Donne al vertice e successo d`impresa
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Donne al vertice e successo d`impresa
DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA Il “D factor”: più profitti e meno rischio per le imprese guidate dalle donne Maria Grazia De Angelis L’occupazione femminile cresce in Europa, ma la disparità non diminuisce. E’ vero che negli ultimi due anni, a fronte di una crescita dell’occupazione complessiva del 10% le lavoratrici sono aumentate del 16%; ma il tasso di occupazione femminile in Italia rappresentando solo il 42,7%, è tuttora molto distante dall’obiettivo di Lisbona del 60% entro il 2010. Inoltre, ancora oggi il numero delle donne che occupano posizioni di elevata responsabilità all’interno delle imprese, è di gran lunga inferiore a quello degli uomini. L’ultima relazione della Commissione Europea sottolinea come i divari di genere restano ancora significativi e sempre a svantaggio delle donne. Eppure numerose ricerche fatte da enti diversi dimostrano un’importante verità sulle donne manager: le imprese guidate dalle donne vanno meglio rispetto alle altre, accrescono più velocemente i ricavi, generano più profitti, sono meno rischiose. Inoltre, è molto importante che l’occupazione femminile continui a crescere, soprattutto in un pe- 59 60 Quaderni di ricerca sull’artigianato riodo di crisi. L’occupazione femminile ha infatti una caratteristica preziosa per rilanciare l’economia: produce altri posti di lavoro. Ciò deriva dal fatto che normalmente ricadono sulle donne le incombenze domestiche e la cura dei bambini, dei malati e degli anziani della famiglia, per cui, man mano che le casalinghe trovano un impiego, aumenta la domanda di babysitter, badanti e colf, creando così ulteriore occupazione. Dagli anni 60, il nostro Paese ha compiuto grandi passi per il riconoscimento delle pari opportunità tra uomo e donna nel mercato del lavoro. Ma resta da fare ancora molto per allineare l’Italia al resto d’Europa. Purtroppo sono ancora molti i pregiudizi e i limiti, spesso culturali che condizionano notevolmente le donne e che generano tanti, forse troppi ostacoli alla loro carriera. Anche per le donne in politica la situazione non sembra essere migliore se Silvia Terribili in una lettera aperta pubblicata nel blog di Wanda Montanelli afferma “ Il maschilismo è purtroppo trasversale e a distanza di anni devo darti ragione sul fatto che anche …. (nome di esponente della sx) opera scelte in linea con la tendenza generale italiana. Agli uomini al vertice non piace la donna protagonista, ambiziosa, sicura di sé, che vedono come rivale, e amano circondarsi di spalle o di caratteriste. La candidata preferita dai vertici è quella che sostanzialmente avalla la linea del capo, è dissidente, ma solo sulle questioni secondarie..” Secondo le statistiche della Commissione Europea, il nostro paese è ventinovesimo (su 33 paesi censiti) per numero di donne presenti nei consigli d’amministrazione delle società quotate in DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA borsa (con il 4% degli amministratori, contro una media della Ue al 2007 dell’11%), seguito solo da Malta, Cipro, Lussemburgo e Portogallo. In sintesi, le donne al vertice delle imprese italiane sono poche, molto meno della media europea, e questo è un fenomeno noto, a cui è necessario dare risposte concrete anche in Italia. Basti osservare che, nonostante una recente ricerca Cerved sulle società di capitale dimostri che la rischiosità delle imprese a guida femminile non è affatto superiore rispetto alle altre e che le aziende con una donna come top manager hanno accresciuto più velocemente i ricavi, generato più margini lordi, chiuso più frequentemente l’esercizio in utile, studi recenti hanno dimostrato che le banche applicano tassi di interesse maggiori alle imprenditrici, senza che questo sia giustificato da un diverso profilo di rischio delle donne rispetto agli uomini. Inoltre, come testimoniano molte donne imprenditrici, non è raro che se vanno in banca si sentono chiedere: quanto guadagna suo marito? Innovazione e ricerca sono parole fantastiche per i convegni, ma sono troppo poche le banche che aiutano le donne a sostenere le loro idee imprenditoriali ed i servizi istituzionali che rappresentano un valido supporto al superamento dei disagi lavorativi Ogni giorno le donne devono affrontare nuove sfide per abbattere tanti pregiudizi o limiti, molto spesso culturali, che condizionano notevolmente la loro attività lavorativa e il loro sviluppo professionale. Se la progressione verso la parità di genere dovesse crescere in Italia con il trend attuale ci vor- 61 62 Quaderni di ricerca sull’artigianato rebbero 500 anni per raggiungerla. Cosa fare? Qual è la chiave di volta ? Qual’ è il percorso da compiere se si vuole fare un vero salto di paradigma e di cultura manageriale? Quali sono i comportamenti organizzativi delle donne che influenzano le prestazioni dei singoli e le performance dell’organizzazione stessa? Quali caratteristiche, proprie della leadership femminile, devono essere valorizzate e maggiormente diffuse e consapevolizzate? Sono stati questi i temi al centro del convegno “Donne al vertice e Successo d’impresa leadership al femminile per superare la crisi e promuovere l’innovazione” organizzato dall’Associazione Italiana di Studio del Lavoro per lo Sviluppo Organizzativo (AISL_O), con l’obiettivo di delineare e approfondire il profilo personale e professionale delle donne manager. Da molto tempo l’Associazione Italiana di Studio del Lavoro per lo Sviluppo Organizzativo (AISL_O) - fin dal 1966 punto di riferimento di coloro che si occupano di processi operativi, organizzazione, sistemi gestionali e di controllo, change management - analizza i problemi legati ai ruoli manageriali ricoperti dalle donne nell’ambito delle imprese, della pubblica amministrazione, del terzo settore. Durante l’incontro è stata sottolineata e condivisa la necessità di incidere più efficacemente sulle regole e sul cuore dell’attuale sistema affinché venga data un’informazione più corretta, che sottolinei, non solo il disagio e i punti di debolezza dell’essere donna e lavoratrice, ma anche i punti di DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA forza, per l’intero Sistema Italia, di una leadership al femminile. Sono state inoltre stigmatizzate alcune problematiche che generano disagio e ostacoli alle donne che lavorano e che, a tutt’oggi, rappresentano un forte ostacolo all’inserimento delle donne nel mondo del lavoro, come la presenza di servizi, che possano fornire una valida risposta al superamento degli attuali