4 reperti in metallo - Destra Adige Lagarina
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4 REPERTI IN METALLO Barbara Maurina Appartengono a questa classe di materiali i reperti di bronzo, ferro e piombo424. Tali oggetti vengono presentati secondo una suddivisione basata in primo luogo sulla natura del materiale in cui sono realizzati, quindi sull’ambito d’uso a cui erano destinati e sulla tipologia specifica. Per una parte consistente dei reperti è risultato difficile, quando non impossibile, proporre una collocazione cronologica precisa, in quanto spesso si tratta di utensili che, per il fatto di rispondere a esigenze di carattere funzionale, mantengono a lungo nel tempo la medesima morfologia e sono quindi caratterizzati da una mancanza di significative variazioni formali a livello diacronico. 4.1 Manufatti in bronzo ARREDO Elementi di letto tricliniare425 (fig. 25) Tav. XXV.1; figg. 20 e 180f; inv. n. 9157; A 3, US 310; rivestimento bronzeo di gamba a sezione circolare, sagomato a torniture, composto di due elementi modanati e filettati, quello superiore a calotta campaniforme, quello inferiore troncoconico; sulla base dell’elemento campaniforme contrassegno composto da lettere greche capitali puntinate “A U O G”; all’interno resti carbonizzati della gamba lignea; h. cm 11,3; diam. max. cm 15; h. delle lettere cm 0,3-0,4 ca. 424 425 Tav. XXV.2; figg. 22, 23 e 180d-e; inv. n. 9159; A 3, US 310; plinto bronzeo modanato a forma di lira a base rettangolare, cavo e aperto su di un lato; sulla faccia anteriore decorazione floreale (ghirlandina arcuata di foglie d’alloro) realizzata in agemina d’argento; h. cm 8,6; base cm 16,1x7,4. Tav. XXV.3; fig. 24; inv. n. 9158; A 3, US 310; elemento bronzeo a sezione circolare, sagomato a torniture, a forma di calotta svasata tangente a disco modanato e filettato; sulla superficie interna della calotta contrassegno formato da lettere greche capitali incise “A U P #”; h. cm 6,2; diam. max. cm 12,5; h. delle lettere cm 0,6-0,7 ca. A parte il caso dei reperti inv. n. 9715 e 9716, restaurati nei laboratori dell’Ufficio Beni Archeologici della Provincia Autonoma di Trento, i restanti materiali metallici sono stati sottoposti a restauto da Florence Caillaud: cfr. Caillaud 1996 e il contributo dell’autrice in questo stesso volume. I reperti sono già stati pubblicati in de Vos 1994, pp. 31-33; 1995, p. 70; 1996, p. 177; Caillaud 1996. 213 parte2a.pmd 213 17/01/2012, 14.42 Tav. XXV.4; inv. n. 9160; A 3, US 310; elemento cilindrico cavo bronzeo con disco mediano filettato, appartenente alla guarnizione di una gamba di letto tricliniare; sulla faccia inferiore del disco contrassegno costituito dalla lettera capitale greca puntinata “H”; h. cm 3; diam. max. cm 4.4; h. della lettera cm 0,4 ca. Tav. XXV.5; fig. 24; inv. n. 9161; A 3, US 310; frammento di lamina bronzea a fascia curva esternamente sagomata appartenente a elemento circolare; diam. ricostr. cm 10 ca. Tav. XXV.6; fig. 24; inv. n. 9165; A 3, US 310; frammenti di placchetta di rivestimento bronzeo di forma rettangolare, con perno inserito; lungh. cm 4,5. Esemplari non presenti nelle tavole: Inv. n. 9162; A 3, US 310; 6 frammenti di lamina bronzea, che in due casi si presenta ripiegata e su di un lato reca una solcatura e una linea rilevata parallele; lungh. max. cm 7. Inv. n. 9156, 9163, 9164; A 3, US 310; 3 frammenti di lamina bronzea; lungh. max. cm 2,5-2,7. Inv. n. 9166, 9168; A 3, US 303; 2 frammenti di lamina bronzea; lungh. max. cm 4,3-5,7. Secondo quanto riportato da Plinio il Vecchio, i lecti tricliniares, chiamati in greco klinai (fig. 25), risalgono all’età ellenistica e furono introdotti a Roma nell’anno 187 a.C. da Cn. Manlio in seguito alla conquista dell’Asia426. Dopo un’ampia diffusione che toccò l’apice fra la fine del I sec a.C. e l’inizio del I sec. d.C., la loro produzione si esaurì verso il III sec. d.C.427. Questi letti, su cui i romani dei ceti elevati prendevano i pasti stando sdraiati more Graecorum, trovavano collocazione nella sala da pranzo per eccellenza, per l’appunto il triclinio, e tra le altre cose rivestivano anche una funzione di rappresentanza, distinguendosi per la raffinata fattura e per il pregio formale dal torus, il letto usato per dormire, realizzato, di norma, semplicemente 426 427 428 429 430 431 in legno428. Anche i letti tricliniari avevano un’intelaiatura lignea, ma questa veniva ricoperta da un elaborato rivestimento bronzeo429, come dimostrano i pezzi rinvenuti a Isera, attribuibili nella quasi totalità a una gamba (elementi sagomati inv. n. 9157, 9158, 9160; frammenti di lamina bronzea inv. n. 9156, 9161-9164, 9166, 9168). Le gambe delle klinai, infatti, erano ornate da torniture di varia forma eseguite a matrice (tori, “campane”, cilindri, rocchetti), alla cui base veniva collocato un plinto modanato a forma di lira. Quest’ultimo pezzo, destinato ad accogliere una traversa di legno che conferiva maggiore stabilità alla struttura, in epoca romana era spesso decorato con motivi geometrici oppure floreali. Come nel caso del plinto trovato a Isera (inv. n. 9159), l’ornamentazione era normalmente eseguita tramite la raffinata tecnica dell’agemina, che consisteva nel realizzare un intarsio di sottili lamine di argento, niello o rame sulla superficie bronzea430. Decori di questo genere abbellivano solitamente anche le placchette applicate al telaio431. Nel caso di Isera il frammento di lastrina rettangolare munita di perno (inv. n. 9165) non appare ornato sulla Plin., nat., 34, 14; 37,12. Su questa classe di arredo mobile in generale v. Richter 1966, pp. 57-58 e 105-109, Ortalli 1988 e Talamo Vattimo 1990. Sui letti dell’area vesuviana, si veda da ultimo De Carolis 2007, pp. 80-93 e 157-162; sulle (rare) testimonianze della Cisalpina: Giacobello 2010. Talamo Vattimo 1990, p. 68. Mols 1999, pp. 100-103. Piccot-Boube 1960, p. 264; Ortalli 1988, p. 350; Talamo Vattimo 1990, pp. 70-71 e figg. 119, 129-130, 139, 143. Talamo Vattimo 1990, p. 71 e figg. 128, 138, 140, 142-143. 214 parte2a.pmd 214 17/01/2012, 14.42 Fig. 20 - Elemento di gamba di kline (inv. n. 9157) al momento del rinvenimento (foto B. Maurina). Fig. 21- 22 - Elementi di gamba di kline (inv. nn. 9158, 9159) prima del restauro (foto B. Maurina). Fig. 23 - Base di gamba di kline (inv. n. 9159) dopo il restauro (foto F. Caillaud). superficie, e poteva quindi appartenere a un rivestimento non decorato; tuttavia, essendo il pezzo esiguo e pertinente a un’estremità, non si può escludere che vi fossero motivi decorativi sulla parte andata perduta. Le caratteristiche formali e tecniche, che fanno di questo insieme di reperti un unicum in am- 432 433 434 435 436 bito regionale, portano anche a escludere la fabbricazione locale del mobile a cui i pezzi appartenevano. Sappiamo da Plinio che il primato commerciale nella fabbricazione di klinai era detenuto dagli atélier deliaci432, ma di certo nel mondo romano dovettero proliferare i laboratori che riproducevano i modelli ellenistici originali433. Per quanto nel caso del letto della villa di Isera sia molto difficile individuare l’ambito artigianale di provenienza, tuttavia, le analisi paleobotaniche eseguite sui resti lignei carbonizzati conservatisi all’interno di uno degli elementi bronzei di rivestimento della gamba (inv. n. 9157), avendo determinato trattarsi di leccio, suggeriscono un centro di produzione di area centroitalica, dove tale specie botanica risulta essere particolarmente diffusa434. Il legno di leccio, pur essendo scarsamente menzionato dalle fonti letterarie, doveva essere largamente impiegato nella fabbricazione di mobilio per la sua robustezza435; il commediografo Terenzio lo cita proprio relativamente alle gambe di un letto436. Plin., nat., 33, 144 e 34, 9; sulla produzione dei lecti deliaca specie, v. in particolare Siebert 1973, pp. 581-585. Richter 1966, pp. 57-58; Ortalli 1988, pp. 349 e 352; Talamo Vattimo 1990, pp. 74-78. V. infra, il contributo di Castiglioni, Cottini e Rottoli. Mols 1999, pp. 78-79. Ter., ad., 585. 215 parte2a.pmd 215 17/01/2012, 14.42 Tav. XXV - Reperti in bronzo (disegni B. Maurina). 216 parte2a.pmd 216 17/01/2012, 14.42 a b Fig. 24a - Elementi di gamba di kline, dopo il restauro (foto F. Caillaud) Fig. 24b - Elementi di gamba montati su supporto con integrazioni in plexiglas (foto G. Malfèr). La presenza di iscrizioni costituite da lettere capitali greche sulla superficie interna di alcuni dei pezzi rinvenuti a Isera, messe in luce a seguito di un’accurata opera di restauro437, sembra riconducibile all’uso di apporre direttamente in officina dei contrassegni sui singoli pezzi che componevano il mobilio al fine di facilitarne il montaggio. Le varie componenti, infatti, erano prodotte in serie a matrice e venivano assemblate in un momento successivo tramite saldature a piombo438. Così avveniva ad esempio anche per i tavoli in marmo439. Nel nostro caso specifico si tratta con ogni verosimiglianza di contrassegni numerali: infatti secondo il sistema numerico greco detto “alfabetico” o “milesio”, in uso fra l’VIII sec. a.C. e l’età bizantina440, le lettere “A U O G” e “A U P #” corrispondono rispettivamente alla cifra 1473 e 437 438 439 440 441 442 1486, mentre la singola lettera “H” corrisponde al numero 8441. Serie di cifre analoghe a quelle presenti sui manufatti di Isera, composte da due, tre e quattro lettere greche incise a tratto continuo oppure puntinato e di altezza variabile dai mm 3 ai mm 20 sono state individuate su di un cospicuo gruppo di elementi bronzei pertinenti a gambe di letti tricliniari ellenistici rinvenuti in anni recenti lungo la costa francese, e sono state per l’appunto interpretate come contrassegni di montaggio. Tali reperti facevano parte del carico del relitto “Formigue C”, rinvenuto nel Golfe-Juan, fra Cannes e Antibes, datato intorno al 70 a.C.442. Sia per la morfologia generale che per l’articolazione delle modanature, questi pezzi presentano numerose analogie rispetto agli esemplari di Isera. Per quanto la funzione di agevolare l’assemblaggio appaia la più proba- Caillaud 1996, p. 254; inoltre v. infra, pp. 357-359. Talamo Vattimo 1990, p. 70. Cfr. ad esempio le lettere incise sui pezzi corrispondenti dei trapezofori romani in marmo, dove agli elementi che andavano montati insieme corrispondeva lettera uguale: Moss 1988, passim; Pompei V, pp. 432-433, figg. 8-15. Guarducci 1967, pp. 422-425. Colgo l’occasione per ringraziare la professoressa Laura Moffo dell’Università degli Studi di Trieste per i preziosi suggerimenti relativi all’interpretazione di questi contrassegni. Baudoin et al. 1994, pp. 31-39. 