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RACCOLTA SENTENZE SENTENZE 1992 Cass. Civ. 7/01/92 n. 49 - Immissioni - Regolamento - Uso proprietà esclusiva Il regolamento di condominio predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, ove sia accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto nei registri immobiliari, assume carattere convenzionale e vincola tutti i successivi acquirenti, non solo per le clausole che disciplinano l'uso o il godimento dei servizi o delle parti comuni, ma anche per quelle che restringono i poteri e le facoltà dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca. Ne consegue che qualora il regolamento di condominio faccia divieto di svolgere determinate attività (nella specie: divieto di adibire i locali del fabbricato condominiale ad esercizio di ristorante) non occorre accertare, al fine di ritenere l'attività stessa illegittima, se questa costituisca oppure no immissione vietata a norma dell'art. 844 c.c., con le limitazioni ed i temperamenti in tale norma indicati, in quanto le norme regolamentari di natura contrattuale possono legittimamente imporre limitazioni al godimento della propriet à esclusiva anche diverse o maggiori di quelle stabilite dalla citata norma, e l'obbligo del condominio di adeguarsi alla norma regolamentare discende in via immediata e diretta ex contractu per il generale principio espresso dall'art. 1372 c.c.). Il regolamento convenzionale di condominio, anche se non materialmente inserito nel testo del contratto di compravendita dei singoli appartamenti compresi nell'edificio condominiale, fa corpo con essi purché espressamente richiamato ed approvato, di guisa che le sue clausole rientrano per relationem nel contenuto dei singoli contratti di acquisto; e poiché il richiamo per relationem del contenuto del regolamento è opera di entrambi i contraenti, ne deriva che le singole clausole restano fuori della previsione legislativa del secondo comma dell'art. 1341 c.c. che nel sancire la necessità della specifica approvazione fa riferimento alle sole clausole cosiddette "vessatorie" che risultano predisposte da una soltanto delle parti contraenti. Cass.04/02/92 n.1195 - Immissioni I limiti di destinazione e di uso imposti da un regolamento di condominio ad una unità immobiliare di proprietà esclusiva sono opponibili, pur in difetto della trascrizione del relativo atto, al terzo acquirente, nel caso in cui lo stesso nel contratto di compravendita abbia espressamente dichiarato di conoscere il regolamento di condominio e di accettarlo in ogni sua parte (nella specie il regolamento condominiale conteneva una clausola che vietava l'adibizione degli appartamenti ad attività rumorose, insalubri, ed emananti esalazioni nocive o sgradevoli). Qualora i condomini, con il regolamento di condominio, abbiano disciplinato i loro rapporti reciproci in materia di immissioni con norma più rigorosa di quella dettata dall'art. 844 c.c., che ha carattere dispositivo, della liceità o meno della concreta immissione si deve giudicare non alla stregua del principio generale posto dalla legge, bensì del criterio di valutazione fissato nel regolamento (nella specie trattavasi dell'installazione di una tipografia nonostante che il regolamento facesse divieto di svolgere attività rumorose od emananti esalazioni nocive) . Cass. 07/03/92 - n. 2774 - Canna fumaria Il condomino che inserisce la propria canna fumaria nel lastrico solare comune, incorporandone una porzione, con opere murarie, al servizio esclusivo del proprio appartamento, pone in essere un atto di utilizzazione particolare della cosa che non ne compromette necessariamente la destinazione e che deve essere, pertanto, considerato del tutto legittimo se, trattandosi della occupazione di una zona periferica di una parte del tutto trascurabile rispetto alla superficie complessiva del lastrico, possa, in concreto, escludersi, che la predetta utilizzazione, menomi la funzione di copertura e calpestio del lastrico o le possibilità di uso degli altri comproprietari .Cass. 10/04/92 n. 4405 - Tabelle Millesimali La domanda di uno dei condomini per l'accertamento della invalidità ed inefficacia della tabella millesimale deliberata dall'assemblea dei condomini senza voto unanime, deve essere necessariamente proposta nei confronti di tutti i condomini, e non anche del solo amministratore del condominio, la cui rappresentanza processuale passiva dei condomini è limitata, a norma dell'art. 1131 c.c. alle parti comuni dell'edificio, ma che è passivamente legittimato ad causam per la tutela degli interessi comuni, sui quali la domanda di accertamento della invalidità delle tabelle millesimali è destinata a riflettersi .Cass. 19/05/92 n. 5977 - Regolamento La disposizione di un regolamento condominiale che prevede una indennità di mora in caso di ritardato pagamento dei contributi da parte dei condomini non ha natura di clausola penale e di conseguenza non può essere soggetta a riduzione in sede giudiziale, non competendo al giudice un potere di riduzione che finirebbe per modificare la norma regolamentare secondo le diverse e concrete applicazioni con la conseguente perdita, nei confronti dei condomini, della sua funzione. Cass. 27/06/92 n. 8074 - Assemblea La mancata comunicazione, agli aventi diritto, dell'avviso di convocazione dell'assemblea dei condomini prescritto dall'art. 1136, comma sesto, c.c., comporta la nullità assoluta ed insanabile della deliberazione, opponibile anche dai condomini che hanno ricevuto la comunicazione e partecipato all'assemblea. Cass. 24/08/92 - n. 9828 - Spese Poiché l'amministratore di condominio nell'attività di riscossione dei contributi dovuti da ciascun condomino per l'utilizzazione delle cose comuni agisce in rappresentanza degli altri condomini, le controversie che insorgono in ordine a tale riscossione costituiscono una lite tra condomini soggetta quanto alla competenza territoriale ai criteri dell'art. 23 c.p.c. e quindi devoluta alla cognizione del giudice del luogo in cui si trova l'immobile condominiale Cass. 29/08/92 n. 9999 - Cancelli In tema di condominio di edifici la delibera assembleare, con la quale sia stata disposta la chiusura di un'area di accesso al fabbricato condominiale con un cancello o con una sbarra comandati elettricamente e con consegna del congegno di apertura e di chiusura ai proprietari delle singole unità immobiliari, rientra nei poteri dell'assemblea dei condomini, attinendo all'uso della cosa comune ed alla sua regolamentazione, senza sopprimere o limitare le facoltà di godimento dei condomini, e non incorre, pertanto, nel divieto stabilito dall'art. 1120, comma secondo, c.c. per le innovazioni pregiudizievoli delle facoltà di godimento dei condomini, non incidendo sull'essenza del bene comune, né alterandone la funzione o la destinazione. In tema di condominio di edifici la delibera assembleare, con la quale sia stata disposta la chiusura di un'area di accesso al fabbricato condominiale con un cancello o con una sbarra comandati elettricamente e con consegna del congegno di apertura e di chiusura ai proprietari delle singole unità immobiliari, rientra nei poteri dell'assemblea dei condomini, attinendo all'uso della cosa comune ed alla sua regolamentazione, senza sopprimere o limitare le facoltà di godimento dei condomini, e non incorre, pertanto, nel divieto stabilito dall'art. 1120, comma secondo, c.c. per le innovazioni pregiudizievoli delle facoltà di godimento dei condomini, non incidendo sull'essenza del bene comune, né alterandone la funzione o la destinazione Cass. 02/10/92 - n.- 10838 - Amministratore - responsabiltà In tema di condominio di edifici l'approvazione assembleare dell'operato dell'amministratore e la mancata impugnativa delle relative delibere preclude l'azione di responsabilità al singolo condomino leso dall'attività e dalle iniziative arbitrarie dello stesso soltanto per le attività di gestione dei beni e dei servizi condominiali, per le quali il potere di approvazione compete esclusivamente all'assemblea a norma dell'art. 1135 n. 3 c.c. La delibera assembleare di approvazione non esclude invece l'anzidetta responsabilità nel caso di mancata tempestiva informazione da parte dell'amministratore di atti che hanno incidenza diretta sul patrimonio del singolo condomino, come nel caso di mancato riferimento di perizie relative a controversie con altri soggetti. Cass. 19/10/92 - n. 11449 - delibera La domanda proposta da un condomino nei confronti di altro condomino per ottenere la riduzione in pristino della facciata dell'edificio condominiale, ove comporti l'accertamento del diritto del condomino convenuto di modificare sostanzialmente la facciata dell'edificio in forza del proprio titolo d'acquisto, essendo destinata ad incidere sui diritti su un bene comune degli altri condomini, deve essere decisa nei confronti di tutti, perché investe un rapporto giuridico unico ed indivisibile, con la conseguenza che deve disporsi l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini pretermessi a norma dell'art. 102 cod. proc. civ. La domanda proposta da un condomino nei confronti di altro condomino per ottenere la riduzione in pristino della facciata dell'edificio condominiale, ove comporti l'accertamento del diritto del condomino convenuto di modificare sostanzialmente la facciata dell'edificio in forza del proprio titolo d'acquisto, essendo destinata ad incidere sui diritti su un bene comune degli altri condomini, deve essere decisa nei confronti di tutti, perché investe un rapporto giuridico unico ed indivisibile, con la conseguenza che deve disporsi l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini pretermessi a norma dell'art. 102 cod. proc. civ. In tema di condominio di edifici l'approvazione assembleare dell'operato dell'amministratore e la mancata impugnativa delle relative delibere preclude l'azione di responsabilità al singolo condomino leso dall'attività e dalle iniziative arbitrarie dello stesso soltanto per le attività di gestione dei beni e dei servizi condominiali, per le quali il potere di approvazione compete esclusivamente all'assemblea a norma dell'art. 1135 n. 3 c.c. La delibera assembleare di approvazione non esclude invece l'anzidetta responsabilità nel caso di mancata tempestiva informazione da parte dell'amministratore di atti che hanno incidenza diretta sul patrimonio del singolo condomino, come nel caso di mancato riferimento di perizie relative a controversie con altri soggetti. Cass. 21/10/92 - n. 11509 - Facciata La domanda proposta da un condomino nei confronti di altro condomino per ottenere la riduzione in pristino della facciata dell'edificio condominiale, ove comporti l'accertamento del diritto del condomino convenuto di modificare sostanzialmente la facciata dell'edificio in forza del proprio titolo d'acquisto, essendo destinata ad incidere sui diritti su un bene comune degli altri condomini, deve essere decisa nei confronti di tutti, perché investe un rapporto giuridico unico ed indivisibile, con la conseguenza che deve disporsi l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini pretermessi a norma dell'art. 102 cod. proc. civ. Cass. 29/1092 - 11774 - Lastrico solare Il lastrico solare, anche se attribuito in uso esclusivo o di proprietà esclusiva di uno dei condomini, svolge funzione di copertura del fabbricato e perciò l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto a detto condomino, grava su tutti i condomini, con ripartizione delle relative spese secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c.; di conseguenza il condominio risponde, quale custode ex art. 2051 c.c., dei danni che siano derivati al singolo condomino o a terzi per difetto di manutenzione del lastrico solare, non rilevando a tal fine che i necessari interventi riparatori o ricostruttivi non consistano in un mero ripristino delle strutture preesistenti, ma esigano una specifica modifica od integrazione in conseguenza di vizi o carenze costruttive originarie, salva in questo caso l'azione di rivalsa nei confronti del costruttore-venditore (nella specie per impedire infiltrazioni d'acqua ai piani sottostanti, era necessaria la messa in opera di materiale isolante, idoneo a sopperire all'inadeguata coibentazione delle strutture originarie). Cass. 05/11/92 - n. 11981 - Spese L'obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese per la conservazione e manutenzione delle parti comuni dell'edificio, qualora la ripartizione delle spese sia avvenuta soltanto con l'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1135, n. 3, c.c., sorge soltanto dal momento della approvazione della delibera assembleare di ripartizione delle spese. Ne consegue che la prescrizione del credito nei confronti di ciascun condomino inizia a decorrere soltanto dalla approvazione della ripartizione delle spese e non dall'esercizio di bilancio .Cass. 11/11/92 - n. 12115 - Tabelle Millesimali In tema di ripartizione di spese condominiali la tabella millesimale approvata da tutti i condomini è modificabile soltanto con deliberazione adottata con il consenso di tutti i condomini, oppure con provvedimento del giudice nei soli casi tassativamente indicati dall'art. 69 att. c.c. Ne consegue che il potere dell'assemblea condominiale di deliberare a maggioranza una ripartizione provvisoria dei contributi a titolo di acconto e salvo conguaglio può riconoscersi soltanto in assenza di una precedente regolamentazione negoziale . Cass. 11/11/92 - n. 12125 - Amministratore - condono edilizio L'amministratore del condominio, in quanto tenuto ad eseguire le deliberazioni dell'assemblea, ha la legittimazione ad agire nei confronti dei condomini inadempienti alle obbligazioni di pagamento dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, senza necessità di una specifica autorizzazione, trattandosi di controversia che rientra nelle sue normali attribuzioni. La deliberazione dell'assemblea dei condomini, la quale, ai fini della sanatoria degli abusivismi edilizi di cui alla l. 28 febbraio 1985, n. 47, determini la ripartizione fra i condomini delle somme da corrispondere a titolo di oblazione in base alle superfici dei singoli appartamenti anziché in base ai millesimi di proprietà, non è affetta da nullità, né per contrasto con norme imperative, né sotto il profilo della lesione dei diritti individuali dei condomini, in considerazione della rispondenza di detto criterio a quelli previsti dagli artt. 34 e 51 della citata legge. Cass. 11/11/92 - n. 12119 - Assemblea Affinché uno dei comproprietari pro indiviso di un piano o porzione di piano possa ritenersi ritualmente convocato a partecipare all'assemblea del condominio, nonché validamente rappresentato nella medesima, con riguardo ad affari di ordinaria amministrazione, dall'altro comproprietario della stessa unità immobiliare, non si richiedono particolari formalità, essendo sufficiente che risulti provato, anche per presunzioni, che il primo dei predetti comproprietari abbia ricevuto effettiva notizia della convocazione dell'assemblea ed abbia conferito, sia pure verbalmente, il potere di rappresentanza. Il verbale dell'assemblea del condominio, anche nella parte in cui indica la presenza, di persona o per delega, dei condomini, offre una prova presuntiva, di modo che spetta al condomino che impugni la deliberazione, contestando la rispondenza a verità di detta indicazione, di fornire la relativa dimostrazione. Cass. 19/11/92 - n. 12379 - Assemblea - rappresentanza Qualora il condomino agisca per far valere l'invalidità di una delibera assembleare, incombe sul condominio convenuto l'onere di provare che tutti i condomini sono stati tempestivamente avvisati della convocazione, quale presupposto per la regolare costituzione dell'assemblea, mentre resta a carico dell'istante la dimostrazione degli eventuali vizi inerenti alla formazione della volontà dell'assemblea medesima. All'amministratore del condominio compete l'esclusiva legittimazione passiva nelle cause promosse da uno dei condomini per impugnare le deliberazioni assembleari, ove queste non attengono a diritti sulle cose comuni. In tali cause, pertanto, deve riconoscersi la capacità a deporre degli altri condomini, in quanto non portatori di un interesse che li abiliti a partecipare al giudizio. Cass. 28/11/92 - n. 12792 - Balconi Il rivestimento e gli elementi decorativi del fronte o della parte sottostante della soletta dei balconi degli appartamenti di un edificio debbono essere considerati di proprietà comune dei condomini, in quanto destinati all'uso comune, ai sensi dell'art. 1117 c.c., in tutti i casi in cui assolvano prevalentemente alla funzione di rendere esteticamente gradevole l'edificio, mentre sono pertinenze dell'appartamento di proprietà esclusiva quando servono solo per il decoro di quest'ultimo; conseguentemente, nel caso di distacco, per vizio di costruzione, del rivestimento o degli elementi decorativi predetti, l'azione di responsabilità nei confronti del costruttore è legittimamente esperita dal condominio, ai sensi dell'art. 1669 c.c., se il rivestimento o gli elementi decorativi abbiano prevalente funzione estetica per l'intero edificio. Cass. 11/11/92 - n. 13111- Assemblea - spese legali È nulla per contrarietà alla legge la deliberazione dell'assemblea di un condominio che abbia approvato il rendiconto annuale includendovi le spese legali sostenute in proprio dagli amministratori in una procedura promossa nei loro confronti, attesa la non inerenza delle spese anzidette alla gestione condominiale. Tale delibera può essere impugnata in parte qua dai condomini dissenzienti, ancorché le loro quote di spesa siano state successivamente assunte a loro carico dagli amministratori, scaturendo l'interesse all'impugnazione, nonostante la rinuncia al rimborso, dal carattere vincolante per tutti i condomini della deliberazione, che conserva immutata la propria efficacia esecutiva SENTENZE 1993 Cass. 11/01/93 n. 172 - Uso della cosa comune La cosa comune, ai sensi dell'art. 1102 c.c., può essere utilizzata dal condomino anche in modo particolare e diverso dal suo normale uso se ciò non alteri l'equilibrio tra le concorrenti utilizzazioni attuali o potenziali degli altri e non determini pregiudizievoli invadenze dell'ambito dei coesistenti diritti degli altri proprietari; pertanto, è legittima la costruzione di sporti sul cortile, (sulla strada o sul passaggio comune) se sia realizzata in modo da non pregiudicare né la normale funzione del cortile, che è di regola, quella di fornire aria e luce agli immobili circostanti (e, per la strada, quella di permettere il transito dei condomini) né le possibilità di utilizzazione particolare eventualmente prospettate dagli altri condomini. (Nella specie, trattavasi del telaio e dei battenti degli infissi, in posizione di completa apertura o di completa chiusura, realizzati, al pianterreno, nel muro prospiciente il passaggio comune senza ridurne la larghezza utilizzabile, dato che nel tratto precedente il passaggio era ristretto da un'antica sporgenza). Il condomino non ha il dovere di limitare l'uso della cosa comune ai soli casi in cui il suo interesse non possa essere altrimenti soddisfatto con il medesimo costo, perché il solo limite che l'art. 1102 c.c. pone al potere di utilizzazione della cosa comune da parte di ciascun condomino è quello del divieto di alterarne la destinazione e di impedire che altri ne faccia parimenti uso secondo il suo diritto. Cass. 14/01/93 - n. 395 - Acquirente - regolamento - sopraelevazione Il regolamento convenzionale di condominio - anche se non materialmente inserito nel testo del contratto di compravendita dei singoli appartamenti dell'edificio condominiale - fa corpo con esso, purché espressamente richiamato ed approvato, di modo che le sue clausole rientrano, almeno per relationem, nel contenuto dei singoli contratti di acquisto. E trattandosi, in questo caso, di relatio perfecta, in quanto il richiamo è opera di entrambi i contraenti, le singole clausole del regolamento di condominio restano fuori dalla previsione del secondo comma dell'art. 1341 c.c., che, nel sancire la necessità della specifica approvazione per iscritto di condizioni vessatorie, ha riguardo alle sole clausole, di contratti per adesione o analoghi, che risultino predisposte da una soltanto delle parti contraenti. Il regolamento di condominio, qualora abbia natura contrattuale (in quanto accettato da tutti i condomini), può imporre restrizioni anche ai poteri ed alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti dell'edificio di loro esclusiva proprietà. Tali limitazioni vincolano anche gli acquirenti dei singoli appartamenti, indipendentemente dalla trascrizione, qualora essi nell'atto di acquisto, facendo espresso riferimento al regolamento, dimostrino di esserne a conoscenza e di accettarne il contenuto. (Nella specie la Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano ritenuto che la clausola del regolamento, richiamato negli atti di acquisto, che faceva divieto di effettuare qualunque modifica o variazione esterna all'edificio, costituiva titolo per l'esclusione del diritto di sopraelevazione riconosciuto al proprietario dell'ultimo piano dall'art. 1127 c.c.). Cass. 27/01/93 n. 966 - Aggetti - cortile Negli edifici in condominio poiché la funzione dei cortili comuni è quella di fornire aria e luce alle unità abitative che vi prospettano, lo spazio aereo ad essi sovrastante non può essere occupato dai singoli condomini con costruzioni proprie in aggetto, non essendo consentito a terzi, anche se comproprietari insieme ad altri, ai sensi dell'art. 840, terzo comma, c.c., l'utilizzazione ancorché parziale a proprio vantaggio della colonna d'aria sovrastante ad area comune, quando la destinazione naturale di questa ne risulti compromessa. Ne discende il diritto degli altri condomini di opporsi, ai sensi dell'art. 840, terzo comma, citato, a siffatta utilizzazione esclusiva dello spazio aereo, senza necessità di chiamare in causa altri condomini al di fuori di quelli cui s'addebita la responsabilità della violazione che s'intende eliminare, non ricorrendo una ipotesi di litisconsorzio necessario. Cass. 01/02/93 n. 1218 - Regolamento I regolamenti condominiali, non approvati dall'assemblea, ma adottati coattivamente, in virtù di sentenza attuativa del diritto potestativo di ciascun partecipe del condominio (con più di dieci componenti) di ottenere la formazione del regolamento della comunione, hanno efficacia vincolante per tutti i condomini, ai sensi dell'art. 2909 c.c., a seguito del passaggio in giudicato di detta sentenza. Cass. 12/02/93 n. 1781 - Ascensore - innovazioni L'art. 1120 c.c., nel richiedere che le innovazioni della cosa comune siano approvate dai condomini con determinate maggioranze, mira essenzialmente a disciplinare l'approvazione di innovazioni che comportino una spesa da ripartire fra tutti i condomini su base millesimale, mentre qualora non debba farsi luogo ad un riparto di spesa, per essere stata questa assunta interamente a proprio carico da un condomino, trova applicazione la norma generale di cui all'art. 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, e secondo cui ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto e può apportare a tal fine a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa medesima. Ricorrendo le suddette condizioni, pertanto, un condomino ha facoltà di installare nella tromba delle scale dell'edificio condominiale un ascensore, ponendolo a disposizione degli altri condomini, e può far valere il relativo diritto con azione di accertamento, in contraddittorio degli altri condomini che contestino il diritto stesso, indipendentemente dalla mancata impugnazione della delibera assembleare che abbia respinto la sua proposta al riguardo. Cass. 12/02/93 n. 1789 - Decreto ingiuntivo - spese Per la riscossione dei contributi condominiali, l'amministratore può chiedere il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., nei confronti del condomino moroso, in base al preventivo delle spese approvato dall'assemblea, soltanto fino a che l'esercizio cui tali spese si riferiscono non sia terminato, dovendo altrimenti agire in base al consuntivo della gestione annuale. Cass. 12/02/93 n. 1791 - Amministratore Per la nomina dell'amministratore del condominio di un edificio è applicabile l'art. 1392 c.c., in base al quale, salvo che siano prescritte forme particolari e solenni per il contratto che il rappresentante deve concludere, la procura che conferisce il potere di rappresentanza può essere verbale o anche tacita. Detta nomina, pertanto, può risultare, indipendentemente da una formale investitura da parte dell'assemblea e dall'annotazione nello speciale registro di cui all'art. 1129 c.c., dal comportamento concludente dei condomini, che abbiano considerato l'amministratore tale a tutti gli effetti, rivolgendosi a lui abitualmente in tale veste. Cass. 19/02/93 n. 2018 - Pulizia scale In tema di condominio di edifici, la disposizione dell'art. 1124 c.c. concernente la ripartizione fra i condomini delle spese di manutenzione delle scale, come la norma di regolamento condominiale che vi si conformi, riguarda le spese relative alla conservazione della cosa comune che si rendono necessarie a causa della naturale deteriorabilità della stessa per consentirne l'uso ed il godimento e che attengono a lavori periodici indispensabili per mantenere la cosa in efficienza. La disposizione non riguarda, pertanto, le spese di pulizia delle scale, alle quali i condomini sono tenuti a contribuire in ragione dell'utilità che la cosa comune è destinata a dare a ciascuno e che l'assemblea può legittimamente ripartire in virtù delle attribuzioni riconosciutele dall'art. 1135 c.c., anche modificando i precedenti criteri con la maggioranza prescritta dall'art. 1136 c.c. trattandosi di criteri aventi natura solo regolamentare. Cass. 15/03/93 n. 3090 - Immissioni La disposizione dell'art. 844 c.c., è applicabile anche negli edifici in condominio nell'ipotesi in cui un condomino nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni dia luogo ad immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condomini. Nell'applicazione della norma deve aversi riguardo, peraltro, per desumerne il criterio di valutazione della normale tollerabilit à delle immissioni, alla peculiarità dei rapporti condominiali e alla destinazione assegnata all'edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari. In particolare, nel caso in cui il fabbricato non adempia ad una funzione uniforme e le unità immobiliari siano soggette a destinazioni differenti, ad un tempo ad abitazione ed ad esercizio commerciale, il criterio dell'utilità sociale, cui è informato l'art. 844 citato, impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di natura personale ed economica dei condomini, privilegiando, alla luce dei principi costituzionali ,le esigenze personali di vita connesse all'abitazione, rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all'esercizio di attività commerciali. (Nella specie la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito la quale aveva ordinato la rimozione dal muro perimetrale comune di una canna fumaria collocata nella parte terminale a breve distanza dalle finestre di alcuni condomini, destinata a smaltire le esalazioni di fumo, calore e gli odori prodotti dal forno di un esercizio commerciale ubicato nel fabbricato condominiale). Cass. 16/03/93 n. 3102 - Scioglimento L'art. 62 att. c.c., che, nel caso di sostituzione di più condomini separati ad un unico preesistente condominio, assoggetta alla disciplina del condominio negli edifici, piuttosto che alle norme sulla comunione, quelle, tra le cose indicate dall'art. 1117 c.c., rimaste in comunione, al servizio di tutti, deve ritenersi applicabile anche nei casi in cui in seguito allo scioglimento della comunione i singoli immobili siano rimasti in proprietà solitaria. Pertanto, nel caso di divisione di un edificio soggetto al regime del condominio in porzioni aventi le caratteristiche di edifici autonomi, sulle parti rimaste in comproprietà degli originari partecipanti nonostante lo scioglimento del condominio, in difetto di espresso mutamento del titolo continua ad applicarsi la disciplina del condominio di edifici con la conseguenza che, il tratto di accesso, racchiuso dalle costruzioni in proprietà esclusiva e destinato a dare ad esse il passaggio, in quanto compreso nella comproprietà ex art. 1117 c.c., viene usato jure proprietatis e non jure servitutis dai comproprietari, che possono procedere all'apertura di nuove porte attraverso il muro delimitante i fabbricati insistenti sull'accesso medesimo, quale legittima utilizzazione della cosa comune a norma dell'art. 1102 cod. civ. Cass. 17/03/93 n. 3159 - Amministratore - assemblea Nel corso del giudizio, di cui sia parte costituita un condominio legalmente rappresentato dall'amministratore, la cessazione del rapporto di rappresentanza per dimissioni comporta l'interruzione del processo, a norma dell'art. 300 c.p.c., soltanto se e quando l'evento sia stato dichiarato in udienza, ovvero sia notificato alle altre parti dal procuratore costituito; altrimenti, il rapporto processuale prosegue senza soluzione di continuità e senza dar luogo a successione nel processo quando si costituisca in giudizio il nuovo amministratore, ed è perciò