ai fini
senza poteri (si pensi alla comunicazione inviata dal genitore per conto del figlio o da un
conoscente o da altro consumatore intenzionato, egli stesso, a recedere) e solo in un
secondo momento ratificata dal consumatore (G.d.P. Monza, 31 ottobre 1996, in Giudice di
Pace, 1997, 17). Neppure il difetto assoluto di sottoscrizione della raccomandata sarebbe
idoneo a pregiudicare il corretto esercizio del diritto di recesso (Pret. Trento, 28 aprile 1995,
in Foro it., 1996, 1885).
73
Questa disposizione è conseguenza della già citata recettizietà particolare prevista dalla
legge: il recesso produce i suoi effetti appena giunge al domicilio del professionista, senza
necessitare di particolari formalità. La prova dell’invio della raccomandata può, quindi,
essere fornita in virtù di altri elementi (frequentemente il professionista replica per iscritto alla
comunicazione di recesso, così ammettendo di averla ricevuta).
74
La possibilità di esercitare il diritto di recesso per mezzo di posta elettronica è una novità
opportunamente introdotta dal Codice.
75
Viene da chiedersi perché il legislatore abbia individuato il termine in “ore” (invece di dire
più semplicemente “due giorni”), sembrando difficile calcolare con esattezza il decorso del
temine visto che sulla raccomandata non risulta l’orario di spedizione.
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della scadenza del termine la merce si intende restituita nel momento in cui
viene consegnata all'ufficio postale accettante o allo spedizioniere).
Si tenga presente che la sostanziale integrità della merce da restituire è
condizione essenziale per l'esercizio del diritto di recesso76. Ma il Codice
aggiunge (art. 67, comma 2, ultima parte) che è comunque sufficiente che il
bene sia restituito in “normale stato di conservazione”, in quanto sia stato
custodito ed eventualmente adoperato con l'uso della normale diligenza. 77
Naturalmente il recesso è gratuito, quindi le sole spese che resteranno a
carico del consumatore sono quelle necessarie alla restituzione del bene al
mittente, ove espressamente previste dal contratto.
Da parte sua, a seguito del recesso, il professionista sarà tenuto al rimborso
del prezzo versato dal consumatore, ivi comprese le somme versate a titolo
di caparra. Il rimborso deve avvenire gratuitamente, nel minor tempo
possibile e in ogni caso entro trenta giorni dalla data in cui il professionista è
venuto a conoscenza dell'esercizio del diritto di recesso.
Il Codice espressamente prevede la nullità di qualsiasi clausola che preveda
limitazioni al rimborso nei confronti del consumatore delle somme versate in
conseguenza dell'esercizio del diritto di recesso (art. 67, comma 5, ult. parte,
Cod. cons.).
Per quanto riguarda le prestazioni di servizi, si ricordi che l’operatore
commerciale sarà tenuto a restituire solo il corrispettivo ricevuto per le
prestazioni non ancora eseguite.
21. Il finanziamento accessorio. Spesso la conclusione del contratto di
consumo è accompagnata da un contratto di finanziamento (c.d. credito al
consumo) che lo stesso operatore commerciale, o un diverso soggetto per
76
Ed ecco che sarà comunque consigliabile rifiutare l’offerta di collaborazione del venditore
che voglia collaudare il bene dopo averlo consegnato presso l’abitazione del consumatore,
per evitare di essere privati (ad esempio) degli imballi originali, necessari alla corretta
restituzione e quindi di sentirsi rifiutare il diritto di recedere dal contratto.
77
Interessante notare che, nel regime precedente all’entrata in vigore del Codice del
consumo, se l’informazione era data correttamente, gravava sul consumatore l’onere di
preservare la merce “sostanzialmente integra”. Se invece l’informazione era mancante,
parziale o inesatta, era sufficiente che la merce fosse riconsegnata “in normale stato di
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suo conto, concedono al consumatore realizzando uno schema trilaterale:
l'operatore commerciale fornisce il bene o il servizio al consumatore,
ricevendo
il
corrispettivo
direttamente
dal
finanziatore,
al
quale
il
consumatore restituisce ratealmente il prezzo, comprensivo di interessi ed
oneri accessori.
