Attualità di Galileo: per la scienza e la libertà di ricerca

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Attualità di Galileo: per la scienza e la libertà di ricerca
Master in COMUNICAZIONE DELLE SCIENZE
Padova 29 gennaio 2015
Attualità di Galileo:
per la scienza e la libertà di ricerca
Giulio Peruzzi
Dipartimento di Fisica e Astronomia
Università di Padova
[email protected]
Copyright, 2016 © Giulio Peruzzi
Se l’umanesimo fu, veramente, rinnovata fiducia
nell’uomo e nelle sue possibilità, e comprensione
della sua attività in ogni direzione, all’influenza
umanistica è giusto rivendicare, come si è fatto,
anche il nuovo metodo d’indagine scientifica, la
rinnovata visione del mondo, il nuovo moto verso le
cose per dominarle e usarle.
La cultura italiana dal ‘400 al ‘500 vide, pur in
mezzo a tante oscillazioni e a tanti contrasti, la
convergenza di una piena formazione umana,
compiuta attraverso gli studia humanitatis, e di una
libera e fattiva espansione nel mondo.
[E. Garin, L’umanesimo italiano, Laterza, Bari 1952, pp. 252]
Conoscere - Osservare - Sperimentare
Uno dei caratteri peculiari della rivoluzione scientifica del
Seicento è la saldatura tra scienza e tecnica che segnerà in
seguito l’intero sviluppo della conoscenza scientifica
occidentale.
Sia Platone sia Aristotele avevano disprezzato l’arte
meccanica e il lavoro manuale, e l’assimilazione
dell’opposizione tra schiavi e liberi a quella tra tecnica e
scienza - tra conoscenza rivolta alla pratica e all’uso e
conoscenza rivolta alla contemplazione della verità - era
andata consolidandosi nei secoli.
Le sette arti liberali (del trivio: grammatica, retorica e
dialettica; e del quadrivio: aritmetica, geometria, musica e
astronomia) erano appunto proprie degli uomini liberi,
mentre quelle meccaniche e manuali erano proprie dei non
liberi o degli schiavi.
Un primo significativo cambiamento si ha nell’Italia del XV secolo
dall’incontro tra artisti e scienziati.
L’artista riceveva all’epoca una formazione polivalente che iniziava
nella bottega di un maestro dove apprendeva, prima di
specializzarsi, non solo la pittura e la scultura, ma anche
l’architettura e l’oreficeria.
In una sola persona, spesso,
si sovrapponevano all’artista
propriamente detto,
l’architetto, l’urbanista,
l’esperto di fortificazioni e di
balistica.
Tra i nomi di questi versatili
artisti-tecnici: Brunelleschi,
Verrocchio, Mantegna,
Leonardo da Vinci, Dürer.
Argano centrale del cantiere brunelleschiano per la cupola del Duomo di
Firenze, a tre velocità e inversione di rotazione per lavorare a ciclo continuo
(disegno di Leonardo, Codice Atlantico, 1420ca. - Da St.Sc.Treccani, IV, p.949)
Terracotta invetriata di Andrea Della Robbia - collocati nel 1487 - per la
decorazione del Loggiato dello Spedale degli Innocenti, costruito su progetto
di Brunelleschi
Questo favorì progressivi
contatti tra artisti e studiosi, tra i
quali Paolo dal Pozzo
Toscanelli, Luca Pacioli,
Cardano, Tartaglia,
Regiomontano, che ne
utilizzarono spesso l’opera.
E non dimentichiamo che Leon
Battista Alberti nel De Pictura
dette per iscritto veste teorica
alla pratica prospettica del
Brunelleschi che influì
fortemente sull’opera di
Masaccio, né dimentichiamo che
Piero della Francesca nel suo
De prospectiva pingendi fornì
ampio materiale a Pacioli per il
suo De divina proporzione.
