Michelangelo Buonarroti
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Michelangelo Buonarroti
111007_Szyszko, Michelangelo Buonarroti, Pagina 1 di 8 Michelangelo Buonarroti Se Leonardo da Vinci fu considerato l'artista-scienziato per eccellenza; Michelangelo fu considerato un vero e proprio “creatore”, poiché egli non si fermava alla semplice imitazione della natura ma ebbe una propria autonomia creativa. Michelangelo nacque a Caprese, in Val Tiberina il 6 marzo 1475, dal padre originario di Caprese e dalla madre, Francesca di Neri. Egli ebbe da bambino una formazione umanistica, nella scuola di grammatica di Francesco Galatea da Urbino. Fu scoperto da un artista che lo convinse a intraprendere gli studi artistici e quindi a 13 anni entrò nella bottega di Domenico Ghirlandaio; la famiglia era però contraria alla vocazione artistica del fanciullo. Michelangelo entrò nella bottega del Ghirlandaio e firmò un contratto di 3 anni. Generalmente si entrava in bottega a 7 anni e al primo anno gli apprendisti non percepivano stipendio, dovevano solo apprendere le tecniche elementari del mestiere, poiché non erano in grado di aiutare i maestri. La prima cosa da imparare era il disegno, che si faceva con una punta d’argento o a penna su carta d’orata; poi si dovevano affrontare le opere del maestro, si doveva inoltre studiare la prospettiva e l’anatomia. Michelangelo, invece, fu messo subito a dipingere. Non vi era un buon rapporto fra Michelangelo e il Ghirlandaio; Michelangelo aveva un carattere scontroso, tipico dei geni. Infatti, successivamente egli non avrebbe mai avuto aiutanti, era destinato a una vita solitaria. Michelangelo però non si formò nella bottega del Ghirlandaio, ma considerò “suoi maestri” e modelli Giotto e Masaccio, appartenenti al passato. Copiò gli affreschi di questi due artisti e studiò la scultura degli Antichi, forse sotto la guida di Bertoldo di Giovanni, discepolo diretto di Donatello, ed infine anche quella di Donatello stesso. Durante la sua vita egli mutò le proprie concezioni sull'arte. All'inizio come tutti gli artisti rinascimentali era convinto sul punto dell'imitazione della natura e sul raggiungimento della bellezza attraverso l'indagine scientifica. Questo però non gli bastò, egli considerò l'arte, come l’espressione dei sentimenti e delle idee dell’artista. Inoltre era convinto che la fantasia dell'artista fosse capace di dare vita a una bellezza superiore, mentre l'uomo era per lui la cosa più bella del creato, poiché specchio della bellezza divina. Nella sua personalità convissero però due aspetti contrastanti: l’angoscia per il destino mortale dell’uomo e l’aspirazione alla perfezione divina. Successivamente l'aspetto centrale della bellezza scomparve un poco dalle produzioni dell'artista che man mano, diventò più religioso e devoto alla contemplazione divina. Durante il suo soggiorno a Firenze egli lavorò presso la corte di Lorenzo il Magnifico, allora fortemente frequentata da una cerchia di artisti. Nel 1496 lavorò anche a Roma al servizio di papa Giulio II e di papa Paolo III. Egli morì all'età di ottantanove anni, mentre lavorava alla Pietà Rondanini, il 18 febbraio 1564 e perciò la sua vita assai lunga gli permise una larga produzione artistica. 111007_Szyszko, Michelangelo Buonarroti, Pagina 2 di 8 Pietà, 1498-1499 Marmo, altezza 174 cm, lung. 195 cm. Basilica di San Pietro, città del Vaticano. Particolare dell'opera Nel 1498 il cardinale Bilhères, volendo lasciare un ricordo di sé a Roma, incarica l'allora giovane Michelangelo, che aveva già dato prova della sua maestria nella scultura, di realizzare un gruppo scultoreo rappresentante la Pietà. Michelangelo conclude la sua opera in un solo anno, partendo da un unico blocco di marmo. Il gruppo ha una composizione piramidale; Cristo si dispone sul grembo della Vergine, le cui vesti si allargano verso terra. Le pieghe del panneggio e le sue ombre profonde, che ricorda quello di Maria nell'Annunciazione di Leonardo, accentuano per contrasto la luminosità sulla superficie