Le dimensioni dell`integrazione in Italia

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Le dimensioni dell`integrazione in Italia
3. LE DIMENSIONI DELL’INTEGRAZIONE IN ITALIA
3.3 L’ABITAZIONE
di Alfredo Agustoni
Negli ultimi dieci anni, la condizione abitativa della popolazione straniera si
caratterizza per alcuni elementi di continuità, che possono essere identificati in una
situazione di disagio e precarietà abbastanza generalizzate e nella decisa prevalenza
della locazione come titolo di godimento dell’alloggio. Tali elementi di continuità,
tuttavia, si inseriscono nel quadro di una situazione di complessiva trasformazione, il
cui senso è stato progressivamente reso nei Rapporti annuali che si sono succeduti.
Un primo banalissimo aspetto è costituito dall’aumento della popolazione immigrata
in Italia, che, a cavallo tra il Censimento del 2001 e quello del 2011 triplica, passando
da un milione e mezzo a quattro milioni e mezzo di presenze [cf. sezione 1, “La
presenza degli stranieri in Italia”]. Tale incremento degli stranieri presenti in Italia,
naturalmente, non può non fare avvertire il proprio impatto sui territori di
accoglienza, dove la presenza immigrata si fa sempre più visibile attraverso
caratteristici segnali (vecchi edifici tempestati di antenne paraboliche, esercizi
commerciali “etnici”). Interessando inizialmente soprattutto settori relativamente
degradati dei principali centri urbani, che continuano a esercitare un ruolo di “territori
di primo approdo”, la presenza di immigrati si è nel tempo estesa, in misura
crescente, coinvolgendo aree progressivamente abbandonate da settori di popolazione
italiana interessate da forme di mobilità sociale ascendente.
Spesso si tratta, con specifico riferimento alle aree metropolitane del Nord Ovest, di
territori già caratterizzati come ambiti di insediamento di immigrati, in quanto
precedentemente coinvolti dalle migrazioni interne. La comparsa di stranieri, in certe
situazioni, funge da acceleratore dell’“esodo” dei precedenti abitanti: nel Sedicesimo
Rapporto prendevamo in esame, a titolo esemplificativo, il caso del Quartiere
Satellite di Pioltello, in provincia di Milano, quello di Zingonia, in provincia di
Bergamo, nonché, sul Medio Adriatico, il caso di complessi la cui iniziale
destinazione ad attività di tipo turistico non era andata a buon fine e aveva spinto in
direzione di un riutilizzo di natura residenziale (potremmo menzionare, tra tutti, il
caso dell’Hotel House di Porto Recanati, in provincia di Macerata, e di Urbino2, in
provincia di Pesaro). Si tratta di territori che, ancora negli anni ‘90, erano
prevalentemente abitati da italiani, salvo essere interessati, a partire dalla fine del
decennio, da un rapido processo di “sostituzione” di popolazione.
In linea di massima, l’immissione di stranieri in un nuovo territorio segue un criterio
di “residualità”, con riferimento al fatto che gli immigrati tendono a occupare spazi
lasciati liberi dagli italiani in quanto scarsamente appetibili (questo spiega, a tratti,
fenomeni di concentrazione in caseggiati, strade o quartieri). D’altro canto,
soprattutto nell’Italia centro-settentrionale, la presenza di stranieri in un determinato
territorio finisce per incidere sulla sua stessa desiderabilità come ambito di residenza,
77
innescando un circolo vizioso come quello che abbiamo visto operare in alcuni dei
casi sopra riportati.
Indiscutibili segnali di mutamento, nel decennio trascorso, sono stati identificati nella
crescente propensione all’accesso alla proprietà della casa e alle opportunità offerte
dal welfare abitativo. Si tratta di fenomeni legati almeno in parte a stadi
relativamente avanzati dei “percorsi migratori”, caratterizzati da un maggior livello di
stabilizzazione, di integrazione lavorativa e spesso dalla formazione di una famiglia o
dal ricongiungimento familiare. Questo contribuisce a spiegare il carattere emergente
del fenomeno, in un paese dove l’immigrazione straniera costituisce una realtà ancora
recente, ma dove ormai percorsi migratori caratterizzati da una relativa anzianità
costituiscono una realtà consolidata e crescente. Nel caso dell’accesso alla proprietà,
d’altro canto, ci troviamo di fronte a consistenti ambiguità e criticità, che si stanno
manifestando in maniera sempre più acuta negli ultimi anni (dopo che, per un certo
periodo di tempo, l’emergente propensione all’acquisto da parte di stranieri era stata
univocamente interpretata come un positivo segnale d’integrazione e stabilizzazione
economica ed esistenziale). Per quanto concerne, invece, il welfare abitativo, la
crescente propensione degli stranieri all’accesso all’edilizia residenziale pubblica, si
scontra con le crescenti ristrettezze del settore.
