TRIBUNALE ORDINARIO DI BARI

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TRIBUNALE ORDINARIO DI BARI
TRIBUNALE ORDINARIO DI BARI
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IL GIUDICE DESIGNATO
letti gli atti e sciogliendo la riserva nella procedura cautelare promossa con ricorso
depositato in data 10.8.2004, nella procedura cautelare contrassegnata con il n. 7513‐1 R.G. 2004, DA
EPIFANI VALERIO, elettivamente domiciliato in Bari, alla via Principe Amedeo, n. 184,
presso e nello studio dellʹavv. S. Castellaneta, dal quale é rappresentato e difeso,
unitamente all’avv.ta R. Mastrorilli, in virtù di mandato a margine del ricorso,
Ricorrente
NEI CONFRONTI DI
POGGIOFRANCO SPORT SCOMMESSE S.R.L., in persona del legale rappresentante sig.ra Giove Chiara, elettivamente domiciliata in Bari, alla via A. Gimma, n. 147, presso e
nello studio dell’avv. E. Augusto, dal quale è rappresentata e difesa, in virtù di mandato a
margine della memoria di costituzione,
Resistente
NEI CONFRONTI DI
GIOVE CHIARA, domiciliata in Bari, alla via A. Gimma, n. 147, presso e nello studio
dell’avv. E. Augusto, dal quale è rappresentata e difesa, in virtù di mandato a margine
della memoria di costituzione,
Resistente
NEI CONFRONTI DI
TELEGRAFO GAETANO, elettivamente domiciliato in Bari, alla via A. Gimma, n. 28,
presso e nello studio degli avv. M. De Cesare e M. Giove, dai quali è rappresentato e difeso,
in virtù di mandato a margine della memoria di costituzione,
Resistente
FATTO E DIRITTO
Con atto del 25 giugno 2004, il sig. Epifani Valerio ha convenuto in giudizio la società
Poggiofranco Sport Scommesse s.r.l., la sua socia ed amministratrice sig.ra Chiara Giove, ed
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il sig. Telegrafo Gaetano, quale socio e amministratore di fatto della società, perché fossero
solidalmente condannati al risarcimento, in favore della società, del danno conseguente agli
illeciti asseritamente compiuti, in misura di € 379.998,69, nonché al risarcimento, in suo proprio favore, del danno – morale e psichico ‐ conseguente alle sofferenze ed alle prostrazioni subite ad opera dei due restanti soci, in misura di complessivi € 50.000,00.
Con ricorso depositato in data 10.8.2004, il sig. Epifani Valerio, premesso il contenuto del
suddetto atto di citazione, ha richiesto, ex art. 2476, co. III, c.c. nov., la revoca della sig.ra
Chiara Giove dalla carica di amministratrice della società, in ragione delle gravi irregolarità
da quella asseritamene perpetrate nella gestione della società.
I convenuti si sono costituiti contestando le avverse doglianze.
Con provvedimento del 29.9.2004, è stata disposta c.t.u. al fine di accertare l’effettività dei fatti illeciti rassegnati con il ricorso cautelare, nonché il danno patrimoniale, e la sua
misura, a ciascun fatto eziologicamente collegabile.
Autorizzato il deposito di memorie difensive, all’udienza del giorno 15.12.2004, la procedura cautelare è stata riservata per la decisione.
