L`isola Palmaria

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L`isola Palmaria
L’isola Palmaria
"Un sito culturale di eccezionale valore, dove l'uomo e la natura sono riusciti ad
integrarsi perfettamente con un paesaggio affascinante ed unico". Questa la
motivazione con cui l'UNESCO, nel 1997, ha incluso nel patrimonio dell'umanità Porto
Venere e le isole di Palmaria, Tino e Tinetto.
L’isola Palmaria si trova nel Mar Ligure, all’estremità occidentale del Golfo della Spezia
ed è separata da Porto Venere da uno stretto braccio di mare detto Le bocche. L’isola,
con la sua superficie di 1,6 kmq, è la più grande delle tre isole del Golfo della Spezia e
dell'intero territorio ligure; le altre due isole, Tino e Tinetto, si incontrano scendendo
di pochissime centinaia di metri in linea retta verso sud. L’isola di Tino, oltre ad essere
la più piccola, è la meno elevata, si può visitarla solo 13 settembre, ultimo giorno per
visitare la mostra e giorno in cui si festeggia San Venerio che qui visse in eremitaggio
fino alla morte nel 630. Sulla costa settentrionale del Tino sorgono i resti del
monastero edificato nell'XI secolo su un antico santuario costruito nel VII secolo nel
luogo dove morì il santo. Oltre il Tino si trova lo scoglio del Tinetto.
L’isola Palmaria ha una forma triangolare: i lati che si affacciano verso Porto Venere e
il Golfo della Spezia sono quelli più antropizzati e degradano dolcemente sino al livello
del mare, ricoperti dalla tipica vegetazione mediterranea; il lato che guarda verso
ovest, ossia verso il mare aperto, è caratterizzato invece da alte falesie a picco
sull’acqua, nelle quali si aprono molteplici grotte. I lati più antropizzati vedono la
presenza di alcune abitazioni private e di stabilimenti balneari. L’isola era abitata già
in epoca preistorica, come testimoniano i resti di sepolture e di manufatti in pietra
ritrovati per la prima volta da Giovanni Cappellini negli anni 1869 e 1870. Dopo la
caduta dell'Impero Romano e la dominazione bizantina, la Liguria fu invasa dai
Longobardi: in questo periodo travagliato si diffuse dall'Oriente il Cristianesimo e nelle
grotte dell'isola vissero in solitudine e in preghiera degli eremiti. Nel 1113 Porto
Venere divenne colonia della Repubblica marinara di Genova; nelle acque antistanti
l'isola furono numerosi gli scontri tra galee pisane e genovesi e non mancarono
episodi di scorrerie e devastazioni. Nel 1283 il villaggio di S. Giovanni fu incendiato e
distrutto e non venne più ricostruito; il nome di S. Giovanni, con cui oggi è nota la
punta dell'isola rivolta verso Lerici, ricorda l’antica presenza. Nei secoli successivi, le
alterne vicende degli abitanti dell'isola furono legate a quelle di Porto Venere e di
conseguenza alla storia della Repubblica di Genova.
Per quanto riguarda il lato occidentale, ovvero quello più difficilmente accessibile, sono
degne di nota la Grotta Azzurra e la Grotta dei Colombi, che si può raggiungere solo
calandosi con delle corde. Quest’ultima in particolare si è rivelata molto importante
nello studio delle vicende storiche del Golfo, in quanto al suo interno sono state
ritrovate ossa fossili di animali pleistocenici, quali il camoscio e il gufo delle nevi, ma
soprattutto resti di sepolture umane, che attestano la presenza dell'uomo ad almeno
cinquemila anni fa.
Sull'isola sono presenti inoltre molte costruzioni di carattere storico: sulla sommità,
inaccessibili in quanto territorio militare, il Forte Umberto I e il Forte Cavour. Degna di
nota, infine, è la presenza, nella parte meridionale dell’isola, denominata Pozzale, di
una cava abbandonata, utilizzata un tempo per l’estrazione del Portoro, pregiato
marmo nero con striature dorate. Nella zona sono ancora presenti i resti delle gru e
dei paranchi utilizzati per la movimentazione dei blocchi di marmo, nonché i muri delle
abitazioni dei minatori.
Diversi sono i tipi di vegetazione presenti sul territorio, tuttavia la componente
mediterranea è la più rappresentata e costituisce oltre la metà della flora.
Una delle note di colore più suggestive della vegetazione mediterranea è data
dall’Euforbia arborea, un relitto glaciale, arbusto molto ramificato con infiorescenze
gialle ad ombre. A differenza della maggior parte delle piante italiane, presenta il
fenomeno dell’estivazione, entra cioè in riposo durante il periodo caldo e arido estivo.
Gran parte del versante settentrionale dell’isola, più riparato e meno esposto
all’influenza del vento e del mare, è ricoperto da uno splendido bosco misto di carpini
neri, roverelle, lecci e qualche castagno, mentre numerose rarità crescono nelle
fessure delle rupi calcaree costiere tra il promontorio di Porto Venere e le isole
Palmaria e Tino. La preziosissima Centaurea Veneris, è una bella composita dai
graziosi fiorellini rosati, endemismo ligure esclusivo. La vegetazione poi sale dagli
scogli, si arrampica per circa 200 metri, coprendo tutta la Palmaria.