Fra’ Luca Pacioli che dimostra il primo teorema di Euclide assieme
al suo protettore Guidobaldo da Montefeltro duca di Urbino. Di
fronte a loro un « rombicuboottaedro » mezzo riempito d’acqua.
Dipinto di Jacopo de’ Barbari (1495ca.)
Vettore Carpaccio, Visione di Sant’Agostino, Venezia, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni,
Da questi contatti nasce lentamente una nuova immagine
dello scienziato e una progressiva rivalutazione della tecnica
e dei suoi prodotti visti come funzionali al progresso della
conoscenza.
Queste esperienze seminali del Quattrocento sono in parte
alla base della rivalutazione cinquecentesca delle arti
meccaniche e della difesa sempre più decisa della loro dignità
nell’ambito della cultura.
Solo alla luce di questa faticosa riaffermazione delle arti
meccaniche, acquista significato simbolico l’atteggiamento di
Galilei, che nel 1609 punta verso il cielo il suo cannocchiale:
la fiducia in uno strumento nato nelle botteghe artigiane,
disprezzato dalla scienza, funzionale non a deformare ma a
potenziare la vista, fonte di nuova conoscenza contro
l’assolutezza del guardare “naturale” degli occhi umani.
SALV. Largo campo di filosofare a gl’intelletti specolativi parmi che
porga la frequente pratica del famoso arsenale di voi, Signori
Veneziani, ed in particolare in quella parte che mecanica si
domanda; atteso che quivi ogni sorte di strumento e di machina
vien continuamente posta in opera da numero grande d’artefici,
tra i quali, e per l’osservazioni fatte da i loro antecessori, e per
quelle che di propria avvertenza vanno continuamente per sé
stessi facendo, è forza che ve ne siano de i peritissimi e di
finissimo discorso.
SAGR. V.S. non s’inganna punto: ed io, come per natura curioso,
frequento per mio diporto la visita di questo luogo e la pratica di
questi che noi, per certa preminenza che tengono sopra ’l resto
della maestranza, domandiamo proti; la conferenza de i quali
mi ha più volte aiutato nell'investigazione della ragione di effetti
non solo maravigliosi, ma reconditi ancora e quasi inopinabili.
[G. Galilei, Discorsi e Dimostrazioni Matematiche intorno à due nuove
scienze, 1638, Opere, vol. VIII, p. 49.]
Una fisica per il copernicanesimo
INDIZI E PROVE
• De motu (1592)
• Le Mecaniche (1598, appunti di un corso pubblicati nel
1634)
Osservare, sperimentare, dimostrare matematicamente,
ideare esperimenti mentali
• Lettera a Paolo Sarpi (1604): la legge di caduta dei gravi
Dal caso particolare (modello) del piano inclinato, Galileo
sviluppa la teoria del moto uniformemente accelerato e
del modto parabolico (dal modello alla teoria – insieme di
modelli – del moto)
Galileo misura il tempo necessario a percorrere distanze
diverse, ottenendo che gli spazi percorsi sono proporzionali
ai tempi al quadrato, il che equivale a dire che le distanze
percorse dalla sfera in uguali intervalli di tempo stanno tra
loro come i numeri impari ab unitate 1, 3, 5, 7, ecc.
Infatti, supponiamo che il primo tratto percorso nel primo
intervallo sia pari a un’unità di lunghezza, la legge enunciata
da Galileo dice che le distanze percorse dall’inizio del moto
saranno 12, 22, 32, 42, ecc. cioè 1, 4, 9, 16 ecc.
Questo vuol dire che le distanze percorse in ciascun
intervallo uguale di tempo saranno 1, 4 – 1 = 3, 9 – 4 = 5, 16
– 9 = 7, ecc. È una chiara indicazione che la velocità cresce
man mano che la sfera scende sul piano: infatti nel secondo
intervallo di tempo (uguale al primo) è stato percorso un
tratto triplo, nel terzo (uguale al primo) quintuplo ecc.
