La beat generation - Circolo Acli Cristo Re
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La beat generation - Circolo Acli Cristo Re
CIRCOLO ACLI CRISTO RE Presso la sala “Il folle volo” SI, VIAGGIARE GLI ANNI ‘50 IN AMERICA Mercoledì 11 maggio ore 20.45 LA BEAT GENERATION a cura di PAOLA TOLOTTI Introduzione al movimento letterario che ha caratterizzato non solo la scrittura Ma la stessa visione della vita negli anni ‘50. Con la partecipazione del “Gruppo di interesse letterario” della Parrocchia di Cristo Re La Beat generation “Non c’era posto dove andare se non dappertutto, non c’era altro da fare che vagare sotto le stelle, le stelle del West, di solito.” (Jack Kerouac) Sviluppatosi negli Stati Uniti nel secondo dopoguerra, a partire dagli anni ’50 e durato fino ai ‘60, il movimento Beat nasce inizialmente a New York City, dove alcuni giovani scrittori, tra cui Jack Kerouac, Neal Cassady, William Borroughs e Allen Ginsberg, amano incontrarsi con altri ragazzi nei locali del Greenwich Village per fare baldoria, discutere, condividere i propri lavori. Al nucleo iniziale di New York si aggiungono, in seguito, Gary Snyder, Gregory Corso e Lawrence Ferlinghetti, che sposta l’asse attorno al quale ruota il movimento da una costa all’altra dell’ America. Frisco (come viene affettuosamente chiamata la città di San Francisco), già residenza dell’ispiratore assoluto degli scrittori beat, il “santone” Henry Miller, diventa allora una specie di mecca per tutti i beat, tanto che si arriva a parlare di “Scuola di San Francisco”. Beat Il termine “Beat” inizia a designare il movimento a partire dal 1952, quando il giornalista John Clellon Holmes pubblica sul New York Times Magazine l’articolo “This is the Beat Generation”. “Le origini della parola ‘beat’ sono oscure, ma il significato è anche troppo chiaro per la maggior parte degli Americani. Più che stanchezza essa evoca la sensazione di essere stati usati, di essere allo stato grezzo. Implica una sorta di nudità della mente e, in ultima analisi, dell’anima; una sensazione di essere ridotti al fondamento della coscienza. In breve di essere mandati a sbattere contro il proprio muro. Un uomo è beat ogniqualvolta gioca d’azzardo e punta tutto quel che ha su un unico numero; e la generazione giovane lo ha fatto continuamente fin dalla prima giovinezza.” Già nel 1947 Kerouac aveva usato per la prima volta il termine, definendo la sua generazione beat, nel senso di battuta, sconfitta di fronte alla società, alle sue costrizioni, ai suoi schemi. Qualche anno dopo Kerouac, invece, afferma che beat sta a significare beata: una generazione alla ricerca della nuova Gerusalemme, di Buddha, della spiritualità in maniera inconsueta. E poi c’è anche la “battuta”, cioè il ritmo del be-bop e del jazz moderno che sta nascendo nello stesso periodo. La Beat Generation è un gruppo di amici, battuti e in realtà beati, che contribuisce a dare vita a movimenti pacifisti; alcuni lottano per i diritti civili, altri ancora per le libertà sessuali. Sono giovani disperati che credono nella vita, ma che rigettano i sistemi morali precostituiti. Bevono molto, fumano marijuana e girano il mondo in autostop, ascoltando e improvvisando jazz, ma soprattutto scrivono romanzi e poesie. Il contesto internazionale: la Guerra Fredda La seconda guerra mondiale si conclude con le tragedie di Hiroshima e Nagasaki. Conferenze di Yalta e Postdam: divisione dell’Europa e del mondo in aree di influenza. Ha inizio la Guerra Fredda tra l’America capitalista e la Russia comunista: “né guerra effettiva, né una vera pace; ma una guerra che non ci si decide a combattere e una pace che non si riesce a consolidare” (Bonanate) Stalin procede alla sovietizzazione di gran parte delle aree dell’Est Europa. Il presidente americano Truman persegue la politica del “contenimento” del comunismo. 