Hamburg - hanninen.it

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Amburgo
è sulla luna
NUOVE CAPITALI
Un’utopia verde che mescola
cultura e innovazione: la città con
il porto più importante d’Europa
baratta i suoi vecchi docks con
HafenCity, audace e firmatissimo
quartiere. Ideato per 15mila
abitanti e 40mila posti di lavoro,
è ecosostenibile al 90%
di Simone Porrovecchio Foto di Giovanni Hanninen
Veduta della Promenade
sul Grasbrookhafenquai.
Sullo sfondo a sinistra,
la sede di Unilever e a
destra la Marco Polo Tower
(abitazioni), entrambe
progettate dallo studio
Behnisch Architects.
A sinistra: l’interno
della sede di Unilever.
Sotto: le Marco Polo
Terrassen (2007),
e sullo sfondo il cantiere
della Elbphilarmonie.
MAPPA NOTTURNA
Il ristorante Hamburg (Große
Elbstraße 143) è irrinunciabile per
scoprire i sapori del Mare del Nord.
Per i fan degli anni 80, musica punk
ma anche buona cucina al club Cult
Gastro Drogand (Große Freiheit 2),
frequentato dalla nuova scena
creativa. Gli anni 20 rivivono invece
nello storico club La Yumba
(Kastanienallee 9), appena rinnovato
sotto l’attenta egida dei Beni culturali.
Il Fabrik (Barnerstr. 36), ex fabbrica
con vista sulla città, propone concerti
e musica fino al mattino dal giovedì
alla domenica. Nuova e divertente
tutta la scena sulla Schanzenstraße,
vicino al porto antico, in particolare le
gallerie improvvisate dove gli artisti
mixano anche cocktail squisiti.
Musica blues, jazz e classica all’Alpha
Noble IceBar (Neumühlen 11), con
vista mozzafiato sull’acqua.
Ad Amburgo la gente è sazia di tutto.
Ma non si arrende a vedere la città
rassegnata. Già la sfida del commercio è quasi vinta. Nel 2010 il porto ha
conquistato il nono posto al mondo,
con un trasporto di 134 milioni di tonnellate di merci, e recuperato la parte
orientale, guadagnando il primato della crescita tra i porti d’Europa. I quartieri di Altona e St Pauli ( rinominato
Große Freiheit,“grande libertà”), tra
l’Havel e l’Elba, sono tornati protagonisti di una vita mondana sempre più
pulsante. Nello Schanzenviertel, ex
quartiere residenziale riconquistato
dai giovani e creativi, si trova di tutto:
affari ed erotismo, döner kebab e piatti asiatici, bar yuppie e discoteche
punk, residenti di lungo corso e fami-
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glie turche, giovani trendy e gente in
fuga dal passato.
La città ha appena creato una Kreativgesellschaft GmbH, una specie di Spa
della creatività, che si occupa, tra l’altro, di ridestinare aree ed edifici abbandonati, anche privati. Niente di simile alle proteste del passato, con
passamontagna e spray, ma azioni
mirate contro le speculazioni. «Abbiamo già creato 70 istituzioni culturali
togliendole agli squali immobiliari. Ed
è solo l’inizio», dice uno dei responsabili. Per non permettere che il gigantismo di HafenCity resti una cattedrale
nel deserto, una vetrina per il turismo,
un corpo estraneo difficile da integrare, la sfida è nel renderla accessibile.
«Amburgo era una metropoli della
cultura autogestita ben prima di Berlino», riprende l’interlocutore della
Kreativgesellschaft GmbH. Qui sono
nate le politiche abitative creative, che
a Berlino sono diventate di moda negli
anni 80.
Poi il sonno della riunificazione,
quando tutto si è spostato a est, nella capitale. Oggi Amburgo è la seconda città più ricca d’Europa dopo Londra, e il rischio era che si trasformasse in un immenso, sonnolento sobborgo immerso nel verde. E invece
HafenCity parla al futuro. Oltre all’immensa Elbphilharmonie, le ombre
delle gru si stagliano più in là, lungo il
fronte del porto. Sede dello Science
Center di Rem
Koolhaas, che
trasforma le banchine in un eccentrico cordone
di ex container, e
del Living Bridge
sull’Elba, il nuovo
ponte sospeso e
abitato di Hadi Teherani.
«Ad Amburgo l’aria è di
nuovo elettrica», sentenzia
Scholz. La forza visionaria
che, all’inizio del 900, l’ha
trasformata in una delle
città più moderne e veloci
al mondo, sembra essere
tornata. Tra la gente. Per
le strade.
Ma progetti milionari e cantieri grandi come un quartiere di Milano lasceranno spazio a una vita normale?
L’ultimo studio del Senato prevede, all’inizio, 250mila nuovi abitanti e 70mila visitatori giornalieri. Si vuole evitare
un’operazione di city marketing, che a
venire nella nuova Amburgo siano solo i ricchi. Da questa prospettiva, l’insistenza di tutti gli architetti sulla semplicità, la purezza, la linearità ha un
che di utopico. Jacques Herzog e
Pierre de Meuron sono consapevoli
della responsabilità della loro Elbphilarmonie. «Abbiamo alzato, e di molto, l’asticella delle nostre pretese, e i
cittadini quella delle loro aspettative»,
spiegano i progettisti. «Il risultato è
HafenCity. Amburgo aveva bisogno di
essere rappresentata da una cattedrale laica, dedicata a quanto di più caro
i tedeschi hanno oltre alla natura: la
musica».
