Scheda film

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Scheda film
YOUTH . la giovinezza Regia e sceneggiatura: Paolo Sorrentino Fotografia: Luca Bigazzi Musica: David Lang Interpreti: Michael Caine, Harvey Keitel, Jane Fonda, Paul Dano, Rachel Weisz Anno: 2015 Durata: 118 minuti (…) L’idea della fugacità del tempo, della conturbante potenza e insieme
della fragilità della giovinezza non cesserà mai di affascinare l’espressione
artistica in ogni sua declinazione. Sorrentino padroneggia con levità e
rigore questa materia trattata già infinite volte, facendola propria senza
prolissità, (…) con uno sguardo spesso volto a rintracciare il surreale nel
quotidiano; una realtà popolata da personaggi straniati o stranianti costretti
a cercare un equilibrio segreto e salvifico nel fondo di se stessi o un senso
(ultimo, definitivo?) delle cose.
In Youth, attraverso una ammaliante lucentezza formale, prendono corpo
con la necessaria e disincantata ironia da un lato l’amarezza e il rimpianto,
dall’altro il desiderio e l’impulso, tutto positivo e fecondo, a continuare a
lottare, a reagire, a creare. I protagonisti del film, gli amici di vecchia data
Fred Ballinger e Mick Boyle (rispettivamente Michael Caine, freddo e
compunto, e Harvey Keitel più gioviale e vivace) sono due poli
complementari, due opposti che si bilanciano. Fred è un noto compositore
e direttore d’orchestra che ha deciso di ritirarsi dalle scene, esacerbando la
sua durezza e aumentando sempre più la distanza che lo separa dalle
emozioni e dagli affetti, distanza che solo a tratti la figlia Leda (Rachel
Weisz) e l’amico Mick riescono a colmare. Quest’ultimo, regista
cinematografico, è invece ancora convinto della necessità di gettarsi a
capofitto nel lavoro che lo appassiona, e assieme a un gruppo di
sceneggiatori lavora entusiasticamente al suo nuovo film.
I due amici trascorrono insieme un periodo di riposo in un lussuoso
albergo svizzero, dove alternano sedute di massaggi, bagni in piscina e
passeggiate nel verde. Questo non-luogo dorato, dove il tempo sembra
essersi fermato, fa da sfondo alle loro riflessioni sulla vita passata e su un
presente che appare sempre più impalpabile e fuggevole. Attorno a loro,
una “fauna” interessante e a volte misteriosa che Sorrentino fotografa con
straordinario acume, con il suo sguardo teso tra una viva esigenza di
realismo e la tentazione, tutta felliniana, alla visione magica e
straordinaria.
Dovendo scegliere tra l’orrore e il desiderio, per citare una delle riflessioni
del film, Sorrentino preferisce dunque raccontare il desiderio, elemento per
forza di cose associato alla giovinezza, sempre perduta e inafferrabile
come quei sinuosi e perfetti corpi di donna che incantano – in sonno e in
veglia – la mente dei protagonisti. Ma è un desiderio, questo, che si nutre
verosimilmente anche di sottili inquietudini, che si manifestano in forme
ora grottesche (memorabile la comparsa di “Hitler” al ristorante
dell’albergo) ora liriche, come nella simbolica, meravigliosa e angosciante
scena sognata da Fred, dove la giovinezza non è altro che una donna altera
e sensuale, che dopo averlo sfiorato in un gesto carico di promesse, lo
abbandona rapidamente mentre l’acqua che era ai suoi piedi – fino a quel
momento placida, quasi immobile – improvvisamente gli sale alla gola.
La seducente perfezione stilistica, la brillantezza nitida della fotografia e
l’uso accurato e sempre coinvolgente del commento sonoro caratterizzano
il cinema di Sorrentino pressoché nella sua interezza; con Youth i dialoghi
si fanno sempre più asciutti e taglienti, imbevuti di quelle note umoristiche
squisitamente mordaci che, associate alla maestria degli interpreti,
stemperano i toni più dolenti e sofferti di questa commovente riflessione
sul tempo che fugge, depurandola da ogni residuo di pesantezza e
facendola librare nella trasparenza dell’aria.
Ma nel film non ci sono solo gli abissi di pensiero spalancati dal sapore
delle madeleine. L’amore e l’incapacità di amare, la delusione, il
tradimento, l’egoismo; la disamina terribilmente negativa del mondo del
cinema (eccezionale Jane Fonda nel ruolo della diva “traditrice”,
consumata e sopra le righe) assieme alla riflessione sull’arte e sulla
creatività; l’infanzia come isola incorrotta di purezza, gentilezza e
sincerità; il dilemma insolvibile tra la necessità di sporcarsi le mani e di
soffrire, che accompagna l’istinto di amare e combattere, e la tentazione di
rinunciare, negarsi, appartarsi, finendo per rifiutare in blocco tanto la gioia
quanto il dolore. Un corpus di temi ottimamente amalgamati e orchestrati
insomma, che fanno di quest’opera uno dei tasselli più complessi del
cinema di Sorrentino. (…)
Arianna Pagliara - cinecriticaweb