valida l'impugnazione proposta dall'amministratore dimissionario il cui potere perdura fino alla sua sostituzione. La disposizione dell'art. 2377 ultimo comma c.c. secondo cui l'annullamento della deliberazione non può essere pronunciato se la deliberazione impugnata sia stata sostituita da altra presa in conformità della legge e dell'atto costitutivo, benché dettata con riferimento alle società per azioni, ha carattere generale ed è pertanto applicabile alle assemblee dei condomini di edifici. Pertanto, l'assemblea dei condomini, regolarmente riconvocata, può deliberare sugli stessi argomenti di una precedente deliberazione invalida, ponendo in essere, pur senza l'adozione di formule ad hoc, un atto sostitutivo di quello invalido, stabilendone liberamente gli effetti nel tempo fino alla completa retroattività. Nei poteri attribuiti all'amministratore di condominio dall'art. 1130 c.c. rientra quello di stipulare contratti necessari per provvedere, nei limiti della spesa approvata dall'assemblea, tanto all'ordinaria manutenzione, quanto alla prestazione dei servizi comuni. Detti contratti sono, pertanto, vincolanti per tutti i condomini ai sensi dell'art. 1131 cod. civ . Cass. 26/03/93 - n. 3642 - Danni - solai Negli edifici in condominio, a differenza del solaio divisorio tra due piani dell'edificio, in proprietà comune ai due rispettivi proprietari, il solaio del piano terreno sottostante al relativo pavimento, costruito a livello della superficie di campagna, in quanto parte integrante del solo piano terreno, appartiene in proprietà esclusiva al proprietario del piano, alla stessa stregua del pavimento. Ne consegue che in caso di vizio costruttivo del solaio, rivelatosi inidoneo a svolgere autonomamente la funzione di sostenere l'unità immobiliare, la responsabilità per i danni che ne siano derivati alle singole proprietà individuali deve ascriversi al proprietario del piano con esclusione di ogni responsabilità del condominio. Cass. 30/03/93 n. 3865 - Servitù Per il disposto dell'art. 1108 comma terzo c.c., applicabile anche al condominio di edifici per il rinvio contenuto nell'art. 1139 alle norme sulla comunione, la costituzione di una servitù sulle parti comuni dell'edificio richiede il consenso unanime di tutti i condomini. Pertanto, in mancanza di un tale consenso non è valida la deliberazione adottata dall'assemblea dei condomini, che abbia approvato i lavori eseguiti, su autorizzazione dell'amministrazione, dalla Sip, di posa di un cavo telefonico sull'edificio condominiale, in guisa da creare una situazione di fatto corrispondente ad una servitù di passaggio di conduttura di cavo telefonico, suscettibile di far maturare con il tempo l'usucapione di tale diritto. Cass. 16/04/93 n. 4530 - Lastrico solare L'azione di rivendicazione della proprietà comune dell'appartamento abusivamente costruito da un condomino sul lastrico solare comune dell'edificio condominiale, non avendo scopo meramente conservativo, non rientra tra gli atti che, ai sensi dell'art. 1130 n. 4 c.c., l'amministratore ha il potere di compiere senza necessità di delega o autorizzazione dell'assemblea dei condomini . Cass. 17/04/93 n. 4558 - Amministratore - obbligazioni verso terzi Le obbligazioni contratte verso i terzi dall'amministratore del condominio (o da chi altri sia stato delegato dai condomini a contrarle) per conto del condominio e nei limiti delle sue attribuzioni o eseguendo deliberazioni dell'assemblea, sono direttamente riferibili ai singoli condomini che, in base all'art. 1284 c.c., sono, quindi, solidalmente responsabili, nei confronti del terzo, dell'adempimento delle predette obbligazioni, salvo il diritto di chi ha pagato di esercitare verso i condomini condebitori il diritto di regresso e di dividere il debito nei rapporti interni; pertanto, il terzo creditore del condominio può agire per la tutela del suo diritto sia contro l'amministratore o di chi altri abbia contratto l'obbligazione per delega o in rappresentanza dei condomini, sia nei confronti dei singoli condomini, direttamente obbligati nei suoi confronti. Cass. 20/04/93 n. 4631- Vigilanza In tema di condominio degli edifici, la delibera istitutiva di un servizio di vigilanza armata, per la tutela dell'incolumità dei partecipanti, è rivolta a perseguire finalità estranee alla conservazione e gestione delle cose comuni, e, quindi, non è riconducibile nelle attribuzioni dell'assemblea (art. 1135 c.c.). Ne deriva che tale delibera, ancorché presa a maggioranza, non opera nei confronti dei condomini assenti all'assemblea e non può essere fatta valere per una ripartizione della relativa spesa anche a loro carico. Cass. 26/04/93 - n. 4881 - Parti comuni in genere La presunzione legale di comunione di talune parti dell'edificio condominiale, stabilita dall'art. 1117 c.c., deve ritenersi applicabile, per analogia, anche quando si tratti non di parti comuni di uno stesso edificio, bensì di parti comuni di edifici limitrofi ed autonomi, oggettivamente e stabilmente destinate alla conservazione, all'uso od al servizio di detti edifici, ancorché insistenti sull'area appartenente al proprietario (od ai proprietari) di uno solo degli immobili; in simili ipotesi, però, la presunzione è invocabile solo se l'area e gli edifici siano appartenuti ad una stessa persona - o a più persone pro indiviso - nel momento della costruzione della cosa o del suo adattamento o trasformazione all'uso comune, mentre, nel caso in cui l'area sulla quale siano state realizzate le opere destinate a servire i due edifici sia appartenuta sin dall'origine ai proprietari di uno solo di essi, questi ultimi acquistano per accessione la proprietà esclusiva delle opere realizzate sul loro fondo, anche se poste in essere per un accordo intervenuto tra tutti gli interessati e/o con il contributo economico dei proprietari degli altri edifici. Cass. 27/04/93 - n. 4931 - Vendita In tema di condominio di edifici le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprietà individuale estendono i loro effetti, secondo il principio accessorium sequitur principale, alle parti comuni necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprietà solitaria, ma non anche alle cose legate all'edificio da mera relazione spaziale, costituenti beni ontologicamente diversi suscettibili di godimento fine a se stesso che si attua in modo indipendente da quello delle unità abitative (nella specie la Suprema Corte ha ritenuto corretta l'interpretazione di un contratto di vendita di un appartamento da parte dei giudici di merito i quali, nel silenzio del titolo, avevano escluso che le parti avessero inteso ricomprendere nel trasferimento la quota millesimale di comproprietà di un'area condominiale scoperta). Cass. 29/04/93 - n. 5064 - tetto Le spese di rifacimento del tetto di un edificio diviso in più piani sono sostenute dai condomini, ai sensi degli artt. 1117 e 1123 c.c., in proporzione al valore del piano o della porzione di piano appartenente a ciascuno in via esclusiva, salvo diversa convenzione, senza che sia applicabile il principio dell'art. 1101 c.c. in materia di comunione (in base al quale le spese debbono gravare su tutti i partecipanti in eguale misura, ove non risulti una diversa entità delle quote), trovando spiegazione la detta deroga nella funzione strumentale delle parti comuni dell'edificio in condominio rispetto alle parti in proprietà esclusiva dei singoli condomini, delle quali esse sono a servizio, consentendone la esistenza e l'uso. Cass. 03/05/93 - n. 5125 - lastrico solare In tema di ripartizione delle spese condominiali le attribuzioni dell'assemblea ex art. 1135 c.c. sono circoscritte alla verificazione ed all'applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge, che non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe venendo ad incidere sul diritto individuale del singolo condomino di concorrere nelle spese per le cose comuni dell'edificio condominiale in misura non superiore a quelle dovute per legge, possono conseguire soltanto ad una convenzione cui egli aderisca. Pertanto è nulla e non meramente annullabile, anche se presa all'unanimità, la delibera che modifichi il criterio legale di ripartizione delle spese di riparazione del lastrico solare stabilito dall'art. 1126 c.c., senza che i condomini abbiano manifestato la espressa volontà di stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti in tal senso, con la conseguenza che detta nullità può essere fatta valere, a norma dell'art. 1421 c.c., anche dal condomino che abbia partecipato all'assemblea esprimendo voto conforme alla deliberazione stessa, purché alleghi e dimostri di avervi interesse per derivare dalla deliberazione assembleare un apprezzabile suo pregiudizio, non operando nel campo del diritto sostanziale la regola propria della materia processuale secondo cui chi ha concorso a dare causa alla nullità non può farla valere. In base al criterio di ripartizione delle spese stabilito dall'art. 1126 c.c. il proprietario esclusivo del lastrico solare (cui va equiparata la terrazza a livello) deve contribuire nelle spese di riparazione soltanto nella misura di un terzo, senza dover concorrere nella ripartizione degli altri due terzi della spesa stessa, che restano a carico dei soli proprietari dei piani sottostanti ai quali il lastrico (o la terrazza) serve da copertura. Cass. 04/05/93 - n. 5160-riscaldamento e risparmio energetico supercondominio Nell'ipotesi di un bene comune (nella specie: centrale termica) che sia al servizio di più edifici condominiali (cosiddetto supercondominio), i comunisti debbono nominare un amministratore che ne assicuri la gestione, nell'interesse comune. Pertanto, gli amministratori dei singoli condomini, potendo esercitare i poteri previsti dagli artt. 1130 e 1131 c.c. soltanto con riferimento all'edificio cui sono preposti, non sono legittimati a pretendere dai singoli condomini i contributi relativi all'esercizio della centrale termica, salvo che tale potere sia stato loro attribuito con deliberazione dell'assemblea dei comproprietari della centrale. Cass. 04/05/93 - n. 5161- modificazioni Il divieto di modificare la cosa comune, sottraendola alla possibilità di sfruttamento da parte di tutti i partecipanti alla comunione secondo l'originaria funzione della cosa stessa, opera anche in relazione alle porzioni del bene comune delle quali i comproprietari si siano convenzionalmente attribuiti il godimento separato, in quanto anche in tal caso, non venendo meno la contitolarità dell'intero bene, la facoltà di utilizzazione della cosa attribuita a ciascuno dei comproprietari trova limite nella concorrente ed analoga facoltà degli altri, con la conseguenza che sono consentite solo le opere necessarie al miglior godimento, dovendo per contro ravvisarsi una lesione del diritto di comproprietà degli altri condomini quando la cosa comune sia stata alterata, in tutto od in parte, e quindi concretamente sottratta alla possibilità dell'attuale sfruttamento collettivo nei termini funzionali o originariamente praticati. Cass. 08/06/93 - n. 6403 - riscaldamento e risparmio energetico La deliberazione con cui l'assemblea dei condomini approvi la ripartizione delle spese del servizio di riscaldamento centralizzato senza avere prima accertato il volume dei singoli cespiti, in violazione della disposizione del regolamento di condominio che prevede il riparto volumetrico della spesa, non è affetta da nullità bensì soltanto annullabile, ove denunciata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine di decadenza di cui all'art. 1137 c.c., non incidendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell'art. 1123 cod. civ. Cass. 15/06/93 - n. 6640 - sottotetto e risparmio energetico L'ambiente ricavato sotto il tetto dell'edificio in condominio, in modo da formare una camera d'aria limitata, in alto, dalla struttura del tetto ed, in basso, dal solaio che copre i vani dell'ultimo piano (cosiddetto sottotetto), assolve, di regola, ad una funzione isolante e protettiva di questi vani e, quando non risulti una diversa destinazione o non sia diversamente disposto dal titolo, non è, quindi, oggetto di comunione ma costituisce pertinenza dell'appartamento dell'ultimo piano. Cass. 21/06/93 - n. 6850 -cortile - sporti La costruzione, da parte del condominio, di sporti sul cortile o sul passaggio comune, con conseguente occupazione della colonna d'aria sovrastante il terreno comune, costituisce esplicazione del diritto di utilizzazione della cosa, ai sensi dell'art. 1102 c.c., quando non ne pregiudichi la normale funzione o le possibilità di utilizzazione particolare eventualmente prospettate dagli altri condomini. Cass. 21/06/93 - n. 6856 - danni - legittimazione L'azione a tutela di un diritto comune, come l'impugnativa di una sentenza di condanna emessa nei confronti dell'intero condominio, può essere esercitata anche da un singolo condomino, senza che sia necessario integrare il contraddittorio nei confronti dei condomini non appellanti, né intervenienti in appello e senza che ciò determini passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nei confronti di questi ultimi, dato che l'interesse per il quale il singolo agisce è comune a tutti i condomini, dovendo in tal caso ravvisarsi nei rapporti fra i condomini una forma di rappresentanza reciproca, attributiva a ciascuno di una legittimazione sostitutiva nascente dal fatto che ogni compartecipe non può tutelare il proprio diritto senza necessariamente e contemporaneamente difendere l'analogo diritto degli altri. Riguardo ai danni che una porzione di proprietà esclusiva in edificio condominiale subisca per vizi delle parti comuni, imputabili all'originario costruttore-venditore, deve riconoscersi al titolare di detta porzione la possibilità di esperire azione risarcitoria contro il condominio, non in forza dell'art. 1669 c.c., dato che il condominio quale successore a titolo particolare di detto costruttore non subentra nella responsabilità posta a suo carico da detta norma, ma in base all'art. 2051 c.c. in relazione alla ricollegabilità di quei danni all'inosservanza da parte del condominio medesimo dell'obbligo di provvedere quale custode ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa. Cass. 03/07/93 - n. 7297 - riscaldamento e risparmio energetico - spese L'osservanza, da parte della minoranza dissenziente, della deliberazione legittimamente adottata dall'assemblea dei condomini dell'edificio ai fini del regolamento interno della ripartizione delle spese per il godimento di parti comuni (nella specie, ripartizione delle spese di esercizio e manutenzione dell'impianto di riscaldamento), essendo esclusivamente dovuta alla efficacia vincolante dell'atto collettivo anche nei confronti dei dissenzienti, non esprime una volontà negoziale di tacita adesione e non può, pertanto, trasformare la delibera condominiale in regolamento contrattuale non più modificabile senza il consenso unanime delle parti . Cass. 07/07/93 - n. 7449 - parti comuni in genere - terrazze a livello In tema di condominio negli edifici, l'individuazione delle parti comuni, come le terrazze di copertura, risultante dall'art. 1117 c.c. - il quale non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria - può essere superata soltanto dalle opposte risultanze di un determinato titolo e non opera con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari. Cass. 13/07/93 - n. 7691 - modificazioni In caso di condominio negli edifici, la modificazione di una parte comune e della sua destinazione, ad opera di taluno dei condomini, sottraendo la cosa alla sua specifica funzione e quindi al compossesso di tutti i condomini, legittima gli altri all'esperimento dell'azione di reintegrazione con riduzione della cosa stessa al pristino stato, tal che possa continuare a fornire quella utilitas alla quale era asservita anteriormente alla contestata modificazione senza che sia necessaria specifica prova del possesso di detta parte (che non abbia una sua autonomia rispetto all'edificio), quando risulti quello di una o più delle porzioni immobiliari in cui l'edificio stesso si articoli. Cass. 18/08/93 - n. 8755 - assemblea - locazioni L'art. 10 L. 27 luglio 1978 n. 392 il quale attribuisce al conduttore il diritto di votare in luogo del proprietario nelle assemblee condominiali aventi ad oggetto l'approvazione delle spese e delle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria e di intervenire senza diritto di voto sulle delibere relative alla modificazione di servizi comuni, riconosce implicitamente con il rinvio alle disposizioni del codice civile concernenti l'assemblea dei condomini, il diritto dell'inquilino di impugnare le deliberazioni viziate, sempreché abbiano ad oggetto le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria. Al di fuori delle situazioni richiamate, la norma in esame non attribuisce all'inquilino il potere generale di sostituirsi al proprietario nella gestione dei servizi condominiali, sicché deve escludersi la legittimazione del conduttore ad impugnare la deliberazione dell'assemblea condominiale di nomina dell'amministratore e di approvazione del regolamento di condominio e del bilancio preventivo. Cass. 20/08/93 - n. 8804 - amministratore - responsabilità - sanzioni - uso della cosa comune L'amministratore del condominio, che è responsabile dei danni cagionati dalla sua negligenza, dal cattivo uso dei poteri e in genere di qualsiasi inadempimento degli obblighi legali o regolamentari, non può essere ritenuto responsabile, ancorché sia tenuto a far osservare il regolamento condominiale, dei danni cagionati dall'abuso dei condomini nell'uso della cosa comune, non essendo dotato di poteri coercitivi e disciplinari nei confronti dei singoli condomini - salvo che il regolamento di condominio, ai sensi dell'art. 70 att. c.c., preve da la possibilità di applicazione di sanzioni nei confronti dei condomini che violano le norme da esso stabilite sull'uso delle cose comuni - né obbligato a promuovere azione giudiziaria contro i detti condomini in mancanza di una espressa disposizione condominiale o di una delibera assembleare. Cass. 03/09/93 - n. 9311 - insegne e targhe - muri In tema di condominio di edifici, i partecipanti con voto unanime possono sottoporre a limitazioni, nell'ambito dell'autonomia negoziale, l'esercizio dei poteri e delle facoltà che normalmente caratterizzano il contenuto del diritto di proprietà sulle cose comuni, vertendosi in materia disponibile, con la conseguenza che con regolamento contrattuale possono vietare l'apposizione di insegne, targhe e simili sui muri perimetrali comuni, ovvero subordinarla al consenso dell'amministrazione. Cass. 23/10/93 - n. 10513 - decoro architettonico Per decoro architettonico del fabbricato, ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 c.c., deve intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica, fisionomia, senza che occorra che si tratti di edificio di particolare pregio artistico. L'indagine volta a stabilire se, in concreto, un'innovazione determini o meno alterazione del decoro architettonico è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se congruamente motivato. Cass. 23/10/93 - n. 10519 - scambiatori di calore La controversia, instaurata da un condomino per la rimozione dalla facciata dell'edificio condominiale di uno scambiatore di calore installatovi da un altro condomino con l'autorizzazione della assemblea, a motivo del pregiudizio arrecato al decoro architettonico e alla sicurezza dell'edificio stesso, riguarda non le modalità d'uso o la misura dei servizi condominiali, ma la contestazione in radice del diritto del condomino di fare un determinato uso della cosa comune e del potere dell'assemblea di consentirlo, e, quindi, esula dalla competenza per materia del conciliatore o del pretore, restando soggetta alle regole della competenza per valore nelle cause relative a beni immobili (art. 15 c.p.c.), con la conseguenza che è onere della parte che eccepisca l'incompetenza del giudice adito di dedurre e dimostrare il superamento del relativo limite. Cass. 13/11/93 - n. 11207 - parti comuni in genere - servitù Nel caso in cui su una delle parti comuni di un edificio in condominio (elencate dall'art. 1117 c.c.), gravi un peso diretto a fornire ad un piano o ad una porzione di piano in proprietà esclusiva una utilità ulteriore e diversa, rispetto a quella normalmente derivante dalla destinazione della cosa al servizio di tutte le unità immobiliari, si configura una servitù, sempre che tale peso abbia origine nei modi previsti dalla legge e, tra questi, la destinazione del padre di famiglia. Cass. 04/12/93 - n. 12028 - animali In tema di condominio di edifici il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva, sicché in difetto di un'approvazione unanime le disposizioni anzidette sono inefficaci anche con riguardo a quei condomini che abbiano concorso con il loro voto favorevole alla relativa approvazione, giacché le manifestazioni di voto in esame, non essendo confluite in un atto collettivo valido ed efficace, costituiscono atti unilaterali atipici, di per sé inidonei ai sensi dell'art. 1987 c.c. a vincolare i loro autori, nella mancanza di una specifica disposizione legislativa che ne preveda l'obbligatorietà. Cass. 11/12/93 - n. 12208 - competenza - condominio in genere - domicilio Il condominio di edifici, che non è una persona giuridica, ma un ente di gestione e non ha, pertanto, una sede in senso tecnico, ove non abbia designato nell'ambito dell'edificio un luogo espressamente destinato e di fatto utilizzato per l'organizzazione e lo svolgimento della gestione condominiale, ha il domicilio coincidente con quello privato dell'amministratore che lo rappresenta. Pertanto, ai fini della competenza territoriale ex artt. 18 e 20 c.p.c. nei giudizi aventi ad oggetto il pagamento di contributi condominiali, il luogo di adempimento dell'obbligazione dedotta in giudizio va individuato nel domicilio dell'amministratore in carica al tempo della scadenza dell'obbligazione. Cass. 15/12/93 - n. 12420 - riscaldamento e risparmio energetico Il singolo condomino non è titolare di un diritto di natura contrattuale sinallagmatica nei confronti del condominio relativamente all'utilizzazione dei servizi comuni e, pertanto, non può esimersi dal contribuire alle spese di gestione del servizio di riscaldamento centralizzato in proporzione ai millesimi, allegando la mancata o insufficiente erogazione di quel servizio, né può proporre azione di danno contro il condominio per il mancato promovimento dell'azione contrattuale nei confronti dell'impresa installatrice dell'impianto, posto che il condomino conserva il potere di agire a difesa non solo dei suoi diritti di proprietario esclusivo, ma anche dei suoi diritti di comproprietario pro quota delle parti comuni, potendo ricorrere all'autorità giudiziaria nel caso di inerzia dell'amministrazione del condominio a norma dell'art. 1105 c.c., dettato in materia di comunione, ma applicabile anche al condominio degli edifici per il rinvio disposto dall'art. 1139 cod. civ. Cass. civ., sent. n. 5084 del 29 aprile 1993, sez. II L'intempestiva comunicazione al condomino della data fissata per l'assemblea implica un'ipotesi di contrarietà alla legge, ai sensi dell'art. 1137 cod. civ., della deliberazione assembleare, comportante l'annullamento della medesima a prescindere dal suo contenuto decisionale o meramente preparatorio o programmatico, risultandone viziato il processo formativo per violazione del diritto di intervento e di voto del condominio. Né l'interesse del condomino pretermesso a proporre l'impugnazione viene meno per il fatto che la delibera sia stata seguita da altra presa sullo stesso oggetto da assemblea ritualmente convocata . Cass. civ., sent. n. 1780 del 12 febbraio 1993, sez. II Nel caso in cui l'avviso di convocazione dell'adunanza condominiale non sia stato comunicato anche ad uno solo dei condomini, ancorché detto condomino sia titolare di una quota millesimale ininfluente ai fini del raggiungimento della maggioranza prescritta dalla legge, la deliberazione adottata è affetta da nullità assoluta, che può essere fatta valere da qualsiasi condomino anche presente in assemblea . Cass. civ., sent. n. 3607 del 16 aprile 1994, sez. II L'amministratore del condominio cessato dalla carica non è legittimato ad impugnare la sentenza – resa nella causa cui egli abbia partecipato in rappresentanza del condominio stesso – pronunciata successivamente a tale cessazione, accompagnata da revoca espressa del precedente mandato. Cass. civ., sent. n. 12152 del 10 dicembre 1993, sez. II Il regolamento dei rapporti tra i proprietari di distinte unità immobiliari site in un edificio soggetto a regime del condominio non si esauriscono con le disposizioni relative ai rapporti di vicinato tra due proprietà finitime (emulazione, immissioni e servitù). Detti rapporti sono disciplinati anche dalle regole generali sulla responsabilità civile, essendo obbligato ciascun condomino propter rem a non eseguire nel piano o porzioni di piano di sua proprietà opere che rechino danno alle parti comuni o di proprietà esclusiva di altri condomini. Cass. civ., sent. n. 12304 del 14 dicembre 1993, sez. II Il condominio non è soggetto giuridico dotato di propria personalità distinta da quella di coloro che ne fanno parte, bensì un semplice ente di gestione, il quale opera in rappresentanza e nell'interesse comune dei partecipanti, limitatamente all'amministrazione e al buon uso della cosa comune, senza interferire nei diritti autonomi di ciascun condomino. Ne deriva che l'amministratore per effetto della nomina ex art. 1129 cod. civ. ha soltanto una rappresentanza ex mandato dei vari condomini e che la sua presenza non priva questi ultimi del potere di agire personalmente a difesa dei propri diritti sia esclusivi che comuni. SENTENZE 1994 Cass. 12/01/94 - n. 246 - locazioni La L. n. 392 del 1978 (cosiddetta dell'equo canone) disciplina i rapporti tra locatore e conduttore, senza innovare in ordine alla normativa generale sul condominio degli edifici, sicché l'amministratore ha diritto - ai sensi del combinato disposto degli artt. 1123 c.c. e 63 att. stesso codice - di riscuotere i contributi e le spese per la manutenzione delle cose comuni ed i servizi nell'interesse comune direttamente ed esclusivamente da ciascun condomino, restando esclusa un'azione diretta nei confronti dei conduttori delle singole unità immobiliari. Cass. 19/01/94 - n. 446 - divisione - perimento dell'edificio Il perimento totale di un edificio condominiale determina l'estinzione del condominio, per mancanza dell'oggetto, venendo meno il rapporto di servizio tra le parti comuni e le porzioni di proprietà esclusiva (non più esistenti), e permane soltanto la comunione pro-indiviso tra gli ex condomini sull'area di risulta. Ne deriva che, in caso di mancata ricostruzione dell'immobile (nell'ipotesi, non consentita dalla disciplina urbanistica) e di mancata vendita all'asta del suolo e dei materiali (non richiesta, nella specie, da nessuno dei comproprietari), può porsi fine alla predetta comunione con lo scioglimento della stessa, che, in caso d'indivisibilità del suolo, deve essere effettuato a norma degli artt. 1116 e 720 c.c., attribuendo preferibilmente il bene per intero al titolare della quota maggiore (o ai titolari della quota maggiore, ove questi ne richiedano congiuntamente l'attribuzione), con addebito dell'eccedenza, corrispondendosi, cioè, agli altri condomini la somma equivalente al valore della loro quota. Cass. 20/01/94 - n. 476 - servitù - strade - uso della cosa comune Posto che il partecipante alla comunione può usare della cosa comune per un suo fine particolare, con la conseguente possibilità di ritrarre dal bene una utilità specifica aggiuntiva rispetto a quelle che vengono ricavate dagli altri, con il limite di non alterare la consistenza e la destinazione di essa, o di non impedire l'altrui pari uso, il passaggio su una strada comune, in origine destinata a servire alcuni, determinati fondi di proprietà esclusiva, che venga effettuato da un comunista anche per accedere ad altro fondo, a lui appartenente in proprietàesclusiva, di per sè non raffigura un godimento vietato, a norma dell'art. 1059, primo comma, c.c., non comportando la costituzione di una servitù sul bene comune, perché non si risolve nella modifica della distinzione di questo, né nell'impedimento dell'altrui pari diritto. Cass. 03/02/94 - n. 1104 - assemblea - locazioni - riscaldamento e risparmio energetico La legge n. 392 del 1978 (cosiddetta dell'equo canone) disciplina i rapporti tra locatore e conduttore, senza innovare in ordine alla normativa generale sul condominio negli edifici, sicché l'amministratore ha diritto - ai sensi del combinato disposto degli artt. 1123 c.c. e 63 att. stesso codice - di riscuotere i contributi e le spese per la manutenzione delle cose comuni ed i servizi nell'interesse comune direttamente ed esclusivamente da ciascun condomino, restando esclusa un'azione diretta nei confronti dei conduttori delle singole unità immobiliari (contro i quali può invece agire in risoluzione il locatore ex art. 5 della citata legge n. 392 del 1978, per il mancato rimborso degli oneri accessori), anche con riguardo alle spese del servizio comune di riscaldamento ancorché questi ultimi abbiano diritto di voto, in luogo