217 parte2a.pmd 217 17/01/2012, 14.42 Fig. 25 - Ricostruzione di una kline di Mahdia al Museo del Bardo di Tunisi. bile, non va comunque del tutto esclusa l’ipotesi che le lettere incise abbiano svolto una diversa funzione nell’ambito della produzione o dell’organizzazione interna dell’officina. Potrebbero per esempio essere servite per il conteggio del lavoro effettuato, secondo quello che era l’uso dei cavatori e tagliapietre romani, i quali erano soliti contrassegnare a tal fine i blocchi di pietra443. Questo potrebbe essere a nostro parere anche il caso delle iscrizioni, composte da quattro lettere/numeri, tutte diverse l’una dall’altra e in alcuni casi in ordine progressivo, apposte sui pezzi rinvenuti nel relitto di Mahdia in Tunisia, facenti parte delle gambe di un letto ricomposto al museo del Bardo (fig. 25) e considerate ancora una volta contrassegni di montaggio444. Nonostante la stringente analogia con i manufatti bronzei del relitto “Formigue C”, che costituivano un carico formato con ogni probabilità in Grecia, forse nel porto del Pireo445, il fatto che le lettere incise sui pezzi siano greche nel nostro caso non deve significare necessariamente un’importazione del letto da un ambi443 444 445 446 447 448 to geografico grecofono, poiché non era raro che negli atélier romani operassero artigiani provenienti dal mondo greco, i quali mettevano tecniche, modelli e conoscenze plurisecolari al servizio della vasta e facoltosa committenza romana446. Dal punto di vista specificamente cronotipologico, va sottolineato come le torniture della gamba del letto di Isera appaiano eleganti, snelle e leggere, analogamente a quanto si verifica nella produzione ellenistica. Queste caratteristiche suggeriscono la collocazione del nostro esemplare in una fase piuttosto antica della produzione di età romana. Nel corso dell’età imperiale, infatti, le decorazioni bronzee delle gambe tendono ad accorciarsi e si appesantiscono progressivamente, arricchendosi di sovrabbondanti modanature447. In particolare, i reperti di Isera trovano un calzante confronto in due letti provenienti da Boscoreale e da Pompei, conservati rispettivamente a Berlino e a Napoli, considerati un tipico prodotto del periodo tardorepubblicano/protoimperiale448. Interessanti paralleli fornisce anche una serie di piedi Adam 1989, p. 54 e nota 69. Baudoin et al. 1994, pp. 54-55. Baudoin et al. 1994, p. 105. Talamo Vattimo 1990, pp. 77-78; a questo proposito cfr. anche le osservazioni di Moss riguardo ai contrassegni in lettere greche su tavoli di marmo: Moss 1988, pp. 195-206 e in particolare 198-199. Piccot-Boube 1960, pp. 262-264; Richter 1966, p. 108; Siebert 1973, p. 583; Ortalli 1988, p. 350. Richter 1966, p. 106, figg. 530 e 532. 218 parte2a.pmd 218 17/01/2012, 14.42 torniti risalenti al I secolo d.C.: si tratta di un sostegno di bisellium conservato al British Museum, di due esemplari appartenenti ad altrettanti letti provenienti da Volubilis e Lixus in Marocco449, e di un piede di mobile rinvenuto a Stabia450. Gancio Tav. XXV.7; inv. n. 9167; fig. 26; A 3, US 303; gancio con stelo a sezione quadrangolare; una delle estremità è ripiegata a uncino e termina con una punta conica; lungh. cm 9,7. Vario poteva essere l’uso di questo tipo di gancio, tuttavia il rinvenimento in associazione con gli elementi di letto tricliniare suggerisce che esso potesse avere la funzione di trattenere le corde, in cuoio o altro materiale deperibile, che dovevano formarne la “rete”451. SUPPELLETTILE Ansa di brocca452 Tav. XXVI.1; fig. 27; inv. n. 9715 (ex 2.112/9); sporadico (1949); ansa di brocca verticale a sezione ovoidale leggermente sormontante, decorata a rilievo e a traforo; attacco superiore a forma di fiore di loto a bassorilievo; al di sotto, sul fusto, bucranio con vitta decorata a occhi di dado, reggente elemento ovale da cui pende fiore di loto a volute; vi sono appese tre bacche di alloro ad altorilievo adagiate su di una corolla formata da cinque foglie lanceolate pendenti (con tracce di agemina d’argento lungo la nervatura mediana), costituenti l’attacco inferiore; i margini del fusto sono incorniciati da una decorazione a perlinatura verticale; h. cm 18,7; largh. max. cm 7,3. L’ansa è riferibile a un tipo di vasum potorium che faceva parte del servizio da mensa romano453 e che poteva essere destinato, in coppia con la patera, alle abluzioni che precedevano o seguivano i pasti454, ma il cui impiego è attestato anche in ambito termale455. Nel nostro caso, mancando informazioni relative al luogo esatto di rinvenimento dell’oggetto, che fu messo in luce in un punto imprecisato del sito nel corso dei lavori edili del 1949, risulta difficile ipotizzarne l’originaria destinazione d’uso. Come di norma per i recipienti in bronzo, anche in questo caso è l’elemento di presa che presenta la decorazione456. Walde Psenner, che pubblicò il reperto negli anni ’80 del secolo scorso457, riscontrando nella fattura alcune analogie rispetto a recipienti bronzei di Pompei, data l’ansa al I sec. d.C. In effetti il pezzo, sebbene arricchito da un’ornamentazione più complessa e articolata, trova un Fig. 26 - Elementi in bronzo (inv. nn. 9161, 9165, 9167) (foto B. Maurina). 449 450 451 452 453 454 455 456 457 Piccot-Boube 1960, in particolare pp. 264 e 271, pl. I-III e figg. 3.13-14, 7. In Stabiano, p. 169, n. 349. Richter 1966, p. 106. Bibliografia: Walde Psenner 1983, pp. 148-149, n. 135; Cavada 1992a, fig. a p. 64; de Vos et al. 1992, pp. 56-57, fig. 15; Raffaelli 1998, pp. 68-69. Sul vasellame bronzeo da tavola in generale: Micheli 1990, pp. 118-121; Tassinari 1993 I, pp. 232-233. Tassinari 1993 I, p. 232. Micheli 1990, p. 121. Tassinari 1993 I, p. 214. Walde Psenner 1983, p. 149. 219 parte2a.pmd 219 17/01/2012, 14.42 confronto particolarmente calzante in un esemplare pompeiano appartenente a una brocca con ventre a parete convessa, imboccatura circolare e due anse verticali458 (il che non porta comunque automaticamente a escludere che il recipiente di Isera potesse essere monoansato459), genericamente databile al I sec. d.C.460 e prodotto nel territorio di Pompei o comunque nella regione campana (particolarmente celebrate dalle fonti antiche sono le produzioni di vasellame bronzeo di Capua)461. Tale analogia, oltre al confronto con alcuni esemplari d’importazione messi in luce in territorio germanico462, suggerisce una provenienza del nostro pezzo dall’ambito campano e una collocazione cronologica nella prima età imperiale. Manico di patera463 Tav. XXVI.2; fig. 28; inv. n. 9716 (ex 2.112/10); sporadico (1949); manico di patera tubolare a sezione circolare recante leggere scanalature parallele lungo la superficie esterna; alle due estremità decorazione a due file di perlinature, fra cui tracce di agemina d’argento; attacco a scudetto leggermente convesso; estremità aperta; lungh. cm 16,3; diam. cm 2,95. Questo tipo di impugnatura, per le caratteristiche morfologiche appare confrontabile con alcuni analoghi esemplari di Pompei, recanti però, contrariamente all’esemplare di Isera, estremità chiusa464. Pur non mancando esempi di manici di patera a estremità aperta in epoca romana465, tuttavia è altamente plausibile che nel re- 458 459 460 461 462 463 464 465 466 467 468 469 470 471 perto in esame tale caratteristica sia stata determinata dalla perdita dell’elemento terminale, che con ogni probabilità era figurato. Questo tipo di manico infatti terminava usualmente con una protome antropomorfa o, più frequentemente, zoomorfa (particolarmente diffuse le configurazioni a testa di ariete o di cane), in alcuni casi fusa in un unico pezzo con l’impugnatura, in altri applicata tramite saldatura466, come potrebbe essere stato nel nostro caso467. Le patere, recipienti caratterizzati da una vasca ampia e poco profonda, facevano parte del vasellame usato per le abluzioni; il loro uso consisteva infatti nella raccolta dell’acqua e per questo potevano trovare impiego nei triclini468 oppure nei bagni469. Questi utensili potevano però anche avere valore sacrificale: è con questo significato che ad esempio facevano parte dei corredi tombali di età romana, dove si trovano spesso in associazione con la brocca470. Nel nostro caso specifico, trattandosi purtroppo ancora una volta di un ritrovamento sporadico avvenuto nell’area della villa alla fine degli anni ’40, risulta impossibile risalire al contesto originario di provenienza e di conseguenza alla precisa destinazione d’uso dell’oggetto. Il confronto con gli esemplari pompeiani e con alcuni pezzi d’importazione rinvenuti in ambito germanico471, suggerisce anche in questo caso una produzione campana o comunque suditalica e una datazione alla prima età imperiale. Tassinari 1993 I, p. 28, A3212, tav. XXXII,3; 1993 II, p. 5, n. 18747. Cfr. in particolare Tassinari 1975, fig. 10b. Tassinari 1993 I, p. 214. Tassinari 1993 I, pp. 223-224. Sui bronzi capuani e sulle fonti antiche che ne vantano i pregi: Micheli 1990, pp. 105-107. Eggers 1951, Taf. 11, n. 129 e p. 171, Beilage 55. Bibliografia: Cavada 1992a, fig. a p. 62; de Vos et al. 1992, pp 56-57, fig. 16; Raffaelli 1998, pp. 69-70. Tassinari 1993 I, p. 59, H2200; 1993 II, p. 131, nn. 2956 e 3532. Tassinari 1993 I, p. 59, H1100. Boucher, Tassinari 1976, p. 124, n. 140; Tassinari 1993 I, pp. 59-60. Riguardo alle tecniche di fabbricazione dei recipienti in bronzo: Micheli 1990, p. 107; Tassinari 1993 I, pp. 225-230 In particolare, si veda l’analogia dell’estremità del manico in corrispondenza dell’attacco alla testa d’ariete rispetto all’esemplare in basso a destra nella fig. e a p. 227 di Tassinari 1993 I. Tassinari 1993 I, p. 232. Micheli 1990, p. 121. Kraskowská 1978, p. 29. Eggers 1951, tav. 13, n. 154, Karte 44 e p. 174, Beilage 66. 