Polizia, anzianità di servizio non maturata nella carriera precedente

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Polizia, anzianità di servizio non maturata nella carriera precedente
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6062 del 2004, proposto da ….., rappresentati e difesi
dall'avv. Angelo Vittorio Antonio Giunta, con domicilio eletto presso Benito Panariti in Roma, via
Celimontana n. 38;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per
legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’accertamento del diritto
in capo a tutti i ricorrenti di ottenere il pieno riconoscimento del servizio prestato nei rispettivi
Comparti delle Forze Armate prima del loro ingresso nella Polizia di Stato, ai sensi dell’art. 51,
comma 1, della legge 10 ottobre 1986, n. 668, con ogni conseguente riconoscimento relativamente
al trattamento economico e/o al computo nell’anzianità di servizio;
e per l’annullamento
di qualsivoglia provvedimento contrario.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 aprile 2011 il dott. Roberto Proietti e uditi per le parti i
difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti – appartenenti alle Forze della Polizia di Stato previo accesso e positivo superamento del
Corso di Formazione per Allievo Agente - precedentemente all’ingresso nel rispettivo Corpo di
appartenenza provenivano da altri comparti delle Forze Armate (Marina militare, Polizia
penitenziaria, Esercito, etc.) e si determinavano al passaggio di carriera con la certezza di
beneficiare del riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata nella carriera precedente, ai sensi
del combinato disposto di cui all’art. 51, della legge 10 ottobre 1986, n. 668 e all’art. 41, del D.P.R.
28 dicembre 1970, n. 1077.
L’art. 51 della legge n. 668/86 (recante Modifiche e integrazioni alla legge 1° aprile 1981, n. 121, e
relativi decreti di attuazione, sul nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica
sicurezza), infatti, stabilisce che per il computo dell’anzianità nonché ai fini dell’inquadramento
nelle nuove qualifiche oltre che della progressione in carriera, si applica il disposto di cui all’art. 41,
del D.P.R. n. 1077/70. Tale ultimo decreto prevede che, ai fini del computo dell’anzianità di
servizio richiesta per l’ammissione agli scrutini di promozione alle qualifiche ivi indicate, il servizio
prestato senza demerito nella carriera corrispondente è valutato per intero (comma 1).
L’attribuzione di detta promozione viene subordinata alla prestazione del servizio effettivo nella
nuova carriera per un periodo di almeno tre anni (ridotti a due per le carriere direttive) (comma 3).
Alla luce di tale disciplina, secondo parte ricorrente, tutti i ricorrenti avevano maturato il pieno
diritto al ricongiungimento delle carriere all’atto della presentazione della relativa domanda presso
l’Amministrazione di appartenenza, avendo già maturato un’anzianità di servizio di almeno tre anni
nella Polizia di Stato (ovvero, nella nuova carriera).
Tuttavia, invocando la sopravvenuta entrata in vigore del D.Lgs. 5 ottobre 2000, n. 334 (a far data
dal 15/12/2000), il Ministero dell’Interno - Dipartimento della Polizia di Stato - Direzione Centrale
del Personale - Servizio Sov.ti Ass.ti ed Agenti - Divisione I^ - Sezione Progressione di carriera, ha
rigettato le istanze avanzate dai ricorrenti sulla base dell’avvenuta abrogazione del citato art. 51,
della legge n. 668/1986 ad opera dell’art. 69, comma 1, lett. h), del D.Lgs. n. 334/2000.
Ritenendo erronee ed illegittime le determinazioni assunte dall’Amministrazione, i ricorrenti hanno
proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio.
L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità e l’irricevibilità
del ricorso, sostenendo, nel merito, l’infondatezza delle censure avanzate dai ricorrenti.
Con successive memorie le parti hanno argomentato ulteriormente le rispettive difese.
All’udienza del 7 aprile 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare, il Collegio respinge l’eccezione di inammissibilità proposta
dall’Amministrazione resistente, basata sull’impossibilità di proporre un ricorso collettivo nella
fattispecie.
