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RACCOLTA SENTENZE
SENTENZE 1992
Cass. Civ. 7/01/92 n. 49 - Immissioni - Regolamento - Uso proprietà esclusiva
Il regolamento di condominio predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, ove sia
accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto nei registri immobiliari, assume
carattere convenzionale e vincola tutti i successivi acquirenti, non solo per le clausole che disciplinano l'uso
o il godimento dei servizi o delle parti comuni, ma anche per quelle che restringono i poteri e le facoltà dei
singoli condomini sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca.
Ne consegue che qualora il regolamento di condominio faccia divieto di svolgere determinate attività (nella
specie: divieto di adibire i locali del fabbricato condominiale ad esercizio di ristorante) non occorre accertare,
al fine di ritenere l'attività stessa illegittima, se questa costituisca oppure no immissione vietata a norma
dell'art. 844 c.c., con le limitazioni ed i temperamenti in tale norma indicati, in quanto le norme regolamentari
di natura contrattuale possono legittimamente imporre limitazioni al godimento della propriet à esclusiva
anche diverse o maggiori di quelle stabilite dalla citata norma, e l'obbligo del condominio di adeguarsi alla
norma regolamentare discende in via immediata e diretta ex contractu per il generale principio espresso
dall'art. 1372 c.c.). Il regolamento convenzionale di condominio, anche se non materialmente inserito nel
testo del contratto di compravendita dei singoli appartamenti compresi nell'edificio condominiale, fa corpo
con essi purché espressamente richiamato ed approvato, di guisa che le sue clausole rientrano per
relationem nel contenuto dei singoli contratti di acquisto; e poiché il richiamo per relationem del contenuto
del regolamento è opera di entrambi i contraenti, ne deriva che le singole clausole restano fuori della
previsione legislativa del secondo comma dell'art. 1341 c.c. che nel sancire la necessità della specifica
approvazione fa riferimento alle sole clausole cosiddette "vessatorie" che risultano predisposte da una
soltanto delle parti contraenti.
Cass.04/02/92 n.1195 - Immissioni
I limiti di destinazione e di uso imposti da un regolamento di condominio ad una unità immobiliare di
proprietà esclusiva sono opponibili, pur in difetto della trascrizione del relativo atto, al terzo acquirente, nel
caso in cui lo stesso nel contratto di compravendita abbia espressamente dichiarato di conoscere il
regolamento di condominio e di accettarlo in ogni sua parte (nella specie il regolamento condominiale
conteneva una clausola che vietava l'adibizione degli appartamenti ad attività rumorose, insalubri, ed
emananti esalazioni nocive o sgradevoli). Qualora i condomini, con il regolamento di condominio, abbiano
disciplinato i loro rapporti reciproci in materia di immissioni con norma più rigorosa di quella dettata dall'art.
844 c.c., che ha carattere dispositivo, della liceità o meno della concreta immissione si deve giudicare non
alla stregua del principio generale posto dalla legge, bensì del criterio di valutazione fissato nel regolamento
(nella specie trattavasi dell'installazione di una tipografia nonostante che il regolamento facesse divieto di
svolgere attività rumorose od emananti esalazioni nocive)
.
Cass. 07/03/92 - n. 2774 - Canna fumaria
Il condomino che inserisce la propria canna fumaria nel lastrico solare comune, incorporandone una
porzione, con opere murarie, al servizio esclusivo del proprio appartamento, pone in essere un atto di
utilizzazione particolare della cosa che non ne compromette necessariamente la destinazione e che deve
essere, pertanto, considerato del tutto legittimo se, trattandosi della occupazione di una zona periferica di
una parte del tutto trascurabile rispetto alla superficie complessiva del lastrico, possa, in concreto,
escludersi, che la predetta utilizzazione, menomi la funzione di copertura e calpestio del lastrico o le
possibilità di uso degli altri comproprietari
.Cass. 10/04/92 n. 4405 - Tabelle Millesimali
La domanda di uno dei condomini per l'accertamento della invalidità ed inefficacia della tabella millesimale
deliberata dall'assemblea dei condomini senza voto unanime, deve essere necessariamente proposta nei
confronti di tutti i condomini, e non anche del solo amministratore del condominio, la cui rappresentanza
processuale passiva dei condomini è limitata, a norma dell'art. 1131 c.c. alle parti comuni dell'edificio, ma
che è passivamente legittimato ad causam per la tutela degli interessi comuni, sui quali la domanda di
accertamento della invalidità delle tabelle millesimali è destinata a riflettersi
.Cass. 19/05/92 n. 5977 - Regolamento
La disposizione di un regolamento condominiale che prevede una indennità di mora in caso di ritardato
pagamento dei contributi da parte dei condomini non ha natura di clausola penale e di conseguenza non può
essere soggetta a riduzione in sede giudiziale, non competendo al giudice un potere di riduzione che
finirebbe per modificare la norma regolamentare secondo le diverse e concrete applicazioni con la
conseguente perdita, nei confronti dei condomini, della sua funzione.
Cass. 27/06/92 n. 8074 - Assemblea
La mancata comunicazione, agli aventi diritto, dell'avviso di convocazione dell'assemblea dei condomini
prescritto dall'art. 1136, comma sesto, c.c., comporta la nullità assoluta ed insanabile della deliberazione,
opponibile anche dai condomini che hanno ricevuto la comunicazione e partecipato all'assemblea.
Cass. 24/08/92 - n. 9828 - Spese
Poiché l'amministratore di condominio nell'attività di riscossione dei contributi dovuti da ciascun condomino
per l'utilizzazione delle cose comuni agisce in rappresentanza degli altri condomini, le controversie che
insorgono in ordine a tale riscossione costituiscono una lite tra condomini soggetta quanto alla competenza
territoriale ai criteri dell'art. 23 c.p.c. e quindi devoluta alla cognizione del giudice del luogo in cui si trova
l'immobile condominiale
Cass. 29/08/92 n. 9999 - Cancelli
In tema di condominio di edifici la delibera assembleare, con la quale sia stata disposta la chiusura di
un'area di accesso al fabbricato condominiale con un cancello o con una sbarra comandati elettricamente e
con consegna del congegno di apertura e di chiusura ai proprietari delle singole unità immobiliari, rientra nei
poteri dell'assemblea dei condomini, attinendo all'uso della cosa comune ed alla sua regolamentazione,
senza sopprimere o limitare le facoltà di godimento dei condomini, e non incorre, pertanto, nel divieto
stabilito dall'art. 1120, comma secondo, c.c. per le innovazioni pregiudizievoli delle facoltà di godimento dei
condomini, non incidendo sull'essenza del bene comune, né alterandone la funzione o la destinazione. In
tema di condominio di edifici la delibera assembleare, con la quale sia stata disposta la chiusura di un'area
di accesso al fabbricato condominiale con un cancello o con una sbarra comandati elettricamente e con
consegna del congegno di apertura e di chiusura ai proprietari delle singole unità immobiliari, rientra nei
poteri dell'assemblea dei condomini, attinendo all'uso della cosa comune ed alla sua regolamentazione,
senza sopprimere o limitare le facoltà di godimento dei condomini, e non incorre, pertanto, nel divieto
stabilito dall'art. 1120, comma secondo, c.c. per le innovazioni pregiudizievoli delle facoltà di godimento dei
condomini, non incidendo sull'essenza del bene comune, né alterandone la funzione o la destinazione
Cass. 02/10/92 - n.- 10838 - Amministratore - responsabiltà
In tema di condominio di edifici l'approvazione assembleare dell'operato dell'amministratore e la mancata
impugnativa delle relative delibere preclude l'azione di responsabilità al singolo condomino leso dall'attività e
dalle iniziative arbitrarie dello stesso soltanto per le attività di gestione dei beni e dei servizi condominiali, per
le quali il potere di approvazione compete esclusivamente all'assemblea a norma dell'art. 1135 n. 3 c.c. La
delibera assembleare di approvazione non esclude invece l'anzidetta responsabilità nel caso di mancata
tempestiva informazione da parte dell'amministratore di atti che hanno incidenza diretta sul patrimonio del
singolo condomino, come nel caso di mancato riferimento di perizie relative a controversie con altri soggetti.
Cass. 19/10/92 - n. 11449 - delibera
La domanda proposta da un condomino nei confronti di altro condomino per ottenere la riduzione in pristino
della facciata dell'edificio condominiale, ove comporti l'accertamento del diritto del condomino convenuto di
modificare sostanzialmente la facciata dell'edificio in forza del proprio titolo d'acquisto, essendo destinata ad
incidere sui diritti su un bene comune degli altri condomini, deve essere decisa nei confronti di tutti, perché
investe un rapporto giuridico unico ed indivisibile, con la conseguenza che deve disporsi l'integrazione del
contraddittorio nei confronti dei condomini pretermessi a norma dell'art. 102 cod. proc. civ. La domanda
proposta da un condomino nei confronti di altro condomino per ottenere la riduzione in pristino della facciata
dell'edificio condominiale, ove comporti l'accertamento del diritto del condomino convenuto di modificare
sostanzialmente la facciata dell'edificio in forza del proprio titolo d'acquisto, essendo destinata ad incidere
sui diritti su un bene comune degli altri condomini, deve essere decisa nei confronti di tutti, perché investe un
rapporto giuridico unico ed indivisibile, con la conseguenza che deve disporsi l'integrazione del
contraddittorio nei confronti dei condomini pretermessi a norma dell'art. 102 cod. proc. civ. In tema di
condominio di edifici l'approvazione assembleare dell'operato dell'amministratore e la mancata impugnativa
delle relative delibere preclude l'azione di responsabilità al singolo condomino leso dall'attività e dalle
iniziative arbitrarie dello stesso soltanto per le attività di gestione dei beni e dei servizi condominiali, per le
quali il potere di approvazione compete esclusivamente all'assemblea a norma dell'art. 1135 n. 3 c.c. La
delibera assembleare di approvazione non esclude invece l'anzidetta responsabilità nel caso di mancata
tempestiva informazione da parte dell'amministratore di atti che hanno incidenza diretta sul patrimonio del
singolo condomino, come nel caso di mancato riferimento di perizie relative a controversie con altri soggetti.
Cass. 21/10/92 - n. 11509 - Facciata
La domanda proposta da un condomino nei confronti di altro condomino per ottenere la riduzione in pristino
della facciata dell'edificio condominiale, ove comporti l'accertamento del diritto del condomino convenuto di
modificare sostanzialmente la facciata dell'edificio in forza del proprio titolo d'acquisto, essendo destinata ad
incidere sui diritti su un bene comune degli altri condomini, deve essere decisa nei confronti di tutti, perché
investe un rapporto giuridico unico ed indivisibile, con la conseguenza che deve disporsi l'integrazione del
contraddittorio nei confronti dei condomini pretermessi a norma dell'art. 102 cod. proc. civ.
Cass. 29/1092 - 11774 - Lastrico solare
Il lastrico solare, anche se attribuito in uso esclusivo o di proprietà esclusiva di uno dei condomini, svolge
funzione di copertura del fabbricato e perciò l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione,
sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto a detto condomino, grava su tutti i condomini, con
ripartizione delle relative spese secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c.; di conseguenza il condominio
risponde, quale custode ex art. 2051 c.c., dei danni che siano derivati al singolo condomino o a terzi per
difetto di manutenzione del lastrico solare, non rilevando a tal fine che i necessari interventi riparatori o
ricostruttivi non consistano in un mero ripristino delle strutture preesistenti, ma esigano una specifica
modifica od integrazione in conseguenza di vizi o carenze costruttive originarie, salva in questo caso l'azione
di rivalsa nei confronti del costruttore-venditore (nella specie per impedire infiltrazioni d'acqua ai piani
sottostanti, era necessaria la messa in opera di materiale isolante, idoneo a sopperire all'inadeguata
coibentazione delle strutture originarie).
Cass. 05/11/92 - n. 11981 - Spese
L'obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese per la
conservazione e manutenzione delle parti comuni dell'edificio, qualora la ripartizione delle spese sia
avvenuta soltanto con l'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1135, n. 3,
c.c., sorge soltanto dal momento della approvazione della delibera assembleare di ripartizione delle spese.
Ne consegue che la prescrizione del credito nei confronti di ciascun condomino inizia a decorrere soltanto
dalla approvazione della ripartizione delle spese e non dall'esercizio di bilancio
.Cass. 11/11/92 - n. 12115 - Tabelle Millesimali
In tema di ripartizione di spese condominiali la tabella millesimale approvata da tutti i condomini è
modificabile soltanto con deliberazione adottata con il consenso di tutti i condomini, oppure con
provvedimento del giudice nei soli casi tassativamente indicati dall'art. 69 att. c.c. Ne consegue che il potere
dell'assemblea condominiale di deliberare a maggioranza una ripartizione provvisoria dei contributi a titolo di
acconto e salvo conguaglio può riconoscersi soltanto in assenza di una precedente regolamentazione
negoziale
.
Cass. 11/11/92 - n. 12125 - Amministratore - condono edilizio
L'amministratore del condominio, in quanto tenuto ad eseguire le deliberazioni dell'assemblea, ha la
legittimazione ad agire nei confronti dei condomini inadempienti alle obbligazioni di pagamento dei contributi
in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, senza necessità di una specifica autorizzazione,
trattandosi di controversia che rientra nelle sue normali attribuzioni. La deliberazione dell'assemblea dei
condomini, la quale, ai fini della sanatoria degli abusivismi edilizi di cui alla l. 28 febbraio 1985, n. 47,
determini la ripartizione fra i condomini delle somme da corrispondere a titolo di oblazione in base alle
superfici dei singoli appartamenti anziché in base ai millesimi di proprietà, non è affetta da nullità, né per
contrasto con norme imperative, né sotto il profilo della lesione dei diritti individuali dei condomini, in
considerazione della rispondenza di detto criterio a quelli previsti dagli artt. 34 e 51 della citata legge.
Cass. 11/11/92 - n. 12119 - Assemblea
Affinché uno dei comproprietari pro indiviso di un piano o porzione di piano possa ritenersi ritualmente
convocato a partecipare all'assemblea del condominio, nonché validamente rappresentato nella medesima,
con riguardo ad affari di ordinaria amministrazione, dall'altro comproprietario della stessa unità immobiliare,
non si richiedono particolari formalità, essendo sufficiente che risulti provato, anche per presunzioni, che il
primo dei predetti comproprietari abbia ricevuto effettiva notizia della convocazione dell'assemblea ed abbia
conferito, sia pure verbalmente, il potere di rappresentanza. Il verbale dell'assemblea del condominio, anche
nella parte in cui indica la presenza, di persona o per delega, dei condomini, offre una prova presuntiva, di
modo che spetta al condomino che impugni la deliberazione, contestando la rispondenza a verità di detta
indicazione, di fornire la relativa dimostrazione.
Cass. 19/11/92 - n. 12379 - Assemblea - rappresentanza
Qualora il condomino agisca per far valere l'invalidità di una delibera assembleare, incombe sul condominio
convenuto l'onere di provare che tutti i condomini sono stati tempestivamente avvisati della convocazione,
quale presupposto per la regolare costituzione dell'assemblea, mentre resta a carico dell'istante la
dimostrazione degli eventuali vizi inerenti alla formazione della volontà dell'assemblea medesima.
All'amministratore del condominio compete l'esclusiva legittimazione passiva nelle cause promosse da uno
dei condomini per impugnare le deliberazioni assembleari, ove queste non attengono a diritti sulle cose
comuni. In tali cause, pertanto, deve riconoscersi la capacità a deporre degli altri condomini, in quanto non
portatori di un interesse che li abiliti a partecipare al giudizio.
Cass. 28/11/92 - n. 12792 - Balconi
Il rivestimento e gli elementi decorativi del fronte o della parte sottostante della soletta dei balconi degli
appartamenti di un edificio debbono essere considerati di proprietà comune dei condomini, in quanto
destinati all'uso comune, ai sensi dell'art. 1117 c.c., in tutti i casi in cui assolvano prevalentemente alla
funzione di rendere esteticamente gradevole l'edificio, mentre sono pertinenze dell'appartamento di proprietà
esclusiva quando servono solo per il decoro di quest'ultimo; conseguentemente, nel caso di distacco, per
vizio di costruzione, del rivestimento o degli elementi decorativi predetti, l'azione di responsabilità nei
confronti del costruttore è legittimamente esperita dal condominio, ai sensi dell'art. 1669 c.c., se il
rivestimento o gli elementi decorativi abbiano prevalente funzione estetica per l'intero edificio.
Cass. 11/11/92 - n. 13111- Assemblea - spese legali
È nulla per contrarietà alla legge la deliberazione dell'assemblea di un condominio che abbia approvato il
rendiconto annuale includendovi le spese legali sostenute in proprio dagli amministratori in una procedura
promossa nei loro confronti, attesa la non inerenza delle spese anzidette alla gestione condominiale. Tale
delibera può essere impugnata in parte qua dai condomini dissenzienti, ancorché le loro quote di spesa
siano state successivamente assunte a loro carico dagli amministratori, scaturendo l'interesse
all'impugnazione, nonostante la rinuncia al rimborso, dal carattere vincolante per tutti i condomini della
deliberazione, che conserva immutata la propria efficacia esecutiva
SENTENZE 1993
Cass. 11/01/93 n. 172 - Uso della cosa comune
La cosa comune, ai sensi dell'art. 1102 c.c., può essere utilizzata dal condomino anche in modo
particolare e diverso dal suo normale uso se ciò non alteri l'equilibrio tra le concorrenti utilizzazioni
attuali o potenziali degli altri e non determini pregiudizievoli invadenze dell'ambito dei coesistenti diritti
degli altri proprietari; pertanto, è legittima la costruzione di sporti sul cortile, (sulla strada o sul
passaggio comune) se sia realizzata in modo da non pregiudicare né la normale funzione del cortile,
che è di regola, quella di fornire aria e luce agli immobili circostanti (e, per la strada, quella di
permettere il transito dei condomini) né le possibilità di utilizzazione particolare eventualmente
prospettate dagli altri condomini. (Nella specie, trattavasi del telaio e dei battenti degli infissi, in
posizione di completa apertura o di completa chiusura, realizzati, al pianterreno, nel muro prospiciente il
passaggio comune senza ridurne la larghezza utilizzabile, dato che nel tratto precedente il passaggio
era ristretto da un'antica sporgenza). Il condomino non ha il dovere di limitare l'uso della cosa comune
ai soli casi in cui il suo interesse non possa essere altrimenti soddisfatto con il medesimo costo, perché
il solo limite che l'art. 1102 c.c. pone al potere di utilizzazione della cosa comune da parte di ciascun
condomino è quello del divieto di alterarne la destinazione e di impedire che altri ne faccia parimenti
uso secondo il suo diritto.
Cass. 14/01/93 - n. 395 - Acquirente - regolamento - sopraelevazione
Il regolamento convenzionale di condominio - anche se non materialmente inserito nel testo del
contratto di compravendita dei singoli appartamenti dell'edificio condominiale - fa corpo con esso,
purché espressamente richiamato ed approvato, di modo che le sue clausole rientrano, almeno per
relationem, nel contenuto dei singoli contratti di acquisto. E trattandosi, in questo caso, di relatio
perfecta, in quanto il richiamo è opera di entrambi i contraenti, le singole clausole del regolamento di
condominio restano fuori dalla previsione del secondo comma dell'art. 1341 c.c., che, nel sancire la
necessità della specifica approvazione per iscritto di condizioni vessatorie, ha riguardo alle sole
clausole, di contratti per adesione o analoghi, che risultino predisposte da una soltanto delle parti
contraenti. Il regolamento di condominio, qualora abbia natura contrattuale (in quanto accettato da tutti i
condomini), può imporre restrizioni anche ai poteri ed alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti
dell'edificio di loro esclusiva proprietà. Tali limitazioni vincolano anche gli acquirenti dei singoli
appartamenti, indipendentemente dalla trascrizione, qualora essi nell'atto di acquisto, facendo espresso
riferimento al regolamento, dimostrino di esserne a conoscenza e di accettarne il contenuto. (Nella
specie la Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano ritenuto che la
clausola del regolamento, richiamato negli atti di acquisto, che faceva divieto di effettuare qualunque
modifica o variazione esterna all'edificio, costituiva titolo per l'esclusione del diritto di sopraelevazione
riconosciuto al proprietario dell'ultimo piano dall'art. 1127 c.c.).
Cass. 27/01/93 n. 966 - Aggetti - cortile
Negli edifici in condominio poiché la funzione dei cortili comuni è quella di fornire aria e luce alle unità
abitative che vi prospettano, lo spazio aereo ad essi sovrastante non può essere occupato dai singoli
condomini con costruzioni proprie in aggetto, non essendo consentito a terzi, anche se comproprietari
insieme ad altri, ai sensi dell'art. 840, terzo comma, c.c., l'utilizzazione ancorché parziale a proprio
vantaggio della colonna d'aria sovrastante ad area comune, quando la destinazione naturale di questa
ne risulti compromessa. Ne discende il diritto degli altri condomini di opporsi, ai sensi dell'art. 840, terzo
comma, citato, a siffatta utilizzazione esclusiva dello spazio aereo, senza necessità di chiamare in
causa altri condomini al di fuori di quelli cui s'addebita la responsabilità della violazione che s'intende
eliminare, non ricorrendo una ipotesi di litisconsorzio necessario.
Cass. 01/02/93 n. 1218 - Regolamento
I regolamenti condominiali, non approvati dall'assemblea, ma adottati coattivamente, in virtù di
sentenza attuativa del diritto potestativo di ciascun partecipe del condominio (con più di dieci
componenti) di ottenere la formazione del regolamento della comunione, hanno efficacia vincolante per
tutti i condomini, ai sensi dell'art. 2909 c.c., a seguito del passaggio in giudicato di detta sentenza.
Cass. 12/02/93 n. 1781 - Ascensore - innovazioni
L'art. 1120 c.c., nel richiedere che le innovazioni della cosa comune siano approvate dai condomini con
determinate maggioranze, mira essenzialmente a disciplinare l'approvazione di innovazioni che
comportino una spesa da ripartire fra tutti i condomini su base millesimale, mentre qualora non debba
farsi luogo ad un riparto di spesa, per essere stata questa assunta interamente a proprio carico da un
condomino, trova applicazione la norma generale di cui all'art. 1102 c.c., che contempla anche le
innovazioni, e secondo cui ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la
destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto e può
apportare a tal fine a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa
medesima. Ricorrendo le suddette condizioni, pertanto, un condomino ha facoltà di installare nella
tromba delle scale dell'edificio condominiale un ascensore, ponendolo a disposizione degli altri
condomini, e può far valere il relativo diritto con azione di accertamento, in contraddittorio degli altri
condomini che contestino il diritto stesso, indipendentemente dalla mancata impugnazione della
delibera assembleare che abbia respinto la sua proposta al riguardo.
Cass. 12/02/93 n. 1789 - Decreto ingiuntivo - spese
Per la riscossione dei contributi condominiali, l'amministratore può chiedere il decreto ingiuntivo
immediatamente esecutivo, ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., nei confronti del condomino moroso, in
base al preventivo delle spese approvato dall'assemblea, soltanto fino a che l'esercizio cui tali spese si
riferiscono non sia terminato, dovendo altrimenti agire in base al consuntivo della gestione annuale.
Cass. 12/02/93 n. 1791 - Amministratore
Per la nomina dell'amministratore del condominio di un edificio è applicabile l'art. 1392 c.c., in base al
quale, salvo che siano prescritte forme particolari e solenni per il contratto che il rappresentante deve
concludere, la procura che conferisce il potere di rappresentanza può essere verbale o anche tacita.
Detta nomina, pertanto, può risultare, indipendentemente da una formale investitura da parte
dell'assemblea e dall'annotazione nello speciale registro di cui all'art. 1129 c.c., dal comportamento
concludente dei condomini, che abbiano considerato l'amministratore tale a tutti gli effetti, rivolgendosi a
lui abitualmente in tale veste.
Cass. 19/02/93 n. 2018 - Pulizia scale
In tema di condominio di edifici, la disposizione dell'art. 1124 c.c. concernente la ripartizione fra i
condomini delle spese di manutenzione delle scale, come la norma di regolamento condominiale che vi
si conformi, riguarda le spese relative alla conservazione della cosa comune che si rendono necessarie
a causa della naturale deteriorabilità della stessa per consentirne l'uso ed il godimento e che attengono
a lavori periodici indispensabili per mantenere la cosa in efficienza. La disposizione non riguarda,
pertanto, le spese di pulizia delle scale, alle quali i condomini sono tenuti a contribuire in ragione
dell'utilità che la cosa comune è destinata a dare a ciascuno e che l'assemblea può legittimamente
ripartire in virtù delle attribuzioni riconosciutele dall'art. 1135 c.c., anche modificando i precedenti criteri
con la maggioranza prescritta dall'art. 1136 c.c. trattandosi di criteri aventi natura solo regolamentare.
Cass. 15/03/93 n. 3090 - Immissioni
La disposizione dell'art. 844 c.c., è applicabile anche negli edifici in condominio nell'ipotesi in cui un
condomino nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni dia luogo ad immissioni
moleste o dannose nella proprietà di altri condomini. Nell'applicazione della norma deve aversi
riguardo, peraltro, per desumerne il criterio di valutazione della normale tollerabilit à delle immissioni,
alla peculiarità dei rapporti condominiali e alla destinazione assegnata all'edificio dalle disposizioni
urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari. In particolare, nel caso in cui il fabbricato non adempia ad
una funzione uniforme e le unità immobiliari siano soggette a destinazioni differenti, ad un tempo ad
abitazione ed ad esercizio commerciale, il criterio dell'utilità sociale, cui è informato l'art. 844 citato,
impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di natura personale ed economica dei
condomini, privilegiando, alla luce dei principi costituzionali ,le esigenze personali di vita connesse
all'abitazione, rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all'esercizio di attività commerciali.
(Nella specie la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito la quale aveva ordinato la
rimozione dal muro perimetrale comune di una canna fumaria collocata nella parte terminale a breve
distanza dalle finestre di alcuni condomini, destinata a smaltire le esalazioni di fumo, calore e gli odori
prodotti dal forno di un esercizio commerciale ubicato nel fabbricato condominiale).
Cass. 16/03/93 n. 3102 - Scioglimento
L'art. 62 att. c.c., che, nel caso di sostituzione di più condomini separati ad un unico preesistente
condominio, assoggetta alla disciplina del condominio negli edifici, piuttosto che alle norme sulla
comunione, quelle, tra le cose indicate dall'art. 1117 c.c., rimaste in comunione, al servizio di tutti, deve
ritenersi applicabile anche nei casi in cui in seguito allo scioglimento della comunione i singoli immobili
siano rimasti in proprietà solitaria. Pertanto, nel caso di divisione di un edificio soggetto al regime del
condominio in porzioni aventi le caratteristiche di edifici autonomi, sulle parti rimaste in comproprietà
degli originari partecipanti nonostante lo scioglimento del condominio, in difetto di espresso mutamento
del titolo continua ad applicarsi la disciplina del condominio di edifici con la conseguenza che, il tratto di
accesso, racchiuso dalle costruzioni in proprietà esclusiva e destinato a dare ad esse il passaggio, in
quanto compreso nella comproprietà ex art. 1117 c.c., viene usato jure proprietatis e non jure servitutis
dai comproprietari, che possono procedere all'apertura di nuove porte attraverso il muro delimitante i
fabbricati insistenti sull'accesso medesimo, quale legittima utilizzazione della cosa comune a norma
dell'art. 1102 cod. civ.
Cass. 17/03/93 n. 3159 - Amministratore - assemblea
Nel corso del giudizio, di cui sia parte costituita un condominio legalmente rappresentato
dall'amministratore, la cessazione del rapporto di rappresentanza per dimissioni comporta l'interruzione
del processo, a norma dell'art. 300 c.p.c., soltanto se e quando l'evento sia stato dichiarato in udienza,
ovvero sia notificato alle altre parti dal procuratore costituito; altrimenti, il rapporto processuale
prosegue senza soluzione di continuità e senza dar luogo a successione nel processo quando si
costituisca in giudizio il nuovo amministratore, ed è perciò valida l'impugnazione proposta
dall'amministratore dimissionario il cui potere perdura fino alla sua sostituzione. La disposizione dell'art.
