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NOTIZIARIO
4 GIORNI NELLA GROTTA DELLE FATE DI S. GIULIANO
Alcuni mesi or sono, una spedizione leg gera del G.S.L. riusciva a raggiungere
in sole undici ore il fondo inesplorato della Buca delle Fate di S. Giuliano, superando di gran lunga la profondità di 110 metri toccata dalle numerose spedizioni
precedenti. Nonostante i soddisfacenti risultati dell'esplorazione, si decise di ripeterla per eseguire un accurato rilievo e per completare l'esplorazione delle numerose diramazioni rimaste inesplorate.
Il 28 giugno, una massiccia spedizione condotta dal Gruppo Speleologico Lucchese del C.A.I. in collaborazione col Gruppo Speleologico Bolognese partiva di
nuovo per la grotta, questa volta con maggior potenza di mezzi, e vi restava per
ben quattro giorni, piazzando il campo base a 75 metri di profondità.
Il primo giorno, la squadra di punta, con l'aiuto di una squadra d'appoggio,
esaurito il proprio compito tornava indietro mentre restavano al campo base i
cinque uomini di punta. Il 29 veniva rilevata tutta la parte bassa della grotta, e
nella stessa zona venivano scattate fotografie, e raccolti campioni di minerali e
di guano. Il 30 le stesse operazioni venivano eseguite nella parte mediana, ove
sono stati rinvenuti minerali di mercurio (cinabro), di ferro, (limonite, ematite) e.
limpidi cristalli di quarzo. Il primo luglio veniva sgombrato il campo base ed
aveva luogo il rilievo della parte alta della grotta.
Durante tutta la durata dell'esplorazione è stato stabilito un assiduo contatto
telefonico fra il campo base ed una casa di contadini che hanno gentilmente prestato il loro appoggio per agevolare la spedizione. La temperatura dell'aria è di 14.
fino a 98 metri di profondità, cioè nella parte iniziale; nella parte mediana, a 130
metri, sale a 16° e nel grande salone terminale raggiun ge i 17 . per balzare a 18,70
in fondo, a quota 182. Questo aumento di temperatura è probabilmente da mettersi in relazione alla presenza, nelle vicinanze, di acque termali, che tuttavia
non sono state incontrate dagli speleologi. La fauna è costituita da rettili e anfibi
trogiosseni nella prima parte, oltre a qualche raro chirottero, verso il fondo si
trovano isolati chirotteri ed abbondante fauna guanobia. A questo punto è da osservare lo strano fenomeno della progressiva sparizione di intere colonie di pipistrelli. Nel 1959 fu osservata una colonia di 1000-2000 unità a Q. 90 di cui ora non
resta traccia; poco più tardi ne fu osservata una più modesta a soli sedici metri
di profondità nei cunicoli franosi della prima sala ed anche questa è scomparsa.
Rimangono tuttavia sparsi per tutta la grotta esemplari isolati. Non meno perplessità desta la genesi di questa grotta : la diffusa credenza popolare secondo cui
si tratterebbe di un vulcano spento è senz'altro da scartare per la totale assenza
di rocce eruttive all'esterno e per la prevalenza di rocce calcaree all'interno. Probabilmente si tratta di grandi cedimenti di terreno (parte mediana) accompagnati
da erosione inversa (volte a cupola della sala iniziale e del « salone delle meraviglie »).
La grotta è formata da vani giganteschi comunicanti fri loro per mezzo di
strettoie o pozzi; per dare un'idea della vastità dell'ambiente, basta menzionare
la sala iniziale di m. 40x40x35; la sala lunga di m. 67x20x15 con pareti rivestite di
cristalli e numerose stupende stalattiti, e l'orrido e fantastico « salone delle meraviglie » di m. 58x32x40
situato a quota 170, dove stalattiti e stalagmiti di ogni
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forma e dimensione creano un suggestivo spettacolo di incomparabile bellezza.
Ed ecco i risultati del rilievo topografico: lunghezza del ramo principale di proiezione m. 194, sviluppo m. 414, profondità m. 182.
La spedizione era composta da cinque membri : Vittorio Verole, Giampiero Vitelli e Franco Mei del Gruppo Speleologico Lucchese, Giulio Badini e Antonio
Babini del Gruppo Speleologico Bolognese. La squadra d'appoggio era formata da
Rino Torlai, Averardo Taorchini, Francesco Simi e Piero Pelosi.
(C.A.I.S.)
NOTIZIARIO SPELEOLOGICO
IL CATASTO SPELEOLOGICO SARDO si è arricchito di altre cinque grotte,
che sono state scoperte ed esplorate nel gruppo del Monte Lachesos, presso Mores.
La maggiore di queste cavità, detta Su Puttu Porchinu, ha uno sviluppo di oltre
200 metri ed è molto ricca del cosiddetto « Latte di monte », calcite colloidale
dalla genesi non ancora accertata. L'esplorazione è stata completata con ricerche
di carattere faunistico e preistorico. Le cavità minori sono Sa Grutta de Sos Ladros, Su Bucu de Sos Ladros, Su Puttu de Cherchizos e Sa Grutta de Santu Marcu.
Un gruppo di esploratori del sottosuolo ha compiuto un'interessante impresa
nei Monti Amerini, a sud di Todi, dove è stata raggiunta la profondità di 80 metri
nella grotta Pozzo Callarano. La cavità ha presentato difficoltà a causa dei pozzi
da cui è in parte costituita : oltre il limite massimo raggiunto dai suoi visitatori,
appartenenti al CAI di Perugia e di Terni e al Gruppo URRI di Roma, si è intravista una prosecuzione non ancora esplorata.
Alcuni studiosi toscani hanno visitato recentemente la Grotta di Castell'Azzara
o del Sassocolato, che si apre a circa Quota 900, sulle pendici orientali del Monte
Civitella. La cavità è particolarmente interessante per la grandiosità degli ambienti
e le molte stalattiti che ne ornano le pareti e che fanno considerare la grotta del
Grossetano più ricca di concrezioni
Il fascicolo di Dicembre 1960 di Rassegna Speleologica Italiana, organo ufficiale
della Società Speleologica Italiana e dei Gruppi Grotte Italiani, reca, oltre a un
interessante e aggiornato notiziario, un nuovo notevole contributo agli studi del
mondo ipogeo, pubblicando, tra l'altro, i seguenti articoli: « A. Boegli: Les phases
de dissolution du calcaire et leur importance pour les problèmes karsiques; L.