Galileo ha fatto gli esperimenti per
determinare le leggi del moto?
(il foglio 116v, Ms 72 c.1608 )
INDIZI E PROVE
• De motu (1592)
• Le Mecaniche (1598, appunti di un corso pubblicati nel
1634)
Osservare, Sperimentare, dimostrare matematicamente,
ideare esperimenti mentali
• Lettera a Paolo Sarpi (1604): la legge di caduta dei gravi
• Dialogo de Cecco Ronchitti da Bruzene in Perpuosito de
la Stella Nova (1605; col benedettino Girolamo Spinelli)
[Cf. Antonio Favaro, Emilio Lovarini (1927), Luigi Gaudenzio (1966), Marisa
Milani (1988-94)]
[Le Scienze, n.434, ottobre 2004, pp. 68-79]
- Galilei si esprime per la prima
volta per iscritto a favore del
Copernicanesimo
- Un’unica fisica terrestre/celeste
- Centralità della ricerca di una
fisica per il copernicanesimo
- La consapevolezza della
necessità di riflettere in modo
approfondito sul metodo per
sviluppare la scienza nova
Sidereus Nuncius
Galileo,
Sidereus
Nuncius,
stampato a
Venezia nel
marzo del 1610
e dedicato a
Cosimo II de’
Medici, esercitò
sulla cultura
scientifica del
Seicento una
profonda
influenza.
Esso conteneva tre
fondamentali insiemi di
scoperte.
• Il primo riguardava la
superficie della Luna.
(Uso dell’analogia con
la relazione luce-ombra
di corpi terrestri)
Daniele Barbaro - Pratica della prospettiva (1568)
Lorenzo Sirigatti - Pratica di prospettiva (1596)
• Il secondo fatto del Sidereus:
costellazioni note non erano
rappresentate dalle consuete
figure, ma popolate da miriadi di
stelle. E analoghe conclusioni
riguardavano la “Via Lattea”.
Orione
Le Pleiadi
Ma “il più importante” fatto del libro
era costituito da ciò che Galileo
aveva osservato, giorno dopo
giorno, attorno a Giove (a partire
dal 7 gennaio 1610).
“Stabilii dunque e conclusi fuor di
ogni dubbio che in cielo v’erano
stelle vaganti attorno a Giove,
come Venere e Mercurio attorno al
Sole”.
La sorprendente precisione delle misure di Galileo è ben esemplificata dalla seguente tabella:
Satellite
I
II
III
IV
Galileo (1612)
1 giorno e 18,5 ore
3 giorni e 13,3 ore
7 giorni e 4 ore
16 giorni e circa 18 ore
Encyclopaedia Brit. (1910)
1 giorno e 18,48 ore
3 giorni e 13,5 ore
7 giorni e 4 ore
16 giorni e circa 18 ore
Relatività galileiana [Esperimenti mentali, metafora] 1624 e 1632
[Opere, VI, 547-49 (lettera a Francesco Ingoli) e Opere, VII, pp. 212-13 (Dialogo sui massimi sistemi)]
Rinserratevi con qualche amico nella maggior stanza che sia
sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi fate d’aver mosche,
farfalle e simili animaletti volanti; siavi anco un gran vaso d’acqua,
e dentrovi de’ pescetti; sospendasi anco in alto qualche
secchiello, che a goccia a goccia vadia versando dell’acqua in un
altro vaso di angusta bocca, che sia posto a basso:
e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli
animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della
stanza; i pesci si vedranno andar notando indifferentemente per
tutti i versi;
le stille cadenti entreranno tutte nel vaso sottopposto;
e voi, gettando all’amico alcuna cosa, non più gagliardamente la
dovrete gettare verso quella parte che verso questa, quando le
lontananze sieno uguali;
e saltando voi, come si dice,a piè giunti, eguali spazii passerete
verso tutte le parti.
Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benché
niun dubbio ci sia che mentre il vassello sta fermo non debbano
succedere così, fate muover la nave con quanta si voglia velocità;
ché (pur che il moto sia uniforme e non fluttuante in qua e in là)
voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati
effetti, né da alcuno di quelli potrete comprender se la nave
cammina o pure sta ferma: voi saltando passerete nel tavolato i
medesimi spazi che prima, né, perché la nave si muova
velocissimamente, farete maggior salti verso poppa che verso
prua, benché nel tempo che voi state in aria, il tavolato
sottopostovi scorra verso la parte contraria al vostro salto;
e gettando alcuna cosa al compagno, non con più forza bisognerà
tirarla, per arrivarlo, se egli sarà verso prua e voi verso poppa,
che se voi fuste situati per l’opposito;
le gocciole cadranno come prima nel vaso inferiore, senza
caderne pur una verso poppa, benché, mentre la gocciola è per
aria, la nave scorra molti palmi;
i pesci nella loro acqua non con più fatica noteranno verso la
precedente che verso la sussequente parte del vaso, ma con
pari agevolezza verranno al cibo posto su qualsivoglia luogo
dell’orlo del vaso; e finalmente le farfalle e le mosche
continueranno i lor voli indifferentemente verso tutte le parti, né
mai accaderà che si riduchino verso la parete che riguarda la
poppa, quasi che fussero stracche in tener dietro al veloce
corso della nave, dalla quale per lungo tempo, trattenendosi
per aria, saranno state separate;
e se abbruciando alcuna lagrima d’incenso si farà un poco di
fumo, vedrassi ascender in alto ed a guisa di nugoletta
trattenervisi, e indifferentemente muoversi non più verso
questa che quella parte.
E di tutta questa corrispondenza d’effetti ne è cagione l’esser il
moto della nave comune a tutte le cose contenute in essa ed
all’aria ancora, che per ciò dissi io che si stesse sotto coverta.
Due aspetti giocano un diverso ruolo nella legge di gravitazione
universale e nei suoi successivi sviluppi: l’andamento della forza
come il reciproco della seconda potenza della distanza e quello che
oggi viene chiamato il “principio di equivalenza di Galilei” (o “principio
di equivalenza debole”). [estrapolazione]
(Principio di equivalenza di Galilei)Veduto come la differenza di
velocità, ne i mobili di gravità diverse, si trova essere
sommamente maggiore ne i mezzi più e più resistenti [...]
dove che tra palle d’oro, di piombo, di rame, di porfido, o di
altre materie gravi, quasi del tutto insensibile sarà la
disegualità del moto per aria, ché sicuramente una palla
d’oro nel fine della scesa di cento braccia non preverrà una
di rame di quattro dita; veduto, dico, questo, cascai in
opinione che se si levasse totalmente la resistenza del
mezzo, tutte le materie descenderebbero con eguali velocità.
Galileo Galilei, Discorsi intorno a due nuove scienze, in Opere, a cura di F. Brunetti, Utet, Torino 1963, Vol. II, p. 644.
SALVIATI. Io non ho detto che la Terra non abbia principio né
esterno né interno al moto circolare, ma dico che non so qual
de’ dua ella si abbia; ed il mio non lo sapere non ha forza di
levarglielo. Ma se questo autore sa da che principio sieno
mossi in giro altri corpi mondani, che sicuramente si
muovono, dico che quello che fa muover la Terra è una cosa
simile a quella per la quale si muove Marte, Giove, e che e’
crede che si muova anco la sfera stellata; e se egli mi
assicurerà chi sia il movente di uno di questi mobili, io mi
obbligo a sapergli dire chi fa muover la Terra. Ma più, io
voglio far l’istesso s’ei mi sa insegnare chi muova le parti della
Terra in giù.
SIMPLICIO. La causa di questo effetto è notissima, e
ciaschedun sa che è la gravità.
