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Echi dell’UCITecnici
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Notiziario dell’Unione Cattolica Italiana Tecnici – Fondato da Mario D’Erme
nuova serie, n. 20 monografico, gennaio 2014 – a cura della Presidenza nazionale
LA SAGRADA FAMILIA
Il capolavoro di Antoni Gaudì
di Pietro Samperi
Papa Benedetto XVI ha indetto, alla fine del
2012, l’ANNO DELLA FEDE, per invitare i fedeli a
un’“autentica e rinnovata conversione al Signore, unico salvatore del mondo, auspicando che l’iniziativa
susciti in tutti i credenti l’aspirazione a confessare la
fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza. Sarà un’occasione propizia anche
per intensificare la celebrazione della fede nella liturgia. Nel contempo, auspico anche la testimonianza di
vita dei credenti attraverso momenti pubblici di vario
genere atti a favorire il cammino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia e il
rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo”.
Nel quadro delle iniziative concrete per celebrare questo evento, l’UCITecnici ha scelto come simbolo della sua partecipazione la Sagrada Familia di
Barcellona, tempio che è più di una chiesa, in senso
tradizionale, ma anzitutto l’opera di un credente, Antoni Gaudì, che ha saputo trasfondere nella forme e nei
particolari decorativi di questo capolavoro l’intensità
della sua fede e fornire ai fedeli l’ispirazione per esaltare la pratica e le manifestazioni del proprio credo.
Al fine di sostanziare questo proposito, l’UCIT
ha organizzato una mostra, ospitata nel chiostro della
Facoltà di Ingegneria dell’Università La Sapienza di
Roma, e curata dalla “International Exhibition Service
srl – Meting Mostre”, con sede a Rimini. La mostra, a
carattere itinerante, è costituita da 27 pannelli, divisi in
8 sezioni, nei quali sono riportate brevi descrizioni della storia e dei contenuti dei pannelli, accompagnati da
relative illustrazioni fotografiche.
La mostra è stata inaugurata il 7 novembre
2013, terzo anniversario della consacrazione da parte
di Benedetto XVI.
La mostra nel chiostro della Facoltà di Ingegneria della Sapienza
Un’immagine della facciata più antica della Natività (nordest) e, a sinistra, il fianco della navata del Tempio.
Da un sommario esame si può pensare trattarsi solo dell’esposizione di fotografie di una chiesa, a
prima vista caratterizzata soprattutto dal lunghissimo
tempo trascorso dall’inizio dei lavori (1882) alla consacrazione (2010), a lavori non ancora compiuti. Vi è
però un insieme di vicende e caratteristiche che consentono già di definire quest’opera un “miracolo”.
All’inaugurazione della mostra, presenti il preside e professori della Facoltà, associati dell’UCIT e
studenti; nel clima di queste circostanze non sono riuscito ad afferrarne bene contenuti e significati, ma ho
compreso che meritavano più attenzione, per cui il
Gennaio 2014
(segue da pag. 1)
Notiziario dell’Unione Cattolica Italiana Tecnici
giorno seguente,un tranquillo sabato, sono tornato, rimanendovi l’intera mattina. Dopo una panoramica dei
pannelli, ripensando alle impressioni delle 4 visite precedenti, dal 1970 al 2000, ho potuto percepire meglio
l’impressione che in questa opera, dalle forme architettoniche alle suggestive decorazioni scultoree (all’interno anche colorate), vi sia qualcosa di magico, al di là
delle prime impressioni positive di un’architettura accompagnata da originali sculture, che si evolvono nel
taglio della pietra andando dalla porta più antica, della
Natività, all’ultima, della Passione, mantenendo una
continuità spirituale di tradizione e modernità.
Gaudì attinge alle esperienze del patrimonio
artistico europeo, che arricchisce con le forme originali
del suo estro creativo. La continuità stilistica fra le parti iniziali e attuali di quest’opera, che non è una chiesa
tradizionale, ma un monumento, ispira all’esterno come all’interno, profondi sentimenti di fede, che l’autore ha voluto e saputo infondere nei visitatori. Ho percorso più volte la serie dei pannelli, scoprendovi sempre qualcosa di nuovo, non tanto nel contenuto, quanto
nelle meditazioni profonde che mi suggeriva. Per comprendere appieno l’opera di Gaudì occorre conoscere
la grande fede che lo ha sempre animato, ispirando, in
particolare, la realizzare della Sagrada Familia.
Ho ripensato a un giudizio di Renato Bonelli,
noto storico d’arte, che ha condotto una lettura critica
approfondita delle opere di Gaudì. Pur ricordando osservazioni stilistiche mosse alla Sagrada Familia, egli
riconosce che l’opera concepita quasi per non essere
mai conclusa, trova nella sua stessa paventata incompiutezza la condizione del suo valore espressivo. E Bonelli aggiunge che, per una completa comprensione, è
anche necessario sollevarsi da aspetti puramente formali, per attingere all’umanità che essi esprimono, ricordando anche quanto affermato da Le Corbusier, che
l’opera di Gaudì “resta e resterà perché ha toccato il
cuore sensibile degli uomini”.
Mi sono ricreduto e pentito delle mie esitazioni
di carattere organizzativo quando alcuni amici dell’UCIT mi hanno proposto di organizzare la mostra,
ma ora sono lieto - e li ringrazio - di aver insistito e
realizzato questo evento. Ulteriore aspetto positivo è il
suo riferimento non solo all’Anno della fede, che terminerà alla fine di novembre, ma anche la dedicazione
della chiesa alla “sacra famiglia”, richiamo all’istituzione che per i cattolici è alla base dell’organizzazione
della società, purtroppo in questo momento oggetto di
attacchi intesi a demolirne valori e significati.
Nelle pagine seguenti cercherò, attraverso una
breve rassegna della mostra, cui vorrei dare anche una
funzione di guida, di far conoscere questa opera, che
dimostra ancora una volta come la Chiesa, attraverso
qualificati testimoni, sia capace di realizzare opere nelle quali la bellezza autentica può raggiungere livelli
eccezionali. Ciò potrà prepararci per un prossima, nuova visita che l’UCIT intende fare a Barcellona.
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Organigramma dell’UCITecnici
Presidente: prof. ing. Pietro Samperi
Consiglio direttivo nazionale:
* membri del comitato centrale
arch. Emidio Alimonti
*arch. Bartolomeo Azzaro
*prof. arch. Sandro Benedetti
*ing. Cesare Bifano
prof. dott. Claudio Botrè
*ing. Donato Caiulo
arch. Ilaria Pecoraro (sez. Brindisi)
*arch. Annalisa Ciarcelluti
dott.ssa Mariella D’Erme
*arch. Salvatore Fallica (segretario generale)
prof. ing. Amedeo Gargiulo
prof. ing. Fabrizio Leccisi (sez. Napoli)
ing. Vincenzo Tuccillo (sez. Napoli)
ing. Romano Moscatelli
*prof. Francesco Nuvoli (sez. Sassari)
dott. Pietrangelo Giordano (sez. Sassari)
*prof. arch. Paolo Portoghesi
*arch. Giuliana Quattrone (sez. Reggio Cal.)
arch. Giuseppina Ursino (sez. Reggio Calabria)
*prof. ing. Gianludovico Rolli
Ing. Michele Rossi
*Prof. Arch. Tommaso Scalesse
Prof. Arch. Gianfranco Spagnesi
Arch. Luciana Vagnoni
Consulente teologico: Mons. Ottavio Petroni
Il contributo associativo (minimo) annuo per il
2014 rimane di:
- € 50 per i sostenitori;
- € 25 per gli aderenti; -€10 per studenti e
simpatizzanti (anche in francobolli, per spese di
stampa e postali.
Versamenti attraverso c/c postale n. 61993267 o
bonifico bancario cod. IBAN:
IT07 I076 0103 2000 0006 1993 267, intestato:
UCITecnici, Via G.Segato, 31 – 00147 Roma.