liscia del corpo nudo del Cristo, dando nell’insieme una certa monumentalità. Il corpo del Cristo è accentuato da vene ancora piene di sangue, essendo l'intento dell'artista rappresentarlo nell'immediato momento dopo la morte. Sia le braccia cadenti, che le gambe ciondolanti e il busto sono trattati con un'eccezionale conoscenza della anatomia, che va al di là della perfezione. Entrambi i personaggi hanno un aspetto giovanissimo. Maria non sembra neppure la madre di Cristo, ma piuttosto una coetanea. Il suo volto velato di tristezza, invita chi guarda a provare il suo identico dolore. Esso non esprime la drammaticità del momento, ma è temperato, per non rovinarne la bellezza. Michelangelo propone così di contemplare degli esseri giovani e senza imperfezioni, nei quali si riflette la bellezza di Dio. 111007_Szyszko, Michelangelo Buonarroti, Pagina 3 di 8 David, 15011504 Marmo, altezza 4,34 m Firenze, Galleria dell'Accademia Il Doriforo di Policleto a confronto Nel 1501 l'Opera del Duomo incarica Michelangelo di scolpire per la Cattedrale di Santa Maria del Fiore una statua di David. Si tratta del giovane pastorello, il personaggio biblico che sconfisse il gigante Golia con l'astuzia. A Michelangelo fu messo a disposizione un enorme blocco di marmo, che era già stato manomesso da Agostino di Duccio. Questa, che per i comuni scultori poteva essere una grossa difficoltà, non ostacolò il lavoro di maestria di Michelangelo. Il David è colto nel momento che precede lo scaglio della pietra, mentre fissa l'avversario valutando le proprie forze rispetto alle sue, nel momento di massima concentrazione fisica e psicologica. Ciò si percepisce già dallo sguardo, le sopracciglia sono aggrottate, il braccio sinistro ripiegato, la fionda sulla spalla, la pressione del polso che prepara il sasso. I suoi muscoli sono in tensione e le mani nervose e scattanti, con le vene in superficie. La citazione al Doriforo di Policleto è ben evidente: si ha la stessa postura, il chiasmo e il contrapposto, ma nonostante la somiglianza, Michelangelo supera il suo modello di imitazione, grazie alla conoscenza dell'anatomia scientifica. Non è solo per un fatto di percezione visiva, ma la testa e le mani sono sovradimensionate, un aspetto che accentua il carattere dell’eroe biblico. La superficie della scultura è perfettamente levigata. La figura del David fu, oltre che un' opera di grande prestigio, anche il simbolo della mentalità dell'uomo cinquecentesco. Il ragazzo viene rappresenta in procinto di scagliare la pietra: tutti sanno che lo farà, così come tutti dovranno sapere che in caso di attacco la difesa della repubblica fiorentina sarà valorosa ed energica. Questo è il motivo per cui, in seguito alla conclusione dell'opera fu deciso che la statua fosse collocata non più nel Duomo, a dinanzi al Palazzo Vecchio, sede del potere cittadino, diventandone il simbolo. Inoltre egli è rappresentato nudo, così come un eroe mitologico, simile a Ercole che era una fra le immagini predilette dei 111007_Szyszko, Michelangelo Buonarroti, Pagina 4 di 8 Tondo Doni, 1504 Tempera su tavola, diametro 120 cm Firenze, Galleria degli Uffizi Medici, a cui Michelangelo prestava servizio. Così come nell'età classica, il nudo è simbolo dell'uomo armato solo delle proprie virtù e quindi che sfrutta le proprie energie interiori, la sua ragione. È un personaggio che vuole vivere da protagonista. Questa rappresentazione ha un senso essenzialmente politico, poiché diviene il protettore di Firenze, all'epoca la città più ricca d’Europa con un reddito pro capite maggiore di tutta l’Inghilterra. È manifestazione di forza vera, cioè la virtù, che ogni cittadino fiorentino doveva possedere, poiché erano proprie queste le condizioni necessarie per la difesa della libertà e perché esse danno dignità all'uomo. Il David è quindi la metafora dell’uomo che, attraverso l’intelletto, vince sulla forza, espressione dell’ideale rinascimentale di uomo capace di realizzare liberamente il proprio destino. Dopo aver accettato l'invito