del condomino locatore, nelle delibere assembleari riguardanti la relativa gestione. Cass. 10/02/94 - n. 1700 - rumori Per integrare il reato previsto dall'art. 659 c.p. (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) non è sufficiente che rumori prodotti all'interno di un appartamento si propaghino in quelli vicini, ma è necessario che tali rumori siano di tale intensità da disturbare le occupazioni o il riposo delle persone. (Nella specie, relativa ad annullamento senza rinvio di sentenza di condanna perché il fatto non sussiste, risultava che dall'appartamento - sottostante - "della parte lesa si sentivano rumori di gioco di pallone e di qualche sedia che cadeva davanti ai bambini"). Cass. 23/02/94 - n. 1776 - pianerottoli L'atto costitutivo del condominio può senz'altro sottrarre al regime della condominialità, di cui all'art. 1117 c.c., i pianerottoli di accesso dalle scale ai singoli appartamenti e riservarli, in tutto o in parte, al dominio personale esclusivo dei proprietari di questi. Cass. 12/03/94 - n. 2393 - legittimazione - rappresentanza Il principio per cui, essendo il condominio un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire a difesa di diritti connessi alla detta partecipazione, né quindi del potere d'intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore del condominio e di avvalersi dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunziata nei confronti dell'amministratore stesso, che vi abbia fatto acquiescenza, non trova applicazione con riguardo alle controversie aventi ad oggetto l'impugnazione di deliberazioni dell'assemblea condominiale che, come quelle relative alla gestione di un servizio comune (nella specie, l'ascensore), tendono a soddisfare esigenze soltanto collettive della gestione stessa, senza attinenza diretta all'interesse esclusivo di uno o più partecipanti, con la conseguenza che, in tali controversie, la legittimazione ad agire - e, quindi, anche ad impugnare - spetta in via esclusiva all'amministratore, la cui acquiescenza alla sentenza esclude la possibilità d'impugnazione proposta dal singolo condomino. Cass. 15/03/94 - n. 2448 - spese legali La domanda di liquidazione dei compensi per le prestazioni giudiziali svolte da un avvocato in favore di un condominio, è soggetta alla procedura di cui alla L. 13 giugno 1942, n. 794, anche se proposta non nei confronti della collettività condominiale, ma di un solo condomino, perché avuto riguardo alla natura di ente di mera gestione non personalizzato del condominio, il singolo condomino va comunque considerato parte sostanziale del rapporto di clientela ancorché non tradotto in un formale rapporto procuratorio . Cass. 15/03/94 - n. 2452 - amministratore Per il disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c. l'amministratore del condominio ha la legittimazione ad agire in giudizio, nei confronti del condomino moroso per la riscossione dei contributi, senza necessità di autorizzazione da parte dell'assemblea, rilevando l'esistenza o meno di uno stato di ripartizione delle spese approvato dall'assemblea soltanto in ordine alla fondatezza della domanda, con riferimento all'onere probatorio a suo carico. Cass. 15/03/94 - n. 2453 - dissenso rispetto alle liti Il termine di giorni trenta, previsto dall'art. 1132 c.c., per l'atto di estraniazione del condomino dissenziente è di decadenza, com'è fatto palese dalle parole usate e dalla ratio legis correlata all'esigenza di provvedere in tempi brevi all'amministrazione e di dare certezza ai rapporti condominiali caratterizzati da dinamismo e rapidità: ne consegue che la decadenza per la relativa inosservanza non può essere rilevata dal giudice di ufficio. Cass. 15/03/94 - n. 2454 - danni Dalla comproprietà delle cose, dei servizi e degli impianti comuni nascono per i condomini delle obbligazioni propter rem con la conseguenza che, in particolare, la responsabilità per i danni derivanti alle unità immobiliari in proprietà esclusiva dalle cose comuni grava su tutti i condomini, essendo questi tenuti alla manutenzione delle cose comuni, con l'obbligo di adottare tutte le cautele idonee a scongiurare i pregiudizi, e quindi, responsabili ove tali pregiudizi si verifichino. Cass. 17/03/94 - n. 2546 - registro - regolamento Il regolamento di condominio predisposto dal costruttore-venditore che contenga vincoli afferenti all'intero edificio - e, quindi, a tutte le unità immobiliari comprese nel fabbricato - quando sia stato da questi trascritto nei registri immobiliari, è opponibile non soltanto a coloro che acquistano le unità immobiliari da proprietari che abbiano accettato esplicitamente o implicitamente il regolamento stesso, ma anche a coloro che, in epoca successiva alla trascrizione, per la prima volta acquistino piani dell'edificio o loro porzioni direttamente dal costruttore, anche in assenza di espressa previsione in tal senso nei singoli atti di acquisto, atteso che tutti costoro, non avendo partecipato all'approvazione del regolamento o alla stipulazione degli atti, devono ricomprendersi, prima della conclusione del loro acquisto, come terzi rispetto ai quali opera, ai fini dell'opponibilità dei vincoli suddetti, siffatta forma di pubblicità. Cass. 19/03/94 - n. 2609 - divisione - parti comuni in genere La disciplina del codice civile del condominio negli edifici deve essere applicata ad ogni parte, bene e servizio comune che rientri, per la sua struttura e destinazione, tra quelli indicati dall'art. 1117 c.c., a nulla rilevando che i piani o porzioni di piano alla cui utilizzazione o migliore utilizzazione le cose servono siano compresi in un edificio unico o in edifici autonomi per effetto di successiva divisione. Cass. 24/03/94 - n. 2862 - antenne Gli artt. 1 e 3 L. 6 maggio 1940 n. 554, dettati con riguardo alla disciplina degli aerei esterni per audizioni radiofoniche, ma applicabile per analogia anche alle antenne televisive e l'art. 231 del D.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, stabilendo che i proprietari dell'edificio non possono opporsi alla installazione esterna di antenne da parte di abitanti dello stesso stabile per il funzionamento di apparecchi radiofonici o televisivi, attribuiscono al titolare dell'utenza il diritto all'installazione dell'antenna sulla terrazza dell'edificio, ferma restando la facoltà del proprietario al libero uso di questa secondo la sua destinazione ancorché comporti la rimozione od il diverso collocamento dell'antenna, che resta a carico del suo utente, all'uopo preavvertito. Ne deriva che il proprietario della terrazza che vi abbia eseguito dei lavori comportanti la rimozione dell'antenna non può essere condannato al ripristino nello stato preesistente, posto che spetta all'utente provvedere a sua cura e spese alla rimozione ed al diverso collocamento dell'antenna. Cass. 15/04/94 - n. 3542 - tabelle millesimali La deliberazione dell'assemblea condominiale che modifichi a maggioranza una tabella millesimale contrattualmente approvata ovvero fissi criteri di ripartizione delle spese comuni secondo criteri diversi da quelli stabiliti dalla legge, è inficiata da nullità, per il cui accertamento sono legittimati, dal lato attivo, ciascun condomino, ivi compreso quello che abbia espresso voto favorevole - non operando al riguardo la regola, propria della materia processuale (art. 157 c.p.c.), secondo cui la nullità non può essere fatta valere dalla parte che vi ha dato causa - e, passivamente, soltanto l'amministratore del condominio, senza necessità di partecipazione al giudizio dei singoli condomini, i quali, invece, sono parti necessarie esclusivamente rispetto alla diversa azione diretta ad ottenere modificazioni in sede giudiziale della tabella millesimale. Cass. 16/04/94 - n. 3600 - riscaldamento e risparmio energetico In tema di ripartizione delle spese condominiali attinenti al servizio centralizzato di riscaldamento di un edificio adibito ad uso abitativo, che costituito da due appartamenti sia in comunione pro indiviso tra due comproprietari, trova applicazione la disciplina dettata per la comunione dall'art. 1104 c.c., con la conseguenza che ogni comproprietario è obbligato a sostenere le spese stesse in proporzione al valore della sua quota, indipendentemente dal concreto vantaggio che tragga dal detto servizio e senza possibilità di sottrarsi a quest'obbligo rinunciando al servizio medesimo, ove tale rinuncia possa produrre effetti pregiudizievoli per l'altro comproprietario. Cass. 18/04/94 - n. 3666 - alberi Alle spese di potatura degli alberi, che insistono su suolo oggetto di proprietà esclusiva di un solo condomino sono tenuti, tuttavia, a contribuire tutti i condomini allorché si tratti di piante funzionali al decoro dell'intero edificio e la potatura stessa avvenga per soddisfare le relative esigenze di cura del decoro stesso. Cass. 20/04/94 - n. 3747 - amministratore - assemblea L'approvazione da parte dell'assemblea dei condomini del rendiconto di un determinato esercizio non presuppone che la contabilità sia redatta dall'amministratore con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, ma è sufficiente che la contabilità sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione. Per il disposto degli artt. 1135 e 1137 c.c. la deliberazione dell'assemblea condominiale che approva il rendiconto annuale dell'amministratore può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine stabilito dall'art. 1137, terzo comma, c.c. non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimità, restando esclusa una diversa forma di invalidazione ex art. 1418 c.c., non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera. Cass. 22/04/94 - n. 3832 - terrazze a livello In tema di edifici in condominio, affinché una terrazza a livello, che esplichi anche funzioni di copertura dei piani sottostanti, possa ritenersi di proprietà esclusiva del proprietario dell'appartamento da cui si accede alla terrazza stessa, ove tale appartenenza non risulti dal titolo, è necessario che essa faccia parte integrante da un punto di vista strutturale e funzionale del piano cui è annessa, di guisa che la funzione di copertura dei piani sottostanti si profili come meramente sussidiaria . Cass. 26/04/94 - n. 3952 - amministratore - assemblea Per le deliberazioni dell'assemblea in seconda convocazione concernenti le materie indicate dall'art. 1136, quarto comma, c.c., tra le quali la nomina dell'amministratore, il richiamo alle maggioranze stabilite dall'art. 1136, secondo comma, c.c., non vale ad estendere il quorum costitutivo dell'assemblea in prima convocazione, ma importa che per la costituzione dell'assemblea, come per l'approvazione di esse, è richiesta una maggioranza che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio e che sia costituita dalla maggioranza degli intervenuti e da almeno un terzo dei partecipanti al condominio. In difetto di norme particolari, i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il condomino rappresentato sono disciplinati dalle regole sul mandato con la conseguenza che solo il condomino delegante è legittimato a far valere gli eventuali vizi della delega. Cass. 29/04/94 - n. 4152 - ascensore - barriere architettoniche Il pregiudizio, per alcuni condomini, della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell'andito occupati dall'impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini, non rende l'innovazione lesiva del divieto posto dall'art. 1120, secondo comma, c.c., ove risulti che alla possibilità dell'originario godimento della cosa comune è offerto un godimento migliore, anche se di diverso contenuto. Cass. 12/05/94 - n. 4632 - regolamento - uso della proprietà esclusiva Le norme del regolamento condominiale che incidono sulla utilizzabilità e la destinazione delle parti dell'edificio di proprietà esclusiva, distinguendosi dalle norme regolamentari, che possono essere approvate dalla maggioranza dell'assemblea dei condomini, hanno carattere convenzionale e, se predisposte dall'originario proprietario dello stabile, debbono essere, pertanto, accettate dai condomini nei rispettivi atti di acquisto o con atti separati; se deliberate, invece dall'assemblea, debbono essere approvate all'unanimità, dovendo, in mancanza, considerarsi nulle, perché eccedenti i limiti dei poteri dell'assemblea. Cass. 17/05/94 - n. 4814 - tabelle millesimali La partecipazione con voto favorevole alle reiterate delibere adottate dall'assemblea dei condomini di un edificio per ripartire le spese straordinarie secondo un valore delle quote dei singoli condomini diverso da quello espresso nelle tabelle millesimali, o l'acquiescenza alla concreta applicazione di queste delibere, può assumere il valore di unico comportamento rivelatore della volontà di parziale modifica delle tabelle millesimali da parte dei condomini che hanno partecipato alle votazioni o che hanno aderito o accettato la differente suddivisione e può dar luogo, quindi, per facta concludentia, ad una convenzione modificatrice della disciplina sulla ripartizione delle spese condominiali che, avendo natura contrattuale e non incidendo su diritti reali, non richiede la forma scritta ma solo il consenso, anche tacito o per facta concludentia, purché inequivoco, di tutti i condomini. Cass. 17/05/94 - n. 4804 - riscaldamento e risparmio energetico Con riguardo al risarcimento del danno dovuto a norma dell'art. 1494 c.c. il credito dei comproprietari di un bene unico ed indivisibile (nella specie, impianto di riscaldamento condominiale) per il rimborso delle spese occorrenti alla sua riparazione, deve considerarsi indivisibile perché, essendo indivisibile, per finalità e funzione, la prestazione che ne è oggetto, indivisibile è anche il fatto ed il risultato del ripristino; tale credito può essere pertanto fatto valere da ciascuno dei comproprietari per l'intero, ai sensi dell'art. 1319 c.c. (salva la successiva definizione del rapporto all'interno della contitolarità). Cass. 18/05/94 - n. 4831 - assemblea - riscaldamento e risparmio energetico - spese Nel condominio degli edifici anche le spese di manutenzione ordinaria e quelle fisse relative ai servizi comuni essenziali richiedono la preventiva approvazione dell'assemblea dei condomini essendo questa espressamente richiesta dall'art. 1135, n. 2 c.c. per tutte le spese occorrenti durante l'anno e non solo per le spese di straordinaria manutenzione alle quali si riferisce il citato art. 1135, n. 5. È pertanto annullabile la delibera dell'assemblea che autorizza l'amministratore ad aumentare i contributi previsti dal preventivo di spese approvato. La sostituzione del bruciatore dell'impianto di riscaldamento di un edificio condominiale, nei casi in cui il bruciatore sostituito era guasto o obsoleto, deve considerarsi atto di straordinaria manutenzione, in quanto diretto a ripristinare la funzionalità dell'impianto senza alcuna modifica sostanziale e funzionale dello stesso, mentre deve essere ricondotta alle modifiche migliorative, e non alle innovazioni, se ha lo scopo di consentire l'utilizzazione di una fonte di energia più redditizia, più economica o meno inquinante. (Nella specie, si trattava della sostituzione di un bruciatore alimentato da gasolio con un bruciatore alimentato da gas metano). Cass. 25/05/94 - n. 5083 - amministratore - cose in custodia In tema di responsabilità per danni da cose in custodia il caso fortuito idoneo a superare la presunzione di responsabilità del custode può anche consistere nel comportamento del danneggiato, allorché questo abbia costituito la causa esclusiva dell'evento dannoso, esistendo per il danneggiato agevoli e valide condotte alternative idonee a scongiurare l'eventualità dell'accadimento dannoso. La nomina di un nuovo amministratore di condominio in sostituzione del precedente dimissionario per spiegare efficacia nei confronti dei terzi deve avvenire con una deliberazione dell'assemblea nelle forme di cui all'art. 1129 cod. civ. Cass. 03/06/94 - n. 5374 - coniugi In tema di separazione personale, qualora il giudice attribuisca ad uno dei coniugi la casa familiare di proprietà dell'altro coniuge, la gratuità di tale assegnazione si riferisce solo all'uso dell'abitazione (per il quale non deve versarsi corrispettivo), ma non si estende alle spese correlate a tale uso, quali quelle condominiali, che riguardano la manutenzione delle cose comuni - poste a servizio anche della casa familiare - e vanno legittimamente poste a carico del coniuge assegnatario. Cass. 09/06/94 - n. 5608 - amministratore La nomina di un nuovo amministratore del condominio di edificio non richiede la previa formale revoca dell'amministratore in carica, atteso che dando luogo ad un rapporto di mandato, comporta, ai sensi dell'art. 1724 c.c., la revoca di quello precedente. L'amministratore del condominio negli edifici non può essere una persona giuridica sia perché il rapporto di mandato è essenzialmente caratterizzato dalla fiducia sia perché le norme del codice civile sull'amministrazione dei condomini presuppongono che l'amministratore sia una persona fisica, ed in tal senso ne disciplinano il controllo giudiziario dei relativi atti. Cass. 21/06/94 - n. 5956 - amministratore - rappresentanza Il condominio, contro il quale è prodotta una scrittura privata sottoscritta da un suo precedente amministratore nella vigenza del suo incarico, ha l'onere, se vuole sottrarsi alla presunzione di cui all'art. 2702 c.c., di disconoscere la sottoscrizione della scrittura medesima, perché la cessazione del rapporto di rappresentanza per sostituzione dell'amministratore non esclude la riferibilità, al condominio, degli atti validamente compiuti dal precedente amministratore. Cass. 25/06/94 - n. 6109 - ascensore - barriere architettoniche L'art. 2 L. 9 gennaio 1989 n. 13, recante norme per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, che prevede la possibilità per l'assemblea condominiale di approvare le innovazioni preordinate a tale scopo con le maggioranze indicate nell'art. 1136 comma secondo e terzo c.c. in deroga all'art. 1120 comma primo, che richiama il comma quinto dell'art. 1136 e, quindi, le più ampie maggioranze ivi contemplate, dispone tuttavia che resta fermo il disposto dell'art. 1120 comma secondo, il quale vieta le innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso e al godimento anche di un solo condomino, comportandone una sensibile menomazione dell'utilità secondo l'originaria costituzione della comunione. Ne deriva che a maggior ragione sono nulle le delibere che ancorché adottate a maggioranza al fine indicato siano lesive dei diritti di altro condomino sulla porzione di sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di merito i quali avevano dichiarato la nullità della deliberazione adottata a maggioranza in base all'art. 2 legge n. 13/1989 cit. di installazione di un ascensore volto a favorire le esigenze di un condomino portatore di handicap, che comportava peraltro un sensibile deprezzamento dell'unità immobiliare di altro condomino sita a piano terra). Cass. 27/06/94 - n. 6187 - condominio apparente - coniugi - spese In tema di ripartizione delle spese condominiali, è passivamente legittimato, rispetto all'azione giudiziale per il recupero della quota di competenza, il vero proprietario della porzione immobiliare e non anche chi possa apparire tale - come uno dei coniugi che curi personalmente ed attivamente la gestione della proprietà dell'altro coniuge difettando, nei rapporti fra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l'operatività del principio dell'apparenza del diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela dei terzi in buona fede. Cass. 23/07/94 - n. 6884 - scantinati Poiché l'edificio condominiale comprende l'intero manufatto che va dalle fondamenta al tetto e, quindi, anche i vani scantinati compresi tra le fondamenta stesse ed il suolo su cui sorge l'edificio, costituisce oggetto di proprietà comune, ai sensi dell'art. 1117 c.c., non la superficie a livello del piano di campagna che viene scavata per la posa delle fondamenta, bensì quella porzione del terreno su cui viene a poggiare l'intero edificio ed immediatamente, la parte infima di esso. Di conseguenza, per stabilire a chi spetti la proprietà di un locale dell'edificio condominiale sottostante al piano terreno deve farsi riferimento alle norme che regolano la proprietà condominiale per piani orizzontali e, perciò, con riguardo ai piani o porzioni di piano che siano o meno sotto il livello del circostante piano di campagna, agli atti di acquisto dei singoli appartamenti e delle altre unità immobiliari ed al regolamento di condominio allegato agli atti di acquisto o in essi richiamato (cosiddetto regolamento contrattuale). Cass. 22/08/94 - n. 7464 - solai Dal solaio che divide due unità abitative, l'una all'altra sovrapposta, formando una struttura comune che i proprietari delle due unità possono modificare solo alla condizione che non venga alterata la destinazione della cosa e che non sia impedito all'altro di farne parimenti uso secondo il suo diritto, deve essere distinta la copertura del solaio, che appartiene esclusivamente al proprietario dell'abitazione sovrastante e che può essere, quindi, da questo liberamente rimossa o sostituita secondo la sua utilità e convenienza. Cass. 29/08/94 - n. 7569 - decreto ingiuntivo Non esiste un obiettivo rapporto di pregiudizialità comportante la necessità della sospensione del processo a norma dell'art. 295 c.p.c. tra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell'art. 63 att. c.c. sulla base di una deliberazione dell'assemblea condominiale che approva la ripartizione delle spese tra i condomini ed il giudizio di impugnazione della deliberazione ex art. 1137 c.c., giacché la condanna al pagamento è condizionata non alla validità della delibera assembleare, ma soltanto al perdurare della sua efficacia sicché il giudice dell'opposizione deve limitarsi a prender atto che la sospensione dell'esecuzione della deliberazione non sia stata ordinata dal giudice investito dell'impugnazione ai sensi dell'art. 1137 cit. Qualora l'opponente a decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell'art. 63 att. c.c. per il pagamento di contributi condominiali contesti la sussistenza del debito e la documentazione posta a fondamento dell'ingiunzione (verbale della delibera assembleare), incombe all'amministratore del condominio, in quanto attore, l'onere di dimostrare i fatti costitutivi del credito con la produzione di tutti gli opportuni documenti. Cass. 05/09/94 - n. 7652 - porticato - uso della cosa comune L'art. 1102 c.c. intende assicurare al singolo partecipante, per quel che concerne l'esercizio del suo diritto, la maggior possibilità di godimento della cosa comune, nel senso che, purché non resti alterata la destinazione del bene comune e non venga impedito agli altri partecipanti di fare parimenti uso della cosa, egli deve ritenersi libero di servirsi della cosa stessa anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, senza che possano costituire vincolo per lui forme più limitate di godimento attuate in passato dagli altri partecipanti, e può scegliere, tra i vari possibili usi quello più confacente ai suoi personali interessi. (Nella specie si è escluso che esorbiti dal corretto uso della cosa comune la transennatura e l'occupazione periodica di un portico con legna da parte di un condomino, in assenza di prova del carattere stabile dell'occupazione e di un apprezzabile pregiudizio per gli altri condomini). Cass. 05/09/94 - n. 7651- appalto - autorimesse - parcheggi - posti auto Al tetto posto a copertura delle autorimesse esterne all'edificio condominiale - svolgente, nella sua struttura unitaria ed omogenea, una funzione di riparo e di protezione delle unità sottostanti, ciascuna delle quali costituisce pertinenza della proprietà esclusiva dei singoli condomini - è applicabile la presunzione di comunione stabilita dall'art. 1117, n. 1, c.c. con la conseguenza che esso costituisce, al pari del tetto dell'edificio condominiale, oggetto di proprietà comune e che l'amministratore del condominio è legittimato ad esercitare le azioni che lo concernono. (Nella specie, condanna del costruttore al rifacimento della impermeabilizzazione o al rimborso per eseguirla direttamente). Qualora una parte tenuta per legge alla garanzia per vizi, come l'appaltatore ed il venditore, riconosca, sulla base del precedente impegno negoziale, la sussistenza di vizi della prestazione eseguita ed assuma, in luogo dell'obbligazione di garanzia rientrante nel contenuto dell'originario contratto, l'obbligo di eliminare i vizi stessi, si configura a carico di tale parte un'obbligazione nuova ed autonoma (rispetto a quella di garanzia), non soggetta ai termini di prescrizione e decadenza previsti dalla disciplina del contratto di appalto (art. 1667 c.c.) e da quello del contratto di vendita (art. 1495 c.c.), restando soggetta all'ordinaria prescrizione decennale. Cass. 27/09/94 - n. 7885 - condominio parziale I presupposti per l'attribuzione della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, sono necessari per l'esistenza e per l'uso, ovvero sono destinati all'uso o al servizio, non di tutto l'edificio, ma di una sola parte, o di alcune parti di esso, ricavandosi dall'art. 1123, comma 3, che le cose, i servizi, gli impianti, non appartengono necessariamente a tutti i partecipanti. Ne consegue che dalle situazioni di cosiddetto "condominio parziale" derivano implicazioni inerenti la gestione e l'imputazione delle spese, in particolare non sussiste il diritto di partecipare all'assemblea relativamente alle cose, ai servizi, agli impianti, da parte di coloro che non ne hanno la titolarità, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarità delle parti comuni che della delibera formano oggetto. Cass. 28/09/94 - n. 7894 - super condominio Poiché non sono derogabili dal regolamento di condominio, anche se di natura contrattuale, le norme concernenti la composizione ed il funzionamento dell'assemblea, è nulla per contrarietà a norme imperative (artt. 1136, 1138 c.c.) la clausola del regolamento contrattuale che prevede che l'assemblea di un cosiddetto supercondominio sia composta dagli amministratori dei singoli condominii, anziché da tutti i comproprietari degli edifici che lo compongono. Cass. 29/09/94 - n. 7946 - litisconsorzio necessario - super condominio Nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un condomino contro l'amministratore di un condominio del suo edificio, che agisce per conseguire il pagamento di somme dovute per il servizio di riscaldamento centrale facente capo ad un supercondominio, composto anche da altri fabbricati e disciplinato da un regolamento contrattuale, una volta che il condomino opponente eccepisce il difetto di legittimazione ad agire da parte dell'amministratore del suo edificio, non sussiste il litisconsorzio necessario nei confronti dell'amministratore del supercondominio (e degli amministratori degli altri singoli condomini), non esistendo un rapporto giuridico plurisoggettivo e sostanzialmente unico, né risultando la domanda diretta alla costituzione, alla modifica o alla estinzione di un rapporto plurisoggettivo, ovvero a conseguire l'adempimento di una prestazione inscindibile, relativa ad un rapporto sostanziale unico comune a più soggetti. Cass. 19/10/94 - n. 8528 - locazione - uso della cosa comune La sospensione necessaria del processo, prevista dall'art. 295 c.p.c., deve essere disposta soltanto quando la preventiva definizione di una controversia civile, penale o amministrativa, avente carattere pregiudiziale e dalla cui risoluzione dipende la decisione della causa, sia imposta da un'espressa norma di legge ovvero ne costituisca l'indispensabile antecedente logico-giuridico il cui accertamento venga postulato con autorità di giudicato. (Nella specie, il giudice del merito - in una causa promossa per sentire dichiarare la nullità della deliberazione condominiale con la quale era stato concesso in locazione un intero immobile di proprietà comune alle parti - aveva escluso il carattere pregiudiziale della separata causa promossa tra le stesse per l'accertamento della comoda divisibilità del bene, sul presupposto che tale accertamento avrebbe risolto solo la questione dell'attribuzione del cespite ai comproprietari pro quota, non quella della sua utilizzabilità diretta o indiretta. La S.C. ha confermato la pronuncia, ribadendo il principio di cui alla massima). L'uso indiretto della cosa comune (nella specie, mediante locazione), incidendo sull'estensione del diritto reale che ciascun comunista possiede sull'intero bene indiviso, può essere disposto dal giudice o deliberato dall'assemblea dei condomini a maggioranza, soltanto quando non sia possibile o ragionevole l'uso promiscuo, sempreché la cosa comune non consenta una divisione, sia pure approssimativa, del godimento. L'indivisibilità del godimento costituisce il presupposto per l'insorgenza del potere assembleare circa l'uso indiretto, onde la deliberazione che l'adotta senza che ne ricorrano le condizioni è nulla, quale che sia la maggioranza, salvoché ricorra l'unanimità. Cass. 19/10/94 - n. 8531- legittimazione - rappresentanza Le azioni reali nei confronti dei terzi a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un edificio tendono a statuizioni relative alla titolarità ed al contenuto dei diritti medesimi che esulando dall'ambito degli atti meramente conservativi (art. 1130 n. 4 c.c.) possono essere proposte dall'amministratore del condominio solo se autorizzato dall'assemblea a norma dell'art. 1131 comma 1 cod. civ. Ai fini dell'ammissibilità della domanda riconvenzionale che non importi spostamento di competenza è sufficiente un qualsiasi rapporto o situazione giuridica in cui sia ravvisabile un collegamento obiettivo tra domanda principale e domanda riconvenzionale, tale da rendere consigliabile e opportuna la celebrazione del simultaneus processus. In tema di condominio, ciascun partecipante è legittimato a proporre le azioni a difesa della proprietà della cosa comune senza necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini salvo che la controparte non si limiti a negare la situazione soggettiva dell'attore, ma opponga la proprietà esclusiva del bene contestando il diritto di tutti i condomini, sicché la controversia riguardi l'esistenza stessa della condominialità e pertanto un rapporto soggettivo unico ed inscindibile, nel qual caso è necessaria la presenza nel processo anche degli altri condomini, dovendo la pronuncia avere effetto nei confronti di tutti. Cass. 26/10/94 - n. 8777 - terrazze a livello - tetto La trasformazione in tutto o in parte nell'ambito di un condominio di un bene comune in bene esclusivo di uno dei condomini può essere validamente deliberata soltanto all'unanimità, ossia mediante una decisione che abbia valore contrattuale. Nella specie la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito la quale aveva dichiarato la nullità della deliberazione dell'assemblea presa a maggioranza con cui un condomino era stato autorizzato ad aprire un varco nel tetto, trasformandolo in terrazza a livello per il proprio uso esclusivo. Cass. 29/10/94 - n. 8946 - rappresentanza La rappresentanza processuale dell'amministratore del condominio dal lato passivo, ai sensi del comma 2 dell'art. 1131 c.c., non incontra limiti quando le domande proposte contro il condominio medesimo riguardano le parti comuni dell'edificio. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio enunciato, ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto ben instaurata nei confronti del condominio l'azione tendente ad ottenere la consegna della chiave del cancello d'accesso alla scala dell'edificio, che l'attore presupponeva anche ad esso comune e, come tale, illegittimamente sottratta al suo godimento). Cass. 04/11/94 - n. 9062 - parti comuni in genere Ai fini di stabilire se esista un titolo contrario alla presunzione di comunione sancita dalla norma dell'art. 1117 c.c. occorre fare riferimento all'atto costitutivo del condominio, cioè al primo atto di trasferimento di una unità immobiliare dall'originario proprietario ad altro soggetto. Cass. 07/11/94 - n. 9221 - parti comuni in genere - pertinenze Il vincolo pertinenziale comport a l'esclusività della funzione accessoria, onde nell'ipotesi di un immobile contemporaneamente adibito al servizio di diversi altri, appartenenti ciascuno a proprietari diversi può solo verificarsi un caso di proprietà comune ovvero un caso di servitù. In tema di condominio la presunzione di proprietà comune di ciascuna delle parti indicate nell'art. 1117 c.c. non può essere vinta se non da elementi di significato certo ed univoco, idonei a far ritenere che la parte in contestazione sia stata considerata dalla comune volontà dei contraenti oggetto della proprietà esclusiva di uno di essi. Cass. 15/11/94 - n. 9629 - rimborso spese anticipate dal condominio L'esperibilità dell'azione generale di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c. postula, per il disposto dell'art. 2042, la non esperibilità di altra azione per conseguire l'indennizzo del pregiudizio subito. Ne consegue che il giudice, in presenza di una pluralità di domande - oltre quella ex art. 2041 c.c. - fondate su titoli diversi, deve preliminarmente decidere sulla fondatezza di queste ultime e solo ove decida di non accoglierle potrà esaminare l'azione sussidiaria di arricchimento, sempreché l'impossibilità di proporre quest'ultima non derivi da un divieto stabilito dalla legge. (Nella specie, un condomino aveva chiesto il rimborso della spesa sostenuta per la manutenzione della cosa comune, in base ad un triplice titolo: l'accordo di tutti i condomini, l'urgenza della spesa ex art. 1134 c.c. e l'arricchimento senza causa. La Suprema Corte nel formulare il principio di cui in massima ha precisato che al condomino non compete l'azione di arricchimento in caso di spesa non urgente, stante il divieto di rimborso stabilito dall'art. 1134 c.c. al di fuori delle ipotesi ivi previste). Cass. 29/11/94 - n. 10217 - autorimesse - parcheggi - posti auto La norma di cui all'art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765 - la quale stabilisce che nelle nuove costruzioni ed anche nelle opere di pertinenza delle costruzioni stesse debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione - pone un vincolo pubblicistico di destinazione degli spazi in questione al servizio delle unità abitative dei condomini, ma tale regime, rimasto immutato anche dopo l'entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (il cui art. 26, ultimo comma, stabilisce che gli spazi anzidetti costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818 e 819 c.c.), non comporta affatto che le aree di parcheggio, fermo il vincolo di destinazione, rientrino tra le parti comuni dell'edificio a norma dell'art. 1117 c.c. e tanto meno che il loro godimento da parte dei proprietari delle unità abitative debba essere gratuito ove esse siano rimaste di proprietà del costruttore o di un terzo. Cass. 03/12/94 - n. 10397 - sopraelevazione L'art. 1127 del codice civile, disciplinante il regime legale delle sopraelevazioni, è derogabile, come emerge dall'espressa riserva contenuta nel comma 1, da una convenzione preesistente o coeva alla costituzione del condominio. Ne consegue che il divieto assoluto di sopraelevazione - nella specie, stabilito dal regolamento di condominio (costituente parte integrante del contratto di acquisto dei singoli cespiti) a carico dell'ultimo piano dell'edificio ed a favore tanto delle parti di proprietà comune, quanto delle unità immobiliari in proprietà esclusiva dell'edificio - avendo sostanzialmente natura di servitù altius non tollendi, può essere fatto valere sia dai singoli condomini che dal condominio. Cass. 13/12/94 - n. 10652 - distanze legali - tubature - usucapione Il requisito della continuità, necessario per la configurabilità del possesso ad usucapionem, ex art. 1158 c.c., si fonda sulla necessità che il possessore esplichi costantemente il potere di fatto corrispondente al diritto reale posseduto e lo manifesti con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità ed alla destinazione della cosa e tali da rivelare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria di fatto sulla cosa stessa contrapposta all'inerzia del titolare del diritto. La continuità si distingue, pertanto, dall'interruzione del possesso, giacché la prima si riferisce al comportamento del possessore, mentre la seconda deriva dal fatto del terzo che privi il possessore del possesso (interruzione naturale) o dall'attività del titolare del diritto reale che compia un atto di esercizio del diritto medesimo. Nella specie, il possessore di una servitù di veduta ne aveva dismesso per un certo periodo l'esercizio, eliminando con la schermatura di una terrazza ogni possibilità di inspectio e di prospectio sul fondo limitrofo. La distanza di almeno un metro dal confine che l'art. 889, comma 2, c.c. prescrive per l'installazione dei tubi dell'acqua, del gas e simili, si riferisce alle condutture che abbiano un flusso costante di sostanze liquide o gassose e, conseguentemente, comportino un permanente pericolo per il fondo vicino, in relazione alla naturale possibilità di trasudamento e di infiltrazioni. Detta norma, pertanto, non è applicabile con riguardo alle canne fumarie per la dispersione dei fumi delle caldaie le quali, avendo una funzione identica a quella del camino, vanno soggette alla regolamentazione di cui all'art. 890 c.c. e, quindi, poste alla distanza fissata dai regolamenti locali. Cass. 14/12/94 - n. 10704 - porte - vedute Nel caso di edifici in condominio, i proprietari dei singoli piani possono utilizzare i muri comuni, nella parte corrispondente agli appartamenti di proprietà esclusiva, aprendovi nuove porte o vedute preesistenti o trasformando finestre in balconi o in pensili, a condizione che l'esercizio della indicata facoltà, disciplinata dagli artt. 1102 e 1122 c.c., non pregiudichi la stabilità e il decoro architettonico dell'edificio e non menomi o diminuisca sensibilmente la fruizione di aria e luce per i proprietari dei piani inferiori. Nella specie il giudice di merito, con la sentenza confermata dalla Suprema Corte, aveva ritenuto sussistente una sensibile diminuzione di aria e luce in danno dell'appartamento sito al piano terra, in conseguenza della costruzione di balconi da parte dei proprietari degli appartamenti siti al primo e al secondo piano, in relazione anche alla giacitura particolare dell'edificio condominiale, il cui piano terra si trovava di circa due metri al di sotto della latistante via pubblica. Cass. 14/12/94 - n. 10699 - innovazione - sopraelevazione - uso della cosa comune Poiché l'uso della cosa comune è sottoposto dall'art. 1102 c.c. ai due limiti fondamentali consistenti nel divieto per ciascun partecipante di alterarne la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, esso non può estendersi alla occupazione di una parte del bene comune, tale da portare, nel concorso degli altri requisiti di legge, alla usucapione della parte occupata. La normativa dell'art. 936 c.c. postula che autore delle opere realizzate su suolo altrui sia un terzo e, pertanto, non potendo qualificarsi come tali il titolare di un qualsiasi diritto, di natura reale o personale avente oggetto il fondo su cui le opere sono state eseguite, la normativa suddetta non si applica quando l'autore delle opere sia uno dei comproprietari del fondo. Ove una fattispecie trovi specifica disciplina nell'art. 1102, che regola l'uso della cosa comune da parte dei partecipanti alla comunione, è preclusa l'applicazione alla stessa, in via analogica, dell'art. 936 c.c. in materia di accessione, non essendo consentito il ricorso alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe (c.d. analogia legis) in assenza di una qualsivoglia lacuna dell'ordinamento. L'art. 1127 c.c. in tema di sopraelevazione sopra l'ultimo piano dell'edificio, essendo inserito nella regolamentazione del condominio, più specifica rispetto a quella della comunione in generale, ed avendo, nel comma 1, quale destinatario il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio, postula una divisione della proprietà in senso orizzontale e non trova pertanto applicazione nella comunione disciplinata negli artt. da 1100 a 1116 cod. civ.In materia di innovazioni e di altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione il consenso dei partecipanti alla comunione deve risultare espresso nelle forme previste dall'art. 1108 cod. civ. Cass. 23/12/94 - n. 11138 - sottosuolo uso della cosa comune Per il combinato disposto degli artt. 1117 e 840 c.c., il sottosuolo costituito dalla zona esistente in profondità al di sotto dell'area superficiaria che è alla base dell'edificio condominiale, ancorché non menzionato espressamente da detto art. 1117, va considerato di proprietà comune in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva a uno dei condomini, e ciò anche con riguardo alla funzione di sostegno che esso contribuisce a svolgere per la stabilità del fabbricato. Pertanto, un condomino non può senza il consenso degli altri partecipanti alla comunione procedere alla escavazione in profondità del sottosuolo per ricavarne nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti, giacché con l'attrarre la cosa comune nell'orbita della sua disponibilità esclusiva, viene a ledere il diritto di proprietà dei condomini su una parte comune dell'edificio. L'esercizio della facoltà di ogni condomino di servirsi della cosa comune, nei limiti indicati dall'art. 1102 c.c., deve esaurirsi nella sfera giuridica e patrimoniale del diritto di comproprietà sulla cosa medesima e non può essere esteso, quindi, per il vantaggio di altre e diverse proprietà del medesimo condomino perché in tal caso si verrebbe ad imporre una servitù sulla cosa comune per la cui costituzione è necessario il consenso di tutti i condomini. Cass. 24/12/94 - n. 11155 - amministratore Le norme del codice civile sulla nomina, la revoca e l'attività dell'amministratore del condominio negli edifici (artt. 1129 c.c. 64 e 65 att. c.c.) non escludendo la possibilità che l'amministrazione del condominio sia affidata ad una pluralità di amministratori dato che, per un verso, la carenza di una specifica disposizione per l'individuazione tra i diversi amministratori di quello tenuto a rappresentare il condominio nei rapporti con i terzi comporta solo, ai sensi dell'art. 1131 c.c., l'attribuzione a tutti del potere di rappresentanza anche nei confronti di terzi e che, per altro verso, grazie al rinvio alle norme sulla comunione, operato dall'art. 1139 c.c., deve ritenersi applicabile al condominio negli edifici l'art. 1106 c.c., che, per una esigenza di tutela degli interessi dei comproprietari e di razionalizzazione delle amministrazioni particolarmente complesse, comune anche al condominio negli edifici, espressamente consente la delega per l'amministrazione della cosa comune ad uno o più partecipanti o anche ad un estraneo. Ne consegue la possibilità che l'amministrazione del condominio sia affidata anche ad una società di fatto in cui la disciplina del potere di amministrazione come derivante da un rapporto di mandato fra la collettività dei soci amministratori (art. 2260 c.c.) e l'attribuzione, nei rapporti esterni, della rappresentanza del socio amministratore (art. 2266 c.c.) presenta un notevole parallelismo con quella dell'art. 1131 c.c., alla quale aggiunge la predisposizione di regole legali per la risoluzione del conflitto tra gli amministratori (art. 2257), dovendosi escludere che la possibilità di inserimento di nuovi soci, nelle società di persone, si rilevi incompatibile con il carattere personale del mandato conferito all'amministratore dall'assemblea dei condomini, dato che, come nel caso di nomina dell'amministratore unico, che è dotato della facoltà di delega dei suoi poteri ad un sostituto, l'intuitus personae risiede nella originaria scelta del mandatario e che l'ingresso di nuovi soci non riduce, ma semmai accresce, la garanzia per i condomini. SENTENZE 1995 Cass. Civ. 384 - 13/1/95 Quella prevista dall'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 è un'assemblea condominiale allargata alla partecipazione, per determinate materie (spese e modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e condizionamento dell'aria), dei conduttori, i quali, su queste, deliberano in luogo dei condomini. Trattasi di un'ipotesi di sostituzione legale del conduttore al locatore, ispirata dal principio che, poiché le spese di riscaldamento gravano su di lui (art. 9 della legge n. 392 del 1978), il conduttore è maggiormente interessato alle relative deliberazioni. Ne consegue che le predette disposizioni si riferiscono solo ai rapporti tra locatore e conduttore, mentre il condominio, essendo privo di un'azione diretta nei confronti del conduttore - tant'è che l'art. 5 della legge stessa prevede la risoluzione del contratto di locazione, a favore del solo locatore, se il conduttore non gli rifonde gli oneri accessori a suo carico - può rivolgersi solo ai condomini per il rimborso delle spese condominiali. Cass. Civ. 602 - 19/01/95 La delibera condominiale di accertamento e ricognizione dell'esistenza di una determinata tabella millesimale, con riserva di successivo riesame, ed il pagamento per diversi anni da parte dei condomini in base a tale tabella accertata essere di fatto applicata, costituiscono prova certa e sicura della vigenza di quella tabella che rappresenta il criterio concreto di ripartizione delle spese per la gestione delle cose comuni. Ne consegue che il singolo condomino, il quale per vari anni ha effettuato il pagamento in base a tabella millesimale di fatto in vigore - ancorché difforme da quella originaria - non può opporsi al decreto ingiuntivo, emesso ai sensi dell'art. 63 att. c.c., finché non propone domanda giudiziaria (nei confronti di tutti i condomini e non del solo amministratore) diretta ad ottenere la revisione di tale tabella di fatto e salva ripetizione delle maggiori somme pagate. Cass. Civ. 724 - 23/01/95 Le norme sulle distanze legali, le quali sono fondamentalmente rivolte a regolare rapporti tra proprietà autonome e contigue, sono applicabili anche nei rapporti tra il condominio ed il singolo condomino di un edificio condominiale nel caso in cui esse siano compatibili con l'applicazione delle norme particolari relative all'uso delle cose comuni (art. 1102 c.c.), cioè nel caso in cui l'applicazione di queste ultime non sia in contrasto con le prime e delle une e delle altre sia possibile una complementare; nel caso di contrasto, prevalgono le norme relative all'uso delle cose comuni, con la conseguenza della inapplicabilità di quelle relative alle distanze legali che, nel condominio di edifici e nei rapporti tra il singolo condomino ed il condominio stesso, sono in rapporto di subordinazione rispetto alle prime. (Nella specie, si trattava della installazione, in appoggio al muro condominiale, ed in prossimità della finestra di un condomino, della canna fumaria della centrale termica condominiale). Cass. Civ. 870 - 25/01/95 Poiché a norma dell'art. 1122 c.c. il limite alla facoltà di ogni condomino di eseguire opere sul proprio piano (o porzione di piano di sua proprietà) si identifica in ogni danno consistente nella diminuzione di valore della cosa comune riferito alla funzione della cosa, considerata nella sua unità, costituisce danno per le cose comuni anche il pericolo attuale e non meramente ipotetico connesso con il rischioso funzionamento o con la realizzazione imperfetta di un impianto autonomo di riscaldamento, quando la tecnica di realizzazione e la complessità delle operazioni necessarie per l'uso dello stesso comportino la possibilità di recare danno all'impianto di riscaldamento centrale. Cass. Civ. - 948 - 26/01/95 In tema di condominio, poiché l'art. 70 att. c.c. prevede che per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a lire cento, sono nulle, in quanto contra legem, le eventuali disposizioni del regolamento di condominio che dovessero prevedere sanzioni di importo maggiore Cass. Civ. 1028 - 28/01/95 L'accettazione, da parte dei condomini, della tabella millesimale predisposta dal venditore- costruttore ed allegata ai singoli contratti di vendita dà luogo ad una convenzione sui criteri di ripartizione delle spese che, anche se si discosta da quelli fissati dalla legge per la ripartizione delle spese relative alle parti comuni dell'edificio, è vincolata tra le parti, attesa la derogabilit à dei predetti criteri legali, salva la possibilità di revisione delle tabelle millesimali per errore sul valore effettivo delle singole unità immobiliari, prevista dall'art. 69 att. cod. civ. Cass. Civ. 1033 -28/01/95 La comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea dei condomini può essere data con qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo e può essere provata anche da univoci elementi dai quali risulti che il condomino ha, in concreto, ricevuta la notizia. (Nella specie, si è ritenuta sufficiente la prova desumibile da un foglio nel quale risultava apposta la firma dei condomini per "ricevuta convocazione assemblea condominiale del 25-26 febbraio 1988). Cass. Civ. 1255 - 02/02/95 Nel condominio degli edifici la comproprietà delle parti comuni indicate dall'art. 1117 del codice civile e, più in generale, che servono per l'esistenza e l'uso delle singole proprietà immobiliari, alla quale si lega l'obbligo di partecipazione alle relative spese di manutenzione e conservazione (che il comma 1 dell'art. 1123 c.c. pone a carico dei condomini in proporzione delle rispettive quote, indipendentemente dalla misura dell'uso) ha il suo fondamento nel collegamento strumentale, materiale o funzionale ed, in altri termini, nella relazione di accessorio a principale con le singole unità (piani o porzioni di piano) in proprietà individuale dell'immobile, per cui le cose, i servizi e gli impianti necessari per l'esistenza e l'uso delle unità immobiliari di una parte soltanto dell'edificio appartengono solo ai proprietari di queste (unità) e non ai proprietari delle unità immobiliari dell'altra parte, rispetto alle quali manca quel rapporto di pertinenza che è il presupposto necessario del diritto di comunione. Ne consegue che le spese di manutenzione e conservazione delle cose e degli impianti che servono solo una parte del fabbricato, formando oggetto di condominio separato, debbono essere sostenute solo dai proprietari delle unità immobiliari di questa parte, e non dagli altri, secondo il principio generale del comma 3 dell'art. 1123 c.c., a norma del quale "quando un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità (nel caso specifico, è stato negato che i proprietari dei box contenuti in un immobile che, benché posto all'interno del perimetro condominiale delimitato da un muro di cinta, era separato dall'edificio con le unità abitative, dovessero concorrere alle spese di manutenzione della facciata di questo edificio). Cass. Civ. 1455 - 09/02/95 Nel condominio degli edifici la comproprietà delle parti comuni indicate dall'art. 1117 del codice civile e, più in generale, che servono per l'esistenza e l'uso delle singole proprietà immobiliari, alla quale si lega l'obbligo di partecipazione alle relative spese di manutenzione e conservazione (che il comma 1 dell'art. 1123 c.c. pone a carico dei condomini in proporzione delle rispettive quote, indipendentemente dalla misura dell'uso) ha il suo fondamento nel collegamento strumentale, materiale o funzionale ed, in altri termini, nella relazione di accessorio a principale con le singole unità (piani o porzioni di piano) in proprietà individuale dell'immobile, per cui le cose, i servizi e gli impianti necessari per l'esistenza e l'uso delle unità immobiliari di una parte soltanto dell'edificio appartengono solo ai proprietari di queste (unità) e non ai proprietari delle unità immobiliari dell'altra parte, rispetto alle quali manca quel rapporto di pertinenza che è il presupposto necessario del diritto di comunione. Ne consegue che le spese di manutenzione e conservazione delle cose e degli impianti che servono solo una parte del fabbricato, formando oggetto di condominio separato, debbono essere sostenute solo dai proprietari delle unità immobiliari di questa parte, e non dagli altri, secondo il principio generale del comma 3 dell'art. 1123 c.c., a norma del quale "quando un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità (nel caso specifico, è stato negato che i proprietari dei box contenuti in un immobile che, benché posto all'interno del perimetro condominiale delimitato da un muro di cinta, era separato dall'edificio con le unità abitative, dovessero concorrere alle spese di manutenzione della facciata di questo edificio). Cass. Civ. 1560 -13/02/95 I divieti e le limitazioni di destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, come i vincoli di una determinata destinazione ed il divieto di mutare la originaria destinazione, posti con il regolamento condominiale predisposto dall'originario proprietario ed accettati con l'atto d'acquisto, devono risultare da una volontà chiaramente ed espressamente manifestata nell'atto o da una volontà desumibile, comunque, in modo non equivoco dall'atto stesso, e non è certamente sufficiente, a tal fine, la semplice indicazione di una determinata attuale destinazione delle unità immobiliari medesime, trattandosi di una volontà diretta a restringere facoltà normalmente inerenti alla proprietà esclusiva da parte dei singoli condomini. I divieti e le limitazioni di cui sopra possono essere formulati nel regolamento sia mediante la elencazione delle attività vietate (in tal caso, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, basterà verificare se la destinazione stessa sia inclusa nell'elenco) sia mediante riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare; in questo secondo caso, naturalmente, al fine suddetto, è necessario accertare la idoneità in concreto della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti che si vollero evitare. Cass. Civ. 1597 - 14/02/95 Il distacco delle diramazioni relative ad una o più unità immobiliari dell'edificio condominiale dall'impianto centrale di riscaldamento è consentito quando il condomino interessato provi che da questo deriverà un'effettiva proporzionale riduzione delle spese di esercizio e non si verificherà uno squilibrio in pregiudizio del regolare funzionamento dell'impianto centrale stesso. Cass. Civ. 1890 - 21/02/95 In materia di condominio negli edifici, al potere dell'assemblea del condominio di deliberare, nelle forme e con le maggioranze prescritte, l'esecuzione delle opere necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni e per l'esercizio dei servizi condominiali, fa riscontro l'obbligo di ciascun condomino di contribuire alle relative spese, discendente dalla titolarità del diritto reale sull'immobile ed integrante un'obbligazione propter rem preesistente all'approvazione, da parte dell'assemblea, dello stato di riparto, ed in concreto direttamente correlato alla precedente deliberazione, di esecuzione delle opere. Ne consegue che, quando la contestazione del condomino investa, prima ancora che il quantum dell'obbligo di contribuzione, il relativo an, è tale ultima deliberazione che deve essere impugnata nel termine di decadenza di cui all'art. 1137, comma 3, c.c., ove si assuma essere la deliberazione affetta da vizi formali, perché presa in violazione di prescrizioni legali, convenzionali o regolamentari attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, o da eccesso di potere o da incompetenza; svincolata da tale termine è invece la delibera radicalmente nulla perché esorbitante dai limiti delle attribuzioni dell'assemblea o concernente innovazioni lesive dei diritti di ciascun condomino sulle cose o servizi comuni o su quelle di proprietà esclusiva di ognuno di essi. Cass. Civ. 1980 - 22/02/95 Nella causa promossa da un condomino contro il condominio, ai sensi dell'art. 1136, comma sesto, c.c., l'assemblea del condominio, chiamata a dichiarare se debba costituirsi e resistere, non può deliberare, se non consta che sono stati invitati tutti i condomini, ivi compreso il condomino che ha promosso la causa. Cass. Civ. 2133 - 24/02/95 L'assemblea del condominio in un edificio, in sede di approvazione del consuntivo di lavori eseguiti su parti comuni del fabbricato e di ripartizione della relativa spesa, ben può riconoscere a posteriori opportunamente e vantaggiosamente realizzati detti lavori, ancorché non previamente deliberati ovvero, a suo tempo, non deliberati validamente, ed approvarne la relativa spesa, restando, in tal caso, la preventiva formale deliberazione dell'opera utilmente surrogata dall'approvazione del consuntivo della spesa e della conseguente ripartizione del relativo importo fra i condomini. Cass. Civ. 2329 - 01/03/95 Il condominio può deliberare, con la maggioranza qualificata di cui al comma 1 dell'art. 1120 c.c., che il dismesso impianto centralizzato di riscaldamento sia mantenuto in esercizio solo per il riscaldamento dei locali condominiali, trattandosi di un'attività che, senza alterarne la consistenza e la destinazione originaria, attua il potenziamento ed il migliore godimento della cosa comune. Cass. Civ. 2324 - 01/03/95 La norma di cui all'art. 1117 c.c., che include le scale tra le cose che si presumono comuni, ove non risulti espressamente dal titolo, non è limitata all'ipotesi di edifici divisi per piano, ma è applicabile, per analogia, anche quando si tratti di edifici limitrofi appartenenti a proprietari diversi, persino se aventi caratteristiche di edifici autonomi, sempre che le cose di cui si controverte, pur insistenti sull'area di uno solo di essi (o a cavallo del confine), risultino destinate oggettivamente e stabilmente alla conservazione o all'uso di entrambi gli edifici medesimi. Cass. Civ. 2861 - 11/03/95 Nel caso in cui un cortile a livello del piano stradale, che sia in uso esclusivo al condominio, funga da copertura ad un locale cantinato di proprietà di un terzo, ove dalla cattiva manutenzione del cortile siano derivate infiltrazioni d'acqua nel sottostante locale, l'obbligazione risarcitoria del condominio trova la sua fonte, non già nelle norme in materia di ripartizione degli oneri condominiali di cui agli artt. 1123, 1125 e 1126 c.c., bensì nel disposto dell'art. 2051 c.c., con la conseguenza che, ai fini dell'accertamento della responsabilità, è sufficiente che il danneggiato fornisca la prova di una relazione tra la cosa in custodia e l'evento dannoso (che risulti riconducibile ad una anomalia, originaria o sopravvenuta nella struttura e nel funzionamento della cosa stessa), nonché dell'esistenza di un effettivo potere fisico su di essa da parte del custode, sul quale incombe il dovere di vigilare onde evitare che produca danni a terzi. Cass. Civ. 3366 - 23/03/95 L'art. 1130 n. 4 c.c. che attribuisce all'amministratore del condominio il potere di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio deve interpretarsi estensivamente nel senso che oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa od a quella parte comune, l'amministratore ha il potere-dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l'edificio condominiale unitariamente considerato. Rientra, pertanto, nel novero degli atti conservativi di cui all'art. 1130 n. 4 l'azione dell'art. 