1949: firma del Patto Atlantico (NATO) 1950-1953: guerra di Corea 1955: Nasce il Patto di Varsavia 1956: crisi di Suez 1962: crisi di Cuba Il contesto interno: la “caccia alle streghe” Gli USA sono l'unico paese uscito dalla guerra con le proprie risorse economiche non solo intatte, ma notevolmente accresciute. Nonostante ciò, buona parte dell’opinione pubblica è attraversata da un'ondata di paura, vive l'incubo di una espansione comunista considerata particolarmente pericolosa per l’influsso che le idee di sinistra sembrano esercitare sul mondo della cultura. Si scatena così la “caccia alle streghe”, cioè una vera e propria persecuzione dei comunisti o presunti tali. Il fenomeno viene indicato anche con il nome di “maccartismo” dal nome del senatore repubblicano Joseph McCarthy, esponente più acceso di questa linea politica. Le tensioni sociali e il problema razziale Nel dopoguerra si registra un costante aumento del numero delle persone di colore che dal Sud del paese si dirigono verso le grandi aree urbane. Consistente è anche il flusso di immigrati provenienti dagli stati caraibici e dal Messico. Le tensioni etniche, già manifestatesi all'interno delle forze armate durante il conflitto mondiale, si acuiscono nel dopoguerra dando vita anche a movimenti estremisti di matrice opposta: Ku Klux Klan e Black Power. A Montgomery, un paesino in Alabama, nel 1955, la comunità nera si mobilita contro le norme segregazioniste in materia di trasporto pubblico. Martin Luther King assume la leadership del movimento antisegregazionista portando avanti una linea di lotta non violenta, che culminerà nel 1965 nel Voting Rights Act, che garantirà il diritto di voto ai neri e di fatto sancisce la loro effettiva cittadinanza In risposta alle turbolenze e tensioni dell’epoca, la middle class cerca rifugio nell’ American Dream, il sogno americano, nell’aspirazione a uno standard di vita medio-alto. E’ il trionfo del consumismo e dell’omologazione, ai quali anche le arti visive tentano di dare risposta: nascerà così negli anni ’60 la Pop-Art di Andy Wharol e Roy Lichtenstein. Nelle sue opere Wharol propone la ripetizione martellante di icone-simbolo della società, con lo scopo di affermarne e criticarne il carattere consumistico. Una società, nella quale alla qualità si sostituisce la quantità, dove il volto di una persona non diventa altro che un simbolo di una felicità e un benessere imposti e dove tutti sono pressati dai mass media ad usufruire degli stessi beni, a vivere e comportarsi in modo analogo. Roy Lichtenstein, dal canto suo, riprende e sviluppa la tecnica del fumetto, realizzato nei suoi quadri in formato gigante, indirizzandola verso tematiche a sfondo socialepolitico. Gli anni Sessanta Nel corso degli anni ’60 si registrerà una progressiva escalation (prima con Kennedy, poi con Johnson) della presenza militare degli USA in Vietnam. Le innumerevoli proteste, in particolar modo giovanili, saranno portate avanti dai primi Hippies, esponenti di una nuova realtà che nasce dalle dalle ceneri del movimento Beat. Partendo da una matrice pacifista contraria all’ intervento americano in Estremo Oriente, le loro proteste si allargheranno a tutta la società, assumendo i contorni di una rivolta antiborghese, cui si ispireranno anche le contestazioni studentesche del ’68 in Europa. La poetica beat Nella protesta Beat contro la società borghese rivive l'immagine, già di William Blake, dell'artista come un ribelle profeta che fa poesia in un'atmosfera di visione e delirio, emancipandosi da ogni convenzione intellettualistica. Beat significa rottura sotto molti aspetti: l'autodefinizione degli scrittori come una minoranza all'opposizione; l'ampliamento della coscienza di sé attraverso l'uso di droga e alcool e la pratica di una sessualità libera e anticonvenzionale; il riconoscimento in sistemi religiosi non occidentali o comunque primitivi; la rappresentanza di gruppi sociali emarginati Dal punto di vista stilistico il Beat guarda a Walt Whitman per il free verse, il verso libero, lungo e irregolare, l’esaltazione del ritmo, la vivezza della lingua coi suoi gergalismi e termini onomatopeici Come scrive Lawrence Ferlinghetti in un saggio sulla poesia di San Francisco, pubblicato sulla "Chicago Review" nel 1958, la nuova poesia può essere chiamata "poesia di strada", in quanto mira a riportare la poesia nella strada, dove era una volta, fuori dalle facoltà e, soprattutto, fuori dalla pagina stampata. La parola stampata, infatti, ha reso la poesia silenziosa, mentre la poesia deve essere parlata, un messaggio orale. A San Francisco Ferlinghetti, Gregory Corso, David Meltzer e altri cominciano a tenere dei readings pubblici. Questi readings sono spesso accompagnati dalla musica jazz dal vivo, in seguito a un’iniziativa di Bob Kaufman, il primo poeta jazz. Le composizioni moderne del jazz e del beat hanno delle forti affinità: hanno struttura libera, sono innovative, con una dose rincarata di ritmo e una cadenza di respiro nella poesia che riecheggia un assolo di sassofono. A metà degli anni ’50 Steve Lacy è uno dei primi musicisti jazz a lavorare insieme ai poeti a New York, in particolare con Bob