2377 ultimo comma c.c. secondo cui l'annullamento della deliberazione non può essere pronunciato se
la deliberazione impugnata sia stata sostituita da altra presa in conformità della legge e dell'atto
costitutivo, benché dettata con riferimento alle società per azioni, ha carattere generale ed è pertanto
applicabile alle assemblee dei condomini di edifici. Pertanto, l'assemblea dei condomini, regolarmente
riconvocata, può deliberare sugli stessi argomenti di una precedente deliberazione invalida, ponendo in
essere, pur senza l'adozione di formule ad hoc, un atto sostitutivo di quello invalido, stabilendone
liberamente gli effetti nel tempo fino alla completa retroattività. Nei poteri attribuiti all'amministratore di
condominio dall'art. 1130 c.c. rientra quello di stipulare contratti necessari per provvedere, nei limiti
della spesa approvata dall'assemblea, tanto all'ordinaria manutenzione, quanto alla prestazione dei
servizi comuni. Detti contratti sono, pertanto, vincolanti per tutti i condomini ai sensi dell'art. 1131 cod.
civ
.
Cass. 26/03/93 - n. 3642 - Danni - solai
Negli edifici in condominio, a differenza del solaio divisorio tra due piani dell'edificio, in proprietà
comune ai due rispettivi proprietari, il solaio del piano terreno sottostante al relativo pavimento, costruito
a livello della superficie di campagna, in quanto parte integrante del solo piano terreno, appartiene in
proprietà esclusiva al proprietario del piano, alla stessa stregua del pavimento. Ne consegue che in
caso di vizio costruttivo del solaio, rivelatosi inidoneo a svolgere autonomamente la funzione di
sostenere l'unità immobiliare, la responsabilità per i danni che ne siano derivati alle singole proprietà
individuali deve ascriversi al proprietario del piano con esclusione di ogni responsabilità del condominio.
Cass. 30/03/93 n. 3865 - Servitù
Per il disposto dell'art. 1108 comma terzo c.c., applicabile anche al condominio di edifici per il rinvio
contenuto nell'art. 1139 alle norme sulla comunione, la costituzione di una servitù sulle parti comuni
dell'edificio richiede il consenso unanime di tutti i condomini. Pertanto, in mancanza di un tale consenso
non è valida la deliberazione adottata dall'assemblea dei condomini, che abbia approvato i lavori
eseguiti, su autorizzazione dell'amministrazione, dalla Sip, di posa di un cavo telefonico sull'edificio
condominiale, in guisa da creare una situazione di fatto corrispondente ad una servitù di passaggio di
conduttura di cavo telefonico, suscettibile di far maturare con il tempo l'usucapione di tale diritto.
Cass. 16/04/93 n. 4530 - Lastrico solare
L'azione di rivendicazione della proprietà comune dell'appartamento abusivamente costruito da un
condomino sul lastrico solare comune dell'edificio condominiale, non avendo scopo meramente
conservativo, non rientra tra gli atti che, ai sensi dell'art. 1130 n. 4 c.c., l'amministratore ha il potere di
compiere senza necessità di delega o autorizzazione dell'assemblea dei condomini
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Cass. 17/04/93 n. 4558 - Amministratore - obbligazioni verso terzi
Le obbligazioni contratte verso i terzi dall'amministratore del condominio (o da chi altri sia stato
delegato dai condomini a contrarle) per conto del condominio e nei limiti delle sue attribuzioni o
eseguendo deliberazioni dell'assemblea, sono direttamente riferibili ai singoli condomini che, in base
all'art. 1284 c.c., sono, quindi, solidalmente responsabili, nei confronti del terzo, dell'adempimento delle
predette obbligazioni, salvo il diritto di chi ha pagato di esercitare verso i condomini condebitori il diritto
di regresso e di dividere il debito nei rapporti interni; pertanto, il terzo creditore del condominio può
agire per la tutela del suo diritto sia contro l'amministratore o di chi altri abbia contratto l'obbligazione
per delega o in rappresentanza dei condomini, sia nei confronti dei singoli condomini, direttamente
obbligati nei suoi confronti.
Cass. 20/04/93 n. 4631- Vigilanza
In tema di condominio degli edifici, la delibera istitutiva di un servizio di vigilanza armata, per la tutela
dell'incolumità dei partecipanti, è rivolta a perseguire finalità estranee alla conservazione e gestione
delle cose comuni, e, quindi, non è riconducibile nelle attribuzioni dell'assemblea (art. 1135 c.c.). Ne
deriva che tale delibera, ancorché presa a maggioranza, non opera nei confronti dei condomini assenti
all'assemblea e non può essere fatta valere per una ripartizione della relativa spesa anche a loro carico.
Cass. 26/04/93 - n. 4881 - Parti comuni in genere
La presunzione legale di comunione di talune parti dell'edificio condominiale, stabilita dall'art. 1117 c.c.,
deve ritenersi applicabile, per analogia, anche quando si tratti non di parti comuni di uno stesso edificio,
bensì di parti comuni di edifici limitrofi ed autonomi, oggettivamente e stabilmente destinate alla
conservazione, all'uso od al servizio di detti edifici, ancorché insistenti sull'area appartenente al
proprietario (od ai proprietari) di uno solo degli immobili; in simili ipotesi, però, la presunzione è
invocabile solo se l'area e gli edifici siano appartenuti ad una stessa persona - o a più persone pro
indiviso - nel momento della costruzione della cosa o del suo adattamento o trasformazione all'uso
comune, mentre, nel caso in cui l'area sulla quale siano state realizzate le opere destinate a servire i
due edifici sia appartenuta sin dall'origine ai proprietari di uno solo di essi, questi ultimi acquistano per
accessione la proprietà esclusiva delle opere realizzate sul loro fondo, anche se poste in essere per un
accordo intervenuto tra tutti gli interessati e/o con il contributo economico dei proprietari degli altri
edifici.
Cass. 27/04/93 - n. 4931 - Vendita
In tema di condominio di edifici le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprietà
individuale estendono i loro effetti, secondo il principio accessorium sequitur principale, alle parti
comuni necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprietà
solitaria, ma non anche alle cose legate all'edificio da mera relazione spaziale, costituenti beni
ontologicamente diversi suscettibili di godimento fine a se stesso che si attua in modo indipendente da
quello delle unità abitative (nella specie la Suprema Corte ha ritenuto corretta l'interpretazione di un
contratto di vendita di un appartamento da parte dei giudici di merito i quali, nel silenzio del titolo,
avevano escluso che le parti avessero inteso ricomprendere nel trasferimento la quota millesimale di
comproprietà di un'area condominiale scoperta).
Cass. 29/04/93 - n. 5064 - tetto
Le spese di rifacimento del tetto di un edificio diviso in più piani sono sostenute dai condomini, ai sensi
degli artt. 1117 e 1123 c.c., in proporzione al valore del piano o della porzione di piano appartenente a
ciascuno in via esclusiva, salvo diversa convenzione, senza che sia applicabile il principio dell'art. 1101
c.c. in materia di comunione (in base al quale le spese debbono gravare su tutti i partecipanti in eguale
misura, ove non risulti una diversa entità delle quote), trovando spiegazione la detta deroga nella
funzione strumentale delle parti comuni dell'edificio in condominio rispetto alle parti in proprietà
esclusiva dei singoli condomini, delle quali esse sono a servizio, consentendone la esistenza e l'uso.
Cass. 03/05/93 - n. 5125 - lastrico solare
In tema di ripartizione delle spese condominiali le attribuzioni dell'assemblea ex art. 1135 c.c. sono
circoscritte alla verificazione ed all'applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge, che non
comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe venendo ad
incidere sul diritto individuale del singolo condomino di concorrere nelle spese per le cose comuni
dell'edificio condominiale in misura non superiore a quelle dovute per legge, possono conseguire
soltanto ad una convenzione cui egli aderisca. Pertanto è nulla e non meramente annullabile, anche se
presa all'unanimità, la delibera che modifichi il criterio legale di ripartizione delle spese di riparazione
del lastrico solare stabilito dall'art. 1126 c.c., senza che i condomini abbiano manifestato la espressa
volontà di stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti in tal senso, con la conseguenza che detta
nullità può essere fatta valere, a norma dell'art. 1421 c.c., anche dal condomino che abbia partecipato
all'assemblea esprimendo voto conforme alla deliberazione stessa, purché alleghi e dimostri di avervi
interesse per derivare dalla deliberazione assembleare un apprezzabile suo pregiudizio, non operando
nel campo del diritto sostanziale la regola propria della materia processuale secondo cui chi ha
concorso a dare causa alla nullità non può farla valere. In base al criterio di ripartizione delle spese
stabilito dall'art. 1126 c.c. il proprietario esclusivo del lastrico solare (cui va equiparata la terrazza a
livello) deve contribuire nelle spese di riparazione soltanto nella misura di un terzo, senza dover
concorrere nella ripartizione degli altri due terzi della spesa stessa, che restano a carico dei soli
proprietari dei piani sottostanti ai quali il lastrico (o la terrazza) serve da copertura.
Cass. 04/05/93 - n. 5160-riscaldamento e risparmio energetico supercondominio
Nell'ipotesi di un bene comune (nella specie: centrale termica) che sia al servizio di più edifici
condominiali (cosiddetto supercondominio), i comunisti debbono nominare un amministratore che ne
assicuri la gestione, nell'interesse comune. Pertanto, gli amministratori dei singoli condomini, potendo
esercitare i poteri previsti dagli artt. 1130 e 1131 c.c. soltanto con riferimento all'edificio cui sono
preposti, non sono legittimati a pretendere dai singoli condomini i contributi relativi all'esercizio della
centrale termica, salvo che tale potere sia stato loro attribuito con deliberazione dell'assemblea dei
comproprietari della centrale.
Cass. 04/05/93 - n. 5161- modificazioni
Il divieto di modificare la cosa comune, sottraendola alla possibilità di sfruttamento da parte di tutti i
partecipanti alla comunione secondo l'originaria funzione della cosa stessa, opera anche in relazione
alle porzioni del bene comune delle quali i comproprietari si siano convenzionalmente attribuiti il
godimento separato, in quanto anche in tal caso, non venendo meno la contitolarità dell'intero bene, la
facoltà di utilizzazione della cosa attribuita a ciascuno dei comproprietari trova limite nella concorrente
ed analoga facoltà degli altri, con la conseguenza che sono consentite solo le opere necessarie al
miglior godimento, dovendo per contro ravvisarsi una lesione del diritto di comproprietà degli altri
condomini quando la cosa comune sia stata alterata, in tutto od in parte, e quindi concretamente
sottratta alla possibilità dell'attuale sfruttamento collettivo nei termini funzionali o originariamente
praticati.
Cass. 08/06/93 - n. 6403 - riscaldamento e risparmio energetico
La deliberazione con cui l'assemblea dei condomini approvi la ripartizione delle spese del servizio di
riscaldamento centralizzato senza avere prima accertato il volume dei singoli cespiti, in violazione della
disposizione del regolamento di condominio che prevede il riparto volumetrico della spesa, non è affetta
da nullità bensì soltanto annullabile, ove denunciata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine di
decadenza di cui all'art. 1137 c.c., non incidendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell'art.
1123 cod. civ.
Cass. 15/06/93 - n. 6640 - sottotetto e risparmio energetico
L'ambiente ricavato sotto il tetto dell'edificio in condominio, in modo da formare una camera d'aria
limitata, in alto, dalla struttura del tetto ed, in basso, dal solaio che copre i vani dell'ultimo piano
(cosiddetto sottotetto), assolve, di regola, ad una funzione isolante e protettiva di questi vani e, quando
non risulti una diversa destinazione o non sia diversamente disposto dal titolo, non è, quindi, oggetto di
comunione ma costituisce pertinenza dell'appartamento dell'ultimo piano.
Cass. 21/06/93 - n. 6850 -cortile - sporti
La costruzione, da parte del condominio, di sporti sul cortile o sul passaggio comune, con conseguente
occupazione della colonna d'aria sovrastante il terreno comune, costituisce esplicazione del diritto di
utilizzazione della cosa, ai sensi dell'art. 1102 c.c., quando non ne pregiudichi la normale funzione o le
possibilità di utilizzazione particolare eventualmente prospettate dagli altri condomini.
Cass. 21/06/93 - n. 6856 - danni - legittimazione
L'azione a tutela di un diritto comune, come l'impugnativa di una sentenza di condanna emessa nei
confronti dell'intero condominio, può essere esercitata anche da un singolo condomino, senza che sia
necessario integrare il contraddittorio nei confronti dei condomini non appellanti, né intervenienti in
appello e senza che ciò determini passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nei confronti di
questi ultimi, dato che l'interesse per il quale il singolo agisce è comune a tutti i condomini, dovendo in
tal caso ravvisarsi nei rapporti fra i condomini una forma di rappresentanza reciproca, attributiva a
ciascuno di una legittimazione sostitutiva nascente dal fatto che ogni compartecipe non può tutelare il
proprio diritto senza necessariamente e contemporaneamente difendere l'analogo diritto degli altri.
Riguardo ai danni che una porzione di proprietà esclusiva in edificio condominiale subisca per vizi delle
parti comuni, imputabili all'originario costruttore-venditore, deve riconoscersi al titolare di detta porzione
la possibilità di esperire azione risarcitoria contro il condominio, non in forza dell'art. 1669 c.c., dato che
il condominio quale successore a titolo particolare di detto costruttore non subentra nella responsabilità
posta a suo carico da detta norma, ma in base all'art. 2051 c.c. in relazione alla ricollegabilità di quei
danni all'inosservanza da parte del condominio medesimo dell'obbligo di provvedere quale custode ad
eliminare le caratteristiche dannose della cosa.
Cass. 03/07/93 - n. 7297 - riscaldamento e risparmio energetico - spese
L'osservanza, da parte della minoranza dissenziente, della deliberazione legittimamente adottata
dall'assemblea dei condomini dell'edificio ai fini del regolamento interno della ripartizione delle spese
per il godimento di parti comuni (nella specie, ripartizione delle spese di esercizio e manutenzione
dell'impianto di riscaldamento), essendo esclusivamente dovuta alla efficacia vincolante dell'atto
collettivo anche nei confronti dei dissenzienti, non esprime una volontà negoziale di tacita adesione e
non può, pertanto, trasformare la delibera condominiale in regolamento contrattuale non più
modificabile senza il consenso unanime delle parti
.
Cass. 07/07/93 - n. 7449 - parti comuni in genere - terrazze a livello
In tema di condominio negli edifici, l'individuazione delle parti comuni, come le terrazze di copertura,
risultante dall'art. 1117 c.c. - il quale non si limita a formulare una mera presunzione di comune
appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria - può essere superata soltanto
dalle opposte risultanze di un determinato titolo e non opera con riguardo a cose che, per le loro
caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità
immobiliari.
Cass. 13/07/93 - n. 7691 - modificazioni
In caso di condominio negli edifici, la modificazione di una parte comune e della sua destinazione, ad
opera di taluno dei condomini, sottraendo la cosa alla sua specifica funzione e quindi al compossesso
di tutti i condomini, legittima gli altri all'esperimento dell'azione di reintegrazione con riduzione della
cosa stessa al pristino stato, tal che possa continuare a fornire quella utilitas alla quale era asservita
anteriormente alla contestata modificazione senza che sia necessaria specifica prova del possesso di
detta parte (che non abbia una sua autonomia rispetto all'edificio), quando risulti quello di una o più
delle porzioni immobiliari in cui l'edificio stesso si articoli.
Cass. 18/08/93 - n. 8755 - assemblea - locazioni
L'art. 10 L. 27 luglio 1978 n. 392 il quale attribuisce al conduttore il diritto di votare in luogo del
proprietario nelle assemblee condominiali aventi ad oggetto l'approvazione delle spese e delle modalità
di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria e di intervenire senza diritto di voto
sulle delibere relative alla modificazione di servizi comuni, riconosce implicitamente con il rinvio alle
disposizioni del codice civile concernenti l'assemblea dei condomini, il diritto dell'inquilino di impugnare
le deliberazioni viziate, sempreché abbiano ad oggetto le spese e le modalità di gestione dei servizi di
riscaldamento e di condizionamento d'aria. Al di fuori delle situazioni richiamate, la norma in esame non
attribuisce all'inquilino il potere generale di sostituirsi al proprietario nella gestione dei servizi
condominiali, sicché deve escludersi la legittimazione del conduttore ad impugnare la deliberazione
dell'assemblea condominiale di nomina dell'amministratore e di approvazione del regolamento di
condominio e del bilancio preventivo.
Cass. 20/08/93 - n. 8804 - amministratore - responsabilità - sanzioni - uso della cosa comune
L'amministratore del condominio, che è responsabile dei danni cagionati dalla sua negligenza, dal
cattivo uso dei poteri e in genere di qualsiasi inadempimento degli obblighi legali o regolamentari, non
può essere ritenuto responsabile, ancorché sia tenuto a far osservare il regolamento condominiale, dei
danni cagionati dall'abuso dei condomini nell'uso della cosa comune, non essendo dotato di poteri
coercitivi e disciplinari nei confronti dei singoli condomini - salvo che il regolamento di condominio, ai
sensi dell'art. 70 att. c.c., preve da la possibilità di applicazione di sanzioni nei confronti dei condomini
che violano le norme da esso stabilite sull'uso delle cose comuni - né obbligato a promuovere azione
giudiziaria contro i detti condomini in mancanza di una espressa disposizione condominiale o di una
delibera assembleare.
Cass. 03/09/93 - n. 9311 - insegne e targhe - muri
In tema di condominio di edifici, i partecipanti con voto unanime possono sottoporre a limitazioni,
nell'ambito dell'autonomia negoziale, l'esercizio dei poteri e delle facoltà che normalmente
caratterizzano il contenuto del diritto di proprietà sulle cose comuni, vertendosi in materia disponibile,
con la conseguenza che con regolamento contrattuale possono vietare l'apposizione di insegne, targhe
e simili sui muri perimetrali comuni, ovvero subordinarla al consenso dell'amministrazione.
Cass. 23/10/93 - n. 10513 - decoro architettonico
Per decoro architettonico del fabbricato, ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 c.c., deve intendersi
l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante
ed imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua
determinata, armonica, fisionomia, senza che occorra che si tratti di edificio di particolare pregio
artistico. L'indagine volta a stabilire se, in concreto, un'innovazione determini o meno alterazione del
decoro architettonico è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di
legittimità, se congruamente motivato.
Cass. 23/10/93 - n. 10519 - scambiatori di calore
La controversia, instaurata da un condomino per la rimozione dalla facciata dell'edificio condominiale di
uno scambiatore di calore installatovi da un altro condomino con l'autorizzazione della assemblea, a
motivo del pregiudizio arrecato al decoro architettonico e alla sicurezza dell'edificio stesso, riguarda non
le modalità d'uso o la misura dei servizi condominiali, ma la contestazione in radice del diritto del
condomino di fare un determinato uso della cosa comune e del potere dell'assemblea di consentirlo, e,
quindi, esula dalla competenza per materia del conciliatore o del pretore, restando soggetta alle regole
della competenza per valore nelle cause relative a beni immobili (art. 15 c.p.c.), con la conseguenza
che è onere della parte che eccepisca l'incompetenza del giudice adito di dedurre e dimostrare il
superamento del relativo limite.
Cass. 13/11/93 - n. 11207 - parti comuni in genere - servitù
Nel caso in cui su una delle parti comuni di un edificio in condominio (elencate dall'art. 1117 c.c.), gravi
un peso diretto a fornire ad un piano o ad una porzione di piano in proprietà esclusiva una utilità
ulteriore e diversa, rispetto a quella normalmente derivante dalla destinazione della cosa al servizio di
tutte le unità immobiliari, si configura una servitù, sempre che tale peso abbia origine nei modi previsti
dalla legge e, tra questi, la destinazione del padre di famiglia.
Cass. 04/12/93 - n. 12028 - animali
In tema di condominio di edifici il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non
può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei
partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di
proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva,
sicché in difetto di un'approvazione unanime le disposizioni anzidette sono inefficaci anche con riguardo
a quei condomini che abbiano concorso con il loro voto favorevole alla relativa approvazione, giacché le
manifestazioni di voto in esame, non essendo confluite in un atto collettivo valido ed efficace,
costituiscono atti unilaterali atipici, di per sé inidonei ai sensi dell'art. 1987 c.c. a vincolare i loro autori,
nella mancanza di una specifica disposizione legislativa che ne preveda l'obbligatorietà.
Cass. 11/12/93 - n. 12208 - competenza - condominio in genere - domicilio
Il condominio di edifici, che non è una persona giuridica, ma un ente di gestione e non ha, pertanto, una
sede in senso tecnico, ove non abbia designato nell'ambito dell'edificio un luogo espressamente
destinato e di fatto utilizzato per l'organizzazione e lo svolgimento della gestione condominiale, ha il
domicilio coincidente con quello privato dell'amministratore che lo rappresenta. Pertanto, ai fini della
competenza territoriale ex artt. 18 e 20 c.p.c. nei giudizi aventi ad oggetto il pagamento di contributi
condominiali, il luogo di adempimento dell'obbligazione dedotta in giudizio va individuato nel domicilio
dell'amministratore in carica al tempo della scadenza dell'obbligazione.
Cass. 15/12/93 - n. 12420 - riscaldamento e risparmio energetico
Il singolo condomino non è titolare di un diritto di natura contrattuale sinallagmatica nei confronti del
condominio relativamente all'utilizzazione dei servizi comuni e, pertanto, non può esimersi dal
contribuire alle spese di gestione del servizio di riscaldamento centralizzato in proporzione ai millesimi,
allegando la mancata o insufficiente erogazione di quel servizio, né può proporre azione di danno
contro il condominio per il mancato promovimento dell'azione contrattuale nei confronti dell'impresa
installatrice dell'impianto, posto che il condomino conserva il potere di agire a difesa non solo dei suoi
diritti di proprietario esclusivo, ma anche dei suoi diritti di comproprietario pro quota delle parti comuni,
potendo ricorrere all'autorità giudiziaria nel caso di inerzia dell'amministrazione del condominio a norma
dell'art. 1105 c.c., dettato in materia di comunione, ma applicabile anche al condominio degli edifici per
il rinvio disposto dall'art. 1139 cod. civ.
Cass. civ., sent. n. 5084 del 29 aprile 1993, sez. II
L'intempestiva comunicazione al condomino della data fissata per l'assemblea implica un'ipotesi di
contrarietà alla legge, ai sensi dell'art. 1137 cod. civ., della deliberazione assembleare, comportante
l'annullamento della medesima a prescindere dal suo contenuto decisionale o meramente preparatorio
o programmatico, risultandone viziato il processo formativo per violazione del diritto di intervento e di
voto del condominio. Né l'interesse del condomino pretermesso a proporre l'impugnazione viene meno
per il fatto che la delibera sia stata seguita da altra presa sullo stesso oggetto da assemblea ritualmente
convocata
.
Cass. civ., sent. n. 1780 del 12 febbraio 1993, sez. II
Nel caso in cui l'avviso di convocazione dell'adunanza condominiale non sia stato comunicato anche ad
uno solo dei condomini, ancorché detto condomino sia titolare di una quota millesimale ininfluente ai fini
del raggiungimento della maggioranza prescritta dalla legge, la deliberazione adottata è affetta da
nullità assoluta, che può essere fatta valere da qualsiasi condomino anche presente in assemblea
.
Cass. civ., sent. n. 3607 del 16 aprile 1994, sez. II
L'amministratore del condominio cessato dalla carica non è legittimato ad impugnare la sentenza – resa
nella causa cui egli abbia partecipato in rappresentanza del condominio stesso – pronunciata
successivamente a tale cessazione, accompagnata da revoca espressa del precedente mandato.
Cass. civ., sent. n. 12152 del 10 dicembre 1993, sez. II
Il regolamento dei rapporti tra i proprietari di distinte unità immobiliari site in un edificio soggetto a
regime del condominio non si esauriscono con le disposizioni relative ai rapporti di vicinato tra due
proprietà finitime (emulazione, immissioni e servitù). Detti rapporti sono disciplinati anche dalle regole
generali sulla responsabilità civile, essendo obbligato ciascun condomino propter rem a non eseguire
nel piano o porzioni di piano di sua proprietà opere che rechino danno alle parti comuni o di proprietà
esclusiva di altri condomini.
Cass. civ., sent. n. 12304 del 14 dicembre 1993, sez. II
Il condominio non è soggetto giuridico dotato di propria personalità distinta da quella di coloro che ne
fanno parte, bensì un semplice ente di gestione, il quale opera in rappresentanza e nell'interesse
comune dei partecipanti, limitatamente all'amministrazione e al buon uso della cosa comune, senza
interferire nei diritti autonomi di ciascun condomino. Ne deriva che l'amministratore per effetto della
nomina ex art. 1129 cod. civ. ha soltanto una rappresentanza ex mandato dei vari condomini e che la
sua presenza non priva questi ultimi del potere di agire personalmente a difesa dei propri diritti sia
esclusivi che comuni.
SENTENZE 1994
Cass. 12/01/94 - n. 246 - locazioni
La L. n. 392 del 1978 (cosiddetta dell'equo canone) disciplina i rapporti tra locatore e conduttore, senza innovare in
ordine alla normativa generale sul condominio degli edifici, sicché l'amministratore ha diritto - ai sensi del combinato
disposto degli artt. 1123 c.c. e 63 att. stesso codice - di riscuotere i contributi e le spese per la manutenzione delle
cose comuni ed i servizi nell'interesse comune direttamente ed esclusivamente da ciascun condomino, restando
esclusa un'azione diretta nei confronti dei conduttori delle singole unità immobiliari.
Cass. 19/01/94 - n. 446 - divisione - perimento dell'edificio
Il perimento totale di un edificio condominiale determina l'estinzione del condominio, per mancanza dell'oggetto,
venendo meno il rapporto di servizio tra le parti comuni e le porzioni di proprietà esclusiva (non più esistenti), e
permane soltanto la comunione pro-indiviso tra gli ex condomini sull'area di risulta. Ne deriva che, in caso di mancata
ricostruzione dell'immobile (nell'ipotesi, non consentita dalla disciplina urbanistica) e di mancata vendita all'asta del
suolo e dei materiali (non richiesta, nella specie, da nessuno dei comproprietari), può porsi fine alla predetta
comunione con lo scioglimento della stessa, che, in caso d'indivisibilità del suolo, deve essere effettuato a norma
degli artt. 1116 e 720 c.c., attribuendo preferibilmente il bene per intero al titolare della quota maggiore (o ai titolari
della quota maggiore, ove questi ne richiedano congiuntamente l'attribuzione), con addebito dell'eccedenza,
corrispondendosi, cioè, agli altri condomini la somma equivalente al valore della loro quota.
Cass. 20/01/94 - n. 476 - servitù - strade - uso della cosa comune
Posto che il partecipante alla comunione può usare della cosa comune per un suo fine particolare, con la
conseguente possibilità di ritrarre dal bene una utilità specifica aggiuntiva rispetto a quelle che vengono ricavate dagli
altri, con il limite di non alterare la consistenza e la destinazione di essa, o di non impedire l'altrui pari uso, il
passaggio su una strada comune, in origine destinata a servire alcuni, determinati fondi di proprietà esclusiva, che
venga effettuato da un comunista anche per accedere ad altro fondo, a lui appartenente in proprietàesclusiva, di per
sè non raffigura un godimento vietato, a norma dell'art. 1059, primo comma, c.c., non comportando la costituzione di
una servitù sul bene comune, perché non si risolve nella modifica della distinzione di questo, né nell'impedimento
dell'altrui pari diritto.
Cass. 03/02/94 - n. 1104 - assemblea - locazioni - riscaldamento e risparmio energetico
La legge n. 392 del 1978 (cosiddetta dell'equo canone) disciplina i rapporti tra locatore e conduttore, senza innovare
in ordine alla normativa generale sul condominio negli edifici, sicché l'amministratore ha diritto - ai sensi del
combinato disposto degli artt. 1123 c.c. e 63 att. stesso codice - di riscuotere i contributi e le spese per la
manutenzione delle cose comuni ed i servizi nell'interesse comune direttamente ed esclusivamente da ciascun
condomino, restando esclusa un'azione diretta nei confronti dei conduttori delle singole unità immobiliari (contro i quali
può invece agire in risoluzione il locatore ex art. 5 della citata legge n. 392 del 1978, per il mancato rimborso degli
oneri accessori), anche con riguardo alle spese del servizio comune di riscaldamento ancorché questi ultimi abbiano
diritto di voto, in luogo del condomino locatore, nelle delibere assembleari riguardanti la relativa gestione.
Cass. 10/02/94 - n. 1700 - rumori
Per integrare il reato previsto dall'art. 659 c.p. (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) non è sufficiente
che rumori prodotti all'interno di un appartamento si propaghino in quelli vicini, ma è necessario che tali rumori siano
di tale intensità da disturbare le occupazioni o il riposo delle persone. (Nella specie, relativa ad annullamento senza
rinvio di sentenza di condanna perché il fatto non sussiste, risultava che dall'appartamento - sottostante - "della parte
lesa si sentivano rumori di gioco di pallone e di qualche sedia che cadeva davanti ai bambini").