3.3.1. Gli immigrati e il settore dell’affitto
La locazione rimane il principale titolo d’occupazione dell’alloggio da parte di
stranieri, come lo era dieci anni fa. Nel complesso, nel comprendere le dinamiche e le
trasformazioni che hanno interessato questo decennio, occorre partire dalla completa
liberalizzazione degli affitti con la legge 453/1998 (legge Zagatti). Quest’ultima
produce una serie di effetti, in generale sulla condizione degli inquilini e, più in
particolare, sulla condizione degli inquilini stranieri.
Tab. 3.3.1 - Titolo d’occupazione dell’alloggio da parte di stranieri per
macroarea
Centro-Nord
Sud
Totale Italia
Proprietà
11,8
3,4
10,9
Affitto solo o con
48,8
49,2
48,8
Familiari
Affitto con altri
22,3
24,4
22,5
Fonte: Menonna et Al. (2006)
Presa nel suo complesso, la fine dell’equo canone contribuisce alla
“marginalizzazione” del mercato degli affitti. Da un lato, prosegue cioè il trend degli
italiani verso l’accesso alla proprietà della casa, adeguatamente evidenziato nel
grafico sottostante.
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Graf. 3.3.1 – Titolo d’occupazione dell’alloggio
80
70
60
50
40
30
20
10
0
proprietà
affitto
altro
1961
1971
1981
1991
2001
2008
Fonte: Istat, dati censimento (per il 2008, dati Nomisma 1)
Dall’altro, assistiamo a un trend parallelo, per cui la permanenza nel mercato degli
affitti (quantomeno al 2004) riguarda soprattutto i settori economicamente più
deprivati, per l’esattezza il quintile di reddito più basso. L’impressione, in poche
parole, è che rimanga in affitto chi non può permettersi di fare altrimenti: tale
impressione appare supportata dai dati di una ricerca del 20072, secondo la quale il
66% degli inquilini che prevedono di rimanere in affitto giustifica la propria scelta
sulla base dell’impossibilità di accedere alla proprietà (poco più del 25% degli
intervistati fa riferimento a una presunta maggior convenienza dell’affitto).
Graf. 3.3.2 – Percentuale di nuclei in affitto per quintili di reddito
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
1° quintile
2° quintile
3° quintile
4° quintile
5° quintile
Totale
1983
1987
1991
1995
2000
2004
Fonte: Censis su dati Banca d’Italia, 2006
In parte come conseguenza della progressiva “fuga” delle fasce di reddito più elevate
dal mercato degli affitti, ma soprattutto delle incipienti difficoltà economiche che
hanno interessato le famiglie negli ultimi anni, è possibile illustrare un altro
indicatore di indiscutibile interesse, relativo all’impressionante incremento degli
sfratti per morosità sul totale degli sfratti: stando a una rilevazione del 20103, il 25%
di chi si rivolge ai sindacati inquilini lamentando uno sfratto per morosità è straniero.
1
Nomisma, La condizione abitativa in Italia. Secondo rapporto Nomisma, Agra, Roma, 2010..
Censis-Sunia-Cgil, Vivere in affitto. Più case in affitto, più mobilità residenziale e sociale, Rapporto di ricerca, 2007.
3
Cgil-Sunia, Gli immigrati e la casa, Rapporto di ricerca, 2010.
2
79
Graf. 3.3.3 - Percentuale sfratti per morosità sul totale degli sfratti
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell’Interno4
All’interno di questa popolazione inquilina socialmente sempre più marginale, gli
immigrati hanno assunto, negli anni, un peso crescente: probabilmente la loro
presenza sempre più significativa contribuisce al sia pure contenuto incremento nella
percentuale dei nuclei residenti in affitto tra il 2000 e il 2004. In qualche modo, è la
crescente presenza di famiglie immigrate a restituire fiato ad un mercato in
progressivo declino.
