6 Correlazione tra urbanistica e terremoti

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6 Correlazione tra urbanistica e terremoti
Correlazione tra urbanistica e terremoti
6.1
La storia sismica delle città
L’analisi della storia sismica ha lo scopo di conoscere gli eventi sopravvenuti nel
corso dei tempi e di definire la sismicità di un’area, ovvero l’intensità del moto al
suolo, rappresentabile attraverso i parametri dell’ampiezza e della frequenza, corrispondente ad una determinata probabilità di ricorrenza di eventi sismici.
Per la maggior parte di tali fenomeni avvenuti nel corso dei secoli si dispone
solo di una valutazione dell’intensità del danno in prossimità dell’area epicentrale (campo macrosismico), operata generalmente con la scala MCS e desunta
dall’analisi delle fonti storiche disponibili, per cui l’attendibilità dei dati tende
a diminuire a seconda delle epoche cui si riferiscono.
La storia sismica della litosfera può bene o male suddividersi in tre fasi:
— la prima coinciderebbe con il lungo periodo delle ere geologiche nel corso delle
quali la litosfera ha finito con l’assumere la morfologia che l’uomo ha conosciuto;
— la seconda andrebbe assimilata agli ultimi tre millenni duranti i quali, con
lo sviluppo della civiltà dell’uomo, gli eventi sismici hanno lasciato tracce
nella memoria storica, prima attraverso le notizie tramandate in forma orale e, successivamente, attraverso la scrittura, con modalità descrittive sempre
più particolareggiate e verosimili degli effetti dei terremoti, dalle epoche antiche a quella contemporanea;
— la terza ha in pratica origine con la fine del XX secolo, allorché è iniziato
lo studio dei fenomeni sismici mediante l’utilizzo di mezzi d’indagine sempre più precisi grazie al progresso scientifico; questi strumenti hanno, dunque, reso possibile una conoscenza sempre più approfondita questi degli hazard naturali.
La prima fase coinciderebbe, come già detto, con le grandi ere che hanno caratterizzato l’evoluzione geologica della terra, in quanto all’incirca quattro miliardi di anni fa si sono formate le prime rocce, in origine di natura eruttiva,
cui seguirono, con l’espansione della crosta terrestre, le prime rocce sedimentarie e metamorfiche per effetto delle reazioni chimico-fisiche indotte da gas atmosferici, acque di contatto e forti pressioni endogene.
I fenomeni litogenetici, che nel loro complesso portarono hanno portato, con la
reiterazione dei processi, all’attuale assetto geologico della superficie terrestre,
generarono, attraverso l’interazione fra spinte e coltri, due tipi di strutture tettoniche, pieghe e faglie, fortemente incise da fratture e scorrimenti, ripiegamenti, sprofondamenti e accavallamenti di masse rocciose, con spostamenti reciproci di blocchi e complessi rocciosi.
Tali processi dinamici hanno sprigionato grandi quantità di energia quale conseguenza dei moti cinetici delle masse litosferiche generatrici a loro volta di
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6 Correlazione tra urbanistica e terremoti
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Urbanistica, edilizia e rischio sismico
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spinte e di forze scuotenti, base delle cause primarie dei terremoti che, pertanto, si sono verificati in ogni epoca come effetti della naturale evoluzione orogenetica.
Per questo motivo i terremoti sono stati da sempre fenomeni naturali correlati
all’evoluzione fisica, chimica e dinamica della litosfera, per cui la storia sismica di questa lunghissima fase coincide con la travagliata evoluzione tettonica
della crosta terrestre, ora rappresentata dalla sua attuale morfologia superficiale dei continenti e delle fosse oceaniche, oltre che dalla variegata configurazione stratigrafica delle rocce profonde che l’uomo è riuscito a rilevare con il progredire dei sistemi e mezzi d’indagine geologica.
La seconda fase è iniziata in epoche incerte, e non si può far coincidere nemmeno con la scoperta e l’uso della scrittura, dal momento che la convinzione
dei popoli primitivi ed antichi che i fenomeni sismici fossero esclusivamente intenzioni punitive delle varie divinità in occasioni dei cattivi comportamenti umani, profondeva il tutto di fatalismo, misto a sacralità, con la conseguenza che
nella tradizione popolare per tali eventi ci si limitava ad invocare la mitigazione delle divinità attraverso riti e offerta di sacrifici.