Stampa a cura di Arti Grafiche La Moderna,
via di Tor Cervara, 171 - 00155 Roma
Tel. 0622796348, Fax 062295916
email: [email protected]
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SOMMARIO:
pag. 1.
“ 3.
“ 3.
“ 4.
“ 6.
“ 11.
“ 11.
“ 13.
“ 14.
La Sagrada Familia e il capolavoro di Gaudì
Breve rassegna della mostra
Cenni storici su Gaudì e la Sagrada Familia
Il progetto della Sagrada Familia
L’esterno
Le torri
L’interno
Prospettive per il futuro
La consacrazione della Sagrada Familia
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BREVE RASSEGNA DELLA MOSTRA
Cenni storici su Gaudì e la Sagrada Familia
Nel 1866, il libraio José Bocabella fonda a Barcellona
l’Associazione Spirituale dei Devoti di San Giuseppe,
che il Papa (1870) proclama Patrono universale della
Chiesa. Sono anni difficili per la Chiesa, domina una
diffusa apostasia. Bocabella e i suoi amici decidono di
costruire un tempio espiatorio dedicato alla Sagrada
Familia, sul modello del Santuario di Loreto visitato da
poco, finanziato con le offerte di chi vuole espiare i
peccati. Il 19 marzo 1882 è posta la prima pietra.
In nome di Dio Onnipotente, invocata la grazia e la
benedizione della sua Onnipotenza: in onore di Suo
Figlio divino, il Signore Gesù Cristo e nel dovuto onore alla Sacra Famiglia. Essendo Sommo Pontefice
Leone XIII nel 4° anno di pontificato e vescovo della
diocesi. Nel regno di Alfonso XII.
Oggi 19 marzo 1882, festa di san Giuseppe, sposo della Madonna, patrono della Chiesa Cattolica, per iniziativa di José Bocabella, per costruire questo monumento, coadiuvato dall’associazione spirituale dei devoti di S. Giuseppe, fondata in Spagna dallo stesso Bocabella, si pone la prima pietra di questa chiesa espiatoria, opera a maggiore onore e gloria della Sacra Famiglia. Ridesti dalla loro tiepidezza i cuori addormentati, esalti la fede, dia calore alla carità, contribuisca
a che il Signore abbia pietà del Paese e che questo,
spinto dalla tradizione cattolica, pensi, dedichi e pratichi le virtù che, placando le ansie della Santa Sede e
addolcendo i tormenti che la terra dà oggi al Santo
Pontefice, ci conduca puri dalla colpa alla presenza di
Dio per implorare la misericordia e raggiungere la
sua Gloria. Amen.
(dal Cartiglio della prima pietra della Sagrada Familia)
Per comprendere appieno l’opera di Gaudì è utile conoscerne, almeno per accenni, la vita e alcuni aspetti
della personalità alquanto originale, che mutò profondamente dagli anni giovanili, quando si comportava
come un elegante e presto affermato professionista, a
quelli della maturità e della vecchiaia, quando la fede
religiosa ispirò, al di là di ogni riferimento agli stili architettonici del tempo, la sua opera.
Nato nel 1852 a Reus, sulla costa catalana a sud di
Barcellona, in una famiglia di calderai, il cui mestiere
di dar forma al rame riscuote l’interesse di Antoni. La
salute debole ne condizionerà l’infanzia; a 20 anni si
iscrive alla Scuola Superiore di Architettura e 5 anni
dopo diviene architetto. Il successo è rapido, gli incarichi non mancano, finché l’incontro con il ricco industriale Eusebi Guell, la cui intensa fede cattolica,
sensibilità sociale e amore per la bellezza contribuiscono alla sua formazione spirituale e artistica. Guell diviene il suo mecenate, aprendogli definitivamente la
strada del successo.
Ma Gaudì, rivalutato con le sue opere solo intorno agli
anni ’50 del secolo scorso dagli storici dell’architettura, non può essere additato solo come uno dei più geniali innovatori dell’architettura moderna, ma, secondo
quanto ritenne anche Le Corbusier, come un profondo credente che ha saputo esprimere, attraverso forme
architettoniche originali, arricchite con sculture e colori, qualcosa di più di tradizionali opere edilizie, capaci
di far scoprire i contenuti e i significati spirituali che
intendeva trasmettere in chi crede. Per raggiungere tali effetti si valse delle straordinarie possibilità plastiche
offerte dal cemento armato per realizzare strutture portanti svincolate dalle rigide forme tradizionali, tali da
consentire giochi di volumi sottolineati da forme sinuose ravvivate da elementi ornamentali bizzarri, in
particolare all’interno della chiesa, spesso anche colorati, soprattutto attraverso l’impiego di ceramiche policrome, così da esprimere compiutamente le funzioni
liturgiche che intendono rappresentare.
Le novità e peculiarità tecnico-artistiche dell’architettura di Gaudì si ritrovano anche negli edifici residenziali o nel parco Guell di Barcellona, da lui progettati,
ma non raggiunge i livelli della Sagrada Familia, nei
quali esprime, oltre che una particolare padronanza artistica, una fortissima ispirazione religiosa, non facilmente ripetibile. Essa si manifesta infatti conferendo
sempre alle immagini un significato che va ben oltre la
funzione decorativa, per assumere quella della rappresentazione di episodi storici di carattere liturgico. Ciò è
realizzato attraverso una sapiente integrazione delle tre
arti visive (architettura, scultura, pittura) con la quale
egli riesce a realizzare una “sintesi” che conferisce una
forza plastica alla sua architettura.
Riesce, insomma, a far compiere un salto di qualità
agli stili architettonici tradizionali (romanico, gotico,
rinascimentale, ecc.), arricchendone le rigide, talvolta
anche audaci, forme strutturali o decorative, ma non
confrontabili con i livelli di padronanza che egli raggiunse nell’impiego della pietra, del cemento, del ferro
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nella Sagrada Familia. Suo grande merito fu anche di
trasmettere ai collaboratori tecniche e segreti che, dopo
oltre 80 anni dalla morte, si individuano ancora nella
costruzione di quel capolavoro.
Il progetto della Sagrada Familia
Il primo progetto della Sagrada familia, di ispirazione
gotica, fu dell’architetto diocesano Francisco de Paula
del Villar, che abbandona il cantiere dopo un anno, per
dissidi con Bocabella; l’incarico è affidato a un giovane architetto catalano di 31 anni, Antoni Gaudì.
Egli concepisce un progetto con dimensioni grandiose
in superficie e altezza, in cui si sintetizzerà la coscienza cristiana moderna, carica della storia della Chiesa e
l’arte che la fede ha ispirato nei secoli. Nascerà una
cattedrale che si compirà in un tempo superiore alla
vita umana, come avveniva nel Medioevo. Gaudì, riferendosi a Dio, diceva: il mio cliente non ha fretta.
La chiesa si staglia, con la sua altezza complessiva di
circa 170 m. nel vivo dello skiline del grande quartiere
di espansione “Ensanche”, nato nella seconda metà
dell’Ottocento, a nord-est della città consolidata.
Per seguire i propositi progettuali di carattere spirituale
e liturgico, prima ancora di quelli architettonici destinati a facilitare la realizzazione dei primi, affidiamo la
descrizione del progetto alle parole dello stesso Gaudì.
Il tempio è la casa di Dio, casa di preghiera. Tutti noi
qui riuniti abbiamo in comune lo stesso spirito cristiano che si viveva nelle chiese primitive, nelle catacombe di Roma, quando i cristiani pregavano, proprio come noi, in una cripta. Nel sottosuolo di Barcellona è stato quindi già costruito il primo spazio del
grande tempio che desideriamo vedere realizzato.
In questa cripta sarà venerata la copia della casa di
Nazareht che si trova a Loreto. Dato che il terreno lo
permette, il progetto si svilupperà nella sua totalità su
tutta l’estensione dell’isolato. Sopra la cripta sarà
l’altar maggiore. La pianta sarà basilicale, a croce latina e a cinque navate, che nel transetto saranno tre.
