La triste storia di Aron

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La triste storia di Aron
La posta dei lettori
La triste
storia di Aron
Q
uesta è una storia che racconta del mio fila brasileiro, ma comunque accomuna tutte le razze a prescindere dalle dimensioni e dal
carattere. Purtroppo il 3 febbraio il mio amato Aron, in seguito ad
avvelenamento, ha lasciato per sempre la mia famiglia. Mi trovo ora a
dover vivere la mia vita senza di lui al mio fianco. Avevo detto più volte
in altre sedi che questa razza trasmette al proprietario emozioni meravigliose, che il suo sguardo ti cattura l'anima e che, quando non c'è più,
anche una parte di noi se ne va via con loro. Nei due anni passati insieme ho imparato ad amare e rispettare questa magnifica razza ed è proprio grazie ad essa, se ho avuto il piacere di incontrare persone meravigliose che mi sono state vicino e mi hanno aiutato a superare questo difficile momento.
Di Aron ho molti ricordi, forse anche troppi, perchè in questi momenti
anche una semplice immagine impressa nella mente può farti del male,
ma non dimenticherò mai la sua fedeltà e la sua tenacia per il lavoro che
la natura gli aveva affidato. Lui era sempre lì fuori ad aspettare di incontrare la mia figura, gli bastava sapere dove fossi e potermi vedere per
essere felice. La mattina quando mi svegliavo per portargli la ciotola, lui
era lì che aspettava da non so quanto tempo e non si preoccupava nè del
freddo nè della pioggia. Potevi notare il suo sguardo felice, il suo atteggiamento euforico, non per il cibo che gli stavo porgendo, ma semplicemente perchè la sua giornata iniziava insieme alla mia e a quella della
mia famiglia.
Il fila è proprio questo, un cane che adora l'intero nucleo familiare a prescindere dal numero dei componenti e per loro si trasforma in un ingombrante peluche in grado di sopportare anche i dispetti dei più piccoli. Con
il mio bimbo di 14 mesi aveva un rapporto molto particolare, riusciva
infatti a controllare i suoi atteggiamenti e diventava di una delicatezza
unica. Quando stavano insieme, Aron non si allontanava mai dal bambino e, anche se vedeva un estraneo, abbaiava ma mai lo ha lasciato da
solo o si è allontanato più di un metro. Nella nostra famiglia ha portato
tanta gioia e allegria. Aron era un cane sereno e, quando uno di noi era
nervoso, trovava sempre il modo di strappare un sorriso con i suoi atteggiamenti buffi.La sua fedeltà è nota in tutto il mondo e in Brasile si usa
dire ”fedele come un fila”. Solo ora riesco davvero a capire in pieno il
significato di questo concetto. Quando eravamo in casa era un'ombra
costante, non gli interessava andare a fare passeggiate, non sentiva il
bisogno di correre dietro a una palla, la cosa che più adorava era stare
sdraiato vicino a noi e poterci guardare come se avesse di fronte il suo
Dio. Le altre persone, purtroppo lo hanno conosciuto sotto un altro
aspetto, per i più era soltanto un cane che incuteva timore con i suoi
abbai e la sua voglia di allontanarli da quel cancello. Nessuno conosce la
vera anima del fila se non i componenti della famiglia, per gli altri rimane soltanto un cane da cui stare alla larga. Sono proprio queste le carat-
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teristiche che mi hanno portato a scegliere un fila brasileiro, ovvero un guardiano incorruttibile della proprietà e un cane che ama essere al servizio di tutta la
famiglia e che, mai e per niente al mondo, avrebbe
manifestato reazioni aggressive nei loro confronti.
Quando ero fuori per lavoro, ero sicuro che mai nessuno avrebbe potuto far del male alla mia famiglia. Anche se durante la notte Aron era
fuori e quindi lontano dal nostro campo visivo, sentivamo la sua presenza e, se ci affacciavamo, lo vedevamo perlustrare ogni angolo del giardino prima di addormentarsi davanti alla finestra della camera da letto.
Ciò che mi ha ferito maggiormente è stata la crudeltà di noi esseri umani.
Lo hanno avvelenato con metaldeide (uno dei veleni più forti e dolorosi) solo perchè non sopportavano più la sua presenza. La corsa verso la
clinica veterinaria rimarrà il viaggio più brutto della mia vita, una corsa
contro il tempo e Aron, anche in quest'occasione, ha dimostrato un forza
interiore immensa. Due giorni di agonia e poi, quando sembrava fuori
pericolo, capii da un suo sguardo che quella era l'ultima volta per noi.