Che i terremoti siano stati considerati per lunghi secoli fino all’età moderna fenomeni soprannaturali, lo si deduce non solo dalla mitologia classica (in epoca greco-romana, i tremori derivanti dall’eruzione dell’Etna venivano attribuiti
al dio Vulcano, mentre i maremoti scaturenti da terremoti si consideravano frutto dell’ira di Nettuno), ma anche dal fatalismo caratterizzante la successiva era
cristiana, allorché a partire dal V secolo furono istituite delle forme di preghiere, denominate «litanie minori delle rogazioni» volte ad ottenere la cessazione
dei fenomeni naturali, che il papa Leone III volle anche per la città di Roma in
occasione del grave terremoto che colpì buona parte dell’Italia nell’anno 801.
Solo in epoca moderna (dopo il XIV secolo) le fonti hanno assunto carattere di
maggiore ufficialità di dati, con notizie improntate a più compiuta definizione
della forza e degli effetti distruttivi dei fenomeni e delle conseguenze per le popolazioni residenti nelle regioni colpite1.
È da notare che nella documentazione disponibile sugli effetti dei terremoti, oltre alle notizie sulla data dell’evento e del periodo di reiterazione di scosse, sul
numero di case crollate e di quelle inagibili (con particolare riguardo agli edifici religiosi, ai campanili, alle torri civiche, alle opere di difesa ecc.), sull’ammontare delle vittime e dei feriti, ricorrono spesso non solo osservazioni sui
sentimenti di terrore, pietà e raccapriccio delle popolazioni colpite, ma anche
quelle sulla grande inquietudine degli animali2, sulle improvvise e assai singo1 Nelle Cronache cassinesi vengono riportate le valutazioni dell’intensità delle scosse sismiche, comprese le repliche, operate per singoli settimane e giorni, per un lungo periodo di eventi riguardanti il contado
di Montecassino (1703-1769), così qualitativamente graduate in: minore, piccola, lieve, leggiera, forte, alquanto
forte, molto forte, fortissima, gagliarda. molto o assai gagliarda , grave, molto grave, fortissima e lunga.
2 Zenone, Memorie storiche, fisiche sul terremoto di Città di Castello del 1781, Cremona, 1783.
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lari variazioni atmosferiche, sulle acque intorbidate dei pozzi, sui rumori sotterranei, sull’apertura di voragini, sugli scoscendimenti di masse rocciose, sull’alterazione dei regimi idrici naturali.
In altri termini dalla natura di tali fonti si è ricavato che le notizie degli eventi sismici sono esclusivamente di carattere descrittivo, con rari e modesti richiami alle possibili cause.
La terza fase inizia, in pratica, alla fine del XIX secolo, ossia con l’affermarsi
della teoria della tettonica a zolle e con i primi studi e l’affermarsi di una nuova cultura fondata su indagini e valutazioni di natura scientifica dei fenomeni
sismici, dopo il tremendo terremoto di Lisbona del 1875.
In questa fase, durante la quale, nel giro di poco più di un secolo, si sono compiuti grandi progressi scientifici sulle cause dei terremoti, sulla sismicità delle
aree geografiche a livello mondiale, sulla valutazione dell’intensità delle onde
sismiche a mezzo di reti sismografiche di grande precisione ed elevata sensibilità strategicamente distribuite sui territori a rischio, sulla scienza delle costruzioni in materia antisismica, oltre che sugli accorgimenti di carattere geologico
e geotecnico per la mitigazione e la difesa possibile dagli effetti distruttivi degli scuotimenti sismici in relazione alla geologia dei luoghi.
Nella documentazione storica dei terremoti c’è chi ha fatto coincidere l’origine
della moderna scienza dei terremoti, con i principi di sismologia contenuti
nell’opera «The first principles of observazional seismology» che l’ingegnere irlandese Robert Mallet, incaricato da una società londinese di studiare le aree
dei 180 comuni salernitani e lucani devastati dal terremoto del 17 dicembre
1857, pubblicò nel 1862 con una ricca documentazione grafica e fotografica,
come risultato di un vero e proprio laboratorio di studio sismologico in chiave
scientifica di un terremoto distruttivo.
Solo in seguito si è sviluppata sia la legislazione tecnica antisismica che l’organizzazione della fase di soccorso e di protezione civile alle popolazioni colpite.
Purtroppo sono rimasti irrisolte due fondamentali questioni, e precisamente, la
prima, di ordine scientifico e di non facile soluzione, riguardante la prevedibilità dei tempi, sia pure approssimati, del verificarsi dei terremoti in determinate aree, e la seconda consistente nella perdurante carenza culturale in ordine
alla necessità di un più stretto collegamento tra la pianificazione urbanistica,
l’edificazione ed il reale rischio sismico dei luoghi urbani o da urbanizzare.