Osserva: Assumono i resistenti che l’istanza cautelare, involgendo il giudizio sulla
responsabilità degli amministratori sociali, pertiene alla competenza del Tribunale in
composizione collegiale, ai sensi dell’art. 50 bis c.p.c., sicchè anche la cautela spetterebbe
alla cognizione collegiale. In realtà, la questione va posta diversamente, per ciò che il processo (societario) a
cognizione ordinaria, nell’ambito del quale il cautelare s’inserisce quale incidente, è un rito speciale a trattazione collegiale, cui si applicano «in quanto compatibili» le disposizioni comuni; al suo interno non è prevista la figura del giudice istruttore di cui all’art. 175 c.p.c., ma quella del giudice relatore, al quale la legge attribuisce specifici compiti; mentre il
giudice relatore non è, come l’istruttore nel processo ordinario di cognizione innanzi al
tribunale ex artt. 163 ss. c.p.c., il magistrato al quale è affidata la trattazione del procedimento di merito. Sicchè, com’è stato correttamente osservato, nel silenzio della normativa, attribuire
la cognizione del cautelare ad un giudice monocratico, si porrebbe in sintonia con la regola
generale per la quale la tutela cautelare, salvo casi eccezionali espressamente previsti, è
attribuita ad un giudice monocratico, ma si porrebbe in contrasto con il diverso principio,
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anch’esso generale, della coincidenza tra giudice del merito e giudice della cautela, di cui
all’art. 669 ter, co. I, c.p.c. La migliore dottrina ha rilevato che l’aporia può essere risolta prendendo atto che l’art. 24 d.lgs. n. 5/2003 regola esclusivamente il procedimento cautelare
in corso di causa nelle controversie attribuite alla trattazione e alla decisione monocratica,
cioè soltanto in quelle tra banche, ai sensi della prima parte dell’art. 1, co. I, lett. e), e del co. III dello stesso articolo. E’, invece, rimesso all’interprete l’adeguamento della disciplina nelle controversie attribuite alla trattazione e alla decisione collegiale. In altri termini, il
legislatore delegato avrebbe regolato espressamente soltanto la tutela cautelare nelle
controversie attribuite alla trattazione e alla decisione monocratica, cioè soltanto in quelle
tra banche, ed avrebbe rimesso all’interprete l’adeguamento della normativa per tutte le altre controversie, attribuite alla trattazione ed alla decisione collegiale: per tale via,
sarebbe, quindi, possibile prescindere dalla lettera dell’art. 24 citato ed invocare direttamente gli artt. 669 quater, co. II, e art. 669 ter, co. IV, c.p.c., per i quali, se il giudice istruttore «non è ancora designato», il ricorso cautelare si propone «al presidente, il quale …» «… designa il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento» cautelare: il che è appunto quanto accaduto, nel caso di specie, con il provvedimento presidenziale del
14.8.04. Seguendo questo percorso argomentativi, l’eccezione deve dirsi infondata.
Ciò posto, occorre evidenziare che l’istanza cautelare è stata proposta nei confronti della sola Chiara Giove, amministratrice de jure della società, pertanto unico soggetto suscettibile
di revoca giudiziaria. L’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dal
Telegrafo, nei cui confronti non è stata spiegata alcuna domanda, e nei confronti del quale
la notificazione del ricorso ha svolto l’unica funzione processuale di rendere la pronunzia
cautelare opponibile a tutte le parti del giudizio di merito, è dunque infondata. Può anzi
ipotizzarsi il dubbio che, in analogia con quanto accade per le società di persone in forza
dell’art. 2259 c.c., si sia in presenza di una fattispecie sostanziale plurisoggettiva (mandato
collettivo) che, in considerazione della previsione di cui all’art. 1726 c.c., implica la partecipazione necessaria al processo dei soci tutti, e della società.
Eccepiscono quindi i convenuti l’inammissibilità e/o l’improponibilità dell’istanza cautelare in forza dell’art. 25 dello statuto sociale, che devolve la cognizione di “tutte le controversie www.associazionepreite.it
che dovessero sorgere tra i soci e l’amministratore unico … in dipendenza del presente Statuto nonché qualsiasi vertenza che potesse sorgere nell’esplicazione dell’attività sociale…alla decisione di un arbitro, da nominarsi di comune accordo; in caso di
disaccordo si procederà alla nomina di un collegio arbitrale che giudicherà ex aequo et
bono senza formalità di procedura”. Non v’è dubbio essersi in presenza di un’ipotesi di devoluzione della controversia ad
arbitrato libero, o irrituale.