Avrà tre facciate: la principale sulla calle de Mallorca, sarà accessibile da cinque porte, corrispondenti
con le navate del transetto. Chiuderà il perimetro, sul
lato nord, l’abside, le cui mura saranno la prosecuzione di quelle della cripta.
Il tempio sarà accessibile, su ciascuna facciata, per
mezzo di ampie scalinate che, a mo’ di basamento, imprimono agli edifici carattere, grandezza e monumentalità. Armonizzeremo la traccia gotica che condizionava il progetto del mio predecessore, l’arch. Del Villar, con soluzioni che traggono ispirazione dallo stile
bizantino e si adattano all’attuale liturgia cattolica.
Desideriamo che l’insieme del tempio sia un vero e
proprio simbolo, un’opera d’arte in sintonia con ì’epoca in cui viviamo. Lo sviluppo dello studio sul progetto primitivo ci permetterà di utilizzare una ric-
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chezza di elementi paragonabile a ciò che riuscirono a
ottenere i costruttori delle cattedrali medioevali.
All’esterno mostrerà immagini apologetiche e catechetiche, per introdurre i fedeli alla contemplazione del
mondo soprannaturale rappresentato all’interno.
Se nel progetto del mio predecessore un solo campanile s’innalzava dal corpo del tempio, oltre la cupola,
nel nostro progetto da ogni facciata emergeranno 4
torri campanarie, che, nel complesso delle 3 facciate,
rappresenteranno i 12 apostoli.
Al di sopra delle crociere emergeranno 4 torri, intorno
a quella principale, a simboleggiare gli evangelisti.
Nell’abside se ne collocherà un’altra, dedicata alla
Vergine, di altezza intermedia. La torre principale, dedicata a Gesù Cristo, culminerà con la croce a 4
bracci.
(Presentazione del progetto all’Associazione devoti di S. Giuseppe.
Da “Gaudì. L’architettura dello spirito”,Ares, Milano, 2009).
La Sagrada Familia, vista dal centro città,verso la facciata della
Passione, si staglia nello skiline del grande quartiere di espansione ottocentesca “Ensanche”, disegnato nel famoso Piano regolatore di Cerdà, a rigido schema ortogonale, con grandi isolati ad
angoli smussati in corrispondenza dei maggiori incroci viari.
Nella convinzione che la costruzione dell’opera avrebbe richiesto tempi assai lunghi, sia per le sue caratteristiche, sia per il lento flusso dei finanziamenti,
sempre volontari, con l’inevitabile ricorso alle varianti,
Gaudì, iniziò la costruzione, in realtà, con un progetto
di massima, anche se accompagnato da idee piuttosto
chiare per il suo sviluppo, soprattutto in materia liturgica, che si precisava via via che i lavori procedevano,
con un metodo e una tecnica che si evolvevano nel
tempo, con l’assiduo impegno e la presenza continua
dell’autore, i cui meriti anche di “maestro” si rivelarono quando, dopo la sua morte, proseguirono, rimanendo fedeli all’originale stile tipico delle sue opere,
salvo, in questo caso, l’ispirazione religiosa che fa della Sagrada Familia un Tempio-monumento irripetibile.
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In esso colpisce anzitutto la profonda unità fra antico e
nuovo, fra tradizione e modernità; Gaudì attinge al ricco patrimonio artistico europeo e catalano e lo arricchisce con le invenzioni più originali del suo genio creativo. Le forme tradizionali acquistano nuova vita: il
romanico e il gotico (o neogotico), le suggestioni arabe
e il Liberty sono fusi in una sintesi creativa libera e
originale. Egli guardò la natura con tale stupore da ricavarvi forme strutturali utili per l’architettura.
Il primo traguardo fu raggiunto 7 novembre 2010,
quando Benedetto XVI consacrò il Tempio Espiatorio
della Sagrada Familia, destinata a divenire luogo di
preghiera e di bellezza grazie al geniale autore. Riferendosi alla costruzione ormai vicina al completamento
e aperta al culto, il Papa espresse significative parole,
prima che sulle forme, sui profondi significati religiosi.
Il Papa, nell’omelia nella consacrazione del tempio, ha
sintetizzato ed esaltato l’intero progetto affermando:
Gaudì realizzò ciò che oggi è uno dei compiti principali: superare la scissione tra coscienza umana e coscienza cristiana, tra esistenza in questo mondo temporale e apertura alla vita eterna, tra bellezza delle
cose e Dio come Bellezza. Gaudì non realizzò tutto ciò
con parole, ma con pietre, linee, superfici e vertici.
(Omelia di Benedetto XVI alla Consacrazione del 7 novembre 2010)
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La dedicazione di questa chiesa alla Sagrada Famiglia
in un’epoca nella quale l’uomo pretende di edificare
la sua vita alle spalle di Dio, come se non avesse più
niente da dirgli, è un avvenimento di grande significato, Gaudì, con la sua opera ci mostra che Dio è la vera
misura dell’uomo, che il segreto della vera originalità consiste, come egli diceva, nel tornare all’origine
che è Dio. Lui stesso, aprendo in questo modo il suo
spirito a Dio, è stato capace di creare in questa città
uno spazio di bellezza, di fede e di speranza, che conduce l’uomo all’incontro con colui che è la verità e la
bellezza stessa.
(Benedetto XVI, Omelia della Consacrazione)
In questo modo, collaborò in maniera geniale all’edificazione di una coscienza umana ancorata al mondo,
aperta a Dio,illuminata e santificata da Cristo. E realizzò ciò che oggi è uno dei compiti più importanti:
superare la scissione tra coscienza umana e coscienza
cristiana, tra esistenza in questo mondo temporale e
apertura alla vita eterna, tra la bellezza delle cose e
Dio come bellezza. Gaudì non realizzò tutto questo con
parole, ma con pietre, linee, superfici e vertici. In realtà, la bellezza è la grande necessità dell’uomo; è la radice dalla quale sorgono il tronco della nostra pace e i
frutti della nostra speranza. La bellezza è anche rivelatrice di Dio perché, come Lui, l’opera bella è pura
gratuità, invita alla libertà e strappa dall’egoismo.
Il progetto di Gaudì rovescia la struttura tradizionale
delle cattedrali medioevali, che avevano decorazioni
architettoniche e talvolta sculture all’esterno, mentre
all’interno prevalevano le immagini sacre, di maggiori
o minori dimensioni, i “retabli” della tradizione spagnola. Gaudì mette invece i 3 grandi misteri della vita
di Cristo (Incarnazione, Passione, Resurrezione) raffigurati sui portali principali del tempio, mentre il grande spazio interno è costituito da forme architettoniche
piuttosto scarse di murature e consistenti, piuttosto, in
una selva di pilastri, dei materiali più vari (porfido, basalto, granito e anche bronzo) corrispondenti alle numerose torri esterne, che consentono una buona disponibilità di visuali e di luci, naturali, attraverso vetrate
multicolori, o elettriche a luce diffusa indiretta. Una
caratteristica abbastanza originale per la chiese cristiane è l’impiego di decorazioni multicolori, forme naturali, simboli. realizzati preferibilmente in maiolica.
Aiuteranno, con le immagini di questa che è l’ultima
cattedrale d’Europa, le parole di Gaudì e di due testimoni d’eccezione: Papa Benedetto XVI e Joan Maragall, scrittore catalano, amico del grande architetto, il
cui genio poetico colse già all’inizio del Novecento
l’eccezionalità di quanto si andava edificando.
E’ il popolo che fa il tempio della Sagrada Familia per
questo in esso si riflette il suo modo d’essere. E’ un’opera che sta nelle mani di Dio e nella volontà del popolo. Vivendo a contatto con il popolo e rivolgendosi a
Dio, l’architetto svolge il proprio compito. E’ la provvidenza che, secondo i propri disegni, porta a termine
i lavori.