Per rendersi conto della natura immanente dei rischi sismici per qualsivoglia
territorio, basta ripercorrere la storia, ancorché sommaria dei terremoti più significati verificatisi a livello mondiale negli ultimi secoli e di quelli che hanno
interessato il territorio italiano nei due millenni dell’era volgare:
• il terremoto di Lisbona nel novembre 1875 che, accompagnato da un maremoto con onde alte fino a 12 m, rase al suolo la città provocando oltre
60.000 vittime. Riuscì a dare il primo impulso allo studio delle problematiche sismiche;
Urbanistica, edilizia e rischio sismico
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• i terremoti di Mino Owari in Giappone nell’ottobre 1891, avvertito su un’area
di oltre 300.000 kmq con decine di migliaia di vittime, che produsse una faglia lunga circa 75 km, di Kwanto nell’ottobre del 1923 con oltre 140.000
vittime, nonché da ultimo quello gravissimo avvenuto l’11 marzo 2011 con
8.9 magnitudo della scala Richter, nell’Oceano Pacifico a 130 km dalla città
di Sendai, ad una profondità di soli 24,4 km, che ha provocato un devastante tsunami innescato dal più grande terremoto nella storia del Giappone, con
oltre 2.000 vittime lungo la costa nordorientale, un muro d’acqua si è abbattuto su tutto ciò che ha trovato al suo passaggio. Questo terremoto è stato il settimo tra quelli più gravi da sempre emersi a livello mondiale, ed ha
dato luogo allo spostamento dell’asse di rotazione terrestre di circa 10 cm;
• il terremoto di Assan, avvenuto nel giugno 1897;
• il terremoto di San Francisco dell’aprile 1906, che provocò alcune migliaia
di morti;
• il terremoto di Messina del dicembre 1908, che ha il primato delle vittime,
ammontanti a circa 170.000 morti, pur non essendo tra i più violenti;
• del Kamciatka nel febbraio 1923, che produsse un maremoto con effetti anche sulle coste di Honolulu;
• il terremoto dell’Irpinia nel novembre 1980 con oltre 3.000 vittime;
• quello de L’Aquila nell’aprile 2009, con otre 300 morti;
• il terremoto dell’isola di Haiti con crolli nella capitale ed oltre 500 vittime;
• quello del Cile sia nel 1939 con 28.000 morti, che nel maggio 1960 (con 9,5
Mw, il più forte mai registrato con 30.000 vittime) e nel febbraio 2010, con
circa 700 morti e numerosissimi crolli di edifici, ponti e strade, oltre ai numerosi terremoti disastrosi verificatosi negli ultimi decenni e di recente nelle aree geografiche ad elevatissimo rischio sismico, quali la Turchia, la Grecia, l’Iran, la Cina continentale, il Giappone, le Filippine, il Messico.
Quanto all’ultimo terremoto giapponese dell’11 marzo 2011 va rilevato che i danni
sono stati provocati più dal sopravvenuto tsumani per gli edifici bassi sulle coste. Infatti, i grattacieli urbani di Tokio, realizzati di notevole altezza con strutture in acciaio, verificati hanno subito soltanto gravissime oscillazioni senza crolli, grazie al
particolare sviluppo, sin dalla fine del 1800, delle scienze tecniche sui rischi sismici.
Anche per quanto riguarda il territorio italiano, la storia sismica degli ultimi
due millenni comprende una vasta serie di eventi sismici, di origine prevalentemente tettonica rispetto a quelli di origine vulcanica che, a cadenza discontinua nell’ordine di pochi decenni, hanno lasciato segni profondi sull’ambiente
antropico, con un gran numero di vittime e di gravi distruzioni di centri urbani, con profonde alterazioni dell’ambiente naturalistico, degli equilibri geologici e idrogeologici dei territori colpiti, che hanno riguardato in modo diretto o
di riflesso la quasi totalità delle regioni italiane.
Soltanto negli ultimi decenni, però, grazie allo sviluppo delle tecnologie, sono
stati registrati anche fenomeni sismici che, per intensità e potenza, non hanno
provocato danni e non sono stati avvertiti dalle persone. Questa tipologia di
terremoti costituiscono la stragrande maggioranza degli eventi sismici mondiali, infatti, degli oltre 150.000 eventi sismici verificatisi in epoca più o meno recente a livello mondiale, poco più di 300 hanno avuto conseguenze fortemente distruttive e catastrofiche.