220 parte2a.pmd 220 17/01/2012, 14.42 Fig. 27 - Ansa di brocca (inv. n. 9715) (foto B. Maurina). Fig. 28 - Manico di patera (inv. n. 9716) (foto archivio MCR). Tintinnabulum Tav. XXVI.3; Fig. 29; inv. n. 9155; A 6, US 318; tintinnabulum con base ellissoidale e spalla arrotondata; presa ad anello dal profilo interno circolare ed esterno pentagonale; battaglio mancante; h. cm 6,9; diam. max. cm 4,3. Fig. 29 - Tintinnabulum bronzeo (inv. n. 9155) (foto B. Maurina). Oggetto molto diffuso nell’antichità e in particolare in epoca romana imperiale, il campanello compare frequentemente fra le suppellettili di ambito domestico, dove veniva appeso con la duplice funzione di segnalatore acustico e di oggetto magico-apotropaico472. Per quest’ultimo significato, non è infrequente il suo rinvenimento nell’ambito dei corredi tombali473. Tipologicamente il nostro esemplare si può fare rientrare nel gruppo A1 di Galliazzo, di cui fanno parte i tintinnabuli “a cupola”, che risultano trovare largo impiego nella sfera magica e religiosa474. Nel nostro caso, come accade frequentemente, il battaglio, originariamente in ferro e con attacco ad anello saldato o innesto a vite, è scomparso475. OGGETTI D’ORNAMENTO PERSONALE Fibula476 Fig. 30 - Fibula in bronzo tipo “Aucissa” (inv. n. 9665) (foto archivio MCR). Tav. XXVI.4; Fig. 30; inv. n. 9665; A 1, sporadico; fibula in bronzo tipo Aucissa; arco nastriforme costolato con decorazione a onda lungo la par- 472 473 474 475 476 477 478 479 te mediana; placchetta rettangolare liscia fra arco e cerniera con due fori circolari ai lati; staffa di forma triangolare appuntita, ornata da tre linee incise parallele laterali nella parte superiore; ardiglione completo; lungh. cm 6,4; h. cm 2,9. La fibula, manufatto che ha la funzione di fermaglio, rappresenta un accessorio molto diffuso nell’abbigliamento romano. Nel nostro caso specifico si tratta di una fibula a cerniera del tipo “Aucissa”, la quale fu in uso nella prima età imperiale e in particolare nell’età giulio-claudia. Questa tipologia è caratterizzata da alcuni tratti morfologici specifici, quali arco semicircolare, cerniera, placchetta rettangolare fra arco e cerniera, staffa desinente in un globetto477. La denominazione deriva dal marchio di fabbrica che in alcuni esemplari si trova impresso sulla placchetta posta fra arco e cerniera; si tratta di una produzione per la quale è stata avanzata l’ipotesi di un’origine norditalica. Nonostante il frequente rinvenimento in stanziamenti di carattere militare478, non sembra che questo tipo di fibula debba essere considerato un ornamento di esclusiva pertinenza militare, come sta a dimostrare tra l’altro la sua presenza in corredi funebri pertinenti a tombe femminili479. Spilloni Tav. XXVI.5; Fig. 31; inv. n. 9657; A 5, sporadico; spillone; capocchia sferoidale con solco ad andamento spiraliforme; stelo a sezione circolare; lungh. cm 4,3. Tav. XXVI.6; Fig. 31; inv. n. 9660; A 5, sporadico; frammento di spillone; capocchia sagomata a doppio elemento biconico; stelo a sezione circolare spezzato; lungh. cm 2,2; diam max. cm 1,2. Tav. XXVI.7; Fig. 31; inv. n. 9662; A 5, sporadico; spillone; capocchia sferoidale con solco ad andamento spiraliforme; stelo a sezione circolare frammentario; lungh. cm 4,5. Galliazzo 1979, p. 156. Si veda ad esempio il tintinnabulum bronzeo proveniente da una tomba della necropoli di Rovereto: Bruschetti 1993, pp. 18-19, tav. I.2. Galliazzo 1979, p. 158, con ampia bibliografia. Galliazzo 1979, p. 158. De Vos et al. 1992, pp 56-57, fig. 15. Ettlinger 1973, pp. 93-94; Riha 1979, pp. 114-121; Feugère 1985, pp. 312-331. Ettlinger 1973, p. 93; Natta 1996, p. 123. Zampori Vannoni 1987, p. 122. 221 parte2a.pmd 221 17/01/2012, 14.42 Tav. XXVI - Reperti in bronzo (disegni B. Maurina). 222 parte2a.pmd 222 17/01/2012, 14.42 Fig. 31 - Reperti vari in bronzo (inv. nn. 9656-9660, 9662) (foto B. Maurina). Il frammento inv. n. 9660 doveva appartenere a uno spillone usato per raccogliere i capelli oppure per tenere uniti lembi di veste. La particolare conformazione della capocchia sembra rimandare a un tipo diffuso nelle province dell’Europa centro-orientale in epoca tardoromana480. La funzione di trattenere le vesti è da attribuire anche ai due aghi di minori dimensioni con capocchia sferoidale, i quali rappresentano un tipo molto comune nel mondo romano, secondo alcuni studiosi dal I secolo d.C. alla metà circa del II, secondo altri durante tutta l’età imperiale481. coconico recante minuti intacchi puntiformi disposti regolarmente sulla superficie; h. cm 2,1. L’esemplare, sebbene lacunoso, sembra potersi accostare al tipo A di Galliazzo, caratterizzato dalla forma “a cappuccio” volta a proteggere tutta la prima falange del dito482; in effetti, una seconda variante (tipo B), che sembra aver avuto maggiore diffusione nella X regio, presentava una forma ad anello che lasciava libera la punta del dito483. Entrambi i tipi sembrano essere stati creati nel corso della prima età imperiale484. VARIA Anello digitale Tav. XXVI.8; Fig. 31; inv. n. 9659; area Sud, sporadico; anello digitale frammentario; verga a sezione ellissoidale; incastonatura esagonale; castone mancante; diam. cm 2,1. Per questo reperto non sono stati individuati confronti, ed è perciò difficile indicarne una plausibile collocazione cronologica. Tav. XXVI.10; Fig. 31; inv. n. 9656; A 5, US 8; anellino ellissoidale; verga a sezione circolare; diam. max. cm 2,1 Tav. XXVI.11; Fig. 31; inv. n. 9658; A 5, US 8; due placchette rettangolari frammentarie sovrapposte e saldate, ripiegate a un margine, munite di due rivetti e due fori passanti circolari; lungh. cm 2,1; largh. cm 1,0. Esemplari non presenti nelle tavole: STRUMENTI DA LAVORO DOMESTICO Ditale Tav. XXVI.9; inv. n. 9668; area Sud, sporadico; frammento di ditale costituito da un involucro tron- 480 481 482 483 484 Inv. n. 9169; A 14, US 425; scoria; lungh. max. cm 2,3. Inv. n. 9505; AA 14-20, US 500; frammento di laminetta bronzea; lungh. max. cm 2,3. Riha 1990, p. 107, Typ 12.19.2 e tav. 53, 2286. Ruprechtsberger 1978, pp. 48, 165-166, nn. 458-460; Alarcão et al. 1979, p. 126 e pl. XXX, n. 129; Riha 1990, pp. 104-106. Galliazzo 1979, p. 172. Ibidem. Ibidem. 223 parte2a.pmd 223 17/01/2012, 14.42 Tav. XXVII - Reperti in ferro (disegni B. Maurina). 224 parte2a.pmd 224 17/01/2012, 14.42 4.2 Manufatti in ferro UTENSILI DI USO AGRICOLO485 Ascia Tav. XXVII.1; Fig. 32; inv. n. 9170; A 6, US 250; ascia a una lama ricurva e taglio orizzontale, di forma trapezoidale; foro passante a sezione ovale con impronte mineralizzate della fibra lignea dell’immanicatura; lungh. cm 21,4; largh. max. cm 5,8. Il manufatto rientra tipologicamente nella categoria delle asce, per la caratteristica del taglio della lama perpendicolare al manico; va tuttavia precisato che tale strumento consentiva un uso polifunzionale e non è da escludere il suo utilizzo come zappa, tantopiù che la distinzione fra i due tipi non è sempre netta486. Nel nostro caso si tratta un’ascia semplice487, che trova confronto 32 33 35 34 36 Fig. 32 - Ascia in ferro (inv. n. 9170); Fig. 33 - Scure in ferro (inv. n. 9176); Fig. 34 - Piccola scure in ferro (inv. n. 9177); Fig. 35 - Scure miniaturistica in ferro (inv. n. 9663); Fig. 36 - Roncola in ferro (inv. n. 9171); (foto B. Maurina). 485 486 487 488 489 490 491 492 493 in alcuni reperti conservati al British Museum488; la particolare conformazione del tallone tuttavia avvicina il manufatto anche al tipo dell’asciamartello489. Scuri Tav. XXVII.2; Fig. 33; inv. n. 9176; A 6, US 318; grande scure; lama trapezoidale a taglio espanso asimmetrica; foro passante a sezione ovale con impronte mineralizzate della fibra lignea dell’immanicatura; tallone rettangolare; lungh. max. cm 17,7; largh. max. cm 9,4. Tav. XXVII.3; Fig. 34; inv. n.9177 ; A 6, US 318; piccola scure a lama trapezoidale; immanicatura a cannone con impronte mineralizzate della fibra lignea dell’immanicatura; lungh. cm 12,5; largh. max. cm 4,8. Tav. XXVII.4; Fig. 35; inv. n. 9663; area Sud, sporadico; scure miniaturistica; lama trapezoidale a taglio espanso asimmetrica; foro passante a sezione ovale; tallone rettangolare; lungh. max. cm 7,6; largh. max. cm 5,2. Il primo manufatto, caratterizzato dal taglio parallelo al manico, rientra nel tipo della scure, utilizzata nella lavorazione del legno490, e trova confronto in una lama di età augustea proveniente dal Magdalensberg491 e in alcuni esemplari conservati presso il British Museum492. Analogo al precedente è il terzo reperto, ma le dimensioni miniaturistiche lasciano dubbi in merito alla funzione. Lame del secondo tipo, utilizzate per la lavorazione del legno ma forse anche per la macellazione degli animali493, sono frequenti a partire dalla prima età latèniana e perdurano fino all’età imperiale romana in area celtica, mentre non sembrano particolarmente I reperti sono pubblicati in de Vos 1996, p. 181, fig. 6; Maurina 2002, p. 572, fig. 14. White 1967, p. 67; Pohanka 1986, p. 73; Manning 1989, p. 16. White 1967, p. 67. Manning 1989, pp. 16-17, tav. 8, nn. B 10, 11, 15. Manning 1989, pp. 17-18. White 1967, pp. 60-61. Pohanka 1986, pp. 236-237 (Typ. 2a), tav. 44, 188 e p. 374. Manning 1989, fig. 3 e p. 16 (Type 3). Jacobi 1974, p. 32. 