Ciò in quanto il ricorso collettivo è ammissibile quando (come nel caso di specie) vi sia identità di
posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti e non appaia individuabile alcun conflitto di
interessi tra i medesimi, in rapporto a domande giudiziali fondate sulle stesse ragioni difensive,
nonché ad atti che abbiano lo stesso contenuto sostanziale (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 03
novembre 2010 , n. 22289).
2. Va, invece, accolta, l’eccezione di irricevibilità del ricorso avanzata dalla Difesa erariale, basata
sull’omessa impugnazione degli atti di inquadramento dei ricorrenti.
Al riguardo, si ritiene che i ricorrenti, all’epoca dell’inquadramento ad Agente Scelto, avrebbero
dovuto tempestivamente impugnare i provvedimenti di inquadramento nelle nuove qualifiche,
chiedendo il riconoscimento dell’anzianità pregressa maturata durante la permanenza nelle Forze
Armate. L’articolo 51 della legge n. 668 del 1986, infatti, prevede il riconoscimento della pregressa
anzianità di servizio facendo riferimento a tutte le ipotesi di inquadramento nelle nuove qualifiche,
di progressione di carriera e di partecipazione ai concorsi di passaggio di carriera o a qualifica
superiore (Cons. di Stato, sez. VI, 26 giugno 2006, n. 4072). I ricorrenti, invece, senza aver
contestato l’atto di inquadramento e nomina ad Agente scelto, pretendono l’applicabilità della
richiamata normativa abrogata nel 2000-2001, invocando la sussistenza di un “diritto soggettivo”
sottoposto al termine di prescrizione ai sensi del codice civile, anziché una pretesa soggetta al più
breve termine di decadenza di impugnazione degli atti amministrativi di inquadramento o
progressione in carriera.
Sul punto, va ricordato che la contestazione dei provvedimenti modificativi dello status, attinenti
alla progressione in carriera, ovvero della loro mancata adozione, costituisce necessariamente
oggetto di una azione a carattere impugnatorio, avente ad oggetto il provvedimento esplicito
ovvero, attraverso il meccanismo del silenzio, la mancata adozione del provvedimento; per
converso, è inammissibile un’azione di accertamento del diritto alla ricostruzione della carriera, che
prescinda dalla tempestiva e puntuale impugnazione dei singoli provvedimenti modificativi dello
status ovvero della loro mancata adozione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 2128/2006; TAR. Lazio,
Sez, I Ter, n. 7254/2008).
Anche con specifico riferimento alla domanda di riconoscimento dell’anzianità di servizio prestata
nelle Forze Armate, deve ritenersi che la valutazione dell’anzianità da effettuare ai sensi del primo
comma dell’articolo 41 del DPR 28 dicembre 1970 n. 1077, va eseguita congiuntamente ad un
apprezzamento di natura autoritativa circa la qualità del servizio prestato (dovendosi accertare che il
servizio da valutare sia stato prestato “senza demerito”). Conseguentemente, va ritenuto tardivo il
ricorso giurisdizionale proposto, avverso una valutazione del genere, nei termini di prescrizione e
non in quelli di decadenza (Cons. di Stato, Sez. IV, n. 617/1986).
3. Ad ogni modo, anche se si volessero superare gli evidenziati profili di irricevibilità del ricorso,
sarebbe, comunque, da considerare infondate le censure avanzate dai ricorrenti, di seguito indicate:
A) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 51, della legge n. 668/1986 e dell’art. 69, comma 1,
lett. h), del D.Lgs. n. 334/2000; irragionevolezza ed ingiustizia manfesta. Violazione di legge per
mancato riconoscimento di diritti quesiti.
In relazione a tali censure i ricorrenti hanno evidenziato che, ai fini del computo dell’anzianità di
servizio per l’inquadramento nelle nuove qualifiche, delle progressioni di carriera e della
partecipazione ai concorsi di passaggio a carriera o a qualifica superiore, l’art. 51, della legge n.
