I fatti sopravvenuti. Casistica giudiziaria dei fatti

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I fatti sopravvenuti. Casistica giudiziaria dei fatti
I fatti sopravvenuti. Casistica
giudiziaria dei fatti rilevanti ai fini
della modifica delle condizioni di
separazione e divorzio 1
2.
SOMMARIO
1. Nuovi oneri familiari. – 2. Accresciute esigenze dei figli. – 3. Aspettative
ereditarie. – 4. Aumento del costo della vita. – 5. Trasferimento di residenza dei
figli. – 6. Provvedimenti in limitazione e decadenza dalla potestà genitoriale. –
7. Convivenza more uxorio del coniuge beneficiario dell’assegno. – 8. Revoca
dell’assegnazione della casa familiare. – 9. Nuove nozze del coniuge beneficiario. – 10. Peggioramento delle condizioni economiche: scelte personali del
coniuge. – 10.1. Segue. Insorgenza ed aggravamento di una patologia. – 10.2.
Segue. Licenziamento. – 10.3. Segue. Dimissioni. – 10.4. Segue. Pensionamento. – 10.5. Segue. Contrazione dei guadagni (rinvio). – 10.6. Segue. Cessazione dell’attività commerciale. – 10.7. Segue. Cessazione dell’elargizione
parentale. – 10.8. Segue. Fallimenti societari del coniuge. – 11. Miglioramenti
economici dei coniugi. – 11.1. Segue. Attività di lavoro subordinato. – 11.2.
Segue. Percezione del t.f.r. (o del t.f.s.). – 11.3. Segue. Attività professionale. –
11.4. Segue. Carriera universitaria. – 11.5. Segue. Carriera politica. – 11.6. Segue. Stabile convivenza con figli ed affini. – 11.7. Segue. Indipendenza economica dei figli maggiorenni. – 12. Modalità di versamento dell’assegno di mantenimento: ordine di pagamento diretto. – 13. Mantenimento diretto. – 14.
Regime di affidamento dei figli. – 14.1. Segue. L’individuazione del genitore
collocatario e la permanenza del minore presso ciascun genitore. – 14.2. Segue. Il contenuto dell’affidamento esclusivo – 15. Comportamenti gravemente inadempienti, pregiudizievoli per i figli e ostacolanti le modalità dell’affidamento (art. 709-ter c.p.c).
1
L’avv. Rita Ielasi ha collaborato alla redazione dei seguenti paragrafi: 4. Aumento del costo
della vita; 7. Convivenza more uxorio del coniuge beneficiario dell’assegno; 9. Nuove nozze del
coniuge beneficiario; 10.2. Segue. Licenziamento; 10.3. Segue. Dimissioni; 10.4. Segue. Pensionamento.
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Capitolo Secondo
Nuovi oneri familiari
1.
Un fatto nuovo potenzialmente idoneo ad integrare un giustificato motivo
sopravvenuto, rispetto alla sentenza di separazione e divorzio (ovvero agli accordi di separazione omologati), è costituito dalla formazione di una nuova famiglia da parte del coniuge obbligato al pagamento dell’assegno di mantenimento in favore dell’altro coniuge e dei figli, ovvero dal semplice fatto della
nascita di un ulteriore figlio, generato dalla successiva unione con un nuovo
partner.
Secondo un risalente orientamento della Suprema Corte:
La formazione di una nuova famiglia non legittima di per sé una diminuzione del contributo per il mantenimento dei figli nati in precedenza, in quanto costituisce espressione di una
scelta e non di una necessità e lascia inalterata la consistenza degli obblighi nei confronti della
prole
(Cass. 22 novembre 2000, n. 15065, in Fam. e dir., 2001, 1, 34, con nota critica di G. DE MARZO,
Mantenimento dei figli nati da precedente matrimonio e rilevanza della costituzione di una nuova famiglia) 2.
3
Tale indirizzo interpretativo, già oggetto di critiche in dottrina , non corrisponde più alle conclusioni cui è giunta la giurisprudenza di legittimità riguardo
alla problematica in esame, secondo cui
2
Nello stesso senso, nella giurisprudenza di merito, si veda Trib. Bari 30 ottobre 2006, n. 2681,
inedita, secondo cui: «il nuovo dovere di solidarietà coniugale gravante sul convenuto non lo esime
certo da quello verso la famiglia originaria, specie da quello derivante dal rapporto di filiazione».
