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Aspetti economici della separazione e del divorzio: differenze
tra la legislazione italiana e inglese.
È a tutti noto che ormai da alcuni anni sono in aumento, anche in materia di diritto di
famiglia, i procedimenti che coinvolgono ordinamenti giuridici diversi. Si pensi per esempio
al caso di coniugi stranieri immigrati in Italia, ovvero di coniugi italiani residenti all’estero,
o ancora di coppie formate da soggetti di diversa nazionalità, con radici e interessi in più
Paesi. Appare quindi più che mai utile che l’operatore del diritto, oltre a comprendere le
norme del diritto internazionale privato, acquisisca le nozioni fondamentali relative agli
ordinamenti giuridici degli Stati con cui più frequentemente ha rapporti. Si ritiene a tal fine
utile, senza pretesa di esaustività, dare qui uno schematico e rapido raffronto, con la formula
della “domanda e risposta”, tra la legislazione italiana e quella inglese in tema di aspetti
economici nella separazione tra coniugi e nel divorzio, con l’intento di offrire lo spunto per
un maggiore approfondimento di tali questioni, che inevitabilmente diventeranno in futuro
ancor più comuni e rilevanti. Precisiamo che per “legislazione inglese” si intendono le
norme in vigore in Inghilterra e Galles, e che con il termine “Corte” ci si riferisce
genericamente all’autorità giudiziaria inglese la quale, come in Italia, opera in più gradi di
giudizio. Evidenziamo infine che in Inghilterra e Galles la separazione legale non è, come in
Italia, condizione necessaria per ottenere il divorzio (a parte i casi in cui è consentito il
divorzio immediato, cfr. art. 3 L. 898/1970).
I. SEPARAZIONE DEI CONIUGI
1. È possibile addebitare la separazione a uno dei coniugi?
IT – Sì, se uno dei coniugi ha tenuto un comportamento contrario ai doveri che derivano dal
matrimonio (art. 151 c.c.).
EN – Vi sono varie possibilità. Innanzitutto non è raro che i coniugi decidano di separarsi
senza compiere alcun passo formale. I coniugi hanno poi la possibilità – non molto usata e
non pienamente vincolante – di sottoscrivere un accordo di separazione per le questioni
economiche, prodromico al divorzio e comunque la richiesta di separazione è raramente
avanzata alla Corte.
I fatti che supportano la richiesta di separazione giudiziale sono i medesimi del divorzio e in
particolare: adulterio, comportamento irragionevole (“unreasonable behaviour”),
abbandono (“desertion”) o separazione di fatto per almeno due anni (se le parti erano
d’accordo a cessare la convivenza) o cinque anni (senza il consenso).
2. In caso di separazione è possibile stabilire un contributo a favore di uno dei
coniugi?
IT – Il Giudice dispone un contributo al mantenimento del coniuge, cui non sia addebitabile
la separazione, qualora non disponga di adeguati redditi propri (art. 156 c.c.).
EN – In caso di separazione giudiziale, la Corte può stabilire un contributo al mantenimento
secondo le regole del divorzio (cfr. infra). In alternativa, un coniuge può denunciare
penalmente l’altro per non aver provveduto al mantenimento del consorte o dei figli durante
il matrimonio (s.27 Matrimonial Causes Act 1973).
3. Che conseguenza ha l’addebito della separazione dal punto di vista del contributo
al mantenimento?
IT – Il coniuge cui sia addebitabile la separazione non ha diritto al contributo per il
mantenimento, tuttavia non perde il diritto agli alimenti, ove non disponga del minimo
necessario alla sopravvivenza (artt. 156 e 433 ss.).
EN – La colpa di uno dei coniugi non influisce sui poteri della Corte in relazione al
mantenimento. Diversa invece è la previsione legislativa nell’ambito del divorzio (cfr.
infra). La Corte inglese non è invece vincolata dalla colpa e può pronunciare liberamente in
punto mantenimento.
4. Come si stabilisce il contributo al mantenimento del coniuge “debole”?
IT – Il Giudice determina l’entità del contributo in relazione alle capacità reddituali e
patrimoniali di entrambi le parti e a ogni altra circostanza che ritenga rilevante (stato di
salute, numero di figli, ecc.).
EN – La Corte determina il contributo al mantenimento della parte economicamente più
debole considerando molti fattori, tra i quali: le risorse finanziarie delle parti, i loro bisogni,
il tenore di vita goduto durante il matrimonio (s.25 MCA 1973).
5. Può essere stabilito un assegno una tantum in favore del coniuge separato? E dei
figli?
IT – Nella separazione non è prevista la possibilità di definire con un unico assegno il
contributo al mantenimento del coniuge, come invece accade nel divorzio. Peraltro tale
possibilità non è mai prevista per i figli.
EN – La Corte può assegnare una somma una tantum al coniuge economicamente più
debole ovvero disporre la capitalizzazione del mantenimento. Ha facoltà inoltre di stabilire
un assegno una tantum anche in favore dei figli. Questo può accadere anche nel caso di
coniuge/genitore inadempiente (s.27). È anche possibile che la Corte ordini il pagamento di
una somma in favore dei figli per particolari capitoli di spesa.
