La caducità della vita tra passato e presente
Transcript
La caducità della vita tra passato e presente
Autrici Sara Fedeli Eleonora Marconi Francesca Porcai Classe 5B linguistico Sezione tesina triennio LA CADUCITA' DELLA VITA TRA PASSATO E PRESENTE Capire la vita? Immagina l'autunno. Una foglia sull'albero. Immagina che si ingiallisca, si indebolisca, si secchi. Manti arancioni in tutto il bosco. La vita è così! Siamo belli e forti ma a lungo andare ci "ingialliamo" e "cadiamo". La vita è precaria quasi come quella delle foglie in autunno, ci passa così velocemente davanti agli occhi che alcune volte non riusciamo nemmeno a vederla. E' letteralmente un soffio, un battito di ciglia, una corda che può spezzarsi da un momento all'altro, una foglia che può cadere. Basta una folata di vento e tutto può spezzarsi, una piccola cosa e tutto va in frantumi. (...Si sta come/ d'autunno/sugli alberi/le foglie) Frantumi arancioni pieni di aspettative e speranze, che vengono calpestati, scrocchiando come se si rompessero una volta per tutte. Pensiamo sempre che la precarietà non ci tocchi, che non sia roba nostra. Pensiamo che succeda sempre e solo agli altri, siamo sicuri di goderci la vita, facendo le cose che più ci piacciono e pensando di essere felici. Durante tutto il corso della storia, l'uomo si è sempre posto domande sulla vita ed ha cercato di insegnare ai giovani ciò che aveva trovato e 1 sperimentato durante il corso della sua esistenza, per non far cadere questi ultimi negli stessi errori. Oggi come oggi il concetto di precarietà si è diffuso anche tra i giovani, in coloro che vorrebbero vedere la vita come un percorso pieno di possibilità e di occasioni per raggiungere i propri scopi, che quasi sempre coincidono con ciò che desiderano. Le nuove generazioni sono state letteralmente "investite" dai problemi che a lungo andare sono degenerati, fino a sbocciare in crisi economiche e politiche così durature che incidono sulla loro vita, influenzando il loro ambiente lavorativo. Una delle prime cause della diffusione di questo senso di provvisorietà, contrassegnato dall'attesa di un peggioramento, è proprio il lavoro. Crescendo, i giovani trovano molto difficile ottenere un lavoro che sia duraturo e stabile così da pensare anche alla creazione di una futura famiglia. Non trovando un ambiente lavorativo favorevole, sentono questo senso di caducità anche nelle relazioni sociali: non si sentono abbastanza sicuri da poter creare una famiglia e mettere al mondo dei bambini vivendo in una realtà dove da un giorno all'altro potrebbe cambiare tutto, tutto potrebbe migliorare come peggiorare. Questo stato d’animo di incertezza, di realtà offuscata e priva di punti di riferimento è la stessa che ritroviamo nelle pagine di Ungaretti: Dopo tanta / nebbia /a una / a una / si svelano / le stelle/ Respiro / il fresco / che mi lascia /il colore del cielo / Mi riconosco / immagine / passeggera / Presa in un giro/ Immortale 1 Ecco, noi ci sentiamo proprio come quell’immagine passeggera, con confini indefiniti, con un passato troppo breve per darci sicurezze e un futuro lungo ma incerto, difficile da gestire, difficile da immaginare. L'immagine passeggera della poesia rappresenta la disarmonia tra l'uomo e l'universo, dove l'individuo si rende conto di essere una creatura di passaggio rispetto all'immensità del cosmo, un'entità insignificante che non può controllare il proprio destino, quindi sottoposta ad una precarietà che affiancherà il poeta durante tutta la sua vita. Così è per noi: la vita è così precaria quanto incontrollabile e, attualmente, i giovani risentono di questo concetto nelle situazioni più comuni della vita, a causa di questa realtà diventata insicura economicamente. Persone con un elevato livello di scolarizzazione, diplomati con ottimi voti e con curriculum appetibili per molte aziende non riescono a trovare un lavoro a tempo indeterminato che soddisfi le loro aspettative e si adegui al titolo di studi faticosamente conseguito. 