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Leviathan 6
Se paura e libertà sono compatibili (cfr. scheda 5) allora l’atto con cui la moltitudine trasferisce,
grazie al contratto di reciproca rinuncia, la sovranità ad un uomo o ad un’assemblea è un atto
libero.
Anzi, è l’unico atto libero che la moltitudine può compiere, grazie al quale è popolo (populus).
Prima e dopo l’atto sovrano di rinuncia alla sovranità c’è solo la moltitudine (multitudo):
“Ciò fatto (cioè dopo la rinuncia della sovranità, n. d. r.), il popolo non è più una persona
unica, ma una moltitudine dispersa, perché era persona unica solo in virtù del potere
supremo, che ormai ha trasferito in quell’uomo (cioè al sovrano, n. d. r.)” (Hobbes, De
cive, cit. 2, 7 , 11).
Il sovrano non è obbligato dal patto, perché:
“Il popolo cessa di essere una persona non appena compiuto tale atto; e, venendo meno la
persona, viene meno ogni obbligo nei suoi confronti” (ivi, 12).
Mentre il suddito può commettere torto nei confronti del sovrano, il sovrano non può fare lo stesso
verso il suddito (anche se può peccare contro le leggi di natura), perché “fare torto” è venire meno
ad un patto e il sovrano non fa alcun patto con i sudditi 1 .
I concetti fondamentali sono quelli di moltitudine e di popolo. Il populus come corpo politico
(body political), cioè come unità, vive solo nel suo svanire:
Il corpo politico è un concetto impossibile, che vive nella tensione tra la moltitudine e il
populus rex, esso è sempre in atto di dissolversi nella costituzione del sovrano; questi è solo
un artificial person, la cui unità è l’effetto di un congegno ottico o di una maschera” (G,
Agamben “Stasis” cit. p. 53).
Così il popolo (che è libero) si è trasferito nel sovrano e fuori di esso esiste solo la “moltitudine
dissolta” (che non è libera). L’atto di libertà della moltitudine-popolo è quello di rinunciare alla
sua libertà e questo atto libero (absolutus), proprio in virtù della sua assolutezza, è unico e non
può essere revocato (perché la moltitudine, una volta delegata la sovranità, non può più
sovranamente richiederla).
Dunque in un solo momento il popolo coincide con la moltitudine: quello del contratto, prima e
dopo questo momento essi sono differenti.
La moltitudine (debole e paurosa) non è in grado di autogovernarsi. Se lo fosse, non ci sarebbe
bisogno di potere, né di leggi, né di religione.
Già nel pensiero stoico antico è ben presente la condizione di libertà in cui gli uomini potrebbero
vivere, se fossero saggi 2 . Gli antichi avevano pensato ad una repubblica universale di tutti gli
uomini. H. viceversa si colloca entro la dimensioni delle monarchie nazionali e nella prospettiva
sancita dalla pace di Vestfalia (1648) di riconoscimento degli stati nazionali.
La paura rende gli uomini abbastanza saggi da capire che la vita nello stato di natura è per loro
pericolosa e quindi da fuggire, ma non abbastanza da comportarsi come saggi, ovvero applicando
il principio “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”.
Allora essi decidono di farsi obbligare da uno che non è meglio di loro (cioè non è più saggio),
ma dispone della forza coercitiva per rendere legge – cioè valida per tutti – la sua volontà.
Lo stato nasce da un paradossale atto di libertà che consiste nel rinunciare ad essa. Non è
importante che un ordine sia “giusto”, perché proprio la pretesa di un ordine giusto è all’origine di
tutti i contrasti: è essenziale che ci sia un ordine. Lo stato è macchina (machina machinarum) che
assicura l’ordine. Procede da sola. Messo in moto, il meccanismo non può più essere fermato. In
ciò sta la sua natura mostruosa. Ma in Hobbes la macchina ha ancora un “cuore naturale”: il
sovrano in carne ed ossa, il cui arbitrio è legge:
1
Il sovrano ha nei confronti dei sudditi un obbligo morale, perciò di natura diversa da quella che hanno i sudditi di
obbedire anche costretti alla volontà del sovrano (della legge). Egli deve attenersi alle raccomandazioni della
Scrittura: “ pascete il gregge di Dio che vi è stato affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondi Dio;
non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli
del gregge. E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che no appassisce” (I lettera di
S. Pietro 5, 1- 4) 2
“Quella tanto celebrata costituzione di Zenone, il fondatore della scuola stoica, mira solo a questo obiettivo: non
vivere divisi in città o in contrade, ciascuno separato dall’altro da leggi proprie; noi infatti stimiamo tutti gli
uomini come compaesani e concittadini” in “Stoici antichi” Rusconi, Milano 1999 p. 117, fr, 262. AlbertoMadricardo–IlLeviatano‐20151di2
“Il sovrano di uno stato, sia egli un’assemblea o un uomo, non è soggetto alle leggi civili.