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti di costruzione, nel caso in cui questi riguardino l'intero edificio condominiale e i singoli appartamenti, vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l'amministratore del condominio ed i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione fra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto. Cass. Civ. 3368 - 23/03/95 Non sussiste un rapporto di inscindibilità fra le cause riguardanti i vari condomini di un edificio in ordine all'uso delle cose comuni sicché non ricorre la necessità di integrazione del contraddittorio in sede di impugnazione ex art. 331 c.p.c. nei confronti del condominio pretermesso. La nozione di pari uso della cosa comune che ogni compartecipe nell'utilizzare la cosa medesima deve consentire agli altri, a norma dell'art. 1102 c.c., non va intesa nel senso di uso identico perché l'identità nello spazio o addirittura nel tempo potrebbe importare il divieto per ogni condomino di fare della cosa comune un uso particolare o a proprio esclusivo vantaggio. Ne deriva che per stabilire se l'uso più intenso da parte di un condomino venga ad alterare il rapporto di equilibrio fra i partecipanti al condominio - e perciò da ritenersi non consentito a norma dell'art. 1102 - non deve aversi riguardo all'uso fatto in concreto di detta cosa da altri condomini in un determinato momento, ma di quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno. Cass. Civ. 3708 -29/03/95 Qualora un servizio condominiale (nella specie: portierato) sia previsto nel regolamento di condominio, la sua soppressione comporta una modificazione del regolamento che deve essere approvata dall'assemblea con la maggioranza stabilita dall'art. 1136, secondo comma, c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio) richiamato dall'art. 1138, comma 3. Cass. Civ. 3840 - 01/04/95 L'opera nuova può dare luogo ad una innovazione anche quando, oltre che la cosa comune o sue singole parti, interessi beni o parti a questa estranei ma ad essa funzionalmente collegati. Anche in tal caso, quindi, se l'opera, pur essendo utilizzabile da tutti i condomini, è stata costruita esclusivamente a spese di uno solo dei condomini, questo ne rimane proprietario esclusivo solo fino alla richiesta degli altri di partecipare ai vantaggi della stessa contribuendo, ai sensi dell'art. 1120 c.c., alle spese per la sua costruzione e manutenzione. (Nella specie, si trattava di un ascensore per il collegamento dell'androne dell'edificio condominiale con una strada posta ad un livello notevolmente inferiore, costruito con opere che interessavano, oltre che l'androne ed il sottosuolo comuni, anche un terreno in proprietà esclusiva del condomino che le aveva eseguite). Cass. Civ. 4156 -11/04/95 Allorquando, ai sensi degli artt. 61 e 62 att. c.c., l'unico condominio comprendente un complesso immobiliare si sciolga e si costituiscano tanti condominii separati, si verifica, ai fini processuali, una situazione cui va applicata, in via analogica, la disposizione di cui all'art. 110 c.p.c. Ne consegue che il processo intrapreso contro l'originario condominio, venuto meno quest'ultimo, deve essere proseguito nei confronti dei nuovi condominii risultanti dallo scioglimento. Cass. Civ. 4465 -20/04/95 In virtù della natura pubblicistica del vincolo di destinazione che l'art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765 ha imposto sulle aree di parcheggio pertinenti ai fabbricati ed alle esigenze di carattere generale che stanno alla base dell'imposizione del detto vincolo, nelle ristrutturazioni di edifici preesistenti alla sua entrata in vigore che comportino la realizzazione di fabbricati dotati di spazi di parcheggio, questi, entro i limiti quantitativi stabiliti dalla legge, restano assoggettati alla disciplina di cui alla citata disposizione normativa e, quindi, al diritto d'uso dei proprietari dei fabbricati stessi e delle relative porzioni. Ogni partecipante al condominio è titolare della facoltà di agire anche da solo e individualmente a difesa dei diritti comuni inerenti al fabbricato condominiale ed alle sue componenti. Pertanto, sussiste la legittimazione del singolo condomino ad agire, in base all'art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, per l'accertamento del diritto condominiale di uso degli spazi di parcheggio inerenti al fabbricato. A norma dell'art. 345 c.p.c., può configurarsi un mutamento di domanda non consentito, riguardo al petitum, solo quando risulti innovato l'oggetto della pretesa, inteso non come petitum immediato (ossia, come provvedimento richiesto), bensì come petitum mediato (cioè, come richiesta di attribuzione di un determinato bene). Ne consegue che è da escludere la ravvisabilità di una mutatio libelli vietata, dovendosi invece ritenere ricorrente una consentita emendatio, allorché la modifica della domanda iniziale venga ad incidere sul petitum solo nel senso di adeguarlo in una direzione più idonea a legittimare la concreta attribuzione del bene materiale oggetto dell'originaria domanda. (Nella specie, i ricorrenti avevano chiesto la tutela dei loro diritti sugli spazi di parcheggio di un edificio, a norma dell'art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, reclamando l'attribuzione del bene a titolo di dominio in primo grado ed a titolo di uso in secondo grado. Il giudice d'appello aveva ritenuto improponibile la domanda siccome nuova. La Suprema Corte, in applicazione dell'enunciato principio, ha ritenuto, invece, ricorrere una lecita emendatio libelli ed ha cassato la pronunzia del giudice di merito). Cass. Civ. 4588 -22/04/95 Il credito del locatore per il pagamento degli oneri condominiali posti a carico del conduttore dall'art. 9 della legge sull'equo canone si prescrive nel termine di due anni indicato dall'art. 6 della L. 22 dicembre 1973, n. 841 per il diritto del locatore al rimborso delle spese sostenute per la fornitura dei servizi posti, per contratto, a carico del conduttore, perché tale norma, anche se inserita in una legge relativa alla proroga dei contratti di locazione degli immobili ad uso d'abitazione, introduce una deroga al principio codicistico della prescrizione quinquennale del canone di locazione e di ogni altro corrispettivo di locazione fissato dall'art. 2948, n. 3, c.c. che risponde ad un'esigenza di rapida definizione di quell'accessorio rapporto giuridico, comune ad ogni locazione, e che è, pertanto, applicabile anche agli oneri accessori dovuti dal conduttore in base all'art. 9 della L. 27 luglio 1978, n. 392, senza che a ciò osti l'art. 84 di quest'ultima legge che, disponendo l'abrogazione di tutte le norme incompatibili con la legge sull'equo canone, non può essere riferita anche alla disposizione in materia di prescrizione del sopra citato art. 6, che trascende il regime vincolistico.In tema di condominio negli edifici, dal combinato disposto degli artt. 1137 c.c., 9 e 10 della L. 27 luglio 1978, n. 392 si desume che il conduttore, il quale abbia partecipato all'assemblea condominiale avente ad oggetto le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e condizionamento d'aria o sia stato posto in condizione di parteciparvi, contribuendo alla relativa deliberazione, non può, nel caso che abbia omesso di impugnare la deliberazione stessa, sottrarsi dal rimborsare al condomino - locatore le menzionate spese, a meno che non provi, nel caso che lamenti la mancanza o l'insufficienza della relativa fornitura, che esse derivino da difetti o guasti della parte dell'impianto di esclusiva proprietà del condomino - locatore stesso (art. 1117 c.c.), la cui riparazione sia posta dalla legge a carico di quest'ultimo (artt. 1575 e 1576 c.c.). Cass. Pen. 5215 - 09/5/95 Ai fini della configurabilità dei reati di cui agli artt. 659, comma primo, e 674 c.p., l'attitudine, rispettivamente, dei rumori a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone e delle emissioni di gas, vapori o fumi a molestare persone non deve necessariamente essere accertata mediante perizia, ben potendo, al contrario, il giudice, secondo le regole generali, fondare il proprio convincimento al riguardo su elementi probatori di diversa natura quali, in particolare, le dichiarazioni testimoniali di coloro che siano in grado riferire caratteristiche ed effetti dei rumori e delle emissioni summenzionati, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dai dichiaranti medesimi. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto che legittimamente fosse stata affermata la responsabilità dell'imputato, gestore di una discoteca, in ordine ai reati in questione, sulla base delle dichiarazioni testimoniali di soggetti i quali avevano riferito che durante le ore notturne non riuscivano a dormire a cagione delle emissioni sonore provenienti da detta discoteca e che i fumi parimenti da essa provenienti invadevano abitualmente la tromba delle scale condominiali). Cass. Civ. 5385 - 16/5/95 Il condomino è tenuto al pagamento dei contributi per le spese preesistenti all'approvazione del bilancio, ma fornite di forza esecutiva in quanto costituenti obbligazione nei confronti di terzi estranei. Cass. Civ. 5612 - 22/5/95 L'actio negatoria servitutis può essere utilmente esperita anche soltanto da uno dei comproprietari del fondo, senza che ciò comporti la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri. Cass. Civ. 5640 - 23/5/95 Il comproprietario può usucapire la proprietà esclusiva della cosa comune solo possedendola, animo domini, per il tempo necessario, in modo inconciliabile con la possibilità di fatto di un godimento comune, come nel caso in cui la cosa venga attratta nella sua sfera di materiale ed esclusiva disponibilità mediante una attività che valga, comunque, ad escludere il concorrente compossesso degli altri comproprietari. Cass. Civ. 6496 - 8/6/95 Per decoro architettonico del fabbricato, ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 c.c., deve intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica, fisionomia, senza che occorra che si tratti di edificio di particolare pregio artistico. L'indagine volta a stabilire se, in concreto, un'innovazione determini o meno alterazione del decoro architettonico, è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se congruamente motivato. L'art. 1120 c.c., nel richiedere che le innovazioni della cosa comune siano approvate dai condomini con una determinata maggioranza, mira essenzialmente a disciplinare l'approvazione di innovazioni che comportino una spesa da ripartire tra tutti i condomini su base millesimale. Ne consegue che, quando le spese debbano far carico esclusivamente al gruppo di condomini che ne trae utilità, trattandosi di innovazioni destinate a servire solo una parte dell'edificio condominiale (art. 1123), terzo comma, c.c., il computo della maggioranza prescritta dal primo comma dell'art. 1120 c.c. deve operarsi con riferimento ai soli condomini interessati, ossia a quelli facenti parte di detto gruppo. Cass. Civ. 7069 - 22/6/95 La facciata e il relativo decoro architettonico di un edificio costituiscono un modo di essere dell'immobile e così un elemento del modo di godimento da parte del suo possessore; di conseguenza la modifica della facciata, comportando una interferenza nel godimento medesimo, può integrare una indebita turbativa suscettibile di tutela possessoria. Cass. Civ. 7077 - 22/6/95 In tema di condominio di edifici il principio di proporzionalità tra spese ed uso di cui al secondo comma dell'art. 1123 c.c., secondo cui (salva contraria convenzione) le spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell'edificio sono ripartite, qualora si tratti di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, in proporzione dell'uso che ciascuno può farne, esclude che le spese relative alla cosa che in alcun modo, per ragioni strutturali o attinenti alla sua destinazione, può servire ad uno o più condomini possano essere poste anche a carico di questi ultimi. (Nella specie, si trattava delle spese di installazione delle porte tagliafuoco dell'atrio comune nel quale si aprivano le porte di alcune autorimesse in proprietà esclusiva di singoli condomini, secondo le prescrizioni della legge 7 dicembre 1984 n. 818 e del D.M. 16 febbraio 1982). Cass. Civ. 7148 - 23/6/95 I balconi, essendo elementi accidentali rispetto alla struttura del fabbricato e non avendo funzione portante (assolta da pilastri ed architravi), non costituiscono parti comuni dell'edificio ai sensi dell'art. 1117 c.c., anche se inseriti nella facciata, in quanto formano parte integrante dell'appartamento che vi ha accesso come prolungamento del piano. Conseguentemente la domanda di demolizione dei medesimi va proposta nei confronti dei condomini proprietari degli appartamenti ai quali sono annessi i balconi, sicché il contraddittorio può considerarsi integro anche se non sono stati chiamati in giudizio il condominio ovvero tutti gli altri condomini dell'edificio. Cass. Civ. 7155 - 23/6/95 La domanda di accertamento del diritto reale di uso dell'area destinata a parcheggio condominiale ai sensi dell'art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942 n. 1150 (nel testo novellato dalla legge 6 agosto 1967 n. 765) e dell'art. 26 comma 5 legge 28 febbraio 1985 n. 47, non è nuova rispetto alla domanda di accertamento del diritto di comproprietà originariamente proposta dalla parte, quale proprietaria di una unità abitativa dell'edificio, perché non altera radicalmente il petitum di tale domanda, il cui oggetto mediato (l'area condominiale destinata a parcheggio) rimane comunque inalterato, ma lo modifica soltanto, adeguandolo in una direzione più idonea a legittimare la concreta attribuzione del bene materiale che ne è oggetto. Cass. Civ. 7544 - 08/7/95 La rappresentanza processuale dell'amministratore del condominio non incontra, dal lato passivo, limite alcuno nelle controversie riguardanti cose o parti comuni, in ordine alle quali l'amministratore può, quindi, anche proporre impugnazioni, compreso il ricorso per cassazione, senza autorizzazione dell'assemblea. Cass. Civ. 7546 - 08/7/95 L'unità sistematica tra la disposizione dell'art. 1118 primo comma c.c., a norma del quale il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni dell'edificio è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, e la disposizione del primo comma dell'art. 1123 c.c., per il quale le spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, non impedisce, trattandosi di norme derogabili, che siano convenzionalmente previste discipline diverse e differenziate tra loro dei diritti di ciascun condomino sulle parti comuni (che possono essere attribuiti in proporzione diversa - maggiore o minore - rispetto a quella della sua quota individuale di piano o porzione di piano) e degli oneri di gestione del condominio, che possono farsi gravare sui singoli condomini indipendentemente dalla rispettiva quota di proprietà delle cose comuni o dall'uso. (Nella specie, è stata riconosciuta la validità dell'accordo che attribuiva ai condomini, proprietari di unità abitative di diverso valore, un uguale diritto dominicale sulle parti comuni prevedendo la formazione di tabelle millesimali solo ai fini della ripartizione delle spese di manutenzione e pulizia delle stesse). Cass. Civ. 7752 - 15/7/95 L'uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante è sottoposto dall'art. 1102 c.c. a due limiti fondamentali, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nel divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Pertanto, a rendere illecito l'uso basta il mancato rispetto dell'una o dell'altra delle due condizioni, sicché anche l'alterazione della destinazione della cosa comune determinato non soltanto dal mutamento della funzione, ma anche dal suo scadimento in uno stato deteriore, ricade sotto il divieto stabilito dall'art. 1102 cod. civ. Negli edifici condominiali l'utilizzazione delle parti comuni con impianto a servizio esclusivo di un appartamento esige non solo il rispetto delle regole dettate dall'art. 1102 c.c., comportanti il divieto di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, ma anche l'osservanza delle norme del codice in tema di distanze, onde evitare la violazione del diritto degli altri condomini sulle porzioni immobiliari di loro esclusiva proprietà. Tale disciplina, tuttavia, non opera nell'ipotesi dell'installazione di impianti che devono considerarsi indispensabili ai fini di una reale abitabilità dell'appartamento, intesa nel senso di una condizione abitativa che rispetti l'evoluzione delle esigenze generali dei cittadini e lo svi luppo delle moderne concezioni in tema di igiene, salvo l'apprestamento di accorgimenti idonei ad evitare danni alle unità immobiliari altrui. Cass. Civ. 8079 - 24/7/95 La dichiarazione del condomino soccombente di non voler avvalersi dell'impugnazione avverso la sentenza emessa nei confronti suoi, del condominio e di altri condomini, è validamente resa, con effetti preclusivi della proponibilità del gravame, nel corso di un'assemblea condominiale, senza necessità che il verbale nel quale essa viene riportata sia sottoscritto dal condomino, giacché la dichiarazione di voler prestare acquiescenza ad una sentenza, potendo essere resa anche tacitamente, non è soggetta al requisito della forma scritta, mentre la sottoscrizione del verbale assembleare da parte dei condomini è necessaria solo quando la delibera abbia il contenuto di un contratto per il quale sia richiesto ad substantiam il suddetto requisito. Cass. Civ. 8085 - 25/7/95 Il potere di ogni condomino di agire per la gestione ordinaria della cosa comune, traendo origine dal diritto di concorrere all'amministrazione di tale bene (art. 1105 c.c.), incontra il suo limite nell'obbligo di rispettare la volontà della maggioranza. Pertanto, allorché un immobile locato appartenga ad una molteplicità di condomini e dagli stessi sia congiuntamente stipulato il relativo contratto, è la maggioranza dei condomini a stabilire circa l'amministrazione ed il godimento della cosa comune e quindi, della possibilità e volontà di disdire e far cessare, alla scadenza contrattuale, il contratto di locazione, anche in contrasto con la minoranza dissenziente. Cass. Civ. 8484 - 03/8/95 L'art. 10 della L. 27 luglio 1978 n. 392 non ha previsto che i conduttori possano sostituirsi al locatore nella gestione dei servizi condominiali ed, in particolare, in quello della fornitura del riscaldamento, bensì ha introdotto un meccanismo volto a consentire la partecipazione dei conduttori stessi alle assemblee condominiali con riguardo alle decisioni dei proprietari locatori, senza che, nel caso di edifici non in condominio, ne derivi un obbligo del proprietario dell'edificio di convocare in assemblea i conduttori. Ne consegue che non è configurabile in capo al proprietario locatore né un inadempimento, né un obbligo di conseguente risarciment o dei danni in confronto del conduttore per non averne convocato l'assemblea ed il conduttore non può invocare il principio di cui all'art. 1460 c.c. per esimersi dal concorrere alle spese di riscaldamento. Cass. Civ. 8602 - 04/8/95 L'azione concessa al proprietario ex art. 844 c.c., per far dichiarare l'illiceità delle immissioni moleste provenienti dal fondo altrui e per impedire che l'immobile proprio le subisca, costituisce un'azione di carattere reale, che rientra nel paradigma delle azioni negatorie predisposte a tutela della proprietà, in ordine alle quali il valore della causa va determinato in base al disposto dell'art. 15 c.p.c. Ne consegue, che, quando agli atti non risulta il reddito dominicale o la rendita catastale del bene immobile, si ha presunzione di competenza del giudice adito, e grava sul convenuto, che eccepisce l'incompetenza per valore, l'onere di provare l'ammontare del predetto reddito o della predetta rendita (o che, non risultando tali elementi di valutazione, la causa deve considerarsi di valore indeterminabile), senza che i limiti di competenza per valore possano ritenersi superati per effetto di un'ulteriore richiesta risarcitoria, atteso che la riserva di contenimento della competenza va riferita all'intero petitum. Cass. Civ. 8643 - 07/8/95 Il contenuto ed i limiti della servitù di passaggio vanno desunti dal titolo costitutivo interpretato, ove occorra, anche in rapporto alla situazione dei luoghi senza che questa possa assumere rilievo autonomo e preponderante. In ogni caso, ove il titolo per la sua formulazione presenti dei dubbi sulle modalità di esercizio, la servitù deve ritenersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente, sicché correttamente viene riscontrata dal giudice di merito la sola servitù di passaggio pedonale, ove non si possano ravvisare gli estremi del passaggio carrabile. Cass. Civ. 9113 - 29/8/95 Sugli immobili oggetto di comunione concorrono, in difetto di prova contraria, pari poteri gestorii da parte di tutti i comproprietari, in virtù della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri. Ne consegue che il singolo condomino può stipulare il contratto di locazione avente ad oggetto l'immobile in comunione e che un condomino diverso da quello che ha assunto la veste di locatore è legittimato ad agire per il rilascio del bene stesso (senza che sia necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini), purché non risulti l'espressa ed insuperabile volontà contraria degli altri comproprietari, la quale fa venire meno il presunto consenso della maggioranza. Cass. Pen. 9704 - 18/9/95 La violazione di cui al comma 1 dell'art. 659 c.p. - disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone - è un reato di pericolo, ad integrare il quale è necessario e sufficiente che i rumori recanti disturbo abbiano una potenzialità diffusiva verso un numero indeterminato di persone. Non è invece richiesto - contrariamente a quanto avviene per il reato di procurato allarme presso l'Autorità di cui all'art. 658 c.p. - un attentato alla pubblica quiete od alla tranquillità della collettività. Cass. Civ. 10837 - 17/10/95 L'art. 70 att. c.c., in base al quale il regolamento di condominio può prevedere delle sanzioni pecuniarie a carico dei trasgressori delle sue disposizioni, ha carattere di norma eccezionale in quanto contempla una cosiddetta "pena privata" che ha come destinatari i condomini. Essa, pertanto non può ritenersi applicabile ai conduttori degli alloggi condominiali, i quali, ancorché si trovino a godere delle parti comuni dell'edificio in base ad un rapporto obbligatorio, rimangono estranei all'organizzazione condominiale. Cass. Civ. 11068 - 24/10/95 Il contratto locativo stipulato tra il proprietario esclusivo dell'alloggio originariamente destinato al portiere ed il condominio, ad uso di abitazione del portiere, non può essere inquadrato in nessuna delle categorie di cui alla legge 27 luglio 1978 n. 392 per uso abitativo o per uno degli usi di cui all'art. 27, restando quindi regolato dalla disciplina ordinaria e residuale del codice civile. Le parti dell'edificio condominiale (locali per la portineria e per l'alloggio del portiere ecc.) indicate al n. 2 dell'art. 1117 c.c. - che al pari di quelle indicate ai nn. 1 e 3 dello stesso articolo sono oggetto di proprietà comune se il contrario non risulta dal titolo - sono anche suscettibili, a differenza delle parti dell'edificio di cui ai citati nn. 1 e 3 di utilizzazione individuale in quanto la loro destinazione al servizio collettivo dei condomini non si pone in termini di assoluta necessità. Pertanto, in relazione ad esse occorre accertare nei singoli casi se l'atto che le sottrae alla presunzione di proprietà comune contenga anche la risoluzione o il mantenimento del vincolo di destinazione derivante dalla loro natura, configurandosi nel secondo caso l'esistenza di un vincolo obbligatorio propter rem fondato su una limitazione del diritto del proprietario e suscettibile di trasmissione in favore dei successivi ac quirenti dei singoli appartamenti anche in mancanza di trascrizione (peraltro possibile ai sensi dell'art. 2646 c.c.). Cass. Civ. 11138 - 26/10/95 La deliberazione dell'assemblea condominiale di sigillare le cosiddette "canne pattumiere" non concreta l'approvazione di un'innovazione vietata a norma del secondo comma dell'art. 1120 c.c., bensì la statuizione di una modalità di svolgimento del servizio di smaltimento dei rifiuti, per il quale dette "canne" non sono indispensabili, che può essere adottata dalla maggioranza dei condomini sulla base di valutazioni di opportunità (nella specie, relativa ai costi ed alle ragioni di igiene) e, come tale, insindacabile, quanto al merito, dall'autorità giudiziaria. Cass. Civ. 11197 - 27/10/95 Tra la domanda proposta dal condomino, nei confronti degli altri partecipanti al condominio, tendente ad ottenere il rimborso delle spese effettuate per le cose comuni (nella specie, di riparazione del tetto dell'edificio condominiale), in considerazione della loro urgenza, e la medesima domanda, fondata sulla prova dell'esistenza del consenso manifestato dagli altri partecipanti, sussiste diversità di causa petendi, in quanto la prima è diretta a provare un'attività gestoria del condomino, la seconda l'esistenza di un'autorizzazione o di una delega da parte dell'assemblea condominiale. Ne consegue, che, a norma dell'art. 345 c.p.c., nel caso in cui in primo grado sia stata proposta la prima domanda, è inammissibile, in quanto nuova, la seconda domanda proposta in grado d'appello. Cass. Civ. 11276 - 28/10/95 È nulla la delibera adottata da una assemblea di supercondominio, a maggioranza dei suoi componenti, istitutiva di un unico condominio tra i vari edifici interessati, in quanto lesiva del diritto di ciascun condomino di far parte del condominio costituito dal solo edificio in cui era proprietario di unità immobiliari; sono altresì nulle, di conseguenza, le delibere assunte successivamente da assemblee convocate come se esistesse un unico condominio, per deliberare su materie attinenti ai singoli fabbricati. Cass. Civ. 11278 - 28/10/95 L'interpretazione del regolamento contrattuale di condominio da parte del giudice del merito è insindacabile in sede di legittimità, quando non riveli violazione dei canoni di ermeneutica, oppure vizi logici. Cass. Civ. 11227 - 25/11/95 In tema di uso della cosa comune, non può ritenersi consentita l'installazione, da parte di un condomino, per suo esclusivo vantaggio ed utilità, di un cancello in un certo punto di un viottolo comune, destinato fin dalla costituzione del condominio al passaggio dei condomini, per l'accesso, tra l'altro, a vani di proprietà esclusiva dei medesimi (nei quali sono sistemate e custodite, nella specie, le utenze domestiche di ciascuno di essi), in quanto detta installazione costituisce - anche in caso di messa a disposizione degli altri condomini delle chiavi del cancello - una modificazione delle modalità di uso o di godimento della cosa comune, che interferisce sul "pari uso" della stessa spettante agli altri condomini. Cass. Civ. 12342 - 29/11/95 Il regolamento di condominio, quali ne siano l'origine ed il procedimento di formazione e, quindi, anche quando abbia natura contrattuale, si configura, in relazione alla sua specifica funzione di costituire una sorta di statuto della collettività condominiale, come atto volto ad incidere con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i componenti di detta collettività, su un rapporto plurisoggettivo concettualmente unico ed a porsi come fonte di obblighi e diritti non tanto per la collettività come tale quanto, soprattutto, per i singoli condomini; consegue da ciò che l'azione promossa per ottenere declaratoria della nullità, totale o parziale, del regolamento medesimo è esperibile non da e nei confronti del condominio, carente di legittimazione in ordine ad una siffatta domanda ma da uno o più condomini nei confronti di tutti gli altri, in situazione di litisconsorzio necessario, non potendo, altrimenti, risultare utiliter data l'eventuale sentenza di accoglimento. Cass. Civ. 12636 - 09/12/95 Il condominio non è legittimato passivo nei confronti della domanda di risarcimento dei danni proposta dall'amministratore per la revoca dell'incarico disposta dall'autorità giudiziaria, atteso che i condomini che chiedono la revoca, ai sensi dell'art. 1129 c.c., esercitano un diritto proprio e non agiscono in virtù di un mandato reciproco esistente tra tutti i condomini. Cass. Civ. 12894 - 18/12/95 La spesa per la riparazione dei canali di scarico dell'edificio in condominio, che, ai sensi dell'art. 1117 n. 