scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 29 agosto 2014
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
29/08/2014 La Repubblica - Bologna
L'Ausl apre nove sportelli Sert per il sostegno psicologico ai malati di gioco
d'azzardo
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29/08/2014 La Repubblica - Napoli
Asl 1, centri privati senza più fondi: verso lo stop delle prestazioni
7
29/08/2014 La Repubblica - Milano
Piano da 340 milioni per il Policlinico bis e l'eredità immobiliare
8
29/08/2014 La Repubblica - Genova
Dottoressa si infetta in ospedale, il Tar obbliga il Gaslini a pagare
9
29/08/2014 La Repubblica - Torino
"Eterologa, accordo entro settembre per evitare la giungla"
10
29/08/2014 La Stampa - Nazionale
Caos eterologa "Regole chiare o sarà il far west"
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29/08/2014 La Stampa - Nazionale
Ebola, si allarga l'epidemia Oms: possibili 20 mila casi
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29/08/2014 Il Messaggero - Nazionale
Lorenzin: «Se ci saranno nuovi tagli rischia di sparire la sanità pubblica»
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29/08/2014 Il Messaggero - Nazionale
Ebola, l'Oms prepara un piano straordinario per 20mila contagiati
15
29/08/2014 Il Messaggero - Nazionale
Pronta la mappa genetica del virus è la chiave per studiare nuovi farmaci
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29/08/2014 Il Giornale - Nazionale
La pratica sportiva in Italia? È allarme sedentarietà
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29/08/2014 Il Giornale - Milano
Il Policlinico investe 340 milioni «Sarà il nostro Expo per la città»
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29/08/2014 Avvenire - Milano
La Ca' Granda investe sulla città
20
29/08/2014 Il Gazzettino - Venezia
«L’Asl spieghi cosa vuole per l’ ospedale di Jesolo»
21
29/08/2014 Il Gazzettino - Venezia
Più pazienti "esterni" e meno fughe verso altre Ulss, risparmiati 4,5 milioni di euro
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29/08/2014 Libero - Nazionale
Dal governo doccia gelata sulla Sla dona pochi euro e toglie 75 milioni
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29/08/2014 Il Foglio
Miti salutisti in pezzi, la prima colazione non è "il pasto più importante"
24
29/08/2014 ItaliaOggi
Una aspirina al dì previene il cancro
25
29/08/2014 ItaliaOggi
Medicina, scorrimento prorogato
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29/08/2014 Il Venerdi di Repubblica
Come si rintraccia un Paziente Zero (e sarà davvero lui?)**
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29/08/2014 L'Espresso
Racconti in corsia
29
29/08/2014 L'Espresso
Troppi rischi per i giovani
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29/08/2014 L'Espresso
NOI ED EBOLA
31
29/08/2014 L'Espresso
Cosa succederà in Italia
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29/08/2014 Corriere della Sera - Sette
La magica alchimia della medicina italica
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE
25 articoli
29/08/2014
La Repubblica - Bologna
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(diffusione:556325, tiratura:710716)
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In primo piano
L'Ausl apre nove sportelli Sert per il sostegno psicologico ai malati di
gioco d'azzardo
Venticinque operatori specializzati seguiranno i ludo-dipendenti Le persone ritenute a rischio, in regione, sono
circa quarantamila
ROSARIO DI RAIMONDO
NOVE ambulatori, una squadra di 25 operatori specializzati, procedure più immediate per dare risposte a chi
chiede aiuto.
L'Ausl di Bologna potenziai servizi per assistere i giocatori d'azzardo patologici. Persone che sono diventate
schiave di slot machinee grattae vinci, tavoli verdi virtuali e scommesse sportive. Da poche settimane, infatti,
tutti i SerT (servizi tossicodipendenze) della provincia potranno accogliere questi pazienti e stilare per loro dei
percorsi terapeutici ad hoc per uscire dal tunnel. A settembre partirà invece un ciclo di incontri rivolto ai
familiari, per aiutarli ad affrontare situazioni spesso drammatiche.
«All'inizio solo alcuni SerT si occupavano del gioco d'azzardo - spiega Daniele Gambini, coordinatore del
servizio tossicodipendenze dell'Ausl -. Questi ambulatori sono nati negli anni Novanta per assistere chi aveva
problemi di eroina. In seguito al decreto Balduzzi del 2013, però, i SerT sono diventati i luoghi dove
accogliere anche le persone affette da gioco patologico e le loro famiglie».
Pochi mesi faè partito così un progetto sperimentale che prevede la "presa in carico" dei pazienti affetti da
gioco d'azzardo patologico in tutti gli ambulatori della provincia. Se prima, per ricevere delle cure, c'erano
soltanto pochi centria Bologna, adesso in ognuna di queste sedi «si ottiene un appuntamento.
Poi viene fatta una valutazione diagnostica, in cui vengono valutati i problemi. E infine si individua il
programma terapeutico più adatto al paziente».
I dati dimostrano che di questo servizio c'è bisogno. Nel 2010, a Bologna, i giocatori d'azzardo che si sono
rivolti ai SerT sono stati 27. Nel 2013 sono più che triplicati: 85, il 214% in più. Anche a livello regionale il
fenomeno è esploso: i pazienti seguiti sono passati da 354 a 785 (+121%). Potenzialmente, però, i numeri
sono molto più alti. Secondo il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), tra il 2013e il 2014 in Emilia-Romagna
942mila persone tra i 15 e i 64 anni hanno giocato d'azzardo almeno una volta: il 34% della popolazione. E
per circa 40mila di loro, il gioco sta per diventare (o è diventato) un problema. Se non una malattia. «Sui 130
operatori che lavorano al servizio tossicodipendenze, 25 hanno una formazione specifica sul gioco d'azzardo
- specifica Gambini -. Oltre ai tre centri bolognesi, i SerT sono a Budrio, San Giorgio di Piano, San Giovanni
in Persiceto, San Lazzaro di Savena, Zola Predosa e Vergato. In ogni punto c'è un nucleo di operatori pronto
a ricevere le richieste. Si può telefonare o andare di persona per fissare un colloquio preliminare, che si
conclude nell'arco di una sessantina di giorni.
Alla fine dei due mesi, si stila il programma terapeutico».
Un programma che, nei casi peggiori, può sfociare anche nella richiesta di ricovero in strutture specializzate.
A Reggio Emilia l'anno scorso è nata Pluto, una delle prime comunità pubbliche rivolte ai giocatori d'azzardo.
È gestita dal Centro sociale Papa Giovanni XXIII. Il suo presidente, Matteo Iori, uno dei maggiori esperti sul
tema, rende noti i numeri di questa esperienza.
Da luglio 2013 a giugno 2014 Pluto ha ospitato 45 persone, di cui 24 provenienti dall'EmiliaRomagna (5 dalla
provincia di Bologna) e 21 da altre regioni.
Si tratta in maggioranza di uomini (39) tra i 30 e i 50 anni, sposati e con figli, un diploma e un lavoro. Che si
rovinano con scommesse sportive, gratta e vinci e giochi online. E in molti casi, hanno bisogno di farmaci per
tornare alla vita di prima.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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La Repubblica - Bologna
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Prima che fosse inghiottita da una sala slot.
Ieri, intanto, il Comune di Imola ha vinto un altro round della battaglia giudiziaria nei confronti di una ditta, la
Luxor, che aveva fatto ricorso contro la limitazione degli orari delle sale lottery da parte della giunta.
Il consiglio di Stato ha dato ragione all'amministrazione guidata dal sindaco Manca: «Un risultato
importante». BOLOGNA EMILIA-ROMAGNA I NUMERI A BOLOGNA Sono 85 i giocatori d'azzardo che nel
2013 hanno chiesto aiuto ai Sert.
Erano solo 27 nel 2010 IN REGIONE Nello stesso arco di tempo i giocatori patologici seguiti dai servizi in
regione sono passati da 354 a 785 IL FENOMENO Secondo il Cnr, tra il 2013 e il 2014, 942mila persone
hanno giocato d'azzardo almeno una volta
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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La Repubblica - Napoli
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Asl 1, centri privati senza più fondi: verso lo stop delle prestazioni
Quasi raggiunto il budget annuale messo a disposizione dalla Regione Da domenica risorse azzerate per la
cardiologia poi toccherà ai laboratori
ALESSIO GEMMA
MANCANO 48 ore. E i primi fondi pubblici per le cure sanitarie saranno già esauriti. Perché i centri privati
dell'Asl Napoli 1 hanno quasi raggiunto il budget annuale messo a disposizione dalla Regione. Ciò vuol dire
che i pazienti negli ultimi 3-4 mesi dell'anno dovranno rimetterci di tasca propria o prenotarsi per controlli e
visite in ospedale. Liste di attesa permettendo. Domenica, 31 agosto si azzerano le risorse per la cardiologia,
poi il 9 settembre sarà la volta dei laboratori di analisi e il 27 chiude i battenti la radiologia. I conti non tornano
nella più grande azienda sanitaria d'Europa: centinaia di strutture private eguaglieranno il limite massimo di
spesa almeno 20-30 giorni prima rispetto agli anni passati. Il motivo? L'Asl diretta da Ernesto Esposito ha
comunicato ai privati di basarsi per il 2014 sul totale dei finanziamenti del 2013 ridotto dell'1 per cento. Tagli
che servono a garantire il pareggio di bilancio dopo anni di indebitamento ma riducono i servizi per i malati.
Sono oltre 10 milioni le prestazioni sanitarie accreditate dalla Regione con 89,2 milioni di euro. La nota
inviata nelle ultime ore dall'Asl 1 certifica che è stato speso l'84 per cento dei fondi, ma sono state effettuate il
68,31 per cento delle prestazioni. Vuol dire che i soldi finiscono quando gli interventi non sono stati ancora
completati. Diabetologia, per esempio: il numero di prestazioni è al 64 per cento del totale di 191.368, ma il
budget di 1,3 milioni di euro è già schizzato all'81 per cento. Risultato: il 30 settembre non ci saranno più
risorse. Diverso il caso delle visite specialistiche: le attività svolte sono all'83 per cento, ma le casse hanno
ancora un 20 per cento di riserva. La dead line è fissata però al 30 settembre. Il 16 ottobre scatta la mannaia
sulla medicina nucleare: 22 milioni di euro per 62.126 prestazioni, speso il 77 per cento. «Alla Regione un
paziente che viene da noi costa in media 200 euro l'anno con un'assistenza completa - spiega Alfonso
Longobardi, vicepresidente Confederazione centri antidiabete- Se dovrà essere ricoverato in ospedale ci
vorranno 500 euro al giorno. Investire sulla prevenzione salva in primis le casse pubbliche».
Sono allo studio soluzioni per garantire la sopravvivenza delle cure: l'Asl potrebbe diramare la prossima
settimana nuovi budget di spesa.
Foto: DIRETTORE Ernesto Esposito, direttore dell'Asl Napoli 1. Speso l'84 per cento dei fondi ma sono state
effettuate il 68,31 per cento delle prestazioni. Sotto un laboratorio privato di analisi
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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La Repubblica - Milano
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LA SANITÀ
Piano da 340 milioni per il Policlinico bis e l'eredità immobiliare
LE CASE E I PALAZZI Giancarlo Cesana, presidente della Fondazione Policlinico, annuncia il progetto di
risanamento delle proprietà dell'ospedale che durerà otto anni
ALESSANDRA CORICA
IL POLICLINICO avvia la ristrutturazione delle case che fanno parte del suo patrimonio immobiliare. Il
progetto comincerà a settembre, e dovrebbe partire con una serie di interventi nelle case di proprietà di via
Sforza in zona Paolo Sarpi, su oltre una decina di immobili.
Costerà all'ospedale circa cento milioni di euro, in arrivo dal fondo immobiliare che la Ca' Granda ha creato
per gestire e mettere a reddito il patrimonio immobiliare che, dal Cinquecento a oggi, è stato accumulato
dall'ospedale. La ristrutturazione degli appartamenti, in parte destinati alla vendita e in parte ad housing
sociale, si affiancherà alla costruzione del nuovo ospedale: un'operazione da oltre 240 milioni, anch'essi in
arrivo dalla valorizzazione del patrimonio. A presentare tutta l'operazione (che, in tutto, vale 340 milioni di
euro) è stato ieri il presidente della Fondazione Policlinico, il ciellino Giancarlo Cesana, durante un incontro al
Meeting di Rimini. Il patrimonio è quasi interamente frutto di donazioni: tra case e terreni, vale oltre un
miliardo e mezzo di euro. Il progetto di valorizzazione si svilupperà nei prossimi otto anni: «Ci sono voluti due
anni per studiarlo e tre anni per deliberarlo - ha spiegato Cesana - . Per noi sarà questo l'Expo».