pregiudizi, aiutandole concretamente a gestire particolari fasi della vita familiare e ad agevolarne l’inserimento e la crescita in azienda. Leadership al femminile Numerose ricerche evidenziano come, in un mercato così difficile, caratterizzato da continui cambiamenti, le donne sembrano avere una maggiore capacità di adattamento. Le caratteristiche peculiari delle donne manager quali: la capacità di affrontare la complessità e il nuovo, l’etica nel lavoro, la capacità di condividere le responsabilità valorizzando i propri collaboratori, la capacità di apprendere e semplificare, di trovare soluzioni e condividerle con gli altri, la cura dei particolari, la concretezza, l’ordine e la diligenza: fattori oggi indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi. Durante il “Management Forum” che si è svolto in Confindustria Bari sulla Leadership al femminile sono state delineate le caratteristiche proprie della leadership femminile e forniti utili elementi per meglio definire il modello di management italiano. Le donne manager offrono, rispetto ai colleghi uomini, una maggiore propensione al nuovo e una grande passione per la ricerca e lo sviluppo, 63 64 Quaderni di ricerca sull’artigianato nonché una spiccata disponibilità a sperimentare nuovi mercati e una capacità innata di discernere quali sono le alleanze commerciali che si rivelano più proficue nel corso del tempo. Le donne manager sono meno legate alle ortodossie, quindi innovative e flessibili. Il profilo professionale e personale che emerge dai risultati di una ricerca di Federmanager mette in evidenza una donna in carriera, nel 70% laureata , con un’età media di circa 45 anni e con almeno 20 anni di lavoro, di cui 10 da dirigente. Il 73% è coniugata o convivente ed il 43% non ha figli. Il maggior numero di laureate è presente nel settore informatico; il più basso in quello amministrativo. Sostanzialmente soddisfatte del proprio ruolo, collaborative, cordiali, diplomatiche quanto basta, alcune ammettono di risultare talvolta litigiose e suscettibili. Il livello sociale della famiglia d’origine delle donne manager è nella maggior parte dei casi molto elevato: il 50% del campione ha infatti dichiarato che il padre è o è stato dirigente o imprenditore, e nel 33% dei casi ha conseguito una laurea. Anche per quanto riguarda il partner il profilo scolastico e lavorativo è di alto livello: il 60% è laureato e il 30% riveste a sua volta un ruolo manageriale. La Famiglia è al primo posto tra gli interessi delle donne manager; seguono i viaggi, gli amici e le attività ricreative in genere. Minore è l’interesse per gli aspetti culturali (teatro, musica, lettura, etc.) e il volontariato. La maggior parte delle dirigenti ritiene che il lavoro sia soprattutto una necessità per la propria autonomia personale, ma anche un’opportunità di crescita professionale; il 31,3% DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA lo considera semplicemente un’esigenza di natura economica e soltanto il 12,2% lo ritiene un’occasione favorevole per lo sviluppo dei rapporti interpersonali. Una ricerca di Manageritalia ha sottolineato come donne e uomini sempre più simili nel loro approccio alla professione. Non è più vero che gli uomini tendono ad avanzare maggiormente nella carriera perché lavorano molto di più. Le donne manager, infatti dedicano alla professione appena un’ora a settimana in meno ( con 50,3 ore totali invece di 51,4) . Viaggiano all’estero il 68,8% delle dirigenti a fronte del 71,9% dei colleghi e sono disponibili ad assumere responsabilità aggiuntive più di loro. Alla proposta di un nuovo incarico risponderebbe affermativamente l’87,6% delle donne e solo l’83% degli uomini. Il legame con la famiglia e il senso di responsabilità resta fortissimo. Su una cosa le manager non sono disposte ad acconsentire quasi mai: allontanarsi da casa per lunghi periodi.. Dà questa disponibilità solo il 5% delle lavoratrici con incarichi dirigenziali, una percentuale che raddoppia tra i colleghi maschi (10,8%). I manager di entrambi i sessi interrogati su quali benefici avrebbe potuto eventualmente la crisi hanno dato le stesse risposte: una positiva riorganizzazione aziendale (indicato dal 35% delle donne e il 31% degli uomini), l’emergere di nuove opportunità (30% delle donne e il 41% degli uomini) e una revisione dello stile di management ( per il 29% delle donne e il 25% degli uomini). Le donne riescono ad avanzare nella carriera nei settori più femminili: in primis istruzione e sanità dove rappresentano il 37,4% dei dirigenti, 65 66 Quaderni di ricerca sull’artigianato poi nei servizi (con il 28,4%) e nella pubblica istruzione (26,8%. In sintesi il profilo della donna di successo che emerge dalle varie indagini volte ad individuarne le caratteristiche socio-demografiche, il percorso professionale, i fattori che hanno influito sia positivamente che negativamente sulla carriera delle donne intervistate è il seguente. La donna di successo è molto sicura di sé, tenace, capace di auto stimarsi e di essere consapevole del valore che produce con il proprio lavoro. Una donna che al talento unisce le competenze tecniche necessarie, lo studio ed una formazione continua. Una donna che sa porsi in modo deciso, che sa chiedere quando ritiene di meritare di più. Una donna attenta a curare le relazioni, che sa porsi solo obiettivi realistici e che è sempre pronta a rischiare quando si tratta di ottenere nuovi incarichi, ampliando le sue conoscenze e sperimentandosi in nuovi campi. E’ fortemente pragmatica e previdente. Punta a una definizione chiara e concreta degli obiettivi da raggiungere, sia nel breve che nel lungo periodo. Mette al primo posto la visione strategica, va dritto ai risultati grazie alla tenacia e a una buona dose di intuito femminile. Propensione delle donne per le attività di servizio e volontariato Le statistiche dicono che le donne raramente raggiungono posizioni di alto livello, nonostante negli ultimi 20 anni siano entrate nel mondo del lavoro un numero elevatissimo di laureate eccellenti. DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA Le analisi svolte da consulenti ed addetti ai lavori finiscono per attribuire alla “logistica” e ai pregiudizi degli uomini la colpa di questa situazione. Non vi è dubbio che la mancanza di tempo, l’enorme carico di responsabilità extralavorative che la donna si assume, le necessità familiari, le carenze di strutture di supporto, il perpetuarsi di una cultura manageriale che privilegia le caratteristiche maschili costituiscano un serio ostacolo alla crescita manageriale delle donne ma c’è la diffusa convinzione che ancora oggi, le motivazioni