Le dimensioni dell`integrazione in Italia
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Le dimensioni dell`integrazione in Italia
3. LE DIMENSIONI DELL’INTEGRAZIONE IN ITALIA 3.3 L’ABITAZIONE di Alfredo Agustoni Negli ultimi dieci anni, la condizione abitativa della popolazione straniera si caratterizza per alcuni elementi di continuità, che possono essere identificati in una situazione di disagio e precarietà abbastanza generalizzate e nella decisa prevalenza della locazione come titolo di godimento dell’alloggio. Tali elementi di continuità, tuttavia, si inseriscono nel quadro di una situazione di complessiva trasformazione, il cui senso è stato progressivamente reso nei Rapporti annuali che si sono succeduti. Un primo banalissimo aspetto è costituito dall’aumento della popolazione immigrata in Italia, che, a cavallo tra il Censimento del 2001 e quello del 2011 triplica, passando da un milione e mezzo a quattro milioni e mezzo di presenze [cf. sezione 1, “La presenza degli stranieri in Italia”]. Tale incremento degli stranieri presenti in Italia, naturalmente, non può non fare avvertire il proprio impatto sui territori di accoglienza, dove la presenza immigrata si fa sempre più visibile attraverso caratteristici segnali (vecchi edifici tempestati di antenne paraboliche, esercizi commerciali “etnici”). Interessando inizialmente soprattutto settori relativamente degradati dei principali centri urbani, che continuano a esercitare un ruolo di “territori di primo approdo”, la presenza di immigrati si è nel tempo estesa, in misura crescente, coinvolgendo aree progressivamente abbandonate da settori di popolazione italiana interessate da forme di mobilità sociale ascendente. Spesso si tratta, con specifico riferimento alle aree metropolitane del Nord Ovest, di territori già caratterizzati come ambiti di insediamento di immigrati, in quanto precedentemente coinvolti dalle migrazioni interne. La comparsa di stranieri, in certe situazioni, funge da acceleratore dell’“esodo” dei precedenti abitanti: nel Sedicesimo Rapporto prendevamo in esame, a titolo esemplificativo, il caso del Quartiere Satellite di Pioltello, in provincia di Milano, quello di Zingonia, in provincia di Bergamo, nonché, sul Medio Adriatico, il caso di complessi la cui iniziale destinazione ad attività di tipo turistico non era andata a buon fine e aveva spinto in direzione di un riutilizzo di natura residenziale (potremmo menzionare, tra tutti, il caso dell’Hotel House di Porto Recanati, in provincia di Macerata, e di Urbino2, in provincia di Pesaro). Si tratta di territori che, ancora negli anni ‘90, erano prevalentemente abitati da italiani, salvo essere interessati, a partire dalla fine del decennio, da un rapido processo di “sostituzione” di popolazione. In linea di massima, l’immissione di stranieri in un nuovo territorio segue un criterio di “residualità”, con riferimento al fatto che gli immigrati tendono a occupare spazi lasciati liberi dagli italiani in quanto scarsamente appetibili (questo spiega, a tratti, fenomeni di concentrazione in caseggiati, strade o quartieri). D’altro canto, soprattutto nell’Italia centro-settentrionale, la presenza di stranieri in un determinato territorio finisce per incidere sulla sua stessa desiderabilità come ambito di residenza, 77 innescando un circolo vizioso come quello che abbiamo visto operare in alcuni dei casi sopra riportati. Indiscutibili segnali di mutamento, nel decennio trascorso, sono stati identificati nella crescente propensione all’accesso alla proprietà della casa e alle opportunità offerte dal welfare abitativo. Si tratta di fenomeni legati almeno in parte a stadi relativamente avanzati dei “percorsi migratori”, caratterizzati da un maggior livello di stabilizzazione, di integrazione lavorativa e spesso dalla formazione di una famiglia o dal ricongiungimento familiare. Questo contribuisce a spiegare il carattere emergente del fenomeno, in un paese dove l’immigrazione straniera costituisce una realtà ancora recente, ma dove ormai percorsi migratori