2 Ciò porta i giovani a non poter realizzare un proprio progetto esistenziale: quello di sposarsi o di costruirsi una carriera. Un ragazzo che ieri si è dedicato allo studio per diventare un affermato e plurichiesto architetto o ingegnere o avvocato o medico o qualsiasi altra cosa, è costretto ormai a prendere due decisioni: quella di lavorare all'estero lasciando tutto, oppure quella di prendere un lavoro, nel suo paese, che non ripaghi le sue fatiche. Purtroppo questo senso di insicurezza investe anche noi adolescenti e ci costringe a seguire un percorso di studi che ci permetta di intraprendere un lavoro dove si guadagni bene, che, però, magari non rispecchia i nostri sogni. Siamo spaventate dal futuro per il fatto che molto probabilmente le nostre aspettative sono molto diverse da come sarà la realtà. Il mondo che ci circonda è fatto di cose così sfuggevoli e temporanee che, a volte, non lo sentiamo nostro, anzi lo vediamo come un nemico per il quale la maggior parte delle volte siamo noi gli "oppressi", quelli che alla fine vengono sconfitti. Vorremmo non farlo ma gli eventi che osserviamo ogni giorno ci spingono a rispecchiarci in tutti coloro che vivono questa vita in cui un giorno sei considerato il migliore e possiedi un salario che ti permette di goderti il tempo libero, mentre l'altro potresti ritrovarti a vivere in un monolocale senza lavoro. Questa è la dura realtà dei nostri giorni. Ecco allora che avvicinarci ad Ungaretti ha per noi un significato particolare: questa consapevolezza della precarietà incarnata dal poeta è diversa da quella di qualsiasi altro uomo comune perchè, come quasi tutte le più grandi figure mai esistite, è affiancata da un senso di speranza. L'uomo, anche essendo consapevole di questa caducità, continua imperterrito il suo viaggio, cercando di reagire alla sconfitta. Ad incarnare perfettamente la precarietà e l’incertezza rispetto alla propria vita c’è l’atrocità delle trincee. Nel periodo bellico i soldati in trincea ed in particolar modo quelli in prima linea, erano costretti ad affrontare situazioni estremamente pericolose senza essere certi di arrivare al giorno seguente indenni. Le trincee comportavano anche una guerra lenta causando gravi perdite negli armamenti, che non sempre erano adatti né al luogo, né alla stagione in cui si trovavano; questo non fece che aggravare le condizioni di vita dei soldati, costringendoli a dubitare della loro stessa vita, più di quanto sarebbe successo con una guerra veloce e con scontri diretti. Queste esperienze in trincea segnarono la vita di molti soldati, tra cui Ungaretti 3 Stesso, che però reagì con un estremo attaccamento alla vita dovuto al suo continuo contatto con la morte. Un’intera nottata / buttato vicino / a un compagno / massacrato / con la sua bocca / digrignata/ volta al plenilunio / con la congestione / delle sue mani / penetrata nel mio / silenzio/ ho scritto/lettere piene d’amore./ Non sono mai stato/ tanto / attaccato alla vita. 2) Come pochi riuscirono a fare, sovrastati dalla paura, Ungaretti, come riportato nella poesia Veglia, sviluppa un forte riconoscimento nei confronti dell’importanza della vita umana: è un tesoro che va preservato e sfortunatamente lo si capisce in situazioni critiche come quella vissuta dall’autore e da altre migliaia di soldati. Il poeta fa spesso uso in questa poesia di participi passato come: “massacrato”, “digrignato”, “penetrata” che vogliono simboleggiare il passaggio dalla crudeltà e dall’atrocità della guerra ad una relativa intimità del poeta. Mentre l’ultima frase, interrotta da una lunga pausa, suona come una sentenza sempre valida, dove neanche nella barbarie della guerra vengono meno l’amore e i pensieri intimi dell’uomo. Riesce ad esprimere, attraverso la poesia, la vita nelle trincee di guerra da cui l’autore è rimasto segnato e che sono l’emblema della provvisorietà, dell’incertezza di riuscire a mantenersi in vita fino al giorno seguente. L’inno alla vita di Ungaretti citato nella poesia non è volto solamente alla propria vita bensì al diritto di vivere che spetta ad ognuno di noi e che ci viene negato in momenti