Il Borgo di Porto Venere
“A quelli che giungono dal mare appare nel lido il porto di Venere e qui -nei colli che
ammanta l’ulivo è fama che anche Minerva scordasse per tanta dolcezza Atene- sua
patria”. Con questi versi Petrarca, nel 1338, celebrava Porto Venere, ancor oggi
considerato il miracolo panoramico del golfo della Spezia.
A confermare l’esistenza di Porto Venere quale centro marittimo, fin dall’epoca
romana, con funzione navale di portus, è l’Itinerario Marittimo dell’Imperatore
Antonino Pio datato 161 d.C. Nel 643, Porto Venere, base della flotta bizantina contro
i Longobardi, fu assalita da Re Rotari, che aveva esteso il dominio Longobardo alla
Liguria Marittima. In età medievale grazie ad un insediamento monastico testimoniato
dai resti di un monastero nell’isola del Tino e del Tinetto questo borgo ebbe una vita
fiorente.
Nel 1113 Genova, che mirava a Porto Venere come ad un baluardo fortificato per
difendersi dalla minaccia di Pisa, acquistò dal feudatario Grimaldo da Vezzano il
territorio alle spalle della spiaggia, costruendo il Castrum Novum, stabilendo norme
architettoniche precise con case-fortezza con la funzione di abitazioni e difesa.
Insieme al borgo nuovo che si snodava lungo il carugio -oggi via Capellini, dal nome
del grande geologo italiano originario del luogo- i genovesi, tra il 1118 ed il 1130,
fecero costruire sul colle roccioso la Collegiata di S. Lorenzo, chiesa in stile romanico,
realizzata dai Magistri Antelami, i famosi maestri lapidici originari della valle
d’Antelamo, sul Lago Maggiore.
Nel 1160 i Consoli genovesi fecero innalzare una cinta di mura insieme alle tre torri e
alla porta d’ingresso al borgo, dove è ancora visibile l’iscrizione Colonia Ianuensis,
ritenuta, però, di recente collocazione.
Nel 1161 nel piazzale di S. Pietro fu eseguito il rinnovamento del Castrum Vetus con il
rifacimento delle vecchie mura pre-genovesi.
Intanto Pisa nel 1165 e nel 1198 tentava la distruzione della base rivale. Durante la
lunga guerra tra Genova e Pisa (1119-1290) il Castello fu la più imponente
fortificazione, tuttavia le ricerche archeologiche non sono riuscite a stabilire se si tratti
di struttura costruita ex-novo dai genovesi, o forse riedificata su preesistente fortezza
di epoca bizantina. Nei cartulari d’archivio, però, risulta che il Castello Superiore
sarebbe stato demolito nel 1458 per essere sostituito dall’attuale fortezza, a sua volta
eretta in varie riprese, ad iniziare dal secolo XVI fino al 1751.
Intanto nel 1256 i Genovesi, dopo aver occupato il Castello di Lerici, in riconoscimento
del contributo dato dagli abitanti nella difficile espugnazione, decisero d’innalzare la
chiesa di S. Pietro in stile gotico-genovese sulle vestigia di una chiesa paleocristiana,
sovrapposta al tempio pagano dedicato alla dea Venere Ericina ed unita all’abbazia,
aggiunta in epoca bizantina, di cui si fa riferimento nelle lettere di S. Gregorio Magno
del 594. La chiesa fu ultimata nel 1277.
L’inizio del declino della Colonia Ianuensis arrivò in una fredda notte del gennaio del
1340, quando il libeccio fece divampare un incendio improvviso che distrusse il
Castrum Vetus nel piazzale di S. Pietro e la parte alta del borgo genovese, ora ridotta
ad orti.
Porto Venere continuò ad essere legata alle vicende storiche di Genova a tal punto da
subire l’attacco aragonese del 1494. Alla difesa di Porto Venere parteciparono la
guarnigione comandata da Giacomo Balbo e le ardite donne del borgo capitanate da
Bardella il famoso corsaro di Porto Venere che consigliò di spalmare gli scogli di sego
per impedire lo sbarco degli assalitori. Lo stratagemma di Bardella, l’ardore dei
difensori ed il coraggio delle donne portoveneresi riuscirono a far ritirare la flotta
aragonese, ma l’uso delle armi da fuoco da parte degli attaccanti danneggiò
gravemente le due chiese monumentali di San Lorenzo e di San Pietro.
Tuttavia il borgo continuò ad avere importanza come porto di rilascio nella
navigazione commerciale, tanto che al principio del diciottesimo secolo erano ancora
attive agenzie commerciali ed intensi i traffici marittimi.
Nei secoli successivi iniziò l’affermarsi graduale della Spezia, che contribuì al tramonto
militare della Colonia. Intanto Andrea Doria iniziava la sua azione politica e militare
nel golfo nel frattempo dotato di fortificazioni più adatte all’uso delle armi da fuoco.
Nel 1606, sempre a scopo difensivo, su uno scoglio battuto dal mare, a ponente dell’
isola Palmaria, venne costruita la fortezza di Torre Scuola, che fu poi bombardata
dalla flotta inglese nel 1800 ed oggi è una pittorica vestigia nel meraviglioso
panorama del Golfo. Ormai il Golfo della Spezia è designato a piazza forte marittima
da parte di Napoleone I°, che, nel 1812, dà l’avvio alla costruzione della strada
provinciale La Spezia - Porto Venere, che ancor oggi si chiama appunto "strada
napoleonica".

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