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La Repubblica - Genova
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(diffusione:556325, tiratura:710716)
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LA SENTENZA
Dottoressa si infetta in ospedale, il Tar obbliga il Gaslini a pagare
Due gradi di giudizio avevano certificato il suo diritto, ma l'istituto ha ignorato le sentenze
MARCO PREVE
MENTRE svolgeva il suo lavoro nei laboratori dell'ospedale si tagliò e il contatto con il sangue le provocò
un'infezione da "epatite cronica Hcv". Ciò nonostante a una dottoressa dell'ospedale Gaslini sono stati
necessari due gradi di giudizio per ottenere il risarcimento dovuto per una malattia contratta sul posto di
lavoro.
Ma il Ministero della Salute ha ignorato come se nulla fosse le sentenze e alla fine il medico, assistito
dall'avvocato Andrea Bava si è rivolto al Tribunale Amministrativo Regionale per ottenere giustizia. La
sentenza della seconda sezione del Tar le ha dato ragione. I giudici hanno ora nominato "commissario ad
acta" incaricato di reperire i fondi e pagare il risarcimento (si tratta di un vitalizio) il Direttore generale del
personale del Ministero. Il tempo massimo è fissato in novanta giorni.
Durissime le parole dei giudici amministrativi - Giuseppe Caruso, presidente del collegio, e con lui Roberto
Pupilella e Paolo Peruggia - nei confronti del Ministero della Salute: «Nel caso di specie poi va stigmatizzata
l'indifferenza del Ministero della salute a provvedere sollecitamente a ristorare, almeno economicamente, un
lavoratore che per assolvere ai propri compiti di tutela della salute ha contratto una malattia cronica di
rilevante gravità».
Nel 2010, la prima sentenza del tribunale riconosceva alla dottoressa un indennizzo «per aver accertato che
la malattia (epatite cronica) era stata contratta dalla ricorrente nello svolgimento della sua attività come
medico presso l'ospedale Gaslini». Anche in appello «veniva confermata la correlazione tra l'attività di medico
e l'insorgere della malattia, contratta a seguito di contagio con sangue infetto».
Nel dicembre del 2011 e da allora il medico aspetta il suo risarcimento. Il suo ricorso è stato accolto perché il
Tar ha ritenuto «che la condotta dell'amministrazione intimata sia particolarmente grave perché dopo una
resistenza giudiziaria durata ben sei anni, a distanza di oltre due anni il Ministero della salute non ha ancora
provveduto ad adempiere». Il Ministero è stato anche condannato a pagare le spese legali.
In passato lo stesso avvocato Bava aveva ottenuto dal Ministero il risarcimento per un caso analogo. Il
barbiere di un grande ospedale che aveva contratto anche lui l'epatite nel corso del suo lavoro in corsia. In
quel caso l'indennizzo era arrivato in tempi ragionevoli. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: SOTTO ACCUSA L'istituto Gaslini, condannato a risarcire l'infortunio professionale di un medico
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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29/08/2014
La Repubblica - Torino
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Il presidente Chiamparino: "Linee guida al più presto" Le Regioni procedono anche senza accordo con Roma
Viale attacca: "Qui potremmo partire fin da oggi"
MARIACHIARA GIACOSA
SULLA fecondazione eterologa Sergio Chiamparino vuole accelerare: incontrerà il ministro Beatrice Lorenzin
nei prossimi giorni e forse già il 3 settembre si capiranno tempie modi per il via libera atteso da mesi.
Mercoledì prossimo è stata convocata a Roma la riunione del gruppo tecnico delle Regioni italiane per
decidere le linee guida da fornire a ospedali e strutture nelle quali sarà praticata la fecondazione con donatori
esterni alla coppia, diventata legale dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha abrogato la legge 40.
QUELLA riunione segnerà il primo passo del presidente Sergio Chiamparino, nel duplice ruolo di
governatore del Piemonte e capofila delle Regioni. Dopo la frenata di inizio agosto, quando nonostante la
sentenza della Consulta decise di temporeggiare sull'applicazione della fecondazione con donatori esterni,
adesso annuncia: «Anche se il parlamento non dovesse decidere nulla in materia, noi intendiamo garantire
questo diritto in tempi rapidi, appena ci sarà un accordo tra le Regioni che stabilisca l'omogeneità ed eviti la
giungla e un mercato parallelo».
Questione di settimane, massimo metà settembre nelle previsioni del presidente, che sottoporrà il
documento delle Regioni al ministro Lorenzin, con «l'auspicio di arrivare a un'intesa con lo Stato che sarebbe
utile per stabilire i costi delle prestazioni e il suo eventuale inserimento nel sistema sanitario nazionale e nei
Lea».
I nodi all'esame dei tecnici saranno sette: dai criteri di selezione del donatore alla gratuità della donazione.
«Siamo in presenza di questioni con un rilievo anche sotto il profilo etico», sottolinea l'assessore alla sanità
Antonio Saitta. «Da parte nostra non c'è alcuna resistenza contro la sentenza della Consulta - aggiunge Vogliamo applicarla, ma ci stiamo facendo carico di una questione nazionale per evitare il Far West con
regole diverse in diverse zone del Paese». Su questo torna a polemizzare il ginecologo e consigliere
comunale pd Silvio Viale: «Chiamparino sta facendo il presidente delle Regioni e non quello del Piemonte attacca - . Potrebbe far partire subito qui la fecondazione eterologa». Ci sono 12 centri pubblici in grado di
garantire l'eterologa e 15 privati di cui uno accreditato con il servizio sanitario.
LE TAPPE IL MINISTRO La prossima settimana il presidente Chiamparino incontrerà il ministro Lorenzin LE
LINEE GUIDA Entro la meta di settembre dovrebbero essere concordate le linee guida tra tutte le Regioni
L'ACCORDO Secondo il presidente del Piemonte l'accordo con il governo è auspicabile ma non decisivo IL
PARLAMENTO Le Regioni partirebbero anche senza le risorse statali e a prescindere dalle scelte
parlamentari
Foto: IL PRESIDENTE Sergio Chiamparino guida il Piemonte e la Conferenza delle Regioni
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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"Eterologa, accordo entro settembre per evitare la giungla"
29/08/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 9
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Caos eterologa "Regole chiare o sarà il far west"
Chiamparino e lo strappo della Toscana: linee guida comuni Dalla conferenza delle Regioni l'appello al
governo: «Servono fondi dedicati»
GIACOMO GALEAZZI ROMA
«Dobbiamo evitare la giungla». Il presidente della conferenza delle regioni, Sergio Chiamparino assicura che
«sarà garantito il diritto alla fecondazione eterologa sancito dalla Consulta». Dopo lo «strappo» della Toscana
che un mese fa ha autorizzato i suoi 22 centri pubblici e privati ad avviare la tecnica di procreazione assistita,
mercoledì si terrà a Roma la riunione della commissione Salute delle Regioni. Sarà affrontato il caos seguito
alla sentenza della Consulta che ha cancellato il divieto di eterologa dalla legge 40. Sarà discussa «la
mancanza di linee guida uniformi sull'intero territorio» e si precederà «all'approfondimento sugli aspetti di
natura giuridica» già affidato dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin ad un tavolo di esperti. «Su questo
tema ad alta sensibilità etica servono indicazioni comuni a tutte le regioni - spiega Chiamparino -. Entro la
metà di settembre si può arrivare a una intesa tra le regioni e le linee guida potranno essere condivise anche
dal governo: incontrerò il ministro la prossima settimana». Ora, «ci sono cittadini che giustamente chiedono di
vedere riconosciuto un diritto sancito dalla Corte Costituzionale, ma agendo singolarmente si crea un far
west, le regole sono assolutamente indispensabili». Il governo, aggiunge Chiamparino, dovrà dire «quante
risorse intende stanziare». Per le Regioni l'eterologa «comporterà costi non banali». Perciò è «indispensabile
che venga inserita nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) affinché sia un diritto per tutti e non per chi già
adesso ne può usufruire». Ma il presidente della Toscana tiene il punto. «Molte discussioni e molti problemi
da parte di chi per un motivo o per un altro non vuole che si faccia l'eterologa- rilancia Enrico Rossi-. La
Consulta è stata chiara: provare ad avere un figlio è un diritto intimo e incoercibile della coppia, perciò deve
essere garantito a tutti in modo equo, con sicurezza e a costi accessibili, non c'è nessun vuoto normativo». In
Toscana, l'unica regione che ha predisposto protocolli in attesa di quelli nazionali, «si fa l'eterologa, si
applicano le sentenze dell'alta Corte: il resto sono chiacchiere insulse e spesso strumentali», sostiene Rossi.
Il 3 settembre il gruppo tecnico delle Regioni stabilirà i i criteri per la selezione del donatore: l'età minima e
massima. E provvederà all'istituzione di un registro dei donatori (anche per fissare un numero massimo di
donazioni) e garantirà la tracciabilità del percorso dal donatore al ricevente e viceversa, la gratuità della
donazione, l'anonimato e il consenso informato, gli esami genetici-infettivi, oltre a stabilire quanto far pagare il
ticket per prestazione. Questione di costi sanitari: sono solo otto le regioni in equilibrio di bilancio.
Chiamparino assicura la piena attuazione della legge, una volta che ci sia un percorso condiviso con le
regioni e con il governo. Va evitata una «giungla normativa con forti differenze da regione a regione in grado
di scatenare una sorta di mercato parallelo».
Ha detto
Ci sono cittadini che chiedono di vedere riconosciuto un diritto sancito dalla Consulta ma agendo da soli c'è il
rischio di creare un Far West Sergio Chiamparino
Foto: Solo la Toscana ha dato il via a linee guida regionali sull'eterologa
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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FECONDAZIONE NOVITÀ E POLEMICHE
29/08/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 14
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Ebola, si allarga l'epidemia Oms: possibili 20 mila casi
E. ST.
GINEVRA Si allarga l'epidemia di Ebola nell'Africa occidentale che ha già causato 1552 morti.
