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“Ubi tu ibi ego” : il reato di atti persecutori
nei suoi aspetti fenomenici e profili giuridici
di
Vincenzo Ianni
SOMMARIO. 1. Premessa.- 2. La figura dello stalker: profili sociologici e
psichiatrici.- 3. Il reato di atti persecutori.- 3.1. Gli stilemi definitori.- 3.2. Le
questioni applicative.- 3.2.1. La valenza della clausola di apertura dell’art. 612-bis
c.p.- 3.2.2. La problematica dell’interazione tra il reato di atti persecutori e la figura
del reato continuato.- 3.2.3. La configurabilità del tentativo nel reato di cui all’art.
612-bis c.p.- 3.2.4. L’incidenza delle cause di non imputabilità nell’ambito del delitto
di atti persecutori.- 4. La casistica giurisprudenziale in relazione alla fattispecie
prevista dall’art. 612-bis c.p.- 5. L’ammonimento all’autore della condotta di atti
persecutori.- 6. Il risarcimento del danno da stalking. 7. Profili di diritto comparato.
1. Premessa.
Nell’ambito del diritto penale una problematica di non poco momento è quella relativa
al compiuto inquadramento del reato di atti persecutori, contemplato dall’art. 612-bis c.p.1
1
Sul tema si segnala la lettura di: Forum – Associazione Donne Giuriste, Stalking e violenza alle donne. La
risposta dell’ordinamento, gli ordini di protezione, Franco Angeli, 2009; AA. VV., Violenza e stalking, Due
facce della stessa medaglia, AIPC, 2010; AA. VV., Stalking. Forma/e di abuso sulle donne abituate a subire
in silenzio senza tutela legale. Quali gli interventi (a cura di A. Amore), Editori Riuniti, 2009; AA. VV.,
Stalking: aspetti, psicologici, sociologici e giuridici, AIPC Editore, 2009; F. ANGELI – E. RADICE, Rose al
veleno, stalking, Bompiani, 2009; M. BONA, Stalking: una nuova cornice giuridica per i molestatori
insistenti, in Danno e Responsabilità, 2004, 11, pp. 1049 ss.; E. DI SABATINO, Dal mobbing allo stalking
allo straining, in Resp. civ., 2007, 2, pp. 171 ss.; AA. VV., Stalking. Quando la relazione diventa molesta,
Contesti.eu, 2010; L. TERZI, Il nuovo reato di stalking: prime considerazioni, in Riv. Pen., 2009, 7-8, pp.
779 ss.; L. PISTORELLI, Sicurezza penale e sicurezza pubblica: le riforme del 2009; Ipsoa, 2009; ID., Il
reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l. n. 30/2009, reperibile
all’indirizzo internet http://www.penale.it/page.asp?mode=1&IDPag=775; A. LUINI, Il reato di stalking o
atti persecutorie ex art. 612-bis c.p. Brevi note, in Riv. pen., 2009, 9, pp. 939 ss.; C. COLOMBO, Lo
stalking. La donna come vittima privilegiata e le tipologie di nuova emersione, in Riv. pen., 2010, 6, pp. 571
ss.; F. PISANO, Stalking: il giudice civile non può ordinare la cessazione della condotta persecutoria (nota a
Trib. Cagliari, 10 ottobre 2007), in Persona e Danno (www.personaedanno.it), pubblicato il 23/04/2009; R.
CAUTERUCCIO, Il reato di stalking: configurazione e problematiche, in Riv. pen., 2010, 3, pp. 245 ss.; A.
VALSECCHI, Il delitto di atti persecutori (cd. stalking), in Riv. it. dir. proc. pen., 2009, pp. 1377 ss.; M.