Sennonché, sotto quest’aspetto, val la pena di evidenziare quell’orientamento giurisprudenziale a mente del quale non sono compromettibili in arbitri le questioni che
involgono disposizioni comunque preordinate alla tutela degli interessi non dei singoli
soci, ma della società in quanto tale, e dei terzi (vd., ex plurimis, Cass., 18 febbraio 1988, n. 1739). Si è pertanto rilevato non essere compromettibile in arbitri l’azione di revoca per giusta causa dell’amministratore di società, venendo in rilievo una controversia che ha ad
oggetto interessi della società, e che attiene a violazioni di disposizioni poste a tutela
dell’interesse collettivo (così, Trib. Biella, 8 gennaio 2001, in Giur. it., 2001, 978; Trib. Napoli, 14 marzo 1996, in Società, 1996, 712). Qualora si volesse diversamente opinare, nel senso della compromettibilità in arbitri della
questione concernente la revoca degli amministratori, verrebbe comunque in rilievo la
disposizione di cui all’art. 35, co. V, d.lgs. n. 5/2003, a mente del quale <<la devoluzione in
arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare
a norma dell’articolo 669‐quinquies del codice di procedura civile…>>. Sul punto, è agevole osservare che, se nell’ipotesi di arbitrato irrituale in materia societaria è possibile la tutela
cautelare ante causam, a fortori la stessa deve ritenersi ammissibile allorquando un giudizio
sia comunque pendente tra le parti, giacchè diversamente si manifesterebbe un’evidente disparità di trattamento, non giustificata da alcuna diversità sostanziale. In tale ipotesi, la
questione che si pone è se, a fronte della clausola compromissoria, il giudizio rispetto al
quale la cautela si pone come strumentale sia quello innanzi al giudice ordinario,
dovendosi in tal modo intendere caducato il patto commissorio, ovvero quello innanzi agli
arbitri irrituali, ovvero ancora – come pure è stato sostenuto in dottrina ‐ entrambi i giudizi, contemporaneamente o indifferentemente. Questione allo stato irrilevante, specie ove si
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acceda all’indirizzo interpretativo secondo cui il giudice dinanzi al quale pende la causa di
merito è in ogni caso competente a pronunciare sulle eventuali domande cautelari proposte
in corso di causa, a nulla rilevando che nel medesimo giudizio sia stata eccepita
lʹincompetenza del giudice adito: se ne è inferito che, nella controversia tra amministratori e
società, il giudice del merito è competente ad emettere i provvedimenti cautelari, a nulla
rilevando che il contratto sociale devolva quel tipo di controversia ad un collegio arbitrale
(così, Trib. Roma, 14 maggio 2003, in Giur. romana 2003, 372; Pret. Torino, 4 luglio 1997, in Giur. it. 1998, 1406). Da ultimo, deve rimarcarsi il dubbio che, proprio in considerazione dell’accentuata giurisdizionalizzazione della tutela arbitrale irrituale, e comunque della sempre più evidente
assimilazione di effetti tra arbitrato rituale ed irrituale, nonché della posizione sistematica
dell’art. 35 citato, la disposizione di cui all’art. 34, co. II, d.lgs. n. 5/2003, che sancisce, <<a
pena di nullità>>, che la clausola compromissoria debba conferire in ogni caso il potere di
nomina di tutti gli arbitri ad un soggetto estraneo alla società, sia da riferire anche alla
clausola compromissoria per arbitrato irrituale, con la conseguenza che la clausola
compromissoria di cui si controverte, non adeguata alla disciplina imperativa
sopravvenuta, dovrebbe ritenersi comunque nulla.
Alla stregua di tutto quanto precede, l’eccezione di inammissibilità/improponibilità
dell’azione cautelare deve dirsi infondata.