L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha parlato del virus come dell'emergenza sanitaria «più
complessa degli ultimi anni» e ha lanciato l'allarme: l'epidemia potrebbe colpire oltre 20 mila persone. I casi di
contagio in Guinea, Liberia, Sierra Leone e Nigeria sono 3062 e le autorità di Abuja hanno confermato la
prima morte per ebola al di fuori di Lagos, dove finora si sono concentrati i decessi. La vittima è un medico,
morto nella città di Port-Harcourt. L'Omsha messo a punto un piano per combattere la diffusione del virus nei
quattro Paesi africani, con particolare attenzione alle zone più affollate, come le capitali, e ai portimaggiori. Il
costo stimato per contenere l'epidemia nei prossimi 6 mesi, secondo l'organizzazione, è di 490 milioni di
dollari. Un progetto più ampio, guidato dall'Onu, partirà entro la fine di settembre e si concentrerà su
sicurezza alimentare, approvvigionamento di acqua, igiene, istruzione e sanità. Intanto, sono stati accelerati i
test su un vaccino contro l'ebola e «già per settembre» il siero potrebbe essere sperimentato su volontari.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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NIGERIA
29/08/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Lorenzin: «Se ci saranno nuovi tagli rischia di sparire la sanità pubblica»
Alberto Gentili
«Se sulla Sanità dovessero piovere nuovi tagli, gli italiani dovrebbero rinunciare nel medio periodo al sistema
sanitario come lo conosciamo oggi». Beatrice Lorenzin, ministro del Ncd alla Salute, lancia il suo
avvertimento. A pag. 9 ROMA «Se sulla Sanità dovessero piovere nuovi tagli, gli italiani dovrebbero
rinunciare nel medio periodo al sistema sanitario come lo conosciamo oggi. I cittadini dovrebbero ricorrere
necessariamente, per potersi curare, ad assicurazioni private o ad altri sistemi ». Ora che si avvicina la legge
di Stabilità, adesso che il governo fatica a rastrellare fondi con cui varare le riforme, si torna a parlare di
sforbiciate. E Beatrice Lorenzin, ministro del Ncd alla Salute, lancia il suo avvertimento. Eppure, secondo il
responsabile dell'Economia Padoan «ci sono ancora margini per risparmiare». «Risparmiare e reinvestire. Da
quando sono stata nominata ministro si parla di tagli, ma finora non se ne sono fatti. Si sono invece fatte le
riforme. Abbiamo approvato il Patto della Salute che è una riforma a tappe e per obiettivi che mira
all'efficientamento del sistema». Efficientamento? «Lo so, è una parola bruttissima, ma significa mettere in
ordine il sistema sanitario per renderlo più efficiente, trasparente e funzionale. Con l'impegno di recuperare
risorse e di reinvestirle in Sanità. E' evidente che il recupero di queste risorse avviene mano a mano che la
riforma si implementa e sono le risorse necessarie per tenere in piedi la Sanità italiana così come la
conosciamo adesso. E cioè dare assistenza ai cittadini in modo adeguato e dignitoso, riportare un livello
verso l'alto della qualità dell'assistenza nelle Regioni del Sud e affrontare nuovi problemi». Quali? «Prima di
tutto dovremo dare il farmaco per l'epatite C in autunno-inverno. Un impegno finanziario importante, ma che
salverà la vita a un milione e 600mila persone. E realizzare un sistema di prevenzione forte che ci permetta di
sostenere l'invecchiamento della popolazione. Dunque, investimenti a lungo termine su un sistema sanitario
universalistico. Intervenire in modo pesante, negando gli investimenti sulla sanità necessari, significa
cominciare a immaginare la fine del sistema universalistico». Sta dicendo che in presenza di nuovi tagli non
sarà più possibile garantire la sanità a tutti? «Dopo 25 miliardi di euro di tagli compiuti negli ultimi anni, senza
una strategia alternativa, i cittadini, almeno quelli che se lo potranno permettere, dovranno farsi
un'assicurazione sanitaria. La Sanità gratuita sarebbe ridimensionata». Non può negare che ci sono ancora
sprechi. «Gli sprechi sono nelle Regioni. Lì è stata creata una duplicazione di sistema che ha provocato
disservizi, costi esosi, mancanza di uniformità. Ma proprio per rispondere a questo abbiamo messo in campo
i costi standard e la centrale unica di acquisto con la Consip e la centrale unica regionale. Poi abbiamo rivisto
le norme di reclutamento del personale, lo sblocco del turn-over. E, cosa più importante, è stata introdotta la
digitalizzazione con la creazione di un open data vero. Creiamo la possibilità di operare con task force dentro
le strutture delle Asl, lì dove si crea un disservizio. Tutto questo è contenuto nel Patto della salute che il
ministero dell'Economia conosce bene. Si tratta di interventi che ci permetteranno di recuperare miliardi di
euro, non in cinque mesi, ma mano a mano che la riforma verrà attuata. Questi fondi ci serviranno per pagare
ciò che manca: i grandi investimenti, senza il quali il sistema sanitario non può andare avanti». Ministro, sulla
fecondazione eterologa è ancora caos e la legge da lei promessa non si vede. Come affrontare l'emergenza?
«Le Regioni si vedranno per stabilire linee comuni da adottare in attesa della legge. Credo sia un'iniziativa
saggia per evitare situazioni di totale disparità. Ciò non toglie che, per garantire sicurezza e gratuità, serva la
legge primaria per avere la tracciabilità dei gameti nel rispetto della privacy, la creazione di un registro
nazionale e il recepimento delle direttive europee per adottare le procedure di controllo per lo screening dei
donatori. Spero che il Parlamento possa varare la legge entro dicembre». Un'altra grana è quella di stamina.
Il pm Guariniello ha disposto il sequestro negli Spedali di Brescia. «Esiste una conflittualità tra la magistratura
civile e quella penale che ha compiuto un'indagine molto approfondita, rinviando a giudizio tutti i protagonisti
della vicenda». Intanto la piccola Noemi è rimasta senza cure. «Ricordiamo che quelle di stamina non sono
cure. Non è un protocollo verificato e neppure una cura palliativa. E' stato un grande errore far entrare la
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L'intervista
29/08/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 1
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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sperimentazione a Brescia». L'epidemia di Ebola si sta allargando. Ci sono rischi per l'Italia? «Non li vediamo.
Ebola si trasmette solo per contatto diretto con fluidi corporei e i controlli nei porti e aeroporti sono capillari.
Allo Spallanzani di Roma l'Oms ha chiesto di preparare protocolli per ospitare operatori malati, in quanto
siamo gli unici ad avere strutture e know-how all'altezza. Detto questo, serve un intervento dell'Oms
sostenuto dall'Onu per mettere in sicurezza i confini dei Paesi africani colpiti e migliorarne le condizioni
sanitarie. E domani il Consiglio europeo varerà il coordinamento di tutte le attività di prevenzione e di
emergenza dei singoli Paesi europei». Alberto Gentili
29/08/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 12
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Le stime dell'Organizzazione mondiale della sanità che stanzia 490 milioni di dollari: «Possiamo fermare
l'epidemia in 9 mesi» MA MEDICI SENZA FRONTIERE AVVERTE: NON SI POSSONO DARE FALSE
SPERANZE I PROGETTI DEVONO ESSERE REALIZZATI
Claudia Guasco
IL CASO Ebola infuria eppure l'emergenza è solo all'inizio. In Africa Occidentale il virus ha già ucciso 1.552
malati e l'epidemia continua ad accelerare, è l'allarme dell'Organizzazione mondiale della sanità. Che nel suo
ultimo rapporto aggiorna i dati sull'infezione, innalzando a 3.069 i casi di contagio (tra confermati, probabili e
sospetti) in Guinea, Liberia, Nigeria e Sierra Leone. Ma il bilancio dell'Oms è solo la rappresentazione in
minima scala degli effetti che Ebola produrrà da qui al termine del suo cammino di morte: le persone colpite
dal male, calcolando anche quelle contagiate prima delle misure di controllo messe in campo, potrebbero
essere più di 20 mila. I TEMPI «Tentare di fermare Ebola in Africa occidentale è come tuffarsi al centro di uno
Tsunami», racconta sconfortata la direttrice regionale del Programma alimentare mondiale al ritorno dalla
Liberia. Qui, riferisce Medici senza frontiere, la «situazione è critica» e l'epidemia «si sta diffondendo a ritmi
mai visti». Come conferma la coordinatrice a Monrovia Lindis Hurum: «Il numero di pazienti sta aumentando
molto più rapidamente di quanto pensavamo e siamo costretti ad adattare la nostra strategia ogni giorno.
Stiamo disperatamente cercando di avere altri letti, abbiamo i bulldozer e stiamo costruendo nuove tende. In
tutti i quartieri della città le persone muoiono e si ammalano ogni giorno». Obiettivo dichiarato dell'Oms è
fermare la trasmissione di Ebola entro sei-nove mesi: è pronto un nuovo piano di interventi con un
finanziamento di 490 milioni di dollari e una road map per definire al meglio le azioni da intraprendere. In
base al piano la mobilitazione sarà massiccia, con 12 mila dipendenti locali e oltre 750 esperti internazionali.
«Non si tratta di una crisi africana, bensì di una questione globale», afferma Bruce Aylward, vice direttore
generale dell'Oms. Secondo l'organismo negli ultimi 21 giorni si è registrato il 40% dei casi, tuttavia in alcune
zone il numero di infezioni potrebbe essere da due a quattro volte superiore. Il tasso di mortalità media è del
52% e oscilla dal 42% della Sierra Leone al 66% della Guinea, dove la maggior parte delle infezioni si
concentra nella regione di Gueckedou con il 62% di tutti i casi segnalati dall'inizio dell'epidemia in dicembre.
Intanto in Nigeria è avvenuto il primo decesso fuori dalla città di Lagos: un medico è morto il 22 agosto dopo
aver curato un paziente a sua volta in contatto con il primo malato di Ebola in Nigeria. Per Medici senza
frontiere la risposta internazionale al virus «continua a essere caotica e del tutto inadeguata»: la
propagazione della malattia «è stata fuori controllo per mesi, ma la comunità sanitaria mondiale ci ha messo
troppo tempo a reagire e anche adesso la reazione è pericolosamente inadeguata». «OMS INEFFICACE» E'
il direttore delle operazioni Brice de Levigne a mettere in guardia: «La roadmap dell'Oms è la benvenuta,
però non deve dare un falso senso di speranza. Quando si elabora un piano occorre anche realizzarlo». Per
l'esperto di Msf «abbiamo imparato una lezione spiacevole negli ultimi sei mesi: oggi nessuna delle
organizzazioni presenti nei Paesi più colpiti è in grado di avere un impatto sostanziale sulla diffusione
dell'epidemia. Per alcune si tratta di effettivi limiti di capacità - semplicemente non sono in grado di fare di più
- mentre altre pare debbano essere spronate perché mostrino una maggiore volontà di agire e realizzino
attività efficaci e su scala adeguata». Nel frattempo in Italia si intensificano le misure di sicurezza anticontagio. In Liguria è scattata la rete di prevenzione, a tutte le strutture sanitarie regionali è stato trasmesso
un documento sul virus e la sorveglianza che deve essere attivata. Saranno controllate tutte le persone che
hanno soggiornato in Guinea, Liberia, Sierra Leone, Nigeria e Congo nei 21 giorni precedenti e coloro che
hanno avuto un contatto anche casuale con un malato o con pazienti con possibile incubazione del virus.
I Paesi colpiti Vittime dell'epidemia di Ebola in Africa
694 Numero di casi Decessi
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Ebola, l'Oms prepara un piano straordinario per 20mila contagiati
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1.378
17
1.5523.069
430
422
647
1.026 Mali Ghana Niger ANSA Fonte: Oms TOTALE Senegal Guinea Costa d'Avorio Liberia Burkina Faso
Benin Togo Nigeria Camerun Sierra Leone oltre 20.000 490 milioni CASI PREVISTI ATTUALMENTE
INTERVENTI PROGRAMMATI (in dollari)
Foto: Monrovia (Liberia), operatori sanitari portano via il corpo di un uomo morto di Ebola
29/08/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 12
(diffusione:210842, tiratura:295190)
VOLONTARI SANI POTREBBERO ESSERE SOTTOPOSTI AI TEST PER UN POSSIBILE VACCINO GIÀ A
SETTEMBRE
C.Gu.
LE CURE MILANO L'epidemia di Ebola in corso in Africa è «senza precedenti» non solo per dimensioni, ma
anche perché è «geneticamente diversa» da tutte le altre scoppiate in passato. Oltre 340 mutazioni
distinguono infatti i ceppi virali che stanno circolando nei Paesi colpiti rispetto a quelli che si sono diffusi in
anni precedenti e un'altra cinquantina di mutazioni del genoma virale si registrano anche all'interno
dell'epidemia attuale. In tutto, le mutazioni identificate sono 395. E' questo il risultato di uno studio condotto
da un gruppo di ricercatori americani del Broad Institute e della Harvard University, in collaborazione con il
ministero della Sanità della Sierra Leone e colleghi di altre istituzioni. Secondo gli scienziati, i ceppi di Ebola
responsabili di questa epidemia avrebbero tutti un antenato comune la cui datazione risalirebbe al 1976, anno
del primo focolaio di Ebola scoppiato in Congo, con 318 casi e 280 morti. SULLE ORME DEL VIRUS I
ricercatori hanno sequenziato 99 genomi virali raccolti da 78 pazienti che hanno ricevuto una diagnosi di
Ebola in Sierra Leone nei primi 24 giorni dell' epidemia. Da alcuni malati sono stati prelevati più campioni del
virus, così da monitorare eventuali cambiamenti nel tempo, anche in uno stesso paziente. Per l'analisi è stata
utilizzata la cosiddetta tecnica del sequenziamento profondo: i campioni sono stati cioè esaminati più volte,
fino a garantire alti livelli di confidenza dei risultati ottenuti. In media, ogni campione è stato sequenziato 2
mila volte. Partendo dal ceppo antenato del 1976, gli esperti hanno seguito le sue orme nel tempo tracciando
il percorso di trasmissione e analizzando le relazioni evolutive fra i campioni. Hanno così scoperto che il tipo
di virus responsabile dell'epidemia attuale si è differenziato dal progenitore Zaire negli ultimi 10 anni e si è
diffuso dalla Guinea alla Sierra Leone attraverso 12 persone che avevano partecipato allo stesso funerale.