GAGLIEGA, Lo stalking. Dalla molestia agli atti persecutori, in Altalex (www.altalex.com), pubblicato il
13/05/2008; F. AGNINO, Il nuovo delitto di atti persecutori, c.d. stalking, entra subito in scena nelle aule di
giustizia, in Corr. merito, 2009, 3, pp. 681 ss.; F. M. ZANASI, Violenza in famiglia e stalking. Dalle indagini
1
Il legislatore con la norma de qua è intervenuto per colmare una vacatio legis alla luce
delle dimensioni allarmanti assunte dal fenomeno sociale dello stalking, vale a dire quella
condotta morbosa ed assillante posta in essere da un soggetto che polarizza la propria
attenzione (attraverso l’invio di sms, e-mails, lettere, l’effettuazione di ripetute telefonate,
etc…) su di un altro individuo, costringendolo a modificare le proprie abitudini di vita e,
dunque, ad una qualità di vita dimensionata.
Lo stalking sottende un pattern comportamentale complesso, caratterizzato dalla
imposizione reiterata e non consensuale di interazioni relazionali, che destabilizzano
l’equilibrio psico-fisico della vittima, impedendogli di attendere alle normali occupazioni
quotidiane.
Il termine, mutuato dal linguaggio venatorio anglosassone, indica letteralmente l’atto
del braccare effettuato dal predatore sulla propria preda (to stalker) e viene trasposto, con
un adattamento figurato, sul piano giuridico per indicare una pletora di comportamenti,
insuscettivi di una aprioristica perimetrazione, che attentano ad una vasta gamma di profili
della persona alterandone le normali e spontanee dinamiche relazionali.
Si pensi al diritto alla libertà, al diritto alla salute, al diritto alla privacy - la cui tutela è
variamente riferibile al tracciato costituzionale ed alla normativa di rango inferiore, così
come a quella comunitaria - che sono suscettivi di essere incisi per effetto di una condotta,
quella di stalking, che adesso trova compiuta allocazione nel corpus codicistico attraverso
la previsione di cui all’art. 612-bis c.p.
Si tratta di una norma che richiede, in sede giurisprudenziale e dottrinale, che siano
tracciate le coordinate applicative stante l’essere una fattispecie di recente conio;
problematica, questa, sulla quale si è misurata la giurisprudenza della Suprema Corte al
difensive agli ordini di protezione, Giuffrè, 2006; P. PANARELLO, L’analisi del delitto di atti persecutori,
in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, 1, pp. 36 ss.; AA. VV., Lo stalking. Il reato di atti persecutori (art. 612-bis
c.p.) e le altre modifiche introdotte dalla legge 23 aprile 2009, n. 38 (a cura di S. Tovani – A. Trinci), DIKE,
2009; C. PARODI, Stalking e tutela penale. Le novità introdotte nel sistema giuridico dalla L.38/2009,
Giuffrè, 2009; F. BARTOLINI, Lo stalking e gli atti persecutori nel diritto penale e civile, La Tribuna, 2009;
F. CESARI, Custodia in carcere per il marito molestatore. Prime applicazioni del reato di stalking (nota a
Trib. Milano, 31 marzo 2009), in Fam. e diritto, 2009, 11, pp. 1039 ss.; S. BEDESSI – F. PICCIONI, Ronde,
stalking, videosorveglianza. Commento alle misure d’impatto contenute nel pacchetto sicurezza, Experta,
2009; R. MARINO, Violenza sessuale. Pedofilia. Stalking. Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e
di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori.Commento organico al D.L. 23
febbraio 2009, n. 11; A. CALDARONI, Stalking e atti persecutori, Edizioni Univ. Romane, 2009; F.
SARNO, Il nuovo reato di atti persecutori (art. 612-bis), Giuffrè, 2010; A. SORGATO, I reati del c.d.
molestatore assillante in attesa di una norma ad hoc (nota a Trib. Milano, 2 luglio 2008 e Trib. Milano, 21
febbraio 2009), ne Il merito, 2008, n. 59 ss.; ID., Stalking, Giappichelli, 2010; A. NATALINI, La pena è
maggiorata per gli atti persecutori commessi dal partner, in Fam. e minori, 2009, 7, pp. 67 ss.; G.