(Antoni Gaudì)
Quando la coscienza della personalità catalana inizia
il suo sviluppo ideale e la città di Barcellona la sua
espansione materiale, dall’oscuro fondo di una tenda
del popolo antico si alza un piccolo uomo con una
grande idea: fare una nuova cattedrale.
(JoanMaragall)
L’interno del Tempio durante la cerimonia della Consacrazione.
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1. Facciata della Gloria
3. Facciata della Passione
Planimetria del primo progetto di Francisco Del Villar, più fedele
all’originaria ispirazione “gotica”.
L’esterno.
La facciata della Natività è la prima parte realizzata
della Sagrada Familia e l’unica interamente progettata
e costruita da Gaudì, il quale non volle proseguire la
edificazione del Tempio in modo uniforme, a partire
dalle fondamenta, ma terminarne una parte significativa, come una facciata, e lasciarla compiuta affinché
non solo la sua bellezza rendesse impossibile abbandonare l’opera, la cui costruzione durerà decenni, ma il
completamento avvenisse secondo il suo progetto, pur
con gli aggiornamenti alle nuove tecniche lavorative.
La facciata rivolta a est sarà dedicata alla nascita, infanzia e adolescenza di Gesù. In Ciascuna delle tre
porte saranno rappresentate scene relative a queste tre
età. Spiccherà nella porta principale l’avvenimento
della venuta di Dio nel mondo. Cori di angeli musici e
cantori circonderanno le tre persone della Sacra Famiglia. Nei fregi vicini alla porta si rappresenterà
l’adorazione dei Magi e dei pastori.
Sulle porte laterali seguiranno rappresentazioni dell’infanzia, tra le quali spiccherà la figura della Vergine Maria e del padre putativo di Gesù, San Giuseppe.
Sopra i tre archivolti e nelle loggette corrispondenti si
collocheranno immagini della vita e della glorificazione della Sacra Famiglia.
(Gaudì, Dalla presentazione del progetto nel 1891)
2. Facciata della Natività
4. Abside
Planimetria del progetto di Gaudì, che impegna un intero isolato
del Piano Regolatore di Cerdà e si estende su quello fronteggiante
con la grande scalinata di fronte alla facciata della Gloria.
Fuori della città, in una di quelle zone incerte tra agglomerazioni industriali e ostentazione di quartieri
ricchi, ancora con i segni delle divisioni dei campi, lì,
come fiore di pietra in un’oasi, si sta innalzando un
tempio. Sembra che si alzi, tutto solo, come un albero
che cresce con lenta maestà. E per albero devono
prenderlo gli uccelli che nidificano e volano cantando
fra le sue guglie che già si levano altissime, dalla base
ancora confusa della navata, nel cielo; e già, come in
un albero, vi hanno nidificato molte generazioni di uccelli e passeranno molte generazioni d’uomini prima
che possa ripiegarsi sulla sua cavità ormai compiuta…
Il tempio che sta nascendo ha già un portale; non ha
porta né copertura ma già ha un portale che guarda
verso il quartiere operaio. Non può ancora accogliere,
ma già compie il gesto, già invita ad entrare e tuttavia
non ti trattiene in uno spazio chiuso.
Non ti spinge. Solo ti invita. Invita le generazioni presenti a comunione con quelle future, con le quali riempiranno le navate, che saranno realizzate, con preghiere che saranno dette.
Come saranno le navate? Come saranno le preghiere?
Che suono avranno i canti nella grandiosa casa della
pietra? Chissà…! Tuttavia il tempio già invita, sicuri
della comunione con quella fede tanto alta. Invita il
portale, volgendosi al quartiere degli operai.
(J. Maragall, “El temple che naix”, 1900)
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La Porta della Carità
La facciata della Natività è articolata in tre porte dedicate alle virtù teologali: quella centrale alla carità,
quella a destra alla fede, quella a sinistra alla speranza. Le sculture furono realizzate, su indicazioni di
Gaudì, fino alla sua morte, da Lorenzo Matamala e
altri artisti da lui guidati. Vi è narrata la nascita e l’infanzia di Cristo e, più in generale, la storia della Sacra
Famiglia di Nazareth. Al di sopra della facciata, quattro campanili sono dedicati agli apostoli Barnaba, Simone, Taddeo e Mattia.
Queste sculture non si limitano a una funzione decorativa, ma si integrano nell’architettura e si fondono
nella natura attraverso forme minerali, vegetali e animali, inserite negli spazi sovrastanti le tre porte, rappresentando scene della storia cristiana. Così descrive
la facciata Joan Maragall nel Diario de Barcelona:
Questo portale è meraviglioso. Non è architettura, è
poesia, vuol parlare. Sembra la terra, la pietra, che si
sforzano di perdere la loro inerzia e vogliono e iniziano già a esprimere significati, a dar confusamente immagini, figure o sembianze del cielo e della terra, con
una specie di borbottio di pietra.
E’ un balbettar di pietra che par dire: Natale. Lì gli
animali più umili della terra, con gli angeli del cielo e
i rami del bosco e l’ombra delle grotte più profonde, e
i simboli grezzi delle idee più elevate, sono sottoposti a
grandi sforzi per vincere e svincolarsi dalla miseria in
cui dormono senza forme, e la vincono e prendono figura e vengono alla luce cantando la creazione come
un’arte di eterno rinnovamento. Come un Natale eterno.
Dalle tartarughe che con le piatte zampe si staccano
con gran fatica da terra, tutto fino alle mistiche palme
trionfanti in altezza, tutto pare che contempli Gesù, il
bambino che sta per nascere, l’eterno bimbo che sempre nasce. Così si presenta il portale di Natale, guardando verso il quartiere operaio. Con il passare dei
mesi nulla ancora giunge al termine; il cielo blu, i
campi, il sole, il vento e gli uccelli coronano con
l’allegria dei loro canti e dei loro voli la lenta formazione del tempio.
Al centro della facciata, le cui forme evocano grotte,
come quella di Betlemme, c’è l’incarnazione, il grande evento che ha rivoluzionato la storia dell’umanità.
La raffigurazione mostra, poggiato su una colonna al
centro del portale, il cuore del presepe, con Maria e
Giuseppe che ammirano Gesù Bambino.
All’estremità della colonna centrale, fiancheggiata da 2
vetrate a colori, una stella e, attorno, più in basso, angeli, pastori e magi. Fra le figure umane, vi sono animali, piante, fiori. Ancora più in alto, l’Annunciazione, con Maria inginocchiata davanti all’Angelo e, ancora più in alto, al culmine dell’arcata del portale, la
Incoronazione di Maria; più in alto, sulla sommità
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del portale, un cipresso, alla cui radice vi è un pellicano e i cui rami sono ricoperti da uccelli. Questa ricchezza di elementi va ben oltre, come già accennato, di
una funzione decorativa, per assumere un insieme di
simbolismi che sono strettamente legati alle origini
della rivelazione religiosa del cristianesimo.
La porta della Fede
Se la porta della Carità è dedicata a Maria,
quella della Fede lo è a a Gesù, che giovinetto rivela la
sua sapienza ai dottori del tempio. Accanto a Gesù,
Zaccaria annota il nome del figlio concessogli da Dio
in vecchiaia: Giovanni, il Battista, colui che per primo
lo riconobbe muovendosi nel grembo della madre Elisabetta, che (a destra della porta) riceve la visita di
Maria. Le raffigurazioni culminano nella Presentazione al Tempio di Gesù bambino, accolto dalle braccia
di Simeone, e richiamano i tre inni con i quali la Chiesa ogni giorno pratica la fede nella liturgia delle ore:
alle lodi mattutine con la recita del Cantico di Zaccaria, ai Vespri, con il Magnificat, in cui Maria è in visita
a Elisabetta; la sera invece la conclusione della giornata riecheggia alla fine delle ore canoniche il cantico
di Simeone.