3
Si veda, con riferimento alla nascita di un figlio generato dalla successiva unione, B. DE
FILIPPIS, Trattato breve di diritto di famiglia, Padova, 2002, 486, secondo cui: «sembra frutto
di antiche concezioni colpevoliste della separazione e del divorzio prescindere, nel caso di così
rilevanti modifiche della condizione di una delle parti, da un equilibrato esame della complessiva situazione, discriminando il nuovo nato sulla base del dato formale della priorità del precedente diritto e non del dato sostanziale delle possibilità concrete del genitore e di un’equa distribuzione di quanto può trarsi da esse, sulla base dei bisogni di ciascun fruitore di un identico
diritto al mantenimento».
I fatti sopravvenuti
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devono essere sicuramente tutelati i rapporti all’interno della nuova famiglia
(Cass. 17 luglio 2009, n. 16789, in Fam. e dir., 2010, 7, 701, con nota di E. RAVOT, Assegno di
divorzio: natura e criteri di determinazione).
Espressione di tale esigenza è l’orientamento giurisprudenziale che, in tema di
revisione delle condizioni di divorzio, ha tenuto conto dell’incidenza della costituzione del nuovo nucleo familiare sull’importo dell’assegno dovuto all’ex coniuge, enunciando il principio di diritto in base al quale:
Ove, a sostegno della richiesta di revisione nel senso della diminuzione o della soppressione dell’assegno di divorzio, siano allegati sopravvenuti oneri familiari dell’obbligato
(derivanti, nella specie, dalla nascita di due figli, generati dalla successiva unione), il Giudice
deve verificare se detta sopravvenienza determini un effettivo depauperamento delle sue sostanze, facendo carico all’istante – in vista di una rinnovata valutazione comparativa della situazione delle parti – di offrire un esauriente quadro in ordine alle proprie condizioni economico-patrimoniali
(Cass. 23 agosto 2006, n. 18367, in Giust. civ., 2007, I, 2807, con nota di G. GIGLIOTTI, Revisione dell’assegno post-matrimoniale «mezzi adeguati» e condizioni patrimoniali degli ex coniugi) 4.
Analogo principio è stato affermato dai Giudici di legittimità anche in tema
di revisione del contributo di mantenimento per i figli, considerato che
4
In senso conforme, Cass. 30 novembre 2007, n. 25010, in www.affidamentocondiviso.it. Cfr.,
inoltre, Cass. 14 febbraio 2007, n. 3340, in motiv., inedita, che ha confermato la pronuncia di
merito che aveva ridotto la misura dell’assegno fissato dal Giudice del divorzio in favore dell’ex
coniuge in considerazione dei maggiori oneri patrimoniali gravanti sull’ex marito per effetto del
nuovo vincolo assunto (matrimonio contratto con una donna che era iscritta nelle liste di disoccupazione ed era priva di redditi) e della conseguente alterazione dell’equilibrio economico sussistente tra le parti al momento della pronuncia di divorzio.
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Capitolo Secondo
i sopravvenuti, giustificati motivi a sostegno della richiesta di revisione delle condizioni patrimoniali
del divorzio possono riguardare anche i nuovi oneri familiari dell’obbligato, derivanti dalla nascita
di un figlio, generato dalla successiva unione, sempre che detta insorgenza, considerate tutte le
circostanze del caso concreto, abbia determinato un reale ed effettivo depauperamento delle sostanze o della capacità patrimoniale dell’obbligato stesso, apprezzato all’esito di una rinnovata valutazione comparativa della situazione delle parti. In ogni caso, a tal fine occorre tenere conto che,
per un verso, il nuovo dovere di mantenimento dell’obbligato va valutato anche alla stregua delle
potenzialità economiche della nuova famiglia in cui il bambino è stato generato, e quindi avendo
riguardo pure alla condizione dell’altro genitore. Là dove, poi, venga in gioco la misura dell’assegno di mantenimento per i figli, il nuovo impegno familiare non può costituire ragione per un allentamento delle responsabilità genitoriali verso costoro, in quanto la soddisfazione dei diritti economici dei figli non può essere deteriore nella crisi della famiglia, rispetto a quanto avviene nella
famiglia unita: sicché, ove il contributo di mantenimento originariamente fissato dal Giudice del
divorzio sia stato determinato in un importo adeguato alle necessità dei figli, ma inferiore all’esborso che la capacità economica dell’obbligato avrebbe consentito, la richiesta riduzione non può essere disposta, a meno che il contributo, così come in precedenza fissato, non trovi più capienza (e
ciò a causa dei doveri derivanti dal motivo sopravvenuto) nella capacità economica dell’obbligato
stesso, apprezzata anche alla luce dell’apporto del nuovo partner
(Cass. 24 gennaio 2008, n. 1595, in www.affidamentocondiviso.it).