BENEDETTO - M. ZAMPI – M. RICCI MESSORI – M. CINGOLATI, Stalking: aspetti giuridici e medicolegali, in Riv. it. medicina legale, 1, 2008, pp. 127 ss.; A. GALANTI, Prime considerazioni in ordine al reato
di stalking: se diventasse (anche) mobbing?, in Giust. pen., 1, 2010, pp. 57 ss.; M. J. FONTANELLA, Una
nuova fattispecie penale: lo stalking, in Iustitia, 2009, 4, pp. 421 ss.; R. MARINO, Violenza sessuale
pedofilia stalking, Edizioni Giuridiche Simone, 2009; ID., Il reato di atti persecutori, in Relazione Consiglio
superiore della Magistratura, Violenza di genere mobbing e stalking, pp. 1 ss.
(http://appinter.csm.it/incontri/relaz/19241.pdf); A. CADOPPI, Decreto anti-violenze, Atti persecutori: una
normativa
necessaria,
in
Guida
al
diritto,
2009,
19,
pp.
49
ss.
(http://www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com/Doc.aspx?Numero=19&cmd=GuidaDiritto_Archivio&IdDocume
nto=10531251&Data=2009-0509&IdFonteDocumentale=53&Sezione=na&Image=tit_guida.gif&MenuOn=menu_gd_archivio);
ID.,
Decreto anti-violenze, Efficace la misura dell’ammonimento del questore, ivi, pp. 52 ss.
(http://www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com/Doc.aspx?Numero=19&cmd=GuidaDiritto_Archivio&IdDocume
nto=10531229&Data=2009-0509&IdFonteDocumentale=53&Sezione=na&Image=tit_guida.gif&MenuOn=menu_gd_archivio).
2
fine di addivenire ad un assetto ermeneutico che consenta di governare compiutamente le
implicazioni teorico-pratiche del reato.
Un reato, che, attesa la latitudine che ne caratterizza la tecnica redazionale, implica un
ineludibile vaglio di coerenza con la sistemica penalistica.
Il presente scritto intende riflettere gli echi dell’elaborazione giurisprudenziale in
materia, in uno alle posizioni assunte dalla dottrina in merito alla definizione della trama
degli elementi qualificanti il delitto di atti persecutori.
Preliminarmente alla disamina del tenore letterale della norma si rende necessario porre
una premessa di natura psico-sociologica che, pur trascendendo aspetti prettamente
giuridici, risulta acconcia al fine di inquadrare la figura dello stalker e le dinamiche
psichiche che ne orientano l’agire2.
Difatti, la previsione di cui all’art. 612-bis c.p. nella sua fisionomia criminologica si
impernia su fenomeni di tipo psicologico, costituendo questi, pertanto, la sede elitaria per
un compiuta comprensione del delitto oggetto del presente scritto.
Tuttavia, è bene precisare che, attesa la trasversalità dei contesti umani e sociali in cui si
radica lo stalking, esso si caratterizza come un campo di studio multidisciplinare ed
interdisciplinare, che coinvolge competenze sociologiche, medico-legali, psichiatricoforensi nonchè legali.
2. La figura dello stalker: profili sociologici e psichiatrici.
Lo stalking, sebbene avuto riguardo ai suoi tratti essenziali possa dirsi un fenomeno
datato3, rappresenta un prodotto degenere dell’odierna temperie4.
2
Si segnala la lettura di “Stalking e psicopatologia”, reperibile al seguente indirizzo internet:
http://www.psyinstitute.org/1/stalking_e_psicopatologia_1188042.html.
3
Il dott. Enrico Maria Secci, psicologo e psicoterapeuta, ha affermato: «Stalking è il nome nuovo di un
problema vecchio, sempre esistito, che consiste nella persecuzione da parte di un individuo di una persona
(generalmente
di
sesso
opposto) con
motivazioni
di
solito
amorose
o
sessuali»
(http://enricomariasecci.blog.tiscali.it/2010/07/01/stalking-denunciare-denunciare-denunciare/).
4
A. C. BALDRY, Dai maltrattamenti all’omicidio. La valutazione del rischio per la prevenzione della
recidiva e dell’uxoricidio, Franco Angeli, 2008; S. MASTROBERANDINO – A. PROIETTI VALENTINI,
Dio li fa poi li accoppia. Complessità e circolarità nella relazione di stalking, AIPG, Newsletter, 2010, n. 41,
pp. 9 ss., reperibile all’indirizzo internet http://www.aipgitalia.org/media/pdf/Newsletter%2041.pdf; C.