Nella parte bassa della porta, appaiono Maria e Giuseppe, dietro i quali Gesù è raffigurato carpentiere al
lavoro nella bottega paterna. Sorprende che Dio, facendosi uomo, trascorra gran parte della sua breve esistenza terrena in un’oscura officina della Palestina: è una
valorizzazione incredibile della nostra fatica quotidiana, un’esaltazione inaspettata del lavoro umano che
Cristo opera. Gaudì dimostrò di saperlo bene quando
diceva:
Che ciascuno renda utile il dono che Dio gli ha dato;
la realizzazione di questo è la massima perfezione sociale chi deve realizzare qualcosa non critichi il lavo-
Un esempio dell’evoluzione nel tempo del progetto che mo-stra il
semplificarsi della struttura dei cori e delle dirama-zioni
arborescenti delle colonne, ferme rimanendo le fun-zioni portanti.
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voro altrui, né difenda il suo, ma agisca e diriga la
critica alle proprie opere, per purificarle e migliorarle.
La porta della speranza, a sinistra della porta centrale,è
dominata dallo sguardo amoroso di Giuseppe verso
Gesù, cosciente della responsabilità di chi deve custodire un fanciullo che è il Mistero incarnato, ricambiato
da quello di Gesù verso Giuseppe. Quest’ultimo è l’uomo della speranza. Intorno a lui tre scene ne descrivono la vita drammatica: a sinistra, in basso, la fuga in
Egitto, a destra, la Strage degli innocenti. In alto, sulla porta, il Matrimonio di Maria e Giuseppe: in questo uomo, la speranza di Dio è stata così grande da accettare ogni prova, persino rinunciare all’amore naturale per la donna che aveva scelto come sposa. Per
questo Egli ricompare al secondo livello, alla guida
della barca della Chiesa, di cui è patrono; la lampada a
prua rappresenta la fede, l’ancora la speranza. Il portale della Natività celebra i misteri gaudiosi ed esalta le
figure della Sacra Famiglia, con un posto speciale per
Giuseppe: dall’Associazione dei devoti nasce l’idea del
Tempio, il santo che è il modello dei cristiani nelle difficoltà, quando la fede in Cristo deve affrontare le
prove più ardue.
La facciata della Natività (a nord-est), la più antica del
Tempio, unica parte progettata e realizzata da Gaudì,,
attraverso un fine ricamo scultoreo, che comprende tre
porte, intorno alle quali sono narrate la nascita e l’infanzia
di Cristo.
Facciata della Natività: dedicata a scene della vita di Gesù
giovinetto.
Sopra: nella porta della Speranza, la fuga in Egitto.
A fianco: nella porta della Fede, Gesù dodicenne al lavoro
nella bottega di Giuseppe.
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Particolare centrale della facciata della Passione.
La facciata della Passione, opposta a quella della Natività,e
orientata verso sud-est e il centro della città, mostra l’evo-luzione
verso linee più moderne, senza modificare però né l’impianto della
chiesa né le forme fondamentali.
La facciata della Passione, iniziata nel 1952 su disegno di Gaudì del 1911, raffigura un porticato a 5 archi,
retti da pilastri inclinati, che introduce a 3 portali ed è
sormontata da 4 torri dedicate agli apostoli Giacomo il
minore, Bartolomeo, Filippo e Tommaso. Subirachs
iniziò le decorazioni scultoree nel 1936: le figure, molto squadrate, che suscitarono polemiche, denunciano
l’evoluzione avvenuta nell’oltre mezzo secolo passato
dalla realizzazione della facciata della Natività. Subirachs interpretò la preoccupazione di Gaudì di intendere
la facciata ben diversa da quella della Natività: lì prevale lo splendore, la gioia, qui la desolazione, la morte.
E’ interessante la descrizione sommaria del progetto di
questa facciata ovest, anticipata nel 1881 dallo stesso
Gaudì; essa dimostra come l’ispirazione primaria dell’opera sia stata squisitamente liturgica, con il fine di
costituire l’indirizzo per le successive scelte formali.
Sulla facciata occidentale saranno descritte le scene
del dramma della Passione di Cristo, dall’ingresso
trionfate a Gerusalemme fino alla Crocifissione, che
spiccherà nella colonna divisoria della colonna centrale. Un’iscrizione posta sul capo del Redentore recherà la scritta Veritas: Gesù è la verità nella vita, il
sacrificio e il dolore.
Alcune scene avranno un’iscrizione corrispondente,
come quella della Lavanda dei piedi, che sarà accom-
pagnata dalla parola Vita, che riassume il senso delle
parole “umiltà” e “amore: senza amore la vita non è
possibile perché l’amore ne è l’essenza.
In alto apparirà la raffigurazione dell’Ultima Cena,
con l’istituzione dell’ Eucaristia, e sopra di essa la
Preghiera nell’Orto dei Getsemani, a introdurre le
scene della Passione vera e propria, che verranno poste nelle porte laterali. I tre archi saranno di una nu-
In alto due soldati si giocano a dadi le vesti di Gesù. In basso,
un soldato infila la lancia nella Chiesa, corpo mistico di Cristo.
Notare il taglio più duro e moderno della pietra.
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dità austera e su essi spiccheranno le tragiche scene.
Le porte saranno sormontate da un portico frontale;
più in alto ancora, una galleria sul cui frontone saranno raffigurati, sui due lati, il Leone di Giuda e l’Agnello mistico. All’interno della galleria saranno collocate
le anime pure che attendono la discesa del Redentore
agli inferi per entrare nella gloria; sui lati della galleria staranno i patriarchi e i profeti nella loro uscita
dal limbo. Al fondo di questa galleria, l’impressonante sepolcro vuoto di Cristo risorto. Nel punto dominante delle 2 ali della galleria, che formerà un angolo,
sarà posto il Santo Nome di Gesù, dal quale partirà la
raffigurazione dell’esaltazione della Santa Croce, circondata da angeli, con allegorie dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Nella parte alta della facciata, tra le 4 torri, risplenderà l’Assunzione di Cristo con un corteo di angeli.
Questa rappresentazione, che conferma la divinità di
Cristo, introduce già alla contemplazione della terza
facciata o facciata della Gloria, dove la rappresentazione della vita terrena di Gesù non figurerà più.
Ho progettato la facciata della Passione attuale nel
dolore, nel 1911, quando ero malato a Puigcerdà e
giunsi a una tale debolezza che …ho udito una persona di quelle che mi sostenevano dire: Ha finito!.....
Se avessi iniziato con la costruzione di quella facciata
la gente si sarebbe ritirata … In contrasto con quella
della Natività, decorata, fiorita, turgida, quella della
Morte è dura, spoglia, come fatta d’osso.
(Gaudì. Dalla presentazione del progetto nel 1891)
Le sculture, con una sequenza fedele alla vicenda assai
interessante, la cui lettura richiede però un aiuto interpretativo, decorano la facciata della Passione partendo dal basso e procedendo verso l’alto con un tracciato
a “S”. In basso, a sinistra, è raffigurata l’Ultima cena;
segue il bacio di Giuda e, più in basso, al centro, la
Flagellazione, con Gesù legato a una colonna. Segue
una scena rappresentante i Tradimenti di Pietro, con
l’apostolo accasciato dal dolore per le 3 negazioni precedute dal canto del gallo, come predettogli da Gesù.
Più avanti, Gesù dinanzi a Pilato, che lo presenta al
popolo, abbandonandolo al suo destino e lavandosene
le mani. Segue la Salita al Calvario, accompagnato
dalle donne e dal Cireneo che lo aiuta a portare la croce, mentre Cristo cade a terra. Al centro, Veronica
mostra nel lino il volto di Gesù, a sinistra Longino trafigge il cuore di Cristo: la lancia del soldato s’infila
nella pietra della Chiesa, che simula il suo corpo vivente e martoriato, mentre i Soldati si giocano a dadi
le sue vesti. Intanto Gesù muore sulla croce, sotto la
quale appaiono Maria, Giovanni e la Maddalena. Dal
sepolcro spunta un teschio che ricorda il sacrificio che
vince il nostro destino mortale, restituendoci l’eternità.