di Giulio II di recarsi a Roma, Michelangelo dipinse intorno al 1504 l'unica tavola finita che di lui conosciamo, una Sacra Famiglia, nota anche come Tondo Doni. Probabilmente questa opera gli fu richiesta in occasione del matrimonio tra il mercante fiorentino Doni con Maddalena Strozzi. Nel dipinto vengono raggruppati i componenti della Sacra Famiglia: Maria, Giuseppe e Gesù. Michelangelo qui riprende lo schema piramidale, quasi Leonardesco, però ne rivoluziona la composizione: al livello convenzionale, i bambini sono posti davanti, a terra. Nella tradizione Gesù e Giovanni sono in primo piano che giocano, Giuseppe è sulla punta della piramide e Maria guarda i due bambini giocare. In questo caso invece Maria è in primo piano su un prato, dietro a cui Giuseppe tiene il piccolo Gesù. Al di là della famiglia, dietro un parapetto San Giovannino osserva Gesù con, alle spalle, una serie di uomini nudi. La rappresentazione è simbolica:è il passaggio dal mondo pagano, ovvero le figure lunghe sullo sfondo, all’umanità rigenerata da Cristo. Giovanni Battista è 111007_Szyszko, Michelangelo Buonarroti, Pagina 5 di 8 Biblioteca Laureziana, 1524 Firenze, complesso della Basilica di San Lorenzo. La sala di lettura l’unico che guarda verso il salvatore e fa da legame fra i due mondi, essendo colui che è chiamato a preparare la strada alla predicazione del Cristo. In particolare vediamo la torsione della Madonna che provoca movimenti contrastanti e asimmetrici. Ella alza le mani sopra la spalla destra, lasciando cadere il libro che stava leggendo , sul manto appena teso tra le gambe, per prendere Gesù bambino da Giuseppe. Quello che risulta a livello percettivo è un gruppo plastico, , i contorni sono netti e marcati, i colori brillanti, i corpi sono trattati in maniera scultorea e chiaroscurati. Se la scena famigliare segue un andamento elicoidale, d'avvitamento verso l'alto, i giovani nudi accennano invece, a dei movimenti orientati in senso orizzontale. Le ginocchia di Maria in primo piano e il blocco compatto e spinto indietro del Figlio e dello sposo, configurano una superficie emisferica. Un secondo emisfero è accennata in profondità dalle figure nude. Complessivamente, pertanto, il dipinto suggerisce uno spazio pittorico sferico, contenuto entro una cornice circolare. Michelangelo non si concentra tanto sul paesaggio, quanto sulla raffigurazione del corpo umano: l'uomo è al centro della sua attenzione. La biblioteca Laurenziana fu costruita con l'intento di conservare i libri di casa Medici e a ne fu Michelangelo commissionata la realizzazione. Nel 1536 però Michelangelo decise di lasciare definitivamente Firenze, per trasferirsi a Roma e lasciò incompiuta la biblioteca che fu terminata successivamente da altri artisti. La Biblioteca ha pareti di scarso spessore, contraffortate esternamente per non gravare sulle murature sottostanti. La sala di lettura è un vasto spazio a pianta rettangolare, ritmato da paraste e finestre, avente una copertura piana di legno il cui cassettonato suggerisce una continuità strutturale fra le pareti e le travature orizzontali. Tutto ciò che si trova in questa sala è stato progettato da Michelangelo: dai sedili e tavoli di lettura, che realizzò tenendo conto della corretta postura di un uomo che legge, 111007_Szyszko, Michelangelo Buonarroti, Pagina 6 di 8 Scala di Bartolomeo Ammanati, su disegno e modello di Michelangelo, 1559. (Biblioteca Laurenziana). alle decorazioni del pavimento e del soffitto. Fanno eccezione le vetrate, dipinte da Giorgio Vasari, che hanno come tema l'araldica medicea. Il pavimento presenta disegni in terracotta rossa e bianca, che riprendono la partizione del soffitto. La particolarità di questo interno è infatti la decorazione del pavimento, uguale a quella del soffitto. Sui banchi i codici venivano conservati orizzontalmente nei ripiani inferiori ed erano liberamente consultabili ma assicurati al bancone per mezzo di solide catene. I manoscritti erano suddivisi a seconda della materia (filosofia, storia, grammatica, retorica, ecc.). La