3 c.c., sono oggetto di proprietà comune fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli, sono a carico di tutti i condomini per la parte relativa alla colonna verticale di scarico ed a carico dei rispettivi proprietari per la parte relativa alle tubazioni che si diramano verso i singoli appartamenti. (Nella specie, sulla base del principio affermato, si è ritenuto che il giudice di merito avesse correttamente posto a carico del singolo la spesa di riparazione del tratto della tubazione orizzontale che si innesta in quella verticale). SENTENZE 1996 Cassazione del 19/11/1996 n. 10144 Titolo: L’amministratore, può effettuare verifiche negli appartamenti, per verificare la parità di godimento dei beni e/o servizi erogati. Massima: Tra gli obblighi dell’amministratore del condominio, ai sensi dell’art.1130 comma 2 cod.civ. rientra la vigilanza sui servizi comuni compreso alle interferenze su tali servizi, dai singoli appartamenti. A tal fine, l’amministratore può’ eseguire verifiche e ripartire le necessarie provvidenze intese a mantenere integra la parità del godimento dei beni e servizi da parte di tutti i condomini. (Art.1130 cod.civ.). Cassazione del 28/11/1996 n. 10615 Titolo: Solo una delibera dell'assemblea può' autorizzare l'amministratore ad agire contro terzi per la tutela delle parti comuni.. Massima: Le azioni reali contro terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un edificio, quali quelle volte a denunziare la violazione delle distanze legali tra costruzioni, essendo dirette a ottenere statuizioni relative alla titolarità e al contenuto dei diritti medesimi, non rientrano, tra gli atti meramente conservativi e possono, quindi, promuoversi dall'amministratore del condominio solo se sia autorizzato dall'assemblea a norma dell'art.1131 comma primo, cod.civ. (Artt.872, 1130, 1131, 1136 cod.civ.). Cassazione 16/02/1996 n. 1206 Titolo: E’ valida la convocazione assembleare quando, l’avviso viene inviato al domicilio di uno coniugi conviventi comproprietari dell’appartamento. Massima: La validità della convocazione per la riunione dell’assemblea condominiale di uno dei comproprietari "proindiviso" di piano o porzione di piano di un condominio può evincersi anche dall’avviso dato all’altro comproprietario, qualora ricorrano circostanze presuntive tali da far ritenere che il secondo proprietario abbia reso edotto il primo della convocazione stessa (nella specie, trattandosi di coniugi comproprietari di un appartamento, conviventi in pieno accordo e senza contrasti di interessi tra loro, è stato ritenuto presumibile che l’avviso notificato ad uno di essi per l’assemblea condominiale fosse stato portato a conoscenza anche dell’altro). (Art.1136 cod. civ., art. 66 disp .att. cod. civ.). Cassazione del 10/04/1996 n. 3296 Titolo: L'amministratore può chiedere l'emissione del decreto ingiuntivo anche in base ai prospetti mensili delle spese, ma non otterrà la immediata esecuzione di tale decreto. Massima: L'amministratore può chiedere l'emissione del decreto ingiuntivo per i contributi dovuti dai condomini non solo in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, ma anche in base ai prospetti mensili delle spese condominiali non contestati, ma in questo secondo caso non può ottenere la clausola di immediata esecuzione nonostante opposizione. (Art.1130, 1131,cod.civ. art.63 disp. att. cod. civ.). Corte di cassa zione del 22/4/1996 n. 3805 Titolo : Mancata nomina dell'amministratore. Litisconsorzio necessario. L'azione va proposta nei confronti di tutti i condomini. Massima : Nell'ipotesi di mancata nomina dell'amministratore di condominio, la domanda giudiziaria riguardante beni comuni deve essere proposta nei confronti di tutti i condomini, con la conseguenza che, ove si accerti in grado di appello il difetto di integrità del contraddittorio, per essere stati convenuti in giudizio soltanto alcuni di essi, il giudice di appello, a norma dell'art. 354 c.p.c. , deve dichiarare la nullità della sentenza impugnata e rimettere la causa al giudice di primo grado per l'integrazione del contraddittorio e la trattazione della causa con la partecipazione di tutti i condomini. (c.c., art. 1117 ; c.p.c., art. 354) . Cassazione del 24/04/1996 n. 3862 Titolo: Non è indispensabile trascrivere nel verbale che l'assemblea in prima convocazione non si è tenuta. Massima: In tema di assemblea condominiale, la sua seconda convocazione è condizionata dall'inutile e negativo esperimento della prima, sia per completa assenza dei condomini, sia per insufficiente partecipazione degli stessi in relazione al numero ed al valore delle quote. La verifica di tale condizione va' espletata nella seconda convocazione, sulla base delle informazioni orali rese dall'amministratore, il cui controllo può essere svolto dagli stessi condomini, che o sono stati assenti alla prima convocazione, o, essendo stati presenti, sono in grado di contestare tali informazioni. Pertanto, una volta accertata la regolare convocazione dell'assemblea, l'omessa redazione del verbale che consacra la mancata riunione dell'assemblea in prima convocazione non impedisce che si tenga l'assemblea in secondo convocazione, né la rende invalida. (Art.1136 cod. civ.). Cassazione del 10//05/1996 n. 4388 Titolo: Il singolo condomino può agire contro un terzo o contro il singolo condomino, a tutela degli spazi o dei servizi comuni. Massima: Ciascun comproprietario, in quanto titolare di un diritto che, sia pure nei limiti segnati dalla concorrenza dei diritti degli altri partecipanti, investe l'intera cosa comune (e non una frazione della stessa), è legittimato ad agire o resistere in giudizio, senza il consenso degli altri, per la tutela della cosa comune, nei confronti dei terzi o di un singolo condomino.(Artt.1102, 1105, cod.civ. 102 cod. proc. civ.). Cassazione 27/01/1996 n. 642 Titolo: La destinazione d'uso dell'alloggio portiere, può' essere variata con un'assemblea che deliberi con la maggioranza degli intervenuti in seconda convocazione, che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio. Massima: In tema di condominio negli edifici, la modifica della destinazione pertinenziale dei locali adibiti ad alloggio portiere, anche se di origine contrattuale, non richiede l'unanimità dei consensi, bensì una deliberazione dell'assemblea dei condomini adottata con la maggioranza qualificata di cui al quinto comma dell'art.1136 cod.civ. (Artt.1136, 1138, cod.civ.) Cassazione del 08/08/1996 n. 7286 Titolo: Nozione di supercondominio. Servizi comuni. Delibera di licenziamento del portiere assunta da uno solo dei fabbricati. Massima: Singoli edifici costituiti in altrettanti condomini vengono a formare un "supercondominio" quanto talune cose, impianti e servizi comuni (viale d'ingresso, impianto centrale per il riscaldamento, parcheggio, locali per la portineria o per l'alloggio portiere, ecc.) contestualmente sono legati, attraverso la relazione di accessorio a principale, con più edifici, appartengono ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati e sono regolati, se il titolo non dispone altrimenti, in virtù di interpretazione estensiva o analogica, delle norme dettate per il condominio degli edifici. Ne consegue che le disposizioni dettate dall'art. 1136 cod.civ. in tema di convocazione, costituzione, formazione e calcolo delle maggioranze si applicano con riguardo agli elementi reale e personale sul supercondominio, rispettivamente configurati da tutte le unità immobiliari comprese nel complesso e da tutti i proprietari. (Nella specie, il servizio di portierato era destinato al servizio degli edifici "A" e "B", costituiti in condomini autonomi; l'assemblea del condominio del solo edificio "A" deliberò la divisione del servizio di portierato ed il licenziamento del portiere. La S.C., in applicazione dell'enunciato principio di diritto, ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato la nullità della predetta deliberazione, per non essere stati convocati a partecipare alla assemblea in cui essa fu assunta, anche i condomini dell'edificio "B"). (Art.1136 cod.civ.). Cassazione del 09/08/1996 n. 7353 Titolo: In caso di nuovo condomino, la ripartizione di spese in deroga ai principi legali, non lo vincola se non abbia manifestato la volontà ad aderirvi. Massima: L'efficacia di una convenzione con la quale, ai sensi dell'art.1123 primo coma, cod.civ., si deroga al regime legale di ripartizione delle spese non si estende, in base all'art.1372 cod.civ., agli aventi causa a titolo particolare degli originari stipulanti, a meno che detti aventi causa non abbiano manifestato il loro consenso nei confronti degli altri condomini, anche per fatti concludenti, attraverso un'unica manifestazione tacita di volontà, dalla quale possa desumersi un determinato intento con preciso valore sostanziale (Artt.1123, 1372 cod.civ.). Cassazione del 09/08/1996 n.7359 Titolo: L'amministratore può rispondere in un giudizio promosso da un condomino sul conflitto sorto inerente le spes e. Massima: L'amministratore del condominio e' legittimato passivamente a stare in causa, senza necessita' di essere autorizzato dall'assemblea, nei giudizi aventi ad oggetto la ripartizione delle spese per le cose ed i servizi comuni promossi dal condominio dissenziente dalla relativa deliberazione assembleare, in quanto la controversia ha per oggetto un interesse comune dei condomini e coinvolge l'interesse di altri partecipanti alla comunione in antitesi con l'interesse individuale del singolo condomino (Art.1131, c.c.) Cassazione del 07/09/1996 n. 8159 Titolo: E' il proprietario del balcone che ha l'onere di provare che il materiale distaccato dai balconi che hanno causato il danno, era parte di quelle parti del balcone che rientrano tra i beni ornamentali e comuni. Massima: I balconi sono elementi accidentali e non portanti della struttura del fabbricato, non costituiscono parti comuni dell'edificio e appartengono ai proprietari delle unità immobiliari corrispondenti, che sono gli unici responsabili dei danni cagionati dalla caduta di frammenti di intonaco o muratura, che si siano da essi staccati, mentre i fregi ornamentali e gli elementi decorativi, che ad essi ineriscono (quali i rivestimenti della fronte o della parte sottostante della soletta, i frontalini e i pilastrini), sono condominiali, se adempiono prevalentemente alla funzione ornamentale dell'intero edificio e non solamente al decoro delle porzioni immobiliari ad essi corrispondenti, con la conseguenza che è onere di chi vi ha interesse (il proprietario del balcone, da cui si sono distaccati i frammenti, citato per il risarcimento), al fine da esimersi da responsabilità, provare che il danno fù causato dal distacco di elementi decorativi, che per la loro funzione ornamentale dell'intero edificio appartenevano alle parti comuni di esso. (Art.1117 cod.civ). Cassazione del 27/09/1996 - 8530 Titolo: L'amministratore cessato dall'incarico può chiedere (al nuovo amministratore), il rimborso delle spese da lui anticipate. Massima: L'amministratore cessato dall'incarico, può chiedere il rimborso delle somme da anticipate per la gestione condominiale sia nei confronti del condominio legalmente rappresentato dal nuovo amministratore (dovendosi considerare attinente alle cose, ai servizi ed agli impianti comuni anche ogni azione nascente dall'espletamento del mandato, che appunto riflette la gestione e la conservazione di quelle cose e impianti comuni) sia, cumulative, nei confronti di ogni singolo condomino, la cui obbligazione di rimborsare all'amministratore, mandatario, le anticipazioni da questo fatte nell'esecuzione dell'incarico deve considerarsi sorta nel momento stesso in cui avviene l'anticipazione per effetto di essa, non può considerarsi estinta dalla nomina del nuovo amministratore, che amplia la legittimazione processuale passiva senza eliminare quelle originali, sostanziali e processuali. L'amministratore del condominio ha diritto di richiedere ai singoli condomini in rimborso delle spese da lui anticipate per la gestione condominiale solo nei limiti delle rispettive quote dovendosi ritenere applicabili anche nei rapporti esterni la disposizione dell'art.1123 cod.civ.. (Artt.1123, 1720, 1129, 1130 cod.civ.). Cassazione del 13/11/1996 n. 9942 Titolo: La nomina di un amministratore da parte del Presidente del Tribunale è atto amministrativo e non è ammesso il ricorso alla Corte di Appello né alla Cassazione. Massima: Il procedimento di nomina dell'amministratore adottato dal Presidente del tribunale, a norma dell'art.1129 c.c. sul presupposto che il condominio ne sia sprovvisto, costituisce attività di carattere non giurisdizionale ma amministrativa, in quanto non è diretta alla risoluzione di un conflitto di interessi, ma solo ad assicurare al condominio dell'organo necessario e imposto dalla legge. Tale atto, non è soggetto a reclamo innanzi alla Corte di Appello in quanto manca una previsione normativa in tal senso. Di conseguenza, è inammissibile il ricorso per cassazione ex art.111 Costituzione, art.1129 cod. civ. art.64 disp. att. cod. civ.. SENTENZE 1997 Patti in deroga Al regime dei "patti in deroga" e alla proroga biennale prevista dall'art. 11 comma 2 bis L. n. 359 del 1992 sono soggetti anche i contratti di locazione in corso al momento dell'entrata in vigore della suddetta legge, posto che l'espressione "contratti rinnovati successivamente all'entrata in vigore della legge di conversione", di cui al citato art. 11 comma 2 bis, va intesa come comprensiva di quei contratti che, quantunque stipulati o rinnovati prima dell'entrata in vigore della legge, sono destinati a scadere (e, quindi, potenzialmente, ad essere ulteriormente rinnovati) in epoca successiva. Cass. Civ. 24/01/97 - 761 Legittimazione La peculiare natura del condominio, ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi componenti, i quali devono intendersi rappresentati ex mandato dall'amministratore, comporta che l'iniziativa giudiziaria di quest'ultimo a tutela di un diritto comune dei condomini non priva i medesimi del potere di agire personalmente a difesa di quel diritto nell'esercizio di una forma di rappresentanza reciproca atta ad attribuire a ciascuno una legittimazione sostitutiva scaturente dal fatto che ogni singolo condomino non può tutelare il proprio diritto senza necessariamente e contemporaneamente difendere i diritti degli altri condomini. Pertanto il condomino che interviene personalmente nel processo promosso dall'amministratore per far valere diritti della collettività condominiale non è un terzo che si intromette in una vertenza fra estranei ma è una delle parti originarie determinatasi a far valere direttamente le proprie ragioni, sicché, ove tale intervento sia stato spiegato in grado di appello, non possono trovare applicazione i principi propri dell'intervento dei terzi in quel grado fissati nell'art. 344 cod. proc. civ. Cass. Civ. 27/01/97 - 826 Assemblea Deve ritenersi legittimo il rifiuto apposto da un condomino alla ricezione dell'avviso di convocazione dell'assemblea, qualora l'avviso suddetto sia consegnato a mani, e non - così come previsto dal regolamento di condominio - tramite raccomandata. Trib. Monza 6/02/97 - 352 Amministratore L'amministratore di condominio - nel quale non è ravvisabile un ente fornito di autonomia patrimoniale, bensì la gestione collegiale di interessi individuali, con sottrazione o compressione dell'autonomia individuale - configura un ufficio di diritto privato oggettivamente orientato alla tutela del complesso di interessi suindicati e realizzante una cooperazione, in regime di autonomia, con i condomini, singolarmente considerati, che è assimilabile, pur con tratti distintivi in ordine alle modalità di costituzione ed al contenuto "sociale" della gestione, al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra amministratore ed ognuno dei condomini, dell'art. 1720, comma 1, c.c., secondo cui il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni fatte nella esecuzione dell'incarico diretta ad ottenere il rimborso di somme anticipate nell'interesse della gestione del condominio legalmente rappresentato dal nuovo amministratore, anche contro il singolo condomino inadempiente all'obbligo di pagare la propria quota L'amministratore di condominio cessato dall'incarico è attivamente legittimato a proporre l'azione per il recupero delle somme da lui anticipate nell'interesse del condominio nel corso della sua gestione, non soltanto nei confronti di quest'ultimo, bensì anche nei confronti dei singoli condomini, per le quote rispettivamente a loro carico; tale legittimazione attiva trova il suo fondamento nella disciplina del rapporto di mandato, quale è quello configurabile tra i condomini e l'amministratore (art. 1720 c.c.). (Nella specie il convenuto aveva eccepito il difetto di legittimazione attiva, affermando che l'attore, non essendo più amministratore del condominio, non poteva pretendere dai condomini il pagamento di quanto essi dovevano per spese condominiali). . Cass. Civ. 12/02/ 97 1286 Assemblea : spese La nullità di una delibera condominiale è disciplinata dall'art. 1421 c.c., a norma del quale chiunque vi ha interesse può farla valere e quindi anche il condomino che abbia partecipato, con il suo voto favorevole, alla formazione di detta delibera, salvo che con tale voto egli si sia assunto o abbia riconosciuto una sua personale obbligazione. L'accertamento della sussistenza della completezza o meno dell'ordine del giorno di un'assemblea condominiale è demandato all'apprezzamento del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato. Affinché la delibera di un organo collegiale (nella specie assemblea di condominio) sia valida è necessario che l'avviso di convocazione elenchi, sia pure in modo non analitico e minuzioso, specificatamente gli argomenti da trattare, in modo da far comprendere i termini essenziali di essi e consentire agli aventi diritto le conseguenti determinazioni anche relativamente alla partecipazione, diretta o indiretta, alla deliberazione. È illegittima la delibera di un condominio, adottata a maggioranza, con la quale si stabilisce un onere di contribuzione, nelle spese di gestione, maggiore a carico di alcuni condomini, sul presupposto della loro più intensa utilizzazione, rispetto agli altri, di parti o servizi comuni, non solo perché la modifica ai criteri legali (art. 1123 c.c.) o di regolamento di riparto delle spese richiede il consenso di tutti i condomini, ma anche perché il criterio di riparto in base all'uso differenziato, derivante dalla diversità strutturale della cosa, previsto dal comma 2 dell'art. 1123 c.c., non è applicabile alle spese generali, per le quali opera invece il criterio di cui al comma 1 dello stesso articolo, ossia la proporzione al valore della proprietà di ciascuno. Cass. Civ.19/02/97 - 1511 Muri A differenza dalle innovazioni - configurate dalle nuove opere, le quali immutano la sostanza o alterano la destinazione delle parti comuni, in quanto rendono impossibile la utilizzazione secondo la funzione originaria, e che debbono essere deliberate dall'assemblea (art. 1120, comma 1, c.c.) nell'interesse di tutti i partecipanti - le modifiche alle parti comuni dell'edificio, contemplate dall'art. 1102 c.c., possono essere apportate dal singolo condomino, nel proprio interesse ed a proprie spese, al fine di conseguire un uso più intenso, sempre che non alterino la destinazione e non impediscano l'altrui pari uso. Pertanto, è legittima l'apertura di vetrine da esposizione nel muro perimetrale comune, che per sua ordinaria funzione è destinato all'apertura di porte e di finestre, realizzata dal singolo condomino mediante la demolizione della parte di muro corrispondente alla sua proprietà esclusiva. Alla eventuale autorizzazione ad apportare tale modifica concessa dall'assemblea può attribuirsi il valore di mero riconoscimento dell'inesistenza di interesse e di concrete pretese degli altri condomini a questo tipo di utilizzazione del muro comune. Cass. Civ. 20/02/97 - 1554 Autorimesse parcheggi: È illegittimo il divieto rivolto ai condomini proprietari di autocaravan di parcheggiare tali mezzi nelle aree condominiali adibite a parcheggio autoveicoli, sempre che i proprietari suddetti non utilizzino il parcheggio condominiale come area per campeggio. Giud. Pace Foligno – 6/03/97 - 15 Lastrico solare Poiché il lastrico solare dell'edificio (soggetto al regime del condominio) svolge la funzione di copertura del fabbricato anche se appartiene in proprietà superficiaria o se è attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini, all'obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare del diritto di uso esclusivo. Pertanto, dei danni cagionati all'appartamento sottostante per le infiltrazioni d'acqua provenienti dal lastrico, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati inadempienti alla funzione di conservazione, secondo le proporzioni stabilite dal citato art. 1126, vale a dire, i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, ed il titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo. . Cass. Civ. 29/04/97 - 3672 Pagamento a mezzo vaglia postale Efficacia liberatoria per il condominio debitore - Esclusione. (Cc, articoli 1182,1184,1185,1197 e 1277). Il vaglia postale e' un documento di legittimazione all'ordine, che impone al creditore al fine di incassare in contanti la somma in esso indicata, l'onere di recarsi presso un ufficio postale; come tale esso non ha efficacia liberatoria per il condominio debitore, perchè non costituisce ne' pagamento al domicilio del creditore ne' esecuzione di prestazione di moneta avente corso legale, non diversa da quella dovuta, secondo i principi enunciati negli articoli 1182, 1197, e 1277 del Cc. Sezione II, sentenza 22 marzo 1997 n. 2558 . Muro perimetrale dell’edificio condominiale Apertura praticata da parte del singolo condomino per mettere in comunicazione un proprio locale sito nel condominio con altro immobile - Uso indebito della cosa comune - Sussiste. (Cc. articoli 1102 e 1122) In tema di utilizzazione del muro perimetrale da parte del singolo condomino, costituisce uso indebito della cosa comune, alla stregua dei criteri di cui agli articoli 1102 e 1122 del Cc, l’apertura praticata dal condomino nel detto muro per mettere in comunicazione locali di sua esclusiva proprietà, esistenti nell’edificio condominiale, con altro suo immobile estraneo al condominio, in quanto tali aperture alterano la destinazione del muro, incidendo sulla sua funzione di recinzione, e possono dar luogo all’acquisto di una servitù di passaggio a carico della proprietà condominiale. Sezione II, sentenza 19 aprile 1996 n. 3719 Aree di parcheggio Vincolo in favore dei proprietari di nuove costruzioni - Obbligo per questi ultimi in forza della imperatività della norma di acquistare detti spazi e di pagare il corrispettivo - Sussiste. (Cc, articoli 1064, 1102, 1118e 1119; legge 47/1985, articolo 26; legge 765/1967, articolo 18) Il vincolo di destinazione a parcheggio degli appositi spazi nelle nuove costruzioni, in favore dei proprietari delle unità immobiliari site nel fabbricato, scaturisce da norme cogenti per cui la norma imperativa, da cui ha origine la costituzione di un diritto reale d’uso, non opera solo a vantaggio dell’acquirente. Essendo, infatti, il costruttore tenuto a destinare gli appositi spazi per parcheggio, in favore degli acquirenti delle unità immobiliari site nell’edificio, questi ultimi non possono sottrarsi all’acquisto del diritto e al pagamento del corrispettivo. Una volta chiesta in giudizio l’applicazione della norma imperativa, questa deve trovare integrale applicazione, comportando la sostituzione di diritto della clausola negoziale nulla e la costituzione del diritto reale d’uso, con il diritto del proprietario costruttore a conseguire il compenso. Sezione II, sentenza 16 aprile 1996 n. 3580 Suolo su cui sorge l’edificio - Parti comuni - Sottosuolo - Sbancamento del terreno sottostante il piano terreno. Illegittimità (Cc, articoli 840 e 1117) Il suolo, su cui sorge un edificio condominiale, di proprietà comune, ai sensi dell’articolo 1117 del Cc, è la porzione di terreno sulla quale viene a poggiare l’intero edificio e, immediatamente, la parte infima dello stesso e, per effetto, degli articoli 1117 e 840 del Cc, lo spazio sottostante, che costituisce il sottosuolo, in mancanza di titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva a uno dei condomini, deve considerarsi in proprietà comune, indipendentemente dalla sua destinazione. Deriva, da quanto precede, che ove i proprietari del piano terreno abbiano eseguito uno sbancamento del terreno sottostante con un abbassamento del pavimento di circa 50 centimetri, con tale opera costoro non hanno realizzato un intervento necessario e indispensabile per la messa in opera dei manufatti, o di rinforzo delle fondazioni, ma hanno sottratto il sottosuolo comune a vantaggio del singolo comunista, con conseguente violazione del combinato disposto degli articoli 1117 e 840 del Cc. Sezione II, sentenza 19 marzo 1996 n. 2295 SENTENZE 1998 Cassazione del 09/01/1998 n° 138 Titolo: Può essere presunta la conoscenza dell’avvenuta convocazione dell’assemblea del condominio. Massima: La convocazione dell’assemblea di un condominio, a pena di invalidità della medesima(art.1136 cod.civ.), deve essere comunicata a tutti i comproprietari pro indiviso di un piano o di una porzione di piano, ma in assenza di particolari formalità per la notifica dell’avviso, la conoscenza di esso da parte di tutti i comproprietari può essere presunta se le circostanze sono gravi, precise e concordanti in assenza di forma necessaria per le modalità di notifica, la conoscenza di essi può essere presunta, se le circostanze sono precise e concordanti. Cassazione del 02/03/1998 n° 2259 Titolo: L’amministratore deve al più presto comunicare all’assemblea l’azione legale intrapresa nei suoi confronti che esorbita le sue attribuzioni. Se rientra invece nella sue attribuzioni non è tenuto a farsi autorizzare dall’assemblea. Massima: L’amministratore del condominio, convenuto in giudizio da un terzo o da un condomino è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea quando la domanda abbia un contenuto esorbitante dalle sue attribuzioni, così come delineate dall’art. 1130 cod.civ. Pertanto poiché in base a detto articolo deve ritenersi spettante all’amministratore nell’ambito dei compiti di conservazione delle cose comuni (ossia di preservazione della loro integrità e di reazione ad attentati o pretese di terzi) il potere discrezionale, autonomamente esercitabile, di impartire le disposizioni necessarie ad eseguire lavori di manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e di erogare le relative spese, non può considerarsi esorbitante dalle dette attribuzioni la decisione autonoma dell’amministratore rispetto ad una lite quando con la domanda proposta contro il condominio si facciano valere pretese risarcitorie (in forma specifica, oltreché per equivalente) correlata a difetto di manutenzione ordinaria di una parte comune quale il tetto di copertura dell’edificio. Ne deriva, ulteriormente, la mancanza, in siffatta ipotesi, della condizione essenziale per l’esercizio da parte del condomino dissenziente del potere di estraniarsi dalla lite scindendo la propria responsabilità in ordine alle sue conseguenze per il caso di soccombenza, non potendo tale potere esercitarsi ove legittimamente manchi intorno alla lite promossa contro il condominio una specifica decisione dell’assemblea. Cassazione del 27/03/1998 n° 3238 Titolo: Il singolo può agire contro il condominio per la tutela del decoro architettonico. Se viene sollevata l’eccezione di esecuzione di opere nelle parti esclusive il contraddittorio deve essere integrato a tutti i condomini. Massima: Ciascun partecipante al condominio di edifici, può agire in giudizio per la tutela del decoro architettonico della proprietà comune, ma se la controparte di aver apportato modifiche e innovazioni sulla proprietà esclusiva, è necessario integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i condomini perché oggetto di controversia è l’accertamento della natura condominiale o meno, in base ai rispettivi titoli di acquisto, delle parti di edificio alterate. Cassazione del 27/03/1998 n° 3251 Titolo: La delibera di formazione o di modifica delle tabelle millesimali può essere delegata verbalmente ad una commissione, "facta concludentia" con l’approvazione dei successivi bilanci. Massima: In tema di condominio, la delibera di formazione e modifica delle tabelle millesimali, è valida anche se il consenso è espresso da delegati verbali dei condomini, senza necessità di procura scritta, potendo il mandato essere provato con qualsiasi mezzo, anche per "facta concludentia" - come nel caso di prolungata accettazione dei successivi bilanci - perché le dette tabelle hanno funzione accertativa e valutativa delle quote condominiali onde ripartire le relative spese stabilire la misura del dirittodi partecipazione alla volontà assembleare, ma non incidono sui diritti reali spettanti a ciascun condomino. Cassazione del 03/04/1998 n° 3422 Titolo: Gli spazi esterni nei condomini per legge (18/08/1967 n°765) vanno destinati a parcheggio. Questo non vieta la trattazione e la vendita separata da quella