Honda CRF 250 Rally

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Honda CRF 250 Rally
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Numero 191
24 Marzo 2015
Novità
Honda CRF 250 Rally
e Bulldog 400 concept
91 Pagine
Periodico elettronico di informazione motociclistica
SBK Thailandia
Le cronache,
i commenti e le
pagelle del GP
vinto da Rea
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Prove
Borile Multiuso 125
Guidabile anche con
patente B e il prezzo
scende a 3.750 Euro
| PROVA MAXI ENDURO |
KTM 1050
ADVENTURE
da Pag. 2 a Pag. 15
All’Interno
NEWS: MV Agusta F4 RC | Kawasaki W800 Limited Edition | Correva l’anno Intermot 2004 e dieci anni dopo
N. Cereghini Manuale di sopravvivenza tra le buche | MOTOGP: DopoGP Puntata speciale: Test a Losail
KTM 1050 Adventure
PREGI
Feeling di guida e erogazione del motore
DIFETTI
Protezione dall’aria in autostrada
Prezzo 13.150 €
PROVA MAXI ENDURO
KTM 1050
ADVENTURE
La gamma Adventure si allarga con l’arrivo della 1050
da 95 cavalli che va a presidiare il segmento delle mille.
Il DNA è quello KTM, che assicura prestazioni al top e
tanta facilità di guida in ogni situazione. Il prezzo è alto
(13.150 euro) e la protezione dall’aria migliorabile in
autostrada
di Andrea Perfetti
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prove
Media
S
iamo tutti pazzi per le maxi
enduro. Colpa anche delle
Case motociclistiche, che ci
stanno ubriacando di versioni
in grado di entusiasmare anche il più impallinato dei motociclisti. Ci sono quelle che vanno ancora bene
in fuoristrada (come le mitiche endurone degli
anni 80), ci sono poi le superbike travestite da
tourer, capaci di tenere medie da Frecciarossa
sulle autostrade tedesche. L’offerta è cresciuta
da matti verso il top di gamma, ma così sono
aumentati anche il prezzo, il peso (non sempre
a dire il vero) e l’impegno a gestire potenze esuberanti. Di pari passo le aziende hanno iniziato
ad ascoltare le richieste dei clienti meno esosi,
ma non meno esigenti. Tutt’altro. Sono infatti
tanti gli appassionati che sognano moto più pure
ed essenziali. Compagne di viaggio, ma anche di
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lavoro quotidiano. Perfette quindi per intraprendere avventure in posti lontani, ma anche per andare in ufficio ogni mattina come se fossero un
comodo scooterone. I numeri di vendita di BMW
F800GS e Triumph Tiger 800 prima, e di Suzuki
V-Strom 1000 poi, dimostrano quanto sia vivo
questo segmento. Ora si aggiunge la KTM con
la sua 1050 Adventure, ma la categoria contempla anche la rivisitata Kawasaki Versys 1000 e la
futura Honda True Adventure (che sarà presentata alla stampa nella seconda metà del 2015).
La nuova KTM 1050 Adventure colma il vuoto
lasciato dalla ancora amatissima 990 Adventure, ma è anche una degna erede della 990 SMT.
Rispetto alle due si pone esattamente nel mezzo,
come testimonia anche la scelta della ruota anteriore da 19 pollici (la Adventure l’aveva da 21, la
SMT da 17). È proposta nella colorazione nero/
arancio e ha un prezzo di 13.150 euro, che
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Telaio in acciaio, sospensioni WP
e freni Brembo
Essenziale non significa povero. Spesso avviene
il contrario: le cose semplici e pure sono anche le
più belle. È il caso della dotazione tecnica della
KTM 1050 Adventure. Sarà anche la piccola di
casa, ma ha lo stesso, identico telaio in acciaio
delle altre Adventure (ricordiamo che tutte le
versioni 2015 sono state aggiornate nell’attacco superiore dell’ammortizzatore). Non mancano lo spettacolare forcellone in alluminio e il
telaietto posteriore dello stesso materiale (con
attacchi per le borse e maniglie del passeggero
integrati). Più semplici sono le sospensioni: la
forcella WP da 43 mm è priva di regolazioni e ha
un’escursione di 185 mm (le altre Adventure superano i 200), mentre l’ammortizzatore è regolabile nel precarico della molla e nel ritorno idraulico e ha un range di 190 mm. I freni sono Brembo
con pinze radiali a 4 pistoncini e dischi da 320
mm davanti e 267 dietro. È invece più semplice
la pone sicuramente nella fascia alta di questo
segmento. Di serie offre un equipaggiamento più
essenziale rispetto alla 1190 Adventure. Non ha il
controllo di stabilità MSC sviluppato con Bosch
e fa a meno delle sospensioni a regolazione elettronica. Ci sono però l’ABS (escludibile; la modalità offroad è optional), il controllo di trazione
TC (settabile su 3 posizioni: street, sport e rain;
l’offroad è optional) e il comando dell’acceleratore ride by wire. Degna di nota è anche la componentistica, che spazia dalle sospensioni WP ai
freni Brembo.
Motore LC8: numeri da 1190
La 1050 Adventure condivide la base telaistica
e motoristica con le tre sorelle Adventure (1190
Adventure, 1190 Adventure R e 1290 Super Adventure). Il bicilindrico a V di 75° di 1.050 cc con
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Prove
la pompa (non è radiale come sulle Adventure
più potenti). Il sistema frenante impiega l’ottimo ABS Bosch 9M a due canali (al posto del tipo
9ME combinato, impiegato su 1190 e 1290), che
può essere facilmente disinserito dal menu di
bordo. I cerchi a raggi tubeless lasciano il posto
a quelli a razze in alluminio, che calzano pneumatici Metzeler Tourance Next di sezione ridotta
(110/80-19 e 150/70-17). Il peso dichiarato è di
212 kg a secco (5 in meno della 1190 Adventure),
il serbatoio ospita 23 litri (3,5 di riserva).
Strumentazione completa,
ergonomia su misura
La strumentazione offre la medesima, opulenta lista di informazioni della 1190 Adventure. Il
quadrante analogico del contagiri è affiancato
dai due display che forniscono tutte le info utili (temperature motore e aria, livello benzina,
trip, consumo medio, carica della batteria e altro ancora). La leggibilità è buona, ma peggiora
doppio albero e 4 valvole per cilindro è rivisto in
diversi particolari. Sono ridotti sia l’alesaggio che
la corsa (103 x 63 contro 105 x 65), sono nuove
le teste e l’albero motore è più pesante di 2 kg
per dare una risposta ancora più fluida ai bassi
regimi. Non c’è più il radiatore dell’olio, mentre
è confermata l’ottima trasmissione a sei marce, dotata di frizione con antisaltellamento. La
potenza è allineata alla concorrenza (95 cavalli), mentre impressionano il regime a cui viene
raggiunta (soli 6.200 giri) e la coppia massima
di ben 107 Nm a 5.750 giri. Pensate che fino a
6.000 giri le curve di coppia e di potenza della
1050 si sovrappongono con precisione chirurgica a quelle della bestiale 1190. Ma di questo parleremo ancora tra poco, preparatevi a leggerne
delle belle. Gli intervalli di manutenzione sono
previsti ogni 15.000 km.
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sensibilmente quando il pilota ha il sole alle spalle. Le leve del freno e della frizione non sono
verniciate in nero (come sulle 1190 e 1290), ma
lasciate nel colore naturale della lega. Gli specchi sono rotondi, meno ricercati (e meno belli),
rispetto a quelli delle altre Adventure, ma ugualmente funzionali Il manubrio è più largo e la sella più bassa (850 mm), ne deriva una posizione
di guida più enduristica che dà un bel controllo
della moto. La sella è in un pezzo unico e non è
regolabile (esiste ovviamente come optional più
alta e imbottita nel catalogo power parts). Il parabrezza è il medesimo della 1190, è quindi regolabile senza l’ausilio di attrezzi.
La nostra prova su strada
“Alla faccia dell’entry level”. Siate buoni e passateci la grossolanità, ma questo è il primo
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Prove
pensiero che ci stampiamo in testa (e nelle note
dello smartphone alla prima sosta tecnica) dopo
10 chilometri in sella alla 1050 Adventure. Diciamo 10 e non 50 volutamente, perché basta
davvero un niente per entrare in confidenza con
questa KTM. A Mattighofen stanno azzeccando
una ciclistica dietro l’altra. La sintonia e il feeling
che si instaurano subito con l’avantreno ricordano le migliori Honda (da sempre prese a modello per la grande comunicativa dei loro telai).
La 1050 è piccola tra le gambe e molto agile a
bassa velocità. D’altra parte solo i cerchi pesano
un chilo meno di quelli a raggi e questo si sente
alla grande nella guida. I comandi sono morbidi e
precisi come su tutte le Adventure che abbiamo
provato negli ultimi mesi. La sella non è regolabile, ma risulta comoda e ospitale anche sulle
lunghe percorrenze. Non ci sono vibrazioni a
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disturbare la guida, mentre la protezione dall’aria lascia scoperte le spalle e la parte alta del
casco (la cosa si sente soprattutto se superate
il metro e ottanta e indossate un casco con la
visiera da cross). Il rumore di scarico è profondo e sportivo come dev’essere con un V2 LC8,
mentre è sopra la media la rumorosità meccanica ai bassi regimi. L’erogazione del bicilindrico è
stupefacente. Rispetto alla 1190 Adventure sono
55 i cavalli usciti dal recinto. Una mandria! Ma
all’atto pratico, dai 2.000 ai 6.000 giri, la 1050
va esattamente come la pestifera parente. Lo
dice il banco, lo conferma la prova su strada. Nel
range di utilizzo più frequente su strada, le due
moto vantano quindi la medesima progressione.
C’è tanta dolcezza di funzionamento ai bassi, per
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sentire qualche strappo bisogna per forza scendere sotto i 2.000 giri. Da qui a 4.000 l’LC8 corre
spedito, dopo arriva anche una bella botta di potenza che proietta in un lampo a 7.000 giri. Si può
insistere anche oltre, ma è ai medi che la 1050 fa
godere con una spinta sempre piena e corposa.
I 95 cavalli ci sono, sono tanti e arrivano presto:
difficile chiedere di più anche nella guida sportiva. Il cambio è rapportato bene (a 130 km/h
indicati il motore frulla a circa 4.900 giri) e la frizione sopporta bene gli strapazzi. Più avanti calcoleremo il consumo in modo preciso; quello del
test è infatti falsato dalla guida esuberante a cui
ci “costringono” di frequente i collaudatori della
KTM. Con una temperatura esterna di 20° abbiamo notato un po’ di calore nella zona dei piedi
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(non delle gambe). Nulla di fastidioso, ma non
l’avevamo riscontrato il giorno prima, nelle stesse condizioni, con la 1290 Super Adventure (che
ha però una nuova schermatura del collettore
del cilindro posteriore). Il telaio e il sottosella non
lamentano alcun accumulo di calore anomalo.
L’equilibrio dinamico della KTM 1050 Adventure
la pone sicuramente tra le migliori maxi enduro
del momento. È immediata nel comunicare al
pilota il contatto degli ottimi pneumatici con l’asfalto, scende in piega con una semplicità disarmante e sopporta ogni tipo di correzione senza
battere ciglio. L’avantreno in particolare sembra
dotato di poteri magici come i personaggi degli
X-Men: non scarta, non allarga, non molla. Mai.
Anche dietro non arrivano sorprese: la gomma
Prove
da 150 basta senza problemi a gestire i 95 cavalli
e, anche escludendo il controllo di trazione, questa resta perfetta per merito dell’ottima erogazione. Le sospensioni hanno una valida taratura
di base. La forcella non è regolabile ed è meglio
così: i clienti pasticcioni eviteranno di combinare
inutili guai. La WP da 43 non sprofonda neanche
nelle frenate più brusche e scorre bene. I freni
Brembo sono molto potenti e ben modulabili.
Anche il posteriore può essere chiamato spesso
e con vigore, grazie all’ABS per nulla invasivo. Il
comando anteriore, dopo parecchi chilometri ad
andatura ready to race, ha preso un po’ di gioco
ed è diventato spugnoso. Questione di pompa
(differente da quella radiale della 1190), ci hanno
spiegato gli ingegneri austriaci. La potenza non
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Prove
Casco Suomy MX Tourer
Giacca IXON
Pantaloni Spidi
Guanti IXON
Stivali TCX Boots
SCHEDA TECNICA
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ABBIGLIAMENTO
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KTM 1050 Adventure 13.150 euro
Cilindrata 1.050 cc
Tipo motore termico
Tempi 4
Cilindri 2
Configurazione cilindri a V
Disposizione cilindri longitudinale
Inclinazione cilindri a V 75
Raffreddamento a liquido
Avviamento elettrico
Alesaggio 103 mm
Corsa 63 mm
Frizione multidisco
Numero valvole 4
Distribuzione bialbero
Potenza 95 cv - 70 kw
Numero marce 6
Capacità serbatoio carburante 23 lt
è però mai venuta meno e, dopo alcuni chilometri defaticanti, la consistenza della leva è tornata
normale.
Nel complesso la KTM 1050 Adventure rappresenta una nuova e gustosa alternativa alle maxi
enduro di 800/1.000 cc che conosciamo. Mantiene inalterato lo spirito della famiglia Adventure KTM, che coniuga in maniera esemplare
l’attitudine a viaggiare con la libidine della guida
sportiva.
La 1050 in più strizza l’occhio anche ai giovani
avventurieri: la versione da 48 cavalli (a misura
di patente A2) è pensata proprio per loro.
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Borile Multiuso 125
PREGI
Leggerezza e maneggevolezza
DIFETTI
Vibrazioni e potenza
Prezzo 3.750 €
PROVA
BORILE
MULTIUSO 125
La più originale delle creazioni dell’artigiano veneto
Umberto Borile si presenta per il 2015 in una
versione dalla cilindrata ridotta, da 230 a 125 cc.