In questo mercato, che pure contribuisce a tenere in vita, l’immigrato è vittima di una
situazione di disagio, che sembra permanere costante lungo l’arco di tempo
considerato. Vittima della diffidenza di locatori e agenzie immobiliari, oltre che delle
difficoltà linguistiche e di un’informazione incompleta, l’immigrato ricorre sovente, e
spesso in maniera non del tutto consapevole, al mercato nero. Stando alla già citata
rilevazione del 2010, solo il 15% degli inquilini stranieri che si rivolgono agli
sportelli del Sunia vive in affitto con un contratto regolarmente registrato, contro un
39% che non ha contratto o che, comunque, non ha un contratto registrato, e un 46%
che ha un contratto registrato per una somma inferiore rispetto a quella effettivamente
corrisposta5. Ragionando sulle tendenze future, rimane da capire il possibile impatto
delle nuove normative (a partire dal “Pacchetto sicurezza”, 125/2008), che tra le
altre cose prevedono la confisca dell’alloggio, unitamente a pene detentive, per chi
affitta in nero a stranieri, nonché la possibilità per l’inquilino di vedersi drasticamente
ridotto il canone d’affitto laddove denunci una situazione d’irregolarità locativa.
Anche laddove le carte siano in regola, l’immigrato è sovente disposto a occupare un
alloggio in condizioni mediocri, in parte come conseguenza di condizioni
economiche precarie e in parte come conseguenza dell’assenza di alternative. Di
conseguenza, il crescente peso degli stranieri sulla popolazione inquilina, ha finito
per fornire una sempre più significativa occasione per affittare a buone condizioni e
senza accollarsi oneri di ristrutturazione. A buone condizioni nel senso che, a dispetto
della sua relativa fatiscenza, l’alloggio viene sovente locato a un canone maggiorato.
Come conseguenza della già discussa fine dell’“equo canone”, infatti, è prassi
4
Dexia-Censis-Federcasa, Social housing e agenzie pubbliche per la casa, in “Note e Commenti Censis”, n. 10, 2008.
Cgil-Sunia, Gli immigrati e la casa, cit.. Naturalmente, i dati citati vanno presi con le dovute cautele, perché gli
immigrati che fanno ricorso alle organizzazioni inquiline rappresentano, probabilmente, una punta del disagio e non si
prestano a rappresentare la popolazione straniera nel suo complesso. Ciò nondimeno, tali dati rendono un’idea dei
fenomeni in questione.
5
80
consolidata (costante, se non in crescita nel corso dell’ultimo decennio)
l’applicazione di un “canone speciale” agli immigrati (quasi a costituire la
“compensazione del rischio” costituito dalla locazione a un inquilino ritenuto
inaffidabile). Già nel 20006, un’indagine sui diversi capoluoghi d’Italia evidenziava la
presenza di canoni mensili a metro quadro, corrisposti da stranieri, ampiamente
superiori rispetto a quelli applicati agli italiani (si va dal 15% di Firenze al 26% di
Milano). Ancora alla fine del decennio, tra le persone che si rivolgono agli sportelli
del Sunia7, gli stranieri corrispondono un canone superiore dal 30 al 50% rispetto ai
cittadini italiani.
Il numero di stranieri che transitano per le sedi dei sindacati inquilini è, comunque,
in costante crescita: negli ultimi anni, in molte località, gli immigrati hanno finito per
costituire la maggioranza dei soggetti che contattano (e talora che si iscrivono) alle
organizzazioni dell’inquilinato. Il contatto si sviluppa spesso in occasione di una
situazione critica che l’immigrato sta vivendo, per il tramite di conoscenti, che
segnalano la presenza del servizio, oppure delle organizzazioni sindacali che lo
straniero già incontra sul luogo di lavoro. Da un lato, questo è conseguenza del
crescente peso degli immigrati in un mercato che, per il resto, appare in relativo
declino, nonché delle condizioni critiche che gli immigrati si trovano a scontare nel
settore. Dall’altro, della crescente consapevolezza e propensione a informarsi che
accompagna, nel corso del loro sviluppo, le carriere migratorie.