Già il decreto n. 185/99 prevedeva, all’atto del recesso, l’automatico
scioglimento del contratto di finanziamento; adesso questa previsione è
estesa anche ai contratti negoziati fuori dai locali commerciali. Così, a norma
dell’attuale art. 67, comma 6, Cod. cons., qualora il prezzo di un bene o di un
servizio, oggetto di un contratto a distanza, sia interamente o parzialmente
coperto da un credito (concesso dal fornitore ovvero da terzi in base ad un
accordo tra questi e il fornitore) il contratto di credito si intende risolto di
diritto, senza alcuna penalità, nel caso in cui il consumatore eserciti
correttamente il diritto di recesso78.
22. Cenni giurisprudenziali. La prima questione in ordine di tempo si è
posta prima ancora del recepimento della direttiva e riguardava la possibilità
di applicare direttamente la normativa comunitaria anche in assenza di una
disciplina interna di riferimento. In senso affermativo si erano pronunciati
alcuni giudici di merito79. La Corte di Giustizia CE ha però stabilito che, pur
ricorrendo i presupposti per la diretta applicazione della normativa
comunitaria non ancora recepita (statuizioni sufficientemente precise e
vincolanti, scadenza del termine per l'attuazione), le disposizioni della
direttiva non possono incidere nei rapporti interprivati (efficacia c.d.
orizzontale), ma solo in quelli tra lo Stato destinatario della direttiva ed i suoi
cittadini (efficacia c.d. verticale). Tuttavia il giudice nazionale deve
conservazione”: in sostanza, la normale usura del bene andava a configurarsi come un
rischio gravante sull’operatore commerciale per la violazione dell’obbligo informativo.
78
È fatto, altresì, obbligo al fornitore di comunicare l'avvenuto esercizio del diritto di recesso
da parte del consumatore al terzo concedente il credito. Le somme eventualmente versate
dal terzo che ha concesso il credito fino al momento in cui ha conoscenza dell’avvenuto
recesso sono rimborsate al terzo dal fornitore, senza alcuna penalità, fatta salva la
corresponsione degli interessi legali maturati.
79
Conc., Roma, 22.8.1991, in Arch. civ., 1991, 1165; Pret. Milano, 14.11.1991, in Foro it.,
1992, 1, 1599; Trib. Bologna, 16.3.1994, in Giur. merito, 1995, 438; Trib. Casale Monferrato,
13.1.1995, in Giur. merito, 1996, 288.
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interpretare le disposizioni vigenti nel modo più aderente possibile alla lettera
ed allo scopo della normativa comunitaria80.
La Cassazione ha aderito a quanto statuito dalla Corte di Giustizia81, ma ciò
non ha tuttavia impedito alla giurisprudenza di trovare soluzioni interpretative
ispirate alla normativa comunitaria per tutelare il consumatore, sostenendo
infatti che, una volta scaduto il termine per il recepimento, una direttiva che
contiene disposizioni sufficientemente precise, costituisce fonte del diritto per
l'ordinamento italiano e quindi, anche se inidonea a disciplinare i rapporti
interprivati, può essere tenuta in conto come principio regolatore della
materia, ponendola a fondamento di un giudizio di equità82.
Quanto all'oggetto del contratto negoziato fuori dai locali commerciali, ci si
chiede se il decreto riguardi tutti i contratti o solo alcuni: la Corte di Giustizia
CE ha stabilito che la direttiva n. 85/577/CEE si applica a qualunque tipo di
contratto, purché concluso secondo le particolari modalità in essa previste83.
La giurisprudenza si è anche espressa sull’informazione riguardante il diritto
di recesso: l'art. 47, comma 3, Cod. cons., impone che essa sia
adeguatamente evidenziata "separatamente dalle altre clausole contrattuali"
e "con caratteri tipografici uguali o superiori” o "chiaramente leggibili";
conseguentemente, ove questa sia collocata tra le condizioni generali di
contratto senza alcun elemento, anche grafico, di differenziazione dalle altre
clausole, non può dirsi idonea a garantire il corretto esercizio del recesso84 e
determina perciò la dilatazione a 60 giorni del termine per recedere; lo stesso
accade quando la sua formulazione sia imprecisa85, non corretta86 o
80
Corte Giust. CE, 14.7.1994, n. 91, in Rass. Avv. Stato, 1994, l, 435.
Cass., 27.2.1995, n. 2275, in Giust. civ., 1995,1, 1474; Cass., 15.5.1995, n. 5289, in Giur.
it., 1996, l, l, 1132.