Mantiene la sua linea sbarazzina e le caratteristiche
che l’hanno resa famosa, ma è ora guidabile anche
con patente B e il prezzo scende a 3.750 Euro
di Cristina Bacchetti
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Media
C’
era una volta la Multiuso 230 (potete leggere
qui la nostra prova);
ve ne abbiamo parlato non poco un paio
d’anni fa, quando ha
fatto il suo debutto sul mercato lasciando tutti
a bocca aperta e soprattutto spaccando in due
i pareri del pubblico. Eh sì, perché la Multiuso o
la ami o la odi. A noi la prima versione era piaciuta parecchio e ci siamo quindi avvicinati con
tanta curiosità alla prova della nuova versione
da 125 cc, creata principalmente vista la grande
richiesta del pubblico straniero, come ci raccontano in Borile, e proposta al prezzo di 3.750 Euro
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guida. La bilancia segna 78 kg in ordine di marcia
(10 in meno rispetto alla 230), e anche per questa nuova nata il telaio in alluminio funge altresì
da serbatoio del carburante da 5 litri (i consumi
passano dai 30 km/l della 230 agli oltre 35 della
125) e da cassa filtro; anche lo scarico (riuscite
a vederlo?) è inglobato alla struttura del telaio
e dotato di due camere di compensazione con
catalizzatore. La sospensione anteriore si avvale di una forcella regolabile Marzocchi, con steli
dal diametro di 40 mm; al posteriore troviamo
un forcellone oscillante in lega leggera con due
ammortizzatori regolabili nel precarico molla e
compressione. Anche l’impianto frenante non
cambia: a fermare la Multi ci pensano due dischi
Braking creati su misura per lei (flottante da 220
mm all’anteriore e da 200 mm al posteriore),
entrambi a doppio pistoncino. Rimane anche la
Prove
doppia scelta per quanto riguarda gomme e cerchi: per la configurazione stradale Borile propone un anteriore da 19” e un posteriore da 17” con
pneumatici di tipo dual; per la versione motoalpinismo l’anteriore sale a 21” e il posteriore a 18”,
con coperture da trial o dual. Fin qui, dunque, abbiamo avuto modo di appurare che quasi nulla è
cambiato rispetto alla 230. Anche la linea rimane
la stessa: sottile come una sigaretta e con quei
due spropositati occhioni luminosi che la contraddistinguono.
Arriviamo quindi al vero protagonista della prova, la novità che ci ha portato di nuovo in sella alla
Multiuso: il nuovo monocilindrico a 4 tempi da
124 cc raffreddato ad aria che eroga una potenza
di 9 cavalli a 7.500 giri. Siamo curiosi di vedere
come si comporta nel portare a spasso la piccola
e leggerissima Multiuso.
(contro i 4.490 della 230 cc). La breve presa di
contatto ci ha dato modo di rimanere ancora una
volta colpiti dalla passione e dall’intraprendenza
del tanto amato Umberto, che in quel di Vò Euganeo non smette di immaginare, creare e stupire
con le sue motociclette.
Com’è fatta e cosa cambia
Il concetto è sempre lo stesso, la Multiuso è e
deve essere una moto in grado di fare qualsiasi cosa: portarvi ogni giorno in ufficio, garantire
autonomia anche per brevi tragitti fuoriporta,
far divertire tra sterrati e fuoristrada. E anche
la versione da 125 cc si conferma una tuttofare
mica male, forte della sua leggerezza e facilità di
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Come va?
In sella, inutile ribadirlo, si sta come in bicicletta,
ma ben più comodi - a dispetto dell’apparenza
- ed è possibile ospitare senza problemi un passeggero, che può contare su una bella porzione
della lunga sella e sulle comode pedane ripiegabili dedicate. Mettiamo in moto e il borbottio del monocilindrico si fa subito sentire, nulla
a che vedere col bel sound cupo del 230, ma il
piccolo propulsore ci fa capire che anche lui ha
qualcosa da dire. Ci accingiamo quindi a percorrere qualche chilometro di puro divertimento:
i rapporti del cambio sono molto corti, la prima
marcia rimane innestata per pochi secondi, le altre scorrono via più fluide e tranquille grazie a un
cambio preciso e silenzioso, comandato da una
morbida frizione che non affatica nemmeno nei
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Prove
frequenti cambi di marcia in città. Ci destreggiamo nel traffico davvero come fossimo in bici,
l‘angolo di sterzo e il manubrio bello alto permettono manovre impensabili con qualsiasi altro
tipo di moto, la leggerezza e la ciclistica azzeccata della Multi, che non si intimorisce nemmeno
se si azzardano delle belle pieghe, fanno il resto.
Anche i freni, creati appositamente per Borile da
Braking, contribuiscono ad infondere la giusta sicurezza in sella: pronti e modulabili ma mai troppo decisi. Le sospensioni, come già sottolineato
nella prova della 230, si comportano alla grande
sulle sconnessioni urbane e sui pavé, accusando soltanto le buche più secche dove la forcella
soffre un po’. Siamo davvero curiosi di portare
la piccola 125 anche in fuoristrada (come nel nostro test della 230), dove siamo certi darebbe il
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SCHEDA TECNICA
ABBIGLIAMENTO
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Prove
Casco Suomy
Giacca REV’IT! Gracia
Jeans Spidi Furious
Guanti Spidi Lady
Scarpe tecniche TCX X-Street
Borile Multiuso 125 3.750 euro
Cilindrata 124,4 cc
Tipo motore termico
Tempi 4
Cilindri 1
Raffreddamento ad aria
Avviamento elettrico
Alimentazione carburatore
Potenza 9 cv - 7 kw - 7.500 rpm
meglio di sé. La Multiuso è una moto pensata da
Umberto principalmente per chi lavora nei campi, tra le vigne dei suoi colli euganei, ma che si è
dimostrata perfetta anche per chi, in città, vuole muoversi agevolmente e… con tutti gli occhi
puntati addosso! Sì perché la piccola Borile gli
sguardi li attira eccome, che siano di curiosità,
ammirazione e perché no, anche di disappunto.
Del resto, l’importante è che se ne parli, no? Ma
quindi, questa Multiuso, qualche difetto ce l’ha?
Sì. Le vibrazioni del motore si fanno sentire parecchio su manubrio, sella e pedane, penalizzando il comfort nei tragitti più lunghi e nei rettilinei
dove si spalanca il gas. E poi, a nostro modestissimo parere, quel godurioso motore da 230 cc
(che rimane comunque a listino) è perfetto per la
Multi e il piacere di guida che offre è ovviamente
lontano dalle più tranquille prestazioni del piccolo 125 e dei suoi 9 cavalli. Un 125 che era giusto
però introdurre in gamma, in primis per le richieste dei clienti e anche per avvicinare i più giovani
al Marchio artigianale più famoso d’Italia, come
ci spiega Alberto Bassi nell’intervista che abbiamo pubblicato qualche giorno fa.
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News
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DUCATI MULTISTRADA 1200 2015
IL VIDEO DELLA NOSTRA PROVA
di Andrea Perfetti | Vi riportiamo sull’isola di Lanzarote per rivivere
attraverso il nostro video la prova della spettacolare Ducati Multistrada
1200 2015
A
qualche settimana dalla nostra prova
della Ducati Multistrada 1200 vi riportiamo sull’isola di Lanzarote (Canarie,
Spagna) per farvi rivivere con noi le
sensazioni di guida della nuova maxi-adventure
di Borgo Panigale, spinta dal nuovo propulsore
Testastretta DVT dotato di fasatura variabile per
il comando della distribuzione desmodromica.
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dagli evidenti riferimenti estetici alla 450 ufficiale, impegnata in gara alla Dakar e che potete
vedere nella galleria fotografica, verrà mostrata
al pubblico dell’Osaka Motor Cycle Show il prossimo fine settimana per essere mostrata anche
al sucessivo Salone di Tokyo. Assieme alla SFA
150, di cui abbiamo già scritto, Honda porterà
almeno un altro paio di modelli inediti e uno di
questi è la 250 da enduro con l’abito Rally realizzata attorno alla base tecnica della nota CRF 250
L. Come nel caso della SFA, Honda parla di concept, ma ancora una volta siamo di fronte a una
moto che si mostra in veste praticamente definitiva, pronta a essere prodotta in serie e munita di retrovisori, indicatori di direzione, scarico
omologato e porta targa. Presentarla in questo
Media
News
modo - definirla concept significa senza dubbio
che Honda non ha ancora deciso di metterla in
produzione - è comunque anche la scusa per
non anticiparne i dettagli tecnici e dichiararne il
prezzo alla prima uscita pubblica. Non è peraltro
un mistero, poiché la notizia e stata confermata
più volte da fonti interne, che Honda venderà già
quest’anno una copia della sua CRF 450 Rally a
uso dei piloti privati come degli appassionati di
enduro che potranno avere un mezzo specialistico progettato e messo a punto in gara dalla HRC.
Intanto accontentiamoci di apprezzare questa
250, cilindrata a misura del mercato nipponico,
che può già vantare un componentistica di buon
livello. In attesa di scoprirne qualche dettaglio in
più dopo l’apertura del Salone giapponese.
HONDA CRF 250 RALLY
ASPETTANDO LA 450 DI SERIE
di Maurizio Gissi | Se è vero che la futura True Adventure ricorda la 450
Rally dakariana, la CRF 250 Rally che è stata presentata ufficialmente a
Osaka ne è una copia – quasi – fedele
M
entre si attende di scoprire se la
futura bicilindrica Honda True
Adventure alla fine si chiamerà o
meno “Africa Twin”, in omaggio al
celebre modello ispirato alla corsa africana originaria, Honda ha deciso di presentare al pubblico
di casa la nuova CRF 250 Rally. Questa enduro
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News
con pneumatici molto scolpiti e di larga sezione; anche all’anteriore come accade per molte
special di taglio scrambler. Presentata come
elaborazione di un concetto “Lovable Touring
Partner”, la Bulldog - che ricorda un po’ anche lo
Zoomer - per certi versi prosegue l’idea della 125
MSX, compattezza dimensionale superiore alla
classe di cilindrata, per offrire molta facilità d’approccio e di guida per tutti. La Buldog ha la sella
bassa da terra (a soli 730 mm) e un panciuto serbatoio che cela un vano portaoggetti, le ruote da
enduro, lo scarico alto, il portapacchi anteriore
e posteriore e il doppio faro con tubi di protezione come sui modelli Baja e utility. Ma più che un
mezzo da fuoristrada, o scrambler, ha tutta l’aria
di una moto molto urbana. Forse difficilmente la
vedremo in produzione così com’è, ma l’idea ha
molti spunti interessanti che non ci stupiremmo
se venissero ripresi.
HONDA BULLDOG 400 CONCEPT
SVELATO A OSAKA
di Maurizio Gissi | E’ il terzo modello presentato in chiave concept
all’Osaka Motorcycle Show, si tratta di una bicilindrica molto originale
dal vago sapore Baja e con ruote molto scolpite da 15 pollici. Una nuova
proposta in realtà molto urbana e con diverse particolarità
H
onda anticipa la stagione delle novità
2016 con una serie di modelli concettuali. Assieme alla SFA 150 (già
mostrata in Indonesia) e all’accattivante CRF 250 Rally, ecco la Bulldog 400 che è
stata svelata oggi al 31° Osaka Motorcycle Show.
Questa volta il motore è un bicilindrico bialbero
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parallelo 400 raffreddato a liquido e con cambio
a sei marce (se mai la Bulldog dovesse essere
prodotta esisterebbe già il 500 della serie CB per
i mercati d’esportazione) incastonato in un telaio
tubolare. La Bulldog, come suggerisce il nome,
si distingue per il baricentro basso e le linee robuste enfatizzate dalle ruote da soli 15 pollici ma
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News
Media
MV AGUSTA F4 RC
PRESENTATA A MOTOMADRID
di Maurizio Gissi | Senza un vero lancio ufficiale, la nuova mille F4
Reparto Corse è stata mostrata al Salone delle moto di Madrid.
In veste pressoché definitiva. Con tanto di logo AMG
D
ella nuova MV Agusta F4 RC si conosce quasi tutto: potenza massima
(212 cv a 13.600 giri), peso a secco
(190 kg), prezzo (36.900 euro) e
quantitativo prodotto: 250 esemplari. La quattro
cilindri da superbike derivata dal modello di serie ha già corso a Phillip Island con Leon Camier,
dove è stata presentato anche il team, ma non si
è ancora vista una foto ufficiale della F4 Reparto Corse definitiva. Le immagini sfuggite e diffuse anche da Moto.it l’hanno mostrata nel suo
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percorso di sviluppo. Fino ad arrivare a MotoMadrid, il Salone della moto inaugurato la scorso
settimana nella capitale spagnola, dove è stata
esposta la F4 RC con sua la livrea che dovrebbe
essere quella definitiva, passateci il condizionale
visti i precedenti annunci che hanno riguardato
questo modello. La vendita dovrebbe infine iniziare a maggio. Assieme alla nuova grafica tricolore, anticipata dalla superbike di Camier vista
in Australia, compare per la prima volta il logo
AMG in bella evidenza. La controllata tedesca di
Daimler è, come si sa, entrata nella proprietà
MV con la quota del 25% dallo scorso novembre. Sulla carenatura compare anche il numero
37: una tabella portanumero che ricorda i titoli
mondiali piloti vinti dalle moto varesine nel motomondiale. La moto esposta a Madrid ha il gruppo ottico anteriore ma è stata mostrata priva di
retrovisori, indicatori di direzione, porta targa e
priva delle pedane del passeggero, che si erano
invece visti sulle prime immagini e che potete
trovare nella foto gallery.
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News
appassionati e preparatori di moto complete
come di parti speciali. In Giappone la W800 riscuote un buon successo e da metà di aprile sarà
in vendita anche in una nuova versione Limited
Edition, trecento esemplari – non pochi e che
danno la misura della buona diffusione di questo
modello - che si differenziano per la colorazione
e per alcune finiture rispetto al modello standard. Come sulla Special Edition, commercializzata anche da noi in passato, la W800 Limited ha
motore nero e cerchi anodizzati oro. L’impianto
di scarico è però cromato e la colorazione è bicolore con parafanghi verniciati anziché cromati,
mentre la sella è nera con fasce bianche. Non si
sa ancora se una variante simile potrà arrivare
da noi prossimamente.
KAWASAKI W800
LIMITED EDITION
di Maurizio Gissi | Sarà venduta in serie limitata questa elegante
versione della bicilindrica classica di casa Kawasaki, elaborata a livello
di cromie e verniciature. E’ realizzata per il Giappone, ma poi chissà...
L
a Kawasaki W 800 è la sola classica
presente nel listino Kawasaki. E’ in
vendita dal 2011 ma precedentemente,
nela cilindrata 650, era stata venduta
dal 1999 al 2010. In Italia l’anno scorso è stata
al decimo posto fra le Kawasaki più vendute, con
109 unità, davanti alle cruiser di famiglia e alle
icone sportive ZX-6R e ZX-10R. In casa Triumph, la Bonneville è stata anche l’anno scorso il
modello più venduto in Italia, con un rapporto di
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7 a 1 rispetto al modello Kawasaki. Ma il divario
numerico non rispetta i valori in campo, perché
la W800 è quello che si dice una buona moto.