VIA AGLI ESAMI Passi avanti intanto si registrano anche sul fronte della prevenzione. Volontari sani nel
Regno Unito, Gambia e Mali potrebbero essere sottoposti ai test per un possibile vaccino contro il virus Ebola
già a settembre, annuncia la GlaxoSmithKline che sta sviluppando il farmaco insieme al National institutes of
health statunitense. Una sovvenzione di 2,8 milioni dollari ha permesso a un'equipe guidata dal professor
Adrian Hill dell'Università di Oxford di avviare i primi test sul vaccino. Grazie al finanziamento, e se le prove
avranno successo, la GSK potrà produrre fino a 10 mila dosi del vaccino testato contro la specie di Ebola
Zaire. Alla fase uno dei test, che si spera possano concludersi entro la fine dell'anno, parteciperanno 60
volontari a Oxford, 40 volontari in Gambia e altrettanti in Mali. «Questi test non porteranno benefici immediati
a tutti coloro che sono attualmente a rischio spiega Umberto D'Alessandro, diretto dell'unità del Medical
Research Council in Gambia, che parteciperà alla prima fase della sperimentazione - Ma la speranza è che in
un futuro non tanto lontano potremo essere in grado di proteggere la popolazione contro Ebola».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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Pronta la mappa genetica del virus è la chiave per studiare nuovi farmaci
29/08/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 34
(diffusione:192677, tiratura:292798)
La pratica sportiva in Italia? È allarme sedentarietà
Oltre 25 milioni di persone sono completamente inattive. Le percentuali maggiori si registrano al Sud, dove
sono presenti i tassi più alti di sovrappeso PIGRI Uno stile di vita sbagliato incide sullo stato di salute della
persona LA CLASSIFICA Al Nord-Est i più virtuosi Male in Campania, Calabria, Sicilia e Puglia
Riccardo Cervelli
«Gli Italiani? Sono 60 milioni di Ct». È l'adagio che sentiamo ripetere quando si parla di calcio. Una vulgata
che dimostra l'amore per il football e lo sport in generale. In realtà, purtroppo, secondo alcune ricerche - come
«Lo Sport in Italia», realizzata dal Coni, e l'Indagine multiscopo sulle famiglie, «Aspetti della vita quotidiana»,
condotta dall'Istat - su quasi 59 milioni di italiani oltre i 3 anni, quattro su dieci sono solo «commissari tecnici»:
dalla poltrona di casa, però. L'Italia non è solo calcio. È pallavolo, atletica, tennis, basket, scherma e tanto
altro: 45, per essere precisi, sono le Federazioni sportive nazionali. E se i risultati sportivi spesso latitano in
Figc, le Federazioni più piccole invece sfornano atleti e campioni capaci di regalarci medaglie olimpiche e
successi mondiali. Gli italiani tesserati alle società sportive, nel 2013, erano 4,5 milioni. Considerando tutti
coloro che dichiarano di «praticare sport», arriviamo a quasi 18 milioni di persone (30% del totale della
popolazione). A rivelare di esercitare solo qualche attività fisica sono circa 16 milioni (28%). I rimanenti, il
42% degli abitanti dai 3 anni in su (circa 25 milioni di individui) non praticano né sport né attività fisica, sono
completamente sedentari È grave se si considera che è la mancanza di movimento il primo e principale
colpevole dell'obesità. Patologia che spesso è causa di altre «malattie non trasmissibili», dai disturbi
cardiovascolari a disagi psicologici. Lo affermano non solo autorevoli nutrizionisti italiani, ma anche
prestigiose facoltà di medicina d'Oltreoceano. Come quella della Stanford University. I ricercatori dell'ateneo
Usa hanno scoperto che tra il 1988 e il 2010 la percentuale delle americane che conducono una vita
sedentaria è cresciuta dal 19 al 52%. In parallelo, la quota di donne obese è aumentata dal 25 al 35%. Le
cose non vanno meglio nel sesso opposto. Nello stesso lasso di tempo, gli uomini che non praticano alcun
tipo di attività sportiva/fisica sono passati dall'11 al 43%, e gli obesi dal 20 al 35%. È da sottolineare che, tra
l'inizio e la fine dell'intervallo di tempo preso in esame, la quantità di calorie assunta dal campione statistico
non è variata: una riprova della correlazione diretta fra sedentarietà e obesità. Torniamo in Italia. A fronte di
un 42% medio di sedentari lungo la Penisola (dati Istat), le percentuali cambiano molto da una macroregione
all'altra. La palma del minor numero di persone «pigre» va al Nord-Est (solo 26,9%), dove si trovano regioni
virtuose quali il Trentino Alto Adige (15% di sedentari) e Veneto (24,8%). La sedentarietà primeggia invece
nel Mezzogiorno, con il 56,2% di persone che non praticano né sport né attività fisica. A fare poco movimento
risultano soprattutto i campani (60,9%), seguiti da calabresi (60,1%), da siciliani (59,6%) e pugliesi (54,8%). E
guarda caso, proprio nelle regioni più sedentarie, vengono rilevati i maggiori alti tassi di sovrappeso.
L'indagine Istat rivela anche altre informazioni di cui è il caso di tenere conto. Per esempio, la maggiore
tendenza dei giovani a praticare sport nelle famiglie in cui entrambi o almeno uno dei genitori è sportivo. Un
altro collegamento è quello tra incidenza di atleti e tipo di comune. A fronte di una media nazionale del 30%, i
dati inferiori si trovano nel Comuni fino a 2.000 abitanti (17,2%) e quelli superiori nelle città con oltre 50mila
residenti. È evidente, quindi, l'impatto da parte dell'esempio, dell'educazione e della presenza di impianti e
società sportive sulla propensione a fare movimento. Promuovere l'attività fisica, soprattutto tra i bambini,
sembra quindi essere l'unico rimedio valido per mantenere uno stile di vita sano ed equilibrato, prevenire le
malattie e preservare da obesità, sovrappeso e tutto ciò che ne consegue.
Foto: Gli italiani tesserati alle società sportive, nel 2013, erano complessivamente 4 milioni e mezzo
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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SALUTE E BENESSERE / a cura di Arcus Multimedia
29/08/2014
Il Giornale - Milano
Pag. 4
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Il Policlinico investe 340 milioni «Sarà il nostro Expo per la città»
Con i 18 milioni di euro ricavati dalla venditadelle case di via Montello, il Policlinico sta costruendo il pronto
soccorso. E a settembre partirà una fase di grandi opere, per il nuovo ospedale e per alloggi in social housing
in città: 340 milioni di investimenti su Milano, «il nostro Expo». Lo ha annunciato ieri il presidente della
Fondazione Cà Granda, Giancarlo Cesana, alla platea del Meeting di Rimini. Grazie al fondo immobiliare di
social housing, voluto «per trovare i soldi per costruire l'ospedale realizzando allo stesso tempo case popolari
ad affitto calmierato», ha spiegato Cesana, da Cassa depositi e prestiti «arriveranno adesso i primi 105
milioni per la costruzione dell'ospedale. Noi ristruttureremo le case e metteremo servizi per gli anziani, per i
giovani e cercheremo di proteggere le persone fragili, come ha sempre fatto il Policlinico. Vendendo gli
appartamenti di maggior pregio dovremmo ricavare altri 100 milioni, arrivando ai 200 milioni di euro che
l'ospedale si era impegnato a trovare per la costruzione dell'ospedale, senza fare debito e ricavando un
interesse annuo dello 0,6 per cento: pochissimo, ma facendo investimenti sulla città di Milano per 340 milioni
di euro, tra ospedale e ristrutturazione delle case». Ad esempio, il rinnovamento degli immobili di via Sarpi, in
gran parte del Policlinico. Un investimento spalmato su 8 anni:per la Cà Granda «questo è l'Expo». VERTICE
Giancarlo Cesana
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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L'OSPEDALE IN VETRINA AL MEETING
29/08/2014
Avvenire - Milano
Pag. 1
(diffusione:105812, tiratura:151233)
La Ca' Granda investe sulla città
Per reperire risorse da destinare alla costruzione dei nuovi reparti, si punta sul social housing, ha spiegato il
presidente Cesana
PAOLO GUIDUCCI
Dal tardo Medioevo al primo Rinascimento ha rappresentato un esempio da seguire, un'eccellenza non solo
italiana. Forte di questa tradizione, Ca' Granda di Milano, oggi conosciuta come Ospedale Maggiore, intende
rimettersi in gioco per contribuire al futuro sviluppando il suo immenso patrimonio (artistico, culturale,
patrimoniale e medico). Giancarlo Cesana, presidente della Fondazione Irccs Ca' Granda, ieri ha rilanciato la
sfida dal Meeting di Rimini. All'orizzonte c'è la grande impresa della costruzione del nuovo ospedale, frutto di
due anni di progettazione e tre stagioni di delibere. La prima pietra di questo "expo" della cura e
dell'accoglienza è il Pronto Soccorso, investimento di 18 milioni ricavati dalla vendita delle case di via
Montello, «sottratte alla 'ndrangheta dopo 58 denunce penali». A settembre è previsto il secondo tassello
grazie all'arrivo di 105 milioni da parte della Cassa Depositi e Prestiti. Respinta la proposta iniziale di project
financing , per trovare risorse la Fondazione punta sul fondo immobiliare di social housing : realizzare case
popolari ad affitto calmierato. «Servizi per i giovani, gli anziani e le persone fragili - rilancia un agguerrito
Cesana - com'è nella tradizione della Ca' Granda». Con la vendita di appartamenti si raggiungerebbero i 200
milioni necessari alla costruzione, «senza fare debito - aggiunge - e ricavando un interesse annuo dello 0,6%.
Un reddito bassissimo, ma ottenuto facendo investimenti sulla città per 340 milioni nei prossimi 8 anni». La
"casa grande" (tanto amata da Giovanni Testori) intende recuperare la prestigiosa tradizione fondata
«sull'accoglienza e la cura, e un'attualissima antropologia dell'uomo - assicura Pier Alberto Bertazzi, docente
di medicina del Lavoro all'Università di Milano - che ha meritato a questa realtà l'appellativo di "glorioso
albergo di Dio"». Cesana è al timone della Fondazione da un lustro. Al suo arrivo, la struttura faceva capo a
una fondazione che accorpava due aziende ospedaliere: Regina Elena e Mangiagalli. L'ospedale Maggiore
con il suo immenso patrimonio era sottotono. La media prestazioni diluita si accompagnava a 800 posti letto e
3.800 dipendenti. Nel suo portfolio, Ca' Granda vanta 85 milioni di mq, 90 cascine, 300 case ex coloniche,
1.200 appartamenti (rendita dello 0,7%, pari a 8 milioni l'anno), distribuiti in 95 Comuni di 9 Province
lombarde. «Un patrimonio che rischiava di andare in malora» ricorda Cesana. Come l'Abbazia di Mirasole,
abbandonata da 5 secoli e da pochi mesi rivitalizzata dai religiosi. È uno degli interventi della Fondazione che
ha ripreso il nome della tradizione, Ca' Granda: dalla Festa del Perdono alle opere d'arte riproposte al
pubblico, al recupero del gonfalone di Giò Ponti. «C'è ancora tanto da fare e le difficoltà sono molte»
ammette Cesana che ha separato la gestione del patrimonio agricolo - ora nella Fondazione Sviluppo Ca'
Granda - da quella dell'ospedale. «Vogliamo che l'ospedale funzioni al meglio per le prestazioni sanitarie e
che il patrimonio costituisca una possibilità trasparente per gli investimenti». I 170mila metri quadri di amianto
da bonificare sono solo un esempio.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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Policlinico.
29/08/2014
Il Gazzettino - Venezia
Pag. 20
(diffusione:86966, tiratura:114104)
«L’Asl spieghi cosa vuole per l’ ospedale di Jesolo»
«Perplesso dal modo di agire di Bramezza. Mi sarei aspettato prima un confronto con l'amministrazione e in
Consiglio comunale. Ora la proposta va condivisa con la città». Così il sindaco Valerio Zoggia commenta il
progetto dell'Asl 10 di rilanciare l'ospedale di Jesolo attraverso una gestione pubblico-privata della struttura.