668/86, rinvia all’art. 41, del DPR n. 1077/1970, secondo cui i servizi prestati senza demerito
(anche militari, se in servizio permanente o continuativo, in ferma volontaria o in rafferma) sono
considerati ai fini del computo dell’anzianità a favore del personale che abbia prestato servizio
effettivo nella nuova carriera per almeno tre anni. Ai sensi della normativa citata, tutti gli odierni
ricorrenti hanno maturato il diritto a vedersi riconosciuto il sevizio prestato antecedentemente
all’ingresso nella Polizia di Stato, avendo presentato la relativa domanda di ricongiungimento delle
carriere una volta superata la soglia temporale di cui all’art. 41, del DPR n. 1077/1970.
Erroneamente, quindi, l’Amministrazione resistente ha rifiutato il riconoscimento di un diritto dei
ricorrenti, da considerare quale diritto quesito o, comunque, quale pretesa che non può essere incisa
e pregiudicata da norme retroattive. Infatti, il D.Lgs. n. 334/2000 è entrato in vigore in data
15/12/2000, allorquando i prerequisiti normativi per il beneficio di cui all’art. 51, della legge n.
668/1986 erano ampiamente maturati in capo a tutti i ricorrenti; il passaggio di carriera ed il
conseguente diritto al ricongiungimento si era interamente realizzato ed esaurito sotto la vigenza del
combinato disposto di cui agli artt. 51 L.n. 668/86 e 41 DPR n. 1077/1970.
B) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 51, della legge n. 668/1986 e dell’art. 69, comma 1,
lett. h), del D.Lgs. n. 334/2000, in correlazione con l’art. 10, della legge 28/07/99, n. 266; art. 40,
D.Lgs. 19/05/00, n. 139; art. 5, L. 31/03/00, n. 78; art. 69, comma 1, lett. h), D.Lgs. 05/10/00, n.
334. Violazione di legge per disparità di trattamento e/o ingiustizia manifesta. Irragionevolezza
dell’azione amministrativa.
La disciplina indicata (ed, in particolare, la legge 28 luglio 1999, n. 266 recante Delega al Governo
per il riordino delle carriere diplomatica e prefettizia, nonché disposizioni per il restante personale
del Ministero degli affari esteri, per il personale militare del Ministero della difesa, per il personale
dell’Amministrazione penitenziaria e per il personale del Consiglio superiore della magistratura; il
D.Lgs. 19 maggio 2000, n. 139, recante Disposizioni in materia di rapporto di impiego del
personale della carriera prefettizia a norma dell’articolo 10 della L. 28 luglio 1999, n. 266; la legge
31 marzo 2000, n, 78 recante Delega al Governo in materia di riordino dell’Arma dei carabinieri,
del Corpo forestale dello Stato, del Corpo della Guardia di finanza e della Polizia di Stato. Norme in
materia di coordinamento delle Forze di Polizia) prevede, tra l’altro, l’abrogazione dell’art. 51 della
legge n. 668 del 1986. Ma, ciò in una ottica di riordino della carriera prefettizia e dirigenziale,
perché il legislatore ha voluto privilegiare l’unitarietà e la specificità di tale carriera, modificandone
addirittura le modalità di accesso allo scopo di “qualificarla” in modo peculiare. Pertanto, non è
possibile interpretare l’abrogazione del citato articolo 51 oltre i confini della propria giustificazione
normativa, sino a farvi rientrare la differente ipotesi di passaggio di carriera da un comparto delle
FF.AA. alla Polizia di Stato, per di più, ad opera di soggetti che non ricoprono incarichi direttivi. In
sostanza, la richiesta avanzata dai ricorrenti non confligge con la suddetta ratio legis, posto che essi
hanno semplicemente chiesto il riconoscimento di un diritto quesito (vale a dire, l’anzianità di
servizio maturata in base al servizio effettivo prestato nel Comparto Sicurezza), di cui hanno
acquistato la piena titolarità prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 334/2000.
C) Violazione e/o falsa applicazione dell’200 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3; Eccesso di potere e
violazione del divieto di reformatio in pejus.