Boldori: Appello ai biospeologi per una maggiore conoscenza delle larve dei trechini ; G. Mannino: Nuove incisioni rupestri in una grotta del Pizzo Muletta; R. R.
Tercafs: Oxychilus cellarius Mull., un mollusque cavernicole se nourrissant de Lépidoptères vivants; Rossi Osmida Gabrieli: I Buoni; A. Broglio: Ricerche statistiche sul paleolitico francese; S. Dell'Oca e A. Cigna: Il Symposium Internazionale
di Varenna sui " riempimenti naturali di grotte "; G. I. Negretti: Sull'incidente
mortale occorso durante la discesa del Pozzo della Ventrosa il 15-1-1961 ».
E' apparso il fascicolo n. 4 dell'anno I del Notiziario Speleologico Ligure « A.
Issel », che nella sua veste ciclostilata dà conto dell'attività svolta negli ultimi
mesi dello scorso anno. Tra le altre imprese va segnalata la spedizione alla Tana
di Ruglio (n. 19 Li) di cui è stata completata l'esplorazione e il rilievo. La cavità
presenta uno sviluppo planimetrico di 174 metri, e si apre nell'alta Valle Nervia,
presso Buggio, sopra Pigna.
A lato dell'attività esplorativa vanno segnalate le iniziative culturali, tra le
quali, in Italia, il II Congresso Speleologico dell'Italia Centrale, con sede a Jesi nel
marzo, e a Torino un Convegno Speleologico, compreso nel programma delle celebrazioni del Centenario dell'unità d'Italia, in occasione del quale si avrà la Prima
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Rassegna Nazionale di Fotografia Speleologica. All'estero si terrà infine, nel settembre, il Congresso Internazionale di Speleologia, con base a Vienna ed escursioni ìn varie zone per la visita delle più notevoli cavità austriache.
Nel campo delle pubblicazioni va infine ricordato il recente volume del Touring
l'Italia Storica, vol. V della collana « Conosci l'Italia », distribuito ai Soci del Sodalizio nel 1961. Nel primo capitolo, che tratta delle origini del nostro Paese, vi
sono molte notizie sulle grotte italiane, mettendo in evidenza il ruolo che esse
avevano nella preistoria come abitazioni umane.
IL GRUPPO SPELEOLOGICO LUCCHESE DEL C.A.I. ha esplorato, tra le numerose cavità che si sviluppano nel sottosuolo del Monte Pisano — la catena che
sor ge a Nord Est di Pisa — il complesso delle cosiddette « Buche delle Fate »
(N. 67 del Catasto della Toscana), di cui non erano note finora le esatte dimensioni. L'impresa, che ha richiesto un certo impe gno soprattutto per attraversare
cunicoli franosi e superare vari pozzi e salti di roccia, ha consentito di raggiungere
il fondo della cavità a 190 metri.
GROTTE BOLOGNESI. Ad un g ruppo a gguerrito di speleologi dei Gruppi Grotte di Modena, di Parma e di Bologna si deve la discesa nella Grotta Secca, che si
sviluppa per alcune centinaia di metri nelle viscere delle colline bolognesi.
Particolare impegno ha richiesto il procedere su creste dentellate irte di spuntoni e la discesa in un pozzo profondo una quarantina di metri, dopo il quale gli
esploratori han dovuto fermarsi, perchè la cavità prosegue con fessure impraticabili.
LO SPELEO CLUB ROMA ha portato felicemente a termine, nella zona di Carpineto Romano, una difficile impresa nell'Abisso Consolini, che si apre a quota
1360 sui Monti Lepini. Gli esploratori, calandosi anche a corda doppia, come si
usa nella tecnica alpinistica, sono giunti alla base dell'abisso, che trovasi a 210
metri di profondità.
GROTTE DELLA VERSILIA. Un'interessante ricognizione è stata compiuta da
alcuni esploratori spezzini, i quali sono discesi nella Grotta di Tonaro. La cavità,
che si apre nel territorio di Carrara, presenta vari specchi d'acqua, complesse concreazioni stalattitiche e un andamento a sviluppo labirintico, che sarà og getto di
future più specifiche esplorazioni.
GROTTA DELLE TASSARE. Di un'impresa non comune sono stati protagonisti
vari membri del Gruppo Speleologico CAI-CTG di Perugia, del Gruppo Grotte del
CAI di Temi, del Circolo Speleologico Idroiogico Friulano e del Gruppo Speleologico Marchigiano, i quali sono discesi nel ramo principale della Grotta delle Tassare, che occupa il N. 9 del Catasto delle grotte delle Marche. La celebre cavità,
il cui imbocco si apre sulle pendici settentrionali del Monte Nerone, in comune di
Piobbico, in provincia di Urbino, è una delle più notevoli dell'Italia Centrale e tra
le più profonde di tutta la Penisola. La ricognizione ha consentito di acquisire
dati precisi sui tempi di percorrenza e sulle modalità di distribuzione delle attrezzature necessarie all'esplorazione dell'asse principale della imponente caverna, nonché dí compiere utili osservazioni sul regime idrico sta g ionale del complesso
ipogeo.
IL GRUPPO SPELEOLOGICO SPOLETINO si è recentemente costituito e già
segna al proprio attivo notevoli imprese. Tra quelle degne di segnalazione van
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menzionate le esplorazioni delle grotte nel massiccio di S. Bettone, di quelle vicine al paese di Castagnacupa e di quella al pozzo che si sprofonda nelle vicinanze di Monte Pibbico.
GROTTE DELLA SARDEGNA. Nuova attività viene segnalata dalla Sardegna,
dove il Gruppo Grotte di Nuoro ha condotto a termine una spedizione nella voragine del Golgo, in territorio di Baunei. Oltre a notevoli risultati di carattere
scientifico, gli esploratori hanno conseguito anche un primato per quel che riguarda la discesa in verticale, che risulterebbe di circa 300 metri. Nella profonda
caverna abitano dei geotritoni, di cui è stato raccolto un interessante esemplare.