caratterizzati da una relativa anzianità costituiscono una realtà consolidata e crescente. Nel caso dell’accesso alla proprietà, d’altro canto, ci troviamo di fronte a consistenti ambiguità e criticità, che si stanno manifestando in maniera sempre più acuta negli ultimi anni (dopo che, per un certo periodo di tempo, l’emergente propensione all’acquisto da parte di stranieri era stata univocamente interpretata come un positivo segnale d’integrazione e stabilizzazione economica ed esistenziale). Per quanto concerne, invece, il welfare abitativo, la crescente propensione degli stranieri all’accesso all’edilizia residenziale pubblica, si scontra con le crescenti ristrettezze del settore. 3.3.1. Gli immigrati e il settore dell’affitto La locazione rimane il principale titolo d’occupazione dell’alloggio da parte di stranieri, come lo era dieci anni fa. Nel complesso, nel comprendere le dinamiche e le trasformazioni che hanno interessato questo decennio, occorre partire dalla completa liberalizzazione degli affitti con la legge 453/1998 (legge Zagatti). Quest’ultima produce una serie di effetti, in generale sulla condizione degli inquilini e, più in particolare, sulla condizione degli inquilini stranieri. Tab. 3.3.1 - Titolo d’occupazione dell’alloggio da parte di stranieri per macroarea Centro-Nord Sud Totale Italia Proprietà 11,8 3,4 10,9 Affitto solo o con 48,8 49,2 48,8 Familiari Affitto con altri 22,3 24,4 22,5 Fonte: Menonna et Al. (2006) Presa nel suo complesso, la fine dell’equo canone contribuisce alla “marginalizzazione” del mercato degli affitti. Da un lato, prosegue cioè il trend degli italiani verso l’accesso alla proprietà della casa, adeguatamente evidenziato nel grafico sottostante. 78 Graf. 3.3.1 – Titolo d’occupazione dell’alloggio 80 70 60 50 40 30 20 10 0 proprietà affitto altro 1961 1971 1981 1991 2001 2008 Fonte: Istat, dati censimento (per il 2008, dati Nomisma 1) Dall’altro, assistiamo a un trend parallelo, per cui la permanenza nel mercato degli affitti (quantomeno al 2004) riguarda soprattutto i settori economicamente più deprivati, per l’esattezza il quintile di reddito più basso. L’impressione, in poche parole, è che rimanga in affitto chi non può permettersi di fare altrimenti: tale impressione appare supportata dai dati di una ricerca del 20072, secondo la quale il 66% degli inquilini che prevedono di rimanere in affitto giustifica la propria scelta sulla base dell’impossibilità di accedere alla proprietà (poco più del 25% degli intervistati fa riferimento a una presunta maggior convenienza dell’affitto). Graf. 3.3.2 – Percentuale di nuclei in affitto per quintili di reddito 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 1° quintile 2° quintile 3° quintile 4° quintile 5° quintile Totale 1983 1987 1991 1995 2000 2004 Fonte: Censis su dati Banca d’Italia, 2006 In parte come conseguenza della progressiva “fuga” delle fasce di reddito più elevate dal mercato degli affitti, ma soprattutto delle incipienti difficoltà economiche che hanno interessato le famiglie negli ultimi anni, è possibile illustrare un altro indicatore di indiscutibile interesse, relativo all’impressionante incremento degli sfratti per morosità sul totale degli sfratti: stando a una rilevazione del 20103, il 25% di chi si rivolge ai sindacati inquilini lamentando uno sfratto per morosità è straniero. 1 Nomisma, La condizione abitativa in Italia. Secondo rapporto Nomisma, Agra, Roma, 2010.. Censis-Sunia-Cgil, Vivere in affitto. Più case in affitto, più mobilità residenziale e sociale, Rapporto di ricerca, 2007. 3 Cgil-Sunia, Gli immigrati e la casa, Rapporto di ricerca, 2010. 