Al riguardo, si riportano i terremoti più significativi in Italia dal primo al terzo millennio.
191
Primo millennio
(anno)
luogo epicentrale
zone colpite
63
piede Vesuvio
Ercolano, Pompei, Stabia, crolli di templi e di edifici
Pozzuoli
con vittime
79
eruzione Vesuvio
Ercolano, Pompei, Portici, copertura totale con lapilTorre del Greco
li di Pompei ed altre città
vicine, con migliaia di vittime
365
tra Egitto e sud Italia
Sicilia e centri del sud Italia danni devastanti con vittime
446
Costantinopoli
801
Spoleto
Umbria
tipologie dei danni
gravi danni idrogeologici
del fiume Clitunno
Italia, Francia e Germania rovine in molte città
Secondo millennio
luogo epicentrale
zone colpite
tipologie dei danni
1117
pianura padana
da Bergamo a Treviso
danni a città e frane
1222
Brescia
da Genova a Venezia
crolli di molti edifici con
oltre 800 vittime
1279
Camerino
Fabriano, Foligno, etc.
crolli di case e molte vittime
1299
Lombardia
Milano e altre città
«terremoto rovinoso e
sgagliardissimo»
1315
L’Aquila
L’Aquila e contado
rovine di molte case e
chiese e numerosi morti
1346
Verona
Italia de nord
cronache di Parma crolli
di torri e chiese
1349
Isernia
Italia centrale
crolli da Perugia a Montecassino con oltre 700 morti
1369
Alessandria
Alta Italia
rovinati edifici deboli
1365-1399
Bologna
tutta la Romagna
molti edifici crollati
1456
Terra di lavoro
Campania-Molise e Basili- con 300-700 mila vittime
cata e Sannio
(Segue)
6 Correlazione tra urbanistica e terremoti
anni 1000-1500
Urbanistica, edilizia e rischio sismico
192
1461-1462
L’Aquila
Abruzzo
rovine di molti edifici con
parecchie vittime
1496
Spoleto
Umbria
danni gravissimi
anni 1500-1800
luogo epicentrale
1504
Bologna
Alta Italia
«torri e case rovinate a
terra»
dalla Sicilia alla Calabria
effetti disastrosi
Irpinia e Basilicata
551 edifici crollati e 584
vittime
Sicilia
crollati tutti gli edifici di
Naso e 103 morti
zone colpite
tipologie dei danni
1542
Catania
1561
Valle di Diano
1613
Naso
1626
Gerifalco
Calabria
terremoto violento con
con 40 gg. di repliche
1627
S. Severo
Puglia e Terra di lavoro
mare alla foce del Fortore
ritirato per 2 miglia
30 paesi distrutti, 4000
morti
1638
Nicastro
Calabria
100 paesi rovinati, con
2000 vittime
1646
Livorno
Toscana
lesionati tutti i fabbricati
1654
Roccasecca
Comuni di contesto
Sora crollata e 3000 vittime paesi colpiti
1687-1688
Tropeano-Pisticci
Campania-Basilicata
crolli estesi e circa 2000
morti
1688-1690
Forlì
1693
Val di Noto
1695
Emilia-Romagna e Veneto enormi eventi endogeni
Sicilia
49 città distrutte e 50.000
vittime
Venezia
Veneto e Trevigiano
1400 case crollale e 1200
inagibili, con famiglie sepolte
1703
Norcia
Italia centrale
Norcia distrutta
1726-27
Catania e Val di Noce
Sicilia
crolli e 400 morti
1731
Foggia
Capitanata, Puglia e 50 scosse con circa 3600
Abruzzo
vittime
1732
Ariano e Bovino
Terra di lavoro, Capitana- crolli di case e 1940 morta Basilicata, Calabria e ti e 1495 feriti
Molise
1741-1745
Urbino
1703- 07-11
Montecassino
Marche ed Umbria
terremoto violento con
danni e vittime
contado di Montecassino «molte scosse gagliarde»,
come dall’archivio di Montecassiono
(Segue)
1781
Monte Oliveto Maggiore
Senese
fiamme ed esalazioni dalla terra
1783-1786
Rosario-Messina ecc.