di guerra, qualunque essa sia, combattuta con una divisa militare o con i jeans e la felpa sui banchi di scuola o in giacca e cravatta in un ufficio. Quello di credere nella vita umana è un pensiero difficile per un soldato in trincea, con corpi deceduti al proprio fianco e momenti in cui si arriva a dubitare perfino della propria esistenza. Tuttavia Ungaretti riesce a creare un perfetto confronto tra vita e morte che evidenzia l’inutilità degli atti di guerra e ne vuole denunciare la loro atrocità e crudeltà nei confronti di quelli che naturalmente sono “solo” esseri umani. Vorrei imitare / questo paese / adagiato / nel suo camice / di neve. 3) Esempio di speranza, di fiducia e di attesa di tempi migliori rispetto a quelli di guerra, è incarnato alla perfezione dalla poesia Dormire, scritta nel vivo della prima guerra mondiale, sul Carso. Giuseppe Ungaretti espone un suo desiderio che sembra irrealizzabile ma che si è insinuato nella sua mente e lo ha portato in una dimensione in cui tutto è in pace, immerso nella neve, attorniato da un silenzio calmo e rassicurante. Dove non ci sono rumori di guerra ma solo quiete e la neve riporta 4 l’illusione di essere ancora vivi, di essere degli uomini che possono davvero prendere in mano la situazione e mettere fine a questo massacro e riacquisire la dignità umana che è stata sottratta loro per scopi futili. La neve crea suoni ovattati e permette al poeta di distaccarsi dalla realtà e abbandonarsi al desiderio di tornare a vivere. Tuttavia se da una parte si trova tanto attaccato alla vita, un evento lo sconvolge ad un certo punto della sua esistenza e lo porta a dubitar di riuscire a superare la notte: la morte del figlio Antonietto. Ora potrò baciare solo in sogno / Le fiduciose mani.../ E discorro, lavoro, / Sono appena mutato, temo, fumo... / Come si può ch'io regga a tanta notte?... 4 L’intera poesia è divisa in tre momenti: la disperazione del poeta per l’imminente morte del figlio, il ricordo e il dolore della lontananza e la nostalgia dell’amore del figlio. Questa è solamente una delle numerose poesie scritte per la perdita del figlio Antonietto, una storia angosciosa della morte dolorosa e straziante di un povero bambino. Ungaretti riuscì a trascrivere le sue emozioni e il suo sconvolgimento su carta, appena il fatto avvenne; inizialmente decise di non pubblicarle, poi però permise la loro pubblicazione, come nel caso della poesia: Gridasti: soffoco. Queste poesie esprimono l’inconsolabile dolore di un padre che ha perso il proprio figlio e che percepisce la sua ombra accanto a lui che tramuta la disperazione in speranza. Successivamente il dolore lo riporta nel baratro della desolazione e della mancanza, in quanto riesce a sentire il vuoto che la morte del figlio ha lasciato nella sua vita quotidiana. [...] In cielo cerco il tuo felice volto, ed i miei occhi in me null'altro vedano quando anch'essi vorrà chiudere Iddio... E t'amo, e t'amo, ed è continuo schianto!.. Inferocita terra, immane mare mi separa dal luogo della tomba dove ora si disperde il 5 martoriato corpo... Non conta ...Ascolta sempre più distinta quella voce d'anima...5 Nonostante la tematica del dolore sia stata e sia tutt’ora diffusa in ambito letterario, tramite le poesie di Ungaretti riusciamo a cogliere il vero e proprio dolore di un padre che perde il proprio figlio, riusciamo a sentire il silenzio lacerante dei pensieri del poeta nel sentire la mancanza di una figura che ha visto crescere. Ci è possibile immedesimarci e comprendere a fondo ciò che provava in quel momento l’autore semplicemente grazie alle parole. È bizzarro pensare come semplici artifici linguistici possano catturare l’attenzione di chi impara a leggerli anche tra le righe e possano trasportare un pezzo d’anima del poeta in quella del lettore. Il poeta Giuseppe Ungaretti sperimentò in prima persona la precarietà umana, essendosi arruolato volontario nella Prima Guerra Mondiale. La guerra in trincea provocò in lui un fortissimo attaccamento alla vita ed essendo sempre a contatto con la morte, anche un