Cass. 23/02/94 - n. 1776 - pianerottoli
L'atto costitutivo del condominio può senz'altro sottrarre al regime della condominialità, di cui all'art. 1117 c.c., i
pianerottoli di accesso dalle scale ai singoli appartamenti e riservarli, in tutto o in parte, al dominio personale
esclusivo dei proprietari di questi.
Cass. 12/03/94 - n. 2393 - legittimazione - rappresentanza
Il principio per cui, essendo il condominio un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi
partecipanti, l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire a difesa di
diritti connessi alla detta partecipazione, né quindi del potere d'intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata
legittimamente assunta dall'amministratore del condominio e di avvalersi dei mezzi di impugnazione per evitare gli
effetti sfavorevoli della sentenza pronunziata nei confronti dell'amministratore stesso, che vi abbia fatto acquiescenza,
non trova applicazione con riguardo alle controversie aventi ad oggetto l'impugnazione di deliberazioni dell'assemblea
condominiale che, come quelle relative alla gestione di un servizio comune (nella specie, l'ascensore), tendono a
soddisfare esigenze soltanto collettive della gestione stessa, senza attinenza diretta all'interesse esclusivo di uno o
più partecipanti, con la conseguenza che, in tali controversie, la legittimazione ad agire - e, quindi, anche ad
impugnare - spetta in via esclusiva all'amministratore, la cui acquiescenza alla sentenza esclude la possibilità
d'impugnazione proposta dal singolo condomino.
Cass. 15/03/94 - n. 2448 - spese legali
La domanda di liquidazione dei compensi per le prestazioni giudiziali svolte da un avvocato in favore di un
condominio, è soggetta alla procedura di cui alla L. 13 giugno 1942, n. 794, anche se proposta non nei confronti della
collettività condominiale, ma di un solo condomino, perché avuto riguardo alla natura di ente di mera gestione non
personalizzato del condominio, il singolo condomino va comunque considerato parte sostanziale del rapporto di
clientela ancorché non tradotto in un formale rapporto procuratorio
.
Cass. 15/03/94 - n. 2452 - amministratore
Per il disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c. l'amministratore del condominio ha la legittimazione ad agire in giudizio, nei
confronti del condomino moroso per la riscossione dei contributi, senza necessità di autorizzazione da parte
dell'assemblea, rilevando l'esistenza o meno di uno stato di ripartizione delle spese approvato dall'assemblea soltanto
in ordine alla fondatezza della domanda, con riferimento all'onere probatorio a suo carico.
Cass. 15/03/94 - n. 2453 - dissenso rispetto alle liti
Il termine di giorni trenta, previsto dall'art. 1132 c.c., per l'atto di estraniazione del condomino dissenziente è di
decadenza, com'è fatto palese dalle parole usate e dalla ratio legis correlata all'esigenza di provvedere in tempi brevi
all'amministrazione e di dare certezza ai rapporti condominiali caratterizzati da dinamismo e rapidità: ne consegue
che la decadenza per la relativa inosservanza non può essere rilevata dal giudice di ufficio.
Cass. 15/03/94 - n. 2454 - danni
Dalla comproprietà delle cose, dei servizi e degli impianti comuni nascono per i condomini delle obbligazioni propter
rem con la conseguenza che, in particolare, la responsabilità per i danni derivanti alle unità immobiliari in proprietà
esclusiva dalle cose comuni grava su tutti i condomini, essendo questi tenuti alla manutenzione delle cose comuni,
con l'obbligo di adottare tutte le cautele idonee a scongiurare i pregiudizi, e quindi, responsabili ove tali pregiudizi si
verifichino.
Cass. 17/03/94 - n. 2546 - registro - regolamento
Il regolamento di condominio predisposto dal costruttore-venditore che contenga vincoli afferenti all'intero edificio - e,
quindi, a tutte le unità immobiliari comprese nel fabbricato - quando sia stato da questi trascritto nei registri
immobiliari, è opponibile non soltanto a coloro che acquistano le unità immobiliari da proprietari che abbiano accettato
esplicitamente o implicitamente il regolamento stesso, ma anche a coloro che, in epoca successiva alla trascrizione,
per la prima volta acquistino piani dell'edificio o loro porzioni direttamente dal costruttore, anche in assenza di
espressa previsione in tal senso nei singoli atti di acquisto, atteso che tutti costoro, non avendo partecipato
all'approvazione del regolamento o alla stipulazione degli atti, devono ricomprendersi, prima della conclusione del loro
acquisto, come terzi rispetto ai quali opera, ai fini dell'opponibilità dei vincoli suddetti, siffatta forma di pubblicità.
Cass. 19/03/94 - n. 2609 - divisione - parti comuni in genere
La disciplina del codice civile del condominio negli edifici deve essere applicata ad ogni parte, bene e servizio
comune che rientri, per la sua struttura e destinazione, tra quelli indicati dall'art. 1117 c.c., a nulla rilevando che i piani
o porzioni di piano alla cui utilizzazione o migliore utilizzazione le cose servono siano compresi in un edificio unico o
in edifici autonomi per effetto di successiva divisione.
Cass. 24/03/94 - n. 2862 - antenne
Gli artt. 1 e 3 L. 6 maggio 1940 n. 554, dettati con riguardo alla disciplina degli aerei esterni per audizioni
radiofoniche, ma applicabile per analogia anche alle antenne televisive e l'art. 231 del D.P.R. 29 marzo 1973 n. 156,
stabilendo che i proprietari dell'edificio non possono opporsi alla installazione esterna di antenne da parte di abitanti
dello stesso stabile per il funzionamento di apparecchi radiofonici o televisivi, attribuiscono al titolare dell'utenza il
diritto all'installazione dell'antenna sulla terrazza dell'edificio, ferma restando la facoltà del proprietario al libero uso di
questa secondo la sua destinazione ancorché comporti la rimozione od il diverso collocamento dell'antenna, che resta
a carico del suo utente, all'uopo preavvertito. Ne deriva che il proprietario della terrazza che vi abbia eseguito dei
lavori comportanti la rimozione dell'antenna non può essere condannato al ripristino nello stato preesistente, posto
che spetta all'utente provvedere a sua cura e spese alla rimozione ed al diverso collocamento dell'antenna.
Cass. 15/04/94 - n. 3542 - tabelle millesimali
La deliberazione dell'assemblea condominiale che modifichi a maggioranza una tabella millesimale contrattualmente
approvata ovvero fissi criteri di ripartizione delle spese comuni secondo criteri diversi da quelli stabiliti dalla legge, è
inficiata da nullità, per il cui accertamento sono legittimati, dal lato attivo, ciascun condomino, ivi compreso quello che
abbia espresso voto favorevole - non operando al riguardo la regola, propria della materia processuale (art. 157
c.p.c.), secondo cui la nullità non può essere fatta valere dalla parte che vi ha dato causa - e, passivamente, soltanto
l'amministratore del condominio, senza necessità di partecipazione al giudizio dei singoli condomini, i quali, invece,
sono parti necessarie esclusivamente rispetto alla diversa azione diretta ad ottenere modificazioni in sede giudiziale
della tabella millesimale.
Cass. 16/04/94 - n. 3600 - riscaldamento e risparmio energetico
In tema di ripartizione delle spese condominiali attinenti al servizio centralizzato di riscaldamento di un edificio adibito
ad uso abitativo, che costituito da due appartamenti sia in comunione pro indiviso tra due comproprietari, trova
applicazione la disciplina dettata per la comunione dall'art. 1104 c.c., con la conseguenza che ogni comproprietario è
obbligato a sostenere le spese stesse in proporzione al valore della sua quota, indipendentemente dal concreto
vantaggio che tragga dal detto servizio e senza possibilità di sottrarsi a quest'obbligo rinunciando al servizio
medesimo, ove tale rinuncia possa produrre effetti pregiudizievoli per l'altro comproprietario.
Cass. 18/04/94 - n. 3666 - alberi
Alle spese di potatura degli alberi, che insistono su suolo oggetto di proprietà esclusiva di un solo condomino sono
tenuti, tuttavia, a contribuire tutti i condomini allorché si tratti di piante funzionali al decoro dell'intero edificio e la
potatura stessa avvenga per soddisfare le relative esigenze di cura del decoro stesso.
Cass. 20/04/94 - n. 3747 - amministratore - assemblea
L'approvazione da parte dell'assemblea dei condomini del rendiconto di un determinato esercizio non presuppone che
la contabilità sia redatta dall'amministratore con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società,
ma è sufficiente che la contabilità sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le
relative quote di ripartizione. Per il disposto degli artt. 1135 e 1137 c.c. la deliberazione dell'assemblea condominiale
che approva il rendiconto annuale dell'amministratore può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti nel
termine stabilito dall'art. 1137, terzo comma, c.c. non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimità,
restando esclusa una diversa forma di invalidazione ex art. 1418 c.c., non essendo consentito al singolo condomino
rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della
delibera.
Cass. 22/04/94 - n. 3832 - terrazze a livello
In tema di edifici in condominio, affinché una terrazza a livello, che esplichi anche funzioni di copertura dei piani
sottostanti, possa ritenersi di proprietà esclusiva del proprietario dell'appartamento da cui si accede alla terrazza
stessa, ove tale appartenenza non risulti dal titolo, è necessario che essa faccia parte integrante da un punto di vista
strutturale e funzionale del piano cui è annessa, di guisa che la funzione di copertura dei piani sottostanti si profili
come meramente sussidiaria
.
Cass. 26/04/94 - n. 3952 - amministratore - assemblea
Per le deliberazioni dell'assemblea in seconda convocazione concernenti le materie indicate dall'art. 1136, quarto
comma, c.c., tra le quali la nomina dell'amministratore, il richiamo alle maggioranze stabilite dall'art. 1136, secondo
comma, c.c., non vale ad estendere il quorum costitutivo dell'assemblea in prima convocazione, ma importa che per
la costituzione dell'assemblea, come per l'approvazione di esse, è richiesta una maggioranza che rappresenti almeno
la metà del valore dell'edificio e che sia costituita dalla maggioranza degli intervenuti e da almeno un terzo dei
partecipanti al condominio. In difetto di norme particolari, i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il
condomino rappresentato sono disciplinati dalle regole sul mandato con la conseguenza che solo il condomino
delegante è legittimato a far valere gli eventuali vizi della delega.
Cass. 29/04/94 - n. 4152 - ascensore - barriere architettoniche
Il pregiudizio, per alcuni condomini, della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell'andito occupati
dall'impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini, non rende l'innovazione lesiva del divieto posto
dall'art. 1120, secondo comma, c.c., ove risulti che alla possibilità dell'originario godimento della cosa comune è
offerto un godimento migliore, anche se di diverso contenuto.
Cass. 12/05/94 - n. 4632 - regolamento - uso della proprietà esclusiva
Le norme del regolamento condominiale che incidono sulla utilizzabilità e la destinazione delle parti dell'edificio di
proprietà esclusiva, distinguendosi dalle norme regolamentari, che possono essere approvate dalla maggioranza
dell'assemblea dei condomini, hanno carattere convenzionale e, se predisposte dall'originario proprietario dello
stabile, debbono essere, pertanto, accettate dai condomini nei rispettivi atti di acquisto o con atti separati; se
deliberate, invece dall'assemblea, debbono essere approvate all'unanimità, dovendo, in mancanza, considerarsi nulle,
perché eccedenti i limiti dei poteri dell'assemblea.
Cass. 17/05/94 - n. 4814 - tabelle millesimali
La partecipazione con voto favorevole alle reiterate delibere adottate dall'assemblea dei condomini di un edificio per
ripartire le spese straordinarie secondo un valore delle quote dei singoli condomini diverso da quello espresso nelle
tabelle millesimali, o l'acquiescenza alla concreta applicazione di queste delibere, può assumere il valore di unico
comportamento rivelatore della volontà di parziale modifica delle tabelle millesimali da parte dei condomini che hanno
partecipato alle votazioni o che hanno aderito o accettato la differente suddivisione e può dar luogo, quindi, per facta
concludentia, ad una convenzione modificatrice della disciplina sulla ripartizione delle spese condominiali che, avendo
natura contrattuale e non incidendo su diritti reali, non richiede la forma scritta ma solo il consenso, anche tacito o per
facta concludentia, purché inequivoco, di tutti i condomini.
Cass. 17/05/94 - n. 4804 - riscaldamento e risparmio energetico
Con riguardo al risarcimento del danno dovuto a norma dell'art. 1494 c.c. il credito dei comproprietari di un bene unico
ed indivisibile (nella specie, impianto di riscaldamento condominiale) per il rimborso delle spese occorrenti alla sua
riparazione, deve considerarsi indivisibile perché, essendo indivisibile, per finalità e funzione, la prestazione che ne è
oggetto, indivisibile è anche il fatto ed il risultato del ripristino; tale credito può essere pertanto fatto valere da
ciascuno dei comproprietari per l'intero, ai sensi dell'art. 1319 c.c. (salva la successiva definizione del rapporto
all'interno della contitolarità).
Cass. 18/05/94 - n. 4831 - assemblea - riscaldamento e risparmio energetico - spese
Nel condominio degli edifici anche le spese di manutenzione ordinaria e quelle fisse relative ai servizi comuni
essenziali richiedono la preventiva approvazione dell'assemblea dei condomini essendo questa espressamente
richiesta dall'art. 1135, n. 2 c.c. per tutte le spese occorrenti durante l'anno e non solo per le spese di straordinaria
manutenzione alle quali si riferisce il citato art. 1135, n. 5. È pertanto annullabile la delibera dell'assemblea che
autorizza l'amministratore ad aumentare i contributi previsti dal preventivo di spese approvato. La sostituzione del
bruciatore dell'impianto di riscaldamento di un edificio condominiale, nei casi in cui il bruciatore sostituito era guasto o
obsoleto, deve considerarsi atto di straordinaria manutenzione, in quanto diretto a ripristinare la funzionalità
dell'impianto senza alcuna modifica sostanziale e funzionale dello stesso, mentre deve essere ricondotta alle
modifiche migliorative, e non alle innovazioni, se ha lo scopo di consentire l'utilizzazione di una fonte di energia più
redditizia, più economica o meno inquinante. (Nella specie, si trattava della sostituzione di un bruciatore alimentato da
gasolio con un bruciatore alimentato da gas metano).
Cass. 25/05/94 - n. 5083 - amministratore - cose in custodia
In tema di responsabilità per danni da cose in custodia il caso fortuito idoneo a superare la presunzione di
responsabilità del custode può anche consistere nel comportamento del danneggiato, allorché questo abbia costituito
la causa esclusiva dell'evento dannoso, esistendo per il danneggiato agevoli e valide condotte alternative idonee a
scongiurare l'eventualità dell'accadimento dannoso.
La nomina di un nuovo amministratore di condominio in sostituzione del precedente dimissionario per spiegare
efficacia nei confronti dei terzi deve avvenire con una deliberazione dell'assemblea nelle forme di cui all'art. 1129 cod.
civ.
Cass. 03/06/94 - n. 5374 - coniugi
In tema di separazione personale, qualora il giudice attribuisca ad uno dei coniugi la casa familiare di proprietà
dell'altro coniuge, la gratuità di tale assegnazione si riferisce solo all'uso dell'abitazione (per il quale non deve versarsi
corrispettivo), ma non si estende alle spese correlate a tale uso, quali quelle condominiali, che riguardano la
manutenzione delle cose comuni - poste a servizio anche della casa familiare - e vanno legittimamente poste a carico
del coniuge assegnatario.
Cass. 09/06/94 - n. 5608 - amministratore
La nomina di un nuovo amministratore del condominio di edificio non richiede la previa formale revoca
dell'amministratore in carica, atteso che dando luogo ad un rapporto di mandato, comporta, ai sensi dell'art. 1724 c.c.,
la revoca di quello precedente. L'amministratore del condominio negli edifici non può essere una persona giuridica sia
perché il rapporto di mandato è essenzialmente caratterizzato dalla fiducia sia perché le norme del codice civile
sull'amministrazione dei condomini presuppongono che l'amministratore sia una persona fisica, ed in tal senso ne
disciplinano il controllo giudiziario dei relativi atti.
Cass. 21/06/94 - n. 5956 - amministratore - rappresentanza
Il condominio, contro il quale è prodotta una scrittura privata sottoscritta da un suo precedente amministratore nella
vigenza del suo incarico, ha l'onere, se vuole sottrarsi alla presunzione di cui all'art. 2702 c.c., di disconoscere la
sottoscrizione della scrittura medesima, perché la cessazione del rapporto di rappresentanza per sostituzione
dell'amministratore non esclude la riferibilità, al condominio, degli atti validamente compiuti dal precedente
amministratore.
Cass. 25/06/94 - n. 6109 - ascensore - barriere architettoniche
L'art. 2 L. 9 gennaio 1989 n. 13, recante norme per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere
architettoniche negli edifici privati, che prevede la possibilità per l'assemblea condominiale di approvare le innovazioni
preordinate a tale scopo con le maggioranze indicate nell'art. 1136 comma secondo e terzo c.c. in deroga all'art. 1120
comma primo, che richiama il comma quinto dell'art. 1136 e, quindi, le più ampie maggioranze ivi contemplate,
dispone tuttavia che resta fermo il disposto dell'art. 1120 comma secondo, il quale vieta le innovazioni che rendano
talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso e al godimento anche di un solo condomino, comportandone una
sensibile menomazione dell'utilità secondo l'originaria costituzione della comunione. Ne deriva che a maggior ragione
sono nulle le delibere che ancorché adottate a maggioranza al fine indicato siano lesive dei diritti di altro condomino
sulla porzione di sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità
compensative. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di merito i quali avevano dichiarato la
nullità della deliberazione adottata a maggioranza in base all'art. 2 legge n. 13/1989 cit. di installazione di un
ascensore volto a favorire le esigenze di un condomino portatore di handicap, che comportava peraltro un sensibile
deprezzamento dell'unità immobiliare di altro condomino sita a piano terra).
Cass. 27/06/94 - n. 6187 - condominio apparente - coniugi - spese
In tema di ripartizione delle spese condominiali, è passivamente legittimato, rispetto all'azione giudiziale per il
recupero della quota di competenza, il vero proprietario della porzione immobiliare e non anche chi possa apparire
tale - come uno dei coniugi che curi personalmente ed attivamente la gestione della proprietà dell'altro coniuge difettando, nei rapporti fra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l'operatività del principio
dell'apparenza del diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela dei terzi in buona fede.
Cass. 23/07/94 - n. 6884 - scantinati
Poiché l'edificio condominiale comprende l'intero manufatto che va dalle fondamenta al tetto e, quindi, anche i vani
scantinati compresi tra le fondamenta stesse ed il suolo su cui sorge l'edificio, costituisce oggetto di proprietà
comune, ai sensi dell'art. 1117 c.c., non la superficie a livello del piano di campagna che viene scavata per la posa
delle fondamenta, bensì quella porzione del terreno su cui viene a poggiare l'intero edificio ed immediatamente, la
parte infima di esso. Di conseguenza, per stabilire a chi spetti la proprietà di un locale dell'edificio condominiale
sottostante al piano terreno deve farsi riferimento alle norme che regolano la proprietà condominiale per piani
orizzontali e, perciò, con riguardo ai piani o porzioni di piano che siano o meno sotto il livello del circostante piano di
campagna, agli atti di acquisto dei singoli appartamenti e delle altre unità immobiliari ed al regolamento di condominio
allegato agli atti di acquisto o in essi richiamato (cosiddetto regolamento contrattuale).
Cass. 22/08/94 - n. 7464 - solai
Dal solaio che divide due unità abitative, l'una all'altra sovrapposta, formando una struttura comune che i proprietari
delle due unità possono modificare solo alla condizione che non venga alterata la destinazione della cosa e che non
sia impedito all'altro di farne parimenti uso secondo il suo diritto, deve essere distinta la copertura del solaio, che
appartiene esclusivamente al proprietario dell'abitazione sovrastante e che può essere, quindi, da questo liberamente
rimossa o sostituita secondo la sua utilità e convenienza.
Cass. 29/08/94 - n. 7569 - decreto ingiuntivo
Non esiste un obiettivo rapporto di pregiudizialità comportante la necessità della sospensione del processo a norma
dell'art. 295 c.p.c. tra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell'art. 63 att. c.c. sulla base di
una deliberazione dell'assemblea condominiale che approva la ripartizione delle spese tra i condomini ed il giudizio di
impugnazione della deliberazione ex art. 1137 c.c., giacché la condanna al pagamento è condizionata non alla validità
della delibera assembleare, ma soltanto al perdurare della sua efficacia sicché il giudice dell'opposizione deve
limitarsi a prender atto che la sospensione dell'esecuzione della deliberazione non sia stata ordinata dal giudice
investito dell'impugnazione ai sensi dell'art. 1137 cit. Qualora l'opponente a decreto ingiuntivo emesso ai sensi
dell'art. 63 att. c.c. per il pagamento di contributi condominiali contesti la sussistenza del debito e la documentazione
posta a fondamento dell'ingiunzione (verbale della delibera assembleare), incombe all'amministratore del condominio,
in quanto attore, l'onere di dimostrare i fatti costitutivi del credito con la produzione di tutti gli opportuni documenti.
Cass. 05/09/94 - n. 7652 - porticato - uso della cosa comune
L'art. 1102 c.c. intende assicurare al singolo partecipante, per quel che concerne l'esercizio del suo diritto, la maggior
possibilità di godimento della cosa comune, nel senso che, purché non resti alterata la destinazione del bene comune
e non venga impedito agli altri partecipanti di fare parimenti uso della cosa, egli deve ritenersi libero di servirsi della
cosa stessa anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, senza che possano costituire vincolo
per lui forme più limitate di godimento attuate in passato dagli altri partecipanti, e può scegliere, tra i vari possibili usi
quello più confacente ai suoi personali interessi. (Nella specie si è escluso che esorbiti dal corretto uso della cosa
comune la transennatura e l'occupazione periodica di un portico con legna da parte di un condomino, in assenza di
prova del carattere stabile dell'occupazione e di un apprezzabile pregiudizio per gli altri condomini).
Cass. 05/09/94 - n. 7651- appalto - autorimesse - parcheggi - posti auto
Al tetto posto a copertura delle autorimesse esterne all'edificio condominiale - svolgente, nella sua struttura unitaria
ed omogenea, una funzione di riparo e di protezione delle unità sottostanti, ciascuna delle quali costituisce pertinenza
della proprietà esclusiva dei singoli condomini - è applicabile la presunzione di comunione stabilita dall'art. 1117, n. 1,
c.c. con la conseguenza che esso costituisce, al pari del tetto dell'edificio condominiale, oggetto di proprietà comune e
che l'amministratore del condominio è legittimato ad esercitare le azioni che lo concernono. (Nella specie, condanna
del costruttore al rifacimento della impermeabilizzazione o al rimborso per eseguirla direttamente). Qualora una parte
tenuta per legge alla garanzia per vizi, come l'appaltatore ed il venditore, riconosca, sulla base del precedente
impegno negoziale, la sussistenza di vizi della prestazione eseguita ed assuma, in luogo dell'obbligazione di garanzia
rientrante nel contenuto dell'originario contratto, l'obbligo di eliminare i vizi stessi, si configura a carico di tale parte
un'obbligazione nuova ed autonoma (rispetto a quella di garanzia), non soggetta ai termini di prescrizione e
decadenza previsti dalla disciplina del contratto di appalto (art. 1667 c.c.) e da quello del contratto di vendita (art.
1495 c.c.), restando soggetta all'ordinaria prescrizione decennale.
Cass. 27/09/94 - n. 7885 - condominio parziale
I presupposti per l'attribuzione della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose, i
servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, sono necessari per l'esistenza e per
l'uso, ovvero sono destinati all'uso o al servizio, non di tutto l'edificio, ma di una sola parte, o di alcune parti di esso,
ricavandosi dall'art. 1123, comma 3, che le cose, i servizi, gli impianti, non appartengono necessariamente a tutti i
partecipanti. Ne consegue che dalle situazioni di cosiddetto "condominio parziale" derivano implicazioni inerenti la
gestione e l'imputazione delle spese, in particolare non sussiste il diritto di partecipare all'assemblea relativamente
alle cose, ai servizi, agli impianti, da parte di coloro che non ne hanno la titolarità, ragion per cui la composizione del
collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarità delle parti comuni che della delibera formano
oggetto.
Cass. 28/09/94 - n. 7894 - super condominio
Poiché non sono derogabili dal regolamento di condominio, anche se di natura contrattuale, le norme concernenti la
composizione ed il funzionamento dell'assemblea, è nulla per contrarietà a norme imperative (artt. 1136, 1138 c.c.) la
clausola del regolamento contrattuale che prevede che l'assemblea di un cosiddetto supercondominio sia composta
dagli amministratori dei singoli condominii, anziché da tutti i comproprietari degli edifici che lo compongono.
Cass. 29/09/94 - n. 7946 - litisconsorzio necessario - super condominio
Nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un condomino contro l'amministratore di un condominio
del suo edificio, che agisce per conseguire il pagamento di somme dovute per il servizio di riscaldamento centrale
facente capo ad un supercondominio, composto anche da altri fabbricati e disciplinato da un regolamento
contrattuale, una volta che il condomino opponente eccepisce il difetto di legittimazione ad agire da parte
dell'amministratore del suo edificio, non sussiste il litisconsorzio necessario nei confronti dell'amministratore del
supercondominio (e degli amministratori degli altri singoli condomini), non esistendo un rapporto giuridico
plurisoggettivo e sostanzialmente unico, né risultando la domanda diretta alla costituzione, alla modifica o alla
estinzione di un rapporto plurisoggettivo, ovvero a conseguire l'adempimento di una prestazione inscindibile, relativa
ad un rapporto sostanziale unico comune a più soggetti.
Cass. 19/10/94 - n. 8528 - locazione - uso della cosa comune
La sospensione necessaria del processo, prevista dall'art. 295 c.p.c., deve essere disposta soltanto quando la
preventiva definizione di una controversia civile, penale o amministrativa, avente carattere pregiudiziale e dalla cui
risoluzione dipende la decisione della causa, sia imposta da un'espressa norma di legge ovvero ne costituisca
l'indispensabile antecedente logico-giuridico il cui accertamento venga postulato con autorità di giudicato. (Nella
specie, il giudice del merito - in una causa promossa per sentire dichiarare la nullità della deliberazione condominiale
con la quale era stato concesso in locazione un intero immobile di proprietà comune alle parti - aveva escluso il
carattere pregiudiziale della separata causa promossa tra le stesse per l'accertamento della comoda divisibilità del
bene, sul presupposto che tale accertamento avrebbe risolto solo la questione dell'attribuzione del cespite ai
comproprietari pro quota, non quella della sua utilizzabilità diretta o indiretta. La S.C. ha confermato la pronuncia,
ribadendo il principio di cui alla massima). L'uso indiretto della cosa comune (nella specie, mediante locazione),
incidendo sull'estensione del diritto reale che ciascun comunista possiede sull'intero bene indiviso, può essere
disposto dal giudice o deliberato dall'assemblea dei condomini a maggioranza, soltanto quando non sia possibile o
ragionevole l'uso promiscuo, sempreché la cosa comune non consenta una divisione, sia pure approssimativa, del
godimento. L'indivisibilità del godimento costituisce il presupposto per l'insorgenza del potere assembleare circa l'uso
indiretto, onde la deliberazione che l'adotta senza che ne ricorrano le condizioni è nulla, quale che sia la
maggioranza, salvoché ricorra l'unanimità.
Cass. 19/10/94 - n. 8531- legittimazione - rappresentanza
Le azioni reali nei confronti dei terzi a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un edificio tendono a
statuizioni relative alla titolarità ed al contenuto dei diritti medesimi che esulando dall'ambito degli atti meramente
conservativi (art. 1130 n. 4 c.c.) possono essere proposte dall'amministratore del condominio solo se autorizzato
dall'assemblea a norma dell'art. 1131 comma 1 cod. civ. Ai fini dell'ammissibilità della domanda riconvenzionale che
non importi spostamento di competenza è sufficiente un qualsiasi rapporto o situazione giuridica in cui sia ravvisabile
un collegamento obiettivo tra domanda principale e domanda riconvenzionale, tale da rendere consigliabile e
opportuna la celebrazione del simultaneus processus. In tema di condominio, ciascun partecipante è legittimato a
proporre le azioni a difesa della proprietà della cosa comune senza necessità di integrazione del contraddittorio nei
confronti degli altri condomini salvo che la controparte non si limiti a negare la situazione soggettiva dell'attore, ma
opponga la proprietà esclusiva del bene contestando il diritto di tutti i condomini, sicché la controversia riguardi
l'esistenza stessa della condominialità e pertanto un rapporto soggettivo unico ed inscindibile, nel qual caso è
necessaria la presenza nel processo anche degli altri condomini, dovendo la pronuncia avere effetto nei confronti di
tutti.