Di un'impresa veramente eccezionale sono stati protagonisti alcuni speleologhi del Gruppo Speleologico Piemontese, i quali hanno effettuato un'esplorazione
nella famosa Grotta del Caudano, che si apre nel sottosuolo di Frabosa Sottana
(Cuneo) compiendovi un esperimento di lunga permanenza: gli ardimentosi si
sono infatti trattenuti nella caverna per oltre 700 ore, allo scopo di studiare le
reazioni dell'organismo umano alle condizioni di vita nell'ambiente ipogeo. Le
ricerche, i cui dati dovranno essere elaborati nei prossimi mesi, sono servite a
raccogliere elementi attendibili su vari argomenti. In particolare, sono state svolte indagini fisiologiche sull'uomo e sugli animali tenuti in cattività nella grotta,
fisiche e biofisiche, psicologiche, bromotologiche e meteorologiche.
Lo stesso Gruppo Speleologico Piemontese ha condotto a termine altre interessanti imprese, come quella al pozzo che si apre sulla Punta Civaiera, sempre
nella zona del Cuneese, in cui vennero toccati i 250 metri di profondità, e alla
Voragine Colubraia, nelle Alpi Apuane, dove, in collaborazione col Gruppo Speleologico Bolognese, si raggiunse la profondità di 300 metri.
Sempre nelle Alpi Apuane un'altra grotta ha attirato l'attenzione degli esploratori del mondo sotterraneo : trattasi di una caverna che si apre in località Canaile, in cui sono penetrati alcuni componenti il Gruppo Grotte di Carrara, che
hanno potuto accertare la presenza di un notevole complesso che si sviluppa
sotto la zona metanifera.
Imprese di un certo rilievo non sono infine mancate anche in Italia Meridionale e Insulare: nella zona di Scario, in provincia di Salerno, sono proseguite le
ricerche compiute dall'Ufficio Grotte del T.C.I., in collaborazione con il Gabinetto di Paletnologia dell'Università di Milano, nella Grotta Grande, importante stazione preistorica di età paleolitica; nelle Murge di Cassano, in provincia di Bari,
il Gruppo Speleologico Jonico di Taranto ha raggiunto gli 80 metri di profondità
nell'Abisso di Pasciullo, mentre in agro di Martina Franca sono state compiute
interessanti esplorazioni nella Grotta delle Centocamere e, nella Grotta Trentacani.
Sono apparsi in questi ultimi tempi tre fascicoli a stampa interessanti la speleologia. Il n. 1 del 1961 della Rassegna Speleologica Italiana che pubblica, tra gli
altri, i seguenti articoli degni di menzione : A. Baggini « Sulla distribuzione della
fauna cavernicola italiana nelle categorie biospeleologiche »; G. Abel, « La grotta
del Siskogel nel massiccio del Tennengebirge nella regione di Salzburg »; G.
Abel, « Doline a strato ». Vi sono inoltre contenuti numerosi documenti riguardanti l'attività della Società Speleologica Italiana di cui la rivista è l'Organo
ufficiale.
Il Volume III, 1959-60, della Serie 3a di Le Grotte d'Italia, curato dall'istituto di Geologia dell'Università di Bologna, pubblica, oltre a un nutrito notiziario
bibliografico, i seguenti articoli: C. D'Ambrosi, « Sull'origine delle doline carsiche nel quadro generico del carsismo in generale »; W. Maucci, « La speleologenesi nel Carso Triestino »; U. Tosco, « Contributi alla conoscenza della vegetazione e della flora cavernicola italiana »; F. Anelli, « Prime ricerche paleontologiche
nella Grotta della Masseria del Monte presso Conversano »; O. Cornaggia Casti-
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glioni, « Indagini paletnologiche nella Grotta dell'Acqua nel Finalese »; A. Veggiani, « Fenomeni carsici nella formazione gessoso-solfifera di Sapigno a Maiano »;
Gruppo Speleologico Emiliano di Modena, « Le cavità naturali dell'Emilia-Romagna ». Di particolare interesse infine l'articolo di G. Pasini, sull'esplorazione dell'Antro del Corchia nelle Alpi Apuane, in cui viene messa in evidenza la fisionomia dell'importante caverna, che coi suoi 805 metri di dislivello tra il fondo e la
quota d'ingresso, è la più profonda delle grotte italiane.
A cura del Centro Speleologico Meridionale è infine apparso il primo numero della rivista quadrimestrale La Speleologia, che pubblica, fra l'altro, i seguenti
articoli : P. Parenzan, « La Grotta del Lete e Speleologia Sottomarina »; G. Mannino, « Il leone delle caverne in Sicilia »; B. Davide, « Una stazione preistorica »;
B. Lanza, « I chirotteri dell'Italia Meridionale »; C. Pegorari, « La risorgente di
Stiffe ».
Nel mese di ottobre, nel quadro delle manifestazioni celebrative del centenario dell'Unità d'Italia, si terrà a Torino la Prima Rassegna Nazionale di fotografia speleologica " Stalattite d'Oro", curata dal Gruppo Speleologico Piemontese sotto l'egida della Società Speleologica Italiana. La rassegna intende mettere
in rilievo l'importanza della fotografia per la rappresentazione del mondo sotterraneo nei suoi innumerevoli aspetti, sia da un punto di vista strettamente tecnico, documentario, scientifico, sia da quello puramente artistico.
Il Touring Club Italiano prenderà parte, fuori concorso, alla Rassegna inviando una fotografia che rappresenta, in tuta da speleologo, il Presidente Luigi Vittorio Bertarelli, che dedicò grande parte della sua attività alla scoperta e divulgazione delle bellezze del sottosuolo italiano.
SARANNO RIPRESE IN FEBBRAIO LE ESPLORAZIONI DELLE GROTTE VAPOROSE DI MONTE CRONIO DEL BACINO DI SCIACCA.
Servizio di Silvestro Cantone
Ad iniziativa della Soprintendenza alle Antichità di Agrigento, nei primi di
febbraio del 1962, la Commissione Grotte « E. Boegan » del C.A.I. di Trieste effettuerà la quarta spedizione nelle grotte vaporose di monte Cronio, misteriosa centrale del bacino idrotermale di Sciacca. La spedizione, che sarà diretta personalmente dal Soprintendente alle antichità di Agrigento dott. Pietro Griffo, avrà per
scopo principale il recupero del materiale preistorico esistente nei canali interni
dell'antro di Dedalo o, come si dice pure, stufa di S. Calogero, fino all'orlo della
voragine dello pseudo cratere. A capo degli speleologi che parteciperanno alla
spedizione sarà il comandante Giulio Ferrotti del C.A.I. di Trieste, da alcuni
anni residente a Siracusa, il quale partecipò attivamente alla spedizione del '57
guidata dal Prof. Saverio Fedeot e fu, nel '58, a capo della terza spedizione. Come
si ricorderà, la presenza di materiale preistorico nelle grotte vaporose di monte
Cronio fu accertata sin dalla prima spedizione promossa dall'E.N.I. al commissariato al Turismo ed effettuata dagli speleologi. Bruno Belga e Saverio Medot
della Commissione Grotta « E. Boege », del C.A.I. di Trieste, nel settembre 1942.