Altra significativa tendenza caratteristica dell’ultimo decennio è costituita dal
consolidarsi degli interventi del privato sociale in materia di accesso alla casa per gli
immigrati. Parliamo di consolidamento non solo con riferimento a un aumento delle
iniziative, ma anche di una maturazione organizzativa dei soggetti e di una crescente
articolazione delle reti di attori, che spesso coinvolgono a un tempo pubblico e
privato sociale. Un modello, già sperimentato alla fine degli anni ’90 e in seguito
affermatosi in numerosi contesti è quello dell’Agenzia sociale per la casa, costituita
dal concorso di soggetti pubblici e privati con lo scopo di promuovere l’affitto
calmierato e di agevolare l’incontro tra domanda e offerta, individuando gli alloggi
sul mercato e proponendosi come garante delle transazioni di fronte ai proprietari. A
tale modello sono assimilabili, tra le numerose altre, l’esperienza padovana del
Nuovo Villaggio, che rapidamente prende piede in altre province, prima del Veneto e
poi più in generale dell’Italia settentrionale, così come quella torinese
dell’immobiliare sociale Lo.C.A.Re, nata per iniziativa del Comune di Torino.
3.3.2. L’accesso alla proprietà
L’accesso alla proprietà della casa, da parte di nuclei stranieri caratterizzati da una
certa anzianità migratoria, è un fenomeno progressivamente consolidatosi nel corso
degli ultimi anni, soprattutto nelle regioni dell’Italia Settentrionale (meno nel Centro
e in misura del tutto irrisoria nel Mezzogiorno). Il fenomeno è stato spesso troppo
6
7
Ares 2000, L’emergenza abitativa, rapporto di ricerca, in www.sunia.it.
Cgil-Sunia, Gli immigrati e la casa, cit...
81
frettolosamente interpretato, a livello di “vulgata mediatica”, come un indiscutibile
segnale d’integrazione e di stabilizzazione dei percorsi migratori. Come abbiamo
ricordato in alcuni dei Rapporti annuali, oltre che nella pubblicazione relativa al
Progetto Radici [cf. Focus ORIM 3.3.1: Progetto Radici], fattori di questo genere
contribuiscono solo in parte a spiegare l’accresciuta propensione degli stranieri
all’acquisto della casa. In buona parte, soprattutto attorno alla metà del decennio
trascorso, tale fenomeno si è caratterizzato come risultante di una “miscela esplosiva”
legata a fattori di carattere congiunturale. In quello specifico contesto, le difficoltà già
evidenziate relativamente al settore degli affitti, si sono coniugate alla relativa
accessibilità dei mutui, specie se a tasso variabile: anche a fronte di un finanziamento
che spesso copre l’intero prezzo dell’immobile, le rate del mutuo sembrano
comunque più convenienti del canone d’affitto. Stando a una già citata inchiesta del
20078, il 47,5% degli inquilini intenzionati ad acquistare casa, giustifica la propria
scelta sulla base del fatto che “il mutuo è più conveniente del canone”.
Graf. 3.3.4 – Andamento delle compravendite, complessive e concluse da
immigrati extracomunitari, 2006-2010
900000
800000
700000
600000
500000
400000
300000
200000
100000
0
16,40%
2006
2007
17,50%
2008
15,10%
2009
12,80%
50,00%
45,00%
40,00%
35,00%
30,00%
25,00%
20,00%
15,00%
8,70%10,00%
5,00%
0,00%
Totale compravendite
Acquirente immigrato
Acquirente immigrato (%)
2010
Fonte: Scenari Immobiliari9 su dati Agenzia del Territorio; per il 2010 stima Scenari
Immobiliari
Gli immigrati sembrano reagire più tardi alle conseguenze della crisi: una contrazione
nella compravendita di case da parte loro si manifesta tra il 2007 e il 2008, con un
anno di ritardo sul mercato immobiliare. Tuttavia, a partire da quel momento, la loro
reazione appare più rapida rispetto a quella dei nostri connazionali: la loro
percentuale sul totale dei nuovi acquirenti si contrae drasticamente, fino a dimezzare
nell’arco di tre anni. Con il mutamento della congiuntura, un numero crescente di
nuclei d’immigrati si trova di fronte all’impossibilità di onorare il mutuo, a causa
della perdita o del peggioramento delle condizioni lavorative di uno o più membri del
nucleo stesso, e/o di un aumento non sostenibile del canone. Di conseguenza, le stime
sulle famiglie immigrate “ormai” proprietari della casa che abitano (nel 2006 si parla
del 10,9%, ma ancora negli anni successivi il dato appare in crescita) sono, in realtà,
probabilmente destinate a contrarsi, in ragione della presenza di numerosi nuclei
apparentemente destinati ad affrontare la perdita dell’abitazione, con conseguenze
sociali potenzialmente molto pesanti.