Cass. 26/10/94 - n. 8777 - terrazze a livello - tetto
La trasformazione in tutto o in parte nell'ambito di un condominio di un bene comune in bene esclusivo di uno dei
condomini può essere validamente deliberata soltanto all'unanimità, ossia mediante una decisione che abbia valore
contrattuale. Nella specie la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito la quale aveva dichiarato la nullità
della deliberazione dell'assemblea presa a maggioranza con cui un condomino era stato autorizzato ad aprire un
varco nel tetto, trasformandolo in terrazza a livello per il proprio uso esclusivo.
Cass. 29/10/94 - n. 8946 - rappresentanza
La rappresentanza processuale dell'amministratore del condominio dal lato passivo, ai sensi del comma 2 dell'art.
1131 c.c., non incontra limiti quando le domande proposte contro il condominio medesimo riguardano le parti comuni
dell'edificio. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio enunciato, ha confermato la sentenza di merito, la
quale aveva ritenuto ben instaurata nei confronti del condominio l'azione tendente ad ottenere la consegna della
chiave del cancello d'accesso alla scala dell'edificio, che l'attore presupponeva anche ad esso comune e, come tale,
illegittimamente sottratta al suo godimento).
Cass. 04/11/94 - n. 9062 - parti comuni in genere
Ai fini di stabilire se esista un titolo contrario alla presunzione di comunione sancita dalla norma dell'art. 1117 c.c.
occorre fare riferimento all'atto costitutivo del condominio, cioè al primo atto di trasferimento di una unità immobiliare
dall'originario proprietario ad altro soggetto.
Cass. 07/11/94 - n. 9221 - parti comuni in genere - pertinenze
Il vincolo pertinenziale comport a l'esclusività della funzione accessoria, onde nell'ipotesi di un immobile
contemporaneamente adibito al servizio di diversi altri, appartenenti ciascuno a proprietari diversi può solo verificarsi
un caso di proprietà comune ovvero un caso di servitù. In tema di condominio la presunzione di proprietà comune di
ciascuna delle parti indicate nell'art. 1117 c.c. non può essere vinta se non da elementi di significato certo ed univoco,
idonei a far ritenere che la parte in contestazione sia stata considerata dalla comune volontà dei contraenti oggetto
della proprietà esclusiva di uno di essi.
Cass. 15/11/94 - n. 9629 - rimborso spese anticipate dal condominio
L'esperibilità dell'azione generale di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c. postula, per il disposto dell'art. 2042,
la non esperibilità di altra azione per conseguire l'indennizzo del pregiudizio subito. Ne consegue che il giudice, in
presenza di una pluralità di domande - oltre quella ex art. 2041 c.c. - fondate su titoli diversi, deve preliminarmente
decidere sulla fondatezza di queste ultime e solo ove decida di non accoglierle potrà esaminare l'azione sussidiaria di
arricchimento, sempreché l'impossibilità di proporre quest'ultima non derivi da un divieto stabilito dalla legge. (Nella
specie, un condomino aveva chiesto il rimborso della spesa sostenuta per la manutenzione della cosa comune, in
base ad un triplice titolo: l'accordo di tutti i condomini, l'urgenza della spesa ex art. 1134 c.c. e l'arricchimento senza
causa. La Suprema Corte nel formulare il principio di cui in massima ha precisato che al condomino non compete
l'azione di arricchimento in caso di spesa non urgente, stante il divieto di rimborso stabilito dall'art. 1134 c.c. al di fuori
delle ipotesi ivi previste).
Cass. 29/11/94 - n. 10217 - autorimesse - parcheggi - posti auto
La norma di cui all'art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765 - la quale stabilisce che nelle nuove costruzioni ed anche
nelle opere di pertinenza delle costruzioni stesse debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione - pone un vincolo pubblicistico di destinazione
degli spazi in questione al servizio delle unità abitative dei condomini, ma tale regime, rimasto immutato anche dopo
l'entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (il cui art. 26, ultimo comma, stabilisce che gli spazi anzidetti
costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818 e 819 c.c.), non comporta affatto
che le aree di parcheggio, fermo il vincolo di destinazione, rientrino tra le parti comuni dell'edificio a norma dell'art.
1117 c.c. e tanto meno che il loro godimento da parte dei proprietari delle unità abitative debba essere gratuito ove
esse siano rimaste di proprietà del costruttore o di un terzo.
Cass. 03/12/94 - n. 10397 - sopraelevazione
L'art. 1127 del codice civile, disciplinante il regime legale delle sopraelevazioni, è derogabile, come emerge
dall'espressa riserva contenuta nel comma 1, da una convenzione preesistente o coeva alla costituzione del
condominio. Ne consegue che il divieto assoluto di sopraelevazione - nella specie, stabilito dal regolamento di
condominio (costituente parte integrante del contratto di acquisto dei singoli cespiti) a carico dell'ultimo piano
dell'edificio ed a favore tanto delle parti di proprietà comune, quanto delle unità immobiliari in proprietà esclusiva
dell'edificio - avendo sostanzialmente natura di servitù altius non tollendi, può essere fatto valere sia dai singoli
condomini che dal condominio.
Cass. 13/12/94 - n. 10652 - distanze legali - tubature - usucapione
Il requisito della continuità, necessario per la configurabilità del possesso ad usucapionem, ex art. 1158 c.c., si fonda
sulla necessità che il possessore esplichi costantemente il potere di fatto corrispondente al diritto reale posseduto e lo
manifesti con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità ed alla destinazione della cosa e tali da
rivelare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria di fatto sulla cosa stessa contrapposta all'inerzia del
titolare del diritto. La continuità si distingue, pertanto, dall'interruzione del possesso, giacché la prima si riferisce al
comportamento del possessore, mentre la seconda deriva dal fatto del terzo che privi il possessore del possesso
(interruzione naturale) o dall'attività del titolare del diritto reale che compia un atto di esercizio del diritto medesimo.
Nella specie, il possessore di una servitù di veduta ne aveva dismesso per un certo periodo l'esercizio, eliminando
con la schermatura di una terrazza ogni possibilità di inspectio e di prospectio sul fondo limitrofo. La distanza di
almeno un metro dal confine che l'art. 889, comma 2, c.c. prescrive per l'installazione dei tubi dell'acqua, del gas e
simili, si riferisce alle condutture che abbiano un flusso costante di sostanze liquide o gassose e, conseguentemente,
comportino un permanente pericolo per il fondo vicino, in relazione alla naturale possibilità di trasudamento e di
infiltrazioni. Detta norma, pertanto, non è applicabile con riguardo alle canne fumarie per la dispersione dei fumi delle
caldaie le quali, avendo una funzione identica a quella del camino, vanno soggette alla regolamentazione di cui all'art.
890 c.c. e, quindi, poste alla distanza fissata dai regolamenti locali.
Cass. 14/12/94 - n. 10704 - porte - vedute
Nel caso di edifici in condominio, i proprietari dei singoli piani possono utilizzare i muri comuni, nella parte
corrispondente agli appartamenti di proprietà esclusiva, aprendovi nuove porte o vedute preesistenti o trasformando
finestre in balconi o in pensili, a condizione che l'esercizio della indicata facoltà, disciplinata dagli artt. 1102 e 1122
c.c., non pregiudichi la stabilità e il decoro architettonico dell'edificio e non menomi o diminuisca sensibilmente la
fruizione di aria e luce per i proprietari dei piani inferiori. Nella specie il giudice di merito, con la sentenza confermata
dalla Suprema Corte, aveva ritenuto sussistente una sensibile diminuzione di aria e luce in danno dell'appartamento
sito al piano terra, in conseguenza della costruzione di balconi da parte dei proprietari degli appartamenti siti al primo
e al secondo piano, in relazione anche alla giacitura particolare dell'edificio condominiale, il cui piano terra si trovava
di circa due metri al di sotto della latistante via pubblica.
Cass. 14/12/94 - n. 10699 - innovazione - sopraelevazione - uso della cosa comune
Poiché l'uso della cosa comune è sottoposto dall'art. 1102 c.c. ai due limiti fondamentali consistenti nel divieto per
ciascun partecipante di alterarne la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il
loro diritto, esso non può estendersi alla occupazione di una parte del bene comune, tale da portare, nel concorso
degli altri requisiti di legge, alla usucapione della parte occupata.
La normativa dell'art. 936 c.c. postula che autore delle opere realizzate su suolo altrui sia un terzo e, pertanto, non
potendo qualificarsi come tali il titolare di un qualsiasi diritto, di natura reale o personale avente oggetto il fondo su cui
le opere sono state eseguite, la normativa suddetta non si applica quando l'autore delle opere sia uno dei
comproprietari del fondo. Ove una fattispecie trovi specifica disciplina nell'art. 1102, che regola l'uso della cosa
comune da parte dei partecipanti alla comunione, è preclusa l'applicazione alla stessa, in via analogica, dell'art. 936
c.c. in materia di accessione, non essendo consentito il ricorso alle disposizioni che regolano casi simili o materie
analoghe (c.d. analogia legis) in assenza di una qualsivoglia lacuna dell'ordinamento.
L'art. 1127 c.c. in tema di sopraelevazione sopra l'ultimo piano dell'edificio, essendo inserito nella regolamentazione
del condominio, più specifica rispetto a quella della comunione in generale, ed avendo, nel comma 1, quale
destinatario il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio, postula una divisione della proprietà in senso orizzontale e non
trova pertanto applicazione nella comunione disciplinata negli artt. da 1100 a 1116 cod. civ.In materia di innovazioni e
di altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione il consenso dei partecipanti alla comunione deve risultare espresso
nelle forme previste dall'art. 1108 cod. civ.
Cass. 23/12/94 - n. 11138 - sottosuolo uso della cosa comune
Per il combinato disposto degli artt. 1117 e 840 c.c., il sottosuolo costituito dalla zona esistente in profondità al di sotto
dell'area superficiaria che è alla base dell'edificio condominiale, ancorché non menzionato espressamente da detto
art. 1117, va considerato di proprietà comune in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva a uno
dei condomini, e ciò anche con riguardo alla funzione di sostegno che esso contribuisce a svolgere per la stabilità del
fabbricato. Pertanto, un condomino non può senza il consenso degli altri partecipanti alla comunione procedere alla
escavazione in profondità del sottosuolo per ricavarne nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti, giacché con
l'attrarre la cosa comune nell'orbita della sua disponibilità esclusiva, viene a ledere il diritto di proprietà dei condomini
su una parte comune dell'edificio. L'esercizio della facoltà di ogni condomino di servirsi della cosa comune, nei limiti
indicati dall'art. 1102 c.c., deve esaurirsi nella sfera giuridica e patrimoniale del diritto di comproprietà sulla cosa
medesima e non può essere esteso, quindi, per il vantaggio di altre e diverse proprietà del medesimo condomino
perché in tal caso si verrebbe ad imporre una servitù sulla cosa comune per la cui costituzione è necessario il
consenso di tutti i condomini.
Cass. 24/12/94 - n. 11155 - amministratore
Le norme del codice civile sulla nomina, la revoca e l'attività dell'amministratore del condominio negli edifici (artt. 1129
c.c. 64 e 65 att. c.c.) non escludendo la possibilità che l'amministrazione del condominio sia affidata ad una pluralità di
amministratori dato che, per un verso, la carenza di una specifica disposizione per l'individuazione tra i diversi
amministratori di quello tenuto a rappresentare il condominio nei rapporti con i terzi comporta solo, ai sensi dell'art.
1131 c.c., l'attribuzione a tutti del potere di rappresentanza anche nei confronti di terzi e che, per altro verso, grazie al
rinvio alle norme sulla comunione, operato dall'art. 1139 c.c., deve ritenersi applicabile al condominio negli edifici l'art.
1106 c.c., che, per una esigenza di tutela degli interessi dei comproprietari e di razionalizzazione delle
amministrazioni particolarmente complesse, comune anche al condominio negli edifici, espressamente consente la
delega per l'amministrazione della cosa comune ad uno o più partecipanti o anche ad un estraneo. Ne consegue la
possibilità che l'amministrazione del condominio sia affidata anche ad una società di fatto in cui la disciplina del potere
di amministrazione come derivante da un rapporto di mandato fra la collettività dei soci amministratori (art. 2260 c.c.)
e l'attribuzione, nei rapporti esterni, della rappresentanza del socio amministratore (art. 2266 c.c.) presenta un
notevole parallelismo con quella dell'art. 1131 c.c., alla quale aggiunge la predisposizione di regole legali per la
risoluzione del conflitto tra gli amministratori (art. 2257), dovendosi escludere che la possibilità di inserimento di nuovi
soci, nelle società di persone, si rilevi incompatibile con il carattere personale del mandato conferito all'amministratore
dall'assemblea dei condomini, dato che, come nel caso di nomina dell'amministratore unico, che è dotato della facoltà
di delega dei suoi poteri ad un sostituto, l'intuitus personae risiede nella originaria scelta del mandatario e che
l'ingresso di nuovi soci non riduce, ma semmai accresce, la garanzia per i condomini.
SENTENZE 1995
Cass. Civ. 384 - 13/1/95
Quella prevista dall'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 è un'assemblea condominiale allargata alla
partecipazione, per determinate materie (spese e modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e
condizionamento dell'aria), dei conduttori, i quali, su queste, deliberano in luogo dei condomini. Trattasi di un'ipotesi
di sostituzione legale del conduttore al locatore, ispirata dal principio che, poiché le spese di riscaldamento gravano
su di lui (art. 9 della legge n. 392 del 1978), il conduttore è maggiormente interessato alle relative deliberazioni. Ne
consegue che le predette disposizioni si riferiscono solo ai rapporti tra locatore e conduttore, mentre il condominio,
essendo privo di un'azione diretta nei confronti del conduttore - tant'è che l'art. 5 della legge stessa prevede la
risoluzione del contratto di locazione, a favore del solo locatore, se il conduttore non gli rifonde gli oneri accessori a
suo carico - può rivolgersi solo ai condomini per il rimborso delle spese condominiali.
Cass. Civ. 602 - 19/01/95
La delibera condominiale di accertamento e ricognizione dell'esistenza di una determinata tabella millesimale, con
riserva di successivo riesame, ed il pagamento per diversi anni da parte dei condomini in base a tale tabella
accertata essere di fatto applicata, costituiscono prova certa e sicura della vigenza di quella tabella che rappresenta
il criterio concreto di ripartizione delle spese per la gestione delle cose comuni. Ne consegue che il singolo
condomino, il quale per vari anni ha effettuato il pagamento in base a tabella millesimale di fatto in vigore - ancorché
difforme da quella originaria - non può opporsi al decreto ingiuntivo, emesso ai sensi dell'art. 63 att. c.c., finché non
propone domanda giudiziaria (nei confronti di tutti i condomini e non del solo amministratore) diretta ad ottenere la
revisione di tale tabella di fatto e salva ripetizione delle maggiori somme pagate.
Cass. Civ. 724 - 23/01/95
Le norme sulle distanze legali, le quali sono fondamentalmente rivolte a regolare rapporti tra proprietà autonome e
contigue, sono applicabili anche nei rapporti tra il condominio ed il singolo condomino di un edificio condominiale nel
caso in cui esse siano compatibili con l'applicazione delle norme particolari relative all'uso delle cose comuni (art.
1102 c.c.), cioè nel caso in cui l'applicazione di queste ultime non sia in contrasto con le prime e delle une e delle
altre sia possibile una complementare; nel caso di contrasto, prevalgono le norme relative all'uso delle cose comuni,
con la conseguenza della inapplicabilità di quelle relative alle distanze legali che, nel condominio di edifici e nei
rapporti tra il singolo condomino ed il condominio stesso, sono in rapporto di subordinazione rispetto alle prime.
(Nella specie, si trattava della installazione, in appoggio al muro condominiale, ed in prossimità della finestra di un
condomino, della canna fumaria della centrale termica condominiale).
Cass. Civ. 870 - 25/01/95
Poiché a norma dell'art. 1122 c.c. il limite alla facoltà di ogni condomino di eseguire opere sul proprio piano (o
porzione di piano di sua proprietà) si identifica in ogni danno consistente nella diminuzione di valore della cosa
comune riferito alla funzione della cosa, considerata nella sua unità, costituisce danno per le cose comuni anche il
pericolo attuale e non meramente ipotetico connesso con il rischioso funzionamento o con la realizzazione imperfetta
di un impianto autonomo di riscaldamento, quando la tecnica di realizzazione e la complessità delle operazioni
necessarie per l'uso dello stesso comportino la possibilità di recare danno all'impianto di riscaldamento centrale.
Cass. Civ. - 948 - 26/01/95
In tema di condominio, poiché l'art. 70 att. c.c. prevede che per le infrazioni al regolamento di condominio può essere
stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a lire cento, sono nulle, in quanto contra legem, le
eventuali disposizioni del regolamento di condominio che dovessero prevedere sanzioni di importo maggiore
Cass. Civ. 1028 - 28/01/95
L'accettazione, da parte dei condomini, della tabella millesimale predisposta dal venditore- costruttore ed allegata ai
singoli contratti di vendita dà luogo ad una convenzione sui criteri di ripartizione delle spese che, anche se si
discosta da quelli fissati dalla legge per la ripartizione delle spese relative alle parti comuni dell'edificio, è vincolata
tra le parti, attesa la derogabilit à dei predetti criteri legali, salva la possibilità di revisione delle tabelle millesimali per
errore sul valore effettivo delle singole unità immobiliari, prevista dall'art. 69 att. cod. civ.
Cass. Civ. 1033 -28/01/95
La comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea dei condomini può essere data con qualsiasi forma
idonea al raggiungimento dello scopo e può essere provata anche da univoci elementi dai quali risulti che il
condomino ha, in concreto, ricevuta la notizia. (Nella specie, si è ritenuta sufficiente la prova desumibile da un foglio
nel quale risultava apposta la firma dei condomini per "ricevuta convocazione assemblea condominiale del 25-26
febbraio 1988).
Cass. Civ. 1255 - 02/02/95
Nel condominio degli edifici la comproprietà delle parti comuni indicate dall'art. 1117 del codice civile e, più in
generale, che servono per l'esistenza e l'uso delle singole proprietà immobiliari, alla quale si lega l'obbligo di
partecipazione alle relative spese di manutenzione e conservazione (che il comma 1 dell'art. 1123 c.c. pone a carico
dei condomini in proporzione delle rispettive quote, indipendentemente dalla misura dell'uso) ha il suo fondamento
nel collegamento strumentale, materiale o funzionale ed, in altri termini, nella relazione di accessorio a principale con
le singole unità (piani o porzioni di piano) in proprietà individuale dell'immobile, per cui le cose, i servizi e gli impianti
necessari per l'esistenza e l'uso delle unità immobiliari di una parte soltanto dell'edificio appartengono solo ai
proprietari di queste (unità) e non ai proprietari delle unità immobiliari dell'altra parte, rispetto alle quali manca quel
rapporto di pertinenza che è il presupposto necessario del diritto di comunione. Ne consegue che le spese di
manutenzione e conservazione delle cose e degli impianti che servono solo una parte del fabbricato, formando
oggetto di condominio separato, debbono essere sostenute solo dai proprietari delle unità immobiliari di questa
parte, e non dagli altri, secondo il principio generale del comma 3 dell'art. 1123 c.c., a norma del quale "quando un
edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti le spese relative alla loro manutenzione sono a carico
del gruppo di condomini che ne trae utilità (nel caso specifico, è stato negato che i proprietari dei box contenuti in un
immobile che, benché posto all'interno del perimetro condominiale delimitato da un muro di cinta, era separato
dall'edificio con le unità abitative, dovessero concorrere alle spese di manutenzione della facciata di questo edificio).
Cass. Civ. 1455 - 09/02/95
Nel condominio degli edifici la comproprietà delle parti comuni indicate dall'art. 1117 del codice civile e, più in
generale, che servono per l'esistenza e l'uso delle singole proprietà immobiliari, alla quale si lega l'obbligo di
partecipazione alle relative spese di manutenzione e conservazione (che il comma 1 dell'art. 1123 c.c. pone a carico
dei condomini in proporzione delle rispettive quote, indipendentemente dalla misura dell'uso) ha il suo fondamento
nel collegamento strumentale, materiale o funzionale ed, in altri termini, nella relazione di accessorio a principale con
le singole unità (piani o porzioni di piano) in proprietà individuale dell'immobile, per cui le cose, i servizi e gli impianti
necessari per l'esistenza e l'uso delle unità immobiliari di una parte soltanto dell'edificio appartengono solo ai
proprietari di queste (unità) e non ai proprietari delle unità immobiliari dell'altra parte, rispetto alle quali manca quel
rapporto di pertinenza che è il presupposto necessario del diritto di comunione. Ne consegue che le spese di
manutenzione e conservazione delle cose e degli impianti che servono solo una parte del fabbricato, formando
oggetto di condominio separato, debbono essere sostenute solo dai proprietari delle unità immobiliari di questa
parte, e non dagli altri, secondo il principio generale del comma 3 dell'art. 1123 c.c., a norma del quale "quando un
edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti le spese relative alla loro manutenzione sono a carico
del gruppo di condomini che ne trae utilità (nel caso specifico, è stato negato che i proprietari dei box contenuti in un
immobile che, benché posto all'interno del perimetro condominiale delimitato da un muro di cinta, era separato
dall'edificio con le unità abitative, dovessero concorrere alle spese di manutenzione della facciata di questo edificio).
Cass. Civ. 1560 -13/02/95
I divieti e le limitazioni di destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, come i
vincoli di una determinata destinazione ed il divieto di mutare la originaria destinazione, posti con il regolamento
condominiale predisposto dall'originario proprietario ed accettati con l'atto d'acquisto, devono risultare da una volontà
chiaramente ed espressamente manifestata nell'atto o da una volontà desumibile, comunque, in modo non equivoco
dall'atto stesso, e non è certamente sufficiente, a tal fine, la semplice indicazione di una determinata attuale
destinazione delle unità immobiliari medesime, trattandosi di una volontà diretta a restringere facoltà normalmente
inerenti alla proprietà esclusiva da parte dei singoli condomini. I divieti e le limitazioni di cui sopra possono essere
formulati nel regolamento sia mediante la elencazione delle attività vietate (in tal caso, al fine di stabilire se una
determinata destinazione sia vietata o limitata, basterà verificare se la destinazione stessa sia inclusa nell'elenco) sia
mediante riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare; in questo secondo caso, naturalmente, al fine
suddetto, è necessario accertare la idoneità in concreto della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti
che si vollero evitare.
Cass. Civ. 1597 - 14/02/95
Il distacco delle diramazioni relative ad una o più unità immobiliari dell'edificio condominiale dall'impianto centrale di
riscaldamento è consentito quando il condomino interessato provi che da questo deriverà un'effettiva proporzionale
riduzione delle spese di esercizio e non si verificherà uno squilibrio in pregiudizio del regolare funzionamento
dell'impianto centrale stesso.
Cass. Civ. 1890 - 21/02/95
In materia di condominio negli edifici, al potere dell'assemblea del condominio di deliberare, nelle forme e con le
maggioranze prescritte, l'esecuzione delle opere necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti
comuni e per l'esercizio dei servizi condominiali, fa riscontro l'obbligo di ciascun condomino di contribuire alle relative
spese, discendente dalla titolarità del diritto reale sull'immobile ed integrante un'obbligazione propter rem
preesistente all'approvazione, da parte dell'assemblea, dello stato di riparto, ed in concreto direttamente correlato
alla precedente deliberazione, di esecuzione delle opere. Ne consegue che, quando la contestazione del condomino
investa, prima ancora che il quantum dell'obbligo di contribuzione, il relativo an, è tale ultima deliberazione che deve
essere impugnata nel termine di decadenza di cui all'art. 1137, comma 3, c.c., ove si assuma essere la deliberazione
affetta da vizi formali, perché presa in violazione di prescrizioni legali, convenzionali o regolamentari attinenti al
procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, o da eccesso di potere o da incompetenza;
svincolata da tale termine è invece la delibera radicalmente nulla perché esorbitante dai limiti delle attribuzioni
dell'assemblea o concernente innovazioni lesive dei diritti di ciascun condomino sulle cose o servizi comuni o su
quelle di proprietà esclusiva di ognuno di essi.
Cass. Civ. 1980 - 22/02/95
Nella causa promossa da un condomino contro il condominio, ai sensi dell'art. 1136, comma sesto, c.c., l'assemblea
del condominio, chiamata a dichiarare se debba costituirsi e resistere, non può deliberare, se non consta che sono
stati invitati tutti i condomini, ivi compreso il condomino che ha promosso la causa.
Cass. Civ. 2133 - 24/02/95
L'assemblea del condominio in un edificio, in sede di approvazione del consuntivo di lavori eseguiti su parti comuni
del fabbricato e di ripartizione della relativa spesa, ben può riconoscere a posteriori opportunamente e
vantaggiosamente realizzati detti lavori, ancorché non previamente deliberati ovvero, a suo tempo, non deliberati
validamente, ed approvarne la relativa spesa, restando, in tal caso, la preventiva formale deliberazione dell'opera
utilmente surrogata dall'approvazione del consuntivo della spesa e della conseguente ripartizione del relativo importo
fra i condomini.
Cass. Civ. 2329 - 01/03/95
Il condominio può deliberare, con la maggioranza qualificata di cui al comma 1 dell'art. 1120 c.c., che il dismesso
impianto centralizzato di riscaldamento sia mantenuto in esercizio solo per il riscaldamento dei locali condominiali,
trattandosi di un'attività che, senza alterarne la consistenza e la destinazione originaria, attua il potenziamento ed il
migliore godimento della cosa comune.
Cass. Civ. 2324 - 01/03/95
La norma di cui all'art. 1117 c.c., che include le scale tra le cose che si presumono comuni, ove non risulti
espressamente dal titolo, non è limitata all'ipotesi di edifici divisi per piano, ma è applicabile, per analogia, anche
quando si tratti di edifici limitrofi appartenenti a proprietari diversi, persino se aventi caratteristiche di edifici autonomi,
sempre che le cose di cui si controverte, pur insistenti sull'area di uno solo di essi (o a cavallo del confine), risultino
destinate oggettivamente e stabilmente alla conservazione o all'uso di entrambi gli edifici medesimi.
Cass. Civ. 2861 - 11/03/95
Nel caso in cui un cortile a livello del piano stradale, che sia in uso esclusivo al condominio, funga da copertura ad
un locale cantinato di proprietà di un terzo, ove dalla cattiva manutenzione del cortile siano derivate infiltrazioni
d'acqua nel sottostante locale, l'obbligazione risarcitoria del condominio trova la sua fonte, non già nelle norme in
materia di ripartizione degli oneri condominiali di cui agli artt. 1123, 1125 e 1126 c.c., bensì nel disposto dell'art. 2051
c.c., con la conseguenza che, ai fini dell'accertamento della responsabilità, è sufficiente che il danneggiato fornisca
la prova di una relazione tra la cosa in custodia e l'evento dannoso (che risulti riconducibile ad una anomalia,
originaria o sopravvenuta nella struttura e nel funzionamento della cosa stessa), nonché dell'esistenza di un effettivo
potere fisico su di essa da parte del custode, sul quale incombe il dovere di vigilare onde evitare che produca danni
a terzi.
Cass. Civ. 3366 - 23/03/95
L'art. 1130 n. 4 c.c. che attribuisce all'amministratore del condominio il potere di compiere gli atti conservativi dei
diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio deve interpretarsi estensivamente nel senso che oltre agli atti conservativi
necessari ad evitare pregiudizi a questa od a quella parte comune, l'amministratore ha il potere-dovere di compiere
analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l'edificio condominiale unitariamente considerato. Rientra,
pertanto, nel novero degli atti conservativi di cui all'art. 1130 n. 4 l'azione dell'art. 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi
difetti di costruzione, nel caso in cui questi riguardino l'intero edificio condominiale e i singoli appartamenti,
vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l'amministratore del condominio ed i
singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione fra parti comuni e singoli
appartamenti o parte di essi soltanto.
Cass. Civ. 3368 - 23/03/95
Non sussiste un rapporto di inscindibilità fra le cause riguardanti i vari condomini di un edificio in ordine all'uso delle
cose comuni sicché non ricorre la necessità di integrazione del contraddittorio in sede di impugnazione ex art. 331
c.p.c. nei confronti del condominio pretermesso. La nozione di pari uso della cosa comune che ogni compartecipe
nell'utilizzare la cosa medesima deve consentire agli altri, a norma dell'art. 1102 c.c., non va intesa nel senso di uso
identico perché l'identità nello spazio o addirittura nel tempo potrebbe importare il divieto per ogni condomino di fare
della cosa comune un uso particolare o a proprio esclusivo vantaggio. Ne deriva che per stabilire se l'uso più intenso
da parte di un condomino venga ad alterare il rapporto di equilibrio fra i partecipanti al condominio - e perciò da
ritenersi non consentito a norma dell'art. 1102 - non deve aversi riguardo all'uso fatto in concreto di detta cosa da
altri condomini in un determinato momento, ma di quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno.