«Una proposta appresa, con sopresa, dai giornali - dice Zoggia -. Sarebbe stato più opportuno condividere
con l'amministrazione comunale questo tipo di progetti, magari con un confronto e un dibattito in Consiglio
comunale. Il tempo, comunque, per farlo, c'è ancora e quindi il mio invito al direttore generale Bramezza è
proprio quello di presentare la sua proposta alla città, per fare in modo che quella dell'Asl 10 sia anche una
scelta condivisa il più possibile con i cittadini». Discorso analogo per quanto riguarda la proposta di vendita di
un ettaro di terreno dell'ospedale: «Attendiamo di prendere in esame le proposte ed i necessari progetti». Il
sindaco ricorda poi come negli ultimi 15 anni si siano rincorse più ipotesi di gestione: dalla casa di cura
Rizzola al nuovo ospedale gestito dal San Raffaele di Milano. «Tutte discussioni finite con un nulla di fatto aggiunge Zoggia -. Quest'ultima proposta di Bramezza arriva dunque inattesa, sia per i modi in cui è stata
presentata che per il contenuto e le caratteristiche del progetto». L'amministrazione difende, inoltre, quanto
previsto dalle schede regionali e approvato dalla Conferenza dei sindaci del Veneto Orientale, che indicano
l'ospedale di Jesolo un punto di riferimento nella riabilitazione, garantendo tutti i vari sistemi di emergenza e
le funzioni per far fronte alle esigenze degli ospiti, confermando il primariato del Pronto soccorso. «Non siamo
contrari a priori ad altre ipotesi - conclude Zoggia -, ma riteniamo che prima debbano essere condivise». ©
riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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Giuseppe Babbo
29/08/2014
Il Gazzettino - Venezia
Pag. 20
(diffusione:86966, tiratura:114104)
Più pazienti "esterni" e meno fughe verso altre Ulss, risparmiati 4,5 milioni
di euro
SAN DONÀ - L'Asl 10 frena la "fuga" verso le strutture delle altre aziende sanitarie. A testimoniarlo sono i dati
economici, ovvero quanto l'Asl ha dovuto sborsare per pazienti residenti nel Veneto orientale che si sono
rivolti altrove, e quanto invece è riuscita ad incassare per prestazioni erogate a cittadini di altre aree. La
diminuzione delle "fughe" si può quantificare in 770mila euro, mentre l'aumento dell'attrazione verso strutture
sanitarie dell'Asl 10 ha prodotto circa 3,7 milioni di euro. Il saldo economico nel 2013 è stato così ridotto
dell'8%, pari a circa 4,5 milioni di euro rispetto all'anno precedente. Un dato che il direttore generale
dell'Azienda sanitaria del Veneto Orientale, Carlo Bramezza, considera molto positivo, specie in
considerazione della vicinanza di altre strutture e ospedali, come quelli del Friuli. «È il risultato dello sforzo
che stiamo facendo per ridurre la mobilità passiva. Siamo tuttavia solo all'inizio di un percorso virtuoso garantisce Bramezza - a cui seguiranno altre azioni. Attiveremo a breve, infatti, dei tavoli di approfondimento
con i medici di medicina generale per meglio capire le dinamiche sottostanti i ricoveri dei pazienti, allo scopo
di soddisfare meglio la domanda sanitaria dei nostri cittadini e ottimizzare l'organizzazione aziendale. Come
annunciato nei giorni scorsi, verranno attivati inoltre due ospedali di comunità a Portogruaro e a San Michele
al Tagliamento, in cui gli utenti avranno a disposizione nuove strutture intermedie di ricovero per diminuire
ulteriormente le fughe verso il Friuli». (f.cib.) © riproduzione riservata
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SANITÀ
29/08/2014
Libero - Ed. nazionale
Pag. 18
(diffusione:125215, tiratura:224026)
Dal governo doccia gelata sulla Sla dona pochi euro e toglie 75 milioni
Premier e ministri si sottopongono alla secchiata d'acqua ghiacciata Ma il fondo pubblico stanziato una
tantum cala. E la politica tace
FRANCO BECHIS
::: Mezzo governo, presidente del Consiglio Matteo Renzi in testa, si è già fatto la doccia ghiacciata
trasmettendo con più o meno efficacia il proprio personalissimo show all'Ice Bucket Challenge 2014,
l'iniziativa mondiale per raccogliere fondi privati in favore dei malati di Sla. Hanno iniziato a gettarsi acqua in
testa anche gli amministratori locali, e lo ha fatto con fascia da sindaco di ordinanza (sia pure versandosi un
bicchiere e non un secchio d'acqua) anche il primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando. Lo show è
diventato la mania dell'estate 2014, ed effettivamente sta iniziando a portare nei conti correnti dell'Aisla (la
onlus per i malati di Sla presieduta dall'ex calciatore Massimo Mauro) fondi di una certa consistenza. Premier,
ministri e amministratori locali sono come tutti gli altri cittadini benvenuti alla gara di beneficenza. Ma per loro
la questione è un po' diversa, visto che oltre ad essere comuni cittadini che possono fare quel che meglio
gradiscono dei loro soldi, sono anche responsabili delle politiche di sostegno alla non autosufficienza. E
mentre si versano fiumi di acqua in testa, i fondi pubblici destinati anche ai malati di Sla stanno terminando.
Nel 2014, infatti, il Fondo per le non autosufficienze è stato finanziato per 275 milioni di euro, destinati a tutte
le persone con handicap gravi e non solo ai malati di Sla. A questa somma è stato aggiunto uno
stanziamento di 75 milioni di euro destinato «all'assistenza domiciliare per le persone affette da disabilità
gravi e gravissime, ivi incluse quelle affette da sclerosi laterale amiotrofica». Quella somma però era una
tantum, e dal prossimo primo gennaio 2015 il fondo complessivamente scenderà da 350 ai 275 milioni di euro
che erano previsti per il 2013, con un taglio di 75 milioni di euro. A meno che non venga rifinanziato dal
governo e dalla sua maggioranza, e possibilmente reso stabile. Ma in nessuno dei provvedimenti preparati
dai protagonisti di governo delle docce estive quella misura è ancora stata prevista a questo momento. Si
rischia così il grottesco: con una mano si donano 100 o 200 euro e si fa bella figura, con l'altra si tolgono 75
milioni di euro mettendo ko i malati e le loro famiglie. Peraltro, il fondo era dotato di 400 milioni di euro fino al
2010. Con la crisi, prima è stato ridotto (2011) e poi nel 2012 addirittura azzerato dal governo di Mario Monti.
Solo nel 2013 è stato ricostituito, appunto con la somma comunque ridotta di 275 milioni di euro.Ma è
questione solo contabile da parte dello Stato, perché in realtà quei fondi non è detto che arrivino alle famiglie
dei malati non autosufficienti né alle strutture preposte. O almeno arrivano con moltissimo ritardo, diventando
così del tutto virtuali. Proprio in quella Palermo dove il sindaco Orlando si è lanciato in beneficenza, la onlus
che raccoglierà i contributi privati, la Aisla, all'inizio di agosto ha protestato vivacemente con le istituzioni
locali, in primis Regione Sicilia e poi con i Comuni che dovrebbero distribuire quei fondi. Rosario Crocetta,
vista la mala parata, ha sbloccato due tranche di fondi che provenivano proprio dal Fondo nazionale per le
non autosufficienze. Ma erano fondi relativi ancora al 2011, e quindi a pazienti e famiglie sono arrivati con
ben tre anni di ritardo (sono 312 i malati di Sla in Sicilia). D'altro canto i fondi 2011 appena sbloccati non sono
destinati direttamente ai malati, ma ai Comuni che a loro volta dovranno assegnarli a strutture o direttamente
alle famiglie. Passerà ancora altro tempo prezioso. Secondo la denuncia dell'Aisla siciliana, anche una volta
assegnate alle cooperative quelle risorse vengono messe a disposizione delle famiglie con grave ritardo: in
molti casi ci vogliono anche sei mesi. Di fronte alla protesta, le autorità siciliane hanno scelto la via più inutile
e tradizionale: hanno convocato associazioni e rappresentanti delle famiglie a un tavolo istituzionale per il
prossimo 11 settembre. Si perderà così altro tempo... ESIBIZIONI ISTITUZIONALI L'Ice Bucket Challenge di
alcuni esponenti istituzionali. Qui sopra, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Qui di fianco, in alto il premier
Matteo Renzi, sotto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Più a destra, in alto il ministro per la Pubblica
Amministrazione Marianna Madia, in basso quello dell'Istruzione Stefania Giannini
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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Beneficenza di facciata
29/08/2014
Il Foglio
Pag. 2
(diffusione:25000)
Roma. Ipocondriaci di tutto il mondo, rilassatevi. Vi fanno sentire in colpa quando non fate una vera,
sostanziosa e ponderata prima colazione, fin qui definita universalmente da mamme, maestre, medici e
nutrizionisti, "il pasto più importante della giornata", e non solo perché apportatore di energie necessarie a un
buon risveglio, ma anche perché ci salverebbe dall'avventarci affamatissimi sul secondo, temibile pasto di
mezzogiorno? Tutte bubbole. Sappiate che quel primo pasto così importante non lo è affatto, se non per il
peso e il ruolo che ciascuno ritiene di volergli dare e per le abitudini acquisite, quali che siano: non è per
niente dimostrato che chi butta giù un caffè in piedi mentre si infila la giacca se la cavi peggio, in quanto a
salute, appetito e forma, rispetto a chi si applica alla composizione bilanciata e caloricamente corretta del
breakfast ideale, magari con la guida di apposite tabelle: è questa l'iconoclasta e inequivocabile conclusione
di uno studio dell'università britannica di Bath, uscito su una rivista scientifica americana e rilanciato qualche
giorno fa dal New York Times. Da Ippocrate in poi - il primo a esortare a fare del cibo la prima medicina - i
dissensi tra nutrizionisti, dietologi e salutisti assomigliano come poche altre cose a guerre di religione. Basti
pensare ai pro zucchero e agli anti zucchero, ai sostenitori del tutto-crudo contro quelli del tutto-cotto, ma
anche alla recente polemica, finita a carte bollate, tra il celebre Pierre Dukan - il nutrizionista francese che si
è occupato della linea di Kate Middleton prima delle nozze con il principe William - e il suo collega JeanMichel Cohen, il quale ha accusato pubblicamente la dieta Dukan di essere pericolosa e di provocare orrendi
malanni, ricavandone una querela. Nel caso del declassamento del ruolo del breakfast, ridotto a pasto
addirittura facoltativo, non sembra ci siano risvolti altrettanto imponenti dal punto di vista economico - il dottor
Dukan è a capo di un impero ormai planetario, e i prodotti con il suo marchio valgono un centinaio di milioni di
euro l'anno come giro d'affari - ma l'effetto è comunque quello della fine di un'èra. Il grave annuncio
proveniente dall'Università di Bath non poteva che provocare reazioni incredule, sgomente, talvolta indignate.
In base a che cosa si permettono, quei signori, di dissolvere una delle più diffuse, acquisite e spendibili pillole
di saggezza dietetica, nonché sublime e sempre attuale luogo comune da conversazione in treno o in sala
d'attesa? Gli autori della ricerca, capeggiati dal dottor James Betts - il quale, intervistato dal Nyt, ha ammesso
che lui, che la prima colazione non la fa quasi mai, si era stancato di vedere quanto fosse diffuso il mito del
"pasto più importante della giornata" - tuttavia confermano: consumare o meno il breakfast non influisce in
alcun modo sul funzionamento del metabolismo, sul colesterolo e sul peso. In un gruppo di trentatré volontari,
nel corso di sei settimane, alcuni hanno continuato a fare il loro breakfast la mattina, altri no. Alla fine del
periodo, il peso di tutti - facenti o non facenti colazione - era rimasto invariato. Chi non mangiava nulla al
risveglio tendeva ad assumere in media cinquecento calorie in più nel primo pasto consentito - arrivava più
affamato a tavola, e si capisce - ma poi le consumava interamente. "E' certamente vero che chi fa
regolarmente la prima colazione - concede il dottor Betts - tende a essere più magro e più sano, ma questo
accade perché in genere si tratta di individui inclini a seguire regole di vita salutiste, a nutrirsi in modo più
equilibrato e fare più esercizio fisico". Effetto e non causa di un buon regime di vita, sintomo di cura di sé, la
prima colazione non si rassegnerà così facilmente a scendere dal podio di "pasto più importante", e la guerra
tra esperti, ricercatori e nutrizionisti ne trarrà nuova linfa. Lo sa, in fondo, anche il dottor Betts: "Quella
convinzione è talmente diffusa che molti sono sorpresi nell'apprendere che mancano prove scientifiche che
dimostrino se e come la prima colazione possa influire direttamente sulla nostra salute". Nicoletta Tiliacos
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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Miti salutisti in pezzi, la prima colazione non è "il pasto più importante"
29/08/2014
ItaliaOggi
Pag. 14
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Una aspirina al dì previene il cancro
ANGELICA RATTI
L'assunzione quotidiana di aspirina, a piccole dosi (75-100 mg), per dieci anni consecutivi, avrebbe un'azione
protettiva su determinati tipi di cancro. Ridurrebbe il cancro al colon del 35%, circa, e la sua mortalità del
40%. Per quello all'esofago le percentuali scendono rispettivamente del 30% e del 35%, mentre per il cancro
allo stomaco la mortalità è dimezzata e il numero dei malati ridotto del 30%. Se a prendere l'aspirina per un
decennio sono gli over 50 così facendo si mettono al riparo dal cancro (riducendone le probabilità del 9% i
maschi, e del 5% le femmine). L'aspirina li protegge anche dal rischio di ictus e crisi cardiache. La conferma
dell'efficacia dell'effetto protettivo dell'aspirina arriva da uno studio pubblicato il 6 agosto sulla rivista della
società Ue di oncologia medica, Annals of Oncology. L'efficacia protettiva dell'aspirina contro determinati tipi
di cancro era già nota, ma il nuovo studio permette di conoscere esaustivamente i vantaggi dell'assunzione di
aspirina e come questi siano superiori agli inconvenienti. Gli effetti benefici dell'aspirina si accompagnano a
conseguenze secondarie che non sono insignificanti. Il nuovo studio dimostra che gli over 60 che prendono
una piccola dose di aspirina al giorno, per un decennio, aumentano il rischio di emorragie all'apparato
digerente. Una eventualità che sale dal 2,2 al 3,6%. Lo studio solleva una questione di salute pubblica: è
necessario dare l'aspirina a tutti, in senso preventivo, senza considerare i rischi? Anche per il cancro
all'intestino, la decisione di prescrivere l'aspirina come prevenzione a tutti gli over 50 è ancora di là da venire.