senso di solidarietà e fratellanza molto forti. Nelle sue poesie infatti, ai dolori della vita si oppone sempre la forza dell'uomo nel reagire alle sconfitte. La poesia Soldati è quella che meglio esprime il concetto della precarietà della vita:tutta la poesia è basata infatti sull'imminenza di qualcosa che sta per accadere. Nonostante la lirica sia breve, Ungaretti riesce ad esprimere perfettamente il senso della precarietà della vita dei soldati che da un momento all'altro può essere stroncata dalla guerra e la paragona alla vita di una foglia autunnale, attaccata faticosamente ad un albero ed è in procinto di staccarsi da esso. Il verbo impersonale "si sta" accentua il senso di solitudine, anonimato ed abbandono che sicuramente avrà provato lo scrittore durante il periodo della guerra. La precarietà della vita è un tema su cui si è molto discusso nel corso dei secoli. Scrittori, filosofi e persone comuni hanno affrontato questo argomento giungendo a conclusioni contrastanti tra loro. Per alcuni, infatti, il destino è già scritto, definito e l'uomo non può in nessun modo cambiarlo, deve solamente soccombere agli eventi stabiliti; per altri invece, non esiste il fato e sta all'uomo impegnarsi per ottenere ciò che cerca, che ritiene più consono alle sue aspettative. Anche lo scrittore Giacomo Leopardi, vissuto nel XIX secolo, per esempio, ha 6 trattato il tema della precarietà della vita: per lui infatti, questo concetto è collegato direttamente alla Natura, in quanto l'uomo si sente inerme di fronte alla potenza di quest'ultima. Nel Dialogo della Natura e di un Islandese, una delle sue opere più famose, contenuta nella raccolta Operette morali, l'autore presenta la personificazione della Natura attraverso le sembianze di una donna gigantesca e dall'aspetto pietrificato, mentre rappresenta il genere umano attraverso un islandese girovago. Parlando, la donna rivela l'idea leopardiana di una Natura indifferente alle sorti del genere umano: "Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora sappi che [...]ho l'intenzione a tutt'altro che alla felicità degli uomini o all'infelicità. Quando io vi offendo in qualunque modo [...] io non me n'avveggo, [...]; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E [...] se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei." 6 Essa si comporta come se esistesse solo lei: l'uomo rappresenta solamente una piccola parte di questo vastissimo insieme che è la Natura, subisce le conseguenze delle sue azioni e deve riuscire a cavarsela da solo per uscirne il più possibile illeso. Questo dialogo termina con due finali; in entrambi si percepisce a fondo il senso di precarietà, in quanto l'uomo un attimo prima è vivo per poi finire subito dopo sbranato da due leoni affamati o viene sepolto da una tempesta di sabbia. E' questo infatti il motivo per il quale l'uomo si sente perennemente precario: è vivo e non pensa al fatto che potrebbe morire da un momento all'altro. Questo sentimento è presente nell'uomo dal momento della sua nascita fino a quello della sua morte. Il pensiero di Leopardi non è uniforme riguardo al concetto della precarietà della vita, poiché come possiamo leggere nell'opera La ginestra contenuta nella raccolta dei Canti, il poeta vuole trasmettere un messaggio di solidarietà umana e, al di là del suo pessimismo, volgere lo sguardo verso l'avvenire. Gli uomini, infatti, non devono andare gli uni contro gli altri, uccidersi a vicenda, ma devono allearsi per evitare di peggiorare la situazione, per combattere, cioè, l'unico vero nemico, la Natura matrigna. Un altro grande poeta della storia italiana, Dante Alighieri, secoli prima aveva già trattato questo tema. Egli pensava, infatti, che non esistesse un destino già scritto, ma che dopo la morte l'uomo si sarebbe ritrovato in uno dei tre regni ultraterreni, 7 Inferno, Purgatorio e Paradiso, nei quali avrebbe passato l'eternità, ovviamente secondo modalità diverse: nell'Inferno i dannati avrebbero subito punizioni grandi quanto il peccato che avevano commesso in vita; nel Purgatorio, passati