Un modello che si rifà alla W1 del 1967, a sua
volta progettata prendendo come esempio le
bicilindriche parallele inglesi che nei primi anni
sessanta erano il riferimento per la stragrande maggioranza dei motociclisti e molte industrie. Un peccato originario che non ha impedito
alla W 650, e poi W 800, di conquistare molte
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News
Media
IGNITE STRAIGHT SIX
DUE BMW K1600GTL MOLTO SPECIAL
di Edoardo Licciardello | Un nuovo progetto della filiale giapponese
sulla base del sei cilindri in linea della Casa di Monaco
N
on sappiamo se sia stata la Krugger
K1600 NURBS a dare il via al progetto messo in pista da BMW Motorrad
Japan, certo è che prima dell’opera
d’arte di Fred Bertrand, vincitrice dell’AMD 2014
ad Intermot 2014, a ben pochi sarebbe venuto in
mente di usare la sei cilindri di Monaco come base
per una special. Volendo andare sugli stereotipi
potremmo dire che la follia dei giapponesi non ha
limite, ed ecco quindi il progetto Ignite Straight
Six (Accensione del sei in linea, NdA) che ha offerto ai due specialisti del Sol Levante Hot Dock
Custom Cycles e Ken’s Factory l’opportunità
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di essere protagonisti di un’iniziativa vicina alla
R NineT Custom Project, i cui risultati abbiamo
potuto ammirare ad EICMA. Kenji Kawakita (Hot
Dock Custom Cycles) ha dato vita alla Jagannate
– la traslitterazione della pronuncia giapponese
dell’inglese Juggernaut, a sua volta derivante dal
Sanscrito, che indica una forza inarrestabile e
che troviamo riportata sul serbatoio. Una special
post-atomica le cui sovrastrutture sono state realizzate interamente in alluminio, con modifiche
alla sostanza che si limitano ad uno scarico dalla
differente foggia.
Notevole l’effetto usura sulle componenti di
telaio e motore, che danno un che di militaresco
all’intero insieme. Completamente diversa l’interpretazione di Kenji Nagai (Ken’s Factory), che
ha trasformato la GTL in una dragster minimalista e di grande fascino. Protagonisti, oltre alle
sovrastrutture tirate al minimo e al forcellone allungato, i due cerchi maggiorati da 20 pollici che
cambiano radicalmente le proporzioni dell’insieme, facendo apparire la sei cilindri più bassa di
quanto non sia realmente. Anche in questo caso
tutte le sovrastrutture, compresi il (non del tutto
inedito) cupolino e la sella sono state realizzate
in alluminio.
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INTERMOT 2004
BELLE MOTO LASSÙ A MONACO
di Maurizio Tanca | In un’annata decisamente felice per il mercato
motociclistico, conclusasi con Honda al top delle vendite, svariate e
succose novità vennero lanciate al Salone tedesco di settembre, che
quell’anno sostituiva il nostro Eicma. In aggiunta, vi proponiamo un
confronto fra i dati di vendita del 2005 e quelli di dieci anni dopo
N
onostante la mai troppo citata crisi che più o meno continua ad imperversare sull’Europa, allo scorso EICMA novembrino abbiamo
ammirato parecchie novità di spessore. Novità
interessanti e in alcuni casi decisamente coraggiose, se pensiamo alla chiacchieratissima Kawasaki H2 sovralimentata, e a nuove, sofisticatissime supersportive del calibro della Yamaha
R1 ed R1M (che tutti naturalmente aspettiamo
al varco nel mondiale, ma per quest’anno in pista la vedremo solo in Superstock), ma anche
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della stessa Ducati Panigale 1.290, che attualmente in Superbike non potrà correre per ovvi
motivi regolamentari, ma domani chissà…Senza scordarsi, naturalmente, della super Honda
RC213V-S da oltre 100.000 euro. Non possiamo
certo evitare di sottolineare che il defunto 2014,
a livello di numeri di vendita, ha finalmente registrato un trend positivo, seppur con un timido
+1,4%: un “+” che mancava dal lontano 2007,
il che in effetti dovrebbe risollevarci un pochino il morale. Il quale tende invece a ripiombare
nel baratro se, azionando la virtuale macchina
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del tempo per tornare al 2004, andiamo a curiosare non all’EICMA, bensì all’Intermot di Monaco: in quegli anni, infatti, Italia e Germania si
alternavano saggiamente nell’organizzare il più
importante salone motociclistico, dove apparvero parecchie novità di rilievo che avremmo
poi visto circolare nella stagione successiva. Ma
andiamo a scoprire come andò il mercato italiano nel 2005, per constatare quale fu l’indice di
gradimento delle novità presentate all’Intermot
del settembre precedente. E poi andremo a verificare come, e quanto siano cambiati i nostri
gusti motociclistici dopo dieci anni esatti, comparando i dati di allora con quelli del 2014. Intanto, il consuntivo globale delle immatricolazioni
del 2005 si discostò di poco – in negativo - da
quello dell’anno prima: numericamente parlando, infatti, furono immatricolati 414.751 motoveicoli (147.152 moto e 267.599 scooter), contro
416.643 (144.194/272.449). In un anno, insomma, globalmente si persero per strada 1.892
motoveicoli, corrispondenti ad una percentuale
negativa dello 0,45%. Una lieve perdita che colpì
segnatamente l’immatricolato scooter (- 4.850
veicoli), a favore delle moto (+ 2.958). Visto che
il bilancio motociclistico globale del 2014 riporta
un immatricolato totale di 150.046 motoveicoli,
è più che comprensibile che vengano i lacrimoni
agli occhi. Ma un minimo di ottimismo, tuttavia,
ci pare comunque doveroso. Comunque sia, la
classifica generale delle vendite del 2005 vedeva
in testa la Honda, con 91.606 immatricolazioni.
Seguiva a ruota Piaggio: 77.356 pezzi, considerando però anche la cospicua fornitura di Liberty
125 alle Poste Italiane. Al terzo posto figurava
la Yamaha: 67.929 pezzi venduti in sell-out, tra
moto e scooter. Dopo di ché troviamo Aprilia
(32.199 veicoli: anni d’oro…), davanti a Suzuki,
Kymco, Kawasaki, BMW, Malaguti (altro illustre
scomparso) a quota 10.509 veicoli. Seguivano
Ducati, Harley-Davidson, KTM, Gilera (che oggi
ha in listino solamente il Runner 125, peraltro ancora attualissimo…sigh…), Moto Guzzi, Triumph,
Husqvarna, SYM, Peugeot, Beta e, al ventesimo
Correva l’anno
posto, le 1.874 MV Agusta. Come nel 2005, anche nel 2014 la classifica italiana dei primi 20
costruttori vede in testa la Honda (36.953 veicoli), con alle spalle Piaggio (22.906) e Yamaha
(20.650), con Kymco al quarto posto con 16.671
immatricolazioni. Seguono BMW, KTM, HarleyDavidson, Suzuki, Kawasaki, SYM, Ducati, Peugeot, Aprilia, Triumph, LML, MV Agusta, Beta,
Moto Guzzi, Husqvarna e Benelli, che chiude la
fila con 500 veicoli immatricolati. Molto significativo il fatto che Aprilia, che nel 2005 era quarta
con 31.988 mezzi immatricolati, avesse venduto
quasi quanto Honda vende oggi…. Crediamo sia
anche interessante esaminare come sono cambiati i gusti dei motociclisti, nell’arco dell’ultimo
decennio.
Dieci anni di cambiamenti
Dieci anni che anno visto affermarsi sempre più
le maxi enduro, e finire quasi nel dimenticatoio le
supersportive – da 125 a 1000 di cilindrata - che
ci sono ancora, ma con vendite letteralmente risibili rispetto a quelli che erano tempi d’oro per
le “mezzi manubri”. Stiamo parlando di 30.787
unità (suddivise in 22 modelli) presenti tra le top
100 del 2005 - contro le 1.465, suddivise in 7
modelli, del 2014. E nell’ambito dello stesso segmento, è anche tristemente interessante notare
che le “600” siano praticamente sparite (almeno
tra le prime cento in classifica), mentre stanno
pian piano facendosi notare le piccole cilindrate,
da 250/300/390 cc. Per chi volesse approfondire più accuratamente l’argomento, abbiamo
preparato anche un pdf che riporta appunto le
top 100 moto del 2005 e del 2014 affiancate, modello per modello e segmento per segmento, utilizzando i colori per valutare più facilmente dove
e come si è orientato il mercato in dieci anni. Qui
ci limitiamo ad aggiungere che abbiamo analizzato le prime cento moto in classifica, quindi il
numero totale per ogni segmento è superiore, e
che le tipologie sono quelle indicate nei dati forniti dal Ministero ed elaborati dall’Ancma. Per cui
può capitare che modelli di impostazione simile
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un ventennio, e vincendo subito il Mondiale SM.
A fine 2003, infatti, erano stati presentati i formidabili motori 45.V2 e 55.V2 (da 450cc/57cv
e 550 cc/62 cv) farina del sacco dell’ingegner
Ampelio Macchi (oggi a capo della rinata SWM):
si trattava di compattissimi quanto evoluti bicilindrici a V di 77° da poco più di 20 kg, alimentati
a iniezione elettronica (Dell’Orto), con distribuzione monoalbero in testa e 4 valvole in titanio
per cilindro, e relativi coperchi teste con tagli
asimmetrici, per facilitarne la manutenzione. I
motori disponevano inoltre di cambi estraibili a 4
o 5 marce, ed era addirittura possibile modificare la fasatura di accensione da “screamer” a “big
bang”, e viceversa, semplicemente modificando
la posizione dell’albero a camme ed utilizzando
un’apposita mappatura dell’accensione. Moto
davvero raffinatissime, che ebbero naturalmente seguito anche nella produzione di serie – i loro
prezzi variavano dai 9.000 ai 10.000 euro circa
- ma che tuttavia (purtroppo) erano destinate ad
aver carriera breve. Novità tecnica di rilevo, per
passare al mondo scooter, fu l’avvento dell’ABS
Media
abbiano cambiato categoria di appartenza dal
2005 al 2014.
Le meraviglie di Intermot 2004
E ora andiamo a riscoprire le protagoniste della
kermesse tedesca di un decennio addietro, raccontate come se fosse oggi e naturalmente in
ordine alfabetico. Quindi partendo dalla nostra
Aprilia, che proprio il 28 dicembre di quell’anno
venne ufficialmente ceduta da patròn Ivano Beggio al Gruppo Piaggio.
Aprilia
La Casa di Noale portò al Salone teutonico con
una bella monocilindrica: la Pegaso 650 Strada,
apprezzabile “mono” spinta dal poliedrico motore Minarelli-Yamaha 660 a iniezione da 50 cv
nato per le varie Yamaha della serie XT, e che a
Monaco esordiva anche sulla ardita Mulhacèn
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Correva l’anno
sul confortevole Scarabeo 500, un GT automatico spinto dal motore Piaggio Master 460, il cui
prezzo fu fissato in 6.490 euro.
Benelli
Passando dal Veneto alle Marche, ecco che il
marchio del Leoncino, allora ancora appartenente alla famiglia Merloni (che però solo un anno
dopo la cedette all’attuale proprietà, il gruppo
cinese Quanjiang), portò in Germania tre versioni speciali della poderosa TNT 1130, la cattivissima naked tricilindrica presentata l’anno prima: si trattava della Titanium, ricca di materiali
e componenti pregiati (prezzo 18.600 €), della
Sport (14.200 €) e del prototipo Café Racer, con
i mezzi manubri. Quanto alla sportiva Tornado
Tre 900 (che nel biennio 2001/2002 corse anche in Superbike pilotata dall’australiano Peter
Goddard), oltre alle nuove colorazioni, ne venne
presentato anche un ambizioso prototipo dotato
di un ardito telaio completamente in fibra di carbonio, denominato “Carbon Flow”, abbracciava
la moto in quasi tutta la sua lunghezza.
di Derbi, marchio inglobato anch’esso in Piaggio tre anni prima. Snella ed elegante, la nuova
Pegaso era una moto ben concepita: una
“stradale” con ruote in lega da 17”, con una comoda sella biposto, cupolino autoportante inglobante la classica strumentazione analogicodigitale usata per vari modelli Aprilia. Inoltre
godeva di un comodo portaoggetti ricavato sul
serbatoio, oltre ad un piccolo vano sotto la sella.
Ed entrò in listino al prezzo di circa 7.000 euro,
e nel 2005 si piazzò al 35esimo posto nell’elenco
delle prime 50 moto immatricolate, subito dopo
la sorellina sportiva RS125. Allo stand Aprilia
c’erano anche le primissime, sofisticate bicilindriche (MXV da cross ed SXV da supermotard,
ma era prevista anche la RXV da enduro e, più
avanti, la moto destinata ai grandi Rally) che
avevano debuttato proprio quell’anno, segnando il ritorno di Aprilia nel motocross dopo quasi
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Correva l’anno
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Beta
Grande sorpresa per gli amanti delle gomme tassellate, da parte del costruttore fiorentino, e non
si trattava di trial - settore peraltro florido per il
marchio Beta, che presentava la sua REV-3 aggiornata, ma ancora col motore a 2 tempi (dal
2006 il 4 tempi sarebbe diventato obbligatorio).
Al Salone tedesco, infatti, si respirava tangibilmente aria di ritorno all’enduro vero, e – udite,
udite – con una spintarella venuta dal nord, nella
fattispecie dall’Austria, leggi Mattighofen. A Monaco, infatti, c’erano ben quattro modelli Beta
enduro nuovi di zecca, tutti con motori KTM a
4 tempi, da 250, 400, 450 e 525 cc: i rispettivi
prezzi spaziavano orientativamente dai 7.900
agli 8.600 euro.
Bimota
La factory riminese si presentava all’Intermot
premiata con il Motorcycle Design Association
Award, conferito all’ambiziosissima superbike
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stradale DB5 disegnata dal compianto Sergio
Robbiano, scomparso pochi mesi fa. La nuova
supersportiva romagnola, spinta dal motore
Ducati 1000DS desmodromico a 2 valvole raffreddato ad aria, sfoggiava un minimale telaio
a traliccio e una carrozzeria decisamente originale, ovviamente con le ben note finiture di gran
pregio e profusione di particolari e componenti
speciali, per un peso dichiarato . Il prezzo indicativo dichiarato era di 24.000 euro.
BMW
I padroni di casa con l’elica sul serbatoio sfoggiavano le loro nuove quadricilindriche in linea. Debuttava infatti pubblicamente la potente K1200S
da 167 cavalli disegnata da David Robb, già presentata alla stampa addirittura nel mese di marzo e della quale entro il 2004 erano previsti solo
278 esemplari, da consegnare ai concessionari
a settembre al prezzo di circa 16.500 euro. Ma
quella che allora era la BMW più sportiva mai
costruita sarebbe invece stata commercializzata a 2005 avanzato, per problemi di notevole
rumorosità del gruppo frizione/cambio, riscontrati durante il test di lancio. E al suo fianco, a
Monaco apparve anche l’inedita versione naked:
la K1200R da oltre 160 cv, quindi nettamente al
top di categoria. Si trattava letteralmente della
versione spogliata della K1200S: via la carena,
doppio faro asimmetrico della GS, rifiniture di
stile attorno al radiatore, ed ecco fatto.
Ferma restando, naturalmente, la nuova, sinuosa sospensione anteriore Duolever pressofusa in
alluminio.