2 79 Graf. 3.3.3 - Percentuale sfratti per morosità sul totale degli sfratti 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Fonte: elaborazione Censis su dati Ministero dell’Interno4 All’interno di questa popolazione inquilina socialmente sempre più marginale, gli immigrati hanno assunto, negli anni, un peso crescente: probabilmente la loro presenza sempre più significativa contribuisce al sia pure contenuto incremento nella percentuale dei nuclei residenti in affitto tra il 2000 e il 2004. In qualche modo, è la crescente presenza di famiglie immigrate a restituire fiato ad un mercato in progressivo declino. In questo mercato, che pure contribuisce a tenere in vita, l’immigrato è vittima di una situazione di disagio, che sembra permanere costante lungo l’arco di tempo considerato. Vittima della diffidenza di locatori e agenzie immobiliari, oltre che delle difficoltà linguistiche e di un’informazione incompleta, l’immigrato ricorre sovente, e spesso in maniera non del tutto consapevole, al mercato nero. Stando alla già citata rilevazione del 2010, solo il 15% degli inquilini stranieri che si rivolgono agli sportelli del Sunia vive in affitto con un contratto regolarmente registrato, contro un 39% che non ha contratto o che, comunque, non ha un contratto registrato, e un 46% che ha un contratto registrato per una somma inferiore rispetto a quella effettivamente corrisposta5. Ragionando sulle tendenze future, rimane da capire il possibile impatto delle nuove normative (a partire dal “Pacchetto sicurezza”, 125/2008), che tra le altre cose prevedono la confisca dell’alloggio, unitamente a pene detentive, per chi affitta in nero a stranieri, nonché la possibilità per l’inquilino di vedersi drasticamente ridotto il canone d’affitto laddove denunci una situazione d’irregolarità locativa. Anche laddove le carte siano in regola, l’immigrato è sovente disposto a occupare un alloggio in condizioni mediocri, in parte come conseguenza di condizioni economiche precarie e in parte come conseguenza dell’assenza di alternative. Di conseguenza, il crescente peso degli stranieri sulla popolazione inquilina, ha finito per fornire una sempre più significativa occasione per affittare a buone condizioni e senza accollarsi oneri di ristrutturazione. A buone condizioni nel senso che, a dispetto della sua relativa fatiscenza, l’alloggio viene sovente locato a un canone maggiorato. Come conseguenza della già discussa fine dell’“equo canone”, infatti, è prassi 4 Dexia-Censis-Federcasa, Social housing e agenzie pubbliche per la casa, in “Note e Commenti Censis”, n. 10, 2008. Cgil-Sunia, Gli immigrati e la casa, cit.. Naturalmente, i dati citati vanno presi con le dovute cautele, perché gli immigrati che fanno ricorso alle organizzazioni inquiline rappresentano, probabilmente, una punta del disagio e non si prestano a rappresentare la popolazione straniera nel suo complesso. Ciò nondimeno, tali dati rendono un’idea dei fenomeni in questione. 5 80 consolidata (costante, se non in crescita nel corso dell’ultimo decennio) l’applicazione di un “canone speciale” agli immigrati (quasi a costituire la “compensazione del rischio” costituito dalla locazione a un inquilino ritenuto inaffidabile). Già nel 20006, un’indagine sui diversi capoluoghi d’Italia evidenziava la presenza di canoni mensili a metro quadro, corrisposti da stranieri, ampiamente superiori rispetto a quelli applicati agli italiani (si va dal 15% di Firenze al 26% di Milano). Ancora alla fine del decennio, tra le persone che si rivolgono agli sportelli del Sunia7, gli stranieri corrispondono un canone superiore dal 30 al 50% rispetto ai cittadini italiani. Il numero di stranieri che transitano per le sedi dei sindacati inquilini è, comunque, in costante crescita: negli ultimi anni, in molte località, gli immigrati hanno finito per costituire la maggioranza dei soggetti che contattano (e talora che si iscrivono) alle organizzazioni dell’inquilinato. Il contatto si sviluppa spesso in occasione di una situazione critica che l’immigrato sta vivendo, per il tramite di conoscenti, che segnalano la presenza del servizio, oppure delle organizzazioni sindacali che lo straniero già incontra sul luogo di lavoro. Da un lato, questo è conseguenza del crescente peso degli immigrati in un mercato che, per il resto, appare in relativo declino, nonché delle condizioni critiche che gli immigrati si trovano a scontare nel settore. Dall’altro, della crescente consapevolezza