gli anni di punizione, i penitenti sarebbero saliti al Paradiso, dove i beati avrebbero passato il tempo che li separava dal Giudizio Universale godendo della vicinanza di Dio. L'uomo, perciò, si sarebbe sempre dovuto comportare secondo le norme cristiane, non avrebbe dovuto commettere reati e non avrebbe dovuto avere comportamenti scorretti perché se fosse morto improvvisamente non sarebbe potuto arrivare in Paradiso, passando perciò tutta la sua vita in uno dei cerchi infernali. "Figliuol mio" disse 'l maestro cortese, "quelli che muoion nell'ira di Dio tutti convegno qui d'ogni paese; e pronti sono a trapassar lo rio ché la divina giustizia li sprona, sì che la tema si volve in disìo". (Canto III, Inferno) 7 I due autori sopra citati differiscono riguardo a come affrontare la problematica che li affligge, perché Leopardi pensa che l'unico modo per opporsi a questa paura sia quello di allearsi con gli altri esseri umani per difendersi dalla natura sempre minacciosa, non decimandosi a vicenda, mentre Dante, essendo un fervente cattolico, pensa che per far fronte alla precarietà della vita bisogna avere fede, cioè credere che continuando a compiere buone azioni e pregando, al termine della vita terrena ci sarà il Regno dei Cieli. Ciò permetterà all'uomo di non avere paura della morte, anche se dovesse essere improvvisa. Nonostante la profonda ammirazione che Ungaretti nutriva per Leopardi, i due avevano pensieri totalmente diversi riguardo questa tematica, poiché il secondo era un ateo convinto, mentre il primo non lo era, come possiamo notare in questo frammento della poesia La preghiera di Ungaretti: [...] Signore, sogno fermo, Fa' che torni a correre un patto. 8 Oh! rasserena questi figli. Fa' che l'uomo torni a sentire Che, uomo, fino a te salisti Per l'infinita sofferenza. Sii la misura, sii il mistero. Purificante amore, Fa' ancora che sia la scala di riscatto La carne ingannatrice. Vorrei di nuovo udirti dire Che in te finalmente annullate Le anime s'uniranno E lassù formeranno, Eterna umanità, Il tuo sonno felice. 8 Come già detto, Ungaretti non è ateo: si limita, infatti, a chiedersi che senso ha Dio in un mondo di orrori (...e mi rammento/ di qualche amico/ morto/ ma Dio cos’è?)9 e perché gli uomini continuino a desiderarlo quando ciò non serve loro ad evitare tali orrori (Chiuso fra cose mortali/ (anche il cielo stellato finirà)/ Perché bramo Dio?) 10 Si tratta quindi di una religiosità intima. E' solo negli Inni che Ungaretti ripone nella fede religiosa la soluzione delle contraddizioni umane. Possiamo quindi accomunare Ungaretti a Dante, visto che anche il poeta toscano era credente in Dio, perciò avevano entrambi una speranza nella vita dopo la morte. Ungaretti, oltre ad essere un famoso poeta e scrittore italiano del XX secolo, fu anche un abile traduttore di autori inglesi, spagnoli e francesi. Tra gli autori spagnoli da lui tradotti, spicca Luis de Góngora, vissuto nel XVI secolo, definito secolo d'oro della Spagna. Anche l'autore spagnolo ha trattato il tema della precarietà della vita che si rispecchia nella poesia Mientras por competir con tu cabello, scritta da Góngora e tradotta da Ungaretti: Mientras por competir con tu cabello, Finché dei tuoi capelli emulo vano, 9 oro bruñido al sol relumbra en vano; vada splendendo oro brunito al Sole, mientras con menosprecio en medio el llano mira tu blanca frente el lilio bello; finché negletto la tua fronte bianca in mezzo al piano ammiri il giglio bello, mientras a cada labio, por cogello. finché per coglierlo gli sguardi inseguano siguen más ojos que al clavel temprano; più il labbro tuo che il primulo garofano, y mientras triunfa con desdén lozano finché più dell'avorio, in allegria del luciente cristal tu gentil cuello: sdegnosa luca il tuo gentile collo, goza cuello, cabello, labio y frente, la bocca, e la chioma e collo e fronte godi, antes que lo que fue en tu edad dorada prima che quanto fu in età dorata, oro, lilio, clavel, cristal luciente, oro, garofano, cristallo e giglio no sólo en plata o vïola troncada