che stanno alla base di questa progressiva riduzione della presenza femminile man mano che si progredisce lungo la piramide organizzativa, siano più profonde. A fronte dell’evidente impoverimento etico e intellettuale in cui versa un cospicuo numero di manager, c’è chi è convinto che, da parte di persone intelligenti, capaci e sensibili, spesso c’è il rifiuto e il disgusto di fare delle cose ritenute inutili, se non addirittura controproducenti, di sprecare il proprio tempo, altrimenti produttivamente utilizzabile per la cura della famiglia, dei figli, degli anziani, dei vicini. Secondo questa scuola di pensiero, non c’è solo una questione di trovare il tempo, ma c’è proprio il rifiuto di prostituirsi intellettualmente, il desiderio di evitare riunioni serali non sempre rivolte alla risoluzione di problemi ma miranti a confortare o, peggio, adulare un capo insicuro, il rifiuto di trovarsi in situazioni ambigue o di essere costrette a prendere decisioni non etiche. Un interessante contributo alla comprensione degli ostacoli incontrati dalle donne nel loro percorso di crescita manageriale è stato fornito, tramite il 67 68 Quaderni di ricerca sull’artigianato Progetto Brave, dalla Fondazione Marisa Bellisario che ha coperto nel periodo luglio-dicembre 2005 un ampio campione di donne che nell’ambito del proprio iter lavorativo sono riuscite a raggiungere livelli di eccellenza nell’organizzazione cui appartengono. E’ interessante soffermarsi su un dato che emerge dalla ricerca. Alla domanda se le donne avessero la stessa capacità di lobbying degli uomini il 61% risponde si ed il 39% no. Approfondendo il tema, si scopre che solo il 23% risponde perché hanno meno tempo, mentre ben il 41% perché hanno meno interesse, ed il 35% è raggruppata nella voce per un pregiudizio culturale. La ricerca evidenzia che ci sono molte più donne impegnate anche a livelli dirigenziali nel volontariato piuttosto che nel privato. Perché? la risposta potrebbe stare nel fatto che, così facendo, le donne pensano di contribuire di più e di servire meglio la società. Al riguardo è stato osservato che le donne hanno storicamente privilegiato le professioni di “servizio” alla società, quale l’assistenza sanitaria, l’insegnamento: la percentuale di donne infermiere, medico, insegnanti e’ sempre stata elevatissima. Pensando al significato economico-sociale del lavoro al femminile e, facendo un parallelo con le attività delle nostre mamme e nonne, c’è chi prospetta la visione di una managerialità femminile al servizio del bene comune, includendo in questo termine non solo i lavori socialmente utili ma anche un modo più socialmente responsabile di gestire l’attività imprenditoriale Va inoltre sottolineata la necessità che le persone che si dedicano al volontariato o al cosid- DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA detto Terzo Settore per coprire le carenze croniche del sistema produttivo, dovrebbero ripensare la loro attività ed il loro impegno sociale in un ottica di tipo imprenditoriale. Devono infatti comprendere che il livello di servizio che potrebbero offrire alla società sarebbe molto più elevato se si attivassero su un percorso di crescita professionale che li potesse portare ad acquisire competenze professionali e ad assumere responsabilità gestionali e manageriali attraverso le quali migliorare la qualità e l’efficacia dei servizi offerti. Il mentoring al femminile Uno degli strumenti chiave per lo sviluppo della leadership delle donne negli affari e nelle professioni e per trasmettere a giovani e non giovani le competenze necessarie per gestire un’impresa industriale, un Istituzione o una ONLUS è rappresentato dal mentoring. Il Personal mentoring , che può essere sia uomo che donna, supporta in un’organizzazione di lavoro – azienda, associazione o accademia - la valorizzazione delle potenzialità individuali , in ottica di “empowerment” , conferendo occasioni di sviluppo e visibilità . Consiste in un lavoro concorde tra una “mentore” e la propria “mentee“ fondato su volontarietà, fiducia e apertura all’interno di uno schema di lavoro definito, coordinato e condiviso. In questo tipo di lavoro le donne, proprio per la loro inconscia propensione al “dare” sembra che diano i migliori risultati. In particolare i progetti di “Mentoring al femminile” prevedono di 69 70 Quaderni di ricerca sull’artigianato accompagnare giovani donne con scolarità e potenzialità medio-alte nel: o evidenziare le proprie competenze, o acquisire modelli di gestione del ruolo (gender-role modelling) ; o creare reti di contatto; o ridurre il fenomeno della segregazione verticale - “tetto di vetro” - e orizzontale -“parete di vetro-. Operano in qualità di mentori le donne e gli uomini che occupano posizioni di responsabilità in ambito aziendale e sono motivati a trasmettere ad altri le proprie esperienze e conoscenze. La crisi dei valori che riguarda una parte rilevante del management responsabile del sistema economico del Paese richiede infatti nuove metodiche di fare impresa: quali outplacement, coaching, intervento attivo di donne capaci e competenti. La loro formazione, motivazione e attivazione passa anche attraverso un pervasivo programma di mentoring Accanto agli interventi di empowerment, formazione e mentoring, tesi a potenziare le capacità manageriali e gestionali è indispensabile un’azione nuova e concreta sulla leadership, termine molto utilizzato in azienda ma nella pratica spesso confuso con management. Il Mentoring al femminile rappresenta uno tra i più importanti strumenti per lo sviluppo di una leadership al femminile, in quanto finalizzato a : DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA 1) far si che le giovani (e meno giovani) di talento prendano coscienza della necessità del loro impegno in azienda per migliorare il mondo del lavoro, 2) aiutarle a potenziare le proprie capacità manageriali, prerequisito “tecnico” per acquisire potere e credibilità, 3) supportarle a perseguire un nuovo modello di leadership per una società migliore. La comunicazione è femmina La comunicazione negli ultimi dieci anni si è trasformata da “accessorio” nel successo delle organizzazioni a funzione aziendale essenziale, indispensabile per l’affermazione di queste nei propri settori di riferimento. In questo percorso, un ruolo da protagoniste, a volte inconsapevoli, è stato svolto dalle donne che negli ultimi cinque anni hanno raggiunto quota 70% degli addetti nell’universo della comunicazione. Secondo quanto emerso dall’indagine “Donna e comunicazione: valore e trasparenza” realizzata dal Censis Servizi per la Fondazione Marisa Bellisario, con il