Anche perché la categoria medica è divisa e c'è chi ritiene si debbano ancora produrre studi che certifichino
questa tesi. © Riproduzione riservata
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Nuovo studio conferma l'effetto protettivo
29/08/2014
ItaliaOggi
Pag. 20
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Medicina, scorrimento prorogato
BENEDETTA PACELLI
Prorogato lo scorrimento della graduatorie per i corsi regionali postlauream di medicina generale. Il ministro
della salute Beatrice Lorenzin ha fi rmato ieri un decreto con il quale viene prorogato fi no a 60 giorni il
termine, attualmente di dieci, per l'utilizzo delle graduatorie degli idonei al corso di formazione in medicina
generale, quelli da cui usciranno le future leve dei medici di base, dei pediatri di famiglia e delle guardie
mediche. Lo slittamento, come spiega una nota dello stesso ministero, è stato motivato dall'esigenza di
garantire ad un maggior numero di medici la possibilità di accedere ai corsi di formazione, tenuto conto che
quest'anno i due concorsi, quello per l'accesso al corso di formazione specifi ca in medicina generale e quello
per l'accesso alle scuole di specializzazione, si terranno in date ravvicinate. I test per i corsi di formazione per
medicina generale, infatti, si svolgeranno il 17 settembre, quelli per le scuole di specializzazione, a causa
della recente riforma per l'accesso, invece, per la prima volta a fi ne ottobre. Un neolaureato alla facoltà di
medicina è chirurgia potrà fare domanda per entrambe le prove. Ma in genere chi li supera entrambi sceglie,
quasi sempre, di frequentare le seconde. Anche perché nel caso delle scuole di specializzazione le borse si
aggirano attorno ai 1.200 euro, mentre per quelle dei corsi di medicina generale non superano i 900 euro. E
in questo caso chi opta per la specializzazione non potrà essere sostituito perché, secondo la normativa, le
graduatorie per gli idonei restano aperte per dieci giorni. Conseguenza: posti persi per la medicina generale e
conseguente riduzione dei futuri medici di base che diminuisce in favore di medici specializzandi. Un
problema questo sollevato nei giorni scorsi da diverse sigle sindacali del comparto, che hanno chiesto, come
è stato fatto, di lasciare aperte le graduatorie così da rioccupare i posti rimasti vuoti richiamando i primi
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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GRADUATORIE
29/08/2014
Il Venerdi di Repubblica - N.1380 - 29 agosto 2014
Pag. 64
(diffusione:687955, tiratura:539384)
Come si rintraccia un Paziente Zero (e sarà davvero lui?)**
dì Giuliano Aluffi
I Omega dell'attuale epidemia di Eboia è ancora di là da venire, e un ruolo cruciale sarà giocato dai I vaccini
ancora in studio, ma sullMa, o meglio sul Paziente Zero della nuova ondata iniziata a fine 2013 e che ha già
mietuto oltre 900 vittime, c'è qualche indizio in più. Ce lo racconta Jonas Schmidt-Chanasit del Bernhard
Nocht Lnstitute for Tropical Medicine di Amburgo. Il ricercatore è uno degli autori dello studio Emergence of
Zaire Eboia Virus Disease in Guinea - Preliminary report pubblicato in aprile su The New
EnglandJournalofMedicine, primo report scientifico pubblicato sulla nuova epidemia d'Ebola e prima
indicazione ufficiale sul Paziente Zero dell'epidemia attuale. Perché è importante trovare il Paziente Zero?
«Trovare il Paziente Zero, intrecciando i dati sui decessi con interviste sul posto, ci fa capire quale è stata la
diffusione geografica del virus e ci permette di sapere di più sui mezzi e sulla velocità di propagazione del
contagio. In questo caso ci sono stati almeno tre mesi (da dicembre a metà marzo) in cui nessuno era
consapevole del fatto che questo virus stesse circolando, perché aveva colpito aree remote, dove non si
pensava all'Ebola anche perché lì non era mai stato rilevato prima. Nelle insorgenze in Africa negli ultimi
decenni si è visto che i casi iniziali sono collegati, tipicamente, al contatto con carcasse di animali uccisi dal
virus, come scimpanzè e gorilla, o animali che portano il virus pur non risentendo dei sintomi, come i pipistrelli
della frutta. Questo permette di capire quali sono gli animali da evitare o quali possono essere interessanti da
studiare per trovare gli anticorpi che permettono ai vettori sani del virus di non ammalarsi. Inoltre localizzare il
Paziente Zero permette di capire se esistano riserve del virus non ancora scoperte e che possono contagiare
altri. Se poi un virus muta rapidamente - per fortuna non è il caso dell'Ebola - trovare il Paziente Zero
permette di comparare la versione iniziale del virus a quella mutata, cosi da capire come il virus evolve e si
adatta agli ospiti, per poter trovare più velocemente un vaccino». Come avete trovato il Paziente Zero in
questo caso? «Il 10 marzo l'ospedale di Guéckédou (Guinea) ha allertato il ministero della Salute guineiano e
Médecins sans Frontiéres riguardo ad una malattia ad alta mortali- k. tà caratterizzata da febbre, diarrea,
vomito. Il team di Médecins sans Frontiéres arrivato in Guinea ha prelevato campioni di sangue da 20
pazienti e li ha spediti ai laboratori europei, tra cui il nostro. All'analisi virologica si è affiancata una
investigazione epidemiologica, che ci ha fatto risalire, tramite i dati registrati dagli ospedali ed interviste con i
pazienti, le loro famiglie, gli abitanti dei villaggi dove si erano verificate dei casi (in particolare coloro che sono
stati a contatto con i morti per i riti funebri), e il personale ospedaliero, alla catena di trasmissione del virus.
Questo ha fatto risalire al primo caso dell'epidemia: un bambino di due anni morto il 6 dicembre a Meliandou
(prefettura di Guéckédou). Si è visto che pochi giorni dopo il suo decesso sono morte la madre, la sorella e in
seguito la nonna. E il contagio si è esteso a chi ha preparato i corpi per i riti funebri. Una levatrice di quel
villaggio, poi, è stata portata all'ospedale di Guéckédou a fine gennaio. Lì il virus ha infettato un'infermiera,
che si pensa abbia diffuso il virus in altri tre villaggi in febbraio». Come può avere contratto il virus? «Al
momento non abbiamo certezza assoluta che il ceppo che ha causato l'epidemia sia arrivato all'uomo dai
pipistrelli della frutta, ma è molto probabile, dato che questi animali sono delle riserve per l'Ebola, portano
l'agente patogeno senza mostrare sintomi. Sono stati trovati anticorpi per l'Ebola su tre specie di pipistrelli,
quindi sappiamo che ospitano il virus. (L'epidemiologoFabian Leendertz delRobertKoch Iiistitute diBerlino,
che ha inviato una squadra in Guinea per studiare l'ipotesi dei pipistrelli, ci conferma al telefono die quasi tutti
gli abitanti di Meliandou sono a contatto con questi animali-gli uomini perché li cacciano e le donne perché li
cucinano; e ci spiega che la strada per il vaccino dell'Ebola difficilmente passerà per gli anticorpi dei pipistrelli,
perché il loro sistema immunitario è troppo diverso dal nostro). Pensiamo che il Paziente Zero di questa
nuova epidemia sia venuto a contatto con carne di pipistrello o con l'urina o le feci di pipistrello. Oppure i
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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LULTIMA EPIDEMIA DIE bok SAREBBE STATA SCATENATA DA UN BAMBINO IN GUINEA: LE TRACCE
SEGUITE A RITROSO PER LOCALIZZARLO NEL RACCONTO DI UNO DEI RICERCATORI IN PRIMA FILA
NELLINDAGINE
29/08/2014
Il Venerdi di Repubblica - N.1380 - 29 agosto 2014
Pag. 64
(diffusione:687955, tiratura:539384)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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pipistrelli hanno contaminato della frutta, che poi il bambino ha mangiato». Lei è ottimista sul corso
dell'epidemia? «È una domanda complicata. È cruciale riuscire a impedire che l'epidemia tocchi nuovi Paesi.
Ci aspettiamo un aumento dei casi, ma pensiamo che tra qualche settimana o qualche mese inizieranno a
diminuire. Ma se capiterà che il virus aumenti la sua diffusione in Nigeria, ad esempio a Lagos, o nella Costa
D'Avorio o in Mali, allora la situazione peggiorerà di molto e aumenterà al tempo stesso il rischio che il virus si
propaghi ad un altro continente, come l'Asia. Se arrivasse in India o in Indonesia la situazione si farebbe
catastrofica per le difficoltà in quei Paesi a estendere le cure mediche a tutti. Invece la robustezza dei sistemi
sanitari europei e americani scongiura il rischio di un'epidemia in Occidente. I colleghi dello University
Hospital Hamburg-Eppendorf si erano offerti a luglio di portare in Germania un paziente, purtroppo deceduto
prima di partire dall'Africa, per poter studiare il virus e soprattutto dare un segno di speranza, mostrando che
gli ospedali possono fare qualcosa. Un grave problema è infatti che tra le popolazioni colpite a tutt'oggi si
diffida dei medici e degli ospedali: li si vede impotenti contro il virus, e questa sfiducia peggiora la situazione».
Giuliano Aluffì SEAN GALLUP / GETTY / CORBIS
Foto: Nella foto grande, dottori specialisti in malattie tropicali di Berlino testano i metodi di decontaminazione
dai virus. Qui sopra, il virus Eboia, ricomparso in questi mesi in Africa
29/08/2014
L'Espresso - N.35 - 4 settembre 2014
Pag. 84
(diffusione:369755, tiratura:500452)
Le dieci storie vere di malattia di "La vita inattesa", raccontate in graphic novel da Silvia Ziche, Giuseppe
Palumbo, Laura Scarpa, Tuono Pettinato, Paolo Bacilieri, Tito Faraci, Micol Beltramini e Alessandro Q.