82
La Suprema Corte ha così confermato una decisione del conciliatore, che aveva ritenuto
conforme ad equità applicare i principi della direttiva n. 85/577/CEE prima del suo
recepimento: Cass., 20.3.1996, n. 2369, in Foro it., 1996, I, 1665; Cass., 26.9.1996, n. 8504,
in Nuova giur. civ., 1997, I, 733.
83
Non è infatti necessario che si tratti di un contratto a prestazioni corrispettive (nella specie
si trattava, infatti, di una fideiussione), né che abbia ad oggetto beni o servizi di una certa
natura, ma è sufficiente che sia stipulato in luoghi non istituzionalmente deputati alla
contrattazione e che il bene o il servizio sia destinato al consumo privato (enunciato questo
principio di diritto, la Corte ha poi nel merito affermato l'inapplicabilità della direttiva, poiché il
terzo aveva beneficiato della fideiussione per scopi professionali: Corte Giust. CE,
17.3.1998, C-45/96, in Banca, borsa, 1999, II,129).
84
Giud. Pace Carrara, 4.10.1995, in Foro it., 1996, I, 1885.
85
Giud. Pace Palermo, 18.12.1998, in Foro it., 1999, 1, 2412.
86
Giud Pace Mandamento di Cascina, 13.5.1998.
81
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addirittura assente87.
Quanto alla forma della comunicazione, si è detto che il requisito della
raccomandata sottoscritta personalmente dalla parte recedente non è
imposto per la validità dell’atto, ma costituisce mezzo idoneo per assicurare
la conoscenza dell'atto da parte del destinatario secondo i principi generali in
tema di atti unilaterali recettizi e pertanto l'assenza della raccomandata o la
mancanza di sottoscrizione da parte del consumatore non impediscono
l'efficacia del recesso88.
Come detto, l’esercizio del recesso fa sì che l'operatore commerciale debba
restituire quanto ha ricevuto dal consumatore89; mentre la clausola che limita
il rimborso delle somme versate a titolo di acconto è senz'altro nulla90.
La competenza per le controversie civili relative al decreto in esame è
inderogabile e spetta al giudice del luogo di residenza o domicilio del
consumatore secondo il disposto dell’attuale art. 63 Cod. cons.91, tuttavia tale
norma non si applica ai contratti stipulati prima dell’entrata in vigore del
decreto, benché dedotti in giudizio in epoca successiva92.
Come accennato, resta infine da precisare il significato dell’espressione
"controversie civili inerenti all’applicazione del presente decreto", contenuta
nel citato art. 63: se voglia intendere solo quelle riguardanti il diritto di
informazione e di recesso o qualunque controversia relativa al contratto.
Quest’ultima tesi, più favorevole al consumatore, che può evitare in linea
generale pericolose e per lui onerose scelte del foro da parte dell'operatore
87
A tal proposito si veda la sentenza Corte Giustizia del 13 dicembre 2001 che (interrogata
rispetto alla legittimità del termine di un anno per esercitare il recesso in caso di mancata
informativa, ha ritenuto che “la direttiva n. 85/577/CE osta a che il legislatore applichi un
termine di un anno dalla stipulazione del contratto per l’esercizio del diritto di recesso (…),
qualora il consumatore non abbia beneficiato dell’informazione di cui all’articolo 4 della
suddetta direttiva”.
88
Sull’assenza della raccomandata, Trib, Milano, 27.1.1997, in Contratti, 1998, 48; sul difetto
di sottoscrizione, Pret. Trento, 28.4.1995, in Foro it., 1996, l, 1885.
89
La già citata sentenza del Giudice di pace di Palermo del 18 dicembre 1998 ha affrontato
l'interessante questione del pagamento a mezzo di effetti cambiari: il giudice non ha escluso
la combinazione di un contratto negoziato fuori del locali commerciali con un'operazione di
finanziamento, con le relative discipline applicabili contemporaneamente a maggior tutela del
consumatore.
90
Giud. Pace Piacenza, 6.12.1996, in Arch. civ., 1997, 189.
91
Pret. Bologna, 28.2.1995, cit.; Giud. pace Milano, 27.4.1996, in Dir. consumi, 1997, 164.
92
Cass., 25.9.1996, n. 8465, in Giust. civ., 1997, L 709.
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commerciale93.