Allo stesso modo, la Suprema Corte, in tema di quantificazione dell’assegno
di mantenimento a favore del coniuge ex art. 156 c.c., ha cassato la pronuncia
di merito per aver omesso di valutare le circostanze prospettate dal marito obbligato come incidenti sulle proprie condizioni economiche,
ed in particolare, il suo obbligo di mantenimento, in misura consona al proprio tenore di vita, di
due figli nati dalla nuova relazione (sul punto Cass. n. 6017/2001)
(Cass. 4 aprile 2002, n. 4800, in Rep. Foro it., 2003, voce Separazione di coniugi, n. 81).
Tale indirizzo interpretativo, che può definirsi, oramai, consolidato, merita
piena condivisione, in quanto valorizza e tutela due principi fondamentali contenuti nella Carta costituzionale, e precisamente:
a) il principio di eguaglianza, previsto nell’art. 3 Cost., che garantisce un pari
trattamento economico ai figli naturali rispetto a quelli legittimi, tenuto conto che
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I fatti sopravvenuti
i figli hanno tutti uguali diritti sicché è onere dei genitori provvedere al loro mantenimento. Da
ciò consegue che il Giudice chiamato a determinare l’assegno di mantenimento dovuto per i figli
nati in costanza di matrimonio deve considerare che dal patrimonio del genitore onerato deve
detrarsi quanto necessario per il mantenimento del figlio naturale
5
(Cass. 16 maggio 2005, n, 10197, in Foro it., Rep., 2005, voce Separazione dei coniugi, n. 14) .
Ai fini della quantificazione dell’assegno di divorzio, l’incidenza sulle disponibilità economiche dell’ex marito degli oneri per il mantenimento di due figlie minori, nate dal rapporto di
convivenza con la sua nuova compagna, assume un rilievo decisivo in ordine alla ricostruzione
della situazione economica delle parti
(Cass. 30 novembre 2007, n. 25019, in www.affidamentocondiviso.it);
b) il principio di libera espressione della dignità umana, contenuto nell’art.
2 della medesima Carta costituzionale, tenuto conto che la scelta del coniuge di
costituire una nuova famiglia, non solo è pienamente legittima, ma è anche esplicazione di quei diritti inviolabili di libertà dell’uomo «nelle formazioni sociali
6
ove si svolge la sua personalità» , con la conseguenza che,
allorquando il coniuge divorziato si sia formato una nuova famiglia, nei cui confronti è pur sempre
legato da impegni riconosciuti dalla legge, occorre temperare la misura dell’assegno di divorzio a
favore dei membri della prima famiglia nei limiti in cui, questo temperamento, non si risolva in una
situazione deteriore rispetto a quella goduta dai componenti della seconda famiglia
7
(Cass. 12 ottobre 2006, n. 21919, in www.affidamentocondiviso.it) .
5
In senso conforme, Cass. 16 dicembre 2005, n. 27879, inedita.
6
Si veda, in chiave sistematica, Cass. 11 marzo 2006, n. 5378, cit., che ha tutelato la scelta di
uno dei coniugi di limitare il proprio impegno lavorativo.
7
In senso conforme, Cass. 26 novembre 2008, n. 28218, inedita. In altra occasione, la Suprema Corte ha confermato la pronuncia di merito che, malgrado l’accertato squilibrio tra le
posizioni economiche dei due coniugi, aveva limitato l’importo dell’assegno di mantenimento a
favore del coniuge debole alla misura già stabilita dal tribunale: «in quanto considerata “equa e
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Capitolo Secondo
Ciò posto, giova rilevare che i nuovi oneri familiari gravanti su uno dei coniugi (derivino essi dalla formazione di una nuova famiglia ovvero dal semplice fatto della nascita di un ulteriore figlio, generato da una successiva unione)
non costituiscono motivi sopravvenuti che giustificano, da soli, la soppressione
o la riduzione dell’assegno di mantenimento originariamente fissato dal Giudice
in favore dell’altro coniuge e/o dei figli, essendo necessario accertare se, a seguito degli obblighi economici derivanti da tali nuove insorgenze, si sia determinato un reale ed effettivo depauperamento delle sostanze o della capacità patrimoniale dell’obbligato, tenendo conto della capacità economica della nuova famiglia
*
nel suo complesso (e, quindi, anche dell’altro coniuge o del nuovo partner).