non in troncata viola solo o argento, se vuelva, mas tú y ello juntamente ma si volga, con essi tu confusa, en tierra, en humo, en polvo, en sombra, en nada. in terra, fumo, polvere, ombra, niente.11 Il tema principale di questa poesia è il bisogno di godere della giovinezza e della bellezza. Queste due qualità infatti presagiscono l'avvicinarsi della morte inesorabile che ridurrà tutto ciò che ora è fresco e giovane alla polvere e al nulla. Possiamo distinguere tre elementi che si intersecano, essi sono: la bellezza, il tempo e il godimento della vita. Ungaretti può essere accomunato a Góngora proprio dal punto di vista tematico; il pensiero del poeta spagnolo, infatti, nonostante egli fosse vissuto nel periodo del Barocco, è molto simile a quello di Ungaretti sotto certi punti di vista. Pensiamo per esempio alla segretezza della poesia, un tema che si ritrova in molti scritti di Ungaretti, in cui la creazione poetica è definita come un segreto, un mistero. Se il Leopardi di Ungaretti «sente che c’è un segreto», il poeta afferma che «la vera poesia si presenta innanzi tutto a noi nella sua segretezza». È il segreto che l’accompagna anche quando abbiamo precisato di essa ogni limite. Se anche la poesia di Góngora può specchiarsi «in tale “secreto”», risulta scontato citare «quel nulla / d’inesauribile segreto» de Il porto sepolto. Nel nome di questa segretezza Ungaretti mette insieme autori molto diversi tra loro:questo unire esperienze letterarie così diverse ci fa capire quanto il procedimento del poeta sia legato al problema del linguaggio che è, secondo Ungaretti, il vero problema della poesia moderna. Il segreto della poesia è, quindi, la scoperta della parola. Ungaretti sa scoprire il segreto degli autori del passato e sa scoprire in loro le tracce della verità 10 che ricerca. Il poeta comprende il «dramma moderno»: «le parole hanno perso il loro valore religioso». Egli sa che il ricorso al passato è una condizione necessaria. Ciò che più interessa a Ungaretti, che cerca di testimoniare con la sua poesia, è proprio questo segreto: Il linguaggio è sacro, se è legato al mistero della nostra origine e all’origine del mondo; se sentiamo che in noi costituisce la nostra responsabilità dando definizione universale e sociale e soprannaturale alla nostra persona; se ci accorgiamo del bene o del male, incalcolabili, che derivano dalla parola. È a questo che vuole tornare la parola del poeta, nel momento in cui vuole ricollegarsi all’origine del mondo. In quel punto viene rivelato l’«inesauribile segreto» di Ungaretti, perché quel punto è al tempo stesso ritorno all’origine e scoperta del nuovo. Questo viaggio, in Ungaretti, è un viaggio alla scoperta del segreto della poesia, che sta nel recupero della sacralità della parola. Sacralità che significa purezza, paradiso perduto da ritrovare attraverso la memoria. Nei tempi postmoderni il messaggio di Ungaretti mantiene la sua modernità e ci tocca con l’immediatezza di qualcosa che non riusciamo a comprendere fino in fondo, ma che riconosciamo come incredibilmente vero. Invece tra gli scrittori inglesi che Ungaretti tradusse, spicca Thomas Hardy: uno dei campi in cui è possibile riscontrare il tema della precarietà all'interno delle sue opere è il contesto sociale: come dimostrato da Thomas Hardy nella sua opera principale Jude the Obscure. Lo scrittore, in epoca vittoriana,permise al lettore di rendersi conto della faccia più vera della società del suo tempo, la più vera ma anche quella più dolorosa. Nella sua opera parla di un bambino, figlio di Jude, che si rende conto del male della società, della continua precarietà delle classi povere: un giorno riescono a sopravvivere, il giorno dopo potrebbe sparire tutto ciò che è rimasto loro. Il bambino decide di suicidarsi e di coinvolgere in questo atto estremo anche i suoi fratelli: è un evento raccapricciante, sapendo che il bambino non può più vivere perché sente sulle sue spalle il peso di qualcosa che ancora non lo riguarda. Così in entrambi i casi: in Giuseppe Ungaretti e in Thomas Hardy , il