Prezzo stabilito: 14.500 euro. A Monaco 2004 si
aprì dunque un nuovo ciclo (inaugurato dai due
modelli sopra citati) , e nel contempo se ne chiuse un altro con la presentazione della R1200C
Montauk (14.500 euro circa il suo prezzo), che
sanciva la fine delle ardite cruiser BMW lanciate
nel ‘97, delle quali erano state fino ad allora vendute 40.000 unità a livello mondiale.
Borile
A fianco alla nota café racer B500CR, Umberto
Borile presentava a Colonia l’interessante B651
Scrambler, spinta dal bel monocilindrico “superquadro” (con alesaggio e corsa di 94x94 mm)
della custom Suzuki Savage, modificato dallo
stesso Borile nell’aspirazione e nello scarico, con
cambio a 5 marce e logicamente con trasmissione finale a catena anziché a cinghia. Dotata di
forcella Ceriani ed ammortizzatori Paioli, freni a
disco da 260 e 220 mm e ruote da 21 e 17 pollici
davanti e dietro, la bella special padovana pesava solo 142 kg a secco, ed era prezzata indicativamente a 9.500 euro.
Cagiva
Nulla di realmente nuovo da Schiranna, semmai
alcune modifiche apportate alle naked Raptor
650 e 1000, dotate degli ottimi bicilindrici Suzuki: la 650 acquisiva l’alimentazione a iniezione elettronica a doppia farfalla, oltre ad un
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manubrio un po’ più basso e un piccolo cupolino
ridisegnato, sostenuto da supporti integrati in
lega leggera poggiati sulla piastra inferiore della forcella. Il prezzo della Raptor 650 era di circa
7.400 euro. Le modifiche di cui sopra riguardavano però anche la Raptor 1000, con in più l’arrivo dell’ammortizzatore di sterzo trasversale.
(prezzo indicativo 9.700 euro). Da notare l’acquisizione dell’omologazione Euro-2 per la carinissima, piccola Raptor 125 (nata come Planet
nel 1997 e ribattezzata proprio in occasione del
Salone tedesco), strettamente derivata, com’è
noto, dalla ambitissima Mito, della quale acquisiva anche lo scarico stile racing. La mini Raptor
costava circa 4.300 euro.
CR&S
Esordiva in Germania la prima moto costruita
dalla milanese CR&S, da realizzare in picco44
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la serie su ordinazione. Una snellissima naked
sportiva dal peso di soli 130 kg, e dal nome apparentemente strano: Vun, che in dialetto milanese
significa “uno”, riferito al fatto che la leggerissima special in questione montava un motore monocilindrico, nella fattispecie un Rotax di derivazione BMWG650GS. Il prezzo dell’interessante
proposta meneghina era ancora da definire, ma
comunque sarebbe variato a seconda delle esigenze tecniche ed estetiche dell’acquirente. Con
la particolarità del libretto di istruzione realizzato
in milanese, italiano ed inglese.
Derbi
Sorpresona da parte del celebre e plurititolato
(nel motomondiale) brand spagnolo del Gruppo
Piaggio, noto specialista delle piccole cilindrate,
che a Monaco scosse letteralmente gli appassionati con una ardita monocilindrica dallo stile
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tanto originale quanto attraente. L’oggetto si
chiamava Mulhacén 659 (dal nome della montagna più alta della penisola iberica: 3.482 metri,
giusto per la precisione), e, come già detto, montava il noto motore Minarelli-Yamaha 660, modificato in alcuni particolari estetici decisamente
riusciti. Il monocilindrico monoalbero da 48 cv
era appeso a un leggero e minimalissimo telaio in
tubi tondi superiori, con un bellissimo forcellone
in lega leggera, forcella a steli rovesciati e ruote a
raggi da 18” dotate di intriganti dischi freno marcatamente dentati e pneumatici per uso misto.
Il tutto vestito da sovrastrutture anch’esse minimali d’ispirazione vagamente dirt-track, e con
tanto di scaricone laterale rialzato, decisamente
cool. Un mezzo assolutamente interessante, la
Mulhacén, che però sarebbe arrivato dopo una
annetto, con un prezzo indicativo abbastanza
altino: circa 7.500 euro. Ma all’Intermot erano
Correva l’anno
presenti anche parecchie altre novità, tra le quali
citiamo le due nuove GPR, con motore 125 a 2
tempi: la sportiva carenata derivata dalla omologa 50 (circa 4.900 euro) e la naked Nude, dotata
di doppio faro e scarico rialzati, in listino a circa
4.700 euro. Nuovo anche l’aggressivo scooterino sportivo GP1 50, con tanto di motore centrale
e trasmissione a catena, telaio e forcellone in alluminio e look che definire aggressivo è riduttivo.
E c’erano anche i nuovi GP1 125 e 250: stesse
caratteristiche de cinquantino, ma con il motore
posteriore da scooter “normale”.
Ducati
Novità a nome Multistrada, con l’arrivo della entry-level 620, dalla colorazione tendente all’arancione oppure Dark, in nero opaco. La Multistrada
“piccola”, colore a parte, è distinguibile a colpo
d’occhio dalla 1000 per via del suo forcellone
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Correva l’anno
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posteriore tradizionale a bracci rettangolari, in
luogo del ben più attraente (e certamente più
costoso) e carismatico monobraccio. Tutto il resto è condiviso con la sorella maggiore, tranne
chiaramente il prezzo: 8.000 euro per la Dark e
8.800 per la standard, contro i 12.000 della sorella maggiore. Prezzo ancora da stabilire, invece, per la nuova Multistrada 1000S, accessoriata
con sospensioni Öhlins totalmente regolabili,
manubrio a sezione differenziata e, dulcis in fundo, parafango anteriore e cartelle copri cinghie
di distribuzione realizzate in fibra di carbonio. La
sua quotazione venne fissata in 13.500 euro. Nel
2005 furono venduti 999 esemplari della Multistrada 620, 39ª moto più venduta, seguita a ruota dalla 1000, con 981 vendite. Ma ad Intermot
2004 debuttava anche la Monster S2R 800, replica estetica della S4R – quindi con strisce nere
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o bianche longitudinali su cinque colorazioni disponibili, doppio scarico laterale (con polmone
inferiore) e naturalmente con sospensione posteriore monobraccio. Ovviamente, però, sotto
al telaio a traliccio figurava il mitico Desmo a due
valvole raffreddato ad aria da 77 cv, alimentato
a iniezione e dotato di frizione APTC antisaltellamento, graditissima quanto morbida da azionare. Prezzi: 8.500 euro per la Dark, 8.800 per
la standard, e 12esima moto venduta nel 2005,
con 2.394 esemplari immatricolati. Oltre alle
varianti Dark anche per altri modelli, supersportiva 749 compresa, a Monaco apparve anche la
costosissima superbike 999R col motore Testastretta completamente rivisitato, e portato a
150 cv: livello mai raggiunto prima da una Ducati,
abbinato ad una coppia di circa 12 kgm a 8.000
giri. Il prezioso oggetto era quotato 30.000 euro.
Nel 2005 furono immatricolate 979 Ducati 999
(42ª), ma non sappiamo se tra esse fosse compresa anche qualche 999R.
Ghezzi&Brian
La piccola factory lecchese, fondata nel 1999 da
Giuseppe Ghezzi e da Bruno “Brian” Saturno,
esponeva a Monaco una naked davvero affascinante. Prendendola un po’ alla larga, ricordiamo
che la G&B nacque in seguito ai risultati lusinghieri dello stesso Ghezzi, tecnico ben noto per
il suo smisurato amore per la Moto Guzzi, che
in sella alla special da corsa da lui preparata nel
1996 vinse il Campionato Italiano Supertwins,
emanazione nostrana del combattutissimo challenge B.O.T.T. (Battle Of The Twins), nato in
U.S.A. e subito estesosi anche in Europa ed oltre, e ovviamente riservato esclusivamente alle
moto bicilindriche. In Ghezzi&Brian si iniziò dunque a costruire repliche della special di Ghezzi,
omologate per uso stradale, con sotto il V2 Guzzi
1100, col nome di Super Twin. Ma presto seguì
anche la versione spogliata, la grintosa naked
Furia. Alla quale fece seguito appunto la Fionda
esposta a Monaco. La Fionda differiva dalla Furia
nell’avantreno – doppio disco anziché discone
perimetrale singolo, pinze Brembo radiali, forcella marzocchi da 50 mm, faro singolo bislungo
anziché due polielissidali sovrapposti - nella sella
più corta e slanciata con codino rialzato, e nelle
ruote a 10 razze anziché 5. Prezzi, anche in questo caso, da appassionati facoltosi: circa 30.000
euro.
Harley-Davidson & Buell
Si respirava un’atmosfera piuttosto vintage allo
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stand Harley-Davidson. In particolare per la presenza dell’affascinante forcella Springer a mollone centrale sulla nuova Softail Classic, naturalmente spinta dal bicilindrico V2 TC88 Big Block
da 1.450 cc a iniezione, con doppio contralbero
di bilanciamento. Il tutto per circa 20.000 euro.
Nel 2004 non esisteva ancora l’attuale progetto CVO (leggi “Custom Vehicles Operation”),
ma ogni anno dalla sede di Milwaukee uscivano comunque alcuni modelli speciali e conseguentemente costosi, realizzati su ordinazione
con parti aftermarket scelte dal super-catalogo
Screamin’ Eagle. Le tre special presentate a Monaco per il 2005 erano una Electra Glide gialla e
argento dalle grafiche particolarmente attraenti;
una V-Rod arancione e nera con ruote in lega a
5 razze ed altri ritocchi estetici, ma soprattutto
con motore portato da 1.130 a 1.250 cc – che dal
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2008 avrebbe equipaggiato tutte le versioni – e
una Fat Boy rosso e argento. La novità del marchio Buell (allora ancora legato alla Casa madre
H-D) era invece l’interessante versione SX City
Lightning della XB9, quindi dotata del “vecchio”
motore da 984 cc da 92 cv (mentre già erano in
listino i modelli XB12 da 1.203 cc e 103 cv): un allestimento particolarmente interessante ammiccante allo stile motard, quindi con sella più alta e
praticamente piatta, manubrio con traversino e
paramani rigidi, fari velatamente “protetti” da un
paio di grigliette e pneumatici ibridi Pirelli Scorpion Sync. La SX costava circa 9.900 euro.
Honda
Per il 2005, in Honda avevano pensato di dare
una ripassatina alla CBR600RR. Quindi ne avevano alleggerito l’avantreno con una nuova
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forcella a steli rovesciati da 41 mm tutta regolabile, dotata di pinze freno radiali e dischi da
310 mm. Leggermente modificati in alcuni dettagli anche telaio, forcellone, scarico e codino,
mentre il motore, a parità di potenza (117 cv)
beneficiò di pistoni ed iniettori nuovi. Prezzo
praticamente invariato: circa 10.400 euro. Le
classifiche di vendita del 2005 accomunavano la
CBR600RR e la sorella CBR600F al 4° posto assoluto in classifica, con 5.660 esemplari immatricolati. Esordio assoluto, invece, per la monocilindrica FMX650, piacevole supermotard dotata
del motore della Dominator, seppur in versione
fin troppo addolcita, causa le sempre più penalizzanti restrizioni omologative relative alle emissioni. Interessante il prezzo: 5.600 euro, che
certamente aiutò a vendere i 1.008 esemplari
della nuova monocilindrica Honda, che figurava
al 38° posto nella classifica vendite del 2005. Altro esordio assoluto per il genialmente originale
Zoomer, praticamente spoglio di sovrastrutture
ed estremamente minimale: quindi con telaio e
motore in bella vista e freni a tamburo, ma con
avviamento sia elettrico che a pedivella, e un poderoso doppio faro anteriore sovrastato da un
mini-portapacchi, ovviamente in acciaio, come il
posteriore (dotato di poggia schiena). Una nuova
concezione di veicolo ideato espressamente per
la mobilità urbana, spinto da un “frullino” a quattro tempi (da 4 cavalli) dai consumi ovviamente
risibili - 50 km/l dichiarati - e con svariate possibilità di personalizzazione. Il tutto al prezzo di
1.990 euro. Un motorino simpaticissimo, di quelli
destinati a diventare una sorta di cult. Ma il 2005
avrebbe segnato anche il 30° anniversario della
leggendaria Goldwing, celebrato con un’edizione
speciale della poderosa 1800 esacilindrica, ovviamente contrassegnata dagli appositi loghi, e
disponibile in blu, amaranto o grigio metallizzati.
Nuove anche l’enduro CRF450X e la trial Montesa (marchio iberico di proprietà Honda) Cota
4RT con motore a 4 tempi, che anticipava l’abolizione dei motori a 2 tempi nelle competizioni
di trial, a partire dal 2006. Sempre attenta alla
Correva l’anno
sicurezza, Honda presentò a Colonia anche uno
scooter Silver Wing 600 dotato di Airbag in fase
di sviluppo, che esattamente due anni più tardi,
sempre all’Intermot tedesco, sarebbe comparso
di serie sulla stessa Goldwing.
Husqvarna
Nel 2004 il gruppo MV Agusta presentò a Colonia la nuova Husqvarna SM610, aggressiva
supermotard stradale “disegnata” da Miguel
Galluzzi attorno al monocilindrico Husky dotato
di doppio contralbero di bilanciamento, pompa
dell’olio ed avviamento elettrico. Il prezzo venne
fissato in 7.500 euro. Inoltre venne riproposta
anche la bella enduro TE510 Centennial, celebrativa del 100° compleanno del glorioso marchio ex-svedese, festeggiato l’anno precedente.
Prezzo da delirio: 18.000 euro!
Hyosung
Il costruttore coreano portò in Germania le versioni semicarenata e completamente carenata
della già nota naked Comet GT, denominate rispettivamente GT650S ed R. Si trattava di una
bicilindrica a V di 90°, che per i soliti motivi di
“passaparola” moltissimi credettero fosse dotata dell’omologo motore delle Suzuki SV650, con
il quale il gemello coreano in effetti non aveva assolutamente nulla in comune, se non la configurazione tecnica. Lo stesso motore era presente
anche sul prototipo della decisamente estrosa
custom Aquila, anch’essa esposta a Colonia,
ma che sarebbe arrivata più avanti. Proprio nel
2004, le moto coreane arrivarono in Italia tramite l’importatore Hyosung Italia di Bolzano, sostituito dall’estate 2014 dalla Media Auto Srl, con
sede a Rosà (Vicenza). La Comet GT650S costava circa 6.200 euro, 20 in più della GT/R.
