di Carlo Andrea Postinger

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di Carlo Andrea Postinger
di Carlo Andrea Postinger
Martedì 12 aprile, sala conferenze di Tangram, Merano
Contenuti cartografici del Codice Brandis
Riprendendo il discorso a suo tempo sviluppato circa il Codice Brandis
bisogna ricordare che in passato gli illustratori, anche quando si propongono
di rappresentare primariamente la distribuzione geografica e le
caratteristiche di luoghi fortificati come castelli e città, spesso tradiscono un
interesse per l’articolazione complessiva del paesaggio. La rappresentazione
del paesaggio e quella del territorio – che non sono la stessa cosa – spesso
dunque si sovrappongono e si confondono. Una tavola del Codice Brandis che
raffigura il castello di Arco è un esempio: essa consta principalmente di una
veduta dell’edificio e dell’abitato ma l’autore si è voluto concentrare anche
nel rappresentare il territorio circostante, tramite una sorta di veduta “a volo
d’uccello”; in altri fogli del Codice, come quello che si riferisce alla Val di Non, vengono rappresentati sullo
stesso lavoro più castelli, anche geograficamente distanti fra loro, e tratti del paesaggio circostante: in
questo caso il disegnatore ha inserito però anche un elemento che non ci si attenderebbe di trovare,
ovvero la freccia che indica il nord. Questo dà l’idea che il disegnatore volesse rappresentare, oltre al
paesaggio, anche un territorio. Questo modo di lavorare lo si ritrova in altri autori come ad esempio Jörg
Kölderer, pittore alla corte di Massimiliano I d’Asburgo, il quale nella parte inferiore della sua tavola della
veduta di Rovereto inserisce una serie di notazioni sia grafiche che scritte che alludono ad una serie di
paesi che si trovano nelle vicinanze, colti “a volo d’uccello”. Questo colloca alcune pagine del Codice
Brandis dentro una tradizione grafica che è a cavallo tra rappresentazione cartografica e paesaggistica. Si
tratta comunque di lavori che in genere non vogliono essere autonomi, ma fungono piuttosto da corredo
per altre opere, ad esempio testi di natura storica.
Rappresentare lo spazio
Oggi, con i moderni strumenti a nostra disposizione, tra cui la possibilità di osservare la Terra dallo
spazio, risulta molto semplice rappresentare con precisione un territorio, grande o piccolo che sia. Ma per
arrivare a questo, l’uomo ha attraversato un lungo percorso che ha dimostrato quanto la cartografia sia
tutt’altro che una scienza esatta, o almeno che per molti secoli non lo sia stata. Nel tempo la cartografia
si è evoluta sottostando a determinate variabili: lo scopo della rappresentazione, il supporto e la tecnica
usati, la conoscenza effettiva dei luoghi e le fonti di informazione disponibili, la gerarchia dei dati
selezionati, gli strumenti usati per le rilevazioni, l’abilità stessa dell’esecutore, etc… In base a tutti questi
fattori variano non solo l’accuratezza e la precisione, ma anche la qualità e il tipo di informazioni che
vengono fornite, e che vengono scelte tra le tante possibili a seconda che si tratti, ad esempio, di
delimitare una proprietà, definire un’area d’influenza politica, di orientarsi o di studiare. Sono tutte queste
variabili che rendono il mondo della cartografia così affascinante. Oggi non percepiamo più la complessità
della cartografia; gli stessi criteri scientifici vengono usati per rappresentare luoghi vicini e luoghi lontani,
aree vaste e ristrette… tuttavia anche il moderno Google Maps, come gli antichi cartografi, seleziona i dati
da mostrarci in base a determinati criteri, prevedendo ciò che ci possa interessare. Non è vero che oggi
siamo molto più oggettivi nel rappresentare i luoghi. Ancora oggi tendiamo a farlo con dei filtri, ovvero in
base a ciò che vogliamo comunicare.
Alle origini della cartografia
I primi documenti cartografici conosciuti sono: il graffito di Mezin (Ucraina), di 150.000 anni fa che rappresenta un accampamento con fiume e alberi; la Pietra di Jebel Amud (Giordania), di 10.000-6.000 anni
fa, con incisi insediamenti e strade: la mappa di Catal-Hyük (Anatolia) di 8.000 anni fa con illustrate
strade, case e elementi del paesaggio e infine la mappa di Bedolina (Valcamonica) risalente a 3.000 anni
fa, con rappresentazioni di insediamenti e percorsi stradali.