225 parte2a.pmd 225 17/01/2012, 14.42 Tav. XXVIII - Reperti in ferro (disegni B. Maurina). 226 parte2a.pmd 226 17/01/2012, 14.42 frequenti nel territorio atesino494; l’esemplare di Isera trova tuttavia confronto con un pezzo proveniente da Sanzeno495. metteva l’impiego nella lavorazione di diversi materiali, quali metallo, legno oppure pietra, nei quali veniva fatto penetrare come un cuneo con l’ausilio di un martello501. Roncola 38 Tav. XXVII.5; Fig. 36; inv. n. 9171; A 7, US 245; 3 frammenti ricomposti di lama di roncola ricurva a sezione triangolare; codolo piatto di forma rettangolare munito di due rivetti per il fissaggio dell’immanicatura lignea; lungh. cm 23,5; largh. max. cm 4,8. Si tratta di un tipo di roncola particolarmente indicato per recidere rami di piccole dimensioni, potare alberi da frutto e arbusti e per spollonare le viti (falx arboraria)496. La tipologia sembra risalire all’età del ferro497. Catone considera questo strumento indispensabile per la coltivazione dell’olivo e della vite498. L’alto numero di attestazioni di questo tipo di utensile d’uso agricolo nell’area del Veneto e del Trentino-Alto Adige ha indotto a considerarlo un elemento di prova dell’ampia diffusione della viticoltura in queste regioni499. 37 UTENSILI DI USO ARTIGIANALE500 Scalpelli Tav. XXVII.6; Fig. 37; inv. n. 9175; A 6, US 308; scalpello piatto; piano di percussione rettangolare; lama rettangolare; fendente a sottile lama affilata; lungh. cm 15,1; largh. max. cm 1,9. Tav. XXVII.7; Fig. 38; inv. n. 9188; A 6, US 321; scalpello o cuneo; piano di percussione e corpo a sezione rettangolare; lungh. cm 5,7; largh. cm 2,2. 39 Questo tipo di utensile, diffuso durante tutta l’età imperiale romana, poteva coprire una vasta gamma di funzioni. La sua conformazione infatti per- Pettine per cardare Tav. XXVIII.1; Fig. 39; inv. n. 9689; area Sud, sporadico; pettine di forma rettangolare, a doppia fila di denti; lungh. max. cm 18,2; largh. max. cm 8,2. Si tratta di un pettine in ferro per cardare la lana, la canapa e il lino. Questo tipo di utensile appartiene a una tipologia largamente diffusa nel mondo romano502, come attesta tra l’altro una pittura parietale messa in luce a Pompei nella bottega di Verecundus503. Analoghi manufatti furono impiegati anche più tardi, in particolare durante l’epoca altomedievale504. UTENSILI DI USO DOMESTICO Coltelli Tav. XXVIII.2; inv. n. 9178; A 6, US 318; coltello; codolo a sezione quadrangolare ad angoli smussati, desinente in un bottone conico; lama a sezione triangolare, mancante della punta; dorso in linea con il manico; lungh. cm 13,1; largh. max. cm 1,3. Tav. XXVIII.3; Fig. 40; inv. n. 10996; sporadico (1973); coltello; codolo a sezione ovoidale; lama a sezione triangolare, mancante della punta; dorso in linea con il manico; lungh. cm 13,1; largh. max. cm 1,3. Tav. XXVIII.4; inv. n. 9201; A 14, US 403; frammento di coltello; codolo frammentario con foro passante circolare; parte della lama a sezione triangolare e dorso rettilineo; lungh. cm 7,6; largh. max. cm 1,8. 40 494 495 Fig. 37 - Scalpello in ferro (inv. n. 9175); Fig. 38 - Piccolo scalpello in ferro (inv. n. 9188); Fig. 39 - Pettine per cardare in ferro (inv. n. 9689); Fig. 40 - Coltello frammentario in ferro (inv. n. 10996) (foto B. Maurina). 496 497 498 499 500 501 502 503 504 Jacobi 1974, pp. 29-32 e tavv. 14-16; Nothdurfter 1979, p. 33. Nothdurfter 1979, tav. 13, 201. White 1967, pp. 86-88; Pohanka 1986, pp. 176-178; Manning 1989, pp. 55-56, fig. 14, type 3. Nothdurfter 1979, pp. 39-40, tav. 18, nn. 285-297. Cato, agr., X,3 e XI,4. Zancanaro 1993, pp. 51-52. I reperti sono pubblicati in Maurina 2002, p. 572, fig. 14. Manning 1989, pp. 8-9, tav. 5, A22; Ahumada Silva,Testa 1991, p. 159. Manning 1989, pp. 33-34, tav. 14, D1a-3b. Spinazzola 1953, p. 190, tav. 2. Menis 1990, p. 345, IX.6. 227 parte2a.pmd 227 17/01/2012, 14.42 42 41 43 Esemplari non presenti nelle tavole: Inv. n. 9197; A 6, US 318; frammento di lama (?); lungh. max. cm 3,7; largh. max. cm 1,5. I coltelli sono oggetti d’uso comune normalmente impiegati nelle attività domestiche, caratterizzati da una lunga perduranza temporale e generalmente non contraddistinti da significative variazioni formali nel corso del tempo. Tali peculiarità, accanto alla mancanza di indagini sistematiche e approfondite su questo tipo di materiale archeologico, ne fanno una classe di utensili scarsamente indicativi dal punto di vista cronologico505. Per quanto riguarda i confronti specifici, coltelli analoghi al nostro primo esemplare, che è anche l’unico pressoché integro, compaiono all’interno di corredi funerari messi in luce nella necropoli romana di Angera, datati all’età traianeo-adrianea e antonina506. Elementi di secchio Tav. XXVIII.5; Fig. 41; inv. n. 9179a; A 6, US 318; manico di secchio a sezione circolare frammentario; lungh. max. cm 20,2; diam. cm 0,9. Tav. XXVIII.6; Fig. 41; inv. n. 9179b; A 6, US 318; frammento di orlo a fascia con ansa a occhiello per il fissaggio del manico; lungh. cm 9,6; h. max. cm 5,2. 505 506 507 508 I due elementi in ferro sono con tutta probabilità pertinenti a un secchio, il cui diametro, sulla base della forma e delle dimensioni del secondo reperto, si può valutare in circa 22 cm. La parte organica del contenitore, evidentemente ligneo, è andata perduta. Anelli Tav. XXVIII.7; inv. n. 9183; Fig. 42; A 3, US 328; anello a sezione circolare; diam. cm 6,6 ca. Tav. XXVIII.8; inv. n. 9184; Fig. 42; A 3, US 329; anello a sezione circolare; diam. cm 6,7 ca. Tav. XXVIII.9; inv. n. 9185; sporadico; anello a sezione circolare; diam. cm 6,5 ca. Tav. XXVIII.10; inv. n. 9186a; Fig. 43; A 6, US 318; anello a fascia; diam. cm 4,6 ca. Tav. XXVIII.11; inv. n. 9186b; Fig. 43; sporadico; anello a fascia; diam. cm 4,6 ca. Vario poteva essere l’uso degli anelli in ferro a sezione circolare, oggetti molto comuni e diffusi, impiegati sia per appendere oggetti di vario tipo, sia come elemento connettivo fra legamenti nei più diversi ambiti507. Anche gli anelli a fascia potevano trovare svariate applicazioni, fra cui le più ordinarie dovevano essere quelle di connessione di elementi lignei508. Noll 1963, pp. 76-77; Rosada, Dal Ri 1985, p. 217; Bassi et al. 1994, p. 127. Uglietti 1985, p. 567, tav. 104, 13. Galliazzo 1979, p. 216; Manning 1989, p. 140, tav. 65; Ahumada Silva, Testa 1991, p. 75, tav. XXX, MAN XI-11, 12; Bassi et al. 1994, p. 128; Storti 1996, pp. 224, 227, 231, figg. 340, 341. Manning 1989, p. 140, tav. 65; Ahumada Silva,Testa 1991, p. 75, tav. XXX, MAN XI-13; Storti 1996, pp. 224, 227, 231, fig. 342. 228 parte2a.pmd 228 17/01/2012, 14.42 Fig. 41 - Elementi di secchio in ferro (inv. n. 9179); Fig. 42 - Anelli a sezione circolare in ferro (inv. nn. 9183, 9184); Fig. 43 - Anelli a fascia in ferro (inv. n. 9186) (foto B. Maurina). ARMI Coltello da fendente Tav. XXVIII.12; Fig. 44; inv. n. 9182; A 6, US 318; coltello con dorso e taglio arcuati; presa rettangolare appiattita recante due fori passanti circolari liberi e uno con chiodo; un terzo foro è posizionato nell’estremità inferiore della lama, in prossimità della presa; lungh. cm 28,3; largh. max. cm 4. 44 45 Un coltello analogo a quello rinvenuto a Isera compare in una tomba della necropoli di Nave datata all’età giulio-claudia509. La presenza di un foro passante per il posizionamento di un chiodo all’estremità della lama, doveva servire al fissaggio di un elemento in materiale deperibile fungente da connessione fra immanicatura e lama oppure da fermo per l’inserimento in un fodero510. Simile all’esemplare proveniente dalla villa è anche un coltello da fendente rinvenuto a Mandriola nel territorio patavino in associazione con una cuspide di lancia e una di giavellotto511. Questo tipo di manufatto deriva tipologicamente da esemplari attestati fin dal IVV sec. a.C.512 ed è particolarmente diffuso nel II-I sec. a.C. in contesti tardo-latèniani513, quando costituisce un elemento caratteristico dell’armamento nell’Italia padana, venendo però utilizzato probabilmente anche come strumento di uso domestico514: due diversi ambiti funzionali, dunque, a cui quest’utensile doveva verosimilmente appartenere anche in età romana515. Nel nostro caso specifico risulta per la verità difficile optare per un’attribuzione del manufatto alla sfera domestica piuttosto che a quella militare: il reperto, infatti, è stato messo in luce nell’ambiente 6, identificato con la cucina, ma in associazione con una serie di elementi pertinenti all’armamento, descritti qui di seguito. Pilum Tav. XXIX.1; Fig. 45; inv. n. 9181, 9205; A 6, US 308, 318; 7 frammenti ricomposti; punta piramidale; asta a sezione quadrangolare; immanicatura di forma cubica cava e codolo frammentario munito di ribattino; lungh. tot. cm 92; largh. max. dell’asta cm 1,2 e dell’immanicatura cm 2,6. Questo strumento è interpretabile come una punta di pilum, un’arma da offesa adottata dai romani probabilmente fra gli ultimi decenni del IV e i primi del III secolo a.C., nel corso delle guerre sannitiche, e destinata a divenire l’arma principale del legionario romano516. Le lunghe cuspidi, realizzate in ferro, andavano applicate a un’asta lignea tramite un’immanicatura a cannone oppure per mezzo di un codolo piatto munito di ribattini517. Secondo quanto apprendiamo da Polibio, che ne fa una classificazione in base allo spessore518, le punte in ferro dei pila conoscevano numerose varianti; la loro lunghezza subì modificazioni riducendosi progressivamente nel corso del tempo: dai 135 cm dell’epoca di Polibio ai meno di 90 dell’età di Dionigi d’Alicarnasso, ma sono noti anche esemplari di lunghezza inferiore ai 70 cm519. Sulla base di tali considerazioni, il nostro esemplare, caratterizzato da dimensioni abbastanza considerevoli, risulta attribuibile a un tipo piuttosto antico. Il reperto si può confrontare con esemplari messi in luce a Conimbriga520 e a Ellingen521, con pezzi analoghi conservati presso il British Museum522, e in ambito regionale con un pilum rinvenuto in pros- 46 509 510 511 512 513 514 515 516 Fig. 44 - Coltello da fendente in ferro (inv. n. 9182) (foto B. Maurina). Fig. 45 - Pilum in ferro ricomposto (inv. nn. 9181, 9205) (foto archivio MCR). Fig. 46 - Punta di lancia in ferro (inv. nn. 9172-9174) (foto B. Maurina). 