contributo di Capitalia, nelle medio-grandi aziende italiane sono donne il 71% di addetti nell’area comunicazione e quasi il 74% nell’ufficio stampa, in netta crescita in quest’ultima (le impiegate erano poco più del 59% nel 2002). Anche negli Urp provinciali, in un ambito quindi di tipo istituzionale, il 62% degli addetti è donna (+10% rispetto al 2002) e il 66,6% dei responsabili degli stessi uffici è di sesso femminile (41,6% cin- 71 72 Quaderni di ricerca sull’artigianato que anni fa). Quello della comunicazione è, inoltre, l’unico comparto aziendale in cui si registra una consolidata maggioranza di donne anche ai vertici della piramide organizzativa. Oggi, il 77,8% dei dirigenti dell’area comunicazione e il 55,6% dei responsabili degli uffici stampa sono donne, nel 2002 erano in entrambi i casi il 38,9%. Si tratta di una vera e propria peculiarità di questo settore, anche se la leadership femminile all’interno delle varie funzioni aziendali guadagna terreno e fa ben sperare anche in settori come produzione o ricerca & sviluppo, (dove le donne avanzano però lentamente) e soprattutto nel marketing (il 44,4% del totale, +22% rispetto al 2002) e nelle risorse umane (38,9% di direttrici, +16,7% rispetto a cinque anni fa). Le professioniste della comunicazione intervistate hanno individuato anche i fattori vincenti e gli errori da evitare per le donne che lavorano in questo ambito. Secondo le interpellate, gli ingredienti del successo al femminile sono, in ordine di priorità, la tenacia e la determinazione, la chiarezza di vedute e la tensione verso l’obiettivo, una formazione continua, l’intuito, nonché l’eticità e l’onestà intellettuale. Esistono, inoltre, alcune peculiarità, indicate come insite nel dna femminile, che se ben utilizzate possono rappresentare una marcia in più per lavorare al meglio in questo settore. Sono: la creatività, intesa anche come poliedricità, capacità di destreggiarsi e di risolvere ogni situazione dosando fantasia e concretezza; il senso del gusto e dell’estetica, perché per lavorare in questo ambito bisogna anche saper trasmettere emozioni; la versatilità e la precisione, se non si trasforma in ansia DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA di perfezionismo. I fattori che invece possono penalizzare sono l’eccessiva emotività, una scarsa preparazione, l’atavica dipendenza dagli uomini (che si traduce a volte in insicurezza), l’eccessivo carrierismo e la già citata ansia di perfezionismo. Un altro elemento, una lacuna che sembra essere tutta italiana, può ostacolare la crescita professionale delle donne che lavorano nell’ambito della comunicazione: la scarsa capacità di coalizzarsi, di fare gruppo, un difetto che – a detta delle interpellate – risulta ancor più dannoso nel nostro Paese dove, ancora più che in altri, sussistono discriminazioni da parte degli uomini nei confronti delle colleghe, peraltro spesso più impegnate a essere competitive tra loro che non a darsi una mano vicendevolmente. Le donne migliorano i risultati delle aziende Si sta assistendo ad un progressivo aumento della partecipazione delle donne alla vita economica del paese. La presenza femminile nei settori produttivi ha costituito e costituisce una straordinaria fonte di vitalità e innovazione per il sistema Italia che ha dimostrato di essere capace di rinnovarsi e di competere sui mercati internazionali in via del tutto spontanea nonostante l’inadeguatezza e l’assoluta mancanza di strumenti normativi idonei ad assecondarne il rinnovamento. Catalyst, organizzazione no-profit impegnata dal 1962 per incoraggiare lo sviluppo di ambienti di lavoro inclusivi a vantaggio delle aziende e delle donne che lavo- 73 74 Quaderni di ricerca sull’artigianato rano, ha svolto un’indagine da cui è emerso che le aziende con un’alta rappresentanza di donne nei Consigli di Amministrazione ottengono risultati finanziari significativamente superiori, in media, rispetto alle aziende con una minore rappresentanza di donne (www.catalyst.org). L’indagine “The bottom line: corporate performance and women’s representation on boards”, del 2007, ha dimostrato l’esistenza di una forte correlazione tra la diversità di genere in azienda e le performance finanziarie realizzate. Le aziende con un’alta presenza di donne nei CdA rispetto a quelle con percentuali basse di donne hanno performance migliori del 53% per quanto riguarda il Return on equity (un indice globale dei risultati economici dell’azienda e della capacità dell’azienda di attrarre capitali), del 42% superiore per quanto riguarda il Ritorno sulle vendite e del 66% superiore per quanto riguarda il Ritorno sui capitali investiti, cioè quanto bene l’azienda genera cash flow relativo al capitale investito nel suo business. Anche i dati diffusi dal Cerved, società che gestisce le banche dati per le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, testimoniano un tessuto imprenditoriale femminile molto vivace e prolifico, che ha retto l’urto della recente crisi meglio di quello maschile e che ha indotto gli analisti economici a parlare di un vero e proprio “fattore D”. Indicando con questa locuzione il valore aggiunto apportato dalle donne nella gestione d’impresa. Infatti tra il 2001 e il 2007, le società femminili comprese nella fascia di fatturato più alta, oltre i 200 milioni di euro annui, hanno incrementato i ricavi a un ritmo medio dell’8,8% annuo, percentuale su- DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA periore rispetto a quella delle società maschili, che hanno avuto un incremento annuo dell’8,6%. Nel presentare i dati del Cerved Guido Romano, ha evidenziato che nella fascia di fatturato compresa tra i 50 e i 200 milioni di euro la differenza è ancora più netta: qui i valori di riferimento sono il 7,7% delle imprese femminili contro il 6,5% di quelle maschili. Infine nella fascia delle imprese con ricavi compresi tra i 10 e i 50 milioni di euro, i ricavi delle società femminili sono cresciuti ad un tasso del 3,6 % in ragione d’anno, mentre quelli delle società maschili sono cresciuti ad un tasso del 2,7%. Il “fattore D” esplica i suoi effetti anche sul piano dei profitti d’impresa. Le imprese con un capo donna realizzano 6,9 euro di margini operativi lordi ogni 100 euro di fatturato, contro i 6,5 euro di quelle con un capo donna Questi sono i risultati economici di aziende aperte alla guida femminile. Il problema in Italia, è che sono pochissime le realtà societarie permeate dalla presenza di donne. Ciò è soprattutto evidente nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa. Secondo le statistiche della Commissione Europea, il nostro Paese è ventinovesimo (su 33 paesi) per numero di donne presenti nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa (con il 4% degli amministratori, contro una media dell’Unione Europea a 27 membri dell’11%) seguito solo da Malta, Cipro, Lussemburgo, Portogallo. In questo campo la Noorvegia batte tutti, avendo approvato nel 2003 una legge sulle “quote rosa” che impone alle aziende una presenza minima del 40% di donne nei board esecutivi, a pena di scioglimento. Il risultato di questo giro di vite è che la percen- 75 76 Quaderni di ricerca sull’artigianato tuale dei dirigenti donna, in Norvegia, è aumentata dal 6% del 2001 al 33% di oggi. Impiegando gli archivi del Cerved sui soci e sugli amministratori delle società di capitale italiane, è possibile allargare il campo di osservazione anche alle aziende non quotate in borsa: la presenza femminile nei consigli d’amministrazione delle imprese con un fatturato maggiore di 10 milioni di euro risulta pari al 14%, in leggera crescita rispetto al 12% osservato nel 2001. La rappresentanza femminile rimane però limitata, inferiore ad esempio rispetto a quella (già bassa) che si riscontra nelle aule della Camera dei Deputati e del Senato, dove il 21,3% e il 18,3% dei banchi è occupato da donne. Le imprese in cui il potere è in mani femminili sono una rarità: i consigli d’amministrazione con una maggioranza femminile, o quelli costituiti da sole donne, rappresentano infatti un’esigua minoranza nel panorama della società di capitale italiane. Rispetto alle oltre 18 mila imprese tutte maschili, le società con un board prevalentemente costituito da donne sono solo 1.850, il 6,4% rispetto al complesso delle imprese con ricavi oltre i 10 milioni; di queste, sono solo 767 quelle in cui il Cda è tutto al femminile. Una quota consistente delle società considerate, il 21,4%, è tuttavia costituita da imprese con un solo amministratore, in cui non esiste un vero e proprio board che discute e decide le strategie aziendali. Escludendo queste imprese dai conteggi, esistono solo 86 aziende con un Cda completamente femminile (complessivamente, le imprese in cui il board è a prevalenza femminile sono 1.169). DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA Le società con un Cda tutto maschile sono invece la maggioranza, circa 13 mila, e quelle dove le donne sono presenti, ma in minoranza, circa 7 mila (un terzo del totale). I consigli d’amministrazione a prevalenza femminile sono diffusi soprattutto tra le imprese attive nel campo dell’istruzione, della sanità o dell’assistenza personale, nel tessile e nell’abbigliamento, nell’industria del mobile, mentre quelli in cui è più raro trovare imprese con una maggioranza di donne al comando sono le utilities, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, le attività ricreative. Le statistiche indicano chiaramente che le poche aziende in cui le donne occupano la maggioranza o la totalità delle poltrone di comando sono concentrate tra le imprese minori: solo l’11% delle società a prevalenza femminile supera i 50 milioni di fatturato (contro una percentuale media del 21%). La bassa presenza di donne nei consigli d’amministrazione delle imprese maggiori appare in tutta la sua evidenza quando si focalizza l’attenzione sul gotha dell’economia: nei board dei primi dieci gruppi o aziende italiane per fatturato non vi è nemmeno una donna; tra le prime 15, solo il gruppo Benetton e Vodafone hanno un board non completamente maschile (1 donna nel Cda di Benetton e 2 in quello di Vodafone). Considerando i soli bilanci d’esercizio ed escludendo quindi i gruppi dal conteggio, le donne sono presenti solo in 9 delle prime 50 società italiane e la prima impresa in cui il numero di donne non è inferiore a quello degli uomini è la numero 24 del ranking, la Marcegaglia Spa (due uomini e due donne nel Cda); per trovare la prima società con un board composto in maggioranza da donne bisogna scendere addirittura al numero 442 della graduatoria. 77 78 Quaderni di ricerca sull’artigianato Evidenze empiriche suggeriscono anche che, quando le donne sono in maggioranza nel Cda, si riduce il rischio di default. L’analisi indica che quando il Cda è costituito in prevalenza da donne la probabilità di rientrare in una classe di rating peggiore si riduce di una percentuale del 15% rispetto ai casi in cui le donne sono in minoranza o assenti dal Cda. Infatti i dati indicano che la presenza di donne nei consigli d’amministrazione è associata a una minore percentuale di imprese in crisi o che hanno chiuso i battenti. Tra le imprese che nel 2001 superavano i 10 milioni di euro di fatturato con un board composto da almeno due componenti, solo una percentuale del 13% delle società in cui le donne occupavano la maggioranza o la totalità delle poltrone di comando è entrata in crisi finanziaria o non è più attiva; la stessa percentuale calcolata sul complesso delle imprese è pari al 22%. 1) DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA La European Professional Network, che ogni due anni fotografa i consigli di amministrazione delle trecento società maggiori in Europa, annovera l’Italia, insieme al Portogallo tra i Paesi ritardatari nella promozione delle pari opportunità ai vertici aziendali. Una situazione, quella descritta, deleteria anche sotto il profilo dell’internazionalizzazione delle nostre imprese. Infatti il dato relativo alle donne straniere nei consigli di amministrazione è sopra la media attestandosi al 24,8% del totale degli stranieri. Il persistere in Italia di questa situazione di grave squilibrio tra generi non consentirà dunque al nostro Paese di attrarre le migliori intelligenze manageriali femminili presenti sul mercato europeo ed internazionale. Quanto sopra evidenzia la necessità di una legge che si ponga come obiettivo di riequilibrare l’accesso alle cariche direttive partendo in primis proprio dalle società quotate in borsa che, come si evince dai dati riportati, sono quasi “off limits” per le donne. E ciò nonostante il fatto che esse operino su un mercato regolamentato e impieghino modelli di gestione manageriali basati sulla professionalità 79 80 Quaderni di ricerca sull’artigianato degli amministratori piuttosto che sull’affectio societatis dei singoli partecipanti all’impresa, come accade invece per le società di persone e per molte società a responsabilità limitata, di solito piccole e a conduzione familiare. Questi ultimi sono aspetti che avrebbero dovuto rendere le società quotate più aperte e una selezione del personale dirigente fondata su criteri schiettamente meritocratici, con l’impiego dei quali la presenza delle donne dei board direttivi avrebbe