Ma l'importanza veramente eccezionale, sotto il profilo archeologico, delle grotte
vaporose di Monte Cronio sí rivelò inaspettatamente durante la seconda e la terza
spedizione. La seconda spedizione, che ebbe luogo dall'8 al 14 gnnaio del 1957 sotto
la guida del prof. Saverio Medeot, come la prima, aveva inizialmente scopi puramente speleologici e si proponeva principalmente di realizzare un 'ulteriore ricognizione della voragine dello pseudo-cratere e dei suoi canali laterali, superando
il limite dei trenta metri di profondità raggiunto nella precedente spedizione.
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Gli speleologi tries tini furono fortunati : come diavoli si calarono nell'infernale
voragine vaporosa del cratere e non solo riuscirono a superare i trenta metri di
profondità, raggiungendo i 44 metri, ma ebbero la fortuna di imbattersi ín una
deposizione rituale preistorica, composta da ben tredici vasi dell'età del rame.
Durante questa spedizione, il primo fortunato rinvenimento fu fatto dallo speleologo Tullio Bartolini, il 10 gennaio 1957: egli trovò in una galleria laterale del
cratere, dove si era addentrato solo, dopo essersi liberato della corda di sicurezza,
a 44 metri di profondità, due grandi vasi, alti circa un metro, uno intatto e. l'altro
in pezzi. Accanto ad uno di essi trovò i resti di ossa umane che testimonierebbero
l'uso dì sacrificare vite umane. Non meno fortunati furono Giorgio Coloni del
C.A.I. di Trieste e l'archeologo Santi Tino della soprintendenza di Siracusa che si
era aggregato alla spedizione, i quali, andati l'indomani per una ricognizione, si
addentrarono nella galleria aperta il giorno prima e vi scoprirono ben undici
altri vasi. In quella difficile esplorazione Tinè per poco non ci lasciò la vita. Egli
infatti, appena tornato alla base, fu colpito da un collasso. Ciò non pertanto egli
tornò alla carica nell'anno successivo cogli speleologi del C.A.I. triestino ín
occasione della terza spedizione ed eseguì altra rischiosa ricognizione alla galleria dei vasi. Questa spedizione non fu meno fortunata della seconda. Questa
volta, tra i componenti della spedizione, la cuí messa a punto era stata particolarmente curata in vista delle difficoltà da affrontare (si pensi al pericolo di
collasso, già sperimentato, a causa dell'alta temperatura che si aggira sui 450
dell'elevata umidità presente nelle stufe) tra i componenti era anche un biologo,
il dott. Enzo Busolini, assistente al Museo di storia naturale di Venezia. Egli si
era aggregato alla spedizione per studiare l'eventuale presenza nell'ambiente delle
stufe di forme vitali a organizzazione superiore o inferiore ed ebbe invece la
fortuna di fare una scoperta archeologica. Calatosi il 12 aprile 1958 nella voragine,
insieme con lo speleologo Dario Marini, per fotografare i vasi rinvenuti nella
precedente spedizione, il dott. Busolini, nella via di ritorno alla base, sbagliò
strada e andò a finire in un'altra galleria, inesplorata, dove erano tre vasi rossi
monocromi quadriansanti, tre magnifici pithoi, alti circa cinquanta centimetri,
perfettamente conservati, che non senza sforzo e emozione riuscì a fotografare.
Questa nuova scoperta suscitò, come è immaginabile,' enorme interesse non solo
tra gli studiosi e gli specialisti della materia, ma anche tra i profani: la presenza
dei vasi nei meati più segreti delle grotte vaporose aveva certamente un'origine
rituale: le viscere di monte Cronio in età preistorica funzionava da tempio. Onnai
su questo non v'è alcuno che dubiti. Monte Cronio rappresenta un cospicuo
esempio di santuario preistorico in grotta, unico forse al mondo, se si tiene conto
delle particolarissime condizioni dell'ambiente vaporoso delle stufe. Il rito avrebbe
avuto funzione propiziatoria e sarebbe stato determinato dalla necessità di placare gli dei infernali che eruttavano vapore dalle grotte e da altri spiragli che
numerosi si trovano in vari punti del monte. Attraverso un passaggio, che forse
era noto solo a essi, i sacerdoti si spingevano il più possibile nelle viscere del
monte e ivi svolgevano i loro misteriosi riti, quasi certamente cruenti, come
attesterebbero le ossa umane trovate presso uno dei vasi. Ma quale era la via
attraverso la quale i sacerdoti si addentravano nelle profonde gallerie? Poichè,
almeno per noi moderni, non è concepibile che esseri umani, per quanto dell'età
del rame, possano essersi avventurati a scendere, per svolgervi i loro riti, a sessanta metri nella voragine vaporosa, seguendo l'itinerario rischiosissimo degli
speleologi triestini, non rimane che pensare all'essistenza di un accesso più facile.
La scoperta di tale eventuale accesso sarà lo scopo di una quinta spedizione che
seguirà a quella del prossimo febbraio ed è prevista per il 1963. Essa avrà anche
lo scopo di completare i rilievi topografici e geologici iniziati nelle precedenti
s p edizioni e approfondire l'esplorazione delle numerose gallerie esistenti, a di
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versi livelli, ai lati della voragine, dove non sono logicamente da escludere nuove
scoperte archeologiche.
La quinta spedizione, sempre sotto la direzione della Sovraintendenza. alle Antichità di Agrigento, si propone, infine, nel caso che non si trovasse un facile
accesso alle gallerie dei vasi, di aprirne uno artificialmente.