Quanto al merito, può osservarsi che la disposta consulenza tecnica, all’esito di accertamenti fattuali esaustivi, condotti su presupposti logico‐metodologici del tutto condivisibili, cui pertanto si fa pieno rinvio, ha accertato l’effettività storica della gran parte delle doglianze evidenziate in ricorso. In particolare, sono emerse numerose irregolarità della disciplina civile, contabile,
amministrativa e fiscale concernente l’amministrazione delle società. Aderendo
all’indirizzo interpretativo più restrittivo, secondo cui le irregolarità che consentono la
revoca debbono essere particolarmente gravi e foriere di danno patrimoniale (in
considerazione del rapporto statuito dall’art. 2476, co V, c.c. tra azione di responsabilità e
revoca) si segnalano esclusivamente i seguenti illeciti civili e contabili:
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1) iscrizione nel bilancio al 31.12.2003 del conto “Debitori per risarcimenti”, e successiva appostazione dei conti creditori e debitori per € 145.000,00, con indebita distribuzione di utili per €.166.138,02. Come rileva il C.T.U.: <<La appostazione contabile dei 145.000,00
Euro, ha prodotto l’emersione di ulteriori due poste Crediti v/Epifani, Debiti v/Giove e
Telegrafo, ed infatti dopo la “distribuzione degli Utili”, sono rimaste aperte delle poste di credito della società nei confronti di Epifani per €.51.046,42 e delle poste di debito verso i soci Giove e Telegrafo rispettivamente per €. 50.750,00 e €. 21.750,00. L’epilogo ci dice, quindi, che a seguito della transazione e delle scritture contabili che da questa devono
trarre giustificazione, la società debba ricevere €. 51.046,42 dall’Epifani e debba, invece, corrispondere ai soci Giove e Telegrafo, ciascuno secondo la propria quota di
partecipazione, €.72.500,00. Tuttavia, il conto di Credito verso l’Epifani per €. 51.046,42 è stato azzerato al 13.10.2003 mediante un giroconto agli Oneri Straordinari per pari importo;
i Debiti verso Giove e Telegrafo sono invece rimasti appostati per l’importo di cui sopra. Con tale scrittura, quindi, le poste che erano state movimentate fino a quel momento solo
con conti patrimoniali e con il Patrimonio Netto, vengono annullate nel Conto Economico
come costi, di fatto riducendo l’Utile di esercizio 2003, ed inoltre restano aperti i debiti v/s i soci Giove e Telegrafo per €. 72.500,00 generati dall’appostazione e dall’utilizzo contabile dei 145.000,00 Euro. Ragionando, quindi, a ritroso le scritture contabili sembrano aver
avuto funzione di traghettare i Crediti verso il socio a seguito di una Citazione fatta
all’Epifani per alcune ipotizzate condotte non conformi, direttamente agli altri due soci,
quasi che la società ed il suo Patrimonio Netto fossero rimaste indenni da quelle “ipotesi di mala gestio” imputate all’Epifani ed invece subite dai due soci. Con ciò si vuol dire che è
“fortemente dubbia” l’iscrizione di un credito fondato esclusivamente su una citazione, per
lo meno da parte della società, e che a fronte di questo credito si dia conto dell’immediato sorgere di un debito verso i soci direttamente collegato all’iscrizione di quel credito. A tal fine mi preme richiamare i principi contabili n.15 e 7 che dettano i criteri per la iscrizione
nonché valutazione dei crediti e dei debiti in uno con gli articoli dal 2423 c.c. e seguenti ed
in particolare dell’artt.2423‐bis e 2426 c.c. in tema di valutazione. A fronte di queste
scritture si è, di fatto, ridotto in maniera non lecita il Patrimonio Netto Sociale per
€.166.138,02, che quindi costituisce un danno patrimoniale>>;
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2) azzeramento dei crediti verso il socio Epifani per €.51.046,42, emersione di un debito v/s Giove e Telegrafo rispettivamente per €.50.750,00 e per €.21.750,00. Come rileva il C.t.U.: <<la posta di Credito verso Epifani, pari ad €.51.046,42, non avrebbe avuto ragion d’essere qualora non si fossero iscritte le poste di debito e di credito di cui si è ampiamente detto;