Calabria
forti effetti variativi idrogeoloci
1791
Foligno
Umbria spoletina
«guasti di fabbricati e nelle rupi di montane»
Dal 1800 al 2000
luogo epicentrale
1802
Orizono
Lombardia fino Genova
grosse fessure nel suolo e
aperture da cui si estrasse molto petrolio
1805
Frosolone
da Jesi a Monteroduni
crollo di molti edifici, con
morti fino a (per 600 miglia quadrate) Napoli
1818-1819
Catania
Sicilia-Calabria e Malta
gravi danni fisici con 72
morti e 97 feriti
1823
Palermo-Val di Noto
Sicilia e isole (Stromboli)
scosse violente e disastrose
1826
Tito
1828-1829
Albano
colli laziali
scosse con rombi e detonazioni setterranee
1831-1832
Bevagno
Umbria e Maremma
crolli di Assisi e di altri Comuni
1832
Crotone
Calabria, Sicilia, Puglia fino crolli di fabbricati e gravi
a Napoli
fessure nel suolo
1835
Castiglione
Calabria settentrionale
1836
Lagonegro
Basilicata e Principato Citro gravissime rovine
1837
Alpi Apuane
1846
Livorno e valle di Cecina
1853
Calabritto e Caposele
dal Sannio a Napoli
gravi crolli e vittime
1854
Montalto e Rogliano
circondario Cosenza
rovine di edifici e spaccatura suolo
1856
Isole di Malta e Gozzo
bacino mediterraneo
terremoto rovinoso
1857
alta Valle dell’Agri
1965-74-74-79
piede dell’Etna
paesi vicini al vulcano
terremoti violenti per molte eruzioni
1870
monti Sila
da Cosenza a Reggio
variazioni del sistema
idrogelogico
(Segue)
zone colpite
193
tipologie dei danni
Basilicata e Principato Citra sconvolgimenti gravi del
suolo
5 morti e 18 feriti e terra
aperta e chiusa
Toscana, avvertito fino a disastri sulle colline di rocLucca
ce friabili
Basilicata, Puglia e Terra di rovinate tutte le case mal
Lavoro
costruite con 105
morti e feriti
6 Correlazione tra urbanistica e terremoti
Lungiana
mucchio di rovine di tale
città
194
1873
Lazio- Italia centrale e
valle del Liri
Appennini centrali fiume danni edilizi, fratture sotMelfa
terranee
1883
Casamicciola (di natura
vulcanica)
Isola d’Ischia
distrutte 2287 delle 6626
case, 2313 morti e 762 feriti
1887
Porto Maurizio
Riviera Ponente Liguria
635 morti e 1167 feriti
1887
Bisignano
Calabria Silvana
distrutta la città
1908
Messina
territorio adiacente a Mes- interamente distrutte le
sina e Reggio Calabria
due città con 100 morti
1915
Avezzano
Abruzzo sud-ovest
1930
Zona vulcano del Vulture Melfi, Venosa ecc.
(estinto)
città distrutta con 33 mila
morti
diversi centri abitati distrutti con molti morti
1930 e 1962
Ariano Irpino
1968
Melfi
1976
Gemona
1980
Irpinia
Zone appenniniche cam- molti paesi distrutti con
pane, lucane e foggiane circa 3000 morti ed altri
danneggiati come Napoli
1984
Sette Frati
Territori da Isernia a Val di danni a molti centri abitati
Comino
1990
Sicilia
Santa Lucia
ingenti danni e 17 morti
1997-98
Assisi
Umbria e Marche
gravi danni a centri abitati e crollo della copertura
della basilica di S. Francesco
1998
Lauria
Basilicata- Calabria
frane con vittime
Valle dell’Ufta e dintorni
molti danni e morti
Valle del Belice
danni a diverse città con
centinaia di morti
Friuli
gravi danni a molti Comuni con oltre 1000 morti
Urbanistica, edilizia e rischio sismico
Terzo millennio
anni 2001-2010
luogo epicentrale
2002
S. Giuliano di Puglia
2008
in mare a 45 km da
Paola
2008
Parma, Reggio Emilia
zone colpite
tipologie dei danni
Basso Molise
danni a molti paesi del circondariato e crollo della
scuola di S. Giuliano con
conseguente decesso di
28 alunni
Basilicata
percepito anche in Calabria e Sicilia
Emilia Romagna
danni a centri storici
(Segue)
2008
L’Aquila
2012
Emilia Romagna
L’Aquila e paesi adiacenti
crolli e gravi lesioni in diversi Comuni con 293
morti
195
Comuni tra Bologna e Fer- rilevanti crolli e gravi lesiorara
ni in diversi Comuni con 7
morti e oltre 100 feriti
Purtroppo in Italia terremoti gravi nel tempo si verificano sempre. Ne costituisce testimonianza l’evento sismico che nella mattina del 20 maggio 2012 ha colpito l’Emilia Romagna con intensità pari al 5,9 della scala Richter, seguito da
ulteriori scosse di notevole magnitudo (tra 3, 4.1 e 5) con epicentro nel Comune di Mirandola, a pochi chilometri di profondità e ricadente in una zona con
una faglia di circa 40 km che ha tagliato la Valle Padana tra Modena e Ferrara, provocando 7 morti e molti feriti e all’incirca 5000 sfollati, conseguenza delle lesioni e dei crolli di edifici in molti Comuni (Fig. 6.1).