dell’abitazione. Massima: L’art.41 "sexies" della Legge 17 agosto 1942 n. 115, nel testo introdotto dall’art.18 Legge 6 agosto 1967 n. 765, ha istituito tra costruzioni e spazio per parcheggio ad essi progettualmente annessi una relazione che ha connotati di necessità e di indispensabile permanenza di rilievo pubblicistico e con caratteristiche di realtà che nell’ipotesi in cui la costruzione sia costituita da un edificio in condominio, comporta che detti spazi ricadono sulle parti comuni ex art.1117 cod. civ. quando appartengano in comunione a tutti i condomini ovvero vengano a costituire oggetto di un diritto reale d’uso spettante ai condomini medesimi, quando la relativa proprietà competa a terzi estranei alla collettività condominiale o ad uno solo dei componenti di questa. Tale disciplina non vieta la negoziazione separata delle costruzioni e delle aree di parcheggio ad esse pertinenti, ma esclude che tale negoziazione possa incidere sulla permanenza del vincolo reale di destinazione sulle aree accennate. Cassazione del 03/04/1998 n° 3424 Titolo: E’ valida la delibera o la decisione dell’amministratore che autorizzi l’accesso carraio in uno spazio prima adibito a passaggio pedonale. Massima: La delibera condominiale, che autorizza il passaggio carrabile dei condomini, già titolari di un diritto di passaggio pedonale, su un viale comune del fabbricato, regola l’uso del bene comune - demandato all’amministratore, a cui però possono sostituirsi, in qualità di mandanti, i condomini - costituendo un diritto personale a loro favore, ed è valida, anche se adottata a maggioranza, purché non comprima i diritti ad essi appartenenti per convenzione o per effetto dell’acquisto delle unità immobiliari o per legge. Cassazione del 17/04/1998 n° 3887 Titolo: L'obbligo di vigilare sul pozzo comune, anche se allocato in un determinato spazio o locale esclusivo, incombe sull'intero condominio. Massima: In tema di condominio di edifici, l'obbligo di vigilare e mantenere il bene comune (nella specie il pozzo) in stato da non creare danni ad altri condomini o a terzi estranei al condominio, incombe su tutti gli aventi diritto senza che rilevi l'ubicazione della cosa comune rispetto alle proprietà esclusive. Cassazione del 26/01/1998 n° 714 Titolo: Il regolamento del condominio non trascritto è comunque valido ma non è opponibile ai successivi acquirenti. Se il regolamento prevede che una parte di condomini siano esonerati dalla contribuzione alle spese, tali beni non ricadono nella comproprietà di questi. Massima: La trascrizione prevista dall'art.1138 comma terzo cod. civ. del regolamento di condominio nel registro (peraltro non istituito), di cui all'art.1129 cod. civ. integra un mero onere di pubblicità dichiarativa, la cui inosservanza non comporta la nullità o l'inefficacia del regolamento approvato dall'assemblea dei condomini o predisposto dall'originario costruttore dell'edificio condominiale. L'omessa trascrizione del regolamento nei RR.II. determina invece l'inopponibilità ai successivi acquirenti delle singole unità immobiliari comprese nell'edificio condominiale delle eventuali clausole limitative di diritti esclusivi di proprietà spettanti a ciascun condomino senza influire anch'essa sulla validità ed efficacia del regolamento. La norma di un regolamento di condominio che stabilisca per una determinata categoria di condomini l'esenzione dal concorso dalle spese di conservazione di una delle parti dell'edificio indicate nell'art. 1117 cod. civ., comporta il superamento nei riguardi di detta categoria di condomini della presunzione di comproprietà su detta parte del fabbricato. Cassazione del 02/02/1998 n° 981 Titolo: Il venditore deve comunque pagare tutte le spese fino alla data della vendita. Massima: Il condomino di un edificio che venda l'appartamento di sua esclusiva proprietà è tenuto al pagamento dei contributi condominiali deliberati dall'assemblea quando egli era ancora proprietario. SENTENZE 1999 REGOLAMENTO DI CONDOMINIO PREDISPOSTO DAL COSTRUTTORE Cass. civ., sez. II, 6 agosto 1999 n. 8486 Acquirente di unità immobiliare facente parte del fabbricato - Impegno contrattuale a rispettare il regolamento condominiale da predisporsi da parte del costruttore Vincolatività L'obbligo dell'acquirente, previsto nel contratto di compravendita di un'unità immobiliare di un fabbricato, di rispettare il regolamento di condominio da predisporsi in futuro a cura del costruttore non può valere come approvazione di un regolamento allo stato inesistente, poiché è solo il concreto richiamo nel singolo atto di acquisto ad un regolamento che consente di considerare quest'ultimo come facente parte, per relationem, di quest'atto. LA PROPRIETA' DEL SOTTOTETTO Cass. civ., se. II, 20 luglio 1999, n. 7764 Sottotetto - Utilizzabilità da parte di tutti i condomini - Presunzione di proprietà comune In un edificio di più piani appartenenti a proprietari diversi, l'appartenenza del sottotetto ( non indicato nell'articolo 1117, Codice civile, tra le parti comuni dell'edificio ) si determina in base al titolo ed in mancanza in base alla funzione cui esso è destinato in concreto. Pertanto, ove trattasi di vano destinato esclusivamente a servire da protezione dell'appartamento dell'ultimo piano, esso ne costituisce pertinenza e deve perciò considerarsi di proprietà esclusiva del proprietario dell'ultimo piano, mentre va annoverato tra le parti comuni se utilizzabile, anche solo potenzialmente, per gli usi comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di comunione prevista dalla norma citata, la quale opera ogni volta che nel silenzio del titolo il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi. DIRITTO DI SOPRAELEVAZIONE Cass. civ., sez. II, 19 luglio 1999, n. 7678 Terrazza a livello - Equiparazione al lastrico solare - Diritto di sopraelevazione Regolamento di condominio - Limitazione - Condizioni La terrazza a livello, anche se di proprietà esclusiva, è equiparata (in relazione alla sua funzione di copertura dell'edificio) al lastrico solare in senso stretto e tale è considerata anche nel regime della sopraelevazione; ne consegue che il regolamento condominiale può limitare il diritto di sopraelevazione spettante al proprietario dell'appartamento a cui la terrazza afferisce soltanto se esso ha natura contrattuale. IMPUGNAZIONE DEL RENDICONTO: SOGGETTI LEGITTIMATI Appello Milano 6 agosto 1999, n. 2215 Azione di rendiconto - Legittimazione ad agire - Passaggio di consegne Si deve escludere che l'azione di rendiconto dia azione che spetta esclusivamente al singolo condomino, dovendosi rilevare che fra le attribuzioni dell'assemblea è sicuramente quella di approvare il preventivo delle spese, il piano di riparto ed il rendiconto annuale dell'amministratore (art. 1135 nn. 2 e 3, Codice civile). Né riveste alcuna efficacia sul punto il rilievo che l'impugnativa del rendiconto spetti al singolo condomino e non al condominio, considerato che il richiamo è da intendersi riferito al rendiconto approvato dall'assemblea, onde la norma giustamente ha previsto l'ipotesi di impugnativa da parte del condomino dissenziente o che comunque ne abbia interesse. Non è dubitabile che normale destinataria del rendiconto di gestione sia l'assemblea quale tipica espressione della collettività condominiale, onde in assenza di spontanea sottomissione del rendiconto all'organo che per legge è destinato all'esame e all'approvazione del rendiconto, la medesima assemblea sia legittimata ad investire l'amministratore del potere di agire per richiedere la presentazione del conto al precedente amministratore. CRITERI DI REVISIONE DELLE TABELLE MILLESIMALI Appello Milano 20 luglio 1999, n. 1938 Tabelle millesimali - Revisione e modificazione - Condizioni Non può considerarsi conseguenza di un errore, ai sensi e per gli effetti della revisione e modificazione delle tabelle millesimali prevista dall'articolo 69, disp. att., Codice civile, l'adozione di criteri più o meno soggettivi con cui la valutazione dei singoli elementi necessari per la stima sia stata compiuta, allorché questi criteri non portino ad una palese e obbiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari e il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle. Se, dunque, i criteri utilizzati sono espressione di un libero e consentito apprezzamento, per giungere alla dimostrazione della sussistenza di un errore tabellare occorre una ricostruzione del procedimento logico e tecnico di valutazione seguito dal primo redattore e l'individuazione, in tale ambito, di un errore della cui prova è onerato colui che ha promosso l'azione. Neppure potrebbe portare ad una diversa soluzione il denunciato mutamento del regime di mercato degli immobili e la sua incidenza sui criteri di redditività originariamente attribuiti alle singole unità immobiliari, per il quale viene invocata l'applicazione della norma di cui all'articolo 69, n. disp. att., Codice civile, relativa al mutamento di condizioni, atteso che il fatto che le "mutate condizioni" cui si riferisce il n. 2 del citato articolo 69 sono solo quelle tassativamente elencate, ossia quelle che comportano una "notevole" alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano "in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni LIVELLI DI TOLLERABILITA' DELLE IMMISSIONI SONORE Cass. civ., sez. II, 2 giugno 1999, n. 5398 Rapporti di vicinato - Immissioni sonore - Livelli di accettabilità - Parametri Le norme che disciplinano in via generale i livelli di accettabilità delle immissioni sonore, in quanto mirano ad assicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi di quiete, perseguono finalità d'interesse pubblico e sono, quindi, destinate a regolare i rapporti fra i privati e la Pubblica amministrazione, e non già i rapporti di natura patrimoniale tra i privati, alla cui disciplina è destinato l'art. 844, Codice civile. Pertanto, anche se le immissioni non superano i limiti fissati dalle norme di interesse generale, il giudizio sulla loro tollerabilità ai sensi dell'art. 844 va effettuato ugualmente e con riferimento alla situazione concreta. DANNI CAUSATI DA COSE IN CUSTODIA Appello Milano 23 aprile 1999, n. 1056 Parti comuni - Obbligo di manutenzione - Responsabilità del condominio Esclusione Qualora la situazione anormale di carente illuminazione dell'area d'accesso alle cantine fosse evidente e preesistente all'accesso in occasione del quale si è verificato il sinistro (ndr. la caduta di un condomino lungo le scale), deve considerarsi imprudente l'accesso alle scale da parte del condomino, per di più con l'equilibrio reso precario dai sacchetti di immondizia che reggeva in mano, il quale avrebbe dovuto astenersi dall'imboccare le scale e recarsi invece in portineria per segnalare il guasto e sollecitare la sostituzione della lampada. Deve pertanto ritenersi accertato che l'attore sia caduto non per la violazione, da parte del condominio, degli obblighi di custodia e manutenzione della cosa comune, ma esclusivamente a causa del suo comportamento imprudente. QUANDO I LAVORI DI MANUTENZIONE SI CONFIGURANO COME INNOVAZIONI Tribunale Napoli, sez. X, 25 marzo 1999, n. 1854 Opere di manutenzione - Lavori straordinari - Innovazioni - Configurabilità - Quorum deliberativo La sostituzione di finestroni, la lucidatura di pavimenti dell'androne e dei pianerottoli, il ripristino delle ringhiere, l'installazione di rivestimenti in marmo del vano scala androne, l'installazione di impianto antincendio, di cassette di servizio, plafoniere e targhe ai piani, sono opere, queste, che, considerata la loro natura ed il loro presumibile costo, non costituiscono certamente oggetto di " riparazioni straordinarie di notevole entità" e, pertanto, per l'adozione delle stesse, è sufficiente la maggioranza di cui al comma dell'art. 1136, Codice civile ( secondo cui in seconda convocazione la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio ed almeno un terzo del valore dell'edificio ). Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, costituisce innovazione ai sensi dell'art. 1120, Codice civile, qualsiasi opera nuova che, eccedendo i limiti della conservazione della ordinaria amministrazione o del godimento della cosa comune, ne comporti una totale o parziale modificazione nella forma o nella sostanza, con l'effetto di migliorarne o peggiorarne il godimento e comunque alterarne la destinazione. In applicazione del disposto di cui all'art. 1120, collegato al quinto comma dell'art. 1136, sempre secondo l'orientamento giurisprudenziale, la delibera relativa alla rimozione della guardiola ( del custode) e realizzazione di aiuola condominiale avrebbe dovuto essere assunta con la maggioranza dei partecipanti al condominio, ed i due terzi del valore dell'edificio. COMPENSO DELL'AMMINISTRATORE REVOCATO Tribunale Napoli, sez. VI, 14 gennaio 1999, n. 191 Amministratore - Atti posti in essere dall'amministratore revocato - Compenso Il provvedimento di revoca (giudiziale) dell'amministratore acquista efficacia alla scadenza del termine previsto per la proposizione del reclamo. Conseguentemente deve ritenersi ritualmente convocata dall'amministratore (revocato) l'assemblea da parte dello stesso nelle more della decisione relativa al reclamo da lui proposto avverso il decreto del tribunale con il quale è stato revocato. Atteso che la indicazione del compenso richiesto dall'amministratore può legittimamente desumersi all'attenzione dei condòmini, l'approvazione di detto bilancio, da parte della maggioranza dei condòmini, costituisce ratifica del compenso stesso che non è soggetto a sindacato da parte dell'Autorità giudiziaria. La determinazione del compenso dell'amministratore, infatti, attiene alla libera determinazione dell'assemblea, ai sensi dell'art. 1135, n. 1 Codice civile, ed esula, pertanto, dal controllo del sindacato sulle deliberazioni assembleari, controllo che può essere, da parte dell'Autorità giudiziaria, solo di legittimità e non può estendersi alla valutazione di merito e al sindacato di discrezionalità di cui gode l'assemblea, fatta eccezione l'ipotesi di decisione viziata da eccesso di potere. LASTRICO SOLARE: COME RIPARTIRE LE SPESE Tribunale Napoli sez. II, 12 gennaio 1999, n. 132 Lastrico solare - Ripartizione delle spese - Adozione di criteri diversi da quelli legali La delibera assembleare, con la quale si modifichi il criterio legale della ripartizione delle spese, anche se adottata a maggioranza, è inefficace nei confronti del condomino dissenziente (o assente n. d. r.) essendo affetto da nullità radicale, deducibile senza limiti di tempo e non meramente annullabile. Cass. 25/03/99 - n. 2837 Assemblea - Convocazione - Prova del recapito - Onere dell'amministratore L'onere di provare che tutti i condomini siano stati tempestivamente convocati, fa carico al condominio. Tale prova non può essere offerta con la dimostrazione della consegna di un avviso a soggetti quali non è stato conferito uno stabile potere di rappresentanza nei confronti del condominio. Cass. 20/03/99 - n. 2617 Parcheggio - Rivendica del diritto reale nei confronti del venditore/costruttore - liti con gli altri condomini. Qualora alcuni condomini abbiano convenuto in giudizio il venditore - costruttore dell'edificio, per rivendicare il diritto reale d'uso sull'area dell'edificio destinata a parcheggio, non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario, nei confronti degli altri condomini, ai quali pertanto non va notificato l'atto d'impugnazione per l'integrazione del contraddittorio. Cass. 12/04/99 - n. 3568 Contributi e spese - Manutenzione - Danno ascrivibile a singoli condomini Risarcimento. In tema di condomini ed edifici, la ripartizione delle spese, per la manutenzione, ricostruzione di soffitti, delle volte e dei solai, secondo i criteri previsti dall'art. 1125 c. c., riguarda le ipotesi in cui le necessità delle riparazioni non siano da attribuirsi ad alcuno dei condomini, mentre quando il danno sia ascrivibile a singoli condomini, trova applicazione il principio generale secondo cui il risarcimento dei danni è a carico di colui che li ha provocati. Cass. 12/04/99 - n. 3574 Pertinenza - Trasferimento a terzi del bene principale - Estensione alla cosa accessoria. Costituitosi un rapporto pertinenziale tra beni a seguito della destinazione operata dal proprietario della cosa principale, che ha piena che ha piena disponibilità anche della cosa accessoria ( nella specie una veranda a servizio di un appartamento, realizzata su un'area condominiale, dall'originario proprietario costruttore dell'intero edificio), gli atti di disposizione aventi ad oggetto la cosa principale, si estendo a quella accessoria. Ciò sempre che non intervenga un atto del proprietario di cessazione della destinazione, vale a dire l'esplicita esclusione della pertinenza in un atto avente in un atto avente ad ogni oggetto la cosa principale o il compimento di un atto avente ad oggetto la sola pertinenza. Cass. 15/04/99 - n. 3749 Regolamento contrattuale - Clausole delimitanti il potere e le facoltà dei singoli condomini sulle proprietà esclusive - Opponibilità ai successivi acquirenti . Il regolamento di condominio, predisposto dall'originario e unico proprietario dell'intero edificio, ove accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto presso i registri immobiliari, assume carattere di convenzionale e vincola tutti i successivi acquirenti, non solo con riferimento alle clausole che disciplinano l'uso e il godimento dei servizi o delle parti comuni, ma anche a quelle che restringono i poteri e le facoltà dei singoli condomini sulle proprietà esclusive, venendo a costruire su queste ultime una servitù reciproca. Cass. 15/04/99 - n. 3753 Parti comuni - Vizi - Danni ad una proprietà esclusiva - Responsabilità dell'originario costruttore/venditore. L'umidità conseguente ad un'inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali di un edificio, può integrare, ove sia promessa l'abitabilità e il godimento del bene, grave difetto dell'edificio ai fini della responsabilità del costruttore, ex art. 1669 c. c. Tuttavia qualora il fenomeno sia causa di danni a singoli condomini, è responsabile in via autonoma, ex art. 2051 c. c., il condominio il condominio, che è tenuto, quale custode, ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria. Cass. 16/04/99 - n. 3803 Contributi e spese - Soggetti obbligati - Lastrico con funzione di copertura e di raccolta di acque di scolo - manutenzione. In un condominio il lastrico di copertura di una parte individuata dell'edificio condominiale, che ha la funzione, oltre che di copertura di tale parte, anche di raccolta delle acque di scolo di altre parti dell'edificio, deve ritenersi destinato a scrivere anche queste ultime. Conseguentemente le spese di manutenzione devono essere ripartite fra tutti i condomini che ne traggono utilità, tenendo conto della diversa utilità che ciascuna parte può trarne. Cass. 28/04/99 n. 4266 Parti comuni dell'edificio - Sottotetti, soffitti e solai - Presunzione di comunione. Il sottotetto di un edificio può considerarsi pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano, soltanto ove assolva l'esclusiva funzione di isolare e proteggere l'appartamento stesso dal caldo, dal freddo e dall'umidità, mediante la creazione di una camera d'aria. Di contro tale principio non si applica allorché il sottotetto ambia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentire l'utilizzazione come vano autonomo, nel qual caso deve presumersi di proprietà condominiale, se esso risulti in concreto, sia pure in via potenziale, oggettivamente destinato all'uso comune o all'esercizio di un interesse comune. DELIBERE ASSEMBLEARI: CONDIZIONI DI VALIDITA' Cass. Civ., sez. II, 29 gennaio 1999, n. 810 - Cond. Via Monti 33 - Salerno c. Torre Assemblea - Deliberazioni - Validità - Individuazione dei singoli condomini assenzienti e di quelli dissenzienti - Necessità In tema di condominio degli edifici, ai fini della validità delle deliberazioni assembleari devono essere individuati, e riprodotti nel relativo verbale, i nomi dei condomini assenzienti e di quelli dissenzienti, ed i valori delle rispettive quote millesimali, pur in assenza di una espressa disposizione in tal senso. Tale individuazione è, infatti, indispensabile per la verifica della assistenza della maggioranza prescritta dall'art. 1136, secondo, terzo e quarto comma, Codice civile, ai fini della validità dell'approvazione delle deliberazioni con riferimento all'elemento reale (quota proporzionale dell'edificio espressa in millesimi). Inoltre, essendo il potere di impugnazione riservato ai condomini dissenzienti (oltre che agli assenti), è necessario indicare fin dal momento della espressione del voto i partecipanti al condominio legittimati ad impugnare la deliberazione. Né mancano altre ragioni per le quali si rende necessaria la identificazione dei condomini consenzienti e di quelli dissenzienti, soprattutto ove si consideri l'interesse dei partecipanti a valutare l'esistenza di un eventuale conflitto di interessi. Dalla non conformità a legge della omissione della indicazione nominativa dei singoli condomini favorevoli e di quelli contrari, delle loro quote di partecipazione al condominio e della riproduzione di tali elementi nel relativo verbale, discende la esclusione della presunzione di validità della delibera assembleare priva di quegli elementi, indispensabili ai fini della verifica della legittima approvazione della delibera stessa, e la cui non veridicità costituisce oggetto dell'onere probatorio del condominio legittimato ad impugnarla. RIPARAZIONE DI NOTEVOLE ENTITA' Cass. Civ., sez. II, 29 gennaio 1999, n. 810 - Cond. Via Monti 33 - Salerno c. Torre Assemblea dei condomini - Deliberazioni - Riparazioni straordinarie di "notevole entità" - Accertamento - Criteri In tema di riparazioni di edificio condominiale, l'individuazione, agli effetti dell'articolo 1136, quarto comma, codice civile, della "notevole entità" delle riparazioni straordinarie - la cui approvazione esige, a norma della predetta disposizione, la maggioranza degli intervenuti all'assemblea e almeno la metà del valore dell'edificio e la ripartizione di tale costo tra i condomini configurato non un vincolo, bensì un ulteriore ed eventuale elemento di giudizio, nel senso della possibilità per il giudice di tener conto, nei casi dubbi, oltre che dei dati di immediato rilievo, cioè dell'ammontare complessivo dell'esborso occorrente per la realizzazione delle opere, anche del rapporto tra tale costo, valore dell'edificio ed entità della spesa ricadente sui singoli condomini. Ne consegue la legittimità della maggiore incidenza riconosciuta all'uno piuttosto che all'altro, degli elementi di giudizio, e della sufficienza, ai fini del corretto adempimento dell'obbligo di motivazione, delle risultanze reputate determinanti in ordine della valutazione della sussistenza della "notevole entità" della spesa deliberata . IMPIANTO DI RISCALDAMENTO Cass. Civ., sez. II, 9 gennaio 1999, n. 129 - Lampedusa ed altri c. Cond. Via Zattere 37 Impianto di riscaldamento - Distacco delle diramazioni di alcune unità immobiliari dall'impianto centrale - autorizzazione dell'assemblea - Obbligo dei proprietari di contribuire alle spese per il servizio - Esclusione Autorizzato dall'assemblea dei condomini il distacco delle diramazioni di alcune unità immobiliari dall'impianto centrale di riscaldamento - sulla base della valutazione che dal distacco sarebbe derivata un'effettiva riduzione delle spese di esercizio e, per contro, non sarebbe stato determinato uno squilibrio in pregiudizio del regolare funzionamento dell'impianto - e venuta meno la possibilità che i medesimi locali fruiscono del riscaldamento, l'impianto non può considerarsi destinato al servizio dei predetti piani o porzione di piano. Consegue che i proprietari di queste unità abitative non devono ritenersi tenuti a contribuire alle spese per un servizio, che nei confronti dei loro immobili non viene prestato. ASSEGNAZIONE DI POSTI AUTO Tribunale Milano 8 febbraio 1999, n. 1323 - Ferraro e Imm.re Giardini s.r.l. c. Cond. Via Manzoni 41/A Cortile comune - Assegnazione dei parcheggi - Obbligo di pariteticità - Uso turnario L'insussistenza di posti auto sufficienti per ciascuna unità esclusa non risulta di per sé circostanza impeditiva di una disciplina di parcheggio rispettosa del criterio del pari uso, criteri che ben può essere assicurato, ad esempio, a mezzo di uso turnario del bene da parte di ciascun condomino. Deve dunque concludersi per la illiceità della delibera (ndr. Con la quale era stato assegnato un solo posto macchina per due condomini) risolventesi in una compressione del diritto di godimento della cosa comune in via paritetica rispetto agli altri condomini. UTILIZZO DELLE PARTI COMUNI Tribunale Milano 8 febbraio 1999, n. 1319- Sweet Giorgia s.r.l. c. Cond. Via S. Calogero n. 27 Spese - Ripartizioni - Uso più intenso della cosa comune - Destinazione naturale Anche le aree pacificamente comuni (servizi igienici) sono strutturalmente da qualificare come "cose destinate a servire i condomini in misura diversa" , allorché il loro utilizzo sia sostanzialmente "naturale" per i condomini abitanti sui i piani ove i bagni sono posti ed invece del tutto "eventuale per i condomini proprietari dei negozi siti in una distinta parte dell'edificio. Ne consegue che le spese afferenti alle aree in questione (siano esse relative alla manutenzione del bene ovvero al suo godimento) devono essere ripartite, secondo il canone previsto dall' art. 1123, secondo comma, Codice civile, non pro quota millesimale, ma in proporzione alla diversa intensità d'uso della cosa comune: con il corollario della illiceità della delibera che abbia invece adottato una suddivisione millesimale "pura" dei costi relativi. SENTENZE 2000 POTERI DELL'AMMINISTRATORE Cass. Civ., sez. II, 7 luglio 2000, n. 9099 Amministratore - Attribuzioni - Rendiconto - Redazione della contabilità da parte dell'amministratore - Criteri - Funzione - forme prescritte per i bilanci di società Inapplicabilità La contabilità presentata dall'amministratore del condominio non è necessario che sia redatta con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, ma deve essere idonea a rendere intelligibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, e cioè tale da fornire la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi, non solo della qualità e quantità dei frutti precetti e delle somme incassate, nonché dell'entità e causale degli esborsi fatti, ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l'incarico è stato eseguito e di stabilire di chi rende il conto sia adeguato a criteri di buana amministrazione. QUANDO I CONDOMINI SONO SOLO DUE Cass. civ., sez. II 3 luglio 2000, n. 8876 Contributi e spese condominiali - Condominio composto di due soli partecipanti Convocazione dell'assemblea e conseguente deliberazione di spesa - Necessità Nell'ipotesi di un condominio composto da due soli partecipanti (cd. Piccolo condominio) le spese necessarie alla conservazione o alla riparazione della cosa comune devono essere oggetto di regolare delibera, adottata previa rituale convocazione dell'assemblea dei condomini, della quale non costituisce valido equipollente il mero avvertimento o la mera comunicazione all'altro condomino della necessità di provvedere a determinati lavori. Il principio anzidetto può essere derogato solo se vi sono ragioni di particolare urgenza ovvero trascuratezza da parte degli altri comproprietari. APERTURA DI PORTE Cass. civ., sez. II, 26 giugno 2000, n. 8693 Limitazioni legali della proprietà - Rapporti di vicinato - Distinzioni tra porta e finestra - Apertura di una porta Una porta non può essere considerata semplice luce irregolare, poiché la sua funzione non è quella di illuminare un locale e di consentire il passaggio dell'aria , ma quella di consentire il passaggio di persone ovvero di impedirlo e quindi può essere aperta senza rispettare le distanze prescritte negli artt. 905 e 906, Codice civile, per le vedute, salvo che sia strutturata in modo da consentire di guardare nel fondo del vicino (porta - finestra). USO ESCLUSIVO DELLA PROPRIETA' COMUNE Cass. civ., sez. II, 20 giugno 2000, n. 8394 Passaggio comune - Installazione di un cancello da parte di uno dei comproprietari con consegna delle chiavi agli altri - Legittimità - Fondamento - Spoglio, turbativa o molestia nei confronti degli altri comproprietari - Configurabilità - Esclusione Rientra fra le facoltà del comproprietario la installazione di un cancello sul passaggio comune, con consegna delle chiavi agli altri comproprietari, in quanto essa non impedisce l'altrui pari uso, e, pertanto, configura un atto compiuto nell'esercizio del diritto di apportare alla cosa comune le modifiche necessarie per il suo miglioramento, e non può considerarsi come spoglio, né come turbativa o molestia del compossesso degli altri comproprietari. SPESE DI CONSERVAZIONE E SPESE D'USO Cass. civ., sez. II, 19 giugno 2000, n. 8292 Contributi e spese condominiali - Spese di gestione - Ripartizione - Spese di conservazione e spese d'uso - Differenze - Soggetti obbligati - Spese di conservazione riferite alla speciale ipotesi di condominio parziale - Soggetti obbligati In tema di oneri condominiali, la funzione ed il fondamento delle spese occorrenti per la