Scopo dell'apertura di un facile accesso alle gallerie dei vasi è quello di consentire ai turisti di visitare il santuario preistorico e ammirare, nello stesso
posto e nella stessa posizione in cui furono collocati quattromila anni fa, gli ormai
famosi pithoi e gli altri vasi riferibili, secondo gli esperti, all'età del rame, che
secondo la più recente cronologia del Bernabò Brea, va dal 2500 al 1800 a.C. I vasi
rinvenuti nelle grotte di monte Cronio sono quasi tutti perfettamente conservati,
e come ebbe a dichiarare in occasione del loro rinvenimento, il Sapraintendente
alle Antichità di Agrigento, dott. Pietro Griffo, rappresentano cosa di interesse
assolutamente eccezionale ed è giusto che siano lasciati nel suggestivo ambiente
in cui si trovano e non vadano a finire nelle fredde sale di un museo. Come si
è detto al principio, la quarta spedizione, che avrà luogo nel prossimo mese di
febbraio, si limiterà alla raccolta del materiale preistorico scoperto nel 1942
dal prof. Medeot. Apprendiamo ora che detto materiale, contrariamente a quanto
è stato fatto per quello rinvenuto pochi anni or sono, che è andato a completare il
g ià ricco Antiquarium della Valle dei Templi di Agrigento, sarà, come è giusto, a
cura della stessa Soprintendenza, raccolto e ordinato in un antiquarium che sorgerà
sulla vetta del monte Cronio.
LE ULTIME SCOPERTE ARCHEOLOGICHE IN ISRAELE (dal Bollettino d'informazioni di gennaio 1962).
Resti di una grande città, che doveva sorgere sulla « strada marittima interna » dall'Egitto a Damasco e che fu costruita alla fine del regno di David o
all'inizio di quello di Salomone, sono stati ritrovati presso Ein Gev, un kibbutz
sulle rive orientali del Lago Kinneret (Mar di Galilea), durante recenti scavi
condotti dal Dipartimento Antichità in collaborazione con l'Istituto Avshalom per
gli Studi Patrii, affidati al prof. B. Mazar, al dott. A. Biran, al dott. M. Dothan
e a E. Dunayevsky.
Gli studi hanno messo in luce cinque città successive, costruite una sulle
rovine dell'altra. La scoperta più importante è rappresentata da una giara che
porta l'iscrizione, in caratteri ebraico-fenici, « leshakya », il che significa, secondo
il prof. ,Mazar, « appartenente al servo del vino ». Si tratta di un rarissimo esemplare dell'epoca.
Un'altra scoperta interessante consiste in diversi vasi da incenso e libagioni,
probabilmente usati per il culto degli « ospiti del cielo » (la luna e il sole), ritrovati in una stanza interna. Questo culto era a quei tempi ancora popolare fra le
masse, nonostante la legge mosaica e le ammonizioni di Geremia (cap. 44). Tanto
la giara che le coppe appartengono alla terza città, la cui esistenza si pone verso
la metà del IX secolo, durante i regni di Omri e Ahab, probabilmente distrutta
dal re assiro Shalmanesor II nell'830 a.C.; sembra che si tratti dell'antica
Susita, nome derivante dai greco Hippons, giustificato dal fatto che la regione
era ricca di cavalli.
La quarta città, sulle rovine della quinta, dovette fiorire tra la fine del
X sec. e l'inizio del IX a.C.; finì forse durante la campagna di Ben Hadad I, re
di Aran, sullo scorcio del regno di Baasha (866 a.C.).
La seconda città segue lo stesso piano generale delle precedenti e fu distrutta
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— a quanto si ritiene — durante il regno di Yoash di Israele, che profittò dell'indebolimento del regno di Aram per estendere il suo potere. La prima città, infine,
differisce completamente dalle altre e comprende un vasto edificio pubblico, forse
una fortezza o un grande granaio. Il suo fiorire si pone nell'ottavo secolo, durante
il regno di Jeroboam II, e la sua distruzione nel periodo della campagna di
Tiglath Pileser III, nel 733 a.C.
Tra le altre scoperte di questi ultimi tempi si conta una statua femminile
senza testa, che probabilmente doveva rappresentare una dea dell'Olimpo romano,
ritrovata a Cesarea e risalente al primo secolo a.C. La statua — divisa in grossi
frammenti — è di marmo giallastro colorato in porpora, un sistema che gli
scultori della romanità usavano solo per le statue degli imprenditori o degli dei
importanti. Ciò farebbe pensare che si tratti dell'effige della Dea Roma, fatta
costruire insieme ad un'altra dell'imperatore Augusto da re Erode, secondo quanto
scrive Giuseppe Flavio. Il posto dove la statua è stata ritrovata è vicino al punto
in cui si ritiene sorgesse il tempio.
Ad epoca più recente, precisamente al periodo crociato, appartengono i resti
di una cittadella ritrovata presso Safed. La città, che fu costruita nel 66 d.C. e
in seguito distrutta, fu riedificata dai Crociati che vi posero un presidio, il quale
dovette servirsi della cittadella come caserma. La cittadella è cinta da un doppio
giro di mura che racchiudono un'area di circa dieci acri. Si ritiene che dovesse
avere sette torri.
La dea di Cesarea e la cittadella crociata sono state scoperte durante gli
scavi organizzati dalla Sezione Miglioramento del Paesaggio, che dipende dall'Ufficio del Primo Ministro.
IL GIUBILEO DELLA CASSA MALATTIE.
Una grande conferenza ha solennizzato il 50 0 anniversario della fondazione
della Cassa Malattie israeliana, la « Kupat Olim » della Histadrut, che nel 1960
ha assicurato 1.470.000 lavoratori, in confronto ai 328.000 del 1948. La Cassa ha
investito 68 milioni di lire isr. in istituti ospedalieri dal 1948 ad oggi, possiede
16 ospedali con 2.600 letti, 1.000 cliniche in ogni angolo del Paese ed un'estesa
rete di ambulatori, farmacie, centri maternità ed infanzia. Solo negli ultimi
quattro anni, la Cassa ha assunto 700 nuovi medici, portando il loro numero
attuale a 2.100, 3.000 infermiere, 2.000 addetti a laboratori, farmacie, gabinetti
dentistici e tecnici.
Non essendo l'immigrazione in Israele selettiva da nessun punto di vista, il
grande compito della Cassa è stato quello di provvedere alle necessità sanitarie
dei nuovi venuti, la salute di molti dei quali era grandemente provata dalle persecuzioni e dai disagi. Malattie endemiche israeliane, come la malaria, il tifo, il
tracoma e le malattie della pelle, sono state sradicate; altre — e tra queste le
malattie infettive e la tubercolosi — sono notevolmente in declino.