SALVIATI. Voi errate, signor Simplicio; voi dovevi dire che
ciaschedun sa ch’ella si chiama gravità. Ma io non vi domando
del nome, ma dell’essenza della cosa: della cui essenza voi
non sapete punto più di quello che voi sappiate dell’essenza del
movente le stelle in giro, eccettuatone il nome, che a questa è
stato posto e fatto familiare e domestico per la frequente
esperienza che mille volte il giorno ne veggiamo; ma non è che
realmente noi intendiamo più, che principio o che virtù sia
quella che muove la pietra in giù, di quel che noi sappiamo chi
la muova in su, separata dal proiciente, o chi muova la Luna in
giro, eccettoché (come ho detto) il nome, che più singulare e
proprio gli abbiamo assegnato di gravità, doveché a quello con
termine più generico assegnamo virtù impressa, a quello diamo
intelligenza, o assistente, o informante, e a infiniti altri moti
diamo loro per cagione la natura.
[Galileo Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
Tolemaico e Copernicano, Einaudi, Torino 1970, pp. 284-286]
IL METODO DELLA SCIENZA NOVA
E IL SUO NUOVO STATUTO
EPISTEMOLOGICO
Copisaldi della scienza nuova
•
Libertà e assenza di auctoritas - educazione
al senso critico
Or qui, prima ch’io passi più oltre, vi dico che, nelle cose
naturali, l’autorità d’uomini non val nulla; ma voi, come
legista, mostrate farne gran capitale: ma la natura,
Signor mio, si burla delle costituzioni e decreti de i
principi, degl’imperatori e de i monarchi, a richiesta de i
quali ella non muterebbe un iota delle leggi e statuti suoi.
Aristotele fu un uomo, vedde con gli occhi, ascoltò con
gli orecchi, discorse col cervello. Io son uomo, veggo con
gli occhi, e assai più che non vedde lui: quanto al
discorrere, credo che discorresse intorno a più cose di
me; ma se più o meglio di me, intorno a quelle che
abbiamo discorso ambedue, lo mostreranno le nostre
ragioni, e non le nostre autorità.
[Galileo Galilei, Lettera a Francesco Ingoli in risposta
alla Disputatio de situ et quiete Terrae, (1624) in Le Opere, Vol. VI, p. 538.
• Metafora del sapere dei moderni è l’esplorazione di nuovi
continenti, mentre il sapere dei medievali è l’approfondimento
dei problemi sulla base di regole codificate “in libris”.
E qual cosa è più vergognosa che il sentir nelle pubbliche
dispute, mentre si tratta di conclusioni dimostrabili, uscir un di
traverso con un testo, e bene scritto in ogni altro proposito, e con
esso serrar la bocca all’avversario? Ma quando pure voi vogliate
continuare in questo modo di studiare, deponete il nome di
filosofi, e chiamatevi istorici o dottori di memoria; ché non
conviene che quelli che non filosofano mai, si usurpino l’onorato
titolo di filosofi…
Signor Simplicio, venite pure con le ragioni e con le
dimostrazioni, vostre o di Aristotile, e non con testi e nude
autorità, perché i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo
sensibile, e non sopra un mondo di carta.
[Galileo Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo]
La filosofia naturale, pur essendo in un primo tempo la sola
esercitata dai medici […], cominciò in seguito a decadere
miseramente quando i medici, abbandonando ad altri la
chirurgia, perdettero la conoscenza dell’anatomia.
[…] Costoro [i medici] in verità, come fanno le cornacchie,
affidano la sezione del corpo cui mai si sono accostati, ma
che solamente imparano a memoria dai libri degli altri o
pongono sotto agli occhi copiate, gracchiando dall’alto della
cattedra con rara presunzione: gli altri [i barbieri], essendo
inesperti a tal punto nel parlare, non possono spiegare le
dissezioni agli spettatori e rovinano ciò che è da mostrare
seguendo l’ordine del medico teorico, il quale avendo la
mano per niente abituata alla dissezione del corpo, recita la
parte del gran marinaio, contento del suo libro, non senza
aggrottar di ciglia.