Kawasaki
A soli due anni dalla presentazione dei modelli precedenti, da quel di Akashi arrivò a Colonia
la nuova ZX-6R 636 (sempre affiancata dalla
600RR, base regolamentare per partecipare al
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Mondiale Supersport), vistosamente rivisitata
a partire dallo scarico – piazzato in alto, sotto
a un codone più abbondante – ma anche nella
carrozzeria. Nuovi anche il forcellone posteriore,
abbondantemente rinforzato, e i dischi freno a
margherita. Quanto al motore, erano stati ridisegnati i pistoni, la testata (e relative misure delle
valvole) e i profili delle camme. La nuova Ninja
636R costava 10.200 euro, mentre per la 600RR
occorreva spendere circa 300 euro in più. Le
Ninja “medie” ebbero un buon successo l’anno
successivo, visto che figuravano i piani alti della
classifica vendite, occupando il sesto posto con
3.909 esemplari immatricolati. L’apprezzatissima naked Z750 presentata l’anno prima, invece,
accoglieva la sorellina Z750S dotata di una ben
dimensionata semicarenatura - che oltre al faro
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Correva l’anno
di Akashi costava 15.000 euro. La simpatica
multiuso bicilindrica KLE, invece, ricompariva
in veste piacevolmente rinfrescata, con tanto
di cupolino ispirato allo stile Z1000, una nuova
sella, finiture più accurate e colorazioni decisamente piacevoli. Prezzo decisamente allettante:
meno di 6.000 euro. Quanto ai modelli da cross,
inoltre, oltre ad apportare alcuni miglioramenti
funzionali alla KX250F a quattro tempi, Kawasaki smentiva recisamente la paventata alienazione del motore a 2 tempi presentando una KX250
completamente rifatta, sempre attorno ad un telaio perimetrale in acciaio, ma anch’esso snellito
ed irrobustito.
mentata a iniezione della Duke 950 a carburatori
- che invece alla prova dei fatti si rivelò ben più
“cattiva”della precedente per via della fin troppa prontezza del motore, difficilmente gestibile
a causa del fastidioso effetto on/off, inesistente
con i carburatori. Ma la sempre maggior propensione della Casa austriaca verso le moto “da
asfalto” era a maggior ragione palpabile osservando il prototipo della pistaiola 990RC8 già precedentemente presentato in Giappone: un missile squadrato ”stile Kiska”, accreditato di 126 cv
per 175 kg di peso, e soli 1.399 mm di interasse.
A fianco alla quale figurava la nuda Venom, una
concept anch’essa già presentata in Giappone.
KTM
Le truppe bi-rotate austriache si infiltrarono
in Germania mostrando gli artigli, sottoforma
di due inedite, prestazionalissime bicilindriche
con gomme decisamente stradali: la inedita Supermoto 950 (che alla prova dei fatti si sarebbe
presto rivelata come una delle moto più gustose
ed equilibrate del momento, al prezzo di 11.200
euro), e la ignorantissima Super Duke 990
(12.000 euro circa) - versione maggiorata e ali-
Kymco
Cose grosse e a ruote basse in casa Kymco, in
quel settembre 2004: il colosso taiwanese esordiva infatti con l’Xciting 500, possente e lussuoso monocilindrico da 38 cv, con forcella a doppia
piastra, doppio disco anteriore (e naturalmente
singolo posteriore) e ruote da 15”, pronto per
l’esordio nei mesi successivi, al prezzo di circa
5.200 euro. Tecnica interessante, ma motore
parecchio ingombrante in larghezza, mentre più
differente ospitava anche un nuovo cruscotto
con tachimetro e contagiri analogici - oltre a manubrio, sella e codone ridisegnati per un un’ergonomia più accettabile col passeggero a bordo. Il
prezzo della Z750S (7.650 euro) era di soli 200
euro superiore a quello della sorella naked. In
quel periodo la naked di Akashi andava a gonfie vele: con 6.986 esemplari immatricolati (tra
i quali sicuramente figuravano anche le nuove
750S), figurava infatti sul terzo gradino del podio
del mercato 2005, assieme alla leader Yamaha
FZ6/Fazer (10.909 vendite) e alla Honda Hornet 600 (8.365). Passando al mondo custom, la
grossa e lussuosa VN Classic Tourer si ritrovava
col suo “coppioso” bicilindrico V2 maggiorato da
1.470 a 1.552, cambiando dunque la denominazione virtuale da 1500 a 1600. La nuova cruiser
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MV Agusta
Nessuna vera novità per MV Agusta, per l’anno
2005, però a Colonia non mancava qualche edizione particolare di modelli già esistenti, come la
Brutale Mamba, arricchita di particolari in fibra di
carbonio. Ma soprattutto c’era la specialissima
F4 1000 che Claudio castigliani volle dedicare al
suo amico e braccio destro Massimo Tamburini:
la magnifica F4 1000 Tamburini, appunto. Realizzata in seria limitata a 300 esemplari, e dotata
di sistema di aspirazione a geometria variabile:
accreditata di ben 173 cv a 11.750 giri e 11,5 kgm
di coppia massima a 11.200, per una velocità
massima di 304 km/h, venne commercializzata
praticamente subito al prezzo – ovviamente “da
amatori” - di 43.000 euro circa, nella splendida
livrea rosso/nera con telaio, steli forcella e ruote
dorati.
dimensionalmente equilibrato il fratellino da 250
cc, che costava circa 4.000 euro. Nelle vendite
del 2005, tuttavia, fu il 500 il secondo Kymco più
venduto: tant’è che si piazzò addirittura al 25°
posto assoluto su 50 (19° tra gli scooter) nella
classifica mista moto/scooter, con ben 3.583
vendite, subito dietro al fratellino People 200
(3.771 pezzi).
Malaguti
Colpo di scena anche per la nostra Malaguti
(che oggi purtroppo si occupa solo di biciclette
elettriche e vendita di ricambi on-line), anch’essa esordiente nella categoria “mezzo litro” con
l’ambizioso Spidermax GT500, spinto dal notevole monocilindrico Piaggio Master da 40 cv,
incastonato in un sofisticato telaio pressofuso in
alluminio – denominato V-Box – con davanti una
forcella anche qui a doppia piastra, tipo moto e
impianto frenante a triplo disco. Un sontuoso
maxi a ruote basse da gran turismo, insomma,
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Correva l’anno
MZ
Il glorioso marchio ultracentenario dell’ex Germania Est, attivissimo anche nelle competizioni
in pista e fuoristrada, nacque nel 1906 e, tra mille
peripezie aziendali, dovette chiudere i battenti
nel 2013. Nel 2004, quindi, l’attività ferveva ancora, seppur portata avanti da nuovi proprietari:
la produzione – circa 7.000 moto l’anno - verteva
infatti sull’enduro stradale SX125 monocilindrica
a 4 tempi e sull’ambiziosa bicilindrica sportiva
carenata 1000S da 117 cv. Da quest’ultima derivava dunque l’inedita naked 1000SF presentata
all’Intermot, anch’essa quindi dotata di telaio a
due travi sdoppiati in alluminio e di un interessante motore a cilindri paralleli inclinati in avanti
di 45° con distribuzione bialbero a 8 valvole, che
in questo caso era accreditato di 111 cv a 9.000
giri e 10,2 kgm a 6.700 giri, per un peso a secco
dichiarato di 210 kg.
con uno spaziosissimo vano sottosella trasversale (evidentissimo l’ingombro laterale posteriore).
Molto confortevole, protettivo e con un cruscotto di stampo automobilistico, lo Spidermax costava 6.000 euro.
Moto Guzzi
Le due novità dell’Aquila mandelliana (anch’essa
prossima ad entrare nell’orbita Piaggio, prima
della fine del 2004) si chiamavano Breva e Griso, entrambe dotate del V2 a doppia accensione
da 1100 cc e presentate nelle versioni definitive.
Pronte per la commercializzazione prevista per
la primavera 2005, costavano rispettivamente
11.390 e 11.790 euro.
Indubbiamente due ottime moto, disegnate dallo
Studio Marabese e ancora oggi attuali: tant’è che
sono ancora in listino con l’attuale motore 1200,
la Griso sempre identica a sé stessa, e la Breva
trasformata in GT, e rinominata Norge.
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Peugeot
Il leoncino francese si giocava un bel jolly, presentando il cattivissimo “scooterino” sportivo
Jet Force 125. “Cattivissimo”? Si, perché il Jet
Force era il primo scooter, destinato alla produzione di serie, dotato di compressore volumetrico - quindi con prestazioni dichiarate paragonabili a quelle di un 250 - oltretutto disponibile
prima della fine dell’anno a un prezzo gravitante
attorno ai 5.000 euro. Già, ma come la mettiamo con il limite di legge dei 15 cv per i 125? Beh,
il costruttore francese prevedeva ovviamente
l’apposita versione limitata ad hoc.
Royal Enfield
Già nota per le sue moto a gasolio con motori monocilindrici da 335 a 440 cc dell’emiliana
Lombardini, l’indiana Royal Enfield presentava
a Monaco la Centaurus 851, con motore sempre italiano: un bicilindrico parallelo verticale
della Ruggerini (azienda appartenente al gruppo
Lombardini dal 1999) da 851 cc, alloggiato nel
“corpo” di una Bullet. Niente di stratosferico in
termini prestazionali assoluti, ovviamente, visto
che la potenza dichiarata era di poco inferiore ai
20 cv - però a soli 3.600 giri - che comunque potevano spingere la moto oltre i 120 orari effettivi.
Ma, soprattutto, con un consumo medio di ben
40 km/l, che con 14,5 litri nel serbatoio consentivano un’autonomia dichiarata di circa 600 km!
Sachs
La tedesca Sachs nel 2004 aveva già esordito
con un “tubone” davvero intrigante. Si trattava
di un cinquantino a 4 tempi con cilindro orizzontale (vedi Honda Monkey piuttosto che Cub) la
cui presentazione dinamica alla stampa fu tanto
inusuale quanto adeguata al giocattolo in questione: che si chiamava MadAss (la traduzione
la lasciamo a voi: “mad” sta per “pazzo”….) ed
era davvero bellino e fuori dagli schemi. I tester
invitati all’evento, insomma, provarono il carinissimo ordigno negli stretti cunicoli di una vecchia
miniera di sale tedesca riattata e trasformata in
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Correva l’anno
sito per eventi speciali….dopo esse scesi a 700
metri sottoterra in ascensore! E all’Intermot
dello stesso anno, ecco comparire il già preannunciato Mad Ass 125. Ma non solo: a sorpresa
in Sachs avevano realizzato anche un MadAss
500, con motore Royal Enfield monocilindrico
500 e con un solidissimo telaio a doppio trave in
pressofuso in alluminio (facente funzione anche
di serbatoio, come sui fratellini), con sospensioni, ruote e freni adeguati. Insomma, una moto
senza la carrozzeria, sempre con scarico sottosella. Mentre con un telaio a traliccio in tubi d’acciaio apparve anche la Sachs X-Road 4T, sorta
di naked-motard con motore da 125 cc sempre
a 4 tempi.
Suzuki
Il costruttore di Hamamatsu porgeva su un piatto d’argento la GSX-R1000 K5: 178 cv e 166 kg dichiarati, look notevolmente snellito, scarico singolo con silenziatore triangolare basso in titanio,
telaio e forcellone ridisegnati, leggeri pistoni forgiati, frizione anti-saltellamento, e 1.500 esemplari previsti per l’Italia, per questa supersportiva
giunta ad un invidiabile livello di efficacia. La classifica vendite moto del 2005 vide la Gixxer 1000
al 13° posto con 2.386 immatricolazioni: quasi
il doppio rispetto al 2004. Mentre l’apprezzata
GSF 600 Bandit guadagnava 50 cc, e si presentava in due versioni: nuda ed S, quest’ultima semicarenata e logicamente ovviamente più adatta
ai viaggi. Non male le vendite del 2005, per le due
valide medie cilindrate di Suzuki, che figuravano
al 17° posto con 1.960 pezzi immatricolati. Ma
c’era anche una nuova custom/cruiser pronta
per i concessionari, naturalmente a nome Intruder: si trattava della M800, caratterizzata da
un design slanciato decisamente originale, con
codone sfuggente e ruote in lega. La più pacioccona C800 con ruote a raggi e la gemella 1500
(ruote in lega) non erano invece previste per il
nostro mercato. E nel mese di febbraio sarebbe
arrivata da Hamamatsu ai concessionari italiani
anche la piacevole DR-Z400SM, agile e leggera
supermotard stradale con cerchi ovviamente da
17”, naturalmente derivata dalla nota DR-Z da
enduro. Fino ad allora la versione “da traverso”
veniva realizzata dalla Valenti Racing di Lissone
(Monza), ancora oggi distributore delle Suzuki
da fuoristrada, e costruttore di notevoli “cinquantini” da enduro e motard.
Triumph
L’attesissima nuova Speed Triple 1050 non
mancò di presentarsi a Colonia in tutta la sua
nuova aggressività, fatta di codino molto corto,
affiancato dai due silenziatori “mozzi” rialzati,
dalle ruote pure ridisegnate e dal display analogico/digitale. E naturalmente anche dal confermato monobraccio in alluminio. Ma la chicca
principale era il nuovo motore maggiorato da
ben 130 cv a 9.100 giri, con 10,7 kgm di coppia
a 5.100. Come di rigore era il doppio faro tondo
gemellato. Prezzo 11.300 euro, e 1.487 esemplari venduti nel 2005, che piazzavano la nuova
Speed al 23° posto assoluto. Magari meno ansiosamente attesa, ma comunque molto valida
anche la nuova Sprint ST, che sfoggiava addirittura un nuovo telaio a doppio trave (sempre in
alluminio, e abbinato al forcellone monobraccio,)
ad abbracciare lo stesso motore della Speed Triple, però leggermente depotenziato a 125 cv, a
parità di coppia. Il serbatoio era da ben 21 litri,
e l’Abs era optional. Da notare il triplo faro anteriore, il triplo silenziatore sotto al codone, ed i tre
strumenti circolari del nuovo cruscotto, giusto
per ribadire che il numero 3 in Triumph era (ed
è) decisamente emblematico. La nuova ST entrò
in listino al prezzo di 10.800 euro. Ma c’era anche un’altra novità Made in Hinckley, a Colonia,
però col motore a 4 cilindri: si trattava della supersport Daytona col nuovo motore, maggiorato
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da 600 a 650 cc e con 114 cv di potenza. Prezzo
9.700 euro. Passando alle bicilindriche, ecco la
nuova Speedmaster col motore “simil Bonneville” ma con fasatura degli scoppi a 270° (anziché
360) e maggiorato a quota 865 cc, come peraltro sugli altri modelli della gamma. La cruiser
britannica venne quotata a poco meno di 9.200
euro.
Yamaha
Sarebbe arrivata ai concessionari a primavera
2005 l’ardita MT-01, sfarzosamente esposta a
Colonia dopo alcune apparizioni sotto forma di
prototipo in svariate precedenti occasioni. Moto
molto particolare e per certi versi molto intrigante, questa nuova Yamaha dal piglio robusto con
due perentori megafoni rialzati che correvano ai
fianchi della sella: una possente naked con telaio
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portante in alluminio, dotata di forcella upsidedown e di un solido forcellone con tanto di capriata inferiore di irrigidimento, anch’esso pressofuso in lega leggera, ad asservire il “mono”
posteriore.