Questo vasto programma ha imposto un grave peso finanziario, per cui la
Kupat Olim ha chiesto al Governo, in occasione della Conferenza in questione, di
raddoppiare il contributo per l'anno fiscale 1962-1963, e all'Agenzia Ebraica di
aumentare quello destinato alla cura dei nuovi immigranti. E' stata anche sollecitata da parte del Governo l'imposizione dell'assicurazione ospedaliera obbligatoria, da inserirsi nello schema dell'assicurazione nazionale malattie.
La Cassa Malattie fu fondata nel 1911, ancora prima che sorgesse la centrale
sindacale Histadrut di cui essa ora fa parte, da un gruppo di lavoratori agricoli
sotto forma di società di mutuo soccorso. L'appartenenza all:Histadrut porta
automaticamente il diritto all'assistenza della Cassa, sia per il lavoratore che per
la sua famiglia. I benefici dell'istituzione sono però concessi anche alle associa104
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zìoni di lavoratori religiosi, ai soldati, agli invalidi di guerra, alle famiglie
di militari e a quelle dei caduti, alle associazioni professionali giovanili e a molti
casi di assistenza particolare.
COMMEMORATO AD ATENE LUIGI PIRANDELLO.
L'Istituto Italiano di Cultura di Atene ha organizzato una serata letteraria
in occasione del 25 0 anniversario della morte di Luigi Pirandello. In questa
occasione l'Accademico di Atene Spyros Melàs e il Professore S. Battaglia, della
Università di Napoli, hanno illustrato l'opera del grande commediografo italiano.
Nel corso della manifestazione è stata consegnata all'attore greco Dimitri
Murat una medaglia conferitagli dal Ministero italiano della Pubblica Istruzione
per la sua interpretazione di opere pirandelliane sulle scene greche. Successivamente Dimitri Murat ha letto alcuni brani tratti dai capolavori di Pirandello.
(dal Bollettino di notizie dell'Ambasciata della Grecia a Roma, n. 10)
CONGRESSI INTERNAZIONALI A LECCE.
Lecce, Brindisi ed altre città dell'antica Terra d'Otranto sono state — daI
12 al 16 ottobre — sede di due congressi internazionali, tra i più importanti,
tenuti negli ultimi anni, per le discipline storiche e filologiche, anche se i luoghi
non potevano non apparire a studiosi italiani e stranieri decentrati e, per così
dire, fuori mano.
L'uno è stato il Congresso di Studi sull'Età Angioina, terzo del nuovo ciclo
(dopo quello, durato dal '50 al '54, di Congressi storici pugliesi), su « Il Regno
dall'unità normanna all'unità italiana », organizzato dalla Società di Storia Patria
per la Puglia; e seguiva il Congresso sull'Età Sveva, svoltosi in Capitanata l'ottobre del '59.
Se a rinnovare, nella disamina della critica più recente, la vicenda dei Normanni, nel ricordo del cui maggior sovrano, Ruggero II, già nel '55, in Sicilia,
sì era svolta una grande assise scientifica, erano stati scelti il Vùlture, ove aleggiarono, congiunte, la loro forza e la loro leggenda, e la Terra di Bari, la cui
conquista significò, per Roberto il Guiscardo, l'aprire alle sue genti le maggiori
fortune; se non vi poteva essere dubbio sullo scegliere la Capitanata, ove vivono
di re Enzo e di Manfredi per quella
i ricordi dell'amore profondo di Federico
' che fu la loro terra di elezione, quale il miglior teatro a risuscitare l'epica vicenda
degli Svevi (e a Federico II già, nel '50, erano stati dedicati, in quella stessa
Capitanata, un convegno, ed in Sicilia un grande congresso); la regione pugliese
che, della successiva, e al Regno non lieve, dominazione angioina, serba tracce
più vive, nei monumenti architettonici e legislativi e nel ricordo di signorie (i
Brienne, gli Enghien, i del Balzo) accentratesi a Lecce ed in Taranto, è la Terra
d'Otranto, e perciò essa fu, dall'inizio, destinata sede del terzo Congresso sul
« Regno ».
Congresso, come i precedenti, e come i due siciliani, svevo e normanno, itinerante. Sicché, apertosi e conclusosi a Lecce, ha, fra concerti, ricevimenti e sopraluoghi, tenuto riunioni a Brindisi, ad Oria, a Otranto, a Trifase, a Gallipoli, in
luoghi suggestivi, per bellezza naturale, oltre che per richiami storici.
Inaugurato, a parte i consueti discorsi ufficiali, dal prof. Pier Fausto Palumbo, con la trattazione, quasi a necessaria premessa, del tema generale proposto (« Il Regno nell'età angioina »), con la pur sempre obbligata appendice del
quadro delle fonti e della letteratura storica sul periodo, si è, quindi, rivolto ai
tèmi particolari che studiosi italiani e stranieri hanno proposto all'attenzione
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degli intervenuti, tra le discussioni frequenti e la guida moderatrice delle varie
presidenze succedutesi.
Mentre al tema generale politico si ricongiungevano le relazioni predisposte
da Roberto Cessi su « La crisi del Vespro » e da Fernand Vercauteren su « L'empereur Henri VII et Robert d'An jou », alla vicenda locale, nel quadro dello sviluppo della dominazione angioina, si rivolgevano le comunicazioni del P. Aniceto
Chiappini Ofm, su « L'Aquila tra Svevi e Angioini », di Francesco Babudri, su glí
Aspetti politici e religiosi dell'azione di Carlo II d'Angiò in favore di S. Nicola
di Bari », del sen. G. B. Tafuri, su « Le conseguenze del grande Scisma in diocesi
di Nardò », di Tommaso Pedìo, su « La vita a Potenza dai Normanni agli Aragonesi, attraverso una cronaca inedita ». Della « Spiritualità angioina e spiritualità
italiana verso il 1500 — in un efficace confronto tra Arnaldo di Villanova e Raimondo Lullo — s'è occupato P. Miquel Batllori, S. J. Assai importanti sía il
gruppo delle relazioni storico-giuridiche, 'sia quello delle relazioni filologiche e
storico-artistiche: le due di Romualdo Trifone (« Gli organi dell'amministrazione
angioina » e « L'influenza del diritto romano nella legislazione angioina ») e quella
di Francesco Calasso (« Lo Stato angioino e la nascita di una scienza del diritto
pubblico »); le relazioni di Friedrich Schneider su « Dante und die Anjou » e di
Giuseppe Agnello, su « L'architettura dell'età angioina », l'intervento sul primo
tema di Attilio Tanzarella, la comunicazione di Giuseppe A. Pastore sulle coeve
musiche dello Zacharias, quella di M. Greco su « I toponimi nei Registri angíoini ».