e propensione a informarsi che accompagna, nel corso del loro sviluppo, le carriere migratorie. Altra significativa tendenza caratteristica dell’ultimo decennio è costituita dal consolidarsi degli interventi del privato sociale in materia di accesso alla casa per gli immigrati. Parliamo di consolidamento non solo con riferimento a un aumento delle iniziative, ma anche di una maturazione organizzativa dei soggetti e di una crescente articolazione delle reti di attori, che spesso coinvolgono a un tempo pubblico e privato sociale. Un modello, già sperimentato alla fine degli anni ’90 e in seguito affermatosi in numerosi contesti è quello dell’Agenzia sociale per la casa, costituita dal concorso di soggetti pubblici e privati con lo scopo di promuovere l’affitto calmierato e di agevolare l’incontro tra domanda e offerta, individuando gli alloggi sul mercato e proponendosi come garante delle transazioni di fronte ai proprietari. A tale modello sono assimilabili, tra le numerose altre, l’esperienza padovana del Nuovo Villaggio, che rapidamente prende piede in altre province, prima del Veneto e poi più in generale dell’Italia settentrionale, così come quella torinese dell’immobiliare sociale Lo.C.A.Re, nata per iniziativa del Comune di Torino. 3.3.2. L’accesso alla proprietà L’accesso alla proprietà della casa, da parte di nuclei stranieri caratterizzati da una certa anzianità migratoria, è un fenomeno progressivamente consolidatosi nel corso degli ultimi anni, soprattutto nelle regioni dell’Italia Settentrionale (meno nel Centro e in misura del tutto irrisoria nel Mezzogiorno). Il fenomeno è stato spesso troppo 6 7 Ares 2000, L’emergenza abitativa, rapporto di ricerca, in www.sunia.it. Cgil-Sunia, Gli immigrati e la casa, cit... 81 frettolosamente interpretato, a livello di “vulgata mediatica”, come un indiscutibile segnale d’integrazione e di stabilizzazione dei percorsi migratori. Come abbiamo ricordato in alcuni dei Rapporti annuali, oltre che nella pubblicazione relativa al Progetto Radici [cf. Focus ORIM 3.3.1: Progetto Radici], fattori di questo genere contribuiscono solo in parte a spiegare l’accresciuta propensione degli stranieri all’acquisto della casa. In buona parte, soprattutto attorno alla metà del decennio trascorso, tale fenomeno si è caratterizzato come risultante di una “miscela esplosiva” legata a fattori di carattere congiunturale. In quello specifico contesto, le difficoltà già evidenziate relativamente al settore degli affitti, si sono coniugate alla relativa accessibilità dei mutui, specie se a tasso variabile: anche a fronte di un finanziamento che spesso copre l’intero prezzo dell’immobile, le rate del mutuo sembrano comunque più convenienti del canone d’affitto. Stando a una già citata inchiesta del 20078, il 47,5% degli inquilini intenzionati ad acquistare casa, giustifica la propria scelta sulla base del fatto che “il mutuo è più conveniente del canone”. Graf. 3.3.4 – Andamento delle compravendite, complessive e concluse da immigrati extracomunitari, 2006-2010 900000 800000 700000 600000 500000 400000 300000 200000 100000 0 16,40% 2006 2007 17,50% 2008 15,10% 2009 12,80% 50,00% 45,00% 40,00% 35,00% 30,00% 25,00% 20,00% 15,00% 8,70%10,00% 5,00% 0,00% Totale compravendite Acquirente immigrato Acquirente immigrato (%) 2010 Fonte: Scenari Immobiliari9 su dati Agenzia del Territorio; per il 2010 stima Scenari Immobiliari Gli immigrati sembrano reagire più tardi alle conseguenze della crisi: una contrazione nella compravendita di case da parte loro si manifesta tra il 2007 e il 2008, con un anno di ritardo sul mercato immobiliare. Tuttavia, a partire da quel momento, la loro reazione appare più rapida rispetto a quella dei nostri connazionali: la loro percentuale sul totale dei nuovi acquirenti si contrae drasticamente, fino a dimezzare nell’arco di tre anni. Con il mutamento della congiuntura, un numero crescente di nuclei d’immigrati si trova di fronte all’impossibilità di onorare il mutuo, a causa della perdita o del peggioramento delle condizioni lavorative di uno o più membri del nucleo stesso, e/o di un aumento non sostenibile del canone. Di conseguenza, le stime sulle famiglie immigrate “ormai” proprietari della casa che abitano (nel 2006 si parla del 10,9%, ma ancora negli anni successivi il dato appare in crescita) sono, in realtà, probabilmente destinate a contrarsi, in ragione della presenza di numerosi nuclei apparentemente destinati ad affrontare la perdita dell’abitazione, con conseguenze sociali potenzialmente molto pesanti. 