[A. Vesalio, De humani corporis fabrica, 1543]
Copisaldi della scienza nuova
•
Libertà e assenza di auctoritas - educazione al senso
critico (lettera a Ingoli e polemica con i “filosofi in libris”)
•
Comunicazione e libera circolazione delle idee
•
Intersoggettività come forma di oggettività
•
Rapporto con l’esperienza: non c’è spazio - almeno sul
lungo periodo - per “imposture intellettuali”
[Sokal e Bricmont in Social Text vs. Jacques Lacan, Julia Kristeva,
Luce Irigaray, Bruno Latour, Jean Baudrillard, Gilles Deleuze, Félix
Guattari]
1) Ci sono date le E (esperienze immediate).
2) A sono gli assiomi, dai quali traiamo conclusioni. Dal punto di vista
psicologico gli A poggiano sulle E. Ma non esiste alcun percorso logico
che dalle E conduca agli A; c'è solamente una connessione intuitiva
(psicologica) e sempre “sino a nuovo ordine”.
3) Dagli A si ricavano, con procedimento deduttivo, enunciati particolari S
che possono pretendere di essere veri.
4) Gli S sono messi in relazione con le E (verifica per mezzo
dell'esperienza). Questa procedura, a ben vedere, appartiene
essa stessa alla sfera extralogica (intuitiva), non essendo di
natura logica la relazione tra i concetti che intervengono negli
enunciati e le esperienze immediate. Questa relazione tra gli S e
le E è tuttavia (pragmaticamente) molto meno incerta di quella
che sussiste tra gli A e le E (ad esempio, tra il concetto di cane e
le corrispondenti esperienze immediate). Se una tale
corrispondenza, pur restando inaccessibile alla logica, non
potesse essere stabilita con un elevato grado di certezza, tutto
l'armamentario logico non avrebbe alcun valore ai fini della
“comprensione della realtà” (esempio, la teologia).
L'aspetto essenziale è qui il legame, eternamente problematico,
fra il mondo delle idee e ciò che può essere sperimentato
(l'esperienza sensibile).
Copisaldi della scienza nuova
•
Libertà e assenza di auctoritas - educazione al senso
critico (lettera a Ingoli e polemica con i “filosofi in libris”)
•
Comunicazione e libera circolazione delle idee
•
Intersoggettività come forma di oggettività
•
Rapporto con l’esperienza: non c’è spazio - almeno sul
lungo periodo - per “Imposture intellettuali” (Sokal e
Bricmont in Social Text vs. Jacques Lacan, Julia
Kristeva, Luce Irigaray, Bruno Latour, Jean Baudrillard,
Gilles Deleuze, Félix Guattari)
•
Non c’è distinzione tra naturale e artificiale
•
La natura è matrigna, indifferente
• La natura dei moderni è diversa da quella dei medievali: in essa
non si dà distinzione di essenza tra corpi naturali e corpi artificiali.
• La natura dei moderni viene interrogata in condizioni “artificiali”:
infatti l’esperienza degli aristotelici è tratta dal mondo della
quotidianità, quella dei moderni invece deriva dagli esperimenti
“artificialmente” costruiti.
Sulle cose naturali - scrive Gassendi, (ma anche Bacone e
Cartesio) - indaghiamo allo stesso modo con cui indaghiamo sulle
cose delle quali siamo noi stessi gli autori. Nelle cose della natura
in cui ciò è possibile, facciamo uso dell’anatomia, della chimica e
di aiuti di ogni genere in modo da capire, risolvendo per quanto
possibile i corpi e come scomponendoli, di quali elementi e
secondo quali criteri essi sono composti.
Da qui il criterio del CONOSCERE COME FARE o dell’identità tra
CONOSCERE E COSTRUIRE.
