(Tra)scripta Manent La città trascritta nel disegno delle mappe
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(Tra)scripta Manent La città trascritta nel disegno delle mappe
TRASCRIZIONI_220_307:Layout 1 3-04-2012 9:58 Pagina 227 Valeria Menchetelli (Tra)scripta Manent La città trascritta nel disegno delle mappe trasportistiche “All’indomani del redesign di Massimo Vignelli della mappa della metropolitana di New York, la Metropolitan Transportation Authority fu invasa di lamentele da parte dei cittadini. Era il 1972 […]. In quell’anno milioni di pendolari si trovarono all’improvviso tra le mani una nuova mappa del sistema dei trasporti: diversa, diagrammatica e priva di ogni riferimento geografico rispetto alle mappe precedenti”1. La vicenda della mappa della New York City Subway è emblematica dello spiazzamento percettivo indotto dalla trascrizione (ridisegno) di una città secondo una particolare chiave di lettura, nel caso specifico quella trasportistica2. D’altra parte, il disegno di qualsiasi mappa implica una selezione di informazioni dall’insieme delle caratteristiche di un luogo; ciò non avviene soltanto quando si parla di mappe geografiche, ma si verifica in generale nei processi di astrazione che consentono alla mente umana di percepire la realtà circostante3. In altri termini, se trascrivere è rappresentare, ovvero riprodurre un contenuto adottando il sistema grafico di una lingua diversa da quella di partenza, e se rappresentare è tralasciare, ovvero selezionare da una realtà continua un insieme discreto di informazioni a discapito di tutte le altre, allora trascrivere è tralasciare: dopo la trascrizione, una serie di dati e di qualità non saranno più direttamente disponibili, a meno di non conoscere la configurazione originaria (cioè a meno di non essere l’autore della trascrizione). Il concetto di mappa nasce sulla base dell’idea del viaggio e, come sostiene Italo Calvino, trova la propria forma coerente non tanto nella superficie, quanto piuttosto nella linea4: ne è prova il proliferare, fin dall’antichità, di mappe lineari in forma narrativa (gli itineraria scripta), ma soprattutto in forma grafica (gli itineraria picta). Questi ultimi, di cui il 227 TRASCRIZIONI_220_307:Layout 1 3-04-2012 9:58 Pagina 228 I CONTRIBUTI Fig. 1. Vista aerea della città di New York. più noto a oggi pervenuto in maniera completa è la celebre Tabula Peutingeriana5, rappresentano la trascrizione di un territorio effettuata selezionando dal reale alcuni dati e restituendoli in maniera tendenziosa anziché verosimigliante. Analogamente, le mappae mundi medievali, nel riprodurre all’interno di un cerchio l’insieme delle terre conosciute e collocandovi al centro la città di Gerusalemme, esprimono non soltanto (o non più) informazioni di natura geografica, ma, anche e soprattutto, valori filosofici e simbolici. Sulla base di questi casi esemplari, ma in generale dei principi che governano i processi rappresentativi, è possibile leggere con uno sguardo differente le trascrizioni di alcune città nelle mappe trasportistiche, in cui la corrispondenza geografica lascia spazio alla rivisitazione grafica al fine di comunicare, in maniera estremamente selettiva, soltanto uno specifico segmento delle informazioni possibili. È il caso già citato della mappa della rete metropolitana di New York, in Fig. 2. Massimo Vignelli, New York Subway Map, 1972. Fig. 3. MTA New York City Subway, 2011. cui nel ridisegno di Vignelli “Central Park divenne più largo che lungo, e ogni spazio verde divenne grigio”6. Ma è anche il caso delle mappe ferroviarie delle città di Seoul (che appare trasformata in chiave yin-yang) e di Tokyo (che si sviluppa concentricamente attorno al 228 TRASCRIZIONI_220_307:Layout 1 3-04-2012 9:58 Pagina 229 VALERIA MENCHETELLI palazzo reale) elaborate dallo studio coreano Zeroperzero, in cui la mappa “somiglia” innegabilmente alla città, ma secondo una relazione di biunivocità stabilita sui piani storico, culturale e spirituale anziché su quello geografico. L’apparente disorientamento legato all’assenza di riferimenti realistici determinata dall’astrazione grafica può in tale ottica aprire le porte dell’immagina- zione, alimentando libere, nuove e talvolta sorprendenti interpretazioni del disegno e, con esso, della realtà, consentendo di moltiplicare i significati della rappresentazione. Forse, infatti, non è un caso se a rimanere nella storia (della cartografia come dell’information design) sono proprio le mappe che hanno anteposto la comunicazione visiva alla fedeltà geografica. Note 1 L. Farrauto, “La città e la mappa. Storie di trasporti e di tradizione”, in «Progetto grafico», 18, settembre 2010, pp. 62-71: p. 62. 2 Non a caso, la mappa di Vignelli è stata a furor di popolo rimpiazzata, nel breve volgere di pochi anni, con una carta più aderente al vero e meno astratta, manifestazione inequivocabile della reticenza verso il “nuovo” e del forte legame dei newyorkesi con le rappresentazioni convenzionali. 3 Per un approfondimento su questo tema cfr. il pensiero di Gregory Bateson che, a partire dal celebre assunto “La mappa non è il territorio” formulato da Alfred Korzybski, elabora una riflessione sul rapporto tra mappa e territorio, affermando che ciò che si trasferisce su una mappa è di fatto la differenza (un territorio uniforme darebbe luogo a una mappa vuota). 4 “Il primo bisogno di fissare sulla carta i luoghi è legato al viaggio: è il promemoria della successione delle tappe, il tracciato d’un percorso. Si tratta dunque d’un’immagine lineare, quale può darsi solo in un lungo rotolo”, I. Calvino, Collezione di sabbia, Milano, Garzanti 1984, p. 23. 5 La Tabula Peutingeriana è a sua volta una trascrizione, risalente al XII-XIII secolo, di un’antica carta raffigurante i percorsi militari dell’impero romano. Consta di undici pergamene, ciascuna di altezza pari a 33 cm che, affiancate, compongono un’unica striscia lunga 680 cm. La rappresentazione, dal carattere fortemente simbolico, è totalmente asservita all’utilizzo previsto per la mappa e qualsiasi corrispondenza geografica è eliminata a favore della sua specifica leggibilità. 5 Cfr. nota 1. 229