517 518 519 520 521 522 Passi Pitcher 1987, pp. 74-75; 132-134. Passi Pitcher 1987, pp. 132-134. Pesavento Mattioli 1984, p. 96, n. 10.8. Cfr. gli esemplari provenienti da Sanzeno: Nothdurfter 1979, tavv. 1 e 2. Cfr. ad esempio Salzani 1996. Come testimonierebbe la sua presenza in corredi tombali femminili: Salzani 1996, p. 100. Pesavento Mattioli 1984, p. 96, n. 10.8. Reinach 1906. Manning 1989, p. 159; Boube-Piccot 1994, p. 22. Polyb., VI, 23, 8-11. Alarcão et al. 1979, p. 88; Nothdurfter 1979, pp. 79-80 e tav. 70. Alarcão et al., p. 88 e tav. XVIII, in particolare n. 17. Zanier 1992, pp. 145-146, 187 e tav. 22, 4. Manning 1989, pp. 159-160, tav. 75, V20 e V21. 229 parte2a.pmd 229 17/01/2012, 14.42 Tav. XXIX - Reperti in ferro (disegni B. Maurina). 230 parte2a.pmd 230 17/01/2012, 14.43 simità di Tesero, oggi al Museo della Magnifica Comunità di Fiemme523. Punta di lancia Tav. XXIX.2; Figg. 46, 182a-c; inv. n. 9172-9174; A 6, US 254; 7 frammenti ricomposti di punta di lancia a lama foliata a base ovale con nervatura mediana e immanicatura a cannone per l’inserimento su di un’asta lignea; lungh. cm 33,1; largh. max. cm 6,2; diam. immanicatura cm 2. Fig. 47 - Cuspide di arma missile in ferro (inv. n. 9180) (foto B. Maurina). Questo tipo di punta viene generalmente datata alla prima età imperiale524; essa appartiene a una lancia (hasta), un’arma che potendo essere impiegata nel corpo a corpo come nel combattimento a distanza, nell’esercito romano era in dotazione sia alla fanteria che alla cavalleria525. Esemplari analoghi al nostro sono stati rinvenuti ad esempio a Ellingen in Germania526 e in Marocco527. sere elevato e necessitava perciò di una forte spinta, che solo un’arma ossidionale fissa poteva trasmettere. Secondo la classificazione cronotipologica di Ulbert, il tipo con punta ben distinta dal cannone, come quello di Isera, sarebbe attribuibile alla prima e media età imperiale530. Non sembra comunque del tutto da escludere la possibilità che il nostro esemplare sia appartenuto a un’arma portatile individuale da lancio come una corta lancia o un giavellotto531. Non va infine trascurata la possibilità che il manufatto possa rappresentare, anziché una cuspide, il puntale dell’asta di un’arma da lancio: in effetti i puntali di lancia, relativamente poco studiati, vengono frequentemente confusi con le cuspidi di freccia532. Suggestiva in questo senso la misura del diametro dell’immanicatura del nostro reperto, coincidente con quella dell’innesto della punta di lancia rinvenuta a poca distanza, nel medesimo ambiente della villa. Cuspide di arma missile o puntale di lancia Tav. XXIX.3; Fig. 47; inv. n. 9180; A 6, US 318; punta piramidale a sezione quadrangolare; immanicatura a cannone per l’inserimento in un’asta lignea; lung. cm 10; diam. max. cm 2; peso g 33,7. La precisa identificazione di questa cuspide di ferro non è priva di difficoltà. Il reperto, infatti, caratterizzato da una punta di forma piramidale corta e massiccia, appare confrontabile, per forma, dimensioni e peso, con le cuspidi dei proiettili da balista (bolt heads)528, ovverosia dardi che venivano lanciati con macchine d’artiglieria in dotazione all’esercito, come ad esempio il pilum catapultarium529. Il potere di penetrazione di questo tipo di punta, infatti, non doveva es- 523 Fig. 48 - Chiodo di grandi dimensioni e chiodo ad anello (inv. nn. 9587 e 9567) (foto B. Maurina). 524 525 526 527 528 529 530 531 532 CHIODI ED ELEMENTI DA COSTRUZIONE Chiodo di grandi dimensioni a testa esagonale Tav. XXIX.4; Fig. 48; inv. n. 9687; area Sud, sporadico; chiodo; stelo a sezione quadrangolare; testa esagonale piatta; lungh. cm 22,8 ca. Chiodi di grandi dimensioni Esemplari non presenti nelle tavole: Inv. n. 9225; sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta; lungh. cm 13,5 ca. Inv. n. 9226; A 6, US 121; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 12 ca. Leonardi 1991, p. 393, fig. 433 e p. 394. Schach-Dörges 1970, pp. 90-91. Boube-Piccot 1994, p. 21. Zanier 1992, pp. 187-188 e tavv. 22 e 23. Boube-Piccot 1994, pp. 174-175 e tav. 43, 393. Baatz 1966, p. 204; Ulbert 1981, p. 74; Manning 1989, pp. 170-175, Pl. 82-85; Mantovani 1992, pp. 330-331. Sull’uso di questo tipo di artiglieria “statica” in ambito militare, si vedano in particolare Baatz 1966, pp. 203-207 e Campbell 1986. Ulbert 1981, pp. 74 (Form 1) e 75, fig. 5. Cfr. ad es. Ahumada Silva, Testa 1991, p. 165. Si vedano anche le considerazioni espresse a proposito di una punta di proiettile rinvenuta nella necropoli di Aica di Fiè: Rosada, Dal Ri 1985, p. 218. Mantovani 1992, p. 334. 231 parte2a.pmd 231 17/01/2012, 14.43 Inv. n. 9228; A 6, US 254; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta; lungh. cm 14 ca. Inv. n. 9229; A 6, US 318; 4 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 12-14 ca. Inv. n. 9230; A 6, US 335; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta; lungh. cm 12-14 ca. Inv. n. 9231; A 6, US 336; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta in un caso; lungh. cm 12; 13,5 ca. Inv. n. 9232; A 3, US 310; chiodo; capocchia circolare frammentaria; stelo a sezione quadrangolare; punta mancante; lungh. cm 12 ca. Inv. n. 9233; A 3, US 310; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 12-13 ca. Inv. n. 9235; A 3, US 314; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 12,5 ca. Inv. n. 9236; A 3, US 314; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 14 ca. Inv. n. 9237; A 3, US 329; 2 chiodi; capocchia circolare frammentaria; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta in una caso, mancante nell’altro; lungh. cm 12; 14 ca. Inv. n. 9238; A 21, US 358; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 13 ca. Inv. n. 9244; A 6, US 313; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 12,5 ca. Inv. n. 9245; A 6, US 318; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta; lungh. cm 13 ca. Inv. n. 9250; A 3, US 314; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 12 ca. Inv. n. 9572; sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta; lungh. cm 14,5 ca. Inv. n. 9574; A 1, sporadico; stelo di chiodo a sezione quadrangolare; punta mancante; lungh. cm 12,5 ca. Inv. n. 9575; A 1, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 12 ca. Inv. n. 9595; A 1, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta; lungh. cm 12 ca. Inv. n. 9690; area Sud, sporadico; 4 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 12,5-13 ca. Chiodi di medie dimensioni Tav. XXIX.5; Fig. 49; inv. n. 9243; A 6, US 308; 4 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 11-12 ca. Tav. XXIX.6; Fig. 49; inv. n. 9261; A 7, US 245; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 7 ca. Tav. XXIX.7; Fig. 49; inv. n. 9263; A 6, US 313; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 7,3; 8 ca. Esemplari non presenti nelle tavole: Inv. n. 9227; A 6, US 254; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta mancante; lungh. cm 11,5 ca. Inv. n. 9240; A 6, US 204; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 11 ca. Inv. n. 9241; A 6, US 250; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 11,5 ca. Inv. n. 9242; A 6, US 254; 3 chiodi frammentari; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 11,5 ca. Inv. n. 9246; A 6, US 318; chiodo; capocchia rettangolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 10,5 ca. Inv. n. 9247; A 6, US 319; 7 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 9,5-12 ca. Inv. n. 9248; A 3, US 310; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 10,5 ca. Inv. n. 9249; A 3, US 310; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 10,8 ca. Inv. n. 9251; A 3, US 314; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 10 ca. Inv. n. 9252; A 3, US 314; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 11,5 ca. Inv. n. 9253; A 3, US 328; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 10 ca. Inv. n. 9254; A 3, US 329; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta mancante; lungh. cm 11 ca. Inv. n. 9256; A 6, US 204; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 9 ca. Inv. n. 9257; A 7, US 206; chiodo; capocchia circolare frammentaria; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 9,5 ca. Inv. n. 9258; A 3, US 310; chiodo; capocchia circolare frammentaria; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 8 ca. Inv. n. 9259; A 3, US 310; chiodo; capocchia circolare frammentaria; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 10,5 ca. Inv. n. 9260; A 3, US 221; chiodo; capocchia circolare frammentaria; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 6 ca. Inv. n. 9262; A 7, US 245; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 8 ca. Inv. n. 9264; A 6, US 318; 7 chiodi; capocchia circolare (mancante in un caso); stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 8-9,5 ca. Inv. n. 9265; A 6, US 318; 11 chiodi; capocchia circolare, in alcuni casi frammentaria; stelo a sezione quadrangolare, in alcuni casi