Il seppellimento di Cristo mostra Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo che depongono il corpo di Gesù nel
sepolcro, sotto lo sguardo desolato della Madonna ma,
sopra, un uovo ricorda che questa morte è per la vita.
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Fra le torri, una scultura in bronzo mostra Cristo asceso in cielo, Signore dell’universo e della storia. Completano la scultura di Subirachs 3 porte in bronzo, dedicate alla Preghiera di Cristo nei Getsemani, ai Vangeli della Passione e all’Incoronazione di spine.
La porta della Gloria, la terza verso l’esterno e la principale, sul lato sud-est, in via di completamento, avrà
un forte contenuto simbolico con la glorificazione di
Dio. Nel progetto di Gaudì, una grande scalinata verso
l’esterno scende su una piazza costruita demolendo gli
edifici esistenti lungo Calle Mallorca. Essa ha 5 porte,
quante le navate, ed è ac-compagnata dalle 4 torri degli
evangelisti più le 2, im-ponenti, dedicate a Cristo e a
Maria. Altre 2 porte laterali condurranno alla Cappella
del Battesimo e della Confessione. Vi saranno le 2 sacrestie, dalle quali si passerà al presbiterio e ai chiostri,
che corrono senza interruzioni lungo le facciate.
La porta del Rosario
Dall’interno della Chiesa, la porta del Rosario apre sul
chiostro ed è utile per capire come Gaudì intendeva la
decorazione interna della chiesa. Realizzata fra il 1897
e il 1901, unisce la chiesa al chiostro sotto la torre di
San Mattia, presso la facciata della Natività. In questa
porta il tema è l’Ave Maria, le cui frasi s’intersecano
con la superficie scolpita. Sul tim-pano la Vergine del
Rosario, tra Santa Caterina da Siena e San Domenico.
Le montagne dividono, il mare unisce e Gaudì sentiva
l’Italia e la Spagna unite nello stesso compito spirituale verso l’Europa e il mondo. In basso, da una parte
Isacco e Giacobbe, dall’altra Davide e Salomone. Nelle mensole che sostengono queste figure, sono rappresentate 2 tentazioni: a destra un anarchico mentre il demonio gli passa una bomba; sull’altro capitello, una
prostituta, cui viene data una borsa con i soldi. Gaudì
coglie nelle 2 figure, i periodi del suo tempo: una borghesia che per il denaro è disposta a tutto, un proletariato che conosce come alternativa la violenza. Da questa umanità ferita e peccatrice si leva la preghiera a
Maria. Per presentare la formula In hora mortis nostrae (nell’ora della nostra morte) Matamala scolpì la
frase finale dell’Ave Maria; l’uomo che muore nell’abbraccio della Sacra Famiglia fa pensare a Gaudì.
Scorcio di un lato della Sagrada Familia.
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Le Torri
Le numerose Torri che, in alternativa al tradizionale
campanile, dominano da lontano la scena del Tempio,
sono caratteristiche fondamentali del progetto di Gaudì: sono 18 altissime torri, delle quali la maggiore (170
m.), dedicata a Cristo, sovrasterà l’altare principale.
Intorno a essa quelle dei 4 evangelisti: Matteo, Marco,
Luca, Giovanni. La seconda in altezza, sopra l’abside,
è dedicata a Maria. Dodici, a gruppi di 4, sormontano i
3 portali e sono dedicate agli apostoli (Pietro, Matteo,
Giacomo, Filippo, Tommaso, Andrea, Bartolomeo,
Giacomo minore, Giuda Taddeo, Simone lo zelota con
l’aggiunta di Maria - che sostituì Giuda nel collegio
apostolico -, Barnaba e Paolo, grandi evangelizzatori
del 1° secolo). Alle torri sono appesi frutti colorati, segno di fecondità, e scritte di gloria a Dio.
Le torri, in pietra locale del colle cittadino Montjuic,
hanno base quadrata e, salendo, divengono circolari;
all’interno vi sono scale a chiocciola e ascensore. Gaudì, grande appassionato di musica, aveva previsto campane con suoni diversi. In cima, le torri hanno pinnacoli alti 25 m., dei più vari materiali, colori e forme,
che rappresentano spesso anche insegne episcopali, come anello, mitra, croce, pastorale, a ricordare i vescovi
successori degli apostoli che fondarono le prime comunità cristiane.
Le scritte formano una spirale elicoidale che salirà
lungo le torri. Chi le leggerà, pur se non credente, intonerà un inno alla Santissima Trinità, man mano che
ne coglierà il senso: la lettura del Sanctus, Sanctus,
Sanctus lo porterà infatti a volgere lo sguardo al cielo.
(A.Gaudì)
L’interno
Le misure e altre caratteristiche della Sagrada Familia
si possono così riassumere:
-lunghezza 95 m., più 20 di portico e vestibolo;
-asse del crucero (incrocio fra navata centrale e transetto) 60 m.;
-larghezza della navata principale 15 m., di quelle laterali 7,5 m., per un totale di 45 m.
-abside, con 7 cappelle radiali e un deambulatorio sovrapposto alla cripta in stile neogotico (disegnata da
Del Villar e compiuta, secondo l’impostazione originale, da Gaudì);
-altezza delle colonne principali 20 m.; della navata
centrale 45 m.; delle laterali 30 m.; della torre all’interno 80 m.
Gaudì ha voluto dare grande importanza alla musica e
a tal fine previde, soprattutto per le solennità religiose,
oltre a grandi organi, gruppi di numerosissime campane carillon situate nelle torri, con suoni accordati e
modulati, per accompagnare i canti e formare concerti
udibili anche in una vasta area esterna.
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L’interno è dominato da colonne a struttura arborescente; verso l’alto si ramificano e sostengono una copertura, con forme che ricordano foglie e fiori. Le colonne sono di materiali, colori e solidità diversi: le più
alte, di porfido rosso, seguono le grigie di basalto e le
chiare di granito e pietra di Montjuic.
Non meno importante è stata la cura per i giuochi di
luce diurna penetranti attraverso le vetrate colorate,
nonché per la luce serale artificiale, concepiti e realizzati da Gaudì ancora in vita, per essere arricchiti con il
tempo, attraverso apparecchi e tecniche sempre più
perfezionati, seguendo anche in questo campo gli indirizzi del grande maestro.
Si può dire che Gaudì sia riuscito, nella Sagrada Familia, a massimizzare quel felice rapporto che la Chiesa
cattolica, fin dalle origini, ha voluto e saputo instaurare
tra fede e bellezza, chiamando sempre i più grandi artisti a realizzare opere, in tutti i campi dell’arte, capaci
di assicurare i maggiori livelli di bellezza alle espressioni di vicende e personaggi del mondo e dell’umanità.
Per comprendere gli aspetti liturgici e amministrativi,
prima ancora che quelli compositivi e architettonici,
nonché la chiarezza programmatica che animavano
Gaudì, può essere ancora interessante ricordare quanto
da lui stesso affermato già nel 1891 sul progetto della
Sagrada Familia nella presentazione all’Associazione
dei devoti di S. Giuseppe.
Quanto all’interno, pensiamo di dotarlo di un ambiente favorevole alla devozione e fedele alle norme liturgiche. L’altare maggiore sarà collocato sopra la volta
della cripta, sotto l’arco frontale, fra le 2 torri principali, e vi si accederà per mezzo di un’ampia scalinata.