Ne discende che:
Se (si ritiene che) il contributo originariamente è stato fissato in misura che, pur giudicata adeguata alle necessità dei figli, sia inferiore all’esborso che la capacità economica dell’obbligato avrebbe consentito – e a tale ipotesi è equiparabile il sopravvenuto incremento della capacità economica dell’obbligato – i menzionati motivi non sono da soli sufficienti a giustificare la
riduzione, la quale può essere disposta, invece, solamente se e nei limiti in cui il contributo originariamente fissato non trovi capienza egualmente, e cioè nonostante gli obblighi derivanti dai
motivi sopravvenuti, nella capacità economica dell’obbligato
8
(Cass. 19 gennaio 1991, n. 512, cit.) .
congrua” proprio per aver rilevato (più di una volta) che il M. doveva adempiere agli obblighi derivanti dai matrimoni precedente e successivo; e doveva in particolare essere messo in grado, nonostante tale esborso in favore della controparte, “di mantenere più che adeguatamente sé ed i propri
nuovi figli”» (Cass. 4 febbraio 2009, n. 2707, inedita).
*
8
In senso conforme, Cass. 24 gennaio 2008, n. 1595, cit. Si veda, in tema di assegno divorzile, Cass. 4 agosto 2010, n. 18117, inedita, secondo cui: «gli oneri derivanti dalla costituzione
di una nuova convivenza non hanno comunque incidenza sugli obblighi conseguenti all’intervenuta cessazione degli effetti civili del matrimonio, in mancanza di prova di spese aggiuntive».
Cfr., inoltre, Cass. 30 novembre 2007, n. 25010, cit., che non ha attribuito alcun rilievo, ai
fini della chiesta riduzione della misura dell’assegno divorzile originariamente fissata, ai nuovi
oneri familiari assunti dall’altro coniuge: «avuto riguardo alla complessiva situazione patrimoniale dello stesso, di consistenza tale da rendere irrilevanti, ai fini che qui interessano, detti nuovi
oneri». In altra occasione, la Suprema Corte ha rigettato il motivo di ricorso dell’ex marito, il
quale sosteneva che la sentenza di merito, nell’attribuire e quantificare l’assegno divorzile alla
moglie, non aveva tenuto conto del fatto che egli, dall’unione con l’attuale compagna, aveva
generato una figlia: «poiché non vi è prova che la circostanza dedotta con il motivo sia di per sé
decisiva, in relazione ai redditi dell’obbligato e al contesto complessivo della decisione impugna-
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I fatti sopravvenuti
Nello stesso senso, la giurisprudenza di merito ha affermato che la nascita
*
di un ulteriore figlio dell’obbligato
non esplica efficacia automatica ma deve essere accompagnato dalla prova concreta che i maggiori
carichi di spesa gravanti sull’obbligato rendano in concreto al medesimo impossibile continuare a
far fronte, nella loro interezza, a quelli precedentemente assunti nell’interesse della prole legittima
9
(Trib. Milano 2 marzo 2009, in Fam., pers. e succ., 2010, 7, 555, con nota di A. COSTANZO) .
Un’altra pronuncia di merito ha rilevato come non sia il semplice fatto della
nascita di un ulteriore figlio a giustificare la riduzione dell’assegno di mantenimento già disposto a carico dell’obbligato, bensì la situazione economica complessiva nel cui contesto tale nuovo fatto si viene a collocare:
Si vuol dire che mentre il nuovo rapporto di filiazione può essere irrilevante laddove il
padre onerato nei confronti del primo figlio sia percettore di un reddito medio o (meglio ancora)
ta, tenuto anche conto delle maggiori disponibilità maturatesi a seguito della cessazione da parte
del ricorrente dall’obbligo di versare l’assegno di 750,00 euro per la figlia nata dal primo matrimonio» (Cass. 4 novembre 2010, n. 22501, in www.affidamentocondiviso.it).