mancante di punta; lungh. cm 6-7 ca. Inv. n. 9270; A 21, US 358; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta; lungh. cm 8 ca. Inv. n. 9506; AA 14-20, US 500; 4 chiodi (uno in 2 frammenti); capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; in un caso punta ribattuta; lungh. cm 10-12 ca. Inv. n. 9508; AA 3/7, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 10 ca. 232 parte2a.pmd 232 17/01/2012, 14.43 Inv. n. 9509; A 16, US 500; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 11,5 ca. Inv. n. 9571; sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 8,5 ca. Inv. n. 9573; A 1, US 10; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta; lungh. cm 8,5; 10 ca. Inv. n. 9576; A 1, sporadici; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; uno integro, uno frammentario; lungh. cm 10 ca. Inv. n. 9577; A 1, sporadici; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 11; 12 ca. Inv. n. 9581a; A 2, sporadici; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 7,5 ca. Inv. n. 9582; A 1, sporadici; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 9,5-10 ca. Inv. n. 9583; A 1, sporadici; 7 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta; lungh. cm 8 ca. Inv. n. 9584; A 1, sporadici; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta; lungh. cm 7,5-8,5 ca. Inv. n. 9585; A 1, sporadico; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; uno con punta ribattuta; lungh. cm 11 ca. Inv. n. 9586; A 1, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 9 ca. Inv. n. 9587; A 1, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta mancante; lungh. cm 8,2 ca. Inv. n. 9588; A 1, sporadici; 3 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 9,5 ca. Inv. n. 9589; A 1, sporadici; 3 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 10-12 ca. Inv. n. 9590; A 1, sporadici; 9 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta in alcuni casi; lungh. cm 7-8,5 ca. Inv. n. 9591; A 1, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta in alcuni casi; lungh. cm 99,5 ca. Inv. n. 9592; A 1, sporadici; 5 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta in un caso; lungh. cm 68,5 ca. Inv. n. 9593; AA 1/10, sporadici; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 8,5; 12 ca. Inv. n. 9596; A 1, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 8,8 ca. Inv. n. 9597; A 1, sporadici; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta; lungh. cm 7,5; 9 ca. Inv. n. 9598; A 1, sporadico; q.r. 20-40; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 9 ca. Inv. n. 9599a; A 1, sporadici; 7 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta in alcuni casi; lungh. cm 7-8 ca. Inv. n. 9600; A 1, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta mancante; lungh. cm 9,5 ca. Inv. n. 9601; A 1, sporadici; 5 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; tre integri e due frammentari; lungh. cm 6,5-10,5 ca. Inv. n. 9602; A 1, sporadici; 4 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta in due casi; lungh. cm 7-8 ca. Inv. n. 9604; AA 1/10, sporadici; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta in due casi; lungh. cm 7,5; 9,5 ca. Inv. n. 9606; A 1, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 9,5 ca. Inv. n. 9607; A 1, sporadici; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 9,5-10,5 ca. Inv. n. 9608; A 1, sporadici; 3 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; uno integro, due frammentari; lungh. cm 9 ca. Inv. n. 9609; A 1, sporadici; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta in un caso, mancante nell’altro; lungh. cm 8; 9,5 ca. Inv. n. 9610; A 1, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 9,5 ca. Inv. n. 9611; A 1, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 10,2 ca. Inv. n. 9612; A 1, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 8,7 ca. Inv. n. 9617; A 11, US 114; 4 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 8,5-12. Inv. n. 9691; area Sud, sporadici; 8 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 8,7-10 ca. Inv. n. 9692; area Sud, sporadici; 8 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 6-7,5. Chiodi di piccole dimensioni Tav. XXIX.8; inv. n. 9198; A 1, sporadico; chiodino; capocchia rettangolare; stelo a sezione quadrangolare; punta ribattuta; lungh. cm 2,4 ca. Esemplari non presenti nelle tavole: Inv. n. 9266; A 3, US 310; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 4,5 ca. Inv. n. 9271; A 6, US 318; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; mancanti di punta; uno intero, l’altro in due frammenti, internamente cavi; lungh. cm 3,3-3,6 ca. Inv. n. 9284; A 14, US 503; chiodo; capocchia quadrangolare; stelo a sezione quadrangolare; punta mancante; lungh. cm 4,5 ca. Inv. n. 9507; AA 14-20, US 500; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 5,5 ca. 233 parte2a.pmd 233 17/01/2012, 14.43 Inv. n. 9580; A 4, sporadici; 4 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 3,5-5 ca. Inv. n. 9599b; A 1, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 4,5 ca. Inv. n. 9614; area Sud, US 101; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 2,3; 3 ca. Inv. n. 9693; area Sud, sporadici; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 5,8-6 ca. Chiodi di dimensioni non determinabili Esemplari non presenti nelle tavole: Inv. n. 9239; A 14, US 425; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta mancante. Inv. n. 9255; A 21, US 358; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta mancante. Inv. n. 9267; A 3, US 314; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta mancante. Inv. n. 9268; A 3, US 329; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta mancante. Inv. n. 9269; A 3, US 329; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; punta mancante. Inv. n. 9272; A 6, US 318; 3 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; frammentari. Inv. n. 9273; A 6, US 318; 16 frammenti di steli di chiodi a sezione quadrangolare. Inv. n. 9274; A 7, US 206; frammento di stelo di chiodo a sezione quadrangolare. Inv. n. 9275; A 3, US 314; frammento di stelo di chiodo a sezione quadrangolare. I chiodi, elementi impiegati nell’ambito della carpenteria e della falegnameria, sono stati raggruppati in tre insiemi in base alle dimensioni, quando determinabili: chiodi di grandi dimensioni (cm 12-14 o più), chiodi di medie dimensioni (cm 6-11,9), e chiodi di piccole dimensioni (cm 1-5,9). I chiodi di dimensioni grandi e medie erano verosimilmente utilizzati nei tetti e solai, e così se ne può spiegare l’elevata frequenza negli strati a forte componente carboniosa accumulatisi sui piani pavimentali: i primi dovevano servire per 533 534 Inv. n. 9276; A 3, US 328; frammento di stelo di chiodo a sezione quadrangolare. Inv. n. 9277; A 9, US 312; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; frammentario. Inv. n. 9278; A 9, US 323; frammento di stelo di chiodo a sezione quadrangolare. Inv. n. 9283; A 14, US 503; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; frammentario. Inv. n. 9565; A 1, US 242; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; frammentario. Inv. n. 9578; A 1, sporadici; 3 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; frammentari. Inv. n. 9579; area Sud, sporadico; 3 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; frammentari. Inv. n. 9603; AA 1/10, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; frammentario. Inv. n. 9605; A 1, sporadici; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; frammentari. Inv. n. 9613; area Sud, sporadico; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; frammentario. Inv. n. 9615; A 11, US 106; 2 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; frammentari. Inv. n. 9616; A 11, US 107; 3 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; frammentari. Inv. n. 9618; A 11, US 115; chiodo; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; frammentario. Inv. n. 9619; area Sud, sporadico; stelo di chiodo a sezione quadrangolare. Inv. n. 9694; area Sud, sporadici; 6 chiodi; capocchia circolare; stelo a sezione quadrangolare; frammentari. connettere le orditure secondarie alle principali, ovvero i travicelli alle travi, e i secondi per fissare tra loro le orditure secondarie, cioè assicelli e travicelli533. Ciò è dimostrato in più casi dalla ribattitura della punta, che indica anche lo spessore dell’elemento ligneo in cui i chiodi erano conficcati. In carpenteria doveva trovare impiego anche il grande chiodo caratterizzato da una testa esagonale schiacciata (inv. n. 9687) morfologicamente accostabile a un esemplare rinvenuto nell’insediamento di Mezzocorona (TN)534, il quale doveva svolgere un ruolo con- Settefinestre III, p. 43. Bassi et al. 1994, tav. XIII,23. 234 parte2a.pmd 234 17/01/2012, 14.43 nettivo particolare, consentendo di affondare anche la testa nel legno535. Diversificato poteva essere l’utilizzo dei chiodi di piccole dimensioni: in falegnameria, nella connessione delle diverse parti dei mobili, per fissare gli infissi agli stipiti, oppure, ancora, piantati in vario modo nei muri536. Tutti gli esemplari presentano stelo a sezione quadrangolare e capocchia circolare, a parte due chiodi di piccole dimensioni (inv. n. 9284 e 9198), che hanno l’uno capocchia rettangolare, l’altro quadrangolare. Chiodi a “T” Tav. XXIX.9; Fig. 49; inv. n. 9196; A 6, US 318; chiodo a “T”; capocchia piatta; stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 4,6. I chiodi a “T” costituiscono uno strumento da connessione molto comune in epoca romana, impiegato in particolare per tenere uniti due elementi di legno per i quali un chiodo normale non era ritenuto garantire una solidità sufficiente537. ELEMENTI DI INFISSI E MOBILI Borchie Tav. XXIX.10; inv. n. 9199; A 6, US 318; borchia; capocchia emisferica internamente cava; punta mancante; lungh. cm 2,4. Tav. XXIX.11; inv. n. 9200; A 14, US 419; borchia; capocchia emisferica piena; punta ribattuta; lungh. cm 1,6. Il primo esemplare rappresenta un tipo di borchia di rivestimento molto comune nel mondo romano538. 