Cass. Civ. 3708 -29/03/95
Qualora un servizio condominiale (nella specie: portierato) sia previsto nel regolamento di condominio, la sua
soppressione comporta una modificazione del regolamento che deve essere approvata dall'assemblea con la
maggioranza stabilita dall'art. 1136, secondo comma, c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la
metà del valore dell'edificio) richiamato dall'art. 1138, comma 3.
Cass. Civ. 3840 - 01/04/95
L'opera nuova può dare luogo ad una innovazione anche quando, oltre che la cosa comune o sue singole parti,
interessi beni o parti a questa estranei ma ad essa funzionalmente collegati. Anche in tal caso, quindi, se l'opera, pur
essendo utilizzabile da tutti i condomini, è stata costruita esclusivamente a spese di uno solo dei condomini, questo
ne rimane proprietario esclusivo solo fino alla richiesta degli altri di partecipare ai vantaggi della stessa contribuendo,
ai sensi dell'art. 1120 c.c., alle spese per la sua costruzione e manutenzione. (Nella specie, si trattava di un
ascensore per il collegamento dell'androne dell'edificio condominiale con una strada posta ad un livello notevolmente
inferiore, costruito con opere che interessavano, oltre che l'androne ed il sottosuolo comuni, anche un terreno in
proprietà esclusiva del condomino che le aveva eseguite).
Cass. Civ. 4156 -11/04/95
Allorquando, ai sensi degli artt. 61 e 62 att. c.c., l'unico condominio comprendente un complesso immobiliare si
sciolga e si costituiscano tanti condominii separati, si verifica, ai fini processuali, una situazione cui va applicata, in
via analogica, la disposizione di cui all'art. 110 c.p.c. Ne consegue che il processo intrapreso contro l'originario
condominio, venuto meno quest'ultimo, deve essere proseguito nei confronti dei nuovi condominii risultanti dallo
scioglimento.
Cass. Civ. 4465 -20/04/95
In virtù della natura pubblicistica del vincolo di destinazione che l'art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765 ha imposto
sulle aree di parcheggio pertinenti ai fabbricati ed alle esigenze di carattere generale che stanno alla base
dell'imposizione del detto vincolo, nelle ristrutturazioni di edifici preesistenti alla sua entrata in vigore che comportino
la realizzazione di fabbricati dotati di spazi di parcheggio, questi, entro i limiti quantitativi stabiliti dalla legge, restano
assoggettati alla disciplina di cui alla citata disposizione normativa e, quindi, al diritto d'uso dei proprietari dei
fabbricati stessi e delle relative porzioni. Ogni partecipante al condominio è titolare della facoltà di agire anche da
solo e individualmente a difesa dei diritti comuni inerenti al fabbricato condominiale ed alle sue componenti.
Pertanto, sussiste la legittimazione del singolo condomino ad agire, in base all'art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765,
per l'accertamento del diritto condominiale di uso degli spazi di parcheggio inerenti al fabbricato. A norma dell'art.
345 c.p.c., può configurarsi un mutamento di domanda non consentito, riguardo al petitum, solo quando risulti
innovato l'oggetto della pretesa, inteso non come petitum immediato (ossia, come provvedimento richiesto), bensì
come petitum mediato (cioè, come richiesta di attribuzione di un determinato bene). Ne consegue che è da
escludere la ravvisabilità di una mutatio libelli vietata, dovendosi invece ritenere ricorrente una consentita emendatio,
allorché la modifica della domanda iniziale venga ad incidere sul petitum solo nel senso di adeguarlo in una
direzione più idonea a legittimare la concreta attribuzione del bene materiale oggetto dell'originaria domanda. (Nella
specie, i ricorrenti avevano chiesto la tutela dei loro diritti sugli spazi di parcheggio di un edificio, a norma dell'art. 18
della L. 6 agosto 1967, n. 765, reclamando l'attribuzione del bene a titolo di dominio in primo grado ed a titolo di uso
in secondo grado. Il giudice d'appello aveva ritenuto improponibile la domanda siccome nuova. La Suprema Corte, in
applicazione dell'enunciato principio, ha ritenuto, invece, ricorrere una lecita emendatio libelli ed ha cassato la
pronunzia del giudice di merito).
Cass. Civ. 4588 -22/04/95
Il credito del locatore per il pagamento degli oneri condominiali posti a carico del conduttore dall'art. 9 della legge
sull'equo canone si prescrive nel termine di due anni indicato dall'art. 6 della L. 22 dicembre 1973, n. 841 per il diritto
del locatore al rimborso delle spese sostenute per la fornitura dei servizi posti, per contratto, a carico del conduttore,
perché tale norma, anche se inserita in una legge relativa alla proroga dei contratti di locazione degli immobili ad uso
d'abitazione, introduce una deroga al principio codicistico della prescrizione quinquennale del canone di locazione e
di ogni altro corrispettivo di locazione fissato dall'art. 2948, n. 3, c.c. che risponde ad un'esigenza di rapida
definizione di quell'accessorio rapporto giuridico, comune ad ogni locazione, e che è, pertanto, applicabile anche agli
oneri accessori dovuti dal conduttore in base all'art. 9 della L. 27 luglio 1978, n. 392, senza che a ciò osti l'art. 84 di
quest'ultima legge che, disponendo l'abrogazione di tutte le norme incompatibili con la legge sull'equo canone, non
può essere riferita anche alla disposizione in materia di prescrizione del sopra citato art. 6, che trascende il regime
vincolistico.In tema di condominio negli edifici, dal combinato disposto degli artt. 1137 c.c., 9 e 10 della L. 27 luglio
1978, n. 392 si desume che il conduttore, il quale abbia partecipato all'assemblea condominiale avente ad oggetto le
spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e condizionamento d'aria o sia stato posto in condizione
di parteciparvi, contribuendo alla relativa deliberazione, non può, nel caso che abbia omesso di impugnare la
deliberazione stessa, sottrarsi dal rimborsare al condomino - locatore le menzionate spese, a meno che non provi,
nel caso che lamenti la mancanza o l'insufficienza della relativa fornitura, che esse derivino da difetti o guasti della
parte dell'impianto di esclusiva proprietà del condomino - locatore stesso (art. 1117 c.c.), la cui riparazione sia posta
dalla legge a carico di quest'ultimo (artt. 1575 e 1576 c.c.).
Cass. Pen. 5215 - 09/5/95
Ai fini della configurabilità dei reati di cui agli artt. 659, comma primo, e 674 c.p., l'attitudine, rispettivamente, dei
rumori a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone e delle emissioni di gas, vapori o fumi a molestare
persone non deve necessariamente essere accertata mediante perizia, ben potendo, al contrario, il giudice, secondo
le regole generali, fondare il proprio convincimento al riguardo su elementi probatori di diversa natura quali, in
particolare, le dichiarazioni testimoniali di coloro che siano in grado riferire caratteristiche ed effetti dei rumori e delle
emissioni summenzionati, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente
soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dai dichiaranti
medesimi. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto che legittimamente fosse stata affermata
la responsabilità dell'imputato, gestore di una discoteca, in ordine ai reati in questione, sulla base delle dichiarazioni
testimoniali di soggetti i quali avevano riferito che durante le ore notturne non riuscivano a dormire a cagione delle
emissioni sonore provenienti da detta discoteca e che i fumi parimenti da essa provenienti invadevano abitualmente
la tromba delle scale condominiali).
Cass. Civ. 5385 - 16/5/95
Il condomino è tenuto al pagamento dei contributi per le spese preesistenti all'approvazione del bilancio, ma fornite di
forza esecutiva in quanto costituenti obbligazione nei confronti di terzi estranei.
Cass. Civ. 5612 - 22/5/95
L'actio negatoria servitutis può essere utilmente esperita anche soltanto da uno dei comproprietari del fondo, senza
che ciò comporti la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri.
Cass. Civ. 5640 - 23/5/95
Il comproprietario può usucapire la proprietà esclusiva della cosa comune solo possedendola, animo domini, per il
tempo necessario, in modo inconciliabile con la possibilità di fatto di un godimento comune, come nel caso in cui la
cosa venga attratta nella sua sfera di materiale ed esclusiva disponibilità mediante una attività che valga, comunque,
ad escludere il concorrente compossesso degli altri comproprietari.
Cass. Civ. 6496 - 8/6/95
Per decoro architettonico del fabbricato, ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 c.c., deve intendersi l'estetica data
dall'insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti
dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica, fisionomia, senza che
occorra che si tratti di edificio di particolare pregio artistico. L'indagine volta a stabilire se, in concreto, un'innovazione
determini o meno alterazione del decoro architettonico, è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento
sfugge al sindacato di legittimità, se congruamente motivato. L'art. 1120 c.c., nel richiedere che le innovazioni della
cosa comune siano approvate dai condomini con una determinata maggioranza, mira essenzialmente a disciplinare
l'approvazione di innovazioni che comportino una spesa da ripartire tra tutti i condomini su base millesimale. Ne
consegue che, quando le spese debbano far carico esclusivamente al gruppo di condomini che ne trae utilità,
trattandosi di innovazioni destinate a servire solo una parte dell'edificio condominiale (art. 1123), terzo comma, c.c., il
computo della maggioranza prescritta dal primo comma dell'art. 1120 c.c. deve operarsi con riferimento ai soli
condomini interessati, ossia a quelli facenti parte di detto gruppo.
Cass. Civ. 7069 - 22/6/95
La facciata e il relativo decoro architettonico di un edificio costituiscono un modo di essere dell'immobile e così un
elemento del modo di godimento da parte del suo possessore; di conseguenza la modifica della facciata,
comportando una interferenza nel godimento medesimo, può integrare una indebita turbativa suscettibile di tutela
possessoria.
Cass. Civ. 7077 - 22/6/95
In tema di condominio di edifici il principio di proporzionalità tra spese ed uso di cui al secondo comma dell'art. 1123
c.c., secondo cui (salva contraria convenzione) le spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni
dell'edificio sono ripartite, qualora si tratti di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, in proporzione
dell'uso che ciascuno può farne, esclude che le spese relative alla cosa che in alcun modo, per ragioni strutturali o
attinenti alla sua destinazione, può servire ad uno o più condomini possano essere poste anche a carico di questi
ultimi. (Nella specie, si trattava delle spese di installazione delle porte tagliafuoco dell'atrio comune nel quale si
aprivano le porte di alcune autorimesse in proprietà esclusiva di singoli condomini, secondo le prescrizioni della
legge 7 dicembre 1984 n. 818 e del D.M. 16 febbraio 1982).
Cass. Civ. 7148 - 23/6/95
I balconi, essendo elementi accidentali rispetto alla struttura del fabbricato e non avendo funzione portante (assolta
da pilastri ed architravi), non costituiscono parti comuni dell'edificio ai sensi dell'art. 1117 c.c., anche se inseriti nella
facciata, in quanto formano parte integrante dell'appartamento che vi ha accesso come prolungamento del piano.
Conseguentemente la domanda di demolizione dei medesimi va proposta nei confronti dei condomini proprietari
degli appartamenti ai quali sono annessi i balconi, sicché il contraddittorio può considerarsi integro anche se non
sono stati chiamati in giudizio il condominio ovvero tutti gli altri condomini dell'edificio.
Cass. Civ. 7155 - 23/6/95
La domanda di accertamento del diritto reale di uso dell'area destinata a parcheggio condominiale ai sensi dell'art.
41 sexies della legge 17 agosto 1942 n. 1150 (nel testo novellato dalla legge 6 agosto 1967 n. 765) e dell'art. 26
comma 5 legge 28 febbraio 1985 n. 47, non è nuova rispetto alla domanda di accertamento del diritto di
comproprietà originariamente proposta dalla parte, quale proprietaria di una unità abitativa dell'edificio, perché non
altera radicalmente il petitum di tale domanda, il cui oggetto mediato (l'area condominiale destinata a parcheggio)
rimane comunque inalterato, ma lo modifica soltanto, adeguandolo in una direzione più idonea a legittimare la
concreta attribuzione del bene materiale che ne è oggetto.
Cass. Civ. 7544 - 08/7/95
La rappresentanza processuale dell'amministratore del condominio non incontra, dal lato passivo, limite alcuno nelle
controversie riguardanti cose o parti comuni, in ordine alle quali l'amministratore può, quindi, anche proporre
impugnazioni, compreso il ricorso per cassazione, senza autorizzazione dell'assemblea.
Cass. Civ. 7546 - 08/7/95
L'unità sistematica tra la disposizione dell'art. 1118 primo comma c.c., a norma del quale il diritto di ciascun
condomino sulle parti comuni dell'edificio è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, e
la disposizione del primo comma dell'art. 1123 c.c., per il quale le spese necessarie per la conservazione ed il
godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni
deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di
ciascuno, non impedisce, trattandosi di norme derogabili, che siano convenzionalmente previste discipline diverse e
differenziate tra loro dei diritti di ciascun condomino sulle parti comuni (che possono essere attribuiti in proporzione
diversa - maggiore o minore - rispetto a quella della sua quota individuale di piano o porzione di piano) e degli oneri
di gestione del condominio, che possono farsi gravare sui singoli condomini indipendentemente dalla rispettiva quota
di proprietà delle cose comuni o dall'uso. (Nella specie, è stata riconosciuta la validità dell'accordo che attribuiva ai
condomini, proprietari di unità abitative di diverso valore, un uguale diritto dominicale sulle parti comuni prevedendo
la formazione di tabelle millesimali solo ai fini della ripartizione delle spese di manutenzione e pulizia delle stesse).
Cass. Civ. 7752 - 15/7/95
L'uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante è sottoposto dall'art. 1102 c.c. a due limiti fondamentali,
consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nel divieto di impedire agli altri partecipanti di
farne parimenti uso secondo il loro diritto. Pertanto, a rendere illecito l'uso basta il mancato rispetto dell'una o
dell'altra delle due condizioni, sicché anche l'alterazione della destinazione della cosa comune determinato non
soltanto dal mutamento della funzione, ma anche dal suo scadimento in uno stato deteriore, ricade sotto il divieto
stabilito dall'art. 1102 cod. civ. Negli edifici condominiali l'utilizzazione delle parti comuni con impianto a servizio
esclusivo di un appartamento esige non solo il rispetto delle regole dettate dall'art. 1102 c.c., comportanti il divieto di
alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro
diritto, ma anche l'osservanza delle norme del codice in tema di distanze, onde evitare la violazione del diritto degli
altri condomini sulle porzioni immobiliari di loro esclusiva proprietà. Tale disciplina, tuttavia, non opera nell'ipotesi
dell'installazione di impianti che devono considerarsi indispensabili ai fini di una reale abitabilità dell'appartamento,
intesa nel senso di una condizione abitativa che rispetti l'evoluzione delle esigenze generali dei cittadini e lo svi luppo
delle moderne concezioni in tema di igiene, salvo l'apprestamento di accorgimenti idonei ad evitare danni alle unità
immobiliari altrui.
Cass. Civ. 8079 - 24/7/95
La dichiarazione del condomino soccombente di non voler avvalersi dell'impugnazione avverso la sentenza emessa
nei confronti suoi, del condominio e di altri condomini, è validamente resa, con effetti preclusivi della proponibilità del
gravame, nel corso di un'assemblea condominiale, senza necessità che il verbale nel quale essa viene riportata sia
sottoscritto dal condomino, giacché la dichiarazione di voler prestare acquiescenza ad una sentenza, potendo
essere resa anche tacitamente, non è soggetta al requisito della forma scritta, mentre la sottoscrizione del verbale
assembleare da parte dei condomini è necessaria solo quando la delibera abbia il contenuto di un contratto per il
quale sia richiesto ad substantiam il suddetto requisito.
Cass. Civ. 8085 - 25/7/95
Il potere di ogni condomino di agire per la gestione ordinaria della cosa comune, traendo origine dal diritto di
concorrere all'amministrazione di tale bene (art. 1105 c.c.), incontra il suo limite nell'obbligo di rispettare la volontà
della maggioranza. Pertanto, allorché un immobile locato appartenga ad una molteplicità di condomini e dagli stessi
sia congiuntamente stipulato il relativo contratto, è la maggioranza dei condomini a stabilire circa l'amministrazione
ed il godimento della cosa comune e quindi, della possibilità e volontà di disdire e far cessare, alla scadenza
contrattuale, il contratto di locazione, anche in contrasto con la minoranza dissenziente.
Cass. Civ. 8484 - 03/8/95
L'art. 10 della L. 27 luglio 1978 n. 392 non ha previsto che i conduttori possano sostituirsi al locatore nella gestione
dei servizi condominiali ed, in particolare, in quello della fornitura del riscaldamento, bensì ha introdotto un
meccanismo volto a consentire la partecipazione dei conduttori stessi alle assemblee condominiali con riguardo alle
decisioni dei proprietari locatori, senza che, nel caso di edifici non in condominio, ne derivi un obbligo del proprietario
dell'edificio di convocare in assemblea i conduttori. Ne consegue che non è configurabile in capo al proprietario
locatore né un inadempimento, né un obbligo di conseguente risarciment o dei danni in confronto del conduttore per
non averne convocato l'assemblea ed il conduttore non può invocare il principio di cui all'art. 1460 c.c. per esimersi
dal concorrere alle spese di riscaldamento.
Cass. Civ. 8602 - 04/8/95
L'azione concessa al proprietario ex art. 844 c.c., per far dichiarare l'illiceità delle immissioni moleste provenienti dal
fondo altrui e per impedire che l'immobile proprio le subisca, costituisce un'azione di carattere reale, che rientra nel
paradigma delle azioni negatorie predisposte a tutela della proprietà, in ordine alle quali il valore della causa va
determinato in base al disposto dell'art. 15 c.p.c. Ne consegue, che, quando agli atti non risulta il reddito dominicale
o la rendita catastale del bene immobile, si ha presunzione di competenza del giudice adito, e grava sul convenuto,
che eccepisce l'incompetenza per valore, l'onere di provare l'ammontare del predetto reddito o della predetta rendita
(o che, non risultando tali elementi di valutazione, la causa deve considerarsi di valore indeterminabile), senza che i
limiti di competenza per valore possano ritenersi superati per effetto di un'ulteriore richiesta risarcitoria, atteso che la
riserva di contenimento della competenza va riferita all'intero petitum.
Cass. Civ. 8643 - 07/8/95
Il contenuto ed i limiti della servitù di passaggio vanno desunti dal titolo costitutivo interpretato, ove occorra, anche in
rapporto alla situazione dei luoghi senza che questa possa assumere rilievo autonomo e preponderante. In ogni
caso, ove il titolo per la sua formulazione presenti dei dubbi sulle modalità di esercizio, la servitù deve ritenersi
costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente, sicché
correttamente viene riscontrata dal giudice di merito la sola servitù di passaggio pedonale, ove non si possano
ravvisare gli estremi del passaggio carrabile.
Cass. Civ. 9113 - 29/8/95
Sugli immobili oggetto di comunione concorrono, in difetto di prova contraria, pari poteri gestorii da parte di tutti i
comproprietari, in virtù della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri. Ne consegue che il
singolo condomino può stipulare il contratto di locazione avente ad oggetto l'immobile in comunione e che un
condomino diverso da quello che ha assunto la veste di locatore è legittimato ad agire per il rilascio del bene stesso
(senza che sia necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini), purché non risulti
l'espressa ed insuperabile volontà contraria degli altri comproprietari, la quale fa venire meno il presunto consenso
della maggioranza.
Cass. Pen. 9704 - 18/9/95
La violazione di cui al comma 1 dell'art. 659 c.p. - disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone - è un reato di
pericolo, ad integrare il quale è necessario e sufficiente che i rumori recanti disturbo abbiano una potenzialità
diffusiva verso un numero indeterminato di persone. Non è invece richiesto - contrariamente a quanto avviene per il
reato di procurato allarme presso l'Autorità di cui all'art. 658 c.p. - un attentato alla pubblica quiete od alla tranquillità
della collettività.
Cass. Civ. 10837 - 17/10/95
L'art. 70 att. c.c., in base al quale il regolamento di condominio può prevedere delle sanzioni pecuniarie a carico dei
trasgressori delle sue disposizioni, ha carattere di norma eccezionale in quanto contempla una cosiddetta "pena
privata" che ha come destinatari i condomini. Essa, pertanto non può ritenersi applicabile ai conduttori degli alloggi
condominiali, i quali, ancorché si trovino a godere delle parti comuni dell'edificio in base ad un rapporto obbligatorio,
rimangono estranei all'organizzazione condominiale.
Cass. Civ. 11068 - 24/10/95
Il contratto locativo stipulato tra il proprietario esclusivo dell'alloggio originariamente destinato al portiere ed il
condominio, ad uso di abitazione del portiere, non può essere inquadrato in nessuna delle categorie di cui alla legge
27 luglio 1978 n. 392 per uso abitativo o per uno degli usi di cui all'art. 27, restando quindi regolato dalla disciplina
ordinaria e residuale del codice civile. Le parti dell'edificio condominiale (locali per la portineria e per l'alloggio del
portiere ecc.) indicate al n. 2 dell'art. 1117 c.c. - che al pari di quelle indicate ai nn. 1 e 3 dello stesso articolo sono
oggetto di proprietà comune se il contrario non risulta dal titolo - sono anche suscettibili, a differenza delle parti
dell'edificio di cui ai citati nn. 1 e 3 di utilizzazione individuale in quanto la loro destinazione al servizio collettivo dei
condomini non si pone in termini di assoluta necessità. Pertanto, in relazione ad esse occorre accertare nei singoli
casi se l'atto che le sottrae alla presunzione di proprietà comune contenga anche la risoluzione o il mantenimento del
vincolo di destinazione derivante dalla loro natura, configurandosi nel secondo caso l'esistenza di un vincolo
obbligatorio propter rem fondato su una limitazione del diritto del proprietario e suscettibile di trasmissione in favore
dei successivi ac quirenti dei singoli appartamenti anche in mancanza di trascrizione (peraltro possibile ai sensi
dell'art. 2646 c.c.).
Cass. Civ. 11138 - 26/10/95
La deliberazione dell'assemblea condominiale di sigillare le cosiddette "canne pattumiere" non concreta
l'approvazione di un'innovazione vietata a norma del secondo comma dell'art. 1120 c.c., bensì la statuizione di una
modalità di svolgimento del servizio di smaltimento dei rifiuti, per il quale dette "canne" non sono indispensabili, che
può essere adottata dalla maggioranza dei condomini sulla base di valutazioni di opportunità (nella specie, relativa ai
costi ed alle ragioni di igiene) e, come tale, insindacabile, quanto al merito, dall'autorità giudiziaria.
Cass. Civ. 11197 - 27/10/95
Tra la domanda proposta dal condomino, nei confronti degli altri partecipanti al condominio, tendente ad ottenere il
rimborso delle spese effettuate per le cose comuni (nella specie, di riparazione del tetto dell'edificio condominiale), in
considerazione della loro urgenza, e la medesima domanda, fondata sulla prova dell'esistenza del consenso
manifestato dagli altri partecipanti, sussiste diversità di causa petendi, in quanto la prima è diretta a provare
un'attività gestoria del condomino, la seconda l'esistenza di un'autorizzazione o di una delega da parte
dell'assemblea condominiale. Ne consegue, che, a norma dell'art. 345 c.p.c., nel caso in cui in primo grado sia stata
proposta la prima domanda, è inammissibile, in quanto nuova, la seconda domanda proposta in grado d'appello.
Cass. Civ. 11276 - 28/10/95
È nulla la delibera adottata da una assemblea di supercondominio, a maggioranza dei suoi componenti, istitutiva di
un unico condominio tra i vari edifici interessati, in quanto lesiva del diritto di ciascun condomino di far parte del
condominio costituito dal solo edificio in cui era proprietario di unità immobiliari; sono altresì nulle, di conseguenza, le
delibere assunte successivamente da assemblee convocate come se esistesse un unico condominio, per deliberare
su materie attinenti ai singoli fabbricati.
Cass. Civ. 11278 - 28/10/95
L'interpretazione del regolamento contrattuale di condominio da parte del giudice del merito è insindacabile in sede
di legittimità, quando non riveli violazione dei canoni di ermeneutica, oppure vizi logici.
Cass. Civ. 11227 - 25/11/95
In tema di uso della cosa comune, non può ritenersi consentita l'installazione, da parte di un condomino, per suo
esclusivo vantaggio ed utilità, di un cancello in un certo punto di un viottolo comune, destinato fin dalla costituzione
del condominio al passaggio dei condomini, per l'accesso, tra l'altro, a vani di proprietà esclusiva dei medesimi (nei
quali sono sistemate e custodite, nella specie, le utenze domestiche di ciascuno di essi), in quanto detta installazione
costituisce - anche in caso di messa a disposizione degli altri condomini delle chiavi del cancello - una modificazione
delle modalità di uso o di godimento della cosa comune, che interferisce sul "pari uso" della stessa spettante agli altri
condomini.
Cass. Civ. 12342 - 29/11/95
Il regolamento di condominio, quali ne siano l'origine ed il procedimento di formazione e, quindi, anche quando abbia
natura contrattuale, si configura, in relazione alla sua specifica funzione di costituire una sorta di statuto della
collettività condominiale, come atto volto ad incidere con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i
componenti di detta collettività, su un rapporto plurisoggettivo concettualmente unico ed a porsi come fonte di
obblighi e diritti non tanto per la collettività come tale quanto, soprattutto, per i singoli condomini; consegue da ciò
che l'azione promossa per ottenere declaratoria della nullità, totale o parziale, del regolamento medesimo è
esperibile non da e nei confronti del condominio, carente di legittimazione in ordine ad una siffatta domanda ma da
uno o più condomini nei confronti di tutti gli altri, in situazione di litisconsorzio necessario, non potendo, altrimenti,
risultare utiliter data l'eventuale sentenza di accoglimento.
Cass. Civ. 12636 - 09/12/95
Il condominio non è legittimato passivo nei confronti della domanda di risarcimento dei danni proposta
dall'amministratore per la revoca dell'incarico disposta dall'autorità giudiziaria, atteso che i condomini che chiedono
la revoca, ai sensi dell'art. 1129 c.c., esercitano un diritto proprio e non agiscono in virtù di un mandato reciproco
esistente tra tutti i condomini.
Cass. Civ. 12894 - 18/12/95
La spesa per la riparazione dei canali di scarico dell'edificio in condominio, che, ai sensi dell'art. 1117 n. 3 c.c., sono
oggetto di proprietà comune fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli,
sono a carico di tutti i condomini per la parte relativa alla colonna verticale di scarico ed a carico dei rispettivi
proprietari per la parte relativa alle tubazioni che si diramano verso i singoli appartamenti. (Nella specie, sulla base
del principio affermato, si è ritenuto che il giudice di merito avesse correttamente posto a carico del singolo la spesa
di riparazione del tratto della tubazione orizzontale che si innesta in quella verticale).
SENTENZE 1996
Cassazione del 19/11/1996 n. 10144
Titolo: L’amministratore, può effettuare verifiche negli appartamenti, per verificare la parità di godimento dei beni e/o
servizi erogati.
Massima: Tra gli obblighi dell’amministratore del condominio, ai sensi dell’art.1130 comma 2 cod.civ. rientra la
vigilanza sui servizi comuni compreso alle interferenze su tali servizi, dai singoli appartamenti. A tal fine,
l’amministratore può’ eseguire verifiche e ripartire le necessarie provvidenze intese a mantenere integra la parità del
godimento dei beni e servizi da parte di tutti i condomini. (Art.1130 cod.civ.).
Cassazione del 28/11/1996 n. 10615
Titolo: Solo una delibera dell'assemblea può' autorizzare l'amministratore ad agire contro terzi per la tutela delle parti
comuni..
Massima: Le azioni reali contro terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un edificio, quali quelle volte
a denunziare la violazione delle distanze legali tra costruzioni, essendo dirette a ottenere statuizioni relative alla
titolarità e al contenuto dei diritti medesimi, non rientrano, tra gli atti meramente conservativi e possono, quindi,
promuoversi dall'amministratore del condominio solo se sia autorizzato dall'assemblea a norma dell'art.1131 comma
primo, cod.civ. (Artt.872, 1130, 1131, 1136 cod.civ.).
Cassazione 16/02/1996 n. 1206
Titolo: E’ valida la convocazione assembleare quando, l’avviso viene inviato al domicilio di uno coniugi conviventi
comproprietari dell’appartamento.