Infatti, avendo il potere di fare e abrogare le leggi, se vuole può abrogare le leggi che lo
disturbano e facendone di nuove. Di conseguenza, era libero anche prima, perché è libero
chi può essere libero quando vuole e non è possibile per una persona essere vincolata a se
stessa, perché, chi può legare può sciogliere e chi è vincolato solo a se stesso non è
vincolato” (Leviathan Cap. XXVI 6).
La legge non vale in quanto “giusta”, ma è giusta in quanto è fatta valere per tutti con la forza
(meno che per il sovrano stesso), perché come dice H.: “auctoritas, non veritas, facit legem”
(l’autorità, non la verità genera la legge).
“In Hobbes, un pensatore davvero grande e sistematico, la concezione “pessimistica”
dell’uomo, la sua esatta comprensione che proprio la convinzione, presente nelle due parti
antagoniste, di essere nel buono , nel giusto e nel vero provoca le ostilità più violente, e alla
fine addirittura il bellum di tutti contro tutti, devono essere intese non come una fantasia
paurosa e sconvolta e neanche solo come filosofia di una società borghese fondata sulla
“libera concorrenza”(Tönnies), ma come i presupposti elementari di un sistema di pensiero
specificamente politico” ”(C. Schmitt “le categorie del politico” Il Mulino, bologna 1972 p.
149-50).
Nei momenti difficili bisogna avere la forza di guardare le cose come effettivamente stanno, a
prescindere dai propri desideri e speranze. Secondo Schimitt, il “realismo” di Machiavelli e di
Hobbes è dovuto al fatto che entrambi i pensatori sono “sulla difensiva”, perché entrambe i paesi a
cui appartengono (l’Italia e l’Inghilterra), si trovano, quando essi scrivono, in situazioni molto
difficili.
In H. avviene un rovesciamento clamoroso: non è la verità il fondamento dell’ordine, ma l’ordine
(l’autorità di chi lo garantisce) la base della verità. Mentre la verità è “universale”, si apre da ogni
parte fino ai confini del mondo, astraendo dalle situazioni concrete, l’ordine è “sistemico”, cioè
chiude e definisce uno spazio (nei confini dello stato). Ciò perché gli uomini non sanno mettersi
d’accordo sulla verità (cioè non sanno essere saggi, universali) e perché sono troppo differenti per
mentalità tra loro. L’ordine medievale è del primo tipo, quello moderno è del secondo: le guerre di
religione segnano il naufragio della pretesa antica e cristiana di fondare l’ordine sulla verità.
Nella società esistono molti corpi politici o privati (assemblee locali, corporazioni, gruppi di
interesse, ecc.) che possono deliberare su aspetti particolari della società, ma tutti sono soggetti
alla legge (volontà) del sovrano. Queste leggi valide per tutti si chiamano leggi civili e devono
essere conosciute da tutti i cittadini.
La legge è un comando. La legge civile è la legge dello stato (civitas). Il legislatore è solo il
sovrano.
Ci sono le leggi di natura e le leggi dello stato. Le leggi di natura:
“non sono propriamente leggi”, ma delle qualità che dispongono gli uomini alla pace e
all’obbedienza. Solo una volta che lo stato è istituito diventano realmente leggi, e non
prima: cioè quando sono comandi dello stato e quindi anche leggi civili, perché il potere
sovrano che obbliga gli uomini ad obbedire ad esse (….). Ma il diritto di natura, cioè la
naturale libertà umana, può essere ridotta e limitata dalla legge civile; anzi, il fine per cui si
fanno le leggi non è che questa limitazione, senza la quale non ci sarebbe alcuna pace. E
La legge è stata introdotta nel mondo con lo scopo esclusivo di limitare la libertà naturale
di tutti i singoli uomini, in modo tale che non potessero farsi del male, ma assistersi
reciprocamente e coalizzarsi contro un nemico comune” (Leviathan, cit- cap. XVI 8).
Ma tutte le leggi hanno bisogno di essere interpretate. E questo è il compito dei giudici.
Oltre alle leggi naturali (di ragione) - che non sono propriamente leggi, ma “disposizioni”- e
quelle positive (imposte dal sovrano), ci sono le “leggi positive divine”, quelle dettate (rivelate)
direttamente da Dio ad un uomo:
“Dio può comandare in maniera sovrannaturale ad un uomo di trasmettere le leggi ad altri
uomini (…) Nessun uomo può sapere infallibilmente con la sua ragione naturale, che un
altro ha avuto una rivelazione sovrannaturale della volontà di Dio; può soltanto crederci e
ognuno può avere a seconda che i segni di essa appaiono di più o di meno) una credenza
più ferma o più debole” (Leviathan, XXVI 39).
AlbertoMadricardo–IlLeviatano‐20152di2