La sala 8 del Cineworld di Iglesias venerdì scorso era

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La sala 8 del Cineworld di Iglesias venerdì scorso era
Dopo aver incassato quasi 13 milioni di euro con il suo primo film, lo scrittore-regista ci riprova con "Amore 14" pellicola tratta dal suo ultimo romanzo. Venerdì ad Iglesias lo abbiamo
incontrato. L'intervista. di Lorenza Melis
La sala 8 del Cineworld di Iglesias
venerdì scorso era gremita di gente. Tra lettori, fans e curiosi, sono pochissimi gli over-21. Sono
tutti accorsi a salutare lo scrittore di cui tanto si è sentito parlare in questi ultimi anni: Federico
Moccia. Già autore di "Tre metri sopra il cielo", "Ho voglia di te" e "Scusa ma ti chiamo amore" (i
suoi tre romanzi di maggiore successo), Moccia torna ora a far sognare i suoi giovanissimi
lettori con un nuovo romanzo: "Amore 14".
Alle 21, dopo la presentazione del libro, lo scrittore si mette da
parte per far posto al regista. Ebbene sì. Perché ‘il nostro’, figlio
d’arte (Giuseppe Moccia è stato infatti sceneggiatore cinematografico
e regista), ha seguito con discreto successo le orme del padre, anche
se, ha dichiarato, si ritiene più uno scrittore che uno sceneggiatore.
“Girando manca quell’onnipotenza che hai quando scrivi” ha detto durante il dibattito che si è
tenuto dopo la proiezione del film, “La bellezza dello scrivere è quella potenza di entrare nella
dimensione di ogni singola persona che legge”.
Più tardi, fuori della sala, abbiamo avuto
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la possibilità di parlare a tu per tu con lo scrittore, che ha volentieri acconsentito a rispondere ad
alcune domande.
Sappiamo bene che quando si trae un film da un libro, si incappa in dei tagli inevitabili.
Non è forse questo uno scontro tra autore e sceneggiatore?
In un certo senso, sì. Ma possiamo dire che finisce più o meno alla pari. Sicuramente ci sono
delle parti che vanno sacrificate, perché è impensabile voler riportare più di seicento pagine in
un’ora e mezza di pellicola, quindi credo che l’atmosfera del libro sia l’elemento più
importante da conservare. Una ragazza che ha letto il libro vuole uscire con quell’esatta
sensazione.
Eravamo partiti da Babi e Step, passando attraverso Gin, per arrivare poi ad Alex e Niki e
alla neo-nata Carolina: quanto c’è dei sogni di Federico in quelli di queste tue creature?
Beh, in ogni libro ci sono dei ricordi che sono miei personali, diciamo che al 50% ci sono io, poi
il resto lo aggiungo, metto emozioni, fantasia, amore, sofferenza, mischio il tutto e quello che ne
viene fuori è il libro. In Step, per esempio, ero moltissimo. A parte il fatto che io le ho sempre
prese anziché averle date, (ride), quella era comunque la storia del mio primo amore, quando
avevo sedici o diciassette anni, e in lui ci sono i miei ricordi, le mie speranze, i miei sogni.
Anche in Carolina, la protagonista quattordicenne di "Amore 14", sono molto presente, anche se
in maniera diversa. Diciamo che c’è un po’ di me in tutte le storie che scrivo, poi come, in che
momento, in quale considerazione, in quali parole, quello è un altro discorso…
Dai suoi libri traspare chiaramente
una profonda conoscenza dell’universo giovanile. Da cosa nasce?
Ho un amico che dice ‘rubi con gli occhi’. Sono un attento osservatore, e l’attenzione che si
ha ci dice delle cose, e ce ne fa immaginare tante altre, quindi il resto è fantasia. Per non
parlare della marea di informazioni che ci arriva da Internet, con tutti i blog, che sono
praticamente delle finestre aperte sulla giovinezza, e le mail dai molti ragazzi che mi scrivono,
che parlano con me. Diciamo che c’è una buona fetta che va dai tredici ai trentacinque anni
che io conosco, con cui comunico e che comunica con me.
Da questi giovani è composta la gran parte del suo pubblico. Appunto perché li conoscie
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saprà certamente che il mondo adolescenziale riserba delle parti che possono essere
anche molto fragili. Non ha valutato questo rischio proponendo il tema pericoloso di
‘amore senza età’ nel film Scusa ma ti chiamo amore?
La difesa è di alto livello, vengono citati illustri precedenti come La voglia matta di Salce e la
Lolita di Kubrik, ed erano sicuramente tempi in cui le relazioni tra uomini adulti e vaccinati e
ragazze nemmeno maggiorenni provocavano quantomeno un grande scandalo. Io racconto una
favola, non penso che questo tipo di prodotto sia più pericoloso rispetto ad altri.
All’obiezione costituita da una
discreta fetta di adolescenti ingenue e fragili come la rugiada, che sicuramente si
potrebbe far male a recitare nel ruolo di moderna Lolita, risponde:
Una ragazza sceglie con consapevolezza, a meno che non sia circuita ovviamente. Ci sono
ragazze per cui la possibilità di avere un ragazzo molto più grande non esiste, e si tengono
strette il loro fidanzato di diciannove, vent’anni, divertendosi a guardare questo film, ma
rimanendo ancorate alla loro realtà; ce ne sono invece altre che ammettono questa possibilità,
ma con naturalezza, non perché spinte dal desiderio di immedesimarsi con la mia Niki. Io parlo
ad una fascia molto tranquilla e serena, ho conosciuto molti ragazzi di diciassette, diciott’anni
dotati di forza e determinazione invidiabili, non credo ci sia bisogno di preoccuparsi. E poi il film
è bello perché è fantasia!
Ottimista, e questo è positivo.
Speriamo solo che nel futuro non si crei motivo per dargli torto.
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