Nella mappa di Bedolina (vedi immagine a lato) troviamo
la prima rappresentazione di un territorio alpino. Si tratta
di incisioni geometriche molto stilizzate, che gli studiosi
identificano come descrizioni di accampamenti con i
collegamenti tra un luogo all’altro ed elementi vegetali ed
animali del territorio circostante. Queste ovviamente
sono informazioni filtrate: chi ha inciso la pietra non l’ha
fatto per orientarsi ma per marcare un’area di influenza.
Vi troviamo quindi anche l’aspetto politico e culturale
della
cartografia.
L’intenzione
dell’incisore
era
probabilmente quella di dare un’idea dei luoghi circostanti
e dei collegamenti, la stessa cosa che accade in una mappa della metropolitana, dove le proporzioni tra le
distanze non sono importanti, perché lo scopo è quello di dare un’indicazione sulle tappe, non sulle
distanze.
Anche da Babilonia vengono importanti testimonianze cartografiche di epoche diverse. Per esempio la
pianta della città di Nippur, redatta 1500 anni prima di Cristo, è una carta topografica molto dettagliata,
di una precisione che non si trova in molte carte anche successive. Con l’epoca greca arriviamo a un’idea
molto vicina a quella che abbiamo oggi della cartografia. Il mondo rappresentato dai greci era un mondo
immaginato. Secondo Anassimandro, ad esempio, il mondo era un grosso cilindro con le estremità piatte,
sulle quali si trovavano l’oceano e le terre emerse. Naturalmente
la Grecia si trova al centro, perché anche qui c’è un filtro culturale. I greci danno il via a una tradizione cartografica che si sviluppa molto velocemente nei secoli successivi: la Terra arriverà
ad essere rappresentata come un cerchio perfetto circondato
dalle acque (con al centro sempre la Grecia, ovviamente, come
si vede nell’immagine a lato). Noi crediamo che la scoperta della
sfericità della terra sia una scoperta recente; in realtà già
Aristotele con i suoi studi era riuscito a dimostrarlo.
Questa scoperta porta con sé problemi di rappresentazione: come si fa a riprodurre una sfera su un
piano? Il primo a tentare una soluzione è Dicearco da Messina, nel 300 a.C, che disegna una mappa del
mondo con le prime coordinate geografiche basate sull’equivalente di un meridiano e un parallelo.
Eratostene migliorerà questa rappresentazione calcolando il raggio e la circonferenza del pianeta. Nel 120
d.C. Marino di Tiro introduce la misura in gradi sessagesimali di latitudine e longitudine. Tutto questo
fornisce Tolomeo le basi per ideare una nuova rappresentazione per la terra: la rappresentazione conica.
Tolomeo però verrà in seguito dimenticato per molti secoli in Occidente e recuperato poi a Medioevo
avanzato.
In epoca romana troviamo una delle prime rappresentazioni del territorio alpino. La tavola peutingeriana
ad esempio (Konrad Peutinger era un erudito alla corte di Massimiliano I d’Asburgo) è una copia di un
originale romano perduto, una carta stradale di utilità commerciale rappresentante le strade dell’impero
romano, che ai tempi si estendeva dalla Spagna al Medio Oriente. Rappresentare uno spazio così ampio
risultava piuttosto complicato su una striscia di pergamena rettangolare: il risultato è ovviamente una
rappresentazione molto “schiacciata” e “allungata”. Siccome tutte le strade portavano a Roma, la città
veniva rappresentata al centro e con le sembianze di una donna. Le strade sono rappresentate da
direttrici segmentate, ognuna delle quali porta la distanza in miglia da un luogo all’altro. I centri abitati
più importanti vengono indicati con disegni di gruppi di case, e dove serve si trovano indicate anche le
catene montuose. Si vede rappresentato anche il Trentino-Alto Adige, con i suoi centri maggiori. Le linee
sono dritte, vanno da sud a nord, come una cartina della metropolitana, perché l’importante era sapere la
direzione da intraprendere, le distanze tra un luogo e l’altro e l’eventuale presenza di fiumi, laghi e
montagne. La “Forma Urbis Romae”, dell’inizio del III sec. d.C., era una grande superficie marmorea
collocata nel tempio della pace a Roma e descriveva con una tecnica molto moderna la planimetria della
capitale. In Giordania si trova invece un enorme mosaico, di una grandezza stimata tra i 15 e i 25 metri
(oggi ne rimane solo un terzo), risalente alla seconda metà del VI sec. d.C, che rappresentava una mappa
per raggiungere Gerusalemme, con tutti i luoghi in cui un pellegrino poteva fermarsi.