Ferrari, per la Rizzoli Lizard, sono state scelte tra più di 4 mila testimonianze raccolte online dalla campagna
"Viverla Tutta", promossa da Pfizer con l'Istituto Superiore di Sanità, la Asl 10 di Firenze, e l'European
Society for Health and Medicai Sociology. Le storie affidate a Repubblica.it tra settembre 2011 e febbraio
2012 e poi nel portale www. viverlatutta.it, dove sono consumabili, sono state analizzate con la Medicina
Narrativa, una nuova tecnica, con radici antiche, che mette al centro il vissuto del malato e il contesto sociale
che lo circonda. Una ragnatela di interazioni che ben interpretate può aiutare pazienti, camici bianchi,
infermieri e familiari a creare un'alleanza terapeutica. Per prendersi cura del malato e non solo della malattia.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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Racconti in corsia
29/08/2014
L'Espresso - N.35 - 4 settembre 2014
Pag. 89
(diffusione:369755, tiratura:500452)
Troppi rischi per i giovani
DI MICHELE TANSELLA
DI MICHELE TANSELLA QUALCHE ANNO FA la Fda, l'Ente americano che si occupa della
regolamentazione dei farmaceutici, ha analizzato 372 studi clinici che avevano confrontato gli effetti di
farmaci antidepressivi con quelli del placebo e dimostrato che aumentano in modo significativo il rischio di
comportamenti autolesivi e di tentativi di suicidio nei giovani sotto i 25 anni. Sulla base di questi dati la Fda ha
imposto alle farmaceutiche di dichiarare questo rischio nel foglietto illustrativo. Un recente studio coordinato
da Matthew Miller dell'Università di Harvard, pubblicato sul "Jama", dimostra ora che, per i bambini e i giovani
con meno di 25 anni, il rischio raddoppia se la terapia con antidepressivi (citalopram, sertralina e fluoxetina,
che negli Usa sono i farmaci più prescritti di questa categoria) è ad alte dosi. È importante notare che alla
metà dei pazienti trattati ad alte dosi la prescrizione era stata fatta da medici internisti o da medici di famiglia.
Per capire quanto alto sia il rischio dobbiamo tenere conto che la probabilità di tentare e riuscire in un
suicidio, dopo un comportamento autolesivo, riguarda circa 2 persone su 100 dopo un anno di terapia, e
cresce di anno in anno. I risultati della ricerca di Miller ha forti implicazioni per la pratica cllnica. Come
scrivono Corrado Barbui e Scott Patten sulla rivista "Epidemiology and Psychiatric Sciences": l'efficacia dei
farmaci antidepressivi nei giovani è modesta e aumentare le dosi non la migliora. È necessario quindi
prescriverli con prudenza, non usare mai dose elevate e monitorare attentamente i pazienti per molti mesi
dopo l'inizio del trattamento, indipendentemente dal fatto che abbiano presentato o meno in passato
comportamenti autolesivi.
Foto: Centro Oms di Ricerca sulla salute mentale, Università di Verona
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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Antidepressivi
29/08/2014
L'Espresso - N.35 - 4 settembre 2014
Pag. 90
(diffusione:369755, tiratura:500452)
Il virus è letale, ma facile da bloccare con medici e terapie. Perciò non ce ne occupiamo. E lasciamo al suo
destino i. Sbagliando
DANIELA MINERVA E SIMONE VALESINI
quando Patrick Sawyer ha toccato terra all'aeroporto di Lagos, domenica 20 luglio, la paura ha fatto un
girodiboa.Unquarantenne che veniva da Monro via moriva tra le pene che infligge il virus Eboia - febbre,
vomito, diarrea, dolori muscolari ed emorragie appena sbarcato nella megalopoli. E anche i più ottimisti
cominciarono a dirsi che quando un killer come quello sale su un acreo e arriva in un posto come la Nigeria,
crocevia di milioni di persone e traffici col mondo intero, è segno che hi| sogna cominciare a preoccuparsi
molto. 5 Ma Sawyer è rimasto per settimane un ft caso unico nel grande e popolosissimo ,3 paese del
petrolio. E fuori dal triangolo E maledetto di Guinea, Liberia e Sierra S Leone - l'epicentro dell'epidemia che
ha £ infettato a oggi oltre 2.473 persone uccidendone più di 1.350 - morivano solo gli operatori sanitari che
avevano aiutato i malati in quel remoto angolo d'Africa. Oggi i casi accertati in Nigeria sono 15. Ma tanto
basta perché il mondo intero sia sull'orlo di una crisi di nervi, e non passi giorno che, dall'Austria al Messico,
dalla California alla Germania alla Spagna, non scarti l'allarme per una morte sospetta. Il salto è fatto. Eboia
2014 non è più l'ennesimo flagello africano del quale addolorarsi ma non preoccuparsi più di tanto. È
diventato un problema di tutti. E, sotto sotto, a tutti viene in mente un altro flagello, l'Aids che è nato e si è
pasciuto in Africa per anni, poi, all'improvviso è spuntato a San Francisco, a New York.a Berlino; e ha
cambiato il mondo. Eboia non è Hiv, per ragioni tecniche molto precise: si può contenere facilmente perché i
malati di ventanocontagiosi solo nel momento in cui iniziano a sviluppare i primi sintomi. Ma nemmeno l'Africa
è più quella del 1980. Il pianeta è global, il continente nero è global. Basta poco perché una malattia,come
Eboia, destinata per le sue stesse modalità di trasmissione a restare confinata, si propaghi sulle ali della
povertà, di servizi sanitari inesistenti, di popolazioni già provate da diarrea, malaria, e dallo stesso Aids. In
aeroplano o lungo le rotte camionali che percorrono l'Africa, come già fece Hiv che infettò il continente
muovendosi sulla prima grande transafricana,chcda Capetown va verso Jl Cairo. Oggi le transafricane sono
sette e si rimane di stucco a vedere stampata sul "New England Journal of Medicine" la mappa della strada
che da Conakry, capitale della Guinea, dall'Atlantico va verso est attraversando gli epicentri di Eboia 2014.
Gli scienziati più blasonati del mondo cercano l'origine e i mezzi di trasmissione del tipo di virus che colpisce
oggi (Guinea Ebov) e si trovano lungo uno stradone scalcinato che attraversa migliaia di chilometri di savane
e foreste. Ci abitano colonie di scimpanzè, stormi di enormi pipistrelli golosi di frutta e gli umani più poveri dei
pianeta. Una combinazione, questa, che iia detonato la bomba. Ha cioè permesso il passaggio del virus dalle
specie animali alla nostra. E ora che il killer guineiano è tra noi, quanto ci vorrà perché sbarchi a Milano,
Roma, Parigi o Londra? Per gli scienziati questo non conta molto, perché c'è un dettaglio che, in preda alla
paura, ci dimentichiamo: Ebov flagella i più poveri. In Sierra Leone ci sono due medici ogni cenromiia
persone, in Guinea la spesa sanitaria procapite è di 62 dollari l'anno, e in Liberia, nella stessa espirale
Monrovia • non c'è letteralmente nemmeno un presidio sanitario, come ha rivelato il presidente di Medici
Senza Frontiere Joanne Liu. Stefano Velia (nel box della pagina a fianco) spiega nel dettaglio perché noi non
abbiamo niente da temere. E poi c'è un siero che sembra (solo sembra, e in seguito diremo perché)
antiEbola. Ma, seppur protetti da tonnellate di farmaci, acqua pulitissima e pannicoli di grasso. Eboia ci sta
cambiando. Come ci ha cambiato Hiv. Ecco perché. AVERE DUE ANNI A MELIANDOU È toccata a un
bambino di due anni febbricitante in una casetta cupa di Meliandou, cittadina nella prefettura di Guéckédou,
in Guinea, la colpa di essere il paziente zero. Secondo gli scienziati che hanno identificato e tracciato il virus
2014 - descrivendolo sul "New England Journal of Medicine" - il piccolo potrebbe aver mangiato della frutta,
magari raccolta per terra, contaminata dalle feci di una delle migliaia di volpi volanti (o pipistrelli della frutta)
che svolazzano nei cieli spalancando tre metri di apertura d'ali e portandosi in pancia, senza farsi uccidere, il
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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NOI ED EBOLA
29/08/2014
L'Espresso - N.35 - 4 settembre 2014
Pag. 90
(diffusione:369755, tiratura:500452)
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virus. «Eboia vive di norma all'interno dell'organismo di questi pipistrelli che abitano nelle foreste africane, e
infetta l'uomo solamente attraverso il contatto casuale con la loro carne cruda o fluidi vitali», racconta Saverio
Bellizzi, epidemiologo di Medici Senza Frontiere che negli scorsi mesi ha seguito l'epidemia dalla Guinea. Il
piccolo muore il 6 dicembre. Pochi giorni, ed è la volta della madre, della sorellina di 3 anni, della nonna. E
una tragedia familiare si trasforma, in qualche mese, in un'emergenza sanitaria globale. Per la prima volta,
nella storia di questo virus, che ha colpito più volte l'Africa, l'epidemia esce dalle aree rurali e contamina le
città: il passo, decisivo, per diventare pandemia. Va veloce il virus guineiano, lungo le camionali, di villaggio in
villaggio. E quando arriva a Monrovia, Conakry, Freetown, le grandi città senza protezioni sanitarie, diventa
inarrestabile. Innanzitutto, spiegano gli scienziati sul "Nejm",perché è del "ceppo Zaire", il più pericoloso dei
cinque esistenti, capace di annientare oltre P80 percento degli infettati. «Tutta la zona dove ha avuto inizio la
nuova epidemia è abitata dalle volpi volanti, e in passato potrebbero quindi già esserci stati piccoli focolai di
cui non siamo a conoscenza», continua Bellizzi: «Questa volta però l'infezione ha avuto origine in una
regione che si trova proprio al confine tra Guinea, Liberia e Sierra Leone. Un'area dove la gente si muove
molto, dove passano strade e si spostano merci». Ma non solo: per capire il disastro, secondo l'epidemiologo
di Msf, bisogna pensarsi a Meliandou, dove nessuno immagina neppure che esista quella maledetta febbre
emorragica, e dove ci sono molte più fattucchiere che operatori sanitari. FUNERALI & FATTUCCHIERE La
ricostruzione del "New England Journal of Medicine" ipotizza che dopo la morte del bambino, il virus,
inizialmente circoscritto alla famiglia, abbia iniziato a diffondersi durante il funerale della nonna, una
cerimonia che ha chiamato gente da villaggi distanti anche un centinaio di chilometri, tutti a toccare e baciare
la salma del defunto. Infettandosi per poi riportarsi a casa il virus spostando l'epidemia di villaggio in villaggio,
dove la gente ha continuato a morire inconsapevole fino a marzo, quando è scattato l'allarme nazionale coi
primi due casi riconosciuti ufficialmente. Perché, comunque, riconoscere Eboia non è facile: non sempre
compaiono le emorragie e gli altri sintomi possono essere facilmente confusi con quelli di malattie endemiche
in Africa, come la malaria. Certo è che avere contatti coi fluidi corporei di un morto è comunque una pessima
idea. E lo sottilinea la stessa Margaret Chan, direttore generale dell'Oms: «Una misura prioritaria è quella di
cambiare le pratiche funerarie che comportano stretti contatti con corpi altamente contagiosi. In Guinea, per
esempio, il 60 per cento dei casi è collegato ai funerali tradizionali». Chan aggiunge poi che a complicare le
cose c'è il proliferare di maghi e curatori che propongono sistemi bizzarri per evitare il contagio. Che
seminano la diffidenza verso i medici. Che supportano l'idea che il governo voglia rubare il sangue dei morti,
e così via. Insomma, Chan indica nell'arretratezza il più fedele alleato del virus che si propaga lungo le rotte
della moderna globalizzazione (proprio come accadde trent'anni fa con l'Hiv). TUTTA COLPA DI ELLEN Così
l'epidemia diventa il serbatoio di una crisi sociale esplosiva: gli scontri dei giorni scorsi a West Point, il
sobborgo di Monrovia dove decina di migliaia di persone vivono ammassate in baracche senza alcun
servizio, la leggono in filigrana. A West Point: disoccupati, bambini soldato reduci della guerra civile,
mendicanti che affollano ogni giorno le strade della capitale, e un'unica scuola che il ministro della Salute di
un governo odiatissimo trasforma in un cronicario per malati di Eboia. E la miccia: il 17 agosto bande di
ragazzi armati di bastoni assaltano il cronicario, liberano i malati e rubano la biancheria infetta. Nel giro di
qualche giorno le autorità affermano di averli ritrovati e rinchiusi. Ma appena scende la notte, martedì scorso,
il presidente Kllen Johnson Sirleaf impone la quarantena a tutto l'immenso sobborgo. E mercoledì per le