Massima: La validità della convocazione per la riunione dell’assemblea condominiale di uno dei comproprietari "proindiviso" di piano o porzione di piano di un condominio può evincersi anche dall’avviso dato all’altro comproprietario,
qualora ricorrano circostanze presuntive tali da far ritenere che il secondo proprietario abbia reso edotto il primo della
convocazione stessa (nella specie, trattandosi di coniugi comproprietari di un appartamento, conviventi in pieno
accordo e senza contrasti di interessi tra loro, è stato ritenuto presumibile che l’avviso notificato ad uno di essi per
l’assemblea condominiale fosse stato portato a conoscenza anche dell’altro). (Art.1136 cod. civ., art. 66 disp .att. cod.
civ.).
Cassazione del 10/04/1996 n. 3296
Titolo: L'amministratore può chiedere l'emissione del decreto ingiuntivo anche in base ai prospetti mensili delle spese,
ma non otterrà la immediata esecuzione di tale decreto.
Massima: L'amministratore può chiedere l'emissione del decreto ingiuntivo per i contributi dovuti dai condomini non
solo in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, ma anche in base ai prospetti mensili delle spese
condominiali non contestati, ma in questo secondo caso non può ottenere la clausola di immediata esecuzione
nonostante opposizione. (Art.1130, 1131,cod.civ. art.63 disp. att. cod. civ.).
Corte di cassa zione del 22/4/1996 n. 3805
Titolo : Mancata nomina dell'amministratore. Litisconsorzio necessario. L'azione va proposta nei confronti di tutti i
condomini.
Massima : Nell'ipotesi di mancata nomina dell'amministratore di condominio, la domanda giudiziaria riguardante beni
comuni deve essere proposta nei confronti di tutti i condomini, con la conseguenza che, ove si accerti in grado di
appello il difetto di integrità del contraddittorio, per essere stati convenuti in giudizio soltanto alcuni di essi, il giudice di
appello, a norma dell'art. 354 c.p.c. , deve dichiarare la nullità della sentenza impugnata e rimettere la causa al giudice
di primo grado per l'integrazione del contraddittorio e la trattazione della causa con la partecipazione di tutti i
condomini. (c.c., art. 1117 ; c.p.c., art. 354)
.
Cassazione del 24/04/1996 n. 3862
Titolo: Non è indispensabile trascrivere nel verbale che l'assemblea in prima convocazione non si è tenuta.
Massima: In tema di assemblea condominiale, la sua seconda convocazione è condizionata dall'inutile e negativo
esperimento della prima, sia per completa assenza dei condomini, sia per insufficiente partecipazione degli stessi in
relazione al numero ed al valore delle quote. La verifica di tale condizione va' espletata nella seconda convocazione,
sulla base delle informazioni orali rese dall'amministratore, il cui controllo può essere svolto dagli stessi condomini, che
o sono stati assenti alla prima convocazione, o, essendo stati presenti, sono in grado di contestare tali informazioni.
Pertanto, una volta accertata la regolare convocazione dell'assemblea, l'omessa redazione del verbale che consacra la
mancata riunione dell'assemblea in prima convocazione non impedisce che si tenga l'assemblea in secondo
convocazione, né la rende invalida. (Art.1136 cod. civ.).
Cassazione del 10//05/1996 n. 4388
Titolo: Il singolo condomino può agire contro un terzo o contro il singolo condomino, a tutela degli spazi o dei servizi
comuni.
Massima: Ciascun comproprietario, in quanto titolare di un diritto che, sia pure nei limiti segnati dalla concorrenza dei
diritti degli altri partecipanti, investe l'intera cosa comune (e non una frazione della stessa), è legittimato ad agire o
resistere in giudizio, senza il consenso degli altri, per la tutela della cosa comune, nei confronti dei terzi o di un singolo
condomino.(Artt.1102, 1105, cod.civ. 102 cod. proc. civ.).
Cassazione 27/01/1996 n. 642
Titolo: La destinazione d'uso dell'alloggio portiere, può' essere variata con un'assemblea che deliberi con la
maggioranza degli intervenuti in seconda convocazione, che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio.
Massima: In tema di condominio negli edifici, la modifica della destinazione pertinenziale dei locali adibiti ad alloggio
portiere, anche se di origine contrattuale, non richiede l'unanimità dei consensi, bensì una deliberazione dell'assemblea
dei condomini adottata con la maggioranza qualificata di cui al quinto comma dell'art.1136 cod.civ. (Artt.1136, 1138,
cod.civ.)
Cassazione del 08/08/1996 n. 7286
Titolo: Nozione di supercondominio. Servizi comuni. Delibera di licenziamento del portiere assunta da uno solo dei
fabbricati.
Massima: Singoli edifici costituiti in altrettanti condomini vengono a formare un "supercondominio" quanto talune cose,
impianti e servizi comuni (viale d'ingresso, impianto centrale per il riscaldamento, parcheggio, locali per la portineria o
per l'alloggio portiere, ecc.) contestualmente sono legati, attraverso la relazione di accessorio a principale, con più
edifici, appartengono ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati e sono regolati, se il
titolo non dispone altrimenti, in virtù di interpretazione estensiva o analogica, delle norme dettate per il condominio
degli edifici. Ne consegue che le disposizioni dettate dall'art. 1136 cod.civ. in tema di convocazione, costituzione,
formazione e calcolo delle maggioranze si applicano con riguardo agli elementi reale e personale sul supercondominio,
rispettivamente configurati da tutte le unità immobiliari comprese nel complesso e da tutti i proprietari. (Nella specie, il
servizio di portierato era destinato al servizio degli edifici "A" e "B", costituiti in condomini autonomi; l'assemblea del
condominio del solo edificio "A" deliberò la divisione del servizio di portierato ed il licenziamento del portiere. La S.C.,
in applicazione dell'enunciato principio di diritto, ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato la nullità
della predetta deliberazione, per non essere stati convocati a partecipare alla assemblea in cui essa fu assunta, anche
i condomini dell'edificio "B"). (Art.1136 cod.civ.).
Cassazione del 09/08/1996 n. 7353
Titolo: In caso di nuovo condomino, la ripartizione di spese in deroga ai principi legali, non lo vincola se non abbia
manifestato la volontà ad aderirvi.
Massima: L'efficacia di una convenzione con la quale, ai sensi dell'art.1123 primo coma, cod.civ., si deroga al regime
legale di ripartizione delle spese non si estende, in base all'art.1372 cod.civ., agli aventi causa a titolo particolare degli
originari stipulanti, a meno che detti aventi causa non abbiano manifestato il loro consenso nei confronti degli altri
condomini, anche per fatti concludenti, attraverso un'unica manifestazione tacita di volontà, dalla quale possa
desumersi un determinato intento con preciso valore sostanziale (Artt.1123, 1372 cod.civ.).
Cassazione del 09/08/1996 n.7359
Titolo: L'amministratore può rispondere in un giudizio promosso da un condomino sul conflitto sorto inerente le spes e.
Massima: L'amministratore del condominio e' legittimato passivamente a stare in causa, senza necessita' di essere
autorizzato dall'assemblea, nei giudizi aventi ad oggetto la ripartizione delle spese per le cose ed i servizi comuni
promossi dal condominio dissenziente dalla relativa deliberazione assembleare, in quanto la controversia ha per
oggetto un interesse comune dei condomini e coinvolge l'interesse di altri partecipanti alla comunione in antitesi con
l'interesse individuale del singolo condomino (Art.1131, c.c.)
Cassazione del 07/09/1996 n. 8159
Titolo: E' il proprietario del balcone che ha l'onere di provare che il materiale distaccato dai balconi che hanno causato
il danno, era parte di quelle parti del balcone che rientrano tra i beni ornamentali e comuni.
Massima: I balconi sono elementi accidentali e non portanti della struttura del fabbricato, non costituiscono parti
comuni dell'edificio e appartengono ai proprietari delle unità immobiliari corrispondenti, che sono gli unici responsabili
dei danni cagionati dalla caduta di frammenti di intonaco o muratura, che si siano da essi staccati, mentre i fregi
ornamentali e gli elementi decorativi, che ad essi ineriscono (quali i rivestimenti della fronte o della parte sottostante
della soletta, i frontalini e i pilastrini), sono condominiali, se adempiono prevalentemente alla funzione ornamentale
dell'intero edificio e non solamente al decoro delle porzioni immobiliari ad essi corrispondenti, con la conseguenza che
è onere di chi vi ha interesse (il proprietario del balcone, da cui si sono distaccati i frammenti, citato per il risarcimento),
al fine da esimersi da responsabilità, provare che il danno fù causato dal distacco di elementi decorativi, che per la loro
funzione ornamentale dell'intero edificio appartenevano alle parti comuni di esso. (Art.1117 cod.civ).
Cassazione del 27/09/1996 - 8530
Titolo: L'amministratore cessato dall'incarico può chiedere (al nuovo amministratore), il rimborso delle spese da lui
anticipate.
Massima: L'amministratore cessato dall'incarico, può chiedere il rimborso delle somme da anticipate per la gestione
condominiale sia nei confronti del condominio legalmente rappresentato dal nuovo amministratore (dovendosi
considerare attinente alle cose, ai servizi ed agli impianti comuni anche ogni azione nascente dall'espletamento del
mandato, che appunto riflette la gestione e la conservazione di quelle cose e impianti comuni) sia, cumulative, nei
confronti di ogni singolo condomino, la cui obbligazione di rimborsare all'amministratore, mandatario, le anticipazioni da
questo fatte nell'esecuzione dell'incarico deve considerarsi sorta nel momento stesso in cui avviene l'anticipazione per
effetto di essa, non può considerarsi estinta dalla nomina del nuovo amministratore, che amplia la legittimazione
processuale passiva senza eliminare quelle originali, sostanziali e processuali. L'amministratore del condominio ha
diritto di richiedere ai singoli condomini in rimborso delle spese da lui anticipate per la gestione condominiale solo nei
limiti delle rispettive quote dovendosi ritenere applicabili anche nei rapporti esterni la disposizione dell'art.1123 cod.civ..
(Artt.1123, 1720, 1129, 1130 cod.civ.).
Cassazione del 13/11/1996 n. 9942
Titolo: La nomina di un amministratore da parte del Presidente del Tribunale è atto amministrativo e non è ammesso il
ricorso alla Corte di Appello né alla Cassazione.
Massima: Il procedimento di nomina dell'amministratore adottato dal Presidente del tribunale, a norma dell'art.1129 c.c.
sul presupposto che il condominio ne sia sprovvisto, costituisce attività di carattere non giurisdizionale ma
amministrativa, in quanto non è diretta alla risoluzione di un conflitto di interessi, ma solo ad assicurare al condominio
dell'organo necessario e imposto dalla legge. Tale atto, non è soggetto a reclamo innanzi alla Corte di Appello in
quanto manca una previsione normativa in tal senso. Di conseguenza, è inammissibile il ricorso per cassazione ex
art.111 Costituzione, art.1129 cod. civ. art.64 disp. att. cod. civ..
SENTENZE 1997
Patti in deroga
Al regime dei "patti in deroga" e alla proroga biennale prevista dall'art. 11 comma 2 bis L. n. 359 del 1992 sono
soggetti anche i contratti di locazione in corso al momento dell'entrata in vigore della suddetta legge, posto che
l'espressione "contratti rinnovati successivamente all'entrata in vigore della legge di conversione", di cui al citato art.
11 comma 2 bis, va intesa come comprensiva di quei contratti che, quantunque stipulati o rinnovati prima dell'entrata
in vigore della legge, sono destinati a scadere (e, quindi, potenzialmente, ad essere ulteriormente rinnovati) in epoca
successiva. Cass. Civ. 24/01/97 - 761
Legittimazione
La peculiare natura del condominio, ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi componenti, i
quali devono intendersi rappresentati ex mandato dall'amministratore, comporta che l'iniziativa giudiziaria di
quest'ultimo a tutela di un diritto comune dei condomini non priva i medesimi del potere di agire personalmente a
difesa di quel diritto nell'esercizio di una forma di rappresentanza reciproca atta ad attribuire a ciascuno una
legittimazione sostitutiva scaturente dal fatto che ogni singolo condomino non può tutelare il proprio diritto senza
necessariamente e contemporaneamente difendere i diritti degli altri condomini. Pertanto il condomino che interviene
personalmente nel processo promosso dall'amministratore per far valere diritti della collettività condominiale non è
un terzo che si intromette in una vertenza fra estranei ma è una delle parti originarie determinatasi a far valere
direttamente le proprie ragioni, sicché, ove tale intervento sia stato spiegato in grado di appello, non possono trovare
applicazione i principi propri dell'intervento dei terzi in quel grado fissati nell'art. 344 cod. proc. civ. Cass. Civ.
27/01/97 - 826
Assemblea
Deve ritenersi legittimo il rifiuto apposto da un condomino alla ricezione dell'avviso di convocazione dell'assemblea,
qualora l'avviso suddetto sia consegnato a mani, e non - così come previsto dal regolamento di condominio - tramite
raccomandata. Trib. Monza 6/02/97 - 352
Amministratore
L'amministratore di condominio - nel quale non è ravvisabile un ente fornito di autonomia patrimoniale, bensì la
gestione collegiale di interessi individuali, con sottrazione o compressione dell'autonomia individuale - configura un
ufficio di diritto privato oggettivamente orientato alla tutela del complesso di interessi suindicati e realizzante una
cooperazione, in regime di autonomia, con i condomini, singolarmente considerati, che è assimilabile, pur con tratti
distintivi in ordine alle modalità di costituzione ed al contenuto "sociale" della gestione, al mandato con
rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra amministratore ed ognuno dei condomini, dell'art.
1720, comma 1, c.c., secondo cui il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni fatte nella esecuzione
dell'incarico diretta ad ottenere il rimborso di somme anticipate nell'interesse della gestione del condominio
legalmente rappresentato dal nuovo amministratore, anche contro il singolo condomino inadempiente all'obbligo di
pagare la propria quota L'amministratore di condominio cessato dall'incarico è attivamente legittimato a proporre
l'azione per il recupero delle somme da lui anticipate nell'interesse del condominio nel corso della sua gestione, non
soltanto nei confronti di quest'ultimo, bensì anche nei confronti dei singoli condomini, per le quote rispettivamente a
loro carico; tale legittimazione attiva trova il suo fondamento nella disciplina del rapporto di mandato, quale è quello
configurabile tra i condomini e l'amministratore (art. 1720 c.c.). (Nella specie il convenuto aveva eccepito il difetto di
legittimazione attiva, affermando che l'attore, non essendo più amministratore del condominio, non poteva
pretendere dai condomini il pagamento di quanto essi dovevano per spese condominiali). . Cass. Civ. 12/02/ 97 1286
Assemblea : spese
La nullità di una delibera condominiale è disciplinata dall'art. 1421 c.c., a norma del quale chiunque vi ha interesse
può farla valere e quindi anche il condomino che abbia partecipato, con il suo voto favorevole, alla formazione di
detta delibera, salvo che con tale voto egli si sia assunto o abbia riconosciuto una sua personale obbligazione.
L'accertamento della sussistenza della completezza o meno dell'ordine del giorno di un'assemblea condominiale è
demandato all'apprezzamento del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato.
Affinché la delibera di un organo collegiale (nella specie assemblea di condominio) sia valida è necessario che
l'avviso di convocazione elenchi, sia pure in modo non analitico e minuzioso, specificatamente gli argomenti da
trattare, in modo da far comprendere i termini essenziali di essi e consentire agli aventi diritto le conseguenti
determinazioni anche relativamente alla partecipazione, diretta o indiretta, alla deliberazione. È illegittima la delibera
di un condominio, adottata a maggioranza, con la quale si stabilisce un onere di contribuzione, nelle spese di
gestione, maggiore a carico di alcuni condomini, sul presupposto della loro più intensa utilizzazione, rispetto agli altri,
di parti o servizi comuni, non solo perché la modifica ai criteri legali (art. 1123 c.c.) o di regolamento di riparto delle
spese richiede il consenso di tutti i condomini, ma anche perché il criterio di riparto in base all'uso differenziato,
derivante dalla diversità strutturale della cosa, previsto dal comma 2 dell'art. 1123 c.c., non è applicabile alle spese
generali, per le quali opera invece il criterio di cui al comma 1 dello stesso articolo, ossia la proporzione al valore
della proprietà di ciascuno. Cass. Civ.19/02/97 - 1511
Muri
A differenza dalle innovazioni - configurate dalle nuove opere, le quali immutano la sostanza o alterano la
destinazione delle parti comuni, in quanto rendono impossibile la utilizzazione secondo la funzione originaria, e che
debbono essere deliberate dall'assemblea (art. 1120, comma 1, c.c.) nell'interesse di tutti i partecipanti - le modifiche
alle parti comuni dell'edificio, contemplate dall'art. 1102 c.c., possono essere apportate dal singolo condomino, nel
proprio interesse ed a proprie spese, al fine di conseguire un uso più intenso, sempre che non alterino la
destinazione e non impediscano l'altrui pari uso. Pertanto, è legittima l'apertura di vetrine da esposizione nel muro
perimetrale comune, che per sua ordinaria funzione è destinato all'apertura di porte e di finestre, realizzata dal
singolo condomino mediante la demolizione della parte di muro corrispondente alla sua proprietà esclusiva. Alla
eventuale autorizzazione ad apportare tale modifica concessa dall'assemblea può attribuirsi il valore di mero
riconoscimento dell'inesistenza di interesse e di concrete pretese degli altri condomini a questo tipo di utilizzazione
del muro comune. Cass. Civ. 20/02/97 - 1554
Autorimesse parcheggi:
È illegittimo il divieto rivolto ai condomini proprietari di autocaravan di parcheggiare tali mezzi nelle aree condominiali
adibite a parcheggio autoveicoli, sempre che i proprietari suddetti non utilizzino il parcheggio condominiale come
area per campeggio. Giud. Pace Foligno – 6/03/97 - 15
Lastrico solare
Poiché il lastrico solare dell'edificio (soggetto al regime del condominio) svolge la funzione di copertura del fabbricato
anche se appartiene in proprietà superficiaria o se è attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini, all'obbligo di
provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il proprietario
superficiario o con il titolare del diritto di uso esclusivo. Pertanto, dei danni cagionati all'appartamento sottostante per
le infiltrazioni d'acqua provenienti dal lastrico, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati
inadempienti alla funzione di conservazione, secondo le proporzioni stabilite dal citato art. 1126, vale a dire, i
condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, ed il titolare della proprietà superficiaria
o dell'uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo. . Cass. Civ. 29/04/97 - 3672
Pagamento a mezzo vaglia postale Efficacia liberatoria per il condominio debitore - Esclusione. (Cc, articoli 1182,1184,1185,1197 e 1277).
Il vaglia postale e' un documento di legittimazione all'ordine, che impone al creditore al fine di incassare in contanti la
somma in esso indicata, l'onere di recarsi presso un ufficio postale; come tale esso non ha efficacia liberatoria per il
condominio debitore, perchè non costituisce ne' pagamento al domicilio del creditore ne' esecuzione di prestazione
di moneta avente corso legale, non diversa da quella dovuta, secondo i principi enunciati negli articoli 1182, 1197, e
1277 del Cc. Sezione II, sentenza 22 marzo 1997 n. 2558 .
Muro perimetrale dell’edificio condominiale Apertura praticata da parte del singolo condomino per mettere in comunicazione un proprio locale sito nel
condominio con altro immobile - Uso indebito della cosa comune - Sussiste. (Cc. articoli 1102 e 1122)
In tema di utilizzazione del muro perimetrale da parte del singolo condomino, costituisce uso indebito della cosa
comune, alla stregua dei criteri di cui agli articoli 1102 e 1122 del Cc, l’apertura praticata dal condomino nel detto
muro per mettere in comunicazione locali di sua esclusiva proprietà, esistenti nell’edificio condominiale, con altro suo
immobile estraneo al condominio, in quanto tali aperture alterano la destinazione del muro, incidendo sulla sua
funzione di recinzione, e possono dar luogo all’acquisto di una servitù di passaggio a carico della proprietà
condominiale. Sezione II, sentenza 19 aprile 1996 n. 3719
Aree di parcheggio Vincolo in favore dei proprietari di nuove costruzioni - Obbligo per questi ultimi in forza della imperatività della norma
di acquistare detti spazi e di pagare il corrispettivo - Sussiste. (Cc, articoli 1064, 1102, 1118e 1119; legge 47/1985,
articolo 26; legge 765/1967, articolo 18)
Il vincolo di destinazione a parcheggio degli appositi spazi nelle nuove costruzioni, in favore dei proprietari delle unità
immobiliari site nel fabbricato, scaturisce da norme cogenti per cui la norma imperativa, da cui ha origine la
costituzione di un diritto reale d’uso, non opera solo a vantaggio dell’acquirente. Essendo, infatti, il costruttore tenuto
a destinare gli appositi spazi per parcheggio, in favore degli acquirenti delle unità immobiliari site nell’edificio, questi
ultimi non possono sottrarsi all’acquisto del diritto e al pagamento del corrispettivo. Una volta chiesta in giudizio
l’applicazione della norma imperativa, questa deve trovare integrale applicazione, comportando la sostituzione di
diritto della clausola negoziale nulla e la costituzione del diritto reale d’uso, con il diritto del proprietario costruttore a
conseguire il compenso. Sezione II, sentenza 16 aprile 1996 n. 3580
Suolo su cui sorge l’edificio - Parti comuni - Sottosuolo - Sbancamento del terreno sottostante il piano
terreno. Illegittimità (Cc, articoli 840 e 1117)
Il suolo, su cui sorge un edificio condominiale, di proprietà comune, ai sensi dell’articolo 1117 del Cc, è la porzione di
terreno sulla quale viene a poggiare l’intero edificio e, immediatamente, la parte infima dello stesso e, per effetto,
degli articoli 1117 e 840 del Cc, lo spazio sottostante, che costituisce il sottosuolo, in mancanza di titolo che ne
attribuisca la proprietà esclusiva a uno dei condomini, deve considerarsi in proprietà comune, indipendentemente
dalla sua destinazione. Deriva, da quanto precede, che ove i proprietari del piano terreno abbiano eseguito uno
sbancamento del terreno sottostante con un abbassamento del pavimento di circa 50 centimetri, con tale opera
costoro non hanno realizzato un intervento necessario e indispensabile per la messa in opera dei manufatti, o di
rinforzo delle fondazioni, ma hanno sottratto il sottosuolo comune a vantaggio del singolo comunista, con
conseguente violazione del combinato disposto degli articoli 1117 e 840 del Cc. Sezione II, sentenza 19 marzo
1996 n. 2295
SENTENZE 1998
Cassazione del 09/01/1998 n° 138
Titolo:
Può essere presunta la conoscenza dell’avvenuta convocazione dell’assemblea del
condominio.
Massima:
La convocazione dell’assemblea di un condominio, a pena di invalidità della
medesima(art.1136 cod.civ.), deve essere comunicata a tutti i comproprietari pro
indiviso di un piano o di una porzione di piano, ma in assenza di particolari formalità
per la notifica dell’avviso, la conoscenza di esso da parte di tutti i comproprietari può
essere presunta se le circostanze sono gravi, precise e concordanti in assenza di
forma necessaria per le modalità di notifica, la conoscenza di essi può essere
presunta, se le circostanze sono precise e concordanti.
Cassazione del 02/03/1998 n° 2259
Titolo:
L’amministratore deve al più presto comunicare all’assemblea l’azione legale
intrapresa nei suoi confronti che esorbita le sue attribuzioni. Se rientra invece nella
sue attribuzioni non è tenuto a farsi autorizzare dall’assemblea.
Massima:
L’amministratore del condominio, convenuto in giudizio da un terzo o da un
condomino è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea quando la
domanda abbia un contenuto esorbitante dalle sue attribuzioni, così come delineate
dall’art. 1130 cod.civ. Pertanto poiché in base a detto articolo deve ritenersi
spettante all’amministratore nell’ambito dei compiti di conservazione delle cose
comuni (ossia di preservazione della loro integrità e di reazione ad attentati o
pretese di terzi) il potere discrezionale, autonomamente esercitabile, di impartire le
disposizioni necessarie ad eseguire lavori di manutenzione ordinaria delle parti
comuni dell’edificio e di erogare le relative spese, non può considerarsi esorbitante
dalle dette attribuzioni la decisione autonoma dell’amministratore rispetto ad una lite
quando con la domanda proposta contro il condominio si facciano valere pretese
risarcitorie (in forma specifica, oltreché per equivalente) correlata a difetto di
manutenzione ordinaria di una parte comune quale il tetto di copertura dell’edificio.
Ne deriva, ulteriormente, la mancanza, in siffatta ipotesi, della condizione essenziale
per l’esercizio da parte del condomino dissenziente del potere di estraniarsi dalla lite
scindendo la propria responsabilità in ordine alle sue conseguenze per il caso di
soccombenza, non potendo tale potere esercitarsi ove legittimamente manchi
intorno alla lite promossa contro il condominio una specifica decisione
dell’assemblea.
Cassazione del 27/03/1998 n° 3238
Titolo:
Il singolo può agire contro il condominio per la tutela del decoro architettonico. Se
viene sollevata l’eccezione di esecuzione di opere nelle parti esclusive il
contraddittorio deve essere integrato a tutti i condomini.
Massima:
Ciascun partecipante al condominio di edifici, può agire in giudizio per la tutela del
decoro architettonico della proprietà comune, ma se la controparte di aver apportato
modifiche e innovazioni sulla proprietà esclusiva, è necessario integrare il
contraddittorio nei confronti di tutti i condomini perché oggetto di controversia è
l’accertamento della natura condominiale o meno, in base ai rispettivi titoli di
acquisto, delle parti di edificio alterate.
Cassazione del 27/03/1998 n° 3251
Titolo:
La delibera di formazione o di modifica delle tabelle millesimali può essere delegata
verbalmente ad una commissione, "facta concludentia" con l’approvazione dei
successivi bilanci.
Massima:
In tema di condominio, la delibera di formazione e modifica delle tabelle millesimali,
è valida anche se il consenso è espresso da delegati verbali dei condomini, senza
necessità di procura scritta, potendo il mandato essere provato con qualsiasi mezzo,
anche per "facta concludentia" - come nel caso di prolungata accettazione dei
successivi bilanci - perché le dette tabelle hanno funzione accertativa e valutativa
delle quote condominiali onde ripartire le relative spese stabilire la misura del
dirittodi partecipazione alla volontà assembleare, ma non incidono sui diritti reali
spettanti a ciascun condomino.
Cassazione del 03/04/1998 n° 3422
Titolo:
Gli spazi esterni nei condomini per legge (18/08/1967 n°765) vanno destinati a
parcheggio. Questo non vieta la trattazione e la vendita separata da quella
dell’abitazione.
Massima:
L’art.41 "sexies" della Legge 17 agosto 1942 n. 115, nel testo introdotto dall’art.18
Legge 6 agosto 1967 n. 765, ha istituito tra costruzioni e spazio per parcheggio ad
essi progettualmente annessi una relazione che ha connotati di necessità e di
indispensabile permanenza di rilievo pubblicistico e con caratteristiche di realtà che
nell’ipotesi in cui la costruzione sia costituita da un edificio in condominio, comporta
che detti spazi ricadono sulle parti comuni ex art.1117 cod. civ. quando
appartengano in comunione a tutti i condomini ovvero vengano a costituire oggetto
di un diritto reale d’uso spettante ai condomini medesimi, quando la relativa
proprietà competa a terzi estranei alla collettività condominiale o ad uno solo dei
componenti di questa. Tale disciplina non vieta la negoziazione separata delle
costruzioni e delle aree di parcheggio ad esse pertinenti, ma esclude che tale
negoziazione possa incidere sulla permanenza del vincolo reale di destinazione
sulle aree accennate.
Cassazione del 03/04/1998 n° 3424
Titolo:
E’ valida la delibera o la decisione dell’amministratore che autorizzi l’accesso carraio
in uno spazio prima adibito a passaggio pedonale.
Massima:
La delibera condominiale, che autorizza il passaggio carrabile dei condomini, già
titolari di un diritto di passaggio pedonale, su un viale comune del fabbricato, regola
l’uso del bene comune - demandato all’amministratore, a cui però possono
sostituirsi, in qualità di mandanti, i condomini - costituendo un diritto personale a loro
favore, ed è valida, anche se adottata a maggioranza, purché non comprima i diritti
ad essi appartenenti per convenzione o per effetto dell’acquisto delle unità
immobiliari o per legge.
Cassazione del 17/04/1998 n° 3887
Titolo:
L'obbligo di vigilare sul pozzo comune, anche se allocato in un determinato spazio o
locale esclusivo, incombe sull'intero condominio.