L’intendente della Elbphilharmonie,
Christoph Lieben-Seutter, concorda e
rilancia: «Qui non si tratta di fare un
monumento all’architettura, ma di riportare al centro dell’industria cittadina la cultura». E il regista turco-tedesco Fatih Akın (che in città ha ambientato La Sposa Turca e Soul Kitchen) non ha dubbi: «La forza, la più
grande virtù di noi amburghesi è la
pazienza». Èd è aspettando ancora
davvero poco che si ritroveranno moderni da morire.
L
’Europa del futuro
sembra già di vederla, sui 200 ettari di
cantiere sull’Elba, il
più grande della Repubblica Federale e
d’Europa. Dov’era il
porto vecchio, a velocità tutta tedesca sta
nascendo HafenCity, un nuovo gigantesco quartiere pensato per ospitare
15mila abitanti, 40mila posti di lavoro
e infrastrutture culturali che i pochi
detrattori definiscono «fuori misura».
Una città nella città, sul confine d’acqua degli antichi docks in disuso del
secondo porto d’Europa, e che si
estende su isole artificiali appena realizzate. HafenCity, ufficialmente un
“quartiere” è il volto nuovo di Amburgo. E, secondo le intenzioni di Angela
Merkel, di tutta la Germania. L’inaugurazione, prevista per il 2011, è slittata
all’anno prossimo. Dodici mesi di ritardo sulla consegna della Elbphilarmonie, la sede della filarmonica progettata dagli svizzeri Herzog & de
Meuron che svetta sull’acqua, la seconda più grande dopo quella di
Shanghai. Ma non un giorno in più,
garantiscono.
Amburgo si reinventa, e lo fa perché è
stanca di essere stanca. Il sogno: diventare un laboratorio del vivere urbano in Europa. Verde, ecosostenibile
ma anche architettonicamente audace. Qui la Cina non fa
paura. Perché ci si sta
già organizzando per esserne all’altezza. «Amburgo si risveglia dopo
vent’anni di Zeitgeist sotto il cuscino», è il commento graffiante dell’ex
cancelliere Helmut
Schmidt, amburghese
doc. A novant’anni, la
Sopra: edifici sul
Sandtorquai e museo
navale di Sandtorhafen.
A destra, la sede di
Unilever, esempio di
architettura sostenibile.
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sua Amburgo l’ha già vista rinascere. Dalle macerie dei bombardamenti; dopo lo shock degli anni 70, in
un benessere
sfrontato; e oggi
con la svolta forse decisiva, perché
corrisponde ai sogni migliori dei suoi
abitanti, complice una politica che è
tornata a crederci. Gli amburghesi lo
hanno dimostrato alle ultime elezioni
cittadine, consegnando al nuovo sindaco-Bürgermeister socialdemocratico Olaf Scholz uno storico 50 per cento. Non è l’unico primato.
Appena nominata European Green
Capital 2011 dall’Ue, Amburgo è da
sempre la città più verde della Germania. Nessuna metropoli europea
ha tanti parchi e riserve: 28 solo intorno alla cinta urbana. Per non dire della mega Marco Polo Tower sulla
spiaggia di Kai, con unità abitative a
100% di risparmio energetico. HafenCity è ecosostenibile al 90%, a dimostrazione che oggi una green city non
è solo un rendering da rivista, ma una
possibilità concreta. Foche e orchidee
marine non verranno trapiantate, perché ci sono già.
Ma HafenCity è anche un omaggio
spericolato (nessuno avrebbe scommesso sulla fattibilità) agli architetti
del passato che hanno fatto grande la
“perla anseatica” di Lutero. I materiali
sono tutti lì, gli stessi da quasi mille
anni. I laterizi rossi, le pietre gialle, la
sabbia grigia. Solo che qui stanno costruendo la Elbphilharmonie, il colosso dedicato alla musica, sospeso sull’estuario dell’Elba. Acceso, illuminerà
di notte il mare fino a venti chilometri
dalla costa, simbolo e faro di un pezzo
d’Europa che torna a rischiare.
A HafenCity le archistar ci sono quasi
tutte: Richard Meier e David Chipperfield hanno già completato le loro opere, mentre quelle di Fuksas e di Rem
Koolhaas sono in dirittura d’arrivo.
Certo, in Europa solo la Germania può
permettersi di pagare tutto questo. La
Elbphilarmonie, da sola, è già costata
450 milioni. «Quando immaginammo
HafenCity, negli anni 90, era chiaro
che avrebbe avuto un respiro europeo», è la tesi del direttore generale
del progetto federale, Jörn Walter.
«Ora che i cantieri stanno ultimando
le opere e la nuova Amburgo comincia a svettare sul Mare del Nord,
aspettiamo solo che arrivi la gente a
viverla». «HafenCity è una promessa»,
continua Helmut Schmidt, «a tutti coloro che sono restati ad Amburgo,
senza andare a Berlino. «Adesso si
tratta di trattenere il fiato e aspettare»,
dice Bürgermeister Scholz, ancora
stordito dal trionfo. Forse per questo
Amburgo lo ha votato in massa. Per
ridare la città ai cittadini. Per tornare
allo Zeitgeist bohème e accattivante,
come e più che a Berlino degli anni
della nuova deutsche Welle, dai 70
agli 80.
Punto di forza
l’auditorium
Elbphilarmonie di
Herzog & de Meuron
sull’estuario del fiume.
Acceso, illuminerà
di notte l’acqua
fino a venti chilometri
dalla costa