poeta avverte un’incertezza nella vita quotidiana. Il primo riesce a combatterla nel caso della guerra, in cui vede una speranza di arrivare al giorno successivo e un particolare attaccamento alla vita, tuttavia a causa della morte del figlio, non riesce a sperare, prova disperazione e rabbia per la 11 privazione di una creatura così piccola. Hardy invece nella sua opera, descrive Jude come “impassibile” di fronte agli eventi che lo circondano, forse per rassegnazione o per disperazione. Al lettore il beneficio del dubbio, ma si può palesemente notare l’orrore con cui la scena viene descritta e lo sconvolgimento della cugina di Jude, madre dei bambini. Che sia in guerra o nella società, l’uomo non ha mai l’assoluta certezza di vivere: questa insegna a non dare niente per scontato e a credere davvero che la vita debba essere vissuta in qualsiasi circostanza con la stessa speranza e attaccamento alla vita che Ungaretti ha provato in trincea. Dovremmo vivere di più e pensare meno. Dovremmo renderci conto della vita quando ci passa davanti e non quando ci saluta da lontano. Crediamo che le poesie della storia della letteratura siano di insegnamento a molti. L’uomo, in generale, tende a rendersi conto della vita quando si trova a contatto con la sua antitesi che è la morte. Dovremmo iniziare a lasciarci andare di più così da viverla come ci si presenta. Dovremmo viverla con la concezione della precarietà: fare le cose che più ci piacciono senza mai rimandarle ad un altro momento perché arrivato quest’ultimo potrebbe già essere troppo tardi. Dovremmo vivere una vita che valga la pena raccontare, piena di eventi che non verranno mai dimenticati. Cogliere l’attimo dunque, non significa soltanto cercare di non lasciarci sfuggire le buone occasioni che la vita ci offre, ma soprattutto vivere intensamente il momento presente senza subire troppo i condizionamenti legati al passato e al futuro. Note: 1) Giuseppe Ungaretti, Sereno, da L’Allegria. G. Ungaretti, Vita d’un uomo, Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015 2) Giuseppe Ungaretti, Veglia, da L’Allegria. G. Ungaretti, Vita d’un uomo, Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015 3) Giuseppe Ungaretti, Dormire, da L’Allegria. G. Ungaretti, Vita d’un uomo, Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015 4) Giuseppe Ungaretti, Giorno per giorno, da Il dolore. G. Ungaretti, Vita d’un uomo, Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015 12 5) Giuseppe Ungaretti, Giorno per giorno, da Il dolore. G. Ungaretti, Vita d’un uomo, Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015 6) Giacomo Leopardi, Dialogo della Natura e di un Islandese, dalle Operette morali. Corrado Bologna, Paola Rocchi, Rosa fresca aulentissima, vol.4, Loescher editore, Torino, 2010 7) Dante Alighieri, Inferno, canto III. La Divina Commedia, a cura di Natalino Sapegno, La Nuova Italia, Firenze, 2013 8) Giuseppe Ungaretti, La preghiera, da Sentimento del tempo. G. Ungaretti, Vita d’un uomo, Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015 9) Giuseppe Ungaretti, Risvegli, da L’Allegria. G. Ungaretti, Vita d’un uomo, Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015 10) Giuseppe Ungaretti, Dannazione, da L’Allegria. G. Ungaretti, Vita d’un uomo, Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015 11) Luis de Góngora y Argote Mientras por competir con tu cabello, srhernandez.wordpress.com Bibliografia: G. Ungaretti, Vita d’un uomo, Tutte le poesie, Oscar Mondadori, Milano, 2015 Corrado Bologna, Paola Rocchi, Rosa fresca aulentissima, vol.4,6 Loescher editore, Torino, 2010 “Soldati” di Ungaretti Oilproject Ungaretti e la precarietà della vita- Patrialetteratura.com Canto III, Inferno- Divinacommedia.weebly Mientras por competir con tu cabello, Góngora- srhernandez.wordpress.com Giuseppe Ungaretti, wikipedia, L'enciclopedia libera Il “Segreto contatto” con la modernità: Ungaretti e il Barocco – italianisti.it Patriaeletteratura.com Pigafetta.altervista.org Parafrasando.it Tomas Hardy, poetica – wikipedia, l'enciclopedia libera 13