8
9
Censis-Sunia-Cgil, Vivere in affitto. Più case in affitto, più mobilità residenziale e sociale, cit..
Scenari Immobiliari, 6° Osservatorio Nazionale Immigrati e Casa, rapporto di ricerca, 12/2009.
82
3.3.3. Debolezze del welfare abitativo e pratiche virtuose
Un altro fenomeno che ha caratterizzato l’ultimo decennio è costituito dal progressivo
incremento della presenza straniera nell’edilizia residenziale pubblica. Soprattutto
in tempi di crisi e di fronte alla profonda crisi del welfare abitativo, la presenza di una
crescente quota di assegnatari stranieri, lungi dallo stimolare un significativo quanto
imprescindibile rilancio delle politiche abitative, si è facilmente trasformato in
occasione di “guerra tra poveri”. La legge Turco-Napolitano del 1998 stabilisce, per
gli stranieri regolarmente residenti in Italia, pari diritto all’accesso ai benefici delle
politiche abitative. La successiva legge Bossi-Fini del 2002 aggiunge il requisito del
possesso del permesso di soggiorno biennale. La normativa regionale lombarda del
2004 (l.r. 1/2004) pone, come ulteriore requisito basilare, un’anzianità abitativa in
territorio regionale almeno quinquennale (che si applica anche ai cittadini italiani, ma
finisce per interessare soprattutto gli stranieri, spesso residenti in Italia da poco e,
comunque, molto mobili sul territorio nazionale). La normativa lombarda ispira, in
qualche modo, a livello nazionale, il “Piano Casa” contenuto nella Legge Finanziaria
133/2008, secondo il quale, per accedere ai benefici del welfare abitativo, è
necessaria un’anzianità di residenza “di almeno cinque anni sul territorio regionale,
ovvero di almeno dieci anni sul territorio nazionale”.
Una situazione di questo genere va a sommarsi, nel determinare il problematico
rapporto degli stranieri con l’edilizia residenziale pubblica, al già citato sostanziale
smantellamento del welfare abitativo. Secondo uno studio effettuato dal Cresme 10, la
crisi del comparto in Italia si spiega a partire dal peso irrisorio, rispetto ad altri paesi
europei, delle risorse destinate alle politiche abitative sul complesso delle spese
sociali: siamo allo 0,1% in Italia, contro il 5,6% della Gran Bretagna, il 2,9% della
Francia, oltre il 2% della Grecia e della Danimarca, attorno all’1% dell’Olanda, della
Spagna e della Germania. Il dato tradisce, comunque, una forte riduzione degli
stanziamenti che ha interessato il nostro paese a partire dagli anni ‘80, come
evidenziato dal grafico sottostante.
Graf. 3.3.5 - Stanziamenti pubblici per la casa in milioni di euro, 1984 e 2007*
3000
2000
1000
0
1984
2007
Fonte: Cresme, 2008 (i dati relativi 2007 includono anche il Fondo per il sostegno
all’affitto)
10
Cresme, Il mercato delle costruzioni 2004-09. XII Rapporto congiunturale e previsionale, Rapporto di ricerca, 2003.
83
All’interno di questo processo di progressivo indebolimento dell’intervento pubblico,
possiamo rilevare come la presenza di famiglie di immigrati, specialmente nelle
regioni dell’Italia settentrionale, abbia cominciato a rafforzarsi nell’ultimo decennio.
Il 18,9% a Parma, il 15,5% a Brescia, 15,2% ad Ancona, il 14,2% a Bologna, il 14%
a Perugia, il 12,9% a Milano: si tratta, in alcuni casi, di una quota che sopravanza
quella della presenza immigrata nella relativa città11.
Tab. 3.3.2 - Titolari di abitazione Erp per macroripartizione geografica (totali e
immigrati extracomunitari)
2001
2004
Differenza %
Italia
2.057.704
1.835.922
- 10,8%
Nord
790.036
727.135
- 8%
Centro
457.567
358.138
- 21,7%
Sud
810.101
750.649
- 7,3%
Imm. extracom.