La formalizzazione
•
Scienze formalizzate e scienze solo parzialmente
formalizzate: stadi di maturazione di un settore
scientifico.
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che
continuamente ci sta aperto dinanzi agli occhi (io dico
l’universo), ma non si può intendere se prima non
s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri,
ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica,
e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure
geometriche, senza i quali mezi è impossibile a
intenderne umanamente la parola; senza questi è un
aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.
Galileo Galilei, Il Saggiatore, 1623 [Edizioni Teknos, Roma 1994, p. 36]
•
La conoscenza scientifica è programmaticamente
incompleta
Estrema temerità mi è parsa sempre quella di
coloro che vogliono far la capacità umana
misura di quanto possa e sappia operar la
natura, dove che, all’incontro, e’ non è effetto
alcuno in natura, per minimo che e’ sia,
all’intera cognizion del quale possano arrivare i
più specolativi ingegni.
[Galileo Galilei, Dialogo, Einaudi, Torino 1970, p. 125.]
Ma allora:
come agire affinché la coppia natura matrigna scienza programmaticamente incompleta non
generi il consenso popolare su descrizioni
sostanzialmente inquietanti del rapporto tra gli
esseri umani, le indifferenti cose del mondo
esterno e gli sviluppi tecnologici più
imprevedibili?
Dando spazio agli insegnamenti che da Galilei in poi
rivendicano a gran voce il primato della ragione,
la pazienza e la tenacia della ricerca “da bancone”,
l’importanza di tenere vivo lo spirito critico,
il dialogo aperto e tollerante,
il senso di responsabilità dell’uomo che solo può basarsi
sulla conoscenza e sulla cultura,
la solidarietà leopardiana del genere umano tutto.
Tutti appelli che trovano orecchie pronte ovunque fuorché
nello “stupidissimo e stolidissimo volgo” e nella folla
accademica dei “filosofi in libris”.
Nuovi strumenti e il congiungimento delle “sensate
esperienze” con le “certe dimostrazioni” sono
all’origine dell’esplorazione di nuovi “continenti”.
• Il cannocchiale (ca. 1608)
• Il microscopio (ca. 1610)
• Il barometro (Torricelli 1644, Gasparo Berti
1639<?<1644)
Gli strumenti scientifici presenti nel mondo antico e
medievale (bilancia, compasso, astrolabio, primi
orologi meccanici, ecc.) erano il risultato di un lento
processo di perfezionamento.
Con gli inizi del Seicento si assiste a un’improvvisa
fase di invenzione che nel giro di un secolo cambia
profondamente l’immagine della scienza e il suo
rapporto con la società.
Si afferma l’importanza sociale della scienza e degli
scienziati: i fini della scienza sono informati al
progresso e al rinnovamento delle condizioni di vita
dell’umanità.
È necessaria una collaborazione tra ricercatori, non
casuale, ma pianificata, organizzata, istituzionalizzata
(esperimenti in concerto).
Si rifiuta di pensare al mondo come immagine vivente di
Dio: non ci sono corrispondenze segrete tra uomo e
natura, l’universo non è luogo di simboli corrispondenti ad
archetipi divini, l’impresa scientifica non si configura come
un’esperienza mistica non comunicabile.
Non il sapiente-sacerdote, né il genio del singolo sono
paradigmatici della figura dello scienziato: ma la
comunicazione e il lavoro di un gruppo nel quale conta la
divisione del lavoro, il coordinamento e l’interrelazione.