6. È possibile assegnare la casa coniugale?
IT – Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo conto prioritariamente
dell’interesse dei figli. Se non ci sono figli la casa di norma non può essere assegnata salvo
casi particolarissimi (art. 155 quater c.c.). Se la casa è in comproprietà valgono le regole
comuni.
EN – La Corte, nei procedimenti economici correlati al giudizio di separazione, ha ampi
poteri di trasferire da un coniuge all’altro diritti reali o patrimoniali, anche in assenza di
accordo tra le parti. La Corte può anche imporre la vendita di un immobile e stabilire,
nell’interesse dei figli, l’assegnazione della casa coniugale al genitore non proprietario sino
alla maggiore età o alla conclusione degli studi universitari dei figli stessi.
7. Come si stabilisce il contributo al mantenimento del figlio minorenne?
IT – Il Giudice decide considerando: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita
goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di
permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la
valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore (art. 155
c.c.).
EN – La materia è regolata dal Children Support Act del 1991. Innanzitutto, se viene
richiesto un mantenimento al genitore è necessario ottenere previamente una valutazione da
parte della Child Support Agency, ente governativo a ciò preposto. La CSA valuta l’importo
del contributo al mantenimento secondo una formula che attualmente è: 15% del reddito
netto se vi è un figlio, 20% per due figli e 25% per tre figli fino a un reddito netto di £
2.000,00 settimanali (circa € 10.000,00 mensili). Oltre questa soglia la Corte può decidere
per una maggiorazione, considerando tutte le circostanze del caso e in particolare il tenore di
vita e le risorse del genitore. La formula verrà presto aggiornata e in alcuni casi sarà
possibile stabilire il contributo in base al reddito lordo.
8. È possibile stabilire un contributo al mantenimento del figlio maggiorenne?
IT – Se il figlio maggiorenne non è ancora economicamente autosufficiente, il Giudice può
stabilire il pagamento di un assegno periodico in suo favore (art. 155 quinquies c.c.).
EN – La Corte ha il potere di stabilire un contributo al mantenimento nei confronti di un
figlio maggiorenne disabile o studente a tempo pieno.
9. Quali sono le conseguenze della separazione sui diritti ereditari?
IT – Il coniuge cui non sia stata addebitata la separazione conserva tutti i diritti ereditari. Il
coniuge cui sia stata addebitata la separazione, se godeva degli alimenti, ha diritto a un
assegno vitalizio non superiore agli alimenti goduti (artt. 548 e 585 c.c.).
EN – Non esiste l’istituto della successione necessaria, sicché ciascuno può decidere
liberamente a chi attribuire il proprio patrimonio in caso di morte. Peraltro, qualora vi siano
persone non economicamente autonome, la Corte può stabilire un impegno a carico
dell’eredità (Provision for Family and dependants Act 1975). Si precisa che, in mancanza di
disposizioni testamentarie, in Inghilterra si applicano norme simili a quelli vigenti in Italia
in tema di successione legittima.
10. Come avviene la divisione del patrimonio comune?
IT – Il regime previsto dalla legge italiana è la comunione dei beni, salvo che i coniugi
decidano di optare per la separazione dei beni. Nella comunione dei beni, gli acquisti
compiuti dai coniugi durante il matrimonio, a esclusione dei beni personali, ricadono nella
comunione (art. 177 c.c.). La comunione legale è sciolta dalla separazione personale (art.
191 c.c.). Se invece vi è separazione dei beni, si presume fino a prova contraria che i beni
mobili comuni siano di proprietà al 50% tra i coniugi (art. 219 c.c.). Per i beni immobili si
seguono le regole comuni del diritto civile.
EN – Non esiste un regime patrimoniale analogo a quello italiano, anche se è possibile per i
coniugi acquistare beni in comproprietà secondo le seguenti modalità: 1) “joint tenants”: i
beni acquistati sono di proprietà in pari misura tra i coniugi e in caso di morte diventano
automaticamente di proprietà esclusiva del coniuge superstite; 2) “tenants in common”: la
quota di comproprietà non è necessariamente paritaria e non vi sono vincoli ereditari. Fuori
da queste due ipotesi, i beni sono di proprietà esclusiva del coniuge che li ha acquistati fino
alla separazione o al divorzio. In tal caso la Corte ha ampi poteri di ridistribuire il
patrimonio delle parti – anche senza accordo tra le stesse – in forza delle stesse circostanze
utilizzate per stabilire il contributo al mantenimento da parte del coniuge economicamente
più forte.
11. È possibile per il coniuge “debole” ottenere la proprietà di un bene di proprietà
esclusiva dell’altro coniuge?
IT – No, vengono seguite le regole del diritto civile. Il Giudice non può trasferire d’autorità
la proprietà o altro diritto reale sui beni (con l’eccezione dell’assegnazione della casa
coniugale, cfr. supra).