A parere dei ricorrenti, un ulteriore vizio dell’operato dell’Amministrazione risiederebbe nella
violazione dell’art. 200 del D.P.R. n. 3/1957, il quale stabilisce che “Gli impiegati civili di ruolo
dello Stato, che siano in possesso degli altri necessari requisiti, possono partecipare senza alcun
limite di età ai pubblici concorsi per l’accesso a qualsiasi carriera delle amministrazioni dello Stato
(comma 1) ….. Gli impiegati trasferiti conservano l’anzianità di carriera e di qualifica acquisita, e
sono collocati nei nuovi ruoli con la qualifica corrispondente a quella di provenienza e nel posto che
loro spetta secondo l’anzianità bella qualifica ricoperta (comma 3).”. Tali disposizioni erano vigenti
all’epoca dei fatti e non sono state abrogate successivamente. Pertanto, anche in base al princìpio
del divieto di reformatio in pejus, l’impiegato statale trasferito dall’Amministrazione di
appartenenza ad un’altra, non può vedersi riconosciuto un nuovo trattamento economico inferiore
e/o comunque deteriore rispetto a quello che percepiva nell’Amministrazione di provenienza. Tale
effetto pregiudizievole si realizzerebbe, invece, nella fattispecie, ove non venisse loro riconosciuta
l’anzianità di servizio effettivamente maturata prima dell’accesso al Corpo della Polizia di Stato,
con le inevitabili ripercussioni negative in tema di retribuzione, perdita di chances di progressione
in carriera e trattamento pensionistico.
4. Le censure indicate risultano prive di fondamento in quanto i ricorrenti hanno lamentato la
mancata valutazione automatica dei servizi militari prestati prima dell’arruolamento nella Polizia di
Stato, ai fini del computo dell’anzianità utile per l’avanzamento alla qualifica superiore e per la
partecipazione ai concorsi interni, secondo quanto previsto dagli artt. 47 L. n.121/1981 e 51 L.
n.668/1986.
L’art. 47, co. 8, della legge n. 121 del 1981, prima della sua abrogazione avvenuta per effetto
dell’art. 15 del d.lgs. 28.2.2001 n. 53, considerava utile, con norma sostanzialmente analoga a
quella dettata per il personale civile delle amministrazioni dello Stato dall’art. 41 del d.P.R. n. 1077
del 1970 (norma poi estesa al personale della P.S. dall’art. 51 della legge n. 668 del 1986), ai fini
della progressione di carriera nella P.S., il servizio prestato, in ferma od in rafferma volontaria (e
dunque non nella leva obbligatoria), nella F.A. di provenienza nella misura della metà ed, in ogni
caso, per non oltre tre anni; mentre il predetto art. 51 prevedeva per il personale della P.S., e per una
sola volta, che, ai fini della progressione in carriera e della partecipazione ai concorsi per l’accesso
alla qualifica superiore, il servizio prestato senza demerito, in carriera corrispondente o superiore
era valutato per intero; quello prestato nella carriera immediatamente inferiore era valutato per
metà. Rimane fermo che il beneficio de quo consentiva l’utile valutazione del servizio pregresso per
un periodo non superiore, nel massimo, a quattro anni e richiedeva, quale condizione per il suo
riconoscimento, che nella nuova carriera fosse stato prestato servizio effettivo per almeno tre anni,
ridotti a due per le carriere direttive (così art. 41 del d.P.R. n. 1077 del 1970 richiamato dal predetto
art. 51).
Il beneficio disciplinato dall’articolo 47 e quello regolamentato dall’articolo 51 non operavano sin
dal primo inquadramento in qualità di agente nei ruoli della P.S. prevedendo esplicitamente, la
prima norma, che il servizio pregresso è valido “ai fini dell’avanzamento nella Polizia di Stato” e
disponendo, altrettanto esplicitamente, la seconda norma che la sua applicazione presuppone un
periodo di servizio prestato nella nuova carriera di almeno tre anni (ridotto a due per le carriere
direttive).
Evidenza questa cui accede la non invocabilità del beneficio de quo agitur (sia che lo si faccia
rivenire dall’articolo 47, sia che lo si raccordi all’articolo 51) ai fini dell’inquadramento nel ruolo
degli agenti della P.S. che avveniva, ex art. 48 della legge n. 121 del 1981, secondo la graduatoria
finale del corso e senza alterazione della posizione così conseguita da ciascuno degli allievi agenti
frequentanti il corso formativo.