Parte a sé non poteva non fare il richiamo del P. Benedetto Pesci Ofm ai « Ricordi angioini in Roma ».
Particolare interesse ha presentato la seduta di Gallipoli, del 15 ottobre,
destinata all'incontro tra le delegazioni per i rapporti culturali italiana e jugoslava : dopo parole introduttive dei proff. Tadic' e Baldacci, hanno parlato: il prof.
Victor Novak (« La paleografia latina e le relazioni tra l'Italia meridionale e la
Dalmazia nei secoli VIII-XIII »), il prof. Slavko Mijuskovic' (« Le relazioni italomontenegrine nel Medio Evo »), la prof. Nada Klaic' (« Il carattere della dominazione angioina nei paesi croati e le sue conseguenze »), il prof. Barisa Kredic'
(« La Puglia nelle relazioni tra Ragusa e il Levante in età angioina »), il prof.
Cvito Fiskovic' (« Alcuni contatti artistici tra la Puglia e la Dalmazia nel Medio
Evo »), la prof. Jovanka Maksimovic' (« Simon Raguseus, scultore a Barletta sec. XIV »). Le due delegazioni hanno poi presentato all'Assemblea la proposta
di dar vita ad Codice diplomatico dei rapporti tra le due sponde adriatiche »,
tra il decadere di Roma e la fine delle repubbliche di Venezia e di Ragusa; e il
prof. Ettore Paratore vi ha aggiunto i1 vòto di un'edizione critica dei poeti
ragusèi, in italiano e in latino, nei secoli XVI e XVII; vòti che hanno poi formato
oggetto dell'o. d. g. espresso all'unanimità alla riunione di chiusura del Congresso.
Il prossimo anno, ad ottobre, a Taranto questa volta, si annuncia la quarta
manifestazione del ciclo: su « Il Regno nell'età aragonese ».
Negli stessi giorni, e con visite e sopraluoghi comuni, si è svolto anche il
11 Convegno internazionale di studi salentini, organizzato dall'omonimo Centro,
che dal primo Convegno, dell'ottobre 1952 (organizzato dalla Società di Storia
Patria come II dei Congressi storici pugliesi), trasse vita e programma.
Convegno nel convegno, un incontro di messapicisti, archeologi e linguisti,
ha caratterizzato e dato autorità ed interesse alla manifestazione: ché, se anche
a molti, specialmente d'oltre frontiera, non è stato dato di partecipare, il loro
contributo sarà ugualmente assicurato dalla stampa negli « Atti », che il Centro
di Studi Salentini viene già disponendo nel V volume della sua bella serie di
« Monografie e contributi », che fiancheggia la rivista, ormai affermata palestra
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di archeologi, filologi, dialettologi, con carattere tutt'altro che di erudizione locale.
Del problema messapico negli studi linguistici su gli antichi abitanti della regione
salentina ha parlato (dopo i discorsi introduttivi del sen. Lugi Caroli e del prof.
Guglielmo Nocera) il prof. Oronzo Parlangèli, il più attivo tra i giovani messapicisti e studiosi di dialettologia salentina. Si sono poi susseguite le comunicazioni
di Carlo Battisti (« Illirico e para-Unifico »), dei rumeni L J. Russu e Radù Vulpe
(« Le relazioni illiro-messapiche » e « Rapporti della Penisola Salentina con l'oltreadriatico »), dell'albanese Eqrem Cabei (« La presunta iscrizione illiro-balcanica
di Komani »), di Domenico Mustilli (« La ceramica messapica »), di Silvio Ferri
L'Ager Pediculorum — Plinio, 102 — e i suoi abitanti nella protostoria »), di
Giovanni Alessio, G. B. Pellegrini, S. Calderone e G. Capovilla, tutti su problemi
d'interpretazione del messapico.
Ma il Convegno è stato altresì aperto ad altri interessi. Due relazioni geografiche (l'una del prof. Osvaldo Baldacci, « La individualità geografica del Salento »,
l'altra della dr. Rosalba Parmeggiani, « Alloglotti albanesi, oggi, nel Salento »)
hanno suscitato vivissima attenzione. Un panorama degli « Scavi e scoperte archeologiche nell'estremo Salento » è stato offerto da Mario Bernardini; mentre dei
« Ritrovamenti a Valesio: elementi e frammenti architettonici di templi » ha
parlato, con vis polemica, Gabriele Marzano. Dalla geografia e dall'archeologia
passando alla storia, artistica e politica, buoni contributi sono stati recati da
Benita Sciarra (« L'abbazia di S. Andrea dell'Isola di Brindisi »), Adriano Prandi
(« Monumenti benedettini inediti nel Salento »). Giuseppe A. Pastore (« Madrigali
del sec. XVII: I "Baci" di Michele de Lipari »), Carmelo Sigliuzzo (« Il Castello
di Morciano »), G. B. Maria Teresa Tafuri (« Lo "stato di consistenza" degli armamenti e vettovagliamenti del Castello di Lecce nella seconda metà del sec. XVI »).
Pagine del Risorgimento salentino (su cui era stata presentata al Convegno, nella
seduta inaugurale, una raccolta di contributi, edita, in occasione del centenario
dell'Unità, dal Centro di Studi) sono state rievocate dal Teofilato, dal Marzano,
dal Del Sordo, dal Proto.
Importanti o. d. g., che richiedono un intensificarsi delle ricerche e degli
studi d'interesse salentino, hanno concluso il Convegno, cui altri seguiranno.
***
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PREMIO « TRIFONE NUTRICATI - BRIGANTI »
per un racconto inedito
Il Circolo per la Libertà della Cultura « Giulio Cesare Vanini », in collaborazione con la rivista di cultura « Il Campo », indice un premio per un racconto
inedito, intitolato a Trifone Nutricati-Briganti, scrittore e poeta salentino mai
debitamente valorizzato.
Il premio intende stimolare le nuove forze della narrativa italiana che, al
di là delle vane esercitazioni accademiche e stilistiche, puntualizzino ed esprimano una problematica ispirata alle prospettive sociali del nostro tempo.
All'autore del racconto, che la commissione giudicatrice dichiarerà vincitore,
verrà corrisposto un premio di lire cinquantamila.