sicuramente e spontaneamente raggiunto livello di equilibrio rispetto a quella maschile. Nella realtà dei fatti ciò però non è accaduto e non accadrà senza un correttivo adeguato a causa della diffusione di ostacoli culturalial pieno riconoscimento delle pari opportunità nei gradini superiori della scala gerarchica dell’impresa. Il percorso delle TRE “C” In Italia le donne continuano a trovare molti ostacoli al loro inserimento ed alla loro crescita in azienda. Cosa fare per cambiare la situazione? La chiave di volta potrebbe essere un percorso in tre “C”: Consapevolezza, Conciliazione, Condivisione, perché tutte queste “C” conducono ad una sola grande “C” = CULTURA – Cultura al femminile e del femminile”. Luciano Anelli, Luciano Anelli, della Federmanager Puglia e profondo conoscitore delle Pari Opportunità nelle PMI, nonché tutor e mentore per donne imprenditrici, propone il percorso delle tre C per attuare un vero salto culturale finalizzato a valorizzare il “Fattore D” e la cultura al femminile e del femminile. DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA !Consapevolezza Una delle caratteristiche delle donne è la poca stima verso se stesse e la PAURA DI SBAGLIARE che limitano le potenzialità di percorsi accrescitivi. Altra caratteristica è l’attaccamento più a valori umani, come la famiglia, che di carriera. Due Top Manager mondiali arrivate al culmine della loro carriera, recentemente, hanno mollato dedicandosi ai nipoti, alla cura dei propri hobbies e alla cura di se stesse. Spesso le donne , anche le manager e imprenditrici, hanno il rimorso di aver sottratto tempo alla famiglia ai propri piccoli restando al lavoro. Tutto ciò fa propendere le donne verso scelte di rinuncia alla maternità. La violenza sulle donne è però un segno di debolezza della prepotenza maschile riconosciuta atavicamente. Le donne devono acquisire consapevolezza del proprio essere donna. Cosa fare ? Da combattere tanti pregiudizi o limiti, molto spesso culturali, che condizionano notevolmente le donne in carriera, imparando a considerare vincenti e determinanti le loro caratteristiche. Creare consapevolezza di sé e delle proprie capacità. La consapevolezza fa cambiare i pericoli in opportunità. Non rinunciare ma riordinare le priorità. Chiedere conciliazioni di tempi e modi di vita. !Conciliazione Una delle difficoltà maggiori per le donne è sempre conciliare i tempi di vita della famiglia con quelli del lavoro. La maternità diventa un ostacolo e non un’opportunità, una crescita individuale e so- 81 82 Quaderni di ricerca sull’artigianato ciale. Spesso le donne sono costrette a rinunciare perché il proprio guadagno è inferiore a quanto i spende per sostenere un babby-sitter. Per le imprenditrici le difficoltà aumentano dovendo loro badare al provento d’impresa e quindi non esistono leggi ed assenze. Anche la maternità è vissuta con celerità. Si torna subito al timone. I bassi livelli di occupazione femminile sono una delle più marcate anomalie del nostro mercato del lavoro. Ed anche una delle ragioni per cui il nostro Paese cresce meno degli altri e registra più alti livelli di povertà e vulnerabilità delle famiglie. Nell’ ottobre 2007 il governo Prodi annunciava una “terapia shock” per stimolare l’ occupazione femminile attraverso incentivi fiscali e politiche di conciliazione. Pochissime, purtroppo, le misure concrete seguite a quell’ importante documento. Nel novembre 2008 anche il governo Berlusconi ha ribadito a Bruxelles il suo impegno su questo fronte, annunciando un Piano Nazionale per l’ occupazione femminile. Oltre al potenziamento delle misure di conciliazione, uno dei piatti forti di questo Piano dovrebbe essere proprio “il rilancio di misure di promozione dell’ auto-imprenditorialità femminile”. Cosa fare ? Tocca al governo varare misure concrete ed efficaci. Ma le leggi varate dal parlamento e dagli enti locali nascono spesso solo dalla mediazione politica e da mano maschili che poco sanno e poco intervengono nella conciliazione tra famiglia e lavoro. Portare più donne nei contesti decisionali è una delle forme per ottenere norme più efficaci a favore della famiglia. Servizi efficienti e riorganizzazione dei tempi delle città rappresentano solo alcune possibili strade per aiutare la cre- DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA scita delle famiglie italiane. !Condivisione Finché le donne continueranno a decidere del loro futuro senza condividerlo con l’altra metà del cielo, abituata a pensare atavicamente in un modo solo: quello maschile, tutto quanto sopra esposto rimane mera teoria e si dovrà aspettare quei 500 anni per ottenere una visione diversa della vita insieme. L’uomo non concepisce, per storia, l’esistenza di diverse concezioni di vita. La donna ne è consapevole ma non si accorge che deve far cambiare la visione agli uomini. Continua a elaborare processi interiori e a non confrontarsi con la situazione esistente. Anzi spesso tende, quando vede uno spiraglio personale di accrescimento, a copiare l’uomo per essere accettata nel sistema, dal branco, evitando il cambiamento e la consapevolezza reciproca dell’esistenza di due diversi modi di essere e fare conciliabili. Cosa fare ? Iniziare a elaborare processi di sensibilizzazione. Come ? E’ giunto il momento perché, fra le tante innovazioni, fra le tante affermazioni, fra le tante battaglie, si ricrei una nuova composizione della comunicazione, del fare e dell’agire. Bisogna che i valori dei generi si integrino, senza scimmiottarsi. Per fare ciò, il pensiero che comanda , la strutturazione che governa la vita, atavicamente conformata al maschie, deve scopri- 83 84 Quaderni di ricerca sull’artigianato re e capire il mondo femminile perchè si integri alla pari con esso per ricreare condizioni di vivibilità e di competitività. Le donne non riescono a emergere, perché è la struttura del lavoro che non è congeniata per loro e per le esigenze della famiglia. La famiglia o ogni forma di convivenza in nucleo articolato deve diventare il perno di ogni azione e attività, ma con la consapevolezza dell’esistenza di diversi modi di fare, di agire, di comunicare. Gli uomini non credono esista un modo diverso dal loro per governare ogni azione, per cui bisogna sgretolare queste convinzioni con azioni studiate, mirate e con una diversa azione comunicativa. Luciano Anelli evidenzia come tutte queste C conducono però ad una sola e grande “C” = CULTURA” cultura al femminile e del femminile, che comprende tutte le altre. Cultura al femminile Bisogna insegnare alle nuove generazione un nuovo schema gerarchico che veda alla pari ogni essere umano , eliminando la diversità