535 536 537 538 539 540 Nel secondo caso si tratta con ogni probabilità di una borchietta usata per fissare la suola delle calzature539. La disposizione di queste borchie sulla suola è ben esemplificata dall’impronta presente su di un frammento di tegola rinvenuto a Isera (infra, inv. n. 9458, fig. 70). Coppiglie e chiodi ad anello Tav. XXX.1; Fig. 50; inv. n. 9187; A 6, US 331; coppiglia; verga a sezione rettangolare ripiegata a formare un occhiello, con le estremità appuntite divaricate e ribattute; lungh. max. cm 7,5. Tav. XXX.2; Fig. 50; inv. n. 9661; A 5, sporadica; coppiglia; verga a sezione rettangolare ripiegata a formare un occhiello, con le estremità appuntite riunite e ribattute; lungh. max. cm 8,9. Tav. XXX.3; Fig. 51; inv. n. 9688; area Sud, sporadici; coppiglia e chiodo ad anello in connessione; la prima presenta verga a sezione rettangolare ripiegata a formare un occhiello, con le estremità mancanti; il secondo ha testa ad anello e stelo a sezione rettangolare ribattuto; lungh. cm 14,7. Tav. XXX.4; Fig. 48; inv. n. 9567; A 16, US 550; chiodo ad anello(?); verga a sezione quadrangolare; orecchia trapezoidale con foro passante circolare; lungh. cm 12,3; largh. max. cm 2,8. Questi elementi caratterizzati da una terminazione ad anello, costituiti da un unico stelo desinente in una capocchia con foro passante (chiodo ad anello) oppure formati da una verga ripiegata a formare un occhiello (coppiglia), sono molto frequenti nei contesti di età romana. Essi assolvono a molteplici usi legati alla connessione per manufatti sia in legno (porte, infissi, mobili) che in metallo (catene, maniglie, ecc.)540. Manning 1989, p. 135, Type 2 e tav. 63, R93-98. Bassi et al. 1994, p. 130. Manning 1989, pp. 131-132, in particolare tav. 62, R69. Manning 1989, p. 136, Type 8 e tav. 63, R102. Bassi et al. 1994, pp. 128-129. Un esemplare completo di suola con borchie è conservato presso il British Museum di Londra: Manning 1989, pp. 136-137, Type 10 e tav. 63, R104. Tali materiali compaiono spesso in contesti sepolcrali: v. ad esempio i frammenti di suole con borchie rinvenuti nella necropoli romana di Solduno: Donati 1979, pp. 134 e 140. Alarcão et al. 1979, pp. 184-185 e tavv. L e LI; Manning 1989, pp. 129-131, tav. 59 e 61, R31-47; Ahumada Silva, Testa 1991, p. 54 e tav. XXIII, MAN 67-68; p. 82, tav. XXXI, VIV III-18; inoltre p. 166; Bassi et al. 1994, p. 131. 235 parte2a.pmd 235 17/01/2012, 14.43 Tav. XXX - Reperti in ferro (disegni B. Maurina). 236 parte2a.pmd 236 17/01/2012, 14.43 50 49 52 51 53 Fig. 49 - Chiodi di medie dimensioni e chiodo a “T” (inv. nn. 9243, 9261, 9263, 9196); Fig. 50 - Coppiglie e grappa (inv. nn. 9187, 9661, 9191); Fig. 51 - Coppiglia e chiodo ad anello (inv. n. 9688); Fig. 52 - Chiodo con gancio (inv. n. 9193); Fig. 53 - Ghiere e gancio (inv. nn. 9189, 9190, 9194) (foto B. Maurina). Chiodi con gancio e ganci Tav. XXX.5; inv. n. 9192; A 6, US 331; chiodo munito di gancio; capocchia piatta circolare e stelo a sezione quadrangolare; lungh. max. cm 8,2; h. max. cm 6,0. Tav. XXX.6; Fig. 52; inv. n. 9193; A 1, sporadico; chiodo munito di gancio; capocchia piatta circolare e stelo a sezione quadrangolare; lungh. cm 6,5; h. max. cm 3,6. Tav. XXX.7; Fig. 53; inv. n. 9194; A 6, US 318; gancio frammentario; sbarra a sezione pseudocircolare ripiegata a uncino; largh. max. cm 3,2. Tav. XXX.8; inv. n. 9195; A 6, US 301; gancio (?); sbarra a sezione quadrangolare ripiegata a uncino appuntito; largh. max. cm 3,8. Molteplici potevano essere le funzioni dei manufatti conformati a gancio541. I primi due esem- 541 542 543 544 plari presentano un’appendice a forma di chiodo, in modo da poter essere inseriti nella muratura oppure in un corpo ligneo; l’estremità ingrossata e arrotondata suggerisce l’impiego di questi elementi per appendere oggetti, come ad esempio vestiti, che altrimenti avrebbero potuto essere danneggiati da una punta542. Gli ultimi due esemplari trovano confronto in alcuni reperti conservati presso l’Antiquarium di Tesis di Vivaro543. Ghiere Tav. XXX.11; Fig. 53; inv. n. 9189; A 6, US 318; ghiera; barretta a sezione rettangolare ripiegata in forma rettangolare; lungh. cm 5,6; largh. max. cm 2,4. Cfr. ad es. Bassi et al. 1994, pp. 130-131. Manning 1989, p. 129 e tav. 59, R23-25. Ahumada Silva, Testa 1991, pp. 35, 53, 113 e tav. XXIII, MAN III-34; MAN VIII-57, SPIL III-3; sull’impiego, p. 164. Ahumada Silva, Testa 1991, p. 54, tav. XXX, MAN VIII-64. 237 parte2a.pmd 237 17/01/2012, 14.43 Tav. XXX.12; inv. n. 9190; A 6, US 318; frammento di ghiera; barretta a sezione rettangolare ripiegata in forma rettangolare; lungh. max. cm 5,3; largh. max. cm 2,2. Il tipo di ghiera formata da una barretta nastriforme ripiegata trova confronto in un esemplare conservato presso l’Antiquarium di Tesis di Vivaro544. Grappa Tav. XXX.13; Fig. 50; inv. n. 9191; A 6, US 318; grappa frammentaria; verga a sezione rettangolare ripiegata a “U”, con estremità appuntite; lungh. cm 6,9; largh. cm 7,6. Varie potevano essere le funzioni delle grappe, utilizzate fin dall’età del ferro545 sia in ambito edilizio che in falegnameria546. Quelle a forma di “U”, che potevano variare considerevolmente nelle dimensioni, venivano comunemente usate per la connessione di travi e assi547 oppure anche, quando di grandi dimensioni, come maniglie di porte548: in regione confronti per l’età romana si possono vedere in particolare in alcuni esemplari della necropoli di Salorno549. Cerniere Tav. XXX.9, 10; Fig. 54; inv. n. 9686b; area Sud, sporadiche; due bandelle di forma rettangolare munite ciascuna di due chiodi di fissaggio, con terminazione a occhiello; lungh. cm 8,8; largh. max. cm 2,6. Tav. XXX.14; Fig. 55; inv. n. 9206; A 6, US 318; cerniera (di mobile?) con quattro chiodi di fermo ribattuti, formata da due bandelle rettangolari dotate ciascuna di due fori passanti, unite tramite un incastro a tre orecchie percorse verticalmente da un occhio centrale con perno; lungh. cm 10,6; largh. max. cm 3,2. Tav. XXX.15; Fig. 55; inv. n. 9207; A 6, US 318; cerniera (di mobile?) frammentaria con tre chiodi di fermo (due ribattuti, uno frammentario), formata da due bandelle rettangolari dotate cia- 545 546 547 548 549 scuna di due fori passanti, unite tramite un incastro a tre orecchie percorse verticalmente da un occhio centrale con perno; lungh. cm 6,1; largh. max. cm 3,5. Tav. XXX.16; Fig. 56; inv. n. 9208; A 1, sporadico; cerniera frammentaria con due chiodi di fermo, formata da due bandelle trapezoidali dotate ciascuna di due fori passanti, unite tramite un incastro a tre orecchie percorse verticalmente da un occhio centrale con perno; lungh. cm 12,3; largh. max. cm 2,8. Tav. XXX.17; Fig. 56; inv. n. 9210; A 1, sporadico; cerniera con chiodo di fermo, frammentaria alle estremità, formata da due bandelle trapezoidali dotate ciascuna di due fori passanti, unite tramite un incastro a tre orecchie percorse verticalmente da un occhio centrale con perno; lungh. cm 7,4; largh. max. cm 2,8. Tav. XXX.18; inv. n. 9214; area Sud, sporadico; piccola cerniera frammentaria; lungh. max. cm 3,6; largh. max. cm 1,7. Esemplari non presenti nelle tavole: Inv. n. 9209; A 1, sporadico; cerniera frammentaria con due chiodi di fermo, formata da due bandelle trapezoidali dotate ciascuna di due fori passanti, unite tramite un incastro a tre orecchie percorse verticalmente da un occhio centrale con perno; lungh. cm 10,3; largh. max. cm 2,7. Inv. n. 9211; AA 1/10, sporadico; 3 frammenti di cerniera con chiodo di fermo, formata da due bandelle trapezoidali dotate ciascuna di due fori passanti, unite tramite un incastro a tre orecchie percorse verticalmente da un occhio centrale con perno; lungh. cm 7,8; largh. max. cm 2,3. Inv. n. 9212; AA 1/10, sporadico; elemento di cerniera con due chiodi di fermo ribattuti; bandella trapezoidale dotata di due fori passanti e orecchia con occhio centrale a un’estremità; lungh. cm 8,7; largh. max. cm 2,4. Jacobi 1974, pp. 235, tav. 67-70; Nothdurfter 1979, pp. 75-76, tav. 64-65. Uglietti 1985, pp. 559-560 e nota 5 con ampia bibliografia; Bassi et al. 1994, p. 130. Manning 1989, p. 131 e tav. 61, R52-53. Nothdurfter 1979, p. 75. Noll 1963, p. 93, tav. 24 (C VII 1). 238 parte2a.pmd 238 17/01/2012, 14.43 54 55 56 Fig. 54 - Cerniera (inv. n. 9686b); Fig. 55 - Cerniere (inv. nn. 9206, 9207); Fig. 56 - Cerniere (inv. nn. 9208, 9210) (foto B. Maurina). Inv. n. 9213; A 11, sporadico; elemento di cerniera con chiodo di fermo; bandella trapezoidale dotata di due fori passanti e due orecchie con occhio centrale a un’estremità; lungh. cm 9,1; largh. max. cm 2,2. Inv. n. 9566; A 16, US 540; cerniera formata da due bandelle trapezoidali, di cui una frammentaria, unite tramite un incastro probabilmente a tre orecchie percorse verticalmente da un occhio centrale con perno; lungh. cm 10,9; largh. max. cm 2,8. A parte i primi due esemplari (inv. n. 9686b), riferibili entrambi a una cerniera per cassa formata da due bandelle con appendice a cappio, 550 551 552 553 si tratta di cerniere costituite da due elementi fra loro uniti a incastro tramite un perno. In ambedue i casi ci troviamo in presenza di un genere di cerniera molto comune all’epoca romana550; quella del secondo tipo, realizzata sia in ferro che in bronzo551, pare che fosse impiegata fin dall’epoca repubblicana552 e trova attestazioni sia in Italia che nelle province553. In particolare i pezzi inv. n. 9206 e 9207, rinvenuti nell’A 6 a ridosso del muro meridionale alla distanza di circa un metro l’uno dall’altro, dovevano probabilmente appartenere a un mobile in legno situato nella cucina. Forse a una cassetta o a un cofanetto è invece riferibile l’esemplare di pic- Manning 1989, p. 126 (loop-hinge e strap-hinge). Galliazzo 1979, n. 59; Luni II, p. 581, tav. 310, 7 e 8. Ahumada Silva, Testa 1991, p. 147 e note 20-21, tav. XXVIII. Boucher 1971, pp. 205-206; Alarcão et al. 1979, pl. XLVIII e p. 171, n. 146; Frere 1972, p. 180; Frere 1984, pp. 96-100, nn. 102-109; Luni II, p. 58i, tav. 310.7, 8; Michelucci 1985, tav. LVIII, A e B; Deimel 1987, p. 329 e tav. 88; Manning 1989, p.127 e tav. 59, R13. 