Nel Medioevo si ripropone l’idea di rappresentare il mondo intero, ma questa volta anche alla luce della
nuova interpretazione religiosa dell’Universo: per Dante ad esempio esso è sia concentrico che lineare:
lineare perché collega Dio con la terra, concentrico perché i cori angelici sono disposti attorno a Dio ma
anche attorno alla Terra, nei nove cieli che la circondano. Il divino è allo stesso tempo interno ed esterno
al mondo e anche l’inferno e il paradiso sono considerati luoghi effettivamente esistenti. Durante il
Medioevo convissero tre tradizioni cartografiche completamente separate, ovvero (in ordine cronologico di
apparizione) le Mappae mundi, i portolani e i planisferi tolemaici.
I mappamondi T-O mostrano solo la parte abitata conosciuta dell'emisfero
settentrionale. Il loro nome deriva dal fatto che erano rappresentazioni
circolari, il Mediterraneo era rappresentato a forma di T e divideva i tre
continenti Asia, Africa e Europa, tutti circondati da un grande oceano, la
O. Nei mappamondi T-O potevano anche essere aggiunti, come quarta
zona, gli antipodi. Questi venivano rappresentati come un lembo di terra
separato dagli altri continenti ed ovviamente, trattandosi di un territorio
sconosciuto, privo di ogni dettaglio geografico. Di queste mappe se ne
trovano esemplari più o meno complessi. Sempre nel Medioevo si trovano
rappresentazioni del mondo suddiviso per zone climatiche. Questi
mappamondi zonali avevano lo scopo di rappresentare la Terra come divisa in cinque zone climatiche:
due zone di clima freddo ai poli, un clima torrido all'equatore e due zone intermedie di clima temperato.
Le carte geografiche medievali sono ricche di didascalie, importanti quanto il disegno in sé perché
servono a conoscere i luoghi, anche in senso storico. Alla fine del ‘300 compaiono le prime
rappresentazioni del territorio alpino. Accostate a documenti scritti come i diari e i resoconti di viaggio le
mappe antiche offrono una quantità di informazioni interessanti, non solo geografiche.
Dentro la mappa.
Molte di queste mappe vengono redatte con l’occhio di un viaggiatore che attraversa il territorio, che si
guarda intorno e scorge alture ed edifici, che attraversa la mappa come se stesse attraversando
fisicamente il paesaggio, come avviene in un moderno navigatore satellitare. Le mappe spesso erano
disegnate pensando alla direzione di marcia o al punto di vista “ideale” specifico del disegnatore: l’Italia
vista da un tedesco era capovolta, da un napoletano era messa in senso orizzontale.
Il Mondo nuovo.
La prima carta che rappresenta l’America come un continente separato è quella di Waldseemüller, del
1507, un disegno che sarà poi ripreso e migliorato da autori successivi. Nel ‘500 si diffonde anche la
moda di decorare i palazzi signorili con delle mappe. Ovviamente queste mappe erano piene di errori, il
disegnatore rappresentava quasi sempre luoghi in cui non era mai stato.
Il Paradiso in terra.
Dal medioevo e fino al ‘700 si cerca di individuare la posizione del paradiso terrestre, che viene collocato
spesso in oriente, poi più nello specifico in Asia, presso il monte Ararat, ma a un certo punto anche nelle
Americhe.
Geografia umana e… animale.
Spesso i territori vengono rappresentati con sembianze antropomorfe o animali, per marcare ad esempio
una appartenenza politica (pensiamo ad esempio all’Aquila tirolensis), una simbologia che in qualche
modo perdura nella “farfalla” del Trentino o anche nel logo dell’Euregio.
Carte del Tirolo.
Per quanto riguarda le mappe del Tirolo, se ne trovano molte e molto varie a partire dal XV sec. in poi.
Tra quelle più interessanti troviamo la carta delle valli del Noce, di Pietro Andrea Mattioli, medico alla
corte di Bernardo Cles; essa è molto interessante perché porta alcune curiose note storiche e
archeologiche. Si trovano poi diverse rappresentazioni di città come Trento, Bolzano, Brunico e anche di
Merano. A volte in queste mappe troviamo rappresentati anche gli appezzamenti di terreno, hanno quindi
anche una valenza catastale.
Dall’Ottocento le mappe cominciano ad avere un significato militare, utili per gli spostamenti delle truppe
e il posizionamento delle artiglierie; nasce quindi l’Istituto geografico militare e le mappe cominciano ad
essere molto più precise, con un progresso anche tecnico molto importante. A partire dal ‘900, con l’inizio
dei voli aerei, si cominciano a realizzare rilievi fotografici, che portano ad una cartografia ormai di tipo
moderno.