23. La tutela del consumatore nel commercio elettronico. A norma
dell’art. 68 Cod. cons., alle offerte di servizi della società dell’informazione
effettuate ai consumatori per via elettronica, si applicano, per gli aspetti non
disciplinati dal Codice, le disposizioni di cui al d.lgs. 9 aprile 2003, n. 7094.
Questa norma ha recepito la direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio, dell'8 giugno 200095, relativa a “taluni aspetti giuridici dei
servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico,
nel mercato interno”.
Non c’è dubbio che l'avvento di Internet rappresenti per il commercio un
nuovo canale di sviluppo, denso di potenzialità, ma anche di rilevanti criticità:
non è un caso dunque che l’Unione Europea abbia deciso di occuparsene
per favorire la libera circolazione di beni e servizi, consapevole del fatto che
lo sviluppo del commercio elettronico costituisce un’occasione per realizzare
in pieno il mercato comune a condizione di elevare il grado di fiducia degli
“operatori del settore” e, tra questi, soprattutto, dei consumatori.
La direttiva n. 2000/31/CE è intervenuta all’esito di lunghe ed accese
consultazioni che videro confrontarsi le rappresentanze dei consumatori e
delle aziende della new economy: quel che interessa chiarire è che non si
tratta di un provvedimento che mira, almeno espressamente, ad ampliare le
garanzie del consumatore, inteso come acquirente di beni on-line o
comunque di fruitore di “servizi dell’informazione”: nell’articolo 1 del decreto
di recepimento, infatti, si dichiara l’unico scopo di “promuovere la libera
circolazione dei servizi della società dell’informazione, fra i quali il commercio
elettronico”.
L’attenzione per gli interessi dei consumatori emerge soltanto in via
incidentale: ad esempio rendendo inderogabili alcuni obblighi informativi
93
Un giudice di merito, a distanza di pochi mesi l'una dall’altra, ha dapprima accolto la tesi
estensiva, revocando un decreto ingiuntivo emesso da un giudice di un luogo diverso da
quello di residenza del consumatore, poi la tesi restrittiva: Giud. Pace Perugia, 5.3.1998, in
Foro it., 1999, I, 1081, allegato e 4.12.1998, in Rass. giur. umbra, 1999, 128; contra C. Cass.
Sez. III, 14.4.2000, Foro it., 2000, 3196.
94
In G.U. 14 aprile 2003, serie generale – n. 87.
95
Direttiva dell’8 giugno 2000 pubblicata in GUCE L 178 del 17 luglio 2000, successiva
rettifica in GUCE L 285 del 23 ottobre 2002.
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(articoli 7 e 8 del d.lgs. 70/2003)96 ed indicando le informazioni dirette alla
conclusione del contratto, cui è dedicato l’articolo 12, che richiama
espressamente il decreto n. 185/99.
L’unica norma inerente, in qualche modo, alla conclusione del contratto97, è
quella contenuta nell’articolo 13 che impone al prestatore, dopo l’inoltro
dell’ordine, di far pervenire al consumatore un’attestazione di ricevuta
dell’ordine “contenente un riepilogo delle condizioni generali e particolari
applicabili al contratto, le informazioni relative alle caratteristiche essenziali
del bene o del servizio e l’indicazione dettagliata del prezzo, dei mezzi di
pagamento, del recesso, dei costi di consegna e dei tributi applicabili”98.
96
Alcune associazioni di consumatori avevano proposto, infatti, di imporre come obbligatorie
anche le informazioni circa i tempi di fornitura del bene o del servizio; quelle riguardanti
l’assistenza e le garanzie post-vendita; quelle relative ai dati identificativi del produttore per il
caso di fornitura di beni mobili; quelle riguardanti la durata e le procedure per il rinnovo della
fornitura, con esclusione del suo tacito rinnovo, in caso di fornitura di servizi.
97
Fin qui il decreto trascura le problematiche connesse alla conclusione del contratto online.
L’articolo 13 si limita a precisare l’applicabilità generale delle “norme sulla conclusione dei
contratti”, tuttavia senza far cenno alle disposizioni sulla firma elettronica (decreto legislativo
n. 10/2002 e successive modifiche ed integrazioni).
98
L’ordine e la ricevuta si considerano pervenuti quando le parti alle quali sono indirizzate
“hanno la possibilità di accedervi”: ciò significa che il messaggio si considera ricevuto nel
momento in cui è disponibile sul server del ricevente.
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