9
Nella specie, il Tribunale, in applicazione del riferito principio di diritto, ha rigettato la richiesta di riduzione dell’assegno divorzile sul rilievo della intatta capacità economica dell’obbligato,
così come dimostrato dall’adozione di consapevoli scelte di vita della nuova coppia da questi formata (consistenti nella cessazione, da parte della seconda moglie, di ogni attività lavorativa). In senso
conforme, App. Catania 14 novembre 2007, inedita, secondo cui: «la corresponsione del predetto
assegno consente senza dubbio all’onerato di mantenere il pregresso tenore di vita e di provvedere adeguatamente pure al doveroso assolvimento dell’obbligo di mantenimento in favore dell’altro figlio e
della attuale compagna», nonché App. Bologna 8 aprile 2009, n. 481, in www.giuraemilia.it, a tenore
della quale: «anche volendo ritenere che il suindicato principio operi come criterio di attribuzione, e non
già di quantificazione, nel senso che la formazione di una nuova famiglia e, in particolare, la nascita di
ulteriori figli, incidono sugli ineludibili obblighi dell’onerato, limitando eventualmente – come nel caso
di specie – la sua capacità economica complessiva e determinando, quindi, una situazione di cui non si
può non tener conto ai fini della determinazione del contributo per il mantenimento dell’originaria prole
(Trib. Messina 10 dicembre 2003, in Arch. civ., 2003, 410; Trib. Napoli 2 maggio 2002, in Giur. napol., 2002, 337), deve considerarsi che il reddito del XX (contrariamente a quanto avverrebbe in caso di
accoglimento, in parte qua, dell’appello incidentale), considerata anche la capacità di accrescere il proprio
patrimonio, dimostrata anche con l’acquisto della nuova casa di abitazione, appare compatibile con il
mantenimento sia delle figlie nate dalla nuova unione, sia della predetta Serena».
*
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Capitolo Secondo
elevato, tale circostanza finisce per essere decisiva laddove (come nella specie) il genitore goda
di scarsi proventi. Ed infatti, è indubitabile che a seguito dei doveri (anch’essi meritevoli di tutela) nascenti dal nuovo rapporto di filiazione (sia esso naturale o nato da un secondo matrimonio) la quota di reddito dell’onerato, su cui calcolare – nel raffronto con i redditi dell’ex coniuge
(nella specie la resistente, è titolare di un negozio di ottica in una via centrale della città e quindi
ha buone risorse da destinare alla prole) – il mantenimento del primo figlio, decresce in misura apprezzabile. Se è vero, infatti, che un genitore ben abbiente potrà ammortizzare la nuova
esigenza costituita dalla nascita di un secondo figlio tagliando le spese voluttuarie o semivoluttuarie, altrettanto non può dirsi per chi, come il M., percepisce euro 762,00 al mese e non
risulta avere altri redditi né vantaggi (e ciò si badi anche a volere ipotizzare che la seconda moglie del M. – sul cui reddito nulla è dato sapere – collabori in misura paritaria al mantenimento
della bambina). Non è, invero, contestabile che se il M. dovesse continuare a pagare alla B.
500,00 euro al mese, gli rimarrebbero soli 262,00 euro da destinare a sé ed alla “nuova” figlia
(Trib. Catania 14 dicembre 2007, in www.affidamentocondiviso.it).
Pertanto, là dove la capacità patrimoniale dell’onerato non avrebbe consentito una quantificazione maggiore dell’assegno di mantenimento in favore dell’altro coniuge o dei figli, il Tribunale, in sede di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, dovrà tenere in debito conto i nuovi impegni familiari
assunti dall’obbligato.
Ciò significa che il genitore onerato non potrà continuare a contribuire al
mantenimento del primo figlio con la stessa somma che ha corrisposto sino alla nascita degli altri figli (siano essi legittimi o naturali), perché, in caso contrario, verrebbero ad essere compresse le esigenze di questi ultimi e ciò non sarebbe né logico, né giusto, alla luce del sopra ricordato principio della pari dignità di tutti i figli.
Del resto è di comune esperienza che, quando in una famiglia, ad un primo figlio se ne
aggiungono altri, le esigenze del primogenito vengano ad essere compresse in maniera più o
meno rilevante a seconda delle condizioni economiche della famiglia stessa
10
(App. Firenze 22 aprile 2009, in www.affidamentocondiviso.it) .