tuttavia l’epilogo, così come la genesi, riserva un ulteriore problema, e cioè quello della
iscrizione di un sopravvenuto costo a seguito della certezza della impossibilità di incassare
un credito; di contro, invece, restano iscritti i debiti per €.72.500,00 verso i sigg. Giove e Telegrafo che dalle scritture di cui si è detto, traggono la loro essenza. Con ciò si vuol
significare che l’onere straordinario per il mancato incasso riduce l’Utile di esercizio 2003 e di fatto una quota ideale di Patrimonio Netto, fino a diversa disposizione. Appare anche in
questa fase evidente che fondante della questione è la lettura dell’atto transattivo di fatto, poi, trasfuso nelle scritture contabili.>>;
3) compenso professionale per l’amministrazione corrisposto in eccedenza di €.5.100,00 rispetto a quanto deliberato dall’assemblea. Rileva ancora il C.T.U.: <<L’esame documentale ha posto in evidenza come, a seguito della transazione e della successiva assemblea, fosse stato stabilito un compenso pari ad €. 22.950,00 al lordo delle ritenute dal 01/01 al 30/09/03 e €.4.500,00 per i mesi da ottobre a dicembre, per un totale di €. 27.450,00 in favore del dott. Telegrafo. La documentazione contabile ha, invece, posto in luce a Conto Economico per l’anno 2003, un costo pari ad €. 32.640,00, a fronte di un deliberato assembleare pari ad €. 27.450,00, e dunque eccedente per €. 5.100,00, così come rappresentato dall’avv. del sig. Epifani. Sulla scorta della documentazione il CTU ha pure riscontrato il conto dell’esercizio precedente, al fine di verificare se pur con difetto di competenza, fossero state spesate nel 2003 fatture del 2002; dall’esame è emerso che il conto 8.16.04 riporti tra i costi un compenso pari ad €. 38.556,00, e dunque nessuno spostamento per competenza da un esercizio all’altro>>.
Si tratta di illeciti <<gravi>>, in particolare quelli concernenti la distribuzione di utili fittizi
(cfr. pag. 30, rigo 12 e 13 della relazione), o comunque non deliberati dalla società, e quelli
riguardanti l’ammontare del compenso, che di per sé avrebbero giustificato il ricorso al
rimedio di cui all’art. 2409 c.c. (cfr., App. Bologna, 20-12-1991, in Società, 1992, 653; App.
Venezia, 14-9-1987, in Società, 1988, 277), ormai non più applicabile alle società a
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responsabilità limitata, e sostituito appunto dalla revocabilità dell’amministratore, nel corso del giudizio sulla sua responsabilità. Si tratta poi di illeciti di per sé forieri di danni, compiutamente quantificati dal consulente
tecnico nella sua relazione. La transazione inter partes del 13.10.2003 non copre affatto simili comportamenti: non copre, in particolare, l’azzeramento delle partite di dare/avere in capo
all’Epifani, con il contestuale permanere delle partite concernenti i restanti soci, Giove e
Telegrafo. Tale operazione ha realizzato un mero espediente che ha consentito alla socia ed
amministratrice Chiara Giove di presentarsi come creditrice della società e di percepire in
tale veste ingenti somme non dovute, e ciò, nonostante l’effetto estintivo (e satisfattivo) delle partite di dare e avere di ciascuno dei soci, tra di loro e nei confronti della società,
proprio della transazione stipulata. Si tratta di inadempimenti notevolmente importanti, dai quali scaturisce una situazione di
sfiducia nei confronti dell’amministratore della società, tale da non consentire più la
prosecuzione del rapporto di mandato, poichè fanno dubitare del regolare successivo
comportamento solutorio dell’amministratrice in carica. L’istanza cautelare, fondata, dev’esser quindi accolta.
Le spese del procedimento vanno ovviamente rimesse al merito.
P.T.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunziando sull’istanza cautelare come in epigrafe introdotta, la accoglie e, per l’effetto, revoca la sig.ra Chiara Giove dalla carica di
amministratrice della società Poggiofranco Sport Scommesse s.r.l. Spese al merito.
Così deciso in Bari, addì 24 gennaio 2005.
Il Giudice designato dott. F. Cassano
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