Soffermiamoci sui fondamentali passi che portano dalla
rivoluzione scientifica alla rivoluzione elettronica (cronologia
degli sviluppi paralleli di elettricità e pneumatica):
! 1600, De magnete di Gilbert
! 1644, la scoperta di Torricelli
! 1654, Otto von Guericke inventa la prima pompa
pneumatica, sviluppata in seguito (1659) da Boyle e Hooke, e
da Hauksbee (1703)
! Inizio dello studio dei “bagliori” nel vuoto (1676, Jean
Picard; 1700, Johann Bernoulli, dal 1703, Hauksbee)
! Prime proprietà dell’elettricità (Stephen Gray, 1729) e
scoperta di due tipi di carica elettrica (Charles Dufay, 1733)
!La bottiglia di Leida, 1745 (von Kleist e Peter van
Musschenbroek)
! Prime leggi dell’elettrostatica e della magnetostatica (Cavendish e
Coulomb, dal 1771 al 1889)
Eötvös (1889; 1922)
Coulomb (1777; 1784-85)
Bilancia di torsione per verificare
l’esistenza di dimensioni
aggiuntive alle 3 spaziali ordinarie
[Hoyle et al, Phys. Rev. Lett., 86
(2001) 1418-21]
! La pila di Volta (1800) e le esperienze di Ørsted (1820) e Ampère
(1820): dalle ricerche nell’elettrostatica all’elettrodinamica.
Pila a truogoli di Volta
Pila a colonna di Volta
! L’induzione elettromagnetica, Faraday, 1831
! Generatori a induzione (dal 1832, Antoine Pixii) e bobine a
induzione (dagli anni 1830, perfezionati da Ruhmkorff negli anni
1850)
Rocchetto di Rumkhorff - firmato “Rumkhorff à Paris’’
!Tubi di Geissler, 1857
Tubo Geissler
Tubi di Crookes con ruota a palette
Tubi di Plücker
Tubo a raggi X
Tubo di Goldstein raggi canale
! Le leggi del campo elettromagnetico, Clerk Maxwell, 1864
Interferometro di Michelson
(1881; Michelson-Morley 1887)
LIGO (Laser Interferometer
Gravitational-Wave Observatory) e
VIRGO, LISA …
! La scoperta dei raggi X (1895), della
radioattività (1896) e dell’elettrone (1897)
Sono queste ultime scoperte che danno il via agli
sviluppi della fisica del XX secolo (Relatività e
Meccanica Quantistica) e alla rivoluzione
elettronica.
Dalle osservazioni di Jean Picard sono passati
circa due secoli e mezzo.
Tirando le fila…
Lo stretto nesso tra invenzione di nuovi strumenti e
scoperte scientifiche è connotativo della scienza
moderna.
Viene prima lo strumento o la scoperta scientifica?
1. Esistono strumenti (come la bilancia di torsione o
l’interferometro) che si basano su teorie scientifiche
già esistenti.
2. Esistono strumenti (il cannocchiale, il barometro, i
tubi a raggi catodici, la pila di Volta) che inaugurano
nuove teorie scientifiche.
Esiste uno scarto tra intenzionalità dell’inventore e
applicazioni degli strumenti scientifici, uno scarto che
ha fatto pensare a più di uno studioso (Cavalli
Sforza*, Joel Mokyr**) che si possa applicare al
processo di invenzione, e al complementare processo
di innovazione tecnologica (le cosiddette
“microinvenzioni’’), il paradigma evolutivo darwiniano.
*L.L. Cavalli-Sforza, M.W. Feldman, Cultural Transmission
and Evolution: a Quantitative Approach, Princeton University
Press, Princeton 1981.
**J. Mokyr, The Lever of Riches. Technological Creativity
and Economic Progress, Oxford University Press, New York
1990.
Note bibliografiche
G. Peruzzi, S. Talas, Bagliori nel vuoto. Dall’Uovo
elettrico ai raggi X: un percorso tra elettricità e
pneumatica dal Seicento a oggi, Catalogo del Museo di
Storia della Fisica di Padova, Vol. 1, Canova, Treviso
2004.
G. Peruzzi, S. Talas, Il futuro di Galileo, Skira, Milano
2009
G. Peruzzi, Vortici e colori, Dedalo, Bari 2010