10
Secondo tale pronuncia, è un dato di comune esperienza che il c.d. «carico familiare» incide in maniera diversa quando ad un primo figlio se ne aggiunge un secondo e, poi, un terzo.
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I fatti sopravvenuti
L’incidenza dei nuovi oneri familiari sulla capacità economica dell’obbligato dovrà essere valutata alla stregua delle potenzialità economica della nuova
famiglia costituita da quest’ultimo, e, quindi, avendo riguardo alla condizione
economica del nuovo coniuge ovvero dell’altro genitore (nel caso di nascita di
un nuovo figlio).
Tali obblighi, poi, in quanto vanno determinati in relazione al contesto che li ha provocati, devono essere valutati, allorché derivino dalla formazione di una nuova famiglia, tenendo
conto della capacità economica di questa nel suo complesso, e, quindi, in particolare, anche della capacità economica del nuovo coniuge
11
(Cass. 19 gennaio 1991, n. 512, cit.) .
Convivenza more uxorio
In sede di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, il Giudice
non potrà considerare, quale nuovo fatto sopravvenuto idoneo ad incidere sulla attribuzione e quantificazione dell’assegno di mantenimento liquidato in favore dell’altro coniuge o dei figli, l’asserito obbligo di mantenimento del nuovo
partner dell’onerato, tenuto conto che
il mantenimento della compagna, sia pure convivente more uxorio, non può allo stato della legislazione incidere negativamente sul diritto della moglie al mantenimento, previsto dall’art. 156,
comma 1, c.c., non esistendo norma che imponendo il mantenimento della convivente, costituisca possibile controbilanciamento del diritto nascente dal richiamato art. 156, comma 1, c.c. in
favore della consorte legittima
(Cass. 24 aprile 2001, n. 6017, in Familia, 2001, 864).
11
Nella specie, la Suprema Corte, in applicazione del riferito principio di diritto, ha cassato
la pronuncia di merito per non aver tenuto conto che il coniuge beneficiario dell’assegno aveva
sostenuto – anche istando per la relativa istruttoria – che la capacità economica dell’obbligato,
pur considerando i nuovi oneri familiari dello stesso, gli avrebbe consentito, stante la entità di
tali obblighi in relazione all’apporto economico fornito dal nuovo coniuge, la corresponsione
del contributo nella misura originariamente fissata.
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Capitolo Secondo
Inoltre, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, al fine di determinare l’assegno di mantenimento dovuto all’altro coniuge, non assumeranno alcun rilievo, i redditi del convivente del coniuge tenuto al pagamento della provvidenza economica,
dato che il convivente del coniuge tenuto al pagamento dell’assegno divorzile non ha alcun obbligo nei confronti del coniuge di questi, per cui i suoi redditi non possono in alcun modo essere
considerati ai fini della determinazione dell’ammontare dell’assegno divorzile dovuto
(Cass. 24 novembre 1999, n. 13053, in Foro it., 2000, I, 1229).
Tuttavia, un autorevole interprete ha affermato che:
Nella valutazione comparativa delle rispettive condizioni economiche dei coniugi la circostanza che il coniuge obbligato all’assegno, ovvero il coniuge avente diritto al medesimo, conviva more uxorio con un terzo spiega rilievo se e nei limiti in cui tale convivenza venga ad incidere sulla reale situazione dell’uno o dell’altro, in quanto si traduca per il primo in esborsi di tipo
continuativo – proporzionali agli altri suoi impegni economici e quindi qualificabili come adempimento di obbligazione naturale – ovvero implichi per il secondo un’entrata caratterizzata da
regolarità e relativa sicurezza
(A. FINOCCHIARO-M. FINOCCHIARO, Diritto di famiglia, III, Il Divorzio, Milano, 1988, 579).
Accresciute esigenze dei figli
2.
Ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento a favore dei figli, l’elemento fondamentale da considerare è costituito dalle attuali esigenze
economiche degli stessi, rapportate alle condizioni sociali e patrimoniali dei
genitori, tenuto conto, per un verso, che:
I fatti sopravvenuti
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Il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, secondo il precetto contenuto nell’art. 147 c.c., impone ai genitori di far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, certamente non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma inevitabilmente estese all’aspetto abitativo,
scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione, fin quando l’età dei figli stessi lo richieda, di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione
(Cass. 2 maggio 2006, n. 10119, in Rep. Foro it., 2006, voce Filiazione 3090)
e, per altro verso, che:
Il Giudice una volta accertato il diritto all’assegno di mantenimento ed al contributo per
la prole minorenne, deve prendere in considerazione, quale indispensabile elemento di riferimento ai fini di della valutazione di congruità dello stesso, il concreto contesto sociale nel quale
coniugi e prole avevano vissuto durante la convivenza, quale situazione condizionante la qualità
e la quantità dei bisogni emergenti a cui le contribuzioni devono far fronte, nonché accertare le
disponibilità economiche del coniuge a cui carico l’assegno va posto, dando adeguata motivazione del proprio apprezzamento, con riguardo pure all’aumento delle esigenze economiche del
figlio, che è notoriamente legato alla crescita e non ha bisogno di specifica dimostrazione
(Cass. 28 gennaio 2009, n. 2191, inedita).
Ciò trova esplicita conferma nel fatto che l’art. 155, comma 4, c.c., tra i criteri di quantificazione del contributo di mantenimento per i figli minorenni
(ma applicabili, analogicamente, anche ai figli maggiorenni non indipendenti economicamente), attribuisce sicura preminenza alle «attuali esigenze del figlio».
Tale criterio valorizza, chiaramente, l’età dei figli e le effettive esigenze personali, di relazione e scolastiche degli stessi, non limitate al vitto, all’alloggio ed
alle spese correnti, ma estese all’acquisto di beni durevoli (quali, ad es., indumenti e libri), che non rientrano necessariamente nella nozione di «spese straordinarie».
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Capitolo Secondo
Del resto, le “esigenze attuali del figlio”, cui l’art. 155 c.c. novellato attribuisce comunque sicura preminenza, non sono certamente soltanto quelle inerenti il vitto, l’alloggio e le spese correnti; attinenti ad esse è indubbiamente l’acquisto di beni durevoli (indumenti, libri, ecc.),
che non rientra necessariamente tra le spese straordinarie; più in generale, le esigenze del
minore, necessariamente correlate ad un autonomo e compiuto sviluppo psicofisico, riguardano non solo il profilo alimentare, ma pure quello abitativo, scolastico, sportivo, sanitario,
sociale, di assistenza morale e materiale, nonché l’opportuna predisposizione di una stabile
organizzazione domestica, adeguata a rispondere alle complesse ed articolate necessità di
cura ed educazione
(Cass. 6 novembre 2009, n. 23630, in Rep. Foro it., 2009, voce Filiazione, n. 52).
A tal proposito, è significativo che anche la giurisprudenza penale di legittimità abbia sostenuto che le esigenze di vita dei figli sono poziori rispetto a
quelle dei genitori (così come si ricava dall’art. 30 Cost.), i quali, anche a costo di sacrificare ulteriormente la loro personale condizione (ove sia già caratterizzata da ristrettezze economiche), devono sovvenire ai bisogni di vita
della prole, a pena di incorrere nel reato di omessa prestazione dei mezzi di
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sussistenza .
Ciò posto, la sopravvenienza di «giustificati motivi» idonei a modificare le
condizioni di separazione o divorzio può consistere, anche, nelle accresciute
esigenze di vita dei figli (ad es., di studio, di svago o di vestiario).
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, l’aumento delle esigenze del figlio:
a) è notoriamente legato alla sua crescita:
Anche in termini di bisogni alimentari, ed allo sviluppo della sua personalità in svariati
ambiti, ivi compreso quello della formazione culturale e della vita sociale, di tal che tale dazione
pecuniaria può, come nella specie, essere quantificata espungendo le necessità della prole che
comportano spese straordinarie, eventualmente anche d’istruzione, suscettibili di essere autonomamente regolate secondo il diverso regime dell’anticipazione pro quota o della ripetizione
12
Si veda, in tal senso, Cass. pen. 27 febbraio 2009, n. 9133, in www.affidamentocondiviso.it.
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I fatti sopravvenuti
sempre pro quota dei relativi esborsi (in tema, cfr. Cass. 200302196), senza che ciò determini
sovrapposizione o duplicazione di spesa per l’onerato
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(Cass. 13 gennaio 2010, n. 400, inedita) .
b) non ha bisogno di specifica dimostrazione:
L’aumento delle esigenze economiche del figlio non ha bisogno di specifica dimostrazione, essendo notoriamente legato alla crescita
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(Cass. 3 agosto 2007, n. 17055, in Rep. Foro it., 2007, voce Matrimonio 1472) .
c) legittima, di per sé, la revisione dell’assegno di mantenimento per i figli,
pure in mancanza di miglioramenti reddituali e patrimoniali del genitore tenuto alla contribuzione, a condizione, però, che l’incremento del contributo di
mantenimento, rispetto a quello in precedenza fissato, trovi capienza nella capacità economica dell’obbligato stesso.