Una ciclistica dimensionalmente abbondante,
visto l’interasse di ben 1.525 mm e il gommone
posteriore da 190/50x17”. Per contro, il serbatoio era da soli 15 litri, il che si sposava poco con
la caratura del motore appeso lì sotto. Mutuato
dalla cruiser Warrior, dunque apparentemente
in antitesi col mezzo che andava ad animare, il
muscolosissimo V2 da 1.670 cc con distribuzione ad aste e bilancieri in effetti era accreditato
di una novantina di cavalli: ma il suo bello stava
nei 15,3 kgm di coppia a soli 3.750 giri (e col limitatre a 5.500!), nella morbidissima frizione antisaltellamento deputata a gestire il robustissimo
freno-motore nelle scalate rapide, e nel cambio
a 5 marce che brillava per la sua dolcezza negli
innesti. Moto molto particolare, insomma, a un
prezzo decisamente alto: 13.990 euro Altra proposta molto accattivante (il che comunque non
si traduce sistematicamente in numeri di vendita
elevati) che esordì a Colonia 2004 era la simpaticissima Tricker 250: adorabile “motoalpinista”
con motore raffreddato ad aria e con parecchi
gadget di personalizzazione, venne proposta
anche in una intrigante versione Tricker Pro appositamente allestita per il divertimento puro e il
freestyle: il prezzo della divertente Tricker standard era inferiore ai 4.300 euro.
Quanto alla frizzante R6, potenziata di 3 cavalli
ma soprattutto dotata di forcella upside-down
e pinze radiali, sarebbe stata disponibile anche
nella versione Rossi Replica, con sgargianti gra-
fiche con tanto di sole e luna, con corpi sfarfallati
maggiorati a 40 mm di diametro, scarico Termignoni in fibra di carbonio e centralina modificabile.
Carine anche le nuove XT125 – la motardina X e
l’endurina R – costruite a Bologna da Malaguti
con motore a 4 tempi, e in listino a prezzi inferiori ai 3.000 euro. Al loro fianco, anche le equivalenti versioni con motori a 2 tempi - DT125X
e DT125RE – che però sarebbero costate più
o meno un migliaio di euro in più. Importante,
inoltre, l’avvento dell’ABS anche su TDM900,
FJR1300 e TMax, mentre il maxiscooter Majesty
400, sempre forte del suo robusto telaio pressofuso in alluminio, acquisiva il secondo disco
anteriore.
Passerella elettrica, infine, per tre prototipi a impatto zero: Passol, FC06 e Divide-Pocke.
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COLANINNO
MERCATO IN CALO MA OCCUPAZIONE
PIAGGIO STABILE
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2008 a Pontedera lavoravano 3.100 persone tra
operai, impiegati e dirigenti e a fine 2014 il totale è di 3 mila. In Europa siamo passati da 4.600
dipendenti in totale a 4.000, con un calo causato
dalla chiusura dello stabilimento spagnolo Derbi,
la cui produzione è stata integralmente trasferita in Italia nello stabilimento Aprilia di Noale». E
ha aggiunto « Continueremo a investire a Pontedera». Massimo Braccini, segretario regionale
toscano della Fiom Cgil, dopo l’incontro ha risposto: «Crediamo che sia necessario un accordo di
programma per la Valdera per tenere insieme di
fronte al perdurare della crisi un sistema: la grande industria ma anche le piccole e medie imprese dell’indotto».
Gianluca Ficco, coordinatore nazionale del settore due ruote della Uilm, ha rammentato come
«...durante la crisi degli ultimi anni la produzione
italiana di Piaggio si è quasi dimezzata: in particolare a Pontedera si è passati da quasi 250 mila
veicoli nel 2009 a meno di 140 mila nel 2014, e
purtroppo il 2015 non sta offrendo nessun segnale di controtendenza. Occorre quindi impegnarsi tutti insieme per aprirsi a nuovi mercati».
Attualità
Nell’immediato futuro i piani del gruppo Piaggio
puntano al mantenimento della quota di mercato (che in Europa è pari al 16% complessivo e al
25% nel segmento scooter), al consolidamento
della presenza in India (dove esiste già una produzione Piaggio) con i nuovi veicoli commerciali
a tre ruote e con lo scooter Vespa e, infine, mirano a mantenere una forte penetrazione sui mercati del sud est asiatico grazie agli stabilimenti
già attivi in Vietnam. «Le scelte strategiche che
abbiamo fatto – ha aggiunto Colaninno – ci mettono nelle condizioni di poter attendere gli effetti
di una ripartenza dei mercati europei, quando
questa si verificherà. Siamo leader nello scooter, con i marchi Piaggio, Vespa e Scarabeo, e
abbiamo successi internazionali quali la Vespa o
un prodotto made in Pontedera come il tre ruote
Piaggio Mp3.
E gli investimenti fatti sui marchi della moto,
Aprilia e Moto Guzzi, che si può tranquillamente
confrontare con i produttori più prestigiosi del
suo segmento, come Harley-Davidson, ci mettono al livello della migliore concorrenza, la più
qualificata a livello internazionale».
di Maurizio Gissi | Nell’incontro tenutosi a Pontedera fra il presidente
del Gruppo Piaggio e i rappresentanti sindacali di Piaggio, Moto Guzzi
e Aprilia, Colaninno ha sottolineato come l’occupazione sia calata
molto meno del mercato. I sindacati chiedono maggiori garanzie
e investimenti
S
i tenuto ieri a Pontedera il periodico
incontro fra la dirigenza del Gruppo
Piaggio e i rappresentanti dei lavoratori dei marchi facenti parte il gruppo. Davanti ai rappresentanti sindacali di Fiom,
Fim e Uilm, e alle rappresentanze dei lavoratori
degli stabilimenti Moto Guzzi e Aprilia, il presidente Piaggio Roberto Colaninno ha sottolineato come a fronte di un calo nel mercato delle
due ruote (il 45% in Europa e il 65% in Italia),
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a Pontedera siano stati mantenuti i livelli occupazionali. Nel 2009 dallo storico stabilimento
Piaggio erano usciti 250.000 scooter, mentre
attualmente la produzione non arriva a 150.000.
Nel 2014 il Gruppo ha ottenuto risultati economici comunque superiori rispetto al 2013. «Pur
in presenza di un mercato continentale che nel
suo complesso si è dimezzato – ha ricordato
Colaninno - Piaggio ha saputo mantenere sostanzialmente invariati i livelli occupazionali: nel
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permettere delle moto nuove, presero a mettersi in casa modelli con dieci o quindici anni
sulle spalle – in un momento in cui venti erano
gli anni che separavano dalla preistoria, motociclisticamente parlando. Sonny Barger, nel suo
Hell’s Angel, lo racconta bene: avevano bisogno
di moto veloci, con cui percorrere molta strada,
su strade dritte come fusi. Da qui la posizione di
guida “aerodinamica” e la scelta di manubri alti
e stretti. Le moto erano quello che erano, tanto
che, per sua stessa ammissione, qualche tempo
più tardi avrebbero fatto bene a sostituirle con
le più affidabili e performanti giapponesi, che nel
frattempo avevano invaso il mercato. Ma, a quel
punto, l’immagine di quel tipo di moto era divenuta inseparabile da quella di chi, su quei mezzi,
aveva scorrazzato per oltre una decade – dando
vita, senza neppure volerlo, ad un vero e proprio
fenomeno culturale. Molto di ciò che in questo
momento va davvero di moda si ispira proprio a
quegli anni: dai jeans, alle scarpe da lavoro, dal-
IL RITORNO
DEI CHOPPER
Costume
la barba, ai capelli impomatati, dai tatuaggi old
school, ai già citati bobber. La deriva chopper
rappresenta una naturale evoluzione, quasi stessimo rivivendo, in continuità – pur se in tempi ristretti – quello stesso percorso. Il nostro Paese,
la terra dei motori (detta con accento romagnolo
ma nella più ampia accezione possibile) si è sino
ad ora più o meno inconsciamente opposta a
questo trend: da noi la voglia di aprire il gas è ancora tanta, le curve non mancano e i centri storici
sono stretti.
Ma, fateci caso, anche qui se ne vedono sempre
di più, in giro, e alcuni costruttori hanno fiutato
l’affare: chi non aveva modelli di questo genere
ha cominciato ad avvicinarsi a questo segmento, chi già ne possedeva ha spinto molto, a livello pubblicitario, proprio su quell’immaginario.
Insomma, quando, fra qualche anno, anche la
vostra città di provincia sarà invasa da moderni
ribelli part-time, non dite che non ve l’avevamo
detto.
di Alberto Capra | Café racer, scrambler, bobber?
Siete indietro, ragazzi...
D
a che la customizzazione si è fatta
largo nella cultura motociclistica
pop diventando un vero e proprio
fenomeno di costume, alterni trend
hanno caratterizzato il mercato, in una infinita
ricerca di quanto sia possibile ripresentare, oggi,
della produzione passata. Se avete in mente di
realizzare l’ennesima scrambler da una stradale
anni ’80, sappiate che il rischio di passare inosservati è davvero molto alto. Stessa cosa per un
bobber, peggio ancora per una café racer. Per
fare la vostra porca figura, giù al bar, date ascolto a noi: il non plus ultra del fighettismo mondiale, attualmente, è un chopper lungo due metri.
Quanto di meglio per far uscire definitivamente
60
di testa chi, della sua passione per la moto, si è
sentito un poco defraudato, negli ultimi anni. Per
il vero, pur nella loro folle scomodità e nell’assenza di qualsiasi virtù da un punto di vista dinamico,
i poveri chopper una dignità ce l’hanno eccome.
Bisogna avere la pazienza di ricercarla nelle loro
origini, nel come e perché furono concepiti. La
loro nascita si deve alle modifiche operate sulle
moto di seconda mano acquistate alle aste organizzate con le eccedenze dei mezzi destinati alla
seconda guerra mondiale. Delle special ante litteram, insomma (e, non a caso, in Europa, abbiamo identificato per molto tempo quel segmento
di mercato con il termine custom). Molti giovani
americani, infatti, in quel periodo, non potendosi
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RIDE IN THE USA
CERCASI DISPERATAMENTE
MOTO USATE IN CALIFORNIA!
di Pietro Ambrosioni | Incredibile, ma trovare un buon usato
a un prezzo decente, in California, è una vera impresa
Q
uesta settimana mi sono ritrovato
in un circolo vizioso fatto di burocrazia e di gente che promette una
cosa e ne fa un’altra, oppure che
semplicemente ti ignora. Tutto perché all’ultimo secondo, quando ho traslocato,
ho deciso di non portarmi qui in California la mia
PC800 (che ho lasciato ad Atlanta per usarla
62
quando passo di lì).
Ora, non so quanti di voi abbiano esperienza del
Sud della California, ma non avere una moto qui
è un vero e proprio delitto, anzi, una tortura. Le
strade interne e i vari canyon sono favolosi e
divertentissimi con qualsiasi roba abbia un motore, inoltre la moto da queste parti è l’unico
vero antidoto al traffico infernale che attanaglia
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strade ed autostrade praticamente 24 ore su 24,
7 giorni su 7.
Le moto qui possono fare lane splitting (passare
tra le auto in coda) e usare le corsie HOV (High
Occupancy Vehicles - ovvero auto con due o più
passeggeri), un sogno.
Al rientro da Daytona mi sono messo dunque alla
caccia di una moto da usare qua attorno, con un
budget di $1500.
Ovviamente non ci sono concessionarie che
abbiano a disposizione nulla del genere, quindi
la moto ideale l’ho dovuta cercare su Craigslist
(sito di annunci di privati, NDR). Un sito di annunci di ogni genere, tra i quali c’è anche una ben
nutrita sezione dedicata alle moto, suddivise tra
“privati” e “concessionarie”.
In brevissimo mi sono reso conto che tutte le
moto che pensavo di poter trovare a quel prezzo, come qualche vecchia XT550 o XR400, sono
costantemente prese di mira dagli hipster locali, che pensano poi di trasformarle in scrambler
(oops, era la stessa cosa che volevo fare io…).
Il risultato è che le poche che si trovano in giro
sono pezzi di ferro arrugginiti, spesso con le valvole piantate e senza documenti. Quelle in stato decente si aggirano sui $3.000 (avete letto
bene) e sinceramente per qui soldi posso comprare già qualcosa di interessante presso una
concessionaria. O almeno così pensavo.
Beh, dopo aver mandato via una ventina di
email per provare a contattare vari venditori su
Craigslist ed avere ottenuto solo una risposta
(un tizio che sperava do vendermi una Suzuki
GS500 del 1990 MARCIA a $1000) ho deciso di
provare a fare un giro di concessionarie.
E qui sono arrivate le sorprese. Il mercato americano, come ho detto più volte ormai, è tuttora
che fiorente, eppure le concessionarie sembrano
ancora cristallizzate nell’era pre-2009, quando
le moto (e qualsiasi latra cosa, persino i jetski) si
vendevano come pane caldo al mattino. Eppure il
fatto che oltre il 45% delle concessionarie in California abbia chiuso negli ultimi 5 anni dovrebbe
invitare tutti ad una riflessione. Macché!
On the road
Dopo aver girato inutilmente per vedere due concessionarie il cui sito era ancora attivo e trovarmi
invece davanti a porte sbarrate e vetrine oscurate con la carta di giornale, ne ho finalmente
trovate un paio aperte. Così, giusto per tastare
il terreno.
La prima sorpresa arriva dai prezzi, che come
forse sapete qui in USA sono sempre espressi
senza tasse e mille altri piccoli balzelli. In questo
la California è particolarmente furbetta, tanto
che una moto che a listino costa $6.900 tra tasse, messa in strada, targhe, contributo ecologico, blablabla arriva a costare $8.200. Se poi si
vuole finanziare vanno aggiunti i costi di apertura
pratica ($99), il contributo fisso statale ($45) e il
tasso di interesse, che può variare dal 3,99% per
una moto nuova e cliente dal credito eccellente,
al 19,99% (usura!) per una moto usata venduta
ad un cliente un po’ “traballante”.
Sempre per le moto usate ho visto che i prezzi
non scendono di molto: le concessionarie scelgono bene cosa ritirare e fanno in modo che la
differenza con il nuovo non sia mai superiore
ai $2,000 in modo da invogliarti a comprare la
moto nuova comunque. In questo modo la concessionaria ottiene diversi vantaggi: 1) vende
una moto nuova che fa numero per gli sconti a
fine anno; 2) può usare la finanziaria della Casa
costruttrice, che gli da una provvigione maggiore
di chiunque altro; 3) ti convince a spendere più
soldi (dopotutto la moto è nuova e ha 12 mesi di
garanzia contro i 30gg di qualsiasi usato) infine
4) si tiene in vetrina l’usato per attirare nella rete
qualche altro grullo.
Oggi, come dicevo, ho visto due concessionarie
e alla fine, dopo aver chiesto le quotazioni per
una Kawasaki KLR650 nuova e usata, una Yamaha Bolt nuova ed usata ed una Honda XL650R
nuova ed usata ho capito che non c’era molto da
fare: il risparmio sull’usato non valeva quasi mai
la pena.
