Lettera in mani sbagliate, processato il postino
Transcript
Lettera in mani sbagliate, processato il postino
Trento l'Adige IL CASO Decarli (Uil): per noi nessuna tutela, non possiamo chiedere i documenti venerdì 25 maggio 2012 23 TRUFFA ALL’ASL Lettera in mani sbagliate, processato il postino Accusato di falso e assolto: errore in buona fede Raccomandata in mani sbagliate e il postino finisce a processo firma in stampatello. Cosa era successo lo ricostruisce il giudice Francesco Forlenza nelle motivazioni della sentenza di assoluzione: «Egli (il postino, ndr) si recò in entrambe le occasioni in questo domicilio dove trovò una donna straniera che non parlava italiano alla quale spiegò a gesti che doveva consegnare le lettere, e gliele consegnò infatti dopo che lei ebbe firmato per ricevuta segnandosi a stampatello col no- me di A... R... Il postino era persuaso che questa donna fosse la personale destinataria della missiva, non foss’altro perché come tale si era firmata, ma nella notifica si annidava l’errore: il reale destinatario era un’altra persona». Insomma, un nome incomprensibile per un italiano (non si capiva neppure se il destinatario fosse maschio o femmina) e una banale incomprensione hanno generato un putiferio. La multa, che ha quel punto risultava notificata ma non pagata, nel frattempo è diventata molto più salata. Quando finalmente la sanzione è stata notificata al reale destinatario questo è andato su tutte le fruire e ha querelato il postino. Postino che però non aveva alcuna colpa. Sentenzia il giudice: «la vicenda, per quanto curiosa, va risolta come un caso di errore, che esclude certamente il dolo». Dunque imputato assolto. Caso chiuso dunque? Per il portalettere finito nei guai sì, anche perché nel frattempo ha raggiunto l’agognata pensione. Ma il problema rimane per i suoi colleghi. «Siamo tra l’incudine e il martello - dice Lorenzo Decarli della Uil Post - perché non abbiamo gli strumenti per tutelarci: anche se abbiamo la qualifica di messi di Equitalia, e dunque siamo pubblici ufficiali con le implicazioni penali che questo comporta, non abbiamo la possibilità di chiedere i documenti alle persone che ritirano la raccomandata. Se dicono di essere loro i destinatari noi ci dobbiamo fidare. Quantomeno l’azienda dovrebbe garantirci la formazione necessaria per affrontare situazioni delicate quali le notifiche di atti giudiziari. Non è possibile finire a processo per un’incomprensione». S. D. Cappelletti, giudice «Non incompatibile» Sentenza a ottobre Il giudice Michele Maria Benini ha respinto con un’ordinanza l’eccezione di incompatibilità sollevata dagli avvocati di Maria Angelica Cappelletti, l’ex funzionaria dell’Azienda sanitaria accusata di avere sottratto 2,5 milioni di euro all’ente, attraverso una maxi truffa sulle pratiche di rimborso. Il 25 ottobre si svolgerà dunque il processo in rito abbreviato: gli avvocati difensori, Vanni Ceola e Sara Morolli, hanno condizionato la scelta del rito all’acquisizione della testimonianza dell’imputata raccolta nel procedimento a carico del fratello e del marito. Una richiesta che ha trovato d’accordo tutte le parte, sia i pm Licia Scagliarini e Giuseppe De Benedetto, che l’avvocato dell’Azienda sanitaria, Monica Baggia. La difesa di Maria Angelica Cappelletti la scorsa udienza aveva chiesto che il giudice faccesse istanza di astensione, ritenendo che fosse già entrato nel merito della vicenda in occasione del provvedimento con cui dispose il trasferimento della funzionaria dalla sezione detenuti dell’ospedale ad un altro reparto. A firmare il provvedimenti fu, appunto, il giudice Benini, il quale - sostiene la difesa - non si sarebbe limitato ad una valutazione medica, ma si sarebbe espresso anche sul pericolo di fuga, visto che non dispose alcuna sorveglianza né la scarcerazione. Tesi che accusa e parte civile avevano subito contestato: in occasione del trasferimento in reparto, dissero, il giudice incaricò Fabio Bonadiman di valutare se le condizioni della donna fossero compatibili o meno con il carcere e nel provvedimento, l’accenno al pericolo di fuga, sarebbe stato fatto solo sulla base delle indicazioni mediche. L2052402 Ha ricevuto una raccomandata sbagliata, sbadataggine che rischiava di costar cara al portalettere. È la disavventura capitata ad un postino sessantenne delle Giudicarie - ma è un guaio che potrebbe accadere anche ad un qualsiasi collega che ha dovuto affrontare un processo penale con l’accusa di falso. Imputazione pesante per un pubblico ufficiale da cui è stato scagionato dopo aver dimostrato che il porta lettere non può chiedere il documento di identità di chi si presume essere il destinatario di una raccomandata o di atti giudiziari. E questo espone il personale a rischi di incomprensioni e persino di comportamenti scorretti di chi magari vuole sottrarsi alla notifica di una multa. Il postino, difeso dall’avvocato Stefano Tomaselli con l’appoggio della Uil Post, era accusato di falso ideologico in atto pubblico perché «con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso - scriveva la procura nel capo di imputazione - attestava falsamente in data 18 giugno 2009 e 4 settembre 2009 di aver consegnato due raccomandate-atti giudiziari al destinatario...». Il destinatario macedone in una querela presentata in seguito sosteneva di non aver mai ricevuto quelle lettere, nonostante sulla ricevuta ci fosse la sua