EN – Come sopra riportato, la Corte, nei procedimenti economici correlati al giudizio di
separazione, ha il potere di trasferire da un coniuge all’altro diritti reali o patrimoniali.
II. DIVORZIO
1. È possibile addebitare il divorzio a uno dei coniugi? Che conseguenza ha l’addebito
del divorzio dal punto di vista del contributo al mantenimento?
IT – Non esiste l’addebito del divorzio.
EN – Sì, è possibile che l’adulterio ovvero il comportamento irresponsabile di uno dei
coniugi sia citato come prova dell’irreversibile rottura del matrimonio. La “colpa”
riconosciuta nel procedimento di divorzio, tuttavia ha conseguenze sugli aspetti economici
del divorzio stesso solo in ipotesi particolarmente gravi.
2. In caso di divorzio è possibile stabilire un contributo a favore di uno dei coniugi?
IT – Sì, nel caso in cui vi sia un coniuge che non abbia mezzi adeguati o comunque non
possa procurarseli per ragioni oggettive (art. 5 L. 898/1970).
EN – Sì, nei procedimenti economici collegati al procedimento di divorzio, la Corte ha ampi
poteri di disporre oneri economici nei confronti dei coniugi, salva la puntualizzazione di cui
al punto che precede.
3. Come si stabilisce il contributo al mantenimento dell’ex coniuge “debole”?
IT – Il tribunale tiene conto: 1) delle condizioni dei coniugi; 2) delle ragioni della decisione;
3) del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla
formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune; 4) del reddito di entrambi; 5)
della durata del matrimonio (art. 5 L. 898/1970).
EN – La Corte prende in considerazione tutte le circostanze del caso, valutando
primariamente gli interessi dei figli. Normalmente la Corte tenta un accordo cercando di
addivenire a una soluzione, definita “clean break”, che non comporti il pagamento mensile
di un assegno. In ogni caso, nel determinare il quantum, la Corte prende in considerazione i
medesimi aspetti già annotati in tema di separazione, tra cui principalmente: le risorse
finanziarie delle parti, i loro bisogni, il tenore di vita durante il matrimonio, l’età di ciascuno
dei coniugi e la durata del matrimonio.
4. Può essere stabilito un assegno una tantum all’ex coniuge? E ai figli?
IT – Sì, ma solo se c’è accordo tra le parti. No per i figli, anche se i genitori sono d’accordo
(art. 9 bis L. 898/1970).
EN – Sì, la Corte ha il potere di attribuire una somma una tantum in favore dell’ex coniuge
o dei figli, anche nel disaccordo delle parti.
5. Come si stabilisce il contributo al mantenimento del figlio minorenne? È possibile
stabilire un contributo al mantenimento del figlio maggiorenne?
IT – Cfr. supra in tema di separazione.
EN – Cfr. supra in tema di separazione.
6. È possibile assegnare la casa coniugale?
IT – Cfr. supra in tema di separazione.
EN – Cfr. supra in tema di separazione.
7. Quali sono le conseguenze del divorzio sui diritti ereditari?
IT – Il coniuge divorziato non ha diritti ereditari sul patrimonio dell’ex coniuge defunto.
Tuttavia, al coniuge titolare di un assegno di divorzio, può essere attribuito dal Tribunale,
dopo la morte dell’ex coniuge, un assegno periodico a carico dell’eredità che non spetta in
caso di liquidazione una tantum (art. 9 bis L. 898/1970).
EN – Non esiste l’istituto della successione necessaria, sicché ciascuno può decidere
liberamente a chi attribuire il proprio patrimonio in caso di morte (esiste invece l’istituto
della successione legittima, con norme paragonabili a quelle italiane). L’ex coniuge
sopravvissuto o i figli non hanno diritti ereditari sul patrimonio dell’ex coniuge defunto, a
meno che non versino in stato di bisogno. In questo caso la Corte può stabilire un onere a
carico dell’eredità.
8. Quali sono le conseguenze del divorzio sul patrimonio in comune?
IT – Si seguono le regole comuni del diritto civile.
EN – Come nel giudizio di separazione, la Corte ha il potere di trasferire da un coniuge
all’altro diritti reali o patrimoniali (cfr. supra).
9. È possibile per il coniuge “debole” ottenere la proprietà di un bene appartenente
esclusivamente all’altro coniuge?
IT – No, vengono seguite le regole del diritto civile. Il Giudice non può trasferire d’autorità
la proprietà o altro diritto reale sui beni, può solo disporre in ordine all’assegnazione
temporanea della casa coniugale, cfr. supra.
EN – Sì, come nel giudizio di separazione, la proprietà legale di un bene non può limitare il
potere della Corte di ridistribuire il patrimonio.
Si ringraziano per la collaborazione: Suzanne Todd, Peter Burgess, Natalie O’Shea e lo
studio legale Withers LLP.
Avv. Anna Galizia Danovi
Presidente del Centro per la riforma del diritto di famiglia

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