239 parte2a.pmd 239 17/01/2012, 14.43 cole dimensioni inv. n. 9214. In tutti gli altri casi si tratta verosimilmente di cerniere relative alle porte degli ambienti dell’edificio. REPERTI INDETERMINATI Esemplari non presenti nelle tavole: Inv. n. 9203; Area Sud, sporadico; scoria di fusione (?); lungh. max. cm 8 ca. Inv. n. 9204; A 6, US 429; 2 frammenti di ferro (scorie?); lungh. max. cm 3,6 ca. Tav. 64; inv. n. 9224a; A 6, US 308; asta a sezione circolare frammentaria; lungh. cm 11,6. Inv. n. 9224b; A 6, US 308; punta di asta (?) a sezione quadrangolare frammentaria; lungh. cm 11,6. Inv. n. 9620; area Sud, US 101; scoria di fusione (?); lungh. max. cm 4,7. Inv. n. 9621; area Sud, sporadico; scoria di fusione (?); lungh. max. cm 3 ca. Inv. n. 9622; area Sud, sporadico; frammento di lamina con borchia in bronzo; lungh. cm 5,3. 4.3 Manufatti in piombo Lamine Tav. XXX.19; Fig. 57; inv. n. 9216; A 7, US 358; frammento di lamina a fascia ripiegata; lungh. max. cm 12,2; largh. cm 2,9. Tav. XXX.20; Fig. 57; inv. n. 9217; A 6, US 344; frammento di lamina di forma approssimativamente rettangolare; lungh. cm 9,2; largh. max. cm 6,6. Esemplare non presente nelle tavole: Inv. n. 9279; area Sud, US 104; frammento di lamina; lungh. max. cm 2,2. Difficile stabilire la natura delle lamine e dei frammenti di piombo rinvenuti a livello sporadico; in un solo caso è forse possibile l’identificazione con una conduttura per l’adduzione dell’acqua (fistula aquaria). I pezzi di piombo fuso, invece, sono interpretabili come residui di colature, che venivano utilizzate nel fissaggio di elementi metallici alle strutture architettoniche554. Fistula (?) Esemplari non presenti nelle tavole: Inv. n. 9623; area Sud, sporadico; 5 frammenti di piombo, di cui uno identificabile come frammento di fistula aquaria; lungh. max. cm 7,6. Colature (?) Esemplari non presenti nelle tavole: Inv. n. 9215; A 3, US 314; frammenti di piombo fuso (colatura?); lungh. max. cm 2,7 ca. Inv. n. 9568; A 14, US 545; frammenti di piombo fuso (colatura?); lungh. max. cm 19 ca. Inv. n. 9569; A 14, US 560; frammenti di piombo fuso (colatura?); lungh. max. cm 9,8 ca. Inv. n. 9669; A 5, sporadico; colatura in piombo; lungh. max. cm 6,1. 554 Luni II, pp. 323, 587. 240 parte2a.pmd 240 17/01/2012, 14.43 Fig. 57 - Lamine di piombo (inv. nn. 9216, 9217) (foto B. Maurina). 4.4 Considerazioni conclusive Nella categoria dei reperti metallici rientrano manufatti appartenenti alle più svariate tipologie, realizzati in diversi materiali, quali il bronzo, il ferro, il piombo e sporadicamente anche l’argento, impiegato per l’esecuzione di raffinati motivi ornamentali con la tecnica dell’agemina. Fra i primi figura un insieme di elementi pertinenti all’arredo, al mobilio, all’abbigliamento e all’ornamento personale. Molto più numerosi i materiali in ferro, da ascrivere all’ambito dell’instrumentum domesticum e degli arnesi di uso agricolo, artigianale e militare. Più rari infine i reperti in piombo, fra cui si segnalano laminette, colature (usate verosimilmente nel fissaggio degli elementi architettonici) e un frammento forse riconducibile a una fistula aquaria, cioè a una conduttura tubolare per l’adduzione dell’acqua. Questa variegata classe di materiali, oltre a offrire talvolta indicazioni utili al fine della determinazione cronologica, ci fornisce tutta una serie di informazioni che concorrono in maniera determinante da un lato alla comprensione dell’ambito culturale e sociale in cui erano inseriti gli abitanti della villa, dall’altro alla ricostruzione degli aspetti di tipo funzionale e strutturale del complesso residenziale di Isera. La distribuzione dei reperti infatti è assai indicativa sia della natura e del funzionamento di determinati elementi costruttivi e strutturali, sia della destinazione d’uso delle aree e degli ambienti in cui il fabbricato si articolava e dunque delle attività che vi si svolgevano. Particolarmente significativa risulta ad esempio la concentrazione dei manufatti di bronzo (guarnizioni di mobilio e oggetti d’ornamento personale) negli strati di distruzione e di crollo relativi a quelle che possono essere considerate le aree residenziali della struttura scavata: l’Area Sud, da cui provengono in particolare gli oggetti d’ornamento (fibula, spilloni, anello digitale), e soprattutto la stanza riccamente decorata che doveva essere situata al di sopra dell’ambiente 3 e da dove provenivano verosimilmente gli elementi che rivestivano la gamba di un letto tricliniare, rinvenuti sul pavimetno del vano di servizio della basis villae. L’eccezionale insieme di reperti di produzione probabilmente centro o suditalica fornisce tra l’altro una conferma dell’esistenza, all’interno della villa, di lussuose stanze di rappresentanza arredate con un mobilio di eccellente fattura. Questo dato, che implica l’attribuzione del complesso a un personaggio di alto rango, testimonia accanto allo status sociale del proprietario della villa, anche la sua partecipazione a un gusto che si pone in pieno accordo con le tendenze culturali vigenti a Roma nella primissima età imperiale e da qui irradiatesi in zone anche geograficamente lontane dalla capitale. Significativamente, se si escludono gli elementi pertinenti al letto tricliniare, che, come già spiegato, dovevano provenire da una stanza posta al piano superiore del fabbricato, e a parte il caso dell’ansa di brocca e del manico di patera, per cui manchiamo di precisi dati di rinvenimento, negli spazi funzionali della basis villae non compaiono reperti bronzei se non in modo del tutto sporadico. In questo caso essi sono rappresentati non da oggetti di lusso, ma da utensili d’uso domestico, come il tintinnabulum messo in luce nell’ambiente 6, che la presenza di un focolare connota come cucina. Abbondano per contro in questo settore del fabbricato gli arnesi in ferro destinati ai più diversi usi. Questi manufatti offrono testimonianza delle diverse attività che si svolgevano nel sito: accanto a quelle di tipo domestico e artigianale (un secchio, coltelli, un pettine per cardare fibre tessili), quelle relative all’agricoltura (ascia, roncola) e alla lavorazione del legno (scuri, scalpelli). La particolare concentrazione di questo tipo di reperti nell’ambiente 6, può essere imputato tra l’altro al fatto che rispetto ad altre aree dello scavo la stratigrafia archeologica qui si presentava meno disturbata da interventi postdeposizionali, compresi quelli volti, in epoca recente come già nell’antichità, al recupero di oggetti di valore. È così che lungo il muro meridionale della cucina si è potuto conservare quasi intatto il contenuto di un mobile di legno, andato distrutto nel corso dell’incendio che devastò la villa determi- 241 parte2a.pmd 241 17/01/2012, 14.43 nandone l’abbandono (Parte I, figg. 97, 107108). Accanto a questi reperti è stato messo in luce anche un insieme di manufatti pertinenti all’ambito militare, quali un coltello da fendente, una punta di pilum, una cuspide di lancia e una probabile cuspide di arma missile. La presenza di armi da combattimento in un contesto dalla connotazione decisamente civile è piuttosto sorprendente e pone dubbi di difficile soluzione, tenuto anche conto del fatto che in epoca romana di norma le armi in uso presso l’esercito non costituivano proprietà individuale555. Il fatto, poi, che tali reperti provengano da strati di distruzione, induce inevitabilmente a porre il rinvenimento in relazione con un possibile evento bellico556. Ipotesi, questa, destinata per ora a rimanere tale. Ancora fra i materiali in ferro compaiono elementi da costruzione impiegati in carpenteria e fale- 555 556 gnameria, fra cui numerosissimi chiodi di svariate dimensioni, presenti un po’ in tutti gli ambienti dell’edificio. Lo stesso vale per gli elementi pertinenti a infissi e mobili, come borchie, coppiglie, ganci, ghiere e grappe. Per quanto riguarda le cerniere, va sottolineata una particolare concentrazione di elementi di fissaggio di porte lignee nell’Area Sud della costruzione; i due esemplari rinvenuti nell’ambiente 6 dovevano invece appartenere al mobile sistemato in origine lungo il muro meridionale del vano, il quale era verosimilmente provvisto di ante. Infine, fra i materiali in ferro va segnalata la presenza di alcuni conglomerati, forse interpretabili come scorie di fusione. Questi, per quanto numericamente assai limitati, potrebbero far pensare all’esistenza di attività di tipo artigianale produttivo, limitate però probabilmente alle esigenze interne del complesso urbano-rustico. Cfr. ad esempio le osservazioni espresse in Rosada, Dal Ri 1985, p. 218. Si confronti l’analogo ritrovamento effettuato nella Casa del Chirurgo a Rimini, dove la scoperta di elementi appartenenti ad armi legionarie, quali una cuspide di pilum insieme a una cuspide e un puntale di lancia sul pavimento dell’abitazione, è stata spiegata con la possibile presenza in casa di un trofeo di armi o, ipotesi a cui si attribuisce maggiore credito, con il verificarsi di uno scontro militare contestuale alla distruzione del fabbricato (Ortalli 2000, pp. 515, nota 16, e 521). 242 parte2a.pmd 242 17/01/2012, 14.43