Il racconto premiato e quelli che saranno ritenuti degni di segnalazione
verranno pubblicati nella rivista « Il Campo ».
Il giudizio della commissione giudicatrice è insindacabile.
La premiazione avrà luogo entro il 31 giugno 1962.
I lavori dovranno pervenire in cinque copie dattiloscritte entro il 31 maggio
1962, al seguente indirizzo:
Premio « Trifone Nutricati - Briganti »
Segreteria:
LECCE - via Regina Isabella, 16
Lecce, febbraio 1962.
PREMIO LETTERARIO « TERAMO » PER UN RACCONTO INEDITO
GIUGNO TERAMANO 1962
Quarta Edizione
L'Ente Provinciale per il Turismo ed il Circolo Universitario Teramano bandiscono anche per il 1962 — nelle manifestazioni del « Giugno Teramano » —
un concorso per un racconto inedito a tema libero. Il concorso, denominato
Premio Letterario « Teramo », è aperto a tutti gli scrittori — anche stranieri —
di lingua italiana.
Saranno assegnati, nel Giugno 1962, i seguenti premi :
Premio Teramo dell'Ente Provinciale per il Turismo di L. 400.000;
Premio del Comune di Teramo di L .200.000 ;Due premi della Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo di L. 100.000
ciascuno, uno dei quali comunque riservato ad uno scrittore abruzzese.
Tutti i premi sono indivisibili.
Della Commissione giudicatrice fanno parte :
Diego Valeri (Presidente), Carlo Betocchi, Carlo Bo, Giacomo Debenedetti,
Enzio Di Pompa Vòlture, Raffaele Passino. 'Segreteria: Giammario Sgattoni.
Ciascun concorrente dovrà inviare all'Ente per il Turismo, Corso San Giorgio 62, Teramo, entro e non oltre le ore 12 del 30 Marzo 1962, il proprio racconto
in cinque copie chiaramente dattiloscritte. Si può partecipare con un solo racconto, rilegato in fascicoli, e con nome cognome e indirizzo chiaramente leggibili sulla copertina.
Non vi è limite di lunghezza; ma i Giudici consigliano di non superare le
30 cartelle dattiloscritte. Le copie non saranno restituite.
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I racconti dovranno essere del tutto inediti, e non premiati in altri concorsi.
Non sarà assegnato o sarà ritirato il premio al vincitore il cui racconto risulti
già premiato o pubblicato o radiotrasmesso.
Sono esclusi dalla partecipazione al concorso i vincitori delle precedenti
edizioni; non sono esclusi i segnalati.
La Commissione giudicatrice potrà segnalare altri racconti meritevoli, agli
autori dei quali sarà rilasciata una pergamena-ricordo. Il giudizio della Commissione è definitivo ed inappellabile.
Dopo la solenne cerimonia della premiazione, cui interverranno, con i Giudici, altre personalità della cultura e dell'arte, sarà letto il racconto vincitore
del premio « Teramo ».
« PREMI SALENTO » 1962
L' Amministr azione Provinciale di Lecce
bandisce per l'autunno 1962 i seguenti premi :
a) Premio di L. 1.000.000 per un'opera narrativa, edita tra il 31 agosto 1960
ed il 15 agosto 1962, con preferenza a quella che dia un apporto alla conoscenza
del Mezzogiorno.
b) Premio Giornalismo di L. 200.000 per un servizio che illustri problemi ed
aspetti della provincia di Lecce, pubblicato in Italia su giornali di larga diffusione nazionale tra il l o gennaio 1961 e il 30 settembre 1962.
c) Premio Giornalismo di L. 200.000 per un servizio che illustri problemi
ed aspetti della provincia di Lecce, pubblicato all'Estero su giornali e riviste
tra il l o gennaio 1961 e il 30 settembre 1962.
d) Premio di L. 2.000.000 per un'opera inedita sulla industrializzazione della
provincia di Lecce in rapporto all'attuale situazione economica dell'intero Salento.
REGOLAMENTO
ART. 1. — L'Amministrazione Provinciale di Lecce indice ed organizza i
« Premi Salento ».
ART. 2. — I Premi verranno conferiti, in Lecce, nella terza decade di ottobre 1962.
ART. 3. — Le opere partecipanti al Premio per la narrativa dovranno pervenire in numero di sei copie alla Segreteria del « Premio Salento » presso l'Amministrazione Provinciale di Lecce, entro le ore 12 del 31 agosto 1962.
ART. 4. — I concorrenti ai Premi giornalistici dovranno far pervenire alla medesima Segreteria, entro le ore 12 del 30 settembre 1962, numero quattro copie
della rivista o del giornale edito in Italia o all'Estero, su cui sono apparsi ì
servizi giornalistici.
ART. 5. — I concorrenti al Premio per un'opera sulla Industrializzazione della
provincia di Lecce dovranno presentare alla stessa Segreteria, entro le ore 12
del 31 agosto 1962, numero tre copie dattiloscritte dell'opera e numero tre copie
del relativo progetto tecnico di massima, atto a far realizzare nella provincia
una o più iniziative industriali.
ART. 6. — 'Non sono ammessi ai « Premi Salento » opere e articoli che risultino già premiati in altri concorsi.
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ART. 7. — Il giudizio delle Giurie è insindacabile. Le decisioni sono adottate
a maggioranza dai presenti all'adunanza. Non sono validi i giudizi fatti pervenire
a mezzo posta.
ART.
8. — Tutti i premi sono indivisibili e non sono ammessi giudizi ex aequo.
9. — L'Amministrazione non terrà conto delle segnalazioni per l'assegnazione di secondi premi dovendo contenere la spesa entro i limiti degli stanziamenti previsti nel Bilancio.
ART.
ART. 10. —
Tutte le copie delle opere concorrenti, premiate o non, restano di
esclusiva proprietà dell'Amministrazione Provinciale di Lecce.
11. — Le Giurie terranno le loro sedute in Lecce nei giorni e nell'ora
che saranno loro comunicati dall'Amministrazione Provinciale.
ART.
ART. 12. — La partecipazione ai Premi comporta l'accettazione incondizionata,
da parte di ogni concorrente, delle norme del presente Regolamento.
Lecce, 1 . marzo 1962.
IL SEGRETARIO GENERALE
Dott. Giuseppe Camassa
IL PRESIDENTE
Avv. Girolamo Vergine
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