in quanto discriminazione, ma facendola diventare accrescimento. Solo così si potrà avere una svolta e si tornerà a crescere in un mondo sviluppato. Portare nelle scuole metodologie d’insegnamento, giochi, incontri che facciano rendere consapevoli, consciamente ed inconsciamente, la società del futuro dell’ esistenza e compatibilità, ol- DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA tre che necessità, di considerare e integrare due mondi diversi. Ci sono indagini che hanno rilevato quanto sia già formata nei bambini in tenera età la distinzione dei generi e dei ruoli in casa e sul lavoro. Anche i libri di testo spesso incidono su stereotipi che creano un pensiero atavicamente maschile. Ci sono però metodologie di gioco e di informazione che inculcano diversi stereotipi o disgregano quelli esistenti. Bisogna procedere con percorsi educativi mirati, partendo dalle scuole anche con la discussione di libri scritti da donne e sulle donne. Solo dopo l’attuazione di tali percorsi si potrà parlare di MERITO, argomento spesso usato dagli uomini per illudere le donne, nella consapevolezza dell’attuazione di metodologie di scelta sempre maschili. Secondo Luciano Anelli esistono strumenti in grado di contrastare quel trend che porterebbe le donne a raggiungere la parità di genere solo fra cinquecento anni. Ad esempio, è necessario “far approvare quelle leggi esistenti in altri paesi (Norvegia, Francia) che impongono, non solo in parlamento, ma anche in ogni vertice aziendale la presenza del 50% di donne; creare incontri di gruppo e clima di fiducia; iniziare ad illustrare agli imprenditori, ovunque, che la differenza è ricchezza e che questa differenza è quella di genere, che si moltiplica non con la sostituzione dei generi ma insegnando che l’affiancamento del modo di pensare e di agire al femminile è compatibile ed integrante l’attuale cultura aziendale maschile e crea quell’innovazione che può determinare il salto di qualità e la competitività sui mercati”. Sebbene siano molteplici, pertanto, gli impedimen- 85 86 Quaderni di ricerca sull’artigianato ti e le difficoltà che le donne si trovano ad affrontare per poter raggiungere ruoli di leadership nei vari settori, certo è che per sbrigliare quei nodi che le ancorano al margine è innanzitutto obbligatorio partire dalla radice e comprendere quali siano le dinamiche che ostacolano la loro ascesa; solo in questo modo si potrà fare il primo passo per trovare nuovi modi di essere in società e sul lavoro e quindi iniziare a parlare di assunzioni trasparenti e legate alla meritocrazia. Luciano Anelli sottolinea anche le altre C da considerare se si vuole realizzare un salto culturale che porti al superamento di paradigmi ormai obsoleti: Creatività, Competitività, Credito alle imprese rosa. !Creatività Il successo delle imprese, soprattutto se piccole e medie, non può prescindere dalle componenti informali implicite nell’organizzazione aziendale. Il valore di un’azienda dipende sempre più dal capitale umano e dalla sua capacità di apprendimento. Fattori che, in gran parte dipendono da processi “non formali”. Nel modello di Business non formalizzato (interpretato nell’organizzazione con ruoli formali e ruoli informali) le decisioni passano per intuito o per il consolidamento di una cultura organizzativa che deriva più da un affiancamento e riconoscimento della validità di precedenti esperienza più che da percorsi formativi teorici. Una delle leve del successo d’impresa va infatti identificata nella Valorizzazione degli elemen- DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA ti non formali. Il management deve gestire grosse quote di “informale”. Chi meglio delle donne può attuare simili percorsi se integra la sua creatività e il suo senso d’insieme e di informalità alla metodica maschile ? La donna ha una visione sistemica e complessa, derivante dalla sua millenaria attività che la costringe a conciliare contemporaneamente più azioni. Normalmente in azienda l’anima è un ospite indesiderato. Spesso mancano le competenze emotive. Cosa fare ? insegnare a ragionare in termini di modo e non di contenuto. Prevedere figure nuove come il Facility manager, che renda le cose facili. Creare incontri di gruppo e clima di fiducia e senso di appartenenza. Le donne imprenditrici, manager hanno innate queste capacità. Inoltre la donna, che acquisisce consapevolezza e sicurezza facilita l’equilibrio perché rende inscindibili organizzazione e sentimenti. !Competitività La crisi finanziaria che sta investendo il mondo intero e la nuova competitività creatasi nei mercati europei con l’ingresso di nuove forse economiche, quali la Cina, impongono decisioni importanti ed irreversibili. Gli esperti consigliano di investire in innovazione, che non deve essere individuata solo in nuove tecnologie, ma anche in nuove organizzazioni che creino quegli elementi di maggiore competitività. In Italia un dato eclatante di crescita è la for- 87 88 Quaderni di ricerca sull’artigianato tissima vitalità delle immigrate con il 71 per cento delle nuove ditte (ben 3.921) guidate da una donna extracomunitaria (cinesi, marocchine e nigeriane, con ucraine ed albanesi fra le più dinamiche). Cosa fare? Iniziare ad illustrare agli imprenditori, ovunque, che la “differenza è ricchezza” e che questa differenza è quella di genere, che si moltiplica non con la sostituzione dei generi ma insegnando che l’affiancamento del modo di pensare e di agire al femminile è compatibile ed integrante l’attuale cultura aziendale maschile e crea quell’innovazione che può determinare il salto di qualità e la competitività sui mercati. I passaggi generazionali (ora prevalenti anche fra padre e figlia) dovrebbero comprendere le innovazioni derivanti dalla visione più sistemica e complessa del pensiero femminile. !Credito d’impresa Ricche più di idee che di denari, le donne hanno sempre fatto fatica ad ottenere dalle banche prestiti per le loro attività imprenditoriali. Infatti uno dei problemi fondamentali dell’imprenditoria femminile è sempre stato il credito. Tuttavia da un sondaggio della Camera di commercio di Milano, effettuato su 390 imprenditori della provincia di Milano risulta che le imprese rosa vedono meno nero degli uomini il proprio rapporto con le banche: quasi il 40% di loro si fida molto o abbastanza si fida del suo istituto di credito, e più degli uomini ritengono importante per iniziare un’attività l’appoggio delle banche 94,3% (contro DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA 86%) e possedere un capitale iniziale 95,6% (contro 90%). Per costituire un’impresa rispetto agli uomini giudicano più importante l’idea imprenditoriale (97,5% contro 95,7%), il sapersi sacrificare (100% contro 98,3%), meno rilevanti le conoscenze informatiche ed internet (94,3% contro 95,3%). Spesso però le imprenditrici non vedono corrisposto questo sentimento di fiducia dagli istituti Bancari e quando chiedono prestiti sono costrette a portare come garanzia la firma del marito e del padre. Cosa fare? Un esempio è indicativo. Per rendere più rosa il futuro dell’economia milanese su iniziativa della Presidente del CIF-Comitato per la Promozione dell’Imprenditoria Femminile della Camera di commercio di Milano, Gianna Martinengo, è stato firmato l’accordo “Donne Impresa’’ fra la federazione lombarda delle Banche di credito cooperativo e varie associazioni/istituzioni tra cui anche la AIDDA Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda. L’accordo prevede l’istituzione di affidamenti e finanziamenti agevolati alle imprese a conduzione o a prevalente partecipazione femminile. 