Kaufman. da Poesia come arte che insorge (di L. Ferlinghetti) Osa essere un guerrigliero poetico non-violento, un antieroe. Controlla la tua voce più incontrollata con compassione. Fai il vino nuovo con gli acini della rabbia. Ricorda che gli uomini e le donne sono esseri infinitamente estatici, infinitamente sofferenti. Solleva i ciechi, spalanca le tue finestre chiuse, solleva il tetto, svita le serrature delle porte, ma non buttare via i cardini. L’urlo (The Howl) di Allen Ginsberg Viene pubblicato il 16 maggio 1956, a San Francisco, in venti copie ciclostilate, distribuite agli amici. Era stato recitato, anzi urlato per la prima volta da Allen Ginsberg giovanissimo ad una lettura di poesia in un garage, l’ottobre dell’anno prima. Nell’autunno del 1956 Lawrence Ferlinghetti stampa la prima edizione (mille copie) nella collana della sua libreria, City Lights Pocket Poet Series. «Ho visto le migliori menti della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate, nude isteriche trascinarsi per strade di negri all'alba in cerca di droga rabbiosa» «Mr. Ginsberg, come si diventa profeti? » gli fu chiesto in una intervista «Raccontando i propri segreti», rispose lui. Ginsberg e i suoi amici fanno irruzione in scena raccontando pubblicamente, anzi urlando sguaiatamente, i propri segreti più indicibili, i loro, quelli della loro generazione e quelli della loro America. Nella seconda parte la poesia da profezia si trasforma in denuncia « Quale sfinge di cemento e alluminio gli ha spaccato il cranio e ha mangiato i loro cervelli e la loro immaginazione? […] Moloch! Moloch! Incubo di Moloch! Moloch il senza amore! Moloch Mentale! Moloch il grande giudicatore di uomini! […] Moloch la cui mente è puro meccanismo! Moloch il cui sangue è denaro che corre! Moloch le cui dita sono dieci eserciti! Moloch il cui petto è una dinamo cannibale! Moloch il cui orecchio è una tomba fumante! Moloch i cui occhi sono mille finestre schermate! Moloch i cui grattacieli si ergono nelle lunghe strade come innumerevoli Geova! Moloch le cui fabbriche sognano e stridono nella nebbia! Moloch i cui fumaioli e antenne coronano le città! » Hanno trovato ascolto quella profezia e quella denuncia? Il mestiere dei profeti non è dare ricette o suscitare simpatia. E nemmeno imbroccare le loro profezie. È suonare la sirena, scuotere dal sonno compiacente. Il problema di un altro “urlo” famoso, quello dipinto da Edward Munch, non è che l’autore fosse matto, è che nessuno stette ad ascoltarlo. Del resto nessuno, a suo tempo, ascoltò Cassandra. On the road Tra il 1947 e il 1950 Jack Kerouac compie il suo primo viaggio attraverso il Nord America con Neal Cassady ed inizia a scrivere "On The Road”, che completerà nel 1951. "On The Road" tratta dell'incontro di Kerouac con Neal Cassady e di quella che lui stesso definisce “la mia vita sulla strada”. Questo romanzo, pubblicato solo nel 1957, è definito il manifesto della Beat Generation. Il romanzo viene scritto in tre settimane nella casa di Ozone Park nel Queens, come conclusione e raccolta di una serie di bozze e resoconti scritti da Kerouac durante i suoi viaggi attorno agli Stati Uniti. E’ dattiloscritto su un rotolo di carta per telescriventi lungo 36 metri caratteristicamente privo di andate a capo. Il romanzo presenta forti cenni autobiografici a partire dal protagonista, Sal Paradise, alter ego dello scrittore. On the Road racconta la cultura Beat, l'insicurezza delle generazioni vissute nel dopoguerra, la continua ricerca di qualcosa di puro, di energia primordiale, di vita. Racconta la fuga dai falsi valori e dall'egoismo prodotti dalla società americana, una fuga fisica mediante il continuo vagabondaggio negli USA, ma anche mentale attraverso l'uso di sostanze che allontanano dalla realtà, come l'alcool, la benzedrina e le sostanze allucinogene. Il romanzo è permeato da un senso di nostalgia di emozioni represse, che si manifesta nell'impeto dell'attimo. I frenetici viaggi da Est ad Ovest e da Nord a Sud si costruiscono sulle vecchie piste seguite dai pionieri alla ricerca del mito. In realtà i protagonisti sanno che oltre le coste c'è il mare e non più terra dove andare, quasi percepiscano che la beatitudine si chiude nella ricerca continua di forti emozioni e che non è possibile andare oltre. I viaggi di Kerouac “Le nostre valigie erano ammucchiate di nuovo sul marciapiede; avevamo strade più lunghe da percorrere. Ma nessun problema, la strada è la vita” “Andiamo. Dove andiamo, amico? Non lo so. Ma andiamo”