Sull’altare maggiore si adorerà il Divino Crocifisso,
dal cui braccio verticale uscirà una vite, a simboleggiare la parole di Cristo: “Io sono la vite, voi i
tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto;
chi non rimane in me è gettato via come il tralcio e si
secca”. La vite formerà un baldacchino che sarà allo
stesso tempo un lampadario. Cinquanta lampade penderanno da esso, a ricordo della frase del Salvatore:
“Io sono la luce del mondo”, come nel primitivo altare
di San Giovanni in Laterano.
Sopra il lampadario, come prevede la tradizione, vi
sarà un grande baldacchino. Nella volta interna della
torre della Vergine sarà rappresentato l’Eterno Padre,
secondo la visione del profeta che dice: “La veste del
Padre riempie la volta del cielo”. Dal suo manto, che
si estenderà per tutta la cupola, usciranno figure di
cherubini, e in basso sarà collocato un lampadario che
rappresenterà lo Spirito Santo, che, situato tra il Padre, nella volta, e il Figlio, nell’altare, completerà il
simbolo trinitario evocato nel Credo.
Nella torre principale, un altro lampadario, dedicato a
Gesù Cristo, rappresenterà la Gerusalemme celeste….
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La facciata con la porta della Gloria, ancora in costruzione, senza
il rivestimento definitivo e le decorazioni scultoree.
Le 4 colonne della torre principale rappresenteranno i
4 Evangelisti; le colonne intorno a esse simboleggeranno i 12 Apostoli. Quelle più vicine al portale della
Natività e della Passione, saranno dedicate alle diocesi catalane, e quelle della navata centrale, a quelle
di Spagna, America ispanica e Filippine. In alto spiccheranno gli scudi dei Vescovi che avranno contribuito all’opera…
Stiamo studiando il sistema per perfezionare gli stili
gotico e bizantino. Del primo, eliminando masse non
necessarie, cosa che il gotico ha già fatto, sia pure
impiegando archi rampanti a mo’ di “grucce”, creando un’armatura che sostiene i carichi fuori dell’edificio, come uno scheletro che si trovasse fuori del corpo,
la qual cosa è innaturale, nonostante tutti gli abbellimenti che adornano con fantasia archi e pinnacoli.
Stiamo studiando il modo di imprimere agilità e permettere il passaggio della luce, ottenendo la leggerezza tramite l’assenza di masse murarie, mediante un sistema di archi parabolici che conducono le spinte
esattamente fino alle fondamenta. Riprendiamo invece
da quegli stili i contenuti iconografici e simbolici, nonché la ricchezza della policromia che essi derivarono
dall’antichità classica e arricchirono con lo splendore
offerto dalla liturgia cristiana. Nel nostro tempio le
colonne saranno di materiali diversi, a seconda dei
carichi che insisteranno su esse. Le colonne maggiori,
destinate a sostenere la torre principale, saranno di
bronzo, che verrà fuso qui nel cantiere. Nella torre
della Vergine, saranno di porfido e basalto; nelle navate, di granito. Per quanto riguarda le parti decora-
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Le prime torri innalzate e le gru per il completamento.
La parte più bassa delle torri, all’interno della chiesa, sor-regge la
copertura.
tive, useremo un altro tipo di pietra. All’esterno, l’arenaria di Montjuic, molto resistente, che, dopo aver acquisito una certa patina, si combinerà armoniosamente con la policromia degli archivolti delle facciate e
delle guglie delle torri campanarie colorate con bronzo e mosaico veneziano.
All’interno, ad eccezione degli angoli e delle parti
decorative dei finestroni, utilizzeremo pietra di Villafranca, di più facile lavorazione.
L’interno del tempio sarà come un bosco. La struttura
delle navate lo dice e tale rassomiglianza è stata raggiunta senza ricerca apposita. I pilastri sono elicoidali
e leggermente inclinati: elicoidali perché questa è la
forma propria che accoglie il carico superiore, inclinati, perché il carico spinge con una certa inclinazione
proveniente dalle funicolari delle volte e coperture.
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Pilastri e volte interne alla chiesa sorreggono la copertura.
la magnificenza che altrimenti non avrebbe potuto
avere, grazie alla generosità dell’amministratore, il
signor Dalmases (genero di Bocabella) che mi chiese
di spendere per l’opera la maggior quantità possibile
di denaro, temendo che il vescovo di Barcellona lo
destinasse ad altri fini.
Sopra, l’altare maggiore della chiesa, sullo sfondo dell’organo e
dell’abside. Sotto, le vetrate colorate che illuminano la chiesa.
La luce penetra dalle vaste finestre ogivali, mentre lungo il perimetro della chiesa, in posizione sopraelevata,
una balconata accoglie fino a 2000 cantori: la luce e il
canto compiono così la bellezza dell’architettura.
Prospettive per il futuro
Il tempio della Sagrada Familia è stato consacrato, ma
resta ancora molto da compiere. Anzitutto il chiostro
che circonderà la chiesa e la raccorderà con i 4 edifici
che entreranno nel perimetro: il Battistero, la Cappella
dell’Eucarestia e 2 grandi sacrestie.
Nel 1909, a sud-est del cantiere, Gaudì costruì la scuola provvisoria della Sagrada Familia, per i figli degli
operai che lavoravano alla costruzione del Tempio e ai
bambini del quartiere. L’edificio, destinato a essere abbattuto, ha muri perimetrali e tetto ondulati: un piccolo
capolavoro che affascinò Le Corbusier. Questa opera è
stata concepita e ne è iniziata la realizzazione. Ne era
cosciente Gaudì che, al riguardo, così si espresse:
Nella Sagrada Familia tutto è provvidenziale. Già all’inizio, quando cominciavamo la facciata che stiamo
per terminare, una signora fece una donazione di
700.000 pesetas, che permise di dare al progetto una
dimensione superiore a quella, piuttosto modesta, prevista all’inizio. Fu in quel momento che l’opera acqui-
Un miracolo è stata la prosecuzione dell’opera anche
dopo la morte del grande maestro che l’aveva iniziata.
La Sagrada ha attraversato momenti drammatici nella
storia spagnola ed europea del ‘900. Durante la guerra
civile, essa subì un incendio che danneggiò la cripta e
distrusse il laboratorio: si persero disegni, foto e modelli del Tempio. Dal 1939 i lavori ripresero con sempre maggior vigore e una rinnovata fedeltà a Gaudì, la
cui fede e genialità professionale è tuttora manifesta.
Due milioni di fedeli e turisti l’anno vengono da tutto
il mondo ad ammirare la Sagrada Familia, assicurando
con il loro contributo le risorse finanziarie per proseguire i lavori, ma seguitando a non accettare sponsorizzazioni: ciò ha consentito di coprire la volta della
chiesa e la consacrazione solenne di Benedetto XVI il
10 novembre 2010, avverando la profezia di Gaudì:
E’ il popolo che fa il tempio della Sagrada Familia,
per questo in esso si riflette il suo modo d’essere. E’
un’opera che sta nelle mani di Dio e nella volontà del
Popolo.
Uno squarcio della decorazione sulla cima di un pinnacolo.
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Papa Benedetto XVI ha considerato La Sagrada Familia luogo di speranza e di bellezza per gli uomini di oggi, alla ricerca di ideali spirituali. All’inizio del Novecento, Joan Maragall aveva già individuato nella Sagrada Familia, un segno di speranza per la Catalogna.
Ciò che scrisse allora si espande nel mondo intero.
(Una gracia de caritat, 1905)
Spesso mi sento tanto orgoglioso di essere di Barcellona come avrebbe potuto esserlo un antico romano della sua cittadinanza; ma in altri casi mi vergogno di esserlo; ora è così. Quell’uomo che innalza il tempio
della Sagrada Familia mi ha detto che stanno terminando i fondi per continuare l’opera; che i donativi
diminuiscono. Ciò significa che l’ideale viene meno
tra noi ….Poiché il giorno in cui le opere della Sagrada Familia si fermeranno per mancanza di fondi
sarà un giorno molto più funesto per Barcellona, per
la Catalogna che quello in cui scoppiasse una bomba
sulla pubblica via o si chiudessero cento fabbriche.