conservazione dell'immobile si distinguono dalle esigenze che presiedono alle spese per il godimento dello stesso, come è dato evincere, in via di principio generale, dal disposto dell'art. 1104, Codice civile, dettato in tema di comunione e, sub specie dei rapporti di condominio, dalla norma di cui all'art. 1123 stesso Codice, a mente della quale i contributi per la conservazione del bene sono dovuti in ragione dell'appartenenza e si dividono in proporzione alle quote (indipendentemente dal vantaggio soggettivo espresso dalla destinazione delle parti comuni a servire in misura diversa i singoli piani o porzioni di piano), mentre le spese d'uso (che traggono origine dal godimento soggettivo e personale) si suddividono in proporzione alla concreta misura di esso, indipendentemente dalla misura proporzionale dell'appartenenza ( e possono, conseguentemente, mutare , del tutto legittimamente in modo affatto autonomo rispetto al valore della quota). Ne consegue con particolare riguardo alla norma di cui all'art. 1123, terzo comma, nell'ambito della più vasta compartecipazione, identifica precipuamente i soggetti obbligati a concorrere alle spese di conservazione, individuandoli nei condomini cui il condominio è attribuito per legge ai sensi dell'art. 1117, Codice civile (salva diversa attribuzione per titolo). SENTENZE 2001 Cassazione Condomino dissenziente. Diritto di manifestare la propria volontà Sentenza 05 Dicembre 2001 n° 15360 In materia di condominio, in difetto di una specifica disposizione normativa che inibisca la partecipazione del condomino dichiaratosi dissenziente rispetto all'instaurazione di una lite giudiziaria,alle successive deliberazioni assembleari concernenti il prosieguo della controversia, non può essere legittimamente disconosciuto al suddetto condomino il diritto di manifestare la propria volontà nell'assemblea e di concorrere, quindi, al pari degli altri e continuando a sostenere la propria originaria avversa opinione, alla formazione della volontà comune sullo specifico argomento dell'abbandono della lite; né può dedursi al riguardo - pur nella riconosciuta estensibilità al condominio del disposto dell'art. 2372 cod. civ. di portata generale in materia societaria - un'astratta ipotesi di conflitto di interessi, in quanto questo va dedotto in concreto e può essere riconosciuto soltanto ove risulti dimostrata una sicura divergenza tra specifiche ragioni personali di determinati singoli condomini, il cui voto abbia concorso a determinare la maggioranza assembleare, ed un parimenti specifico contrario interesse istituzionale del condominio Cassazione Divieto di destinare singoli locali a determinati usi Sentenza 13 Dicembre 2001 n° 15756 Nel caso di violazione di disposizioni legittimamente contenute nel regolamento condominiale che stabiliscano il divieto di destinare singoli locali dell'edificio a determinati usi, il condominio può chiedere nei diretti confronti del conduttore di un appartamento del fabbricato condominiale la cessazione della destinazione abusiva e l'osservanza in forma specifica delle istituite limitazioni, in quanto il conduttore non può trovarsi, rispetto al condominio, in posizione diversa da quella del condomino suo locatore, e ciò alla sola condizione che sia approvata l 'operatività , della clausola limitativa, o, in altri termini, la sua opponibilità al condomino locatore. Il conduttore che sia costretto ad astenersi dall'esercizio dell'attività vietata sarà, peraltro, legittimato ad agire per il risarcimento del danno subito nei confronti del locatore che, dando il proprio consenso, necessario per l'approvazione all' unanimità della disposizione regolamentare di divieto, abbia violato gli obblighi contrattuali assunti Cassazione Regolamento prevedente la partecipazione all'assemblea solo degli amministratori dei vari condomini o di singoli condomini delegati Sentenza 06 Dicembre 2001 n° 15476 E' nulla, per contrarietà a norme imperative, la clausola del regolamento contrattuale di condominio prevedente che l'assemblea di un cd. supercondominio sia composta dagli amministratori dei singoli condomini o da singoli condomini delegati a partecipare in rappresentanza di ciascun condominio, anziché da tutti i comproprietari degli edifici che lo compongono, atteso che le norme concernenti la composizione e il funzionament o dell'assemblea non sono derogabili dal regolamento di condominio Corte di Cassazione Civile Sentenza 03 Agosto 2001 n° 10735 Limiti alle immissioni sonore L'uso del pianoforte all'interno di un appartamento inserito in un edificio condominiale può essere vietato quando le immissioni sonore superano il limite della normale tollerabilità e disturbano le normali attività, materiale e intellettuali, che normalmente si svolgono in un appartamento a uso abitazione in quanto finiscono per limitare il diritto di proprietà degli altri condomini. Sentenza 4 Giugno 2001 n° 7472 Spese per le riparazioni del lastrico solare Il criterio legale di ripartizione delle spese per la riparazione del lastrico solare, nella misura di un terzo a carico del condominio che ne ha l'uso esclusivo e di due terzi a carico degli altri, vale solo per le riparazioni riguardanti i manufatti posti sulla sommità delle costruzioni. Ne consegue che questo metodo non è applicabile in caso di giardino pensile sovrastante un'autorimessa, i cui locali siano stati danneggiati dal infiltrazioni d'acqua, in quanto il giardino non costituisce una semplice copertura ma è dotato di una propria autonomia strutturale e funzionale che ne obbliga il proprietario a sopportare l'intera spesa. Sentenza 21 Maggio 2001 n° 6923 Rinuncia al riscaldamento condominiale La rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata da un singolo condomino, mediante il distacco del proprio impianto, è legittima se l'interessato dimostra che dal suo operato non derivano nè aggravi di spese per gli altri nè squilibri termici pregiudizievoli alla regolare erogazione del servizio. Sentenza 18 Maggio 2001 n° 6849 Spese comuni Il singolo condomino ha l'obbligo di contribuire non solo alle spese necessarie per la manutenzione e riparazione delle parti comuni dell'edificio, ma anche a quelle necessarie per eliminare i vizi e le carenze costruttive originarie dell'edificio condominiale, salva l'azione di rivalsa nei confronti del costruttore-venditore Sentenza 20 Aprile 2001 n° 5889 Annullamento delle delibere condominiali Il condomino che impugna una delibera annullabile è legittimato ad agire sempre che abbia espresso il suo dissenso; ne consegue che è suo specifico onere provare in giudizio la propria qualità di condomino dissenziente. Lo stesso condomino dissenziente, poi, non può far rilevare nel merito l'omessa indicazione di un argomento, poi deliberato, nell'ordine del giorno, se non ha preliminarmente eccepito in quella sede l'irregolarità della convocazione Sentenza 04 Aprile 2001 n° 4953 Cose comuni o esclusive Il vano di accesso a uno dei garage condominiali, anche se di solito utilizzato solo dal proprietario di quest'ultimo, non è di sua esclusiva proprietà ma, in assenza di un contratto che dimostri il contrario, deve essere considerato bene comune. Sentenza 02 Aprile 2001 n° 4797 Lastrici solari e terrazze di copertura La manutenzione della terrazza di un edificio spetta a tutti i condomini in proporzione delle rispettive quote. Ciò non esclude, che il proprietario dell'appartamento sottostante la terrazza, danneggiato da infiltrazioni d'acqua provenienti dalla terrazza, a causa della mancata manutenzione, assume la posizione di terzo rispetto agli altri condomini nella richiesta di risarcimento del danno Sentenza 30 Marzo 2001 n° 4706 Nomina e revoca dell'amministratore Il procedimento di nomina o revoca dell'amministratore di condominio, anche quando si inserisce in una situazione di conflitto tra condomini o tra alcuni di essi e l'amministratore, ha natura di procedimento di volontaria giurisdizione che si sottrae alle regole generali in materia di spese processuali. Ne consegue che le spese relative a questo procedimento rimengono a carico del soggetto che le ha anticipate assumendo l'iniziativa giudiziaria o intervenendo nel giudizio. Sentenza 22 Marzo 2001 n° 4135 Utilizzazione delle parti comuni Ciascun partecipante alla comunione può servirsi della cosa comune senza alterarne la destinazione e impedire agli altri partecipanti di farne uso secondo il loro diritto. Ne consegue che è illegittimo l'uso dei muri condominiali per praticarvi aperture di comunicazione con le altre aree condominiali e un locale sotterraneo che il condominio intendeva dotare di uscite di sicurezza per adibirlo a discoteca . Sentenza 12 Febbraio 2001 n° 1959 Condominio parziale In caso di condanna di un condominio al risarcimento del danno nei confronti di un terzo per cattiva manutenzione dell'immobile, il singolo condomino può chiedere l'azione di accertamento dell'esistenza di un condominio parziale al fine di essere escluso dal pagamento della quota. Condominio Amministratore:Anagrafe Condominiale L'amministratore non ha l'obbligo di verificare i Registri Immobiliari allo scopo di accertare se vi siano nuovi condomini,i quali non gli abbiano comunicato il proprio acquisto."Tutti i condomini hanno diritto di esser convocati per partecipare alle delibere dell' assemblea, pur se, in mancanza di attribuzioni di quote millesimali alle unita' immobiliari di cui sono titolari, non sussiste il loro obbligo nella ripartizione delle spese per la conservazione e il godimento di beni comuni, ma è onere dell' acquirente dell' unità assumere iniziative, magari anche con l' alienante, per far conoscere all' amministratore di esser il nuovo proprietario, non avendo questi l' obbligo di verificare i registri immobiliari. (Cass.985 del 4 febbraio 1999)" Condominio - Amministratore Locazione delle parti comuni. La locazione di un locale comune rientra tra gli atti di ordinaria amministrazione , ove non comporti alterazione apprezzabile dei diritti dei singoli condomini. Conseguentemente la eventuale decisione presa dall'amministratore in difetto di preventiva autorizzazione assembleare può essere ratificata con delibera presa a maggioranza semplice."La conclusione del contratto di locazione di un appartamento condominiale é da considerarsi atto di amministrazione ordinaria, essendo possibile conseguire la finalità del "miglior godimento delle cose comuni" anche attraverso l'accrescimento dell'utilità del bene mediante la sua utilizzazione indiretta (locazione, affitto); ne consegue che, ove l'amministratore del condominio abbia locato il bene condominiale anche in assenza di un preventivo mandato che lo abilitasse a tanto, deve ritenersi valida la ratifica del suddetto contratto di locazione disposta dall'assemblea dei condomini con deliberazione adottata a maggioranza semplice. (Cass.10446 del 21 ottobre 1998 ) LAVORI DI RIFACIMETO DI BALCONI Tribunale di Napoli, sez. II, sentenza 15 dicembre 2001, n. 14872 I balconi in quanto elementi accidentali e non portanti dalla struttura del fabbricato, non costituiscono parti comuni dell'edificio ed appartengono in via esclusiva ai proprietari delle corrispondenti unità immobiliari con l'unica eccezione e eventuali fregi o elementi decorativi, che sono condominiali se adempiono prevalentemente ad una funzione ornamentale dell'intero edificio. Non possono considerarsi, pertanto, condominiali i lavori di rifacimento dei balconi (parapetti) e dei sottobalconi, in quanto questi ultimi non costituiscono parti comuni dell'edificio. L'Assemblea del condominio, deputata alla adozione di provvedimenti concernenti la gestione Delle cose e dei servizi comuni, non può imporre la partecipazione di condomini alle spese di manutenzione di beni di proprietà individuale o comunque estranei all'elencazione di cui all' 1117 c.c. La delibera adottata in violazione di tale principio è radicalmente nulla, in quanto esorbitante dalla sfera delle attribuzioni dell'assemblea. RIMBORSO DI SPESE ANTICIPATE DALL'AMMINISTRATORE Giudice di pace di Napoli, sez II sent. 28 novembre 2001 n. 52976 Il diritto per anticipazioni effettuate dall'amministratore per conto del condominio non è soggetto al termine di prescrizione di cui all'art. 2956, comma 2 c.c,,., poiché l'attività di amministratore di un condominio non può ricomprendersi tra le attività professionali in senso stretto, anche se svolta da chi abbia la qualifica di iscritto in albo professionale. Detto diritto, tuttavia, è soggetto al termine di cui all'art. 2948 n. 4 c.c., in quanto è onere dell'amministratore sottoporre all'organo assembleare, all'inizio di ogni anno di gestione, il proprio rendiconto. Sentenza 18 Maggio 2001 n° 6849 Spese comuni Il singolo condomino ha l'obbligo di contribuire non solo alle spese necessarie per la manutenzione e riparazione delle parti comuni dell'edificio, ma anche a quelle necessarie per eliminare i vizi e le carenze costruttive originarie dell'edificio condominiale, salva l'azione di rivalsa nei confronti del costruttore-venditore Sentenza 4 Giugno 2001 n° 7472 Spese per le riparazioni del lastrico solare Il criterio legale di ripartizione delle spese per la riparazione del lastrico solare, nella misura di un terzo a carico del condominio che ne ha l'uso esclusivo e di due terzi a carico degli altri, vale solo per le riparazioni riguardanti i manufatti posti sulla sommità delle costruzioni. Ne consegue che questo metodo non è applicabile in caso di giardino pensile sovrastante un'autorimessa, i cui locali siano stati danneggiati dal infiltrazioni d'acqua, in quanto il giardino non costituisce una semplice copertura ma è dotato di una propria autonomia strutturale e funzionale che ne obbliga il proprietario a sopportare l'intera spesa. SENTENZE 2002 DELIBERA APPROVATA DA ASSEMBLEA IRREGOLARMENTE CONVOCATA Tribunale di Napoli, sez IV, 10 giugno 2002 n. 7728 L'art. 66 disp. Att. C.c. stabilisce che l'avviso di convocazione delle assemblee condominiali deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza. Detto termine non può essere ridotto dai regolamenti condominiali, ancorché contrattuali, ma questi ultimi ben possono, tuttavia, stabilirne in deroga uno superiore. Il termine minimo di convocazione, infatti sia quello stabilito dalla legge che quello, di maggiore ampiezza fissato dal regolamento di condominio, deve essere osservato per assicurare ai condomini il tempo necessario per prepararsi convenientemente alla discussione. Il condomino, infatti, ha diritto rendere note agli altri partecipanti le ragioni per cui ritenga di approvare o rifiutare la proposta di delibera contenuta nell'ordine del giorno. Ove il potere di questo esercizio sia impedito o menomato, a cagione, ad esempio della mancata o intempestiva comunicazione al condomino della data fissata per l'assemblea, è configurabile una delle ipotesi di "contrarietà alla legge" previste dall'art. 1137 c.c., "comportante l'annullamento della delibera, a prescindere dal suo contenuto decisionale o meramente preparatorio o programmatico". IMPUGNAZIONE DI DELIBERA ASSEMBLEARE Tribunale di Napoli, sez IV, 10 giugno 2002 n. 7224 Allorquando l'opposizione alla delibera assembleare avviene con citazione anziché con ricorso, è necessario che nel termine di legge (trenta giorni di cui all'art. 1137 c.c.) sia fatta anche l'iscrizione a ruolo. La mancata verbalizzazione del numero dei condomini votanti a favore e contro la delibera approvata, oltre che dei millesimi da ciascuno di essi rappresentati, invalida la delibera stessa, impedendo il controllo sulla sussistenza di una delle maggioranze richieste dall'art. 1136 c.c. IRREGOLARITA' NEL RENDICONTO DI GESTIONE Tribunale di Milano 1° luglio 2002, n. 8762 La presenza di irregolarità o lacune di carattere formale o fiscale della documentazione giustificativa dei costi esposti nel rendiconto non escludono di per sé la riferibilità degli stessi costi a prestazioni o forniture effettuate nell'interesse comune e, dunque , non inficiano la delibera di approvazione del rendiconto, ma, semmai, rappresentano elemento di irregolarità di gestione addebitabile all'amministratore e come tale valutabile dalla collettività in sede di rinnovo del mandato ovvero dal singolo condomino per iniziative ex art. 1129 c.c. ADOZIONE O REVISIONE DI TABELLE MILLESIMALI Tribunale di Napoli, 3 giugno 2002, n. 7483 E' principio consolidato che solamente con il consenso della totalità dei partecipanti al condominio si possa adottare revisionare le tabelle millesimali, riguardano esse l'estensione dei diritti di ciascun condomino e le sue obbligazioni. Non è, pertanto, legittimamente consentito suddividere le spese secondo nuove tabelle millesimali, in assenza dell'unanimità dei consensi. ECCEZIONE SUL TERMINE DI DECADENZA PER TARDIVA IMPUGNAZIONE DI DELIBERA Tribunale di Milano 11 marzo 2002, n. 3209 Spetta al condominio convenuto (in un giudizio di impugnazione di delibera assembleare) che eccepisca la tardività dell'impugnazione fornire l'indicazione precisa del dies a quo di decorrenza del termine di decadenza ex art. 1137 c.c. In assenza di tale indicazione il dies a quo va individuato nella data indicata dall'attore, senza che sia necessario dare ingresso alla prova orale dedotta sul punto dall'attore. Il caso è piuttosto frequente e la decisione piuttosto interessante, avendo il pregio di chiarire alcuni aspetti del problema. La vicenda, del tutto normale, di impugnazione di una delibera assembleare, vede il condominio convenuto in giudizio eccepire la decadenza per tardività dell'impugnazione, ai sensi dell'art. 1137, c. 3, c.c., senza peraltro indicare quale sarebbe stata la data (la ricezione del verbale dell'assemblea da parte del condomino assente) rispetto alla quale doveva essere computato il termine di trenta giorni. In realtà non era neppure in grado né di saperlo né di fornirne la prova poiché, come quasi sempre accade, il verbale d'assemblea viene inviato ai condomini a mezzo "posta semplice" o a mano (spesso in cassetta delle lettere) e quasi mai a mezzo di lettera "raccomandata". Con il risultato che il condominio finisce con il privarsi della possibilità di fornire la prova della eventuale tardività dell'impugnazione. D'altro canto, l'attore si è limitato a proporre l'impugnazione e a replicare all'eccezione semplicemente dichiarando di aver ricevuto il verbale ad una certa data. Vero o non vero che fosse, ciò è stato ritenuto sufficiente perché l'eccezione di decadenza venisse respinta. E ciò sulla base del principio processuale che colui che formula un'eccezione deve indicarne gli elementi e fornirne la prova (attività, quest'ultima possibile solo in presenza della prima). Quanto, quindi, accaduto in questo caso può essere oggetto di attenta considerazione da parte degli amministratori di condominio i quali meglio farebbero, nell'interesse della collettività condominiale, a trasmettere i verbali d'assemblea quantomeno ai condomini ad essa assenti a mezzo di lettera raccomandata. NULLA LA DELIBERA PER VARIE ED EVENTUALI Tribunale di Napoli, 11 luglio 2002, n. 11201 E' nulla la delibera relativa ad argomenti assunti sotto la voce <<varie ed eventuali>> dell'ordine del giorno indicato nell'avviso di convocazione. Tale formula, infatti, stante la sua genericità ed insignificanza, non è idonea a conseguire l'obbiettivo della preventiva informazione dei condomini richiesta ex art. 1105 c.c. per la validità delle deliberazioni assunte dalla maggioranza. La formula << varie ed eventuali >> che nella prassi si usa inserire come ultimo argomento dell'ordine del giorno, inoltre, è di regola riservato a mere <<comunicazioni >> che in assemblea intende fare l'amministratore o qualche condomino su argomenti di ordinaria amministrazione e non prelude ad alcuna deliberazione la quale, al massimo, può essere rinviata ad seduta, previa idonea informazione del suo oggetto. CONDOMINIO NON LEGITTIMATO AD AGIRE PER LA NULLITA' DEL NEGOZIO Tribunale di Napoli, 6 settembre 2002 n. 10400 Non è legittimato il condominio all'azione di nullità di un contratto che preveda, tra le clausole contrattuali, il divieto di adibire i locali garage ad uso esclusivo di coloro che abitano nel fabbricato, in quanto l'art. 1421 c. c., dispone che la nullità del negozio può essere fatta valere da chiunque che vi abbia interesse, atteso che detto interesse, di cui va provata in concreto la sussistenza, può essere fatto valere dai singoli comunisti, e non dal condominio. DELIBERA INVALIDA SOSTITUITA DA ALTRA CONFORME ALLA LEGGE E ALL'ATTO COSTITUTIVO Tribunale di Napoli, 6 settembre 2002, n. 1408 La disposizione dell'art. 2377 c.c. ultimo comma secondo la quale l'annullamento della deliberazione dell'assemblea della società per azioni non può aver luogo se la deliberazione sia stata sostituita con altra presa in conformità della legge e dell'atto costitutivo, ha carattere generale ed è perciò applicabile anche alle assemblee dei condomini degli edifici. Si verifica pertanto, la cessazione della materia del contendere quando l'assemblea condominiale, regolarmente convocata, abbia deliberato sui medesimi argomenti della delibera oggetto della impugnazione, ponendo in essere, pur in assenza di forme particolari, un atto sostanzialmente sostitutivo di quello invalido. INSTALLAZIONE DI UNA STAZIONE RADIO PER TELECOMUNICAZIONI SU PARTE DEL TERRAZZO DI COPERTURA Tribunale di Milano, 9 novembre 2002, n. 13516 La locazione (a maggior ragione se ultranovennale) di una porzione del terrazzo di copertura dell'immobile a favore di società operante nel settore della telefonia mobile per l'installazione di una stazione radio per telecomunicazioni, da parte di un condominio richiede il consenso di tutti i partecipanti alla comunione, risolvendosi in una limitazione dell'estensione delle facoltà d'uso spettanti a ciascun condomino rispetto alla cosa della quale è comproprietario. Tale locazione, peraltro, comporta non solo una innovazione rispetto alla originaria destinazione della cosa comune, ma anche (se, come nel caso di specie, il conduttore vi installa impianti di considerevole dimensione e struttura) una oggettiva alterazione del profilo e della sagoma dell'edificio con conseguenze lesive sul decoro complessivo dello stabile, nonché la compromissione delle condizioni di sicurezza dell'edificio. E' invalida la delibera con la quale si autorizza a maggioranza l'utilizzazione di parte dell'area di terrazzo-copertura dell'edificio da parte di società operante nel settore della telefonia mobile per l'installazione di una stazione radio per telecomunicazioni, indipendentemente dalla sussistenza o meno del superamento dei valori minimi, in termini di esposizione ad onde elettromagnetiche, consentiti dalla normativa oggi vigente. Nella valutazione di tale illiceità, infatti, non si discute sulle caratteristiche delle installazioni comportanti conseguenze lesive nei confronti di terzi ma di un utilizzo innovativo di un bene comune rispetto al quale il comproprietario fa valere, nei confronti degli altri comproprietari, il proprio diritto al pieno godimento della parte comune, anche nel riflesso di tale godimento in termini di non turbamento della proprietà esclusiva, cosicché anche minimi turbamenti vengono ad essere rilevanti data la struttura dei rapporti aventi ad oggetto la parte comune. REVISIONE DI TABELLE MILLESIMALI E DI TABELLE DI GESTIONE Tribunale di Milano, 22 ottobre 2002 n. 12548 La trasformazione, operata da alcuni condomini nel solaio e nel vano sottotetto, costituisce valido e legittimo presupposto per l'accoglimento della domanda avente per oggetto la revisione dell'originaria tabella millesimale dello stabile e la conseguente rideterminazione dei valori millesimali propri delle unità modificate. Tale situazione di fatto costituisce altresì valido presupposto per l'ulteriore accertamento riguardante la ridistribuzione tra tutti gli altri condomini dei millesimi che residuano sul totale di mille. Per quanto riguarda, invece le cd "tabelle di gestione" (aventi ad oggetto riscaldamento e/o ascensore), la loro modifica esula dalla previsione di cui all'art. 69 disp. Att. Cod. civ., attinendo non tanto alla individuazione delle quote di comproprietà sulle parti comuni , quanto alla specificazione dei criteri di suddivisione della spesa relativa alla conservazione di tali parti, specificazione che può quindi essere in primis disposta solo dalla collettività dei condomini il cui operato può poi trovare autonoma censura in apposita controversia ma non può essere anticipato da interventi dell'Autorità Giudiziaria. MANUTENZIONE DI COSA COMUNE CHE SERVE IN MODO DIVERSO I MEMBRI DELLA COLLETTIVITA' CONDOMINIALE Tribunale di Milano, 17 ottobre 2002, n. 12325 L'obbligo a partecipare alle spese relative alle opere riguardanti l'area destinata a verde ed a contribuire alle spese per i lavori di rifacimento della impermeabilizzazione della superficie costituente copertura di negozi, magazzini e box va dichiarato solo in riferimento a quella parte di spese direttamente connesse alla esistenza ed alla necessità di mantenimento dell'area verde oggetto di servitù in favore della collettività: spese che in ragione della loro destinazione ad utilità solo di tale collettività vanno interamente addossate appunto ad essa. Le spese di manutenzione della copertura in senso proprio, intese come opere di rifacimento della copertura e sua impermeabilizzazione, debbono, invece, essere poste interamente a carico del proprietario del fondo servente al cui esclusivo uso la copertura in senso stretto è destinata RIPARTIZIONI DI SPESE "NON COMUNI" Tribunale di Milano, 25 febbraio 2002, n. 2598 Deve ritenersi viziata, in quanto contrastante con il criterio di proporzione alla destinazione d'uso sancito dall'art. 1123, c. 2, c.c., la delibera di ripartizione di costi che suddivida tra tutti i condomini del fabbricato le spese relative ad un montante dell'impianto di riscaldamento al servizio dei soli appartamenti di una scala dell'edificio. IMPUGNAZIONE DI DELIBERA ASSEMBLEARE Tribunale di Milano 21 febbraio 2002, n. 2391 Non può essere accolta l'impugnazione di una delibera assembleare, difettando il requisito dell'interesse ad agire, che di per sé in nulla abbia provveduto (essendovi stata solo la manifestazione di un parere in ordine ad una richiesta) non contenendo disposizioni immediatamente operative, tali cioè da avere per tutti i condomini quell'obbligatorietà ed esecutorietà che le conferisce l'art. 1137 c.c. ACCESSO DALL'INGRESSO PRINCIPALE PER IL CONDOMINO DOTATO DI ACCESSO SEPARATO Tribunale di Milano 21 febbraio 2002 n. 2391 In assenza di un preciso divieto regolamentare, sussister anche per il condomino che disponga di un accesso diretto alla propria unità il diritto di servirsi, per accedere al proprio immobile, dell'ingresso principale dell'edificio condominiale dunque, di entrare in possesso delle chiavi che consentono tale uso .RIPARTIZIONI DI SPESE E RECUPERO CREDITI Tribunale di Napoli, sez. IV, io gennaio 2002, n. 65 Il fatto che il bilancio consuntivo, approvato dall'assemblea, indichi importo complessivo dei debiti dei condomini verso il condominio, senza migliore specificazione delle posizioni individuali, di per sé non vale ad inficiare la regolarità formale e la veridicità del bilancio nel suo complesso, dal momento che opererà sotto altro aspetto la responsabilità dell'amministratore per l'inerzia serbata nel recuperare i crediti verso i condomini morosi. DI NUOVO SULLA RIPARTIZIONE DEL LASTRICO SOLARE Cass. Civ., sez. II, 25 febbraio 2002 n. 2726 Con riferimento al lastrico solare il termine "riparazione" di cui all'art. 1126 cod. civ. va inteso come sinonimo di manutenzione, attinente cioè a quegli interventi sulle parti di lastrico determinati dall'uso esclusivo, ma comunque collegati alla funzione di copertura dei piani sottostanti cui il medesimo strutturalmente adempie; detti interventi, tenendo conto della netta distinzione operata dall'art. 1126 cod. civ., non sono invero assimilabili a quelli della medesima norma definiti di "ricostruzione" per tali ultimi dovendo intendersi quei diversi interventi che incidono sugli elementi strutturali del lastrico (quali, ad es., il solaio portante, la guaina impermeabilizzante, ecc). Professionisti, può bastare la fattura - 7 marzo 2002 "I lavoratori autonomi che nel 2001 hanno incassato compensi sui quali è stata operata la ritenuta d'acconto devono ricevere entro il 2 aprile la certificazione che attesta le ritenute operate dal sostituto d'imposta. La certificazione è in forma libera. Spesso, però, i percettori di redditi soggetti a ritenuta - che ogni anno devono ricevere le certificazioni, il cui importo complessivo deve poi corrispondere con quello indicato nella dichiarazione dei redditi - sono in difficoltà. I problemi riguardano soprattutto i percettori di reddito di lavoro autonomo che nell'anno emettono molte fatture, magari a residenti nelle località più disparate e che entro marzo dovrebbero ricevere tutte le certificazioni delle ritenute subite nel 2001. A questi percettori può capitare di non ricevere una o più certificazioni, nonostante nelle fatture emesse risultino in modo chiaro la ritenuta subita e il netto incassato. In questi casi il percettore non deve preoccuparsi più di tanto in quanto ciò che importa è che la ritenuta sia stata effettivamente operata...".