strade è guerra. La signora appare nelle Tv di tutto il mondo a dire che deve pur contenere l'epidemia in un
qualche modo. Ma gli arrabbiati di West Point • gridano uno slogan già sentito ai tempi dell'Aids: « Eboia non
esiste». Lo ha inventato il governo per opprimere la gente. EPPURE SI PUÒ VINCERE E invece Eboia esiste
e sarebbe persino facile contenerne l'impatto. «Quello che serve è un'opera di sensibilizzazione della
popolazione, e la collaborazione delle personalità importati delle comunità locali», sottolinea infatti Bellizzi. E
conferma sul campo la presa di posizione di Erancis Omaswa, Executive Director of thè African Center for
global Health and Social Transformation, che dice: «Per frenare l'epidemia bisogna riconquistare la fiducia
della gente». Invece, racconta Berizzi: « La gente è diffidente verso gli operatori sanitari. In Guinea, alcuni
29/08/2014
L'Espresso - N.35 - 4 settembre 2014
Pag. 90
(diffusione:369755, tiratura:500452)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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capivillaggio allertano le autorità alla prima comparsa di sintomi sospetti. In altri villaggi, invece, incontriamo
moltissima resistenza, i pazienti fuggono quando arriviamo per sottoporli alle analisi. E ai rappresentanti del
governo oppongono un secco no». Ma contro Eboia l'unica arma è la tempestività. Sia per isolare e
contenere i casi, sia per trattare i malati con terapie che intervengono sui sintomi - come la febbre o la
disidratazione - e sulle patologie concomitanti. «Le terapie di supporto devono però essere somministrate
presto, a non più di un giorno dall'esordio dei primi sintomi della malattia», spiega Bellizzi: «In Guinea, nel
nostro ospedale, ad esempio, siamo riusciti a far scendere la mortalità a circa il 25 per cento ». Perché di
Eboia si può guarire. Con le terapie di supporto, la buona assistenza. E da qualche giorno anche con lo
Zmapp, un siero, fatto da tre anticorpi monoclonali capace di attivare la reazione del sistema immunitario
contro il virus. Lo dimostra la buona forma del medico missionario Kent Brantly e dell'infermiera Nancy
Writebol, contagiati in Liberia, trasferiti in gran fretta all'Emory University Hospital di Atlanta e curati con
questo farmaco sperimentale. Il Samaritano ha ringraziato Dio in diretta Tv, ma i sanitari dell'Emory hanno
spiegato che nessuno può dire sul serio che a guarire i due americani sia stato il siero. Di solito per essere
sicuri che un farmaco funzioni si va a vedere cosa succede a pazienti che lo prendono e a quelli che non lo
prendono messi nelle stesse con dizioni. In questo caso non è successo,e per giunta due persone trattate col
medesimo medicinale sono morte (un missionario spagnolo e un medico liberiano). Quindi nessuno sa se
Zmatt ha fatto il miracolo, se lo hanno fatto le altre cure, o lo ha fatto davvero Dio. I successi di Atlanta
potrebbe aprire la strada alla sperimentazione di questa e delle altre terapie non testate nei paesi colpiti dalla
malattia. L'obiezione di molti, tuttavia, è che si tratta di tarmaci che in una situazione normale sarebbero
ancora ad anni, se non decenni, dall'ingresso sul mercato. Nessuno ne conosce realmente tossicità ed
efficacia. Ma Eboia uccide nella quasi totalità dei casi, quindi l'Oms potrebbe decidere di dare comunque il via
libera. Una sorta di "meglio che niente" dai dubbi confini etici. E dai certi esiti sociali. Perche l'unico dato
confermato è che 1 produttori non hanno scorte di tarmaci sufficienti per un utilizzo su vasta scala. L'azienda
produttrice dello ZMapp ad esempio è una piccola biotech statunitense che di solito lavora per il dipartimento
della Difesa, Mapp Biopharmaceuticnl Inc., che attualmente ha solo 100 dosi di farmaco pronte nei suoi
magazzini. L'azienda stima che in un paio di settimane, lavorando a pieno regime, potrebbe arrivare a
produrne un altro centinaio. Non è difficile immaginare i conflitti che si potrebbero creare visto che i possibili
pazienti, solamente in Liberia, Guinea e Sierra Leone, sono circa un milione di persone. A meno di non
pensare che il farmaco verrà destinato prioritariamente agli occidentali come Brandy e Writebol. Per chiudere
il cerchio del nuovo virus che flagella l'Africa, che si pasce di arretratezza e globalizzazione, che alimenta
tensioni sociali. Ma dal quale noi, in Occidente, siamo in grado di difenderci. Lo aveva detto a proposito
dell'Aids Nadine Gordimer, la scrittrice sudafricana scomparsa poche settimane fa: «Ha a che fare, in fondo,
con il nostro stesso modo di esistere. Ci confronta con una domanda che deve trovare una risposta storica:
cosa ne abbiamo fatto del mondo, politicamente? Cosa ne stiamo facendo? Cosa intendiamo per sviluppo?».
•
Foto: STRUTTURA DEL VIRUS EBOLA. A SINISTRA: L'OSPEDALE DI MEDICI SENZA FRONTIERE A
KAUAHUN IN SIERRA LEONE.
Foto: ARRETRATEZZA, POVERTfi. E IL TRAFFICO DI MERCI E PERSONE LUNGO LE CAMIONAU. ÈIL
MIX LETALI DISPERAZIONE A KOUNDONY. IN GUINEA. PER L'ARRIVO DI UNA SALMA. A DESTRA:
STEFANO VELLA
Foto: A BAWA, CAMERUN, SI INSEGNA COME PREVENIRE EBOLA
29/08/2014
L'Espresso - N.35 - 4 settembre 2014
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(diffusione:369755, tiratura:500452)
Cosa succederà in Italia
Una bufala sì, ma di quelle che fanno riflettere. E il falso allarme "Eboia a Lampedusa" esploso negli scorsi
giorni su Facebook, che in poche ore ha superato le 26 mila condivisioni sul social network provocando una
pioggia di disdette per gli albergatori dell'isola. L'autore della bravata alla fine è stato identificato e denunciato
dalla polizia postale, ma restano i molti casi "sospetti" che spuntano di giorno in giorno da un capo all'altro
dell'Europa e delle Americhe. E la domanda che tutti si fanno oggi è: diventerà una pandemia? Lo abbiamo
chiesto a Stefano Velia, direttore del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità, membro del
Technical Review Panel del Global Fund for Aids, Tb and Malaria, ed ex presidente dell'lnternational Aids
Society. Eboia potrebbe arrivare anche in Europa? «Il rischio che la malattia si espanda al di fuori dell'Africa
in realtà è molto basso. Esistono virus, come l'Hiv, che in questo sono "geniali", perché restano asintomatici
per anni, riuscendo a diffondersi efficacemente prima di danneggiare il loro ospite. Eboia Invece è un virus
che potremmo definire suicida, perché uccide troppo in fretta. Ha un'incubazione estremamente breve, si
trasmette unicamente per contatto con i fluidi di un paziente, e il malato diventa contagioso solamente dopo
la comparsa dei sintomi e muore poi nell'arco di pochi giorni. È molto difficile quindi che una persona infetta
possa allontanarsi dai paesi colpiti dall'epidemia senza essere prontamente identificata e messa in
quarantena». Se arrivasse in Italia, cosa si potrebbe fare per arginarlo? «Se un paziente affetto da Eboia
fosse identificato nel nostro paese, verrebbe prontamente isolato e curato all'interno di una struttura sanitaria
idonea, da cui il virus non potrebbe uscire in alcun modo. Tutte le persone con cui fosse eventualmente
entrato in contatto verrebbero quindi rintracciate e monitorate, per evitare ulteriori contagi. Con i sistemi di
quarantena e le strutture sanitarie che abbiamo è pressoché impossibile che scoppi un'epidemia di Eboia.
Questo però non fa che sottolineare un aspetto spesso dimenticato della crisi che stiamo vivendo, e cioè che
si tratta in primo luogo di un problema di medicina sociale». In che senso? «Eboia dimostra perfettamente le
differenze che esistono nel mondo riguardo all'accesso alle cure. La salute andrebbe pensata come un
problema globale. Conosciamo Eboia da oltre vent'anni, ma fino ad oggi non ce ne siamo occupati perché
sembrava non riguardarci, mentre ad esempio per l'Aids, che ha colpito anche i nostri paesi, si sono fatti
enormi passi in avanti. Si tratta di un atteggiamento che genera inaccettabili disuguaglianze da un punto di
vista della salute. E non solo: in un mondo globalizzato infatti è impossibile pensare che una malattia che
colpisce un'altra parte del globo non ci riguardi. Casi come questa epidemia di Eboia continueranno infatti a
presentarsi, e se questa volta per noi non ci sono grossi pencoli, con un'altra malattia il risultato sarebbe
potuto invece essere molto diverso». Simone Valesini
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 29/08/2014
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COLLOQUIO CON STEFANO VELLA
29/08/2014
Corriere della Sera - Sette - N.35 - 29 agosto 2014
Pag. 93
La magica alchimia della medicina italica
Fin dal Rinascimento, la scienza sanitaria deve molto a ciarlatani e sperimentatori. Come racconta la storia di
un chirurgo plastico "ante litteram" che operava con l'aiuto del barbiere
Armando Torno
Nel Rinascimento italiano, oltre artisti, letterati e pensatori si incontrano fgure che hanno anticipato quanto
stiamo vivendo. È il caso del medico bolognese Leonardo Fioravanti, nato nel 1517, uno dei pochissimi sodali
italiani di Paracelso, anche se tra i due non ci fu un vero rapporto. Entrambi volevano cambiare la medicina e
avevano fducia nell'alchimia. Poco sappiamo dei suoi studi iniziali di medicina, ma di certo non furono regolari
giacché il contemporaneo bolognese Ulisse Aldovrandi chiamava Fioravanti "empyricus". Allora nel Belpaese
le scelte sanitarie erano decise dalle teorie di Galeno; al contrario, egli guardò con occhi nuovi la
sperimentazione e non volle tenere conto di quella rigida separazione che allora assegnava i ruoli ai medici,
agli speziali e ai cerusici. Fioravanti desiderava che il medico decidesse direttamente terapie e farmaci. Di
più: scriveva in volgare i suoi trattati (seguendo in ciò Paracelso), ma questa chiarezza era allora considerata
nefasta e nociva al prestigio professionale, tanto che ebbe a subire pressioni e anche persecuzioni. Nel 1548
lo troviamo a Genova, quindi a Palermo: qui si ferma sino alla fne del 1549 e ottiene i primi riconoscimenti.
Parte poi per Napoli ma sosta a Tropea, in Calabria, per assistere a un'operazione di rinoplastica di due
barbieri, Pietro e Paolo Vianeo, da lui descritti nel Tesoro della vita humana, aggiungendo notazioni che
verranno riprese dai contemandrà a Roma rimanendovi sino fno all'ottobre 1558, ottenendo la licenza per
l'esercizio della chirurgia ma anche un'accusa di incapacità da parte dei medici Stefano Cirasio, Bartolomeo
da Urbino e dall'anatomista Realdo Colombo. Finalmente nel 1568 avrà a Bologna la laurea in medicina: lui
sostiene per la quarta volta, ma gli avversari affermano che sia la prima. Aggiungiamo soltanto che nel 1573,
a Milano, fnì in carcere per - così sostenne l'accusa - la morte di alcuni pazienti. Un nuovo studio. Su
Fioravanti c'è un saggio di Piero Camporesi, Camminare il mondo (Garzanti, 1997); ora è uscito un delizioso
studio di William Eamon, Il professore di segreti. Mistero, medicina e alchimia nell'Italia del Rinascimento
(Carocci Editore, pp. 360, euro 26). In tal caso possiamo dire che la fgura di Fioravanti acquisti nuova luce
ma anche che molta scienza medica nacque grazie al concorso di maghi, alchimisti e ciarlatani.
poranei specialisti di chirurgia plastica. Non soltanto: partecipa all'asportazione della milza a una giovane
donna data per spacciata. Anche in tal caso è la perizia del barbiere Andrea Zaccarello a rendere possibile
l'intervento. A Napoli Fioravanti resterà sino alla metà del 1551, allorché decise di arruolarsi nelle truppe
spagnole e partì per l'Africa come medico militare. Anche in tal caso fa esperienza nelle operazioni di
chirurgia plastica e, anticipando tutti, delle cure idroterapiche contro le malattie della pelle e dell'intestino. Altri
successi medici otterrà al rientro a Napoli, dove starà fno al 1555; poi
Nel 1573, a Milano, fnì in carcere, con l'accusa di aver procurato la morte di alcuni pazienti
Foto: Riletture. Il disegno Chirurgia di Hieronymus Brunschwig (1497). Sopra, le copertine di De' capricci
medicinali di Leonardo Fioravanti e di Il professore di segreti di William Eamon.
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Personaggi Un saggio ripercorre vita e misteri del professor Fioravanti