Poiché un popolo in sanguinante anarchia, un popolo
in miseria è tuttavia un popolo e ha diritto a ogni
speranza; ma un popolo senza ideale non è nulla e non
ha diritto a nulla.
Il Tempio della Sagrada Familia è il monumento dell’ideale catalano in Barcellona, il monumento della
pietà che eternamente si alza, è pietrificata concrezione dell’anelito all’alto, è l’immagine dell’anima popolare; e tante chiesette e cappelle e palazzetti, come si
stanno costruendo qui e là nei suoi dintorni, sono piccoli ideali e piccole pietà rispettabili e comprensibili
nella loro misura, ma non tali da offuscare quelle
grandi. Saremmo forse un popolo il cui ideale e la cui
ricchezza si utilizzino nel fare molte piccole cose? E se
siamo incapaci di realizzare la misura più grande, lo
si vedrà tra qualche giorno. Poiché la misura della
nostra forza sta lì e, ahimè, al giorno in cui essa piangendo dirà: “Non posso più!”.
La consacrazione della Sagrada Familia
(7 novembre 2010)
Questo giorno è un punto significativo in una lunga
storia di aspirazioni, di lavoro e di generosità, che dura da più di un secolo. In questi momenti vorrei ricordare ciascuna delle persone che hanno reso possibile
la gioia che oggi pervade tutti noi: dai promotori fino
agli esecutori di quest’opera: dagli architetti e muratori della stessa, a tutti quelli che hanno offerto, in un
modo o nell’altro, il loro insostituibile contributo per
rendere possibile la progressiva costruzione di questo
edificio. E ricordiamo, soprattutto, colui che fu architetto geniale e anima e artefice di questo progetto:
Antoni Gaudì, cristiano coerente, la cui fiaccola della
fede arse fino al termine della sua vita, vissuta con dignità e austerità assolute. Questo evento è anche, in
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qualche modo, il punto culminante e lo sbocco di una
storia di questa terra catalana che, soprattutto a partire dalla fine del XIX secolo, diede una moltitudine di
santi e di fondatori, di martiri e di poeti cristiani.
Storia di santità, di creazioni artistiche e poetiche nate
dalla fede, che oggi raccogliamo e presentiamo come
offerta a Dio in questa Eucaristia.
La gioia che provo nel poter presiedere questa celebrazione si è accresciuta quando ho saputo che questo
edificio sacro, fin dalle sue origini, è strettamente legato alla figura di San Giuseppe. Mi ha commosso
specialmente la sicurezza con la quale Gaudì, di fronte
alle innumerevoli difficoltà che dovette affrontare,
esclamava pieno di fiducia nella divina Provvidenza:
“San Giuseppe completerà il tempio”. Per questo non
è privo di significato il fatto che sia un Papa il cui nome di battesimo è Giuseppe a dedicarlo.
Cosa significa dedicare questa chiesa? Nel cuore del
mondo, di fronte allo sguardo di Dio e degli uomini, in
un umile e gioioso atto di fede, abbiamo innalzato
un’immensa mole di materia, frutto della natura e di
un incalcolabile sforzo dell’intelligenza umana, costruttrice di quest’opera d’arte. Essa è un segno visibile del Dio invisibile, alla cui gloria svettano queste
torri, frecce che indicano l’assoluto della luce e di colui che è la Luce, l’Altezza e la Bellezza medesime.
In questo ambiente, Gaudì volle unire l’ispirazione che
gli veniva dai 3 grandi libri dei quali si nutriva come
uomo, come credente e come architetto; il libro della
natura, il libro della Santa Scrittura e il libro della Liturgia. Così unì la realtà del mondo e la storia della
salvezza, come ci è narrata nella Bibbia e resa presente nella Liturgia. Introdusse dentro l’edificio sacro
pietre, alberi e la vita umana, affinché tutta la creazione convergesse nella lode divina, ma, allo stesso
tempo, portò fuori i “retabli”, per porre davanti agli
uomini il mistero di Dio rivelato nella nascita, passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo. In questo
modo collaborò in maniera generale all’edificazione
di una coscienza umana ancorata nel mondo, aperta a
Dio, illuminata e santificata da Cristo. E realizzò ciò
che oggi è uno dei compiti più importanti: superare la
scissione tra coscienza umana e coscienza cristiana,
tra esistenza in questo mondo culturale e apertura alla
vita eterna, tra la bellezza delle cose e Dio come Bellezza. Antoni Gaudì non realizzò tutto questo con parole, ma con pietre, linee, superfici e vertici. In realtà,
la bellezza è la grande necessità dell’uomo; è la radice
dalla quale sorgono il tronco della nostra pace e i
frutti della nostra speranza. La bellezza è anche rivelatrice di Dio perché, come Lui, l’opera bella è pura
gratuità, invita alla libertà e strappa dall’egoismo.
Abbiamo dedicato questo spazio sacro a Dio, che si è
rivelato e donato a noi in Cristo per essere definitivamente Dio con gli uomini. La Parola rivelata, l’umanità di Cristo e la sua Chiesa son le 3 espressioni massi-
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Notiziario dell’Unione Cattolica Italiana Tecnici
me della sua manifestazione e del suo dono agli uomini. “Ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti
nessuno può porre un fondamento diverso da quello
che già vi si trova, che è Gesù Cristo”, dice San Paolo
nella seconda lettura. Il Signore Gesù è la pietra che
sostiene il peso del mondo, che mantiene la coesione
della Chiesa e raccoglie in ultima unità tutte le conquiste dell’umanità. In Lui abbiamo la Parola e la
presenza di Dio, e da Lui la Chiesa riceve la propria
vita, la propria dottrina e la propria missione. La
Chiesa non ha consistenza da sé stessa; è chiamata a
essere segno e strumento di Cristo in pura docilità alla sua autorità e in totale servizio al suo mandato.
L’unico Cristo fonda l’unica Chiesa; Egli è la roccia
sulla quale si fonda la nostra fede. Basati su questa
fede, cerchiamo insieme di mostrare al mondo il volto
di Dio, che è amore e l’unico che può rispondere all’anelito di pienezza dell’uomo. Questo è il grande
compito, mostrare a tutti che Dio è Dio di pace e non
di violenza, di libertà e non di costrizione, di concordia e non di discordia. In questo senso, credo che la
dedicazione di questa chiesa alla Sacra Famiglia, in
un’epoca nella quale l’uomo pretende di edificare la
sua vita alle spalle di Dio, come se non avesse più
Gaudì in un ritratto di Opisso, 1900.
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niente da dirgli, è un avvenimento di grande significato. Gaudì, con la opera, ci mostra che Dio è la vera
misura dell’uomo, che il segreto della sua originalità
consiste, come egli diceva, nel tornare all’origine che
è Dio. Lui stesso, aprendo in questo modo il suo spirito a Dio, è stato capace di creare in questa città uno
spazio di bellezza, di fede e di speranza, che conduce
l’uomo all’incontro con colui che è la verità e la bellezza stessa. Così l’architetto esprimeva i suoi sentimenti: “Una chiesa [è] l’unica cosa degna di rappresentare il sentire di un popolo, perché la religione è la
cosa più elevata dell’uomo”.
Benedetto XVI
BIBLIOGRAFIA
Joan Bassegoda i Nonell: Gaudì. L’Architettura dello Spirito. Edizioni Ares, Milano, 2009.
Mariella Carlotti: Un luogo di bellezza: La
Sagrada Familia.CONCREO edizioni, Varese, 2012.
Roberto Pane: Gaudì. Edizioni Comunità, Milano, 1964.
Lara Vinca Masina: Gaudì. Edizioni Nauta,
Barcellona, 1970.
Facciata della Gloria in un disegno di Matamala
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Notiziario dell’Unione Cattolica Italiana Tecnici
mater mea, Fiducia mea !
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