Però non posso stare ancora molto senza moto,
per cui presto dovrò prendere una decisione. Tra
l’altro io sono ancora residente in Georgia per
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On the road
cui tutta la parte burocratica sarà decisamente
interessante: nell’ufficio del DMV (la Motorizzazione) mi hanno detto che devo convertire la
patente dalla Georgia alla California e solo dopo
posso intestarmi un moto con targa californiana.
Oppure devo portare la moto fino in Georgia, fare
il passaggio di proprietà laggiù e poi riportarla
qui (!?!).
Alla sede della AAA (una specie di ACI) mi hanno
invece detto “No problem! Vieni qui con la moto,
te la registriamo in California sotto una patente
“out of State” e vai sereno, basta che la assicuri con noi”. Esatto, come sempre qui negli USA,
nessuno ti da niente per niente!
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65
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NICO CEREGHINI
MANUALE DI
SOPRAVVIVENZA
TRA LE BUCHE
Torna finalmente la primavera,
ma sulle strade è passata la
guerra: buche, frane, trappole
dappertutto. Per difenderci
almeno un po’ dai rischi di
caduta, forse possiamo
trasmettere le nostre
conoscenze
Media
C
iao a tutti!
Scoppia
improvvisa
la primavera, e anche
se il gelo
degli inverni autentici questa
volta non lo abbiamo visto, le
strade della nostra amata penisola sono messe peggio della
Transahariana algerina: la natura riprende il sopravvento e
l’asfalto è un vecchio ricordo.
Dall’Alto Adige alla Basilicata
c’è qualche lodevole eccezione,
ma fino a quando si continuerà a riasfaltare al risparmio e
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senza alcun controllo della qualità, le buche saranno sempre
più simili a voragini e la nostra
incolumità sarà rivolta in analoga picchiata verso il basso.
Serve arrabbiarci? Serve sì, se
sapremo sviluppare una coscienza civica. Nel frattempo,
però, mentre riprendiamo la
moto possiamo provare a difenderci ripassando le regole
di sopravvivenza. Comincio io e
non parlo per il 90 per 100 dei
miei lettori, che certo non hanno bisogno di consigli. Diciamo
che penso ai più giovani e provo a ripartire dai fondamentali.
Primo, tengo del gran margine
se la strada mi è nuova o se
non la percorro da mesi. Poi
se sbuco da una curva, non
vado come un pazzo ma trovo
improvvisa una buca, naturalmente provo ad evitarla; ma
se per deviare dalla mia linea
finirei nell’altra corsia o peggio,
allora la punto rallentando il
più possibile, e quando sto per
finirci dentro mollo i freni e mi
alzo sulle pedane per assorbire, mentre afferro con maggior
forza il manubrio. Subito oltre,
sono pronto a frenare e deviare ancora. Non c’è altro modo.
Diverso il caso delle crepe e dei
profondi avvallamenti che le
frane hanno provocato dappertutto in Appennino, e nessuno
ripara: qui la moto vorrebbe
prendere linee tutte sue e le
sospensioni pompano. Ebbene,
serve pugno di ferro in guanto
di velluto: non tento di contrastare la moto, ma piuttosto la
assecondo e la correggo con
tutta la dolcezza possibile, rallentando con freni e cambio, e
indirizzandola verso l’uscita più
sicura. Naturalmente non viaggio mai al limite in Appennino,
qualche volta… finisce di colpo
pure l’asfalto! La situazione
più critica che mi è capitata su
strade scassate? Quando per
evitare le trappole sono arrivato fin sul margine, finendo per
mettere la ruota davanti e poi
quella dietro nel canaletto laterale di scolo dell’acqua.
Panico: so che molti motociclisti proprio così si sono fatti
male. Sono riuscito a non cadere -ma è stato fortunoso e difficile- facendo il trialista in piedi
sulle pedane fino all’arresto.
Poi, quasi da fermo, tentando
di uscire da solo sono finito a
terra perché la ruota anteriore
ha girato lo sterzo. Il mio consiglio è: se il canaletto è profondo
e l’asfalto fa gradino, allora non
provateci da soli e attendete
aiuto. Non è una bella figura ma
cadere è peggio. E adesso, se
avete esperienza e voglia, tocca
a voi. C’è sicuramente dell’altro
da sapere. Mettendo insieme le
nostre storie, possiamo aiutare
i più giovani e inesperti.
Editoriale
LA SITUAZIONE PIÙ CRITICA
CHE MI È CAPITATA SU STRADE
SCASSATE? QUANDO PER
EVITARE LE TRAPPOLE SONO
ARRIVATO FIN SUL MARGINE
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DOPOGP CON NICO E ZAM
PUNTATA SPECIALE: TEST A LOSAIL
Ducati davanti e gli altri inseguono. Facciamo il punto
sui valori in pista dopo la “due” giorni di test in Qatar
P
untata speciale dedicata all’ultima
sessione di test precampionato. A
Losail team e piloti hanno potuto
sfruttare solo due dei tre giorni a disposizione per colpa della pioggia. Così, classifica alla mano, ci sono due Ducati nelle prime tre
posizioni e il miglior tempo è di Dovizioso. Ducati
è avvantaggiata dal regolamento o dalla pista?
Quanto influiranno le gomme morbide e i 4 litri di
68
benzina in più a disposizione di Ducati in un circuito particolare come quello del Qatar? Yamaha è più in difficoltà che a Sepang? Come vanno
Aprilia e Suzuki?
Questi sono solo alcuni degli argomenti di approfondimento. E poi, come al solito, anche tanto spazio alla tecnica con l’Ing. Bernardelle che
spiega le diverse “filosofie” di sviluppo di Casa
Yamaha e Honda.
69
SPECIALE SUPERBIKE
GP DELLA
THAILANDIA
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GP DI THAILANDIA
DOMINIO DI REA IN GARA 1
di Carlo Baldi | Sul podio anche Haslam e Sykes che ha la meglio su
Torres. Ottima prova di Baiocco sesto. Bayliss è nono dopo essere
stato penalizzato di una posizione
I
n testa dall’inizio alla fine, Rea non lascia
scampo ai suoi avversari e stravince gara
1, meritandosi l’ovazione del numeroso
pubblico, che ha gremito le tribune del
Chang International Circuit di Buriram. Scattato
come un fulmine dalla pole position (primo giro
da fermo chiuso in 1’35”728) Johnny ha imposto alla gara un ritmo forsennato che lo ha portato in pochi giri ad accumulare un vantaggio di
oltre due secondi su Haslam che lo seguiva in
72
solitaria, dopo essersi liberato del gruppo composto da Sykes, Lowes, Davies e Torres. Nell’ottavo e nel nono giro Haslam rosicchiava qualche
decimo a Rea, ma non appena il suo box lo avvisava, l’inglese della Kawasaki incrementava
il suo passo sino a vincere definitivamente la
resistenza dell’alfiere dell’Aprilia. Dietro ai due
contendenti si accendeva la lotta per il terzo posto, ma prima Davies e poi Lowes scivolavano
quasi da fermi, nella curva lenta che immette sul
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Superbike
rettilineo dei box, rientrando nelle posizioni di
centro classifica e lasciando così via libera alla
coppia composta da Sykes e Torres che chiudevano nell’ordine.
Nel finale lo spagnolo si avvicinava moltissimo
al vice campione del mondo, ma non riusciva a
contrastarlo in staccata e si doveva accontentare per la seconda volta in questo inizio di campionato, del quarto posto. Kawasaki ed Aprilia sugli
scudi quindi con una Honda, quella di un giudizioso Guintoli, in quinta posizione, davanti ad un
incredibile Baiocco che nel corso dell’ultimo giro
si toglieva la soddisfazione di superare Bayliss
e di agguantare la settima piazza, divenuta poi
sesta per via della penalizzazione di una posizione a Bayliss e a Lowes per sorpasso in regime di
bandiere gialle.
Il tre volte campione del mondo è stato comunque autore di una prova maiuscola. Dopo un’ottima partenza è sempre rimasto nelle prime setteotto posizioni ed avrebbe concluso ottavo senza
la penalizzazione di cui sopra. Troy ha comunque
conquistato quello che aveva detto essere il suo
obiettivo: la top ten. Ottava posizione per Salom
mentre Mercado, così come in Australia, è stato
autore di una grande rimonta che lo ha portato
dal quindicesimo al decimo posto finale. Davies,
risalito in sella dopo la scivolata, ha chiuso undicesimo, davanti agli opachi Terol e De Puniet.
Quattordicesima posizione per la BMW di Barrier, mentre lo spagnolo Ramos porta un punto
al debuttante team GoEleven.
Non vanno invece a punti, ma concludono la
gara, Gildenhuys, Barragan, Toth e Sikora. Ririrati per problemi tecnici Camier, Canepa, e VD
Mark. Rea conferma quanto aveva fatto vedere
in prova ed in Superpole. L’inglese su questa pista sembra davvero imbattibile, ma siamo certi
che in gara due Haslam non commetterà l’errore
di lasciarlo scappare via sin dai primi giri e che
Sykes farà di tutto per tornare davanti. L’appuntamento è fissato alle 10:30 ora italiana per
assistere alla seconda gara di questa trasferta
tailandese della Superbike.
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vantaggio, mentre alle sue spalle Davies scivolava alla curva tre nel corso del sesto giro e tornava
in pista ormai fuori dai giochi, per poi chiudere
quindicesimo. Al nono giro Haslam si libera di Lowes e lo costringeva al terzo posto, ma con Rea
ormai irraggiungibile e forte di un vantaggio di
oltre due secondi. Le prime posizioni si cristallizzavano e per vedere qualche corpo a corpo bisognava aspettare Sykes e Torres, ancora ai ferri
corti come già in Australia e in gara uno. Questa
volta però lo spagnolo dell’Aprilia riusciva ad avere la meglio nel corso del diciannovesimo giro e
chiudeva ancora una volta (la terza) ai piedi del
podio, in quarta posizione. Quinto posto invece
per un deluso ed abbacchiato Sykes. Lotta i famiglia per la sesta piazza che alla fine è andata
a Guintoli. In partenza il campione del mondo
aveva dovuto rientrare nel suo box per un intervento sulla sua CBR 1000 RR ed aveva di conseguenza preso il via dall’ultima posizione della
griglia. Autore di una furiosa rimonta, Sylvain raggiungeva il suo irriverente compagno di squadra
che nell’ultima curva lo superava con una spallata, ma è eniva retrocesso di una posizione in
Superbike
quanto nel contatto era uscito di pista senza lasciare la posizione a Guintoli, come invece prevede il regolamento. Il francese però l’ha presa
bene e nel box gli abbiamo visti ridere entrambi
nel commentare l’accaduto.
Dietro alle due Honda ecco il sorprendete Baiocco, ottavo e, come in gara uno ancora primo dei
piloti Ducati. Matteo ha regolato Salom e l’altro
ducatista privato, Tati Mercado. Troy Bayliss, provato dalle difficili condizioni climatiche (“le peggiori che io abbia mai incontrato nella mia carriera” ha affermato una volta tornato nel suo box)
ha chiuso all’undicesimo posto, ma dopo aver
lottato a denti stretti con i più giovani compagni di marca. Non ha lottato molto invece Terol,
solo dodicesimo davanti ad un Barrier che dopo
i progressi di ieri, oggi non ha trovato feeling con
la sua BMW. Due punti per il debuttante Ramos
ed uno solo per il rimontante Davies. Con la doppietta tailandese Rea si porta da solo in vetta alla
classifica con 10 punti di vantaggio su Haslam e
45 sul compagno di squadra Sykes. Siamo solo al
secondo round, ma i suoi avversari sono già tutti
e giustamente preoccupati.
GP DI THAILANDIA
VITTORIA FOTOCOPIA DI REA IN GARA 2
di Carlo Baldi | Rea vince anche gara 2 davanti a Haslam e Lowes.
Quarto Torres che piega Sykes. Bene Baiocco ottavo mentre Bayliss
è undicesimo. Ancora una caduta per Davies
E’
stata una seconda gara resa abbastanza noiosa dalla netta superiorità di Rea che anche in gara
due ha dimostrato che su questa
pista nessuno riesce a tenergli testa. Così come
nella prima manche il nord irlandese ha salutato
tutti dopo la prima curva e con un primo giro in
1’35”241 (con partenza da fermo) ha inflitto ai
suoi inseguitori un distacco di quasi un secondo.
74
Il gruppo che lo inseguiva era guidato da Lowes,
tallonato da Davies, Haslam, Sykes e Torres.
Leon Haslam che nella prima manche era stato
il principale antagonista di Rea, nel corso del primo giro aveva dovuto allargare la traiettoria per
non entrare in contatto con Lowes e si è ritrovato
quindi a dover rimontare posizioni, per tornare a vedere gli scarichi della Kawasaki numero
65. Gioco facile quindi per Rea aumentare il suo
75
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Superbike
MATTEO BAIOCCO
“MI MIGLIORO COSTANTEMENTE”
di Carlo Baldi | Bayliss era e sarà sempre uno dei miei miti. Miglioro
costantemente e tengo testa a piloti che in questo campionato ci
sono cresciuti. In Europa meno incognite
U
Un sesto ed un ottavo posto nel
secondo round del mondiale
Superbike, per smentire chi affermava che Baiocco potesse
andare forte solo nel campionato italiano. In silenzio e lavorando sodo con la sua squadra,
il pilota di Osimo si sta togliendo delle belle soddisfazioni.
Ecco cosa ci ha detto dopo le
due gare al Chang International
Circuit.
Matteo oggi hai tolto la ribalta
a Bayliss.
«Iniziamo tutti e due per Bai
ma lui con la Y ed io con la I. A
parte gli scherzi voglio prima di
tutto fargli i complimenti, perché quello che ha fatto qui in
Tailandia a 46 anni è davvero
incredibile. Era e sarà sempre
uno dei miei miti».
Hai fatto due ottime gare.
«Sono molto contento. Già a
Phillip Island mi ero migliorato molto e qui a Buriram ho
continuato a lavorare con la
mia squadra, compiendo dei
progressi ogni volta che sono
76
sceso in pista. Rientrare nel
mondiale dopo molto tempo
e riuscire a tener testa a piloti
che in questo campionato ci
sono cresciuti e ci corrono da
molto tempo, è stata per me e
per il mio team una grande soddisfazione».
Sei stato veloce in gara ma
sei andato forte in tutto il
weekend.
«Si è vero. Peccato solo per la
Superpole dove abbiamo provato una soluzione alla moto
che non ha dato i frutti sperati. Forse avrei potuto partire
anche più avanti e avrei fatto
meno fatica in gara. Ma va bene
così».
E ora torniamo in Europa.
«Nelle gare europee spero vi siano meno incognite, ma anche
in Europa ci sono piste che purtroppo non conosco. Cercherò
di impararle in fretta come ho
fatto qui in Tailandia, grazie anche all’aiuto della mia squadra
che mi sta facilitando il compito
e va il mio ringraziamento».