5 milioni di euro la somma stanziata dalle banche per finanziare iniziative quali aperture credito in conto corrente, investimenti materiali e immateriali, consulenze,formazione. L’ingegner Anelli, è inoltre convinto che proprio in quest’epoca di crisi l’imprenditoria femminile ha più che mai ragione di essere e svilupparsi. Tra le principali caratteristiche delle donne manager sottolinea la capacità di adattamento, la capacità di affrontare la complessità ed il nuovo, l’etica nel 89 90 Quaderni di ricerca sull’artigianato lavoro, la condivisione delle responsabilità, il saper valorizzare i propri collaboratori e molte altre che sono indispensabili oggi per il raggiungimento degli obiettivi, anche in uno scenario economico difficile. Come insegna l’esperienza di altri paesi, il fattore “D” è il lievito che fa crescere l’economia anche, e forse soprattutto, in tempi di recessione. Bisognerebbe far comprendere che Donna è creatività e competitività sui mercati, quindi è innovazione! La conciliazione come chiave di volta per i cambiamenti Le politiche di conciliazione partono dall’analisi dei bisogni e dal tentativo di trovare delle risposte che risolvano i problemi concreti che i cambiamenti del lavoro ha determinato: sempre più precarietà, che colpisce prevalentemente le donne, il differenziale salariale è assestato su valori del 23%, la reale parità di opportunità non si afferma e le donne continuano a farsi loro stesse Welfare, ad affrontare le loro quotidiane difficoltà. Serve invece una politica fiscale di sostegno per l’occupazione femminile, la destinazione di una quota più elevata del PIL ai servizi, un atteggiamento costruttivo verso la Legge 53 da parte delle aziende ed una contrattazione di genere, il tutto accompagnato da un cambiamento culturale e di linguaggio. E’ giunto il momento perché, fra le tante innovazioni, fra le tante affermazioni, fra le tante battaglie, si ricrei una nuova composizione della comunicazione, del fare e dell’agire. DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA Bisogna che i valori dei generi si integrino, senza scimmiottarsi. Per fare ciò, il pensiero che comanda , la strutturazione che governa la vita, atavicamente conformata al maschile, scopra e capisca il mondo femminile e si integri alla pari con esso per ricreare condizioni di vivibilità e di competitività. Le donne non riescono a emergere, perché è la struttura del lavoro che non è congeniata per loro e per le esigenze della famiglia. La famiglia o ogni forma di convivenza in nucleo articolato deve diventare il perno di ogni azione e attività, ma con la consapevolezza dell’esistenza di diversi modi di fare, di agire, di comunicare. Gli uomini credono non esista un modo diverso dal loro per governare ogni azione, per cui bisogna sgretolare queste convinzioni con azioni studiate, mirate e con una diversa azione comunicativa. Bisogna insegnare alle nuove generazione un nuovo schema gerarchico che veda alla pari ogni essere umano, eliminando la diversità in quanto discriminazione, ma facendola diventare accrescimento. Solo così si potrà avere una svolta e si tornerà a crescere in un mondo sviluppato. Per questi motivi, è necessario fare conoscere agli uomini il pensiero al femminile e studiare il mondo al femminile per poterne portare sprazzi e vantaggi nel mondo maschile incuneando nuovi modi di agire e di pensare , creando la breccia utile alle donne per affermare il proprio essere. 91 92 Quaderni di ricerca sull’artigianato Conclusioni In conseguenza di ciò i punti da perseguire per ottenere un miglioramento ed un maggior accesso delle donne alla Leadership sono: 1 - Conciliazione tempi e spazi tra vita familiare/lavorativa/sociale- Esempio è la Legge regionale su tale argomento approvata dalla Regione Puglia l’8 marzo 2007, di cui si sta elaborando il regolamento attuativo; 2 - Creare condizioni di un credito a medio e lungo termine alle Imprese al femminile, 3 - Ribaltare il concetto negativo sulla maternità (ostacolo alla carriera ed all’assunzione) mediante l’insegnamento dell’applicazione dell’art. 9 della legge 53, mediante agevolazioni al telelavoro e flessibilità di frequentazione, 4 - Conciliazione fra i due saperi attraverso la valorizzazione nella differenza di genere. Da queste considerazioni derivano i seguenti suggerimenti in ordine alla possibile formazione, rivolta sia agli uomini che alle donne impegnate al vertice delle aziende: - Creazione di una rete fra le donne manager ed imprenditrici ed un forum per lo scambio di esperienze; - Insegnamento del linguaggio e delle potenzialità femminili in azienda, riservato ai Responsabili delle risorse umane; - Insegnamento di buone pratiche per DONNE AL VERTICE E SUCCESSO D’IMPRESA l’avanzamento di carriera del personale femminile; - Corsi di autostima e di autorevolezza; - Corsi di seduzione del cliente ; - Coaching al femminile; - Diffusione della conoscenza della comunicazione al femminile in azienda con l’ausilio di incontri informali con autrici di libri al femminile; - Insegnamento al senso di appartenenza; - La maternità come vantaggio per l’azienda; - Costruzione di Bilanci di genere ; - Promozione della costituzione di Gruppi misti (donne e uomini) in Confindustria e Federmanager per l’esame della conciliazione lavoro/famiglia e della rappresentanza equilibrata. Sarebbe inoltre auspicabile che ogni donna faccia propria la convinzione che “Ogni Donna come Cittadina deve apportare alle strategie del proprio Paese il contributo di visione e idee costruttive seguite da azioni determinate. Ogni Donna deve dedicarsi a proteggere e promuovere gli interessi di altre donne negli affari e nelle professioni.” 93