sala avrebbe dovuto concludersi con uno spazio trapezoidale, mai costruito e destinato alla conservazione dei libri rari. Nel Vestibolo Michelangelo divide le pareti in due ordini sovrapposti tramite cornici orizzontali. Alle colonne binate corrispondono superiormente delle coppie di paraste. Le colonne sembrano poggiare su dei mensoloni la cui funzione è invece decorativa. Quasi tutto lo spazio interno è però occupato dalla scalinata, realizzata a causa del dislivello tra il vestibolo e la sala di lettura. Si tratta di una scala tripartita, progettata per essere costruita con il legno di noce, che venne successivamente sostituito per volere di Cosimo I, dalla pietra serena con la quale fu realizzata da Bartolomeo Ammanati. I gradini centrali di forma ellittica, fanno assomigliare lo scalone a un fiume in piena che si allarga dando vita a tre vie. Le due laterali, con i gradini squadrati e senza balaustra, si raccordano a quella centrale dove invece domina il tema della curva. In cima allo scalone abbiamo il portale che ci permette di accedere alla biblioteca. Sopra al portale abbiamo un timpano che è gettante, va in avanti alle colonne binate ai lati. 111007_Szyszko, Michelangelo Buonarroti, Pagina 7 di 8 Piazza del Campidoglio, Roma. 1537 (iniziata nel 1453 da Rosellino) Cupola della Basilica di San Pietro, Roma. Nel 1537 Michelangelo fu incaricato di sistemare la piazza del Campidoglio a Roma, dove papa Paolo III aveva deciso di trasferire la statua equestre di Marco Aurelio. Il colle capitolino dal XII secolo ospitava la sede del governo cittadino, ivi sorgevano il palazzo senatorio, sede dell’istituzione del comune, alle cui spalle si stendeva il Foro Romano e il palazzo dei Conservatori, ovvero dei magistrati, a ridosso della Rupe Tarpea. I due sono posti rispettivamente a Est e a Sud, formando un angolo acuto. Michelangelo trasformò il luogo arricchendolo di reperti che evocavano la gloriosa storia romana. Egli aveva ideato una piazza trapezoidale per raccontare i due palazzi e, per delimitarne il perimetro realizzò ex novo il Palazzo Nuovo, simmetrico rispetto a quello dei Conservatori, contro la vetta collinare dominata dalla Chiesa di Santa Maria Ara Coeli. Inoltre i due edifici già esistenti furono ristrutturati, Michelangelo modificò il prospetto dei due palazzi longitudinali, rivestendoli con materiale marmoreo e quindi gli dando loro un aspetto più solenne arricchito da un salone a doppia rampa, posto sulla facciata del palazzo senatorio. Una balaustra ornata di statue corona i tre edifici unendoli e procurando loro levità. La piazza era stata concepita come un cannocchiale prospettico e il disegno del selciato fu realizzato per creare un effetto di movimento ed espansione. I lavori si prostrassero fino alla metà del secolo successivo, ma il disegno stellare a intreccio entro un ovale che si irradia dal centro, fu eseguito solo nel 1940. Tale ovale riconduce lo spazio trapezoidale a una geometria accentrata. Al centro della piazza fu collocato il monumento equestre di Marco Aurelio. Questa statua fino ad allora era posta davanti alla Basilica di san Giovanni in Laterano. Dalla piazza stessa si dipartono cinque strade, tra cui una cordonata che unisce la piazza alla città. L'accesso alla piazza è dato dalla lunga scalinata, anch'essa progetto di Michelangelo, chiamata “Cordonata”. 111007_Szyszko, Michelangelo Buonarroti, Pagina 8 di 8 Michelangelo però non vide mai il compimento della propria opera, in quanto morì nel 1564. Dopo la morte di Bramante, il progetto della Basilica di San Pietro fu dato in mano a Raffaello. Nel 1547 Paolo III incaricò di questo compito Michelangelo. Dopo aver eliminato le aggiunte degli artisti che lo avevano preceduto, e propose una pianta centrale, limpida nella concezione e dall'interno luminoso. Diede il proprio contributo inoltre alla cupola che, come quella di Santa Maria del Fiore, è a doppia calotta ed è conclusa da una lanterna dove si ripete il motivo delle colonne binate del tamburo.