Massima:
In tema di condominio di edifici, l'obbligo di vigilare e mantenere il bene comune
(nella specie il pozzo) in stato da non creare danni ad altri condomini o a terzi
estranei al condominio, incombe su tutti gli aventi diritto senza che rilevi l'ubicazione
della cosa comune rispetto alle proprietà esclusive.
Cassazione del 26/01/1998 n° 714
Titolo:
Il regolamento del condominio non trascritto è comunque valido ma non è opponibile
ai successivi acquirenti. Se il regolamento prevede che una parte di condomini siano
esonerati dalla contribuzione alle spese, tali beni non ricadono nella comproprietà di
questi.
Massima:
La trascrizione prevista dall'art.1138 comma terzo cod. civ. del regolamento di
condominio nel registro (peraltro non istituito), di cui all'art.1129 cod. civ. integra un
mero onere di pubblicità dichiarativa, la cui inosservanza non comporta la nullità o
l'inefficacia del regolamento approvato dall'assemblea dei condomini o predisposto
dall'originario costruttore dell'edificio condominiale. L'omessa trascrizione del
regolamento nei RR.II. determina invece l'inopponibilità ai successivi acquirenti delle
singole unità immobiliari comprese nell'edificio condominiale delle eventuali clausole
limitative di diritti esclusivi di proprietà spettanti a ciascun condomino senza influire
anch'essa sulla validità ed efficacia del regolamento. La norma di un regolamento di
condominio che stabilisca per una determinata categoria di condomini l'esenzione
dal concorso dalle spese di conservazione di una delle parti dell'edificio indicate
nell'art. 1117 cod. civ., comporta il superamento nei riguardi di detta categoria di
condomini della presunzione di comproprietà su detta parte del fabbricato.
Cassazione del 02/02/1998 n° 981
Titolo:
Il venditore deve comunque pagare tutte le spese fino alla data della vendita.
Massima:
Il condomino di un edificio che venda l'appartamento di sua esclusiva proprietà è
tenuto al pagamento dei contributi condominiali deliberati dall'assemblea quando
egli era ancora proprietario.
SENTENZE 1999
REGOLAMENTO DI CONDOMINIO PREDISPOSTO DAL COSTRUTTORE
Cass. civ., sez. II, 6 agosto 1999 n. 8486
Acquirente di unità immobiliare facente parte del fabbricato - Impegno contrattuale a
rispettare il regolamento condominiale da predisporsi da parte del costruttore Vincolatività
L'obbligo dell'acquirente, previsto nel contratto di compravendita di un'unità
immobiliare di un fabbricato, di rispettare il regolamento di condominio da
predisporsi in futuro a cura del costruttore non può valere come approvazione di un
regolamento allo stato inesistente, poiché è solo il concreto richiamo nel singolo atto
di acquisto ad un regolamento che consente di considerare quest'ultimo come
facente parte, per relationem, di quest'atto.
LA PROPRIETA' DEL SOTTOTETTO
Cass. civ., se. II, 20 luglio 1999, n. 7764
Sottotetto - Utilizzabilità da parte di tutti i condomini - Presunzione di proprietà
comune
In un edificio di più piani appartenenti a proprietari diversi, l'appartenenza del
sottotetto ( non indicato nell'articolo 1117, Codice civile, tra le parti comuni
dell'edificio ) si determina in base al titolo ed in mancanza in base alla funzione cui
esso è destinato in concreto. Pertanto, ove trattasi di vano destinato esclusivamente
a servire da protezione dell'appartamento dell'ultimo piano, esso ne costituisce
pertinenza e deve perciò considerarsi di proprietà esclusiva del proprietario
dell'ultimo piano, mentre va annoverato tra le parti comuni se utilizzabile, anche solo
potenzialmente, per gli usi comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di
comunione prevista dalla norma citata, la quale opera ogni volta che nel silenzio del
titolo il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di
tutti i proprietari esclusivi.
DIRITTO DI SOPRAELEVAZIONE
Cass. civ., sez. II, 19 luglio 1999, n. 7678
Terrazza a livello - Equiparazione al lastrico solare - Diritto di sopraelevazione Regolamento di condominio - Limitazione - Condizioni
La terrazza a livello, anche se di proprietà esclusiva, è equiparata (in relazione alla
sua funzione di copertura dell'edificio) al lastrico solare in senso stretto e tale è
considerata anche nel regime della sopraelevazione; ne consegue che il
regolamento condominiale può limitare il diritto di sopraelevazione spettante al
proprietario dell'appartamento a cui la terrazza afferisce soltanto se esso ha natura
contrattuale.
IMPUGNAZIONE DEL RENDICONTO:
SOGGETTI LEGITTIMATI
Appello Milano 6 agosto 1999, n. 2215
Azione di rendiconto - Legittimazione ad agire - Passaggio di consegne
Si deve escludere che l'azione di rendiconto dia azione che spetta esclusivamente al
singolo condomino, dovendosi rilevare che fra le attribuzioni dell'assemblea è
sicuramente quella di approvare il preventivo delle spese, il piano di riparto ed il
rendiconto annuale dell'amministratore (art. 1135 nn. 2 e 3, Codice civile). Né riveste
alcuna efficacia sul punto il rilievo che l'impugnativa del rendiconto spetti al singolo
condomino e non al condominio, considerato che il richiamo è da intendersi riferito al
rendiconto approvato dall'assemblea, onde la norma giustamente ha previsto
l'ipotesi di impugnativa da parte del condomino dissenziente o che comunque ne
abbia interesse. Non è dubitabile che normale destinataria del rendiconto di gestione
sia l'assemblea quale tipica espressione della collettività condominiale, onde in
assenza di spontanea sottomissione del rendiconto all'organo che per legge è
destinato all'esame e all'approvazione del rendiconto, la medesima assemblea sia
legittimata ad investire l'amministratore del potere di agire per richiedere la
presentazione del conto al precedente amministratore.
CRITERI DI REVISIONE DELLE TABELLE MILLESIMALI
Appello Milano 20 luglio 1999, n. 1938 Tabelle millesimali - Revisione e modificazione - Condizioni
Non può considerarsi conseguenza di un errore, ai sensi e per gli effetti della
revisione e modificazione delle tabelle millesimali prevista dall'articolo 69, disp. att.,
Codice civile, l'adozione di criteri più o meno soggettivi con cui la valutazione dei
singoli elementi necessari per la stima sia stata compiuta, allorché questi criteri non
portino ad una palese e obbiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità
immobiliari e il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle. Se, dunque, i
criteri utilizzati sono espressione di un libero e consentito apprezzamento, per
giungere alla dimostrazione della sussistenza di un errore tabellare occorre una
ricostruzione del procedimento logico e tecnico di valutazione seguito dal primo
redattore e l'individuazione, in tale ambito, di un errore della cui prova è onerato
colui che ha promosso l'azione. Neppure potrebbe portare ad una diversa soluzione
il denunciato mutamento del regime di mercato degli immobili e la sua incidenza sui
criteri di redditività originariamente attribuiti alle singole unità immobiliari, per il quale
viene invocata l'applicazione della norma di cui all'articolo 69, n. disp. att., Codice
civile, relativa al mutamento di condizioni, atteso che il fatto che le "mutate
condizioni" cui si riferisce il n. 2 del citato articolo 69 sono solo quelle tassativamente
elencate, ossia quelle che comportano una "notevole" alterazione del rapporto
originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano "in conseguenza della
sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni
LIVELLI DI TOLLERABILITA' DELLE IMMISSIONI SONORE
Cass. civ., sez. II, 2 giugno 1999, n. 5398
Rapporti di vicinato - Immissioni sonore - Livelli di accettabilità - Parametri
Le norme che disciplinano in via generale i livelli di accettabilità delle immissioni
sonore, in quanto mirano ad assicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi di
quiete, perseguono finalità d'interesse pubblico e sono, quindi, destinate a regolare i
rapporti fra i privati e la Pubblica amministrazione, e non già i rapporti di natura
patrimoniale tra i privati, alla cui disciplina è destinato l'art. 844, Codice civile.
Pertanto, anche se le immissioni non superano i limiti fissati dalle norme di interesse
generale, il giudizio sulla loro tollerabilità ai sensi dell'art. 844 va effettuato
ugualmente e con riferimento alla situazione concreta.
DANNI CAUSATI DA COSE IN CUSTODIA
Appello Milano 23 aprile 1999, n. 1056
Parti comuni - Obbligo di manutenzione - Responsabilità del condominio Esclusione
Qualora la situazione anormale di carente illuminazione dell'area d'accesso alle
cantine fosse evidente e preesistente all'accesso in occasione del quale si è
verificato il sinistro (ndr. la caduta di un condomino lungo le scale), deve
considerarsi imprudente l'accesso alle scale da parte del condomino, per di più con
l'equilibrio reso precario dai sacchetti di immondizia che reggeva in mano, il quale
avrebbe dovuto astenersi dall'imboccare le scale e recarsi invece in portineria per
segnalare il guasto e sollecitare la sostituzione della lampada. Deve pertanto
ritenersi accertato che l'attore sia caduto non per la violazione, da parte del
condominio, degli obblighi di custodia e manutenzione della cosa comune, ma
esclusivamente a causa del suo comportamento imprudente.
QUANDO I LAVORI DI MANUTENZIONE SI CONFIGURANO COME
INNOVAZIONI
Tribunale Napoli, sez. X, 25 marzo 1999, n. 1854
Opere di manutenzione - Lavori straordinari - Innovazioni - Configurabilità - Quorum
deliberativo
La sostituzione di finestroni, la lucidatura di pavimenti dell'androne e dei pianerottoli,
il ripristino delle ringhiere, l'installazione di rivestimenti in marmo del vano scala
androne, l'installazione di impianto antincendio, di cassette di servizio, plafoniere e
targhe ai piani, sono opere, queste, che, considerata la loro natura ed il loro
presumibile costo, non costituiscono certamente oggetto di " riparazioni straordinarie
di notevole entità" e, pertanto, per l'adozione delle stesse, è sufficiente la
maggioranza di cui al comma dell'art. 1136, Codice civile ( secondo cui in seconda
convocazione la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il
terzo dei partecipanti al condominio ed almeno un terzo del valore dell'edificio ).
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, costituisce innovazione ai
sensi dell'art. 1120, Codice civile, qualsiasi opera nuova che, eccedendo i limiti della
conservazione della ordinaria amministrazione o del godimento della cosa comune,
ne comporti una totale o parziale modificazione nella forma o nella sostanza, con
l'effetto di migliorarne o peggiorarne il godimento e comunque alterarne la
destinazione. In applicazione del disposto di cui all'art. 1120, collegato al quinto
comma dell'art. 1136, sempre secondo l'orientamento giurisprudenziale, la delibera
relativa alla rimozione della guardiola ( del custode) e realizzazione di aiuola
condominiale avrebbe dovuto essere assunta con la maggioranza dei partecipanti al
condominio, ed i due terzi del valore dell'edificio.
COMPENSO DELL'AMMINISTRATORE REVOCATO
Tribunale Napoli, sez. VI, 14 gennaio 1999, n. 191 Amministratore - Atti posti in essere dall'amministratore revocato - Compenso
Il provvedimento di revoca (giudiziale) dell'amministratore acquista efficacia alla
scadenza del termine previsto per la proposizione del reclamo. Conseguentemente
deve ritenersi ritualmente convocata dall'amministratore (revocato) l'assemblea da
parte dello stesso nelle more della decisione relativa al reclamo da lui proposto
avverso il decreto del tribunale con il quale è stato revocato. Atteso che la
indicazione del compenso richiesto dall'amministratore può legittimamente
desumersi all'attenzione dei condòmini, l'approvazione di detto bilancio, da parte
della maggioranza dei condòmini, costituisce ratifica del compenso stesso che non è
soggetto a sindacato da parte dell'Autorità giudiziaria. La determinazione del
compenso dell'amministratore, infatti, attiene alla libera determinazione
dell'assemblea, ai sensi dell'art. 1135, n. 1 Codice civile, ed esula, pertanto, dal
controllo del sindacato sulle deliberazioni assembleari, controllo che può essere, da
parte dell'Autorità giudiziaria, solo di legittimità e non può estendersi alla valutazione
di merito e al sindacato di discrezionalità di cui gode l'assemblea, fatta eccezione
l'ipotesi di decisione viziata da eccesso di potere.
LASTRICO SOLARE: COME RIPARTIRE LE SPESE
Tribunale Napoli sez. II, 12 gennaio 1999, n. 132 Lastrico solare - Ripartizione delle spese - Adozione di criteri diversi da quelli legali
La delibera assembleare, con la quale si modifichi il criterio legale della ripartizione
delle spese, anche se adottata a maggioranza, è inefficace nei confronti del
condomino dissenziente (o assente n. d. r.) essendo affetto da nullità radicale,
deducibile senza limiti di tempo e non meramente annullabile.
Cass. 25/03/99 - n. 2837
Assemblea - Convocazione - Prova del recapito - Onere dell'amministratore
L'onere di provare che tutti i condomini siano stati tempestivamente convocati, fa
carico al condominio. Tale prova non può essere offerta con la dimostrazione della
consegna di un avviso a soggetti quali non è stato conferito uno stabile potere di
rappresentanza nei confronti del condominio.
Cass. 20/03/99 - n. 2617
Parcheggio - Rivendica del diritto reale nei confronti del venditore/costruttore - liti
con gli altri condomini.
Qualora alcuni condomini abbiano convenuto in giudizio il venditore - costruttore
dell'edificio, per rivendicare il diritto reale d'uso sull'area dell'edificio destinata a
parcheggio, non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario, nei confronti degli altri
condomini, ai quali pertanto non va notificato l'atto d'impugnazione per l'integrazione
del contraddittorio.
Cass. 12/04/99 - n. 3568
Contributi e spese - Manutenzione - Danno ascrivibile a singoli condomini Risarcimento.
In tema di condomini ed edifici, la ripartizione delle spese, per la manutenzione,
ricostruzione di soffitti, delle volte e dei solai, secondo i criteri previsti dall'art. 1125 c.
c., riguarda le ipotesi in cui le necessità delle riparazioni non siano da attribuirsi ad
alcuno dei condomini, mentre quando il danno sia ascrivibile a singoli condomini,
trova applicazione il principio generale secondo cui il risarcimento dei danni è a
carico di colui che li ha provocati.
Cass. 12/04/99 - n. 3574
Pertinenza - Trasferimento a terzi del bene principale - Estensione alla cosa
accessoria.
Costituitosi un rapporto pertinenziale tra beni a seguito della destinazione operata
dal proprietario della cosa principale, che ha piena che ha piena disponibilità anche
della cosa accessoria ( nella specie una veranda a servizio di un appartamento,
realizzata su un'area condominiale, dall'originario proprietario costruttore dell'intero
edificio), gli atti di disposizione aventi ad oggetto la cosa principale, si estendo a
quella accessoria. Ciò sempre che non intervenga un atto del proprietario di
cessazione della destinazione, vale a dire l'esplicita esclusione della pertinenza in
un atto avente in un atto avente ad ogni oggetto la cosa principale o il compimento
di un atto avente ad oggetto la sola pertinenza.
Cass. 15/04/99 - n. 3749
Regolamento contrattuale - Clausole delimitanti il potere e le facoltà dei singoli
condomini sulle proprietà esclusive - Opponibilità ai successivi acquirenti .
Il regolamento di condominio, predisposto dall'originario e unico proprietario
dell'intero edificio, ove accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e
regolarmente trascritto presso i registri immobiliari, assume carattere di
convenzionale e vincola tutti i successivi acquirenti, non solo con riferimento alle
clausole che disciplinano l'uso e il godimento dei servizi o delle parti comuni, ma
anche a quelle che restringono i poteri e le facoltà dei singoli condomini sulle
proprietà esclusive, venendo a costruire su queste ultime una servitù reciproca.
Cass. 15/04/99 - n. 3753
Parti comuni - Vizi - Danni ad una proprietà esclusiva - Responsabilità dell'originario
costruttore/venditore.
L'umidità conseguente ad un'inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali di
un edificio, può integrare, ove sia promessa l'abitabilità e il godimento del bene,
grave difetto dell'edificio ai fini della responsabilità del costruttore, ex art. 1669 c. c.
Tuttavia qualora il fenomeno sia causa di danni a singoli condomini, è responsabile
in via autonoma, ex art. 2051 c. c., il condominio il condominio, che è tenuto, quale
custode, ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria.
Cass. 16/04/99 - n. 3803
Contributi e spese - Soggetti obbligati - Lastrico con funzione di copertura e di
raccolta di acque di scolo - manutenzione.
In un condominio il lastrico di copertura di una parte individuata dell'edificio
condominiale, che ha la funzione, oltre che di copertura di tale parte, anche di
raccolta delle acque di scolo di altre parti dell'edificio, deve ritenersi destinato a
scrivere anche queste ultime. Conseguentemente le spese di manutenzione devono
essere ripartite fra tutti i condomini che ne traggono utilità, tenendo conto della
diversa utilità che ciascuna parte può trarne.
Cass. 28/04/99 n. 4266
Parti comuni dell'edificio - Sottotetti, soffitti e solai - Presunzione di comunione.
Il sottotetto di un edificio può considerarsi pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo
piano, soltanto ove assolva l'esclusiva funzione di isolare e proteggere
l'appartamento stesso dal caldo, dal freddo e dall'umidità, mediante la creazione di
una camera d'aria. Di contro tale principio non si applica allorché il sottotetto ambia
dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentire l'utilizzazione come vano
autonomo, nel qual caso deve presumersi di proprietà condominiale, se esso risulti
in concreto, sia pure in via potenziale, oggettivamente destinato all'uso comune o
all'esercizio di un interesse comune.
DELIBERE ASSEMBLEARI: CONDIZIONI DI VALIDITA'
Cass. Civ., sez. II, 29 gennaio 1999, n. 810 - Cond. Via Monti 33 - Salerno c. Torre
Assemblea - Deliberazioni - Validità - Individuazione dei singoli condomini
assenzienti e di quelli dissenzienti - Necessità
In tema di condominio degli edifici, ai fini della validità delle deliberazioni
assembleari devono essere individuati, e riprodotti nel relativo verbale, i nomi dei
condomini assenzienti e di quelli dissenzienti, ed i valori delle rispettive quote
millesimali, pur in assenza di una espressa disposizione in tal senso. Tale
individuazione è, infatti, indispensabile per la verifica della assistenza della
maggioranza prescritta dall'art. 1136, secondo, terzo e quarto comma, Codice civile,
ai fini della validità dell'approvazione delle deliberazioni con riferimento all'elemento
reale (quota proporzionale dell'edificio espressa in millesimi). Inoltre, essendo il
potere di impugnazione riservato ai condomini dissenzienti (oltre che agli assenti), è
necessario indicare fin dal momento della espressione del voto i partecipanti al
condominio legittimati ad impugnare la deliberazione. Né mancano altre ragioni per
le quali si rende necessaria la identificazione dei condomini consenzienti e di quelli
dissenzienti, soprattutto ove si consideri l'interesse dei partecipanti a valutare
l'esistenza di un eventuale conflitto di interessi. Dalla non conformità a legge della
omissione della indicazione nominativa dei singoli condomini favorevoli e di quelli
contrari, delle loro quote di partecipazione al condominio e della riproduzione di tali
elementi nel relativo verbale, discende la esclusione della presunzione di validità
della delibera assembleare priva di quegli elementi, indispensabili ai fini della verifica
della legittima approvazione della delibera stessa, e la cui non veridicità costituisce
oggetto dell'onere probatorio del condominio legittimato ad impugnarla.
RIPARAZIONE DI NOTEVOLE ENTITA'
Cass. Civ., sez. II, 29 gennaio 1999, n. 810 - Cond. Via Monti 33 - Salerno c. Torre
Assemblea dei condomini - Deliberazioni - Riparazioni straordinarie di "notevole
entità" - Accertamento - Criteri
In tema di riparazioni di edificio condominiale, l'individuazione, agli effetti dell'articolo
1136, quarto comma, codice civile, della "notevole entità" delle riparazioni
straordinarie - la cui approvazione esige, a norma della predetta disposizione, la
maggioranza degli intervenuti all'assemblea e almeno la metà del valore dell'edificio
e la ripartizione di tale costo tra i condomini configurato non un vincolo, bensì un
ulteriore ed eventuale elemento di giudizio, nel senso della possibilità per il giudice
di tener conto, nei casi dubbi, oltre che dei dati di immediato rilievo, cioè
dell'ammontare complessivo dell'esborso occorrente per la realizzazione delle
opere, anche del rapporto tra tale costo, valore dell'edificio ed entità della spesa
ricadente sui singoli condomini. Ne consegue la legittimità della maggiore incidenza
riconosciuta all'uno piuttosto che all'altro, degli elementi di giudizio, e della
sufficienza, ai fini del corretto adempimento dell'obbligo di motivazione, delle
risultanze reputate determinanti in ordine della valutazione della sussistenza della
"notevole entità" della spesa deliberata
.
IMPIANTO DI RISCALDAMENTO
Cass. Civ., sez. II, 9 gennaio 1999, n. 129 - Lampedusa ed altri c. Cond. Via
Zattere 37
Impianto di riscaldamento - Distacco delle diramazioni di alcune unità immobiliari
dall'impianto centrale - autorizzazione dell'assemblea - Obbligo dei proprietari di
contribuire alle spese per il servizio - Esclusione
Autorizzato dall'assemblea dei condomini il distacco delle diramazioni di alcune unità
immobiliari dall'impianto centrale di riscaldamento - sulla base della valutazione che
dal distacco sarebbe derivata un'effettiva riduzione delle spese di esercizio e, per
contro, non sarebbe stato determinato uno squilibrio in pregiudizio del regolare
funzionamento dell'impianto - e venuta meno la possibilità che i medesimi locali
fruiscono del riscaldamento, l'impianto non può considerarsi destinato al servizio dei
predetti piani o porzione di piano. Consegue che i proprietari di queste unità
abitative non devono ritenersi tenuti a contribuire alle spese per un servizio, che nei
confronti dei loro immobili non viene prestato.
ASSEGNAZIONE DI POSTI AUTO
Tribunale Milano 8 febbraio 1999, n. 1323 - Ferraro e Imm.re Giardini s.r.l. c.
Cond. Via Manzoni 41/A
Cortile comune - Assegnazione dei parcheggi - Obbligo di pariteticità - Uso turnario
L'insussistenza di posti auto sufficienti per ciascuna unità esclusa non risulta di per
sé circostanza impeditiva di una disciplina di parcheggio rispettosa del criterio del
pari uso, criteri che ben può essere assicurato, ad esempio, a mezzo di uso turnario
del bene da parte di ciascun condomino. Deve dunque concludersi per la illiceità
della delibera (ndr. Con la quale era stato assegnato un solo posto macchina per
due condomini) risolventesi in una compressione del diritto di godimento della cosa
comune in via paritetica rispetto agli altri condomini.
UTILIZZO DELLE PARTI COMUNI
Tribunale Milano 8 febbraio 1999, n. 1319- Sweet Giorgia s.r.l. c. Cond. Via S.
Calogero n. 27
Spese - Ripartizioni - Uso più intenso della cosa comune - Destinazione naturale
Anche le aree pacificamente comuni (servizi igienici) sono strutturalmente da
qualificare come "cose destinate a servire i condomini in misura diversa" , allorché il
loro utilizzo sia sostanzialmente "naturale" per i condomini abitanti sui i piani ove i
bagni sono posti ed invece del tutto "eventuale per i condomini proprietari dei negozi
siti in una distinta parte dell'edificio. Ne consegue che le spese afferenti alle aree in
questione (siano esse relative alla manutenzione del bene ovvero al suo godimento)
devono essere ripartite, secondo il canone previsto dall' art. 1123, secondo comma,
Codice civile, non pro quota millesimale, ma in proporzione alla diversa intensità
d'uso della cosa comune: con il corollario della illiceità della delibera che abbia
invece adottato una suddivisione millesimale "pura" dei costi relativi.
SENTENZE 2000
POTERI DELL'AMMINISTRATORE
Cass. Civ., sez. II, 7 luglio 2000, n. 9099
Amministratore - Attribuzioni - Rendiconto - Redazione della contabilità da parte
dell'amministratore - Criteri - Funzione - forme prescritte per i bilanci di società Inapplicabilità
La contabilità presentata dall'amministratore del condominio non è necessario che
sia redatta con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle
società, ma deve essere idonea a rendere intelligibili ai condomini le voci di entrata
e di uscita, con le relative quote di ripartizione, e cioè tale da fornire la prova,
attraverso i corrispondenti documenti giustificativi, non solo della qualità e quantità
dei frutti precetti e delle somme incassate, nonché dell'entità e causale degli esborsi
fatti, ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le
modalità con cui l'incarico è stato eseguito e di stabilire di chi rende il conto sia
adeguato a criteri di buana amministrazione.
QUANDO I CONDOMINI SONO SOLO DUE
Cass. civ., sez. II 3 luglio 2000, n. 8876
Contributi e spese condominiali - Condominio composto di due soli partecipanti Convocazione dell'assemblea e conseguente deliberazione di spesa - Necessità
Nell'ipotesi di un condominio composto da due soli partecipanti (cd. Piccolo
condominio) le spese necessarie alla conservazione o alla riparazione della cosa
comune devono essere oggetto di regolare delibera, adottata previa rituale
convocazione dell'assemblea dei condomini, della quale non costituisce valido
equipollente il mero avvertimento o la mera comunicazione all'altro condomino della
necessità di provvedere a determinati lavori. Il principio anzidetto può essere
derogato solo se vi sono ragioni di particolare urgenza ovvero trascuratezza da
parte degli altri comproprietari.
APERTURA DI PORTE
Cass. civ., sez. II, 26 giugno 2000, n. 8693
Limitazioni legali della proprietà - Rapporti di vicinato - Distinzioni tra porta e finestra
- Apertura di una porta
Una porta non può essere considerata semplice luce irregolare, poiché la sua
funzione non è quella di illuminare un locale e di consentire il passaggio dell'aria ,
ma quella di consentire il passaggio di persone ovvero di impedirlo e quindi può
essere aperta senza rispettare le distanze prescritte negli artt. 905 e 906, Codice
civile, per le vedute, salvo che sia strutturata in modo da consentire di guardare nel
fondo del vicino (porta - finestra).
USO ESCLUSIVO DELLA PROPRIETA' COMUNE
Cass. civ., sez. II, 20 giugno 2000, n. 8394
Passaggio comune - Installazione di un cancello da parte di uno dei comproprietari
con consegna delle chiavi agli altri - Legittimità - Fondamento - Spoglio, turbativa o
molestia nei confronti degli altri comproprietari - Configurabilità - Esclusione
Rientra fra le facoltà del comproprietario la installazione di un cancello sul passaggio
comune, con consegna delle chiavi agli altri comproprietari, in quanto essa non
impedisce l'altrui pari uso, e, pertanto, configura un atto compiuto nell'esercizio del
diritto di apportare alla cosa comune le modifiche necessarie per il suo
miglioramento, e non può considerarsi come spoglio, né come turbativa o molestia
del compossesso degli altri comproprietari.
SPESE DI CONSERVAZIONE E SPESE D'USO
Cass. civ., sez. II, 19 giugno 2000, n. 8292
Contributi e spese condominiali - Spese di gestione - Ripartizione - Spese di
conservazione e spese d'uso - Differenze - Soggetti obbligati - Spese di
conservazione riferite alla speciale ipotesi di condominio parziale - Soggetti obbligati
In tema di oneri condominiali, la funzione ed il fondamento delle spese occorrenti
per la conservazione dell'immobile si distinguono dalle esigenze che presiedono alle
spese per il godimento dello stesso, come è dato evincere, in via di principio
generale, dal disposto dell'art. 1104, Codice civile, dettato in tema di comunione e,
sub specie dei rapporti di condominio, dalla norma di cui all'art. 1123 stesso Codice,
a mente della quale i contributi per la conservazione del bene sono dovuti in ragione
dell'appartenenza e si dividono in proporzione alle quote (indipendentemente dal
vantaggio soggettivo espresso dalla destinazione delle parti comuni a servire in
misura diversa i singoli piani o porzioni di piano), mentre le spese d'uso (che
traggono origine dal godimento soggettivo e personale) si suddividono in
proporzione alla concreta misura di esso, indipendentemente dalla misura
proporzionale dell'appartenenza ( e possono, conseguentemente, mutare , del tutto
legittimamente in modo affatto autonomo rispetto al valore della quota). Ne
consegue con particolare riguardo alla norma di cui all'art. 1123, terzo comma,
nell'ambito della più vasta compartecipazione, identifica precipuamente i soggetti
obbligati a concorrere alle spese di conservazione, individuandoli nei condomini cui
il condominio è attribuito per legge ai sensi dell'art. 1117, Codice civile (salva diversa
attribuzione per titolo).