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Superbike
TROY BAYLISS
“RITORNO DALLA MIA FAMIGLIA”
di Carlo Baldi | Il tre volte campione del mondo lascia definitivamente le
competizioni. “Ho visto che posso essere ancora veloce. Ringrazio tutti
e lascio il divertimento ai giovani talenti
L
Le due gare tailandesi sono
state le ultime per Troy Bayliss
che subito dopo gara due ha
dichiarato di voler concludere
la sua emozionante esperienza
nel campionato mondiale Superbike 2015. Troy rientrerà in
Australia mercoledì prossimo
dopo aver preso parte ad una
serie di eventi promozionali
Ducati in Tailandia, visto che
anche nel paese asiatico viene
considerato uno dei miti del
motociclismo.
Ecco la dichiarazione di Bayliss dal comunicato stampa
diramato dal Aruba.it racing –
Ducati Superbike Team.
«Tutto sommato, e considerando che le condizioni climatiche in Tailandia sono state
fra quelle più difficili che io
abbia mai incontrato nella mia
78
carriera, posso dire di essere
abbastanza soddisfatto. Non
mi è mai piaciuto il caldo e sono
state, come mi aspettavo, due
gare molto fisiche e difficili. Soprattutto la prima perché non
avevo preso la scorta di acqua
nella tuta! Pensavo di fare un
pochino meglio nella seconda,
ma sapevo che non sarebbe
stato facile, e quindi tutto sommato non è andata poi così
male. E’ stato divertente, sono
rientrato in una particolare circostanza e volevo fare solo un
altro evento dopo Phillip Island,
per vedere come andava. Amo
le corse, la Ducati e le persone
che ci lavorano ed è stato molto
emozionante guidare la Panigale R Superbike in gara. Sono
stato fortunato nel finire la mia
carriera in forma nel 2008 e ho
visto che ancora adesso posso
essere veloce. Ora però voglio
tornare a godermi la vita con
la mia famiglia in Australia.
Ringrazio tutti per l’affetto che
mi hanno dimostrato e lascio il
divertimento ai giovani talenti».
Ernesto Marinelli – Ducati
SBK Project Director - ha a
sua volta commentato
«Troy ha dimostrato in prova
di essere ancora molto veloce.
In gara, nonostante il grande
caldo, ha dato spettacolo con
la sua guida unica e sempre
aggressiva. Lo ringraziamo
per aver dato il massimo con
la stessa determinazione di un
tempo, non potevamo chiedergli di più. Averlo di nuovo in sella per questi due eventi è stato
bellissimo, è passato un po’
di tempo ma alcune cose non
sembrano cambiare mai: Troy
79
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è sempre Troy.»’ Si conclude definitivamente (o almeno
sembra) la carriera agonistica
di uno dei piloti che ha fatto la
storia del motociclismo e della
Superbike in particolare. Sono
state due bellissime parentesi,
che ci hanno permesso di rivedere Bayliss in azione, sulla
moto che ama di più. Grazie
Troy. Per quanto riguarda la
sostituzione di Giugliano, la
decisione è stata rimandata ai
prossimi giorni, quando si conosceranno gli esiti di alcuni
approfonditi esami sostenuti
80
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Superbike
dallo sfortunato pilota della
Ducati caduto in Australia. Esiste infatti una possibilità che il
pilota romano torni in pista ad
Assen anziché a Imola. Se così
fosse la Ducati potrebbe decidere di schierare ad Aragon il
solo Davies, per poi ripresentare la squadra al completo
nella gara di casa di Imola. Se
invece gli esami confermassero il ritorno di Giugliano solo ad
Imola, allora sarebbe presa in
considerazione una sua sostituzione già nella gara del Motorland Aragon del 12 Aprile.
81
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LE PAGELLE
DEL GP DELLA THAILANDIA
di Carlo Baldi | A Buriram si è visto un Rea stellare, al quale nessuno
ha potuto resistere e che ha dominato senza avversari entrambe le
manche
U
na Superbike in cerca di nuovi palcoscenici, ha trovato in Tailandia tifosi
e tanto tanto pubblico. In 85.000
hanno affollato le tribune del Chang
International Circuit, ricolme di tifosi rumorosi
e festanti. Il boato che ha accolto l’arrivo vittorioso dell’idolo locale Ratthapark Wilairot nella
gara della Supersport, ci ha riportato alla mente
82
le gare di Istanbul quando nel 2013 a vincere fu il
turco Kenan Sofuoglu e quella di Mosca del 2012,
che vide il russo Vladimir Leonov conquistare il
terzo gradino del podio, sempre nella classe
600. Ma la cosa più bella è stata vedere la felicità della gente nell’assistere allo spettacolo delle
gare motociclistiche. Proprio come succedeva in
Italia ed in Europa tanti anni fa. Il Sud Est asiatico
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ha fame di motociclismo e questo apre nuove ed
interessanti prospettive per tutto il movimento.
Purtroppo lo spettacolo offerto dalla Superbike
non è stato il massimo, ma solo per colpa di Rea,
che ha letteralmente dominato entrambe le gare,
senza dare nessuna possibilità ai suoi avversari. A Buriram si è visto un Rea stellare, al quale
nessuno ha potuto resistere. “Con la Kawasaki
posso vincere il mondiale” ci aveva dichiarato a
Phillip Island e chi pensava che fosse solo una
frase ad effetto in Tailandia è stato accontentato.
Ma l’Aprilia non demorde. Anzi affila le sue armi
in vista di circuiti più favorevoli alla RSV4 ed in
attesa che Torres faccia il salto di qualità. Suzuki e Honda hanno lanciato importanti segnali di
ripresa, specialmente con Lowes che non solo è
salito sul podio, ma ha occupato stabilmente le
zone alte della classifica in tutti i turni di prove.
Weekend da dimenticare invece per la Ducati,
Superbike
orfana di Davide Giugliano e con un Davies messo in difficoltà da una tracciato non certo favorevole alle bicilindriche di Borgo Panigale. Ma il
round tailandese verrà ricordato anche perché
ha visto l’ultima apparizione in pista del mitico
Troy Bayliss.
E’ stato ancora una volta un grande ed ha lasciato un bellissimo ricordo. Goodbye Troy.
10
e lode Jonathan Rea
Superpole, gara uno e gara due. Questa volta non c’è Haslam che tenga. Il più forte è
lui. La paura è che il binomio Rea/Kawasaki diventi troppo forte per chiunque, ma siamo solo
al secondo round e quindi aspettiamo di vedere
cosa succederà quando la Superbike farà ritorno in Europa. Nel frattempo però Johnny torna
a casa dopo aver accumulato 95 punti su 100.
Cannibale.
83
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8,5
Leon Haslam
L’anti-Rea in gara due si lascia scappare il nord irlandese e quando inizia la sua rimonta, l’elettronica della RSV4 fa le bizze. In gara due
sa cosa deve fare, ma Lowes prima lo porta fuori
traiettoria e poi gli fa da tappo. Ma se quando va
male Leon raccoglie due secondi posti allora per
il campionato lui c’è. Eccome.
7,5
Alex Lowes
Commette un errore in gara uno, ma
nella seconda concretizza finalmente quello che
aveva fatto vedere in prova. Il ragazzo è ancora
acerbo, ma con un anno di esperienza in più sulle spalle ed una Suzuki resa più competitiva dai
nuovi regolamenti, quest’anno Alex potrebbe essere una delle rivelazioni del campionato.
84
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7,5
Jordi Torres
La sua simpatia è pari alla sua abilità in
moto e questo lo rende un vero personaggio. Sta
imparando a guidare la RSV4 Superbike e lo fa
con talento e giudizio, senza sbagliare nulla. Le
staccate per ora non sono il suo forte, ma in gara
due gli riesce quel sorpasso a Sykes che aveva
in canna sin dalla manche precedente. Dice di
avere ancora tanto da imparare ma è già lì con i
primi. E quando avrà imparato tutto?
6,5
Tom Sykes
Pur non essendo il brillante pilota visto
nelle ultime stagioni, Tom in gara uno sale sul
podio (per la prima volta quest’anno), ma nella
seconda oppone ben poca resistenza ad un arrembante Torres. E’ terzo in classifica, ma deve
già recuperare 45 punti a Rea. Speriamo che la
sfida con il tuo terribile compagno di squadra lo
stimoli e non lo demoralizzi. Cercasi Tom disperatamente.
6
Sylvain Guintoli
Bentornato al campione del mondo. Finalmente la Superbike ha ritrovato Guintoli. Anche
se non ancora al 100% Sylvain ha finalmente dimostrato di essersi ripreso dal suo lungo infortunio (test di novembre a Jerez) e di aver iniziato
ad adattarsi alla sua nuova moto. In gara due rimonta dall’ultima posizione in griglia ed è sesto,
dopo aver fatto a spallate con l’irriverente VD
Mark. Grintoso.
Superbike
6
Michael VD Mark
L’elettronica della sua Honda lo tradisce nella prima manche, mentre nella seconda cerca di
buttare in terra il suo compagno di squadra ma
non ci riesce e gli arriva dietro. E’ meno veloce
rispetto a Phillip Island. Anche lui come Torres
deve ancora imparare a sfruttare la sua Superbike, ma la stoffa c’è.
7
Matteo Baiocco
Il suo ritorno in Superbike è coinciso con la
sua definitiva maturazione. Concreto quanto veloce, Matteo sfrutta tutti i cavalli della sua Panigale privata, si mette alle spalle il mito Bayliss, è
il primo dei piloti Ducati e fa fare brutta figura al
suo compagno di squadra. La classe operaia va
in Paradiso.
85
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Superbike
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SBK Thailandia
Classifica
Gara 1
6,5
Leandro Mercado
Deve imparare a partire meglio, ma per
il momento si sta specializzando in rimonte. Due
decimi posti non sono esaltanti, ma per un (quasi) debuttante in un team (davvero) debuttante,
possono bastare, visto che siamo solo al secondo round. Mostra un buon potenziale e quindi da
lui ci aspettiamo di più.
10
Troy Bayliss
In prova riesce a sistemare la sua Panigale meglio di quanto non abbia potuto fare in
Australia. Dopo gara uno è uno straccio, anche
perché (con 35 gradi di temperatura esterna) si
dimentica di mettere da bere nella gobba della
sua tuta. In gara due è stoico e non fa mancare il
suo solito impegno. Poi onestamente dice basta.
Respect.
86
5
Classifica
Gara 2
Pos.
Pilota
Punti
Pos.
Pilota
Punti
1
REA
25
1
REA
25
2
HASLAM
20
2
HASLAM
20
3
SYKES
16
3
LOWES
16
4
TORRES
13
4
TORRES
13
5
GUINTOLI
11
5
SYKES
11
6
BAIOCCO
10
6
GUINTOLI
10
7
LOWES
9
7
VD MARK
9
8
SALOM
8
8
BAIOCCO
8
9
BAYLISS
7
9
SALOM
7
10
MERCADO
6
10
MERCADO
6
Nico Terol
In prova come in gara dimostra di non essersi ancora adattato alla Panigale ed all’atmosfera
della Superbike. Speriamo che i risultati del suo
compagno di squadra gli siano d’esempio. Ad
Aragon per una prova d’appello.
Classifica
Generale
Pos.
Pilota
Punti
Chaz Davies
Lo scorso anno si sapeva accontentare
e si adattava ai limiti della sua moto. In Tailandia
non lo ha fatto ed ha rimediato due cadute e sei
miseri punticini. Ma allora non era solo Giugliano
a cadere spesso con quella moto…
1
REA
95
2
HASLAM
85
3
SYKES
50
4
GUINTOLI
41
5
TORRES
39
4,5
6
DAVIES
38
7
LOWES
32
8
BAIOCCO
30
9
TEROL
26
10
MERCADO
21
5,5
Randy De Puniet
Tredicesimo nella prima manche, il
francese resta a piedi nella seconda. Se il vero De
Puniet è quello che abbiamo visto in queste prime gare allora potrebbe anche lasciare il posto a
qualcuno che abbia più voglia di lui.
87
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(spettacolari) errori di Eli Tomac e di Blake Baggett. Bella gara per Davi Millsaps e spettacolare
rimonta per Trey Canard – l’ufficiale Honda è fra
i piloti più in forma di questa fase centrale della
stagione, anche se l’entrata su Peick è stata al
limite della correttezza. Bello anche il duello fra
Reed e Weimer, ma con tutto il rispetto per Jake,
Reed non dovrebbe nemmeno vederlo se non al
paddock. «Ogni gara fa storia a sé, ne affrontiamo una per volta» ha commentato Dungey dopo
l’arrivo. «Certo, è più facile a dirsi che a farsi,
perché il campionato è molto lungo ed è facile
farsi distrarre. So che lo dico tutte le settimane,
ma devo molto al mio team, alla mia famiglia e…
Supercross
al signore del piano di sopra. La pista oggi era
molto difficile anche perché in prova eravamo
tutti vicinissimi, e c’è voluto davvero uno sforzo
sovrumano per prendere il vantaggio che mi ha
garantito la vittoria».
Ancora Musquin nella 250SX di Indianapolis: il
pilota francese ha conquistato una bella vittoria
a cui fa da contraltare il weekend no di Martin,
che segna un brutto zero in classifica e finisce
sopravanzato dal campione in carica Bogle. Il
vantaggio di Musquin – 16 punti – si fa sempre
più consistente, e lo sta mettendo in condizione
di gestire le ultime, decisive, gare del campionato.
AMA SUPERCROSS
ROUND 11: INDIANAPOLIS
Ancora Dungey sul gradino più alto del podio ad Indianapolis
davanti a Seely e Canard. 250SX a Musquin, crolla Martin
C
hi può fermare Ryan Dungey? Il pilota KTM sta collezionando vittorie
con una regolarità micidiale, ha un
vantaggio che ormai assomma a 45
punti e non sembra avere avversari in grado di
impensierirlo. La sua sesta vittoria del 2015 lo
rende anche il quinto pilota nella storia a vincere
la gara di Indianapolis per due anni consecutivi
assieme a McGrath, Carmichael, Reed e Villopoto. La doppietta KTM – è la quarta volta che
accade quest’anno – sembra premiare gli sforzi della Casa di Mattighofen, decisa come non
mai a dominare il Supercross e ad aggiudicarsi il
88
titolo della 450. Insomma, l’hashtag #whosnext,
con cui gli organizzatori hanno battezzato la
stagione 2015 in cui si sarebbe dovuto trovare
il successore di Villopoto, sembra aver trovato
risposta, smentendo forse chi pensava che sarebbe stato Roczen a dominare questa stagione.
Attaccato a Short – autore dell’holeshot – Dungey ha preso la testa poche curve dopo con uno
spettacolare sorpasso all’esterno e ha salutato
la compagnia, prendendo subito un vantaggio
molto consistente. Seely lo ha imitato senza perdere troppo tempo, e la gara ha perso quasi tutti
gli elementi di incertezza fatta eccezione per gli
89
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