47.287 (2,3%)*
73.761 (4%)
+ 35,9%
Nord
30.443 (3,9%)
51.999 (7,2%)
+ 70,8%
Centro
16.432 (3,6%)
20.357 (5,7%)
+ 23,9%
Sud
412 (0,051%)
1405 (0,19%)
+ 241%
12
Fonte: Federcasa, cit. in Ministero degli Interni (* tra parentesi la percentuale di
immigrati extracomunitari sul totale)
Interessante, seguendo la tabella sopra riportata, l’evolversi della situazione
nell’edilizia residenziale pubblica dal 2001 al 2004. L’incremento, come detto, è
significativo nell’Italia settentrionale, dove la quota degli immigrati sulla popolazione
dell’Erp quasi raddoppia, e un po’ più contenuto nell’Italia centrale. Solo apparente è
la straordinarietà dell’aumento della componente straniera nelle case popolari
dell’Italia meridionale, dove in realtà la quota degli immigrati extracomunitari rimane
irrisoria (pari allo 0,19% del totale nel 2004). I trend relativi alla presenza di
immigrati nell’edilizia residenziale pubblica, naturalmente, riflettono ampiamente le
caratteristiche dell’integrazione dei migranti nei differenti contesti locali, dove tra le
numerose variabili vanno tenute in considerazione le differenti normative regionali, la
maggiore o minore stabilità dei nuovi arrivati sul territorio e la maggiore o minore
presenza di differenti nazionalità – dove è nota la maggiore propensione di
determinati raggruppamenti nazionali, rispetto ad altri, a fruire dei benefici del
welfare abitativo, anche in funzione dei rispettivi rapporti con il contesto ospitante –.
Graf. 3.3.6 - Percentuale di migranti sul totale utenza Erp in alcuni dei
principali capoluoghi del Centro-Nord: confronto 2001-2006
11
12
Dexia-Censis-Federcasa Social housing e agenzie pubbliche per la casa, cit., pag. 51.
Ministero dell’Interno, 1° Rapporto sugli stranieri in Italia, Roma, dicembre 2007.
84
20
15
10
2001
5
Ancona
Firenze
Bologna
Padova
Brescia
Milano
Torino
0
2006
Fonte: elaborazione Censis su indagine Federcasa13
Fonti:
Agustoni, A., Alietti, A. (a cura di), Migrazioni, politiche urbane e abitative. Dalla
dimensione europea alla dimensione locale, Fondazione ISMU, Milano, 2011.
Menonna A. et Al., Le condizioni abitative, in G. Blangiando, C. Farina, a cura di, Il
Mezzogiorno dopo la regolarizzazione, FrancoAngeli, Milano, pp. 110-124, 2006.
Granata, E., Lanzani, A., Novak, C., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU,
Settimo Rapporto sulle migrazioni 2001, FrancoAngeli, Milano, 2002, pp. 157-172.
Granata, E., Lanzani, A., Novak, C., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU,
Ottavo Rapporto sulle migrazioni 2002, FrancoAngeli, Milano, 2003, pp. 161-175.
Granata, E., Lanzani, A., Novak, C., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Nono
Rapporto sulle migrazioni 2003, FrancoAngeli, Milano, 2004, pp. 161-177.
Granata, E., Lanzani, A., Novak, C., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU,
Decimo Rapporto sulle migrazioni 2004, FrancoAngeli, Milano, 2005, pp. 183-198.
Agustoni, A., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Undicesimo Rapporto sulle
migrazioni 2005 FrancoAngeli, Milano, 2006, pp. 203-224
Agustoni, A., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Dodicesimo Rapporto sulle
migrazioni 2006 FrancoAngeli, Milano, 2007, pp. 164-183.
Agustoni, A., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Tredicesimo Rapporto sulle
migrazioni 2007 FrancoAngeli, Milano, 2008, pp.165-186.
Agustoni, A., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Quattordicesimo Rapporto
sulle migrazioni 2008 FrancoAngeli, Milano, 2009, pp. 141-154.
Agustoni, A., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Quindicesimo Rapporto
sulle migrazioni 2009 FrancoAngeli, Milano, 2010, pp. 141-155.
A. Agustoni, Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Sedicesimo Rapporto sulle
migrazioni 2010 FrancoAngeli, Milano, 2011, pp. 145-157.
A. Agustoni, Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Diciassettesimo Rapporto
sulle migrazioni 2011 FrancoAngeli, Milano, 2012, pp. 141-154.
13
Dexia-Censis-Federcasa Social housing e agenzie pubbliche per la casa, cit.
85