Occorre, però, tenere presente che l’attuale classificazione in zone sismiche
dei Comuni emiliani e romagnoli è del tutto inadeguata rispetto ai rischi
potenziali di tali territori. Allo stato, infatti, ben 212 Comuni (63%) sono
classificati in zona 3, tra cui anche il Comune di Mirandola epicentro del
recentissimo sisma, mentre nessun comune si trova in zona 1 (0%) e solo
111 (32%) in zona 2, 13 comuni (5%), invece, sono classificati in zona 4.
Nelle zone sismiche dei Comuni di tale Regione, peraltro adiacenti ai monti appenninici, sono sempre avvenuti gravi eventi sismici nei secoli passati, per cui sarebbe necessario riclassificare in senso più adeguato tali zone,
anche tenendo conto delle lesioni e dei crolli ad edifici monumentali di
pregio e a chiese dei centri storici (Figg. 6.2 e Fig. 6.3), al fine di migliorare i criteri di tutela e di salvaguardia degli edificati a rischio potenzia-
6 Correlazione tra urbanistica e terremoti
Fig. 6.1 - Crolli di edifici nei vari Comuni
196
le, secondo le norme del D.M. 14 gennaio 2008, e con migliore adeguamento delle leggi regionali sui modelli della pianificazione territoriale e
urbanistica.
Fig. 6.2 - Mappa zone
sismiche dei Comuni
dell’Emilia Romagna
Urbanistica, edilizia e rischio sismico
6.2
Fig. 6.3 - Lesioni e crolli di torre e chiese storiche
L’ evoluzione storica dei sistemi costruttivi edilizi urbani
La storia sismica ha dimostrato che i terremoti sulle aree antropizzate, ancorché
diversificati per l’intensità degli scuotimenti indotti, hanno avuto da sempre una
ricorrenza fondamentale con graduazione degli effetti diretti o più attenuati solo
in rapporto alla posizione delle zone colpite rispetto all’area epicentrale.
In altri termini, non c’è luogo o centro abitato che, nel corso della sua esistenza storica, non sia stato direttamente o indirettamente interessato da eventi sismici con conseguenze comprese tra la sola paura delle popolazioni e danni lievi e gli effetti distruttivi dell’edificato e la morte degli abitanti.
Ciò avrebbe dovuto comportare nell’evoluzione delle civiltà, sulla base delle
esperienze negative consumate nei secoli dalle comunità, tentativi per la praticabilità di accorgimenti atti alla difesa da questi eventi naturali, una volta constatato che l’insieme delle labilità dell’edificato rendeva più gravosi i danni prodotti da questi fenomeni naturali, per cercare di contenerne le conseguenze, a
prescindere dalla comprensione scientifica della natura dei terremoti (intervenuta solo alla fine del secondo millennio), anziché continuare a subire con fatalismo e atteggiamenti d’impotenza la violenza della natura.
Le dure esperienze subite dalle comunità in ordine alla variabilità degli effetti
sismici rispetto, sia alla posizione geografica ed alla geologia dei luoghi colpiti, che alla maggiore vulnerabilità di alcune costruzioni rispetto ad altre, nel
momento in cui si constatava che non tutte crollavano o collassavano e che
quelle che rovinavano facilmente appartenevano «all’edilizia più miserevole»,
avrebbero dovuto indurre le popolazioni a privilegiare quei sistemi costruttivi e
l’uso di quei materiali che risultavano più resistenti agli scuotimenti sismici.
Ciò sarebbe dovuto avvenire per una maggiore sicurezza dei manufatti, sia pure
nella logica del pragmatismo che ha caratterizzato per lunghi secoli le modalità costruttive degli edifici, dall’epoca del trilite fino al XIX secolo, quando fu-