Quando lo salutai, evitò di guardarmi, si voltò e, per la prima volta in
tutta la sua vita, non seguì la figura mia e di mia moglie. In quel momento iniziarono le prime lacrime perchè avevo capito che l'ombra che tanto
amavo non mi avrebbe più seguito. Anche quando il dottore mi disse di
stare tranquillo perchè il cane si era ripreso, gli dissi che si sbagliava e che
il mio amato fila sarebbe morto. La sera alle 22 Aron è deceduto per arresto cardiocircolatorio.
Questa è una triste storia che non finirà mai di cambiare nè il protagonista nè il finale, ma l'unica cosa che rimane inalterata è la sofferenza dei
proprietari e la crudeltà delle persone. Ringrazio tutti coloro che mi sono
stati vicini ed in particolare tutta la mia famiglia, i miei fratelli acquisiti
Aliberti Aniello e Annerita, Marco Fantoni, Osvaldo Iurilli e Annerita, gli
amici della lista ineguagliabile del fila brasileiro, Ines van Damme, Jaime
Perez, Paco Gli Parejo, Oleario Bretas Ferriera, Elio Quiroz e i miei amici
Andrea Curci, Mariacristina Schisa, Paolo Mazzaglia, Salvatore Caporale,
Antonio Crepaldi, Davide Palazzini, Stefano Tommasello.
Ringrazio infine tutto lo staff di “Canidapresa Magazine” che, grazie
all'amore sincero che dimostra per gli animali, ha voluto pubblicare questo scritto.
Marco Pompili
È difficile commentare questa lettera. Avvelenare un cane è un gesto di grande viltà che l’uomo, purtroppo, continua a compiere. Solo chi ha pianto la perdita di un amico può comprende il dolore di Marco e della sua famiglia per la
morte di Aron. Un caloroso abbraccio d tutti noi.
Roberta Albanesi
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Monthy, mai
più in canile!
C
iao Roberta,
ti presento Tony Montana, detto Monthy. Monthy è con noi da
metà novembre... per la gioia di Teddy Bear (sigh). Monthy è
un pit bull e ha 15 anni. Ho letto la sua storia allucinante, di cui
porta tutti i segni (cicatrici ovunque, gli manca un pezzo di muso, di
naso e di lingua) sul blog "Adotta un bull" e mi sono resa disponibile per l'adozione dato che una "persona" l'aveva adottato e dopo
qualche mese voleva riportarlo in canile!!! Ci ho riflettuto a lungo,
due maschi... non è una facile gestione, ma non mi sono mai pentita un secondo della scelta che ho fatto con il cuore: Monthy non
sarebbe tornato in canile! È arrivato infatti a casa un angelo, di una
bontà infinita, di una dolcezza mai vista. Ho la sensazione che cerchi di fare il possibile per non disturbare per la paura di essere cacciato nuovamente, ma noi adesso siamo la sua famiglia e niente lo
allontanerà più da noi. A Monthy piace assere coccolato, uscire a
fare passeggiate in campagna e girare per ore in macchina guardando fuori dal finestrino. L'importante è stare con noi, che sia in macchina o seduti su una panchina al parco per lui non fa differenza. Ti
invio la foto del mio tesoro stupendo... non sarà mai un champion
ACCP come Teddy Bear, non avrà mai coppe e premi ma ora ha una
famiglia che lo adora, lo ama incondizionatamente e questo è tutto
ciò che conta per ogni essere che abbia due o quatto zampe...
Un abbraccio
Giulia
In occasione dello show del 22 febbraio scorso, durante una chiacchierata con Giulia, è emersa la storia dell'adozione di Monthy. Ho
invitato Giulia a scriverci questa lettera, perchè volevo che tutti i
nostri lettori sapessero del suo gesto di grande generosità. Adottare
un cane di quindici anni è una scelta coraggiosa, molto coraggiosa
e, se il soggetto in questione è un pit bull reduce dai combattimenti che ha vissuto in un canile gran parte della propria esistenza, lo è
ancor di più. Conoscevo Giulia per aver notato la sua intesa con il
bellissimo Teddy Bear, per la sua simpatia e noi di Canidapresa
Magazine le eravamo grati per l'originale portafortuna donatoci in
occasione dei quindici anni della rivista, ma adesso so che appartiene a quel gruppo ristrettissimo di persone capace di dare ai cani
forse più di quanto possano ricevere. Quelle persone capaci realmente di sacrificarsi per il proprio amico e di rinunciare a tante cose.
Sono proprio questi episodi che mi fanno amare il mio lavoro; sono
storie che per me significano tanto, che mi fanno sentire parte di
una famiglia allargata in cui mi trovo benissimo.
Roberta Albanesi
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