8 9 Censis-Sunia-Cgil, Vivere in affitto. Più case in affitto, più mobilità residenziale e sociale, cit.. Scenari Immobiliari, 6° Osservatorio Nazionale Immigrati e Casa, rapporto di ricerca, 12/2009. 82 3.3.3. Debolezze del welfare abitativo e pratiche virtuose Un altro fenomeno che ha caratterizzato l’ultimo decennio è costituito dal progressivo incremento della presenza straniera nell’edilizia residenziale pubblica. Soprattutto in tempi di crisi e di fronte alla profonda crisi del welfare abitativo, la presenza di una crescente quota di assegnatari stranieri, lungi dallo stimolare un significativo quanto imprescindibile rilancio delle politiche abitative, si è facilmente trasformato in occasione di “guerra tra poveri”. La legge Turco-Napolitano del 1998 stabilisce, per gli stranieri regolarmente residenti in Italia, pari diritto all’accesso ai benefici delle politiche abitative. La successiva legge Bossi-Fini del 2002 aggiunge il requisito del possesso del permesso di soggiorno biennale. La normativa regionale lombarda del 2004 (l.r. 1/2004) pone, come ulteriore requisito basilare, un’anzianità abitativa in territorio regionale almeno quinquennale (che si applica anche ai cittadini italiani, ma finisce per interessare soprattutto gli stranieri, spesso residenti in Italia da poco e, comunque, molto mobili sul territorio nazionale). La normativa lombarda ispira, in qualche modo, a livello nazionale, il “Piano Casa” contenuto nella Legge Finanziaria 133/2008, secondo il quale, per accedere ai benefici del welfare abitativo, è necessaria un’anzianità di residenza “di almeno cinque anni sul territorio regionale, ovvero di almeno dieci anni sul territorio nazionale”. Una situazione di questo genere va a sommarsi, nel determinare il problematico rapporto degli stranieri con l’edilizia residenziale pubblica, al già citato sostanziale smantellamento del welfare abitativo. Secondo uno studio effettuato dal Cresme 10, la crisi del comparto in Italia si spiega a partire dal peso irrisorio, rispetto ad altri paesi europei, delle risorse destinate alle politiche abitative sul complesso delle spese sociali: siamo allo 0,1% in Italia, contro il 5,6% della Gran Bretagna, il 2,9% della Francia, oltre il 2% della Grecia e della Danimarca, attorno all’1% dell’Olanda, della Spagna e della Germania. Il dato tradisce, comunque, una forte riduzione degli stanziamenti che ha interessato il nostro paese a partire dagli anni ‘80, come evidenziato dal grafico sottostante. Graf. 3.3.5 - Stanziamenti pubblici per la casa in milioni di euro, 1984 e 2007* 3000 2000 1000 0 1984 2007 Fonte: Cresme, 2008 (i dati relativi 2007 includono anche il Fondo per il sostegno all’affitto) 10 Cresme, Il mercato delle costruzioni 2004-09. XII Rapporto congiunturale e previsionale, Rapporto di ricerca, 2003. 83 All’interno di questo processo di progressivo indebolimento dell’intervento pubblico, possiamo rilevare come la presenza di famiglie di immigrati, specialmente nelle regioni dell’Italia settentrionale, abbia cominciato a rafforzarsi nell’ultimo decennio. Il 18,9% a Parma, il 15,5% a Brescia, 15,2% ad Ancona, il 14,2% a Bologna, il 14% a Perugia, il 12,9% a Milano: si tratta, in alcuni casi, di una quota che sopravanza quella della presenza immigrata nella relativa città11. Tab. 3.3.2 - Titolari di abitazione Erp per macroripartizione geografica (totali e immigrati extracomunitari) 2001 2004 Differenza % Italia 2.057.704 1.835.922 - 10,8% Nord 790.036 727.135 - 8% Centro 457.567 358.138 - 21,7% Sud 810.101 750.649 - 7,3% Imm. extracom. 