In particolare i Giudici di merito hanno legittimamente e plausibilmente ricondotto l’avversata maggiorazione del contributo fisso di mantenimento all’aumento delle esigenze economiche ordinarie del figlio ormai maggiorenne, verificando, sempre ineccepibilmente, anche la
perdurante assenza di indipendenza economica da parte del ragazzo, ancora dedito agli studi universitari e per plausibili ragioni in luogo diverso da quello di residenza, nonché le risorse eco-
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In senso conforme, Cass. 30 ottobre 2008, n. 26123, in www.affidamentocondiviso.it, che
ha confermato la pronuncia di merito, sul rilievo che: «lo stesso ricorso riconosce come naturale e
“fisiologico” l’evolversi delle esigenze dei figli connesso alla loro crescita e quindi nessuna violazione vi è stata, dalla Corte di merito, dell’art. 155 c.c. nella versione anteriore a quella di cui all’art.
2, legge 8 febbraio 2006, n. 54, facendo il provvedimento espresso riferimento alle esigenze dei
figli e al tenore di vita da loro goduto in costanza di convivenza con i genitori».
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In senso conforme, Cass. 22 maggio 2009, n. 11905, inedita, nonché, Cass. 30 ottobre
2008, n. 26123, cit.
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Capitolo Secondo
nomiche di entrambi i genitori e la capienza delle disponibilità patrimoniali dell’onerato, delle
quali hanno argomentatamente escluso il sopravvenuto peggioramento rispetto all’epoca della
separazione consensuale
(Cass. 13 gennaio 2010, n. 400, cit.).
Applicando tali principi di diritto, la Suprema Corte, in una fattispecie in
cui la Corte d’Appello, in sede di modifica delle condizioni di separazione, aveva aumentato da cinquecento a settecentoquaranta euro mensili il contributo
dovuto dal padre al mantenimento dei figli minori per le accresciute esigenze formative, relazionali, ricreative e di vestiario degli stessi, dovute al progredire della
loro età, ha rigettato il motivo di ricorso del genitore obbligato, secondo cui la
crescita dei figli, costituendo un evento naturale e prevedibile, già tenuto presente in sede di separazione, non poteva considerarsi una circostanza sopravvenuta comportante uno squilibrio nelle condizioni economiche dei coniugi, sul
rilievo che:
L’ultimo comma dell’art. 155 c.c. (recepito dal nuovo art. 155-ter) attribuisce ai coniugi
il diritto di chiedere “in ogni tempo” la revisione delle disposizioni relative alla misura ed alle
modalità del contributo: perciò escludendo che le modifiche in favore dei figli debbano sottostare allo stesso regime di quelle concernenti i provvedimenti patrimoniali tra coniugi, in quanto
l’interesse morale e materiale della prole (art. 155 c.c.) è il criterio guida che deve essere tenuto
presente dal giudice, il quale deve provvedere considerando, secondo il nuovo testo dell’art. 155,
anzitutto “le attuali esigenze del figlio”. D’altra parte per la concreta determinazione del relativo
ammontare è incensurabile in sede di legittimità, perché formulato in maniera non illogica, l’apprezzamento del giudice di merito fondato sulla crescita del figlio e sul progredire della sua età,
trattandosi secondo la giurisprudenza di questa Corte di elementi che notoriamente comportano
l’aumento delle esigenze economiche, e non abbisognano quindi di specifica dimostrazione (Cass.
n. 17055/2007); tant’è che gli stessi ben possono essere compresi fra i parametri indicati dalle parti
o dal Giudice in relazione ai quali il nuovo art. 155 consente l’adeguamento automatico dell’assegno: ancorandolo agli indici ISTAT soltanto in difetto di ogni altra indicazione
(Cass. 28 dicembre 2010, n. 26198, cit.).
Dal canto suo, anche la giurisprudenza di merito ha evidenziato che non è
necessario allegare specifiche circostanze di fatto al fine di dimostrare le accresciute esigenze di vita dei figli, in quanto