Pertanto, il beneficio in questione si traduceva nell’abbreviazione dell’anzianità effettiva di servizio
richiesta “ai fini dell’avanzamento nella Polizia di Stato” (art. 47 e art. 51) e “ai fini della
partecipazione ai concorsi per l’accesso a qualifica superiore” (art. 51) consentendo, in tali
evenienze, il cumulo dell’anzianità maturata nella nuova carriera con quella convenzionalmente
riconosciuta sulla base del servizio prestato nell’amministrazione militare di provenienza.
Tale chiaro postulato comporta l’inconsistenza della domanda di parte attrice rinvenendo la stessa il
suo perno centrale e determinante nel convincimento, errato per quanto chiarito, che l’invocato
diritto sia applicabile sin dal momento dell’iniziale inquadramento nella carriera degli agenti di p.s.
con conseguente insensibilità dello stesso diritto agli enunciati legislativi che hanno abrogato le
norme dalle quali traeva supporto (art. 15 del d.lgs. n.53 del 28.2.2001 e art.69 del d.lgs. n.334 del
2000: norma quest’ultima che abroga l’art.51 della legge n.668 del 1986 sic et simpliciter.
La doglianza imperniata sull’assunta disparità di trattamento è priva di pregio, non solo in quanto
assolutamente generica ma, altresì, per il fatto che i dipendenti che hanno potuto godere delle
agevolazioni di cui agli articoli 47 e 51 avevano presentato istanza, accolta favorevolmente
dall’Amministrazione, prima dell’abrogazione delle norme stesse, contrariamente agli odierni
ricorrenti.
Stessa sorte spetta alla censura basata sull’art. 200 del DPR n. 3/1957. Infatti, tale norma, nel
prevedere che l’Amministrazione competente può disporre il trasferimento degli impiegati civili da
un ruolo ad altro di corrispondente carriera della stessa Amministrazione, conservando l’anzianità
di carriera e di qualifica acquisita, fa riferimento esplicito agli impiegati trasferiti, Ma, non possono
essere equiparati ai trasferiti gli impiegati che, come i ricorrenti, superano un nuovo concorso
pubblico, e non è possibile desumere dal citato articolo 200 una regola volta a consentire la
conservazione della pregressa anzianità nel caso di pubblico impiegato che superi un concorso
pubblico (Cons. di Stato, sez. VI, n. 854/2009). Infatti, non esiste un principio generale che assicuri
al dipendente pubblico, il quale superi un nuovo concorso pubblico aperto all’esterno, la
conservazione della pregressa anzianità di servizio, salvo che non vi siano espresse disposizioni
normative in tal senso. Nell’ipotesi di passaggio volontario del dipendente da una ad altra
Amministrazione, a seguito di concorso del tutto autonomo (come nel caso degli odierni ricorrenti)
la volontarietà del concorso esclude il diritto di chi lo compie alla conservazione dell’anzianità di
servizio precedente e il diritto ad essere collocato nel nuovo ruolo in posizione tale da pregiudicare
gli interessi dei dipendenti che già vi appartenevano (Cons, di Stato, sez. VI, sent, n. 854/2009).
Ciò, come detto, pur a voler prescindere dal fatto che la soluzione prospettata dai ricorrenti si rivela
impedita dall’omissione, ad essi addebitabile, dell’impugnativa dei provvedimenti incidenti sul
relativo status ovvero della loro mancata adozione, posto che la contestazione dei provvedimenti
attinenti alla progressione in carriera ovvero la loro mancata adozione costituisce oggetto di
un’azione a carattere impugnatorio avente ad oggetto il provvedimento esplicito ovvero, attraverso
il meccanismo del silenzio, la mancata adozione del provvedimento risultando inammissibile
un’azione per il diritto alla ricostruzione di carriera che prescinda dalla tempestiva e rituale
impugnazione dei singoli provvedimenti modificativi dello status ovvero della loro mancata
adozione (cfr., ex multis, Cons. Stato, n. 2128/2006).
5. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia irricevibile.
6. Sussistono validi motivi per disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le
parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
- lo dichiara irricevibile;
- dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;
- ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2011 con l'intervento dei
magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Pietro Morabito, Consigliere
Roberto Proietti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/06/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
IL PRESIDENTE