47.287 (2,3%)* 73.761 (4%) + 35,9% Nord 30.443 (3,9%) 51.999 (7,2%) + 70,8% Centro 16.432 (3,6%) 20.357 (5,7%) + 23,9% Sud 412 (0,051%) 1405 (0,19%) + 241% 12 Fonte: Federcasa, cit. in Ministero degli Interni (* tra parentesi la percentuale di immigrati extracomunitari sul totale) Interessante, seguendo la tabella sopra riportata, l’evolversi della situazione nell’edilizia residenziale pubblica dal 2001 al 2004. L’incremento, come detto, è significativo nell’Italia settentrionale, dove la quota degli immigrati sulla popolazione dell’Erp quasi raddoppia, e un po’ più contenuto nell’Italia centrale. Solo apparente è la straordinarietà dell’aumento della componente straniera nelle case popolari dell’Italia meridionale, dove in realtà la quota degli immigrati extracomunitari rimane irrisoria (pari allo 0,19% del totale nel 2004). I trend relativi alla presenza di immigrati nell’edilizia residenziale pubblica, naturalmente, riflettono ampiamente le caratteristiche dell’integrazione dei migranti nei differenti contesti locali, dove tra le numerose variabili vanno tenute in considerazione le differenti normative regionali, la maggiore o minore stabilità dei nuovi arrivati sul territorio e la maggiore o minore presenza di differenti nazionalità – dove è nota la maggiore propensione di determinati raggruppamenti nazionali, rispetto ad altri, a fruire dei benefici del welfare abitativo, anche in funzione dei rispettivi rapporti con il contesto ospitante –. Graf. 3.3.6 - Percentuale di migranti sul totale utenza Erp in alcuni dei principali capoluoghi del Centro-Nord: confronto 2001-2006 11 12 Dexia-Censis-Federcasa Social housing e agenzie pubbliche per la casa, cit., pag. 51. Ministero dell’Interno, 1° Rapporto sugli stranieri in Italia, Roma, dicembre 2007. 84 20 15 10 2001 5 Ancona Firenze Bologna Padova Brescia Milano Torino 0 2006 Fonte: elaborazione Censis su indagine Federcasa13 Fonti: Agustoni, A., Alietti, A. (a cura di), Migrazioni, politiche urbane e abitative. Dalla dimensione europea alla dimensione locale, Fondazione ISMU, Milano, 2011. Menonna A. et Al., Le condizioni abitative, in G. Blangiando, C. Farina, a cura di, Il Mezzogiorno dopo la regolarizzazione, FrancoAngeli, Milano, pp. 110-124, 2006. Granata, E., Lanzani, A., Novak, C., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Settimo Rapporto sulle migrazioni 2001, FrancoAngeli, Milano, 2002, pp. 157-172. Granata, E., Lanzani, A., Novak, C., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Ottavo Rapporto sulle migrazioni 2002, FrancoAngeli, Milano, 2003, pp. 161-175. Granata, E., Lanzani, A., Novak, C., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Nono Rapporto sulle migrazioni 2003, FrancoAngeli, Milano, 2004, pp. 161-177. Granata, E., Lanzani, A., Novak, C., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Decimo Rapporto sulle migrazioni 2004, FrancoAngeli, Milano, 2005, pp. 183-198. Agustoni, A., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Undicesimo Rapporto sulle migrazioni 2005 FrancoAngeli, Milano, 2006, pp. 203-224 Agustoni, A., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Dodicesimo Rapporto sulle migrazioni 2006 FrancoAngeli, Milano, 2007, pp. 164-183. Agustoni, A., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Tredicesimo Rapporto sulle migrazioni 2007 FrancoAngeli, Milano, 2008, pp.165-186. Agustoni, A., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Quattordicesimo Rapporto sulle migrazioni 2008 FrancoAngeli, Milano, 2009, pp. 141-154. Agustoni, A., Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Quindicesimo Rapporto sulle migrazioni 2009 FrancoAngeli, Milano, 2010, pp. 141-155. A. Agustoni, Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Sedicesimo Rapporto sulle migrazioni 2010 FrancoAngeli, Milano, 2011, pp. 145-157. A. Agustoni, Abitare e Insediarsi, in Fondazione ISMU, Diciassettesimo Rapporto sulle migrazioni 2011 FrancoAngeli, Milano, 2012, pp. 141-154. 13 Dexia-Censis-Federcasa Social housing e agenzie pubbliche per la casa, cit. 85