SENTENZE 2001
Cassazione Condomino dissenziente. Diritto di manifestare la propria volontà
Sentenza 05 Dicembre 2001 n° 15360
In materia di condominio, in difetto di una specifica disposizione normativa che
inibisca la partecipazione del condomino dichiaratosi dissenziente rispetto
all'instaurazione di una lite giudiziaria,alle successive deliberazioni assembleari
concernenti il prosieguo della controversia, non può essere legittimamente
disconosciuto al suddetto condomino il diritto di manifestare la propria volontà
nell'assemblea e di concorrere, quindi, al pari degli altri e continuando a sostenere la
propria originaria avversa opinione, alla formazione della volontà comune sullo
specifico argomento dell'abbandono della lite; né può dedursi al riguardo - pur nella
riconosciuta estensibilità al condominio del disposto dell'art. 2372 cod. civ. di portata
generale in materia societaria - un'astratta ipotesi di conflitto di interessi, in quanto
questo va dedotto in concreto e può essere riconosciuto soltanto ove risulti
dimostrata una sicura divergenza tra specifiche ragioni personali di determinati
singoli condomini, il cui voto abbia concorso a determinare la maggioranza
assembleare, ed un parimenti specifico contrario interesse istituzionale del
condominio
Cassazione Divieto di destinare singoli locali a determinati usi
Sentenza 13 Dicembre 2001 n° 15756
Nel caso di violazione di disposizioni legittimamente contenute nel regolamento
condominiale che stabiliscano il divieto di destinare singoli locali dell'edificio a
determinati usi, il condominio può chiedere nei diretti confronti del conduttore di un
appartamento del fabbricato condominiale la cessazione della destinazione abusiva
e l'osservanza in forma specifica delle istituite limitazioni, in quanto il conduttore non
può trovarsi, rispetto al condominio, in posizione diversa da quella del condomino
suo locatore, e ciò alla
sola condizione che sia approvata l 'operatività , della clausola limitativa, o, in altri
termini, la sua opponibilità al condomino locatore. Il conduttore che sia costretto ad
astenersi dall'esercizio dell'attività vietata sarà, peraltro, legittimato ad agire per il
risarcimento del danno subito nei confronti del locatore che, dando il proprio
consenso, necessario per l'approvazione all'
unanimità della disposizione regolamentare di divieto, abbia violato gli obblighi
contrattuali assunti
Cassazione
Regolamento prevedente la partecipazione all'assemblea solo degli
amministratori dei vari condomini o di singoli condomini delegati
Sentenza 06 Dicembre 2001 n° 15476
E' nulla, per contrarietà a norme imperative, la clausola del regolamento contrattuale
di condominio prevedente che l'assemblea di un cd. supercondominio sia composta
dagli amministratori dei singoli condomini o da singoli condomini delegati a
partecipare in rappresentanza di ciascun condominio, anziché da tutti i
comproprietari degli edifici che lo compongono, atteso che le norme concernenti la
composizione e il funzionament o dell'assemblea non sono derogabili dal
regolamento di condominio
Corte di Cassazione Civile
Sentenza 03 Agosto 2001 n° 10735
Limiti alle immissioni sonore
L'uso del pianoforte all'interno di un appartamento inserito in un edificio
condominiale può essere vietato quando le immissioni sonore superano il limite della
normale tollerabilità e disturbano le normali attività, materiale e intellettuali, che
normalmente si svolgono in un appartamento a uso abitazione in quanto finiscono
per limitare il diritto di proprietà degli altri condomini.
Sentenza 4 Giugno 2001 n° 7472
Spese per le riparazioni del lastrico solare
Il criterio legale di ripartizione delle spese per la riparazione del lastrico solare, nella
misura di un terzo a carico del condominio che ne ha l'uso esclusivo e di due terzi a
carico degli altri, vale solo per le riparazioni riguardanti i manufatti posti sulla
sommità delle costruzioni. Ne consegue che questo metodo non è applicabile in
caso di giardino pensile sovrastante un'autorimessa, i cui locali siano stati
danneggiati dal infiltrazioni d'acqua, in quanto il giardino non costituisce una
semplice copertura ma è dotato di una propria autonomia strutturale e funzionale
che ne obbliga il proprietario a sopportare l'intera spesa.
Sentenza 21 Maggio 2001 n° 6923
Rinuncia al riscaldamento condominiale
La rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata da un singolo
condomino, mediante il distacco del proprio impianto, è legittima se l'interessato
dimostra che dal suo operato non derivano nè aggravi di spese per gli altri nè
squilibri termici pregiudizievoli alla regolare erogazione del servizio.
Sentenza 18 Maggio 2001 n° 6849
Spese comuni
Il singolo condomino ha l'obbligo di contribuire non solo alle spese necessarie per la
manutenzione e riparazione delle parti comuni dell'edificio, ma anche a quelle
necessarie per eliminare i vizi e le carenze costruttive originarie dell'edificio
condominiale, salva l'azione di rivalsa nei confronti del costruttore-venditore
Sentenza 20 Aprile 2001 n° 5889
Annullamento delle delibere condominiali
Il condomino che impugna una delibera annullabile è legittimato ad agire sempre
che abbia espresso il suo dissenso; ne consegue che è suo specifico onere provare
in giudizio la propria qualità di condomino dissenziente. Lo stesso condomino
dissenziente, poi, non può far rilevare nel merito l'omessa indicazione di un
argomento, poi deliberato, nell'ordine del giorno, se non ha preliminarmente eccepito
in quella sede l'irregolarità della convocazione
Sentenza 04 Aprile 2001 n° 4953
Cose comuni o esclusive
Il vano di accesso a uno dei garage condominiali, anche se di solito utilizzato solo
dal proprietario di quest'ultimo, non è di sua esclusiva proprietà ma, in assenza di un
contratto che dimostri il contrario, deve essere considerato bene comune.
Sentenza 02 Aprile 2001 n° 4797
Lastrici solari e terrazze di copertura
La manutenzione della terrazza di un edificio spetta a tutti i condomini in proporzione
delle rispettive quote. Ciò non esclude, che il proprietario dell'appartamento
sottostante la terrazza, danneggiato da infiltrazioni d'acqua provenienti dalla
terrazza, a causa della mancata manutenzione, assume la posizione di terzo rispetto
agli altri condomini nella richiesta di risarcimento del danno
Sentenza 30 Marzo 2001 n° 4706
Nomina e revoca dell'amministratore
Il procedimento di nomina o revoca dell'amministratore di condominio, anche
quando si inserisce in una situazione di conflitto tra condomini o tra alcuni di essi e
l'amministratore, ha natura di procedimento di volontaria giurisdizione che si sottrae
alle regole generali in materia di spese processuali. Ne consegue che le spese
relative a questo procedimento rimengono a carico del soggetto che le ha anticipate
assumendo l'iniziativa giudiziaria o intervenendo nel giudizio.
Sentenza 22 Marzo 2001 n° 4135
Utilizzazione delle parti comuni
Ciascun partecipante alla comunione può servirsi della cosa comune senza
alterarne la destinazione e impedire agli altri partecipanti di farne uso secondo il loro
diritto. Ne consegue che è illegittimo l'uso dei muri condominiali per praticarvi
aperture di comunicazione con le altre aree condominiali e un locale sotterraneo che
il condominio intendeva dotare di uscite di sicurezza per adibirlo a discoteca
.
Sentenza 12 Febbraio 2001 n° 1959
Condominio parziale
In caso di condanna di un condominio al risarcimento del danno nei confronti di un
terzo per cattiva manutenzione dell'immobile, il singolo condomino può chiedere
l'azione di accertamento dell'esistenza di un condominio parziale al fine di essere
escluso dal pagamento della quota.
Condominio Amministratore:Anagrafe Condominiale L'amministratore non ha
l'obbligo di verificare i Registri Immobiliari allo scopo di accertare se vi siano nuovi
condomini,i quali non gli abbiano comunicato il proprio acquisto."Tutti i condomini
hanno diritto di esser convocati per partecipare alle delibere dell' assemblea, pur se,
in mancanza di attribuzioni di quote millesimali alle unita' immobiliari di cui sono
titolari, non sussiste il loro obbligo nella ripartizione delle spese per la conservazione
e il godimento di beni comuni, ma è onere dell' acquirente dell' unità assumere
iniziative, magari anche con l' alienante, per far conoscere all' amministratore di
esser il nuovo proprietario, non avendo questi l' obbligo di verificare i registri
immobiliari. (Cass.985 del 4 febbraio 1999)"
Condominio - Amministratore Locazione delle parti comuni.
La locazione di un locale comune rientra tra gli atti di ordinaria amministrazione , ove
non comporti alterazione apprezzabile dei diritti dei singoli condomini.
Conseguentemente la eventuale decisione presa dall'amministratore in difetto di
preventiva autorizzazione assembleare può essere ratificata con delibera presa a
maggioranza semplice."La conclusione del contratto di locazione di un
appartamento condominiale é da considerarsi atto di amministrazione ordinaria,
essendo possibile conseguire la finalità del "miglior godimento delle cose comuni"
anche attraverso l'accrescimento dell'utilità del bene mediante la sua utilizzazione
indiretta (locazione, affitto); ne consegue che, ove l'amministratore del condominio
abbia locato il bene condominiale anche in assenza di un preventivo mandato che lo
abilitasse a tanto, deve ritenersi valida la ratifica del suddetto contratto di locazione
disposta dall'assemblea dei condomini con deliberazione adottata a maggioranza
semplice. (Cass.10446 del 21 ottobre 1998 )
LAVORI DI RIFACIMETO DI BALCONI
Tribunale di Napoli, sez. II, sentenza 15 dicembre 2001, n. 14872
I balconi in quanto elementi accidentali e non portanti dalla struttura del fabbricato,
non costituiscono parti comuni dell'edificio ed appartengono in via esclusiva ai
proprietari delle corrispondenti unità immobiliari con l'unica eccezione e eventuali
fregi o elementi decorativi, che sono condominiali se adempiono prevalentemente
ad una funzione ornamentale dell'intero edificio. Non possono considerarsi, pertanto,
condominiali i lavori di rifacimento dei balconi (parapetti) e dei sottobalconi, in
quanto questi ultimi non costituiscono parti comuni dell'edificio.
L'Assemblea del condominio, deputata alla adozione di provvedimenti concernenti la
gestione
Delle cose e dei servizi comuni, non può imporre la partecipazione di condomini alle
spese di manutenzione di beni di proprietà individuale o comunque estranei
all'elencazione di cui all' 1117 c.c. La delibera adottata in violazione di tale principio
è radicalmente nulla, in quanto esorbitante dalla sfera delle attribuzioni
dell'assemblea.
RIMBORSO DI SPESE ANTICIPATE DALL'AMMINISTRATORE
Giudice di pace di Napoli, sez II sent. 28 novembre 2001 n. 52976
Il diritto per anticipazioni effettuate dall'amministratore per conto del condominio non
è soggetto al termine di prescrizione di cui all'art. 2956, comma 2 c.c,,., poiché
l'attività di amministratore di un condominio non può ricomprendersi tra le attività
professionali in senso stretto, anche se svolta da chi abbia la qualifica di iscritto in
albo professionale. Detto diritto, tuttavia, è soggetto al termine di cui all'art. 2948 n. 4
c.c., in quanto è onere dell'amministratore sottoporre all'organo assembleare,
all'inizio di ogni anno di gestione, il proprio rendiconto.
Sentenza 18 Maggio 2001 n° 6849
Spese comuni
Il singolo condomino ha l'obbligo di contribuire non solo alle spese necessarie per la
manutenzione e riparazione delle parti comuni dell'edificio, ma anche a quelle
necessarie per eliminare i vizi e le carenze costruttive originarie dell'edificio
condominiale, salva l'azione di rivalsa nei confronti del costruttore-venditore
Sentenza 4 Giugno 2001 n° 7472
Spese per le riparazioni del lastrico solare
Il criterio legale di ripartizione delle spese per la riparazione del lastrico solare, nella
misura di un terzo a carico del condominio che ne ha l'uso esclusivo e di due terzi a
carico degli altri, vale solo per le riparazioni riguardanti i manufatti posti sulla
sommità delle costruzioni. Ne consegue che questo metodo non è applicabile in
caso di giardino pensile sovrastante un'autorimessa, i cui locali siano stati
danneggiati dal infiltrazioni d'acqua, in quanto il giardino non costituisce una
semplice copertura ma è dotato di una propria autonomia strutturale e funzionale
che ne obbliga il proprietario a sopportare l'intera spesa.
SENTENZE 2002
DELIBERA APPROVATA DA ASSEMBLEA IRREGOLARMENTE CONVOCATA
Tribunale di Napoli, sez IV, 10 giugno 2002 n. 7728
L'art. 66 disp. Att. C.c. stabilisce che l'avviso di convocazione delle assemblee
condominiali deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della
data fissata per l'adunanza. Detto termine non può essere ridotto dai regolamenti
condominiali, ancorché contrattuali, ma questi ultimi ben possono, tuttavia, stabilirne
in deroga uno superiore. Il termine minimo di convocazione, infatti sia quello stabilito
dalla legge che quello, di maggiore ampiezza fissato dal regolamento di condominio,
deve essere osservato per assicurare ai condomini il tempo necessario per
prepararsi convenientemente alla discussione. Il condomino, infatti, ha diritto
rendere note agli altri partecipanti le ragioni per cui ritenga di approvare o rifiutare la
proposta di delibera contenuta nell'ordine del giorno. Ove il potere di questo
esercizio sia impedito o menomato, a cagione, ad esempio della mancata o
intempestiva comunicazione al condomino della data fissata per l'assemblea, è
configurabile una delle ipotesi di "contrarietà alla legge" previste dall'art. 1137 c.c.,
"comportante l'annullamento della delibera, a prescindere dal suo contenuto
decisionale o meramente preparatorio o programmatico".
IMPUGNAZIONE DI DELIBERA ASSEMBLEARE
Tribunale di Napoli, sez IV, 10 giugno 2002 n. 7224
Allorquando l'opposizione alla delibera assembleare avviene con citazione anziché
con ricorso, è necessario che nel termine di legge (trenta giorni di cui all'art. 1137
c.c.) sia fatta anche l'iscrizione a ruolo.
La mancata verbalizzazione del numero dei condomini votanti a favore e contro la
delibera approvata, oltre che dei millesimi da ciascuno di essi rappresentati, invalida
la delibera stessa, impedendo il controllo sulla sussistenza di una delle maggioranze
richieste dall'art. 1136 c.c.
IRREGOLARITA' NEL RENDICONTO DI GESTIONE
Tribunale di Milano 1° luglio 2002, n. 8762
La presenza di irregolarità o lacune di carattere formale o fiscale della
documentazione giustificativa dei costi esposti nel rendiconto non escludono di per
sé la riferibilità degli stessi costi a prestazioni o forniture effettuate nell'interesse
comune e, dunque , non inficiano la delibera di approvazione del rendiconto, ma,
semmai, rappresentano elemento di irregolarità di gestione addebitabile
all'amministratore e come tale valutabile dalla collettività in sede di rinnovo del
mandato ovvero dal singolo condomino per iniziative ex art. 1129 c.c.
ADOZIONE O REVISIONE DI TABELLE MILLESIMALI
Tribunale di Napoli, 3 giugno 2002, n. 7483
E' principio consolidato che solamente con il consenso della totalità dei partecipanti
al condominio si possa adottare revisionare le tabelle millesimali, riguardano esse
l'estensione dei diritti di ciascun condomino e le sue obbligazioni.
Non è, pertanto, legittimamente consentito suddividere le spese secondo nuove
tabelle millesimali, in assenza dell'unanimità dei consensi.
ECCEZIONE SUL TERMINE DI DECADENZA PER TARDIVA IMPUGNAZIONE DI
DELIBERA
Tribunale di Milano 11 marzo 2002, n. 3209
Spetta al condominio convenuto (in un giudizio di impugnazione di delibera
assembleare) che eccepisca la tardività dell'impugnazione fornire l'indicazione
precisa del dies a quo di decorrenza del termine di decadenza ex art. 1137 c.c. In
assenza di tale indicazione il dies a quo va individuato nella data indicata dall'attore,
senza che sia necessario dare ingresso alla prova orale dedotta sul punto dall'attore.
Il caso è piuttosto frequente e la decisione piuttosto interessante, avendo il pregio di
chiarire alcuni aspetti del problema. La vicenda, del tutto normale, di impugnazione
di una delibera assembleare, vede il condominio convenuto in giudizio eccepire la
decadenza per tardività dell'impugnazione, ai sensi dell'art. 1137, c. 3, c.c., senza
peraltro indicare quale sarebbe stata la data (la ricezione del verbale dell'assemblea
da parte del condomino assente) rispetto alla quale doveva essere computato il
termine di trenta giorni. In realtà non era neppure in grado né di saperlo né di
fornirne la prova poiché, come quasi sempre accade, il verbale d'assemblea viene
inviato ai condomini a mezzo "posta semplice" o a mano (spesso in cassetta delle
lettere) e quasi mai a mezzo di lettera "raccomandata". Con il risultato che il
condominio finisce con il privarsi della possibilità di fornire la prova della eventuale
tardività dell'impugnazione.
D'altro canto, l'attore si è limitato a proporre l'impugnazione e a replicare
all'eccezione semplicemente dichiarando di aver ricevuto il verbale ad una certa
data. Vero o non vero che fosse, ciò è stato ritenuto sufficiente perché l'eccezione di
decadenza venisse respinta. E ciò sulla base del principio processuale che colui che
formula un'eccezione deve indicarne gli elementi e fornirne la prova (attività,
quest'ultima possibile solo in presenza della prima).
Quanto, quindi, accaduto in questo caso può essere oggetto di attenta
considerazione da parte degli amministratori di condominio i quali meglio farebbero,
nell'interesse della collettività condominiale, a trasmettere i verbali d'assemblea
quantomeno ai condomini ad essa assenti a mezzo di lettera raccomandata.
NULLA LA DELIBERA PER VARIE ED EVENTUALI
Tribunale di Napoli, 11 luglio 2002, n. 11201
E' nulla la delibera relativa ad argomenti assunti sotto la voce <<varie ed
eventuali>> dell'ordine del giorno indicato nell'avviso di convocazione. Tale formula,
infatti, stante la sua genericità ed insignificanza, non è idonea a conseguire
l'obbiettivo della preventiva informazione dei condomini richiesta ex art. 1105 c.c.
per la validità delle deliberazioni assunte dalla maggioranza. La formula << varie ed
eventuali >> che nella prassi si usa inserire come ultimo argomento dell'ordine del
giorno, inoltre, è di regola riservato a mere <<comunicazioni >> che in assemblea
intende fare l'amministratore o qualche condomino su argomenti di ordinaria
amministrazione e non prelude ad alcuna deliberazione la quale, al massimo, può
essere rinviata ad seduta, previa idonea informazione del suo oggetto.
CONDOMINIO NON LEGITTIMATO AD AGIRE PER LA NULLITA' DEL NEGOZIO
Tribunale di Napoli, 6 settembre 2002 n. 10400
Non è legittimato il condominio all'azione di nullità di un contratto che preveda, tra le
clausole contrattuali, il divieto di adibire i locali garage ad uso esclusivo di coloro che
abitano nel fabbricato, in quanto l'art. 1421 c. c., dispone che la nullità del negozio
può essere fatta valere da chiunque che vi abbia interesse, atteso che detto
interesse, di cui va provata in concreto la sussistenza, può essere fatto valere dai
singoli comunisti, e non dal condominio.
DELIBERA INVALIDA SOSTITUITA DA ALTRA CONFORME ALLA LEGGE E
ALL'ATTO COSTITUTIVO
Tribunale di Napoli, 6 settembre 2002, n. 1408
La disposizione dell'art. 2377 c.c. ultimo comma secondo la quale l'annullamento
della deliberazione dell'assemblea della società per azioni non può aver luogo se la
deliberazione sia stata sostituita con altra presa in conformità della legge e dell'atto
costitutivo, ha carattere generale ed è perciò applicabile anche alle assemblee dei
condomini degli edifici. Si verifica pertanto, la cessazione della materia del
contendere quando l'assemblea condominiale, regolarmente convocata, abbia
deliberato sui medesimi argomenti della delibera oggetto della impugnazione,
ponendo in essere, pur in assenza di forme particolari, un atto sostanzialmente
sostitutivo di quello invalido.
INSTALLAZIONE DI UNA STAZIONE RADIO PER TELECOMUNICAZIONI SU
PARTE DEL TERRAZZO DI COPERTURA
Tribunale di Milano, 9 novembre 2002, n. 13516
La locazione (a maggior ragione se ultranovennale) di una porzione del terrazzo di
copertura dell'immobile a favore di società operante nel settore della telefonia mobile
per l'installazione di una stazione radio per telecomunicazioni, da parte di un
condominio richiede il consenso di tutti i partecipanti alla comunione, risolvendosi in
una limitazione dell'estensione delle facoltà d'uso spettanti a ciascun condomino
rispetto alla cosa della quale è comproprietario.
Tale locazione, peraltro, comporta non solo una innovazione rispetto alla originaria
destinazione della cosa comune, ma anche (se, come nel caso di specie, il
conduttore vi installa impianti di considerevole dimensione e struttura) una oggettiva
alterazione del profilo e della sagoma dell'edificio con conseguenze lesive sul
decoro complessivo dello stabile, nonché la compromissione delle condizioni di
sicurezza dell'edificio.
E' invalida la delibera con la quale si autorizza a maggioranza l'utilizzazione di parte
dell'area di terrazzo-copertura dell'edificio da parte di società operante nel settore
della telefonia mobile per l'installazione di una stazione radio per telecomunicazioni,
indipendentemente dalla sussistenza o meno del superamento dei valori minimi, in
termini di esposizione ad onde elettromagnetiche, consentiti dalla normativa oggi
vigente.
Nella valutazione di tale illiceità, infatti, non si discute sulle caratteristiche delle
installazioni comportanti conseguenze lesive nei confronti di terzi ma di un utilizzo
innovativo di un bene comune rispetto al quale il comproprietario fa valere, nei
confronti degli altri comproprietari, il proprio diritto al pieno godimento della parte
comune, anche nel riflesso di tale godimento in termini di non turbamento della
proprietà esclusiva, cosicché anche minimi turbamenti vengono ad essere rilevanti
data la struttura dei rapporti aventi ad oggetto la parte comune.
REVISIONE DI TABELLE MILLESIMALI E
DI TABELLE DI GESTIONE
Tribunale di Milano, 22 ottobre 2002 n. 12548
La trasformazione, operata da alcuni condomini nel solaio e nel vano sottotetto,
costituisce valido e legittimo presupposto per l'accoglimento della domanda avente
per oggetto la revisione dell'originaria tabella millesimale dello stabile e la
conseguente rideterminazione dei valori millesimali propri delle unità modificate.
Tale situazione di fatto costituisce altresì valido presupposto per l'ulteriore
accertamento riguardante la ridistribuzione tra tutti gli altri condomini dei millesimi
che residuano sul totale di mille. Per quanto riguarda, invece le cd "tabelle di
gestione" (aventi ad oggetto riscaldamento e/o ascensore), la loro modifica esula
dalla previsione di cui all'art. 69 disp. Att. Cod. civ., attinendo non tanto alla
individuazione delle quote di comproprietà sulle parti comuni , quanto alla
specificazione dei criteri di suddivisione della spesa relativa alla conservazione di tali
parti, specificazione che può quindi essere in primis disposta solo dalla collettività
dei condomini il cui operato può poi trovare autonoma censura in apposita
controversia ma non può essere anticipato da interventi dell'Autorità Giudiziaria.
MANUTENZIONE DI COSA COMUNE CHE
SERVE IN MODO DIVERSO I MEMBRI DELLA
COLLETTIVITA' CONDOMINIALE
Tribunale di Milano, 17 ottobre 2002, n. 12325
L'obbligo a partecipare alle spese relative alle opere riguardanti l'area destinata a
verde ed a contribuire alle spese per i lavori di rifacimento della
impermeabilizzazione della superficie costituente copertura di negozi, magazzini e
box va dichiarato solo in riferimento a quella parte di spese direttamente connesse
alla esistenza ed alla necessità di mantenimento dell'area verde oggetto di servitù in
favore della collettività: spese che in ragione della loro destinazione ad utilità solo di
tale collettività vanno interamente addossate appunto ad essa.
Le spese di manutenzione della copertura in senso proprio, intese come opere di
rifacimento della copertura e sua impermeabilizzazione, debbono, invece, essere
poste interamente a carico del proprietario del fondo servente al cui esclusivo uso la
copertura in senso stretto è destinata
RIPARTIZIONI DI SPESE "NON COMUNI"
Tribunale di Milano, 25 febbraio 2002, n. 2598
Deve ritenersi viziata, in quanto contrastante con il criterio di proporzione alla
destinazione d'uso sancito dall'art. 1123, c. 2, c.c., la delibera di ripartizione di costi
che suddivida tra tutti i condomini del fabbricato le spese relative ad un montante
dell'impianto di riscaldamento al servizio dei soli appartamenti di una scala
dell'edificio.
IMPUGNAZIONE DI DELIBERA ASSEMBLEARE
Tribunale di Milano 21 febbraio 2002, n. 2391
Non può essere accolta l'impugnazione di una delibera assembleare, difettando il
requisito dell'interesse ad agire, che di per sé in nulla abbia provveduto (essendovi
stata solo la manifestazione di un parere in ordine ad una richiesta) non contenendo
disposizioni immediatamente operative, tali cioè da avere per tutti i condomini
quell'obbligatorietà ed esecutorietà che le conferisce l'art. 1137 c.c.
ACCESSO DALL'INGRESSO PRINCIPALE PER IL CONDOMINO DOTATO DI
ACCESSO SEPARATO
Tribunale di Milano 21 febbraio 2002 n. 2391
In assenza di un preciso divieto regolamentare, sussister anche per il condomino
che disponga di un accesso diretto alla propria unità il diritto di servirsi, per accedere
al proprio immobile, dell'ingresso principale dell'edificio condominiale dunque, di
entrare in possesso delle chiavi che consentono tale uso
.RIPARTIZIONI DI SPESE E RECUPERO CREDITI
Tribunale di Napoli, sez. IV, io gennaio 2002, n. 65
Il fatto che il bilancio consuntivo, approvato dall'assemblea, indichi importo
complessivo dei debiti dei condomini verso il condominio, senza migliore
specificazione delle posizioni individuali, di per sé non vale ad inficiare la regolarità
formale e la veridicità del bilancio nel suo complesso, dal momento che opererà
sotto altro aspetto la responsabilità dell'amministratore per l'inerzia serbata nel
recuperare i crediti verso i condomini morosi.
DI NUOVO SULLA RIPARTIZIONE DEL LASTRICO SOLARE
Cass. Civ., sez. II, 25 febbraio 2002 n. 2726
Con riferimento al lastrico solare il termine "riparazione" di cui all'art. 1126 cod. civ.
va inteso come sinonimo di manutenzione, attinente cioè a quegli interventi sulle
parti di lastrico determinati dall'uso esclusivo, ma comunque collegati alla funzione di
copertura dei piani sottostanti cui il medesimo strutturalmente adempie; detti
interventi, tenendo conto della netta distinzione operata dall'art. 1126 cod. civ., non
sono invero assimilabili a quelli della medesima norma definiti di "ricostruzione" per
tali ultimi dovendo intendersi quei diversi interventi che incidono sugli elementi
strutturali del lastrico (quali, ad es., il solaio portante, la guaina impermeabilizzante,
ecc).
Professionisti, può bastare la fattura - 7 marzo 2002
"I lavoratori autonomi che nel 2001 hanno incassato compensi sui quali è stata
operata la ritenuta d'acconto devono ricevere entro il 2 aprile la certificazione che
attesta le ritenute operate dal sostituto d'imposta. La certificazione è in forma libera.
Spesso, però, i percettori di redditi soggetti a ritenuta - che ogni anno devono
ricevere le certificazioni, il cui importo complessivo deve poi corrispondere con
quello indicato nella dichiarazione dei redditi - sono in difficoltà.
I problemi riguardano soprattutto i percettori di reddito di lavoro autonomo che
nell'anno emettono molte fatture, magari a residenti nelle località più disparate e che
entro marzo dovrebbero ricevere tutte le certificazioni delle ritenute subite nel 2001.
A questi percettori può capitare di non ricevere una o più certificazioni, nonostante
nelle fatture emesse risultino in modo chiaro la ritenuta subita e il netto incassato. In
questi casi il percettore non deve preoccuparsi più di tanto in quanto ciò che importa
è che la ritenuta sia stata effettivamente operata...".