MABERINO – A. BERTI – F. MABERINO, Nec sine te nec tecum. Lo stalking:aspetti psicopatologici e
giuridici, in Rass. it. criminologia, 2005, 10, pp. 581 ss.; D. D’ANZEO - C. IANNONE, Stalking.
Conoscerlo e difendersi, Helicon, 2010; AA. VV., Donne che sbattono contro le porte. Riflessioni su
violenze e stalking (a cura di T. Ravazzolo – S. Valanzano), Franco Angeli, 2010; AA. VV., La sindrome
delle molestie assillanti (stalking) (a cura di P. Curci – G. M. Galeazzi – C. Secchi), Bollati Boringhieri,
2003; A. FERRARIS OLIVIERO, Stalker il persecutore, in Psicologia contemporanea, 2001, 164, pp. 18 ss.;
B. FABBRONI – M. A. GIUSTI, Vittima. Persecutore. Il mondo dello stalking, Edizioni Universitarie
Romane, 2009; B. C. GARGIULLO – R. DAMIANI, Lo stalker, ovvero il persecutore in agguato.
Classificazione, assessment e profili psicocomportamentali, Franco Angeli, 2008; H. EGE, Al centro della
persecuzione. Analisi, conseguenze e valutazioni del comportamento persecutorio, Franco Angeli, 2010; N.
BRAN, Quando la passione diventa ossessione. Stalking, Ananke, 2009; I. MASCIA – G. ODDI, Storie di
ordinaria persecuzione, Ma. Gi., 2005; A. DEL DEBBIO – E. DI FIORINO – M. FONTANA, Mobbing.
Hazing. Stalking. Bullismo. Una guida pratica, Psichiatria e Territorio, 2009; F. BRUNO – L. OHANIAN,
Stalking. Cronaca di un abuso, Curcio, 2010; M. FILIPPO CALIÒ, Stalking & Stalkers (da una ricerca
criminologica internazionale e un pattern operativo per la identificazione di anonimi molestatori a mezzo di
telefonate e lettere anonime), LiberiStampautori, 2007; V. MASTRONARDI, Stalking o sindrome delle
molestie assillanti, in AA. VV., Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica ( a cura di V.
Volterra), Masson, 2010; G. M. GALEAZZI - K. ELKINS – P- CURCI, The stalking of mental health
professionalsby patients, in Psychiatric Services, 2005, 56 (2), pp. 137 ss.; G. M. GALEAZZI – P. CURCI,
The tormenting harasser syndrome (stalking): a review, in Giorn. it. psicopatologia, 2001, 7 (4), pp. 434 ss.;
J. H. KAMPHUIS - P. M. G. EMMELKAMP – V. DE VRIES, Informant Personality Descriptions of
3
L’evo moderno registra l’emersione di dinamiche comunicative improntate a moduli
impersonali, in cui il contatto fisico, la componente umana autentica, è posta in
second’ordine. Si pensi ai cd. social-networks (Facebook, MySpace, Badoo, Sonico,
etc…), che consentono in tempo reale lo scambio di un enorme flusso di comunicazioni,
assai carenti, però, da un punto di vista qualitativo.
Proprio l’accantonamento degli usuali schemi di relazione comporta delle anomalie
affettive e comportamentali nelle relazioni interpersonali. In particolare, l’assetto
comunicativo surriferito talvolta porta, soggetti dalle ridotte capacità comunicative, ad
enfatizzare i rapporti vissuti al di fuori del contesto virtuale, al cui distacco subiscono una
sorta di smarrimento esistenziale.
In dottrina è stato significativamente osservato: «Lo “stalking” è un fenomeno in primis
di tipo relazionale, che trova la sua genesi in equivoci ed incomprensioni nei rapporti
interpersonali, nella non accettazione dell’atteggiamento altrui, in difetti di comunicazione
oppure nella volontà pervicace del molestatore d’imporre sull’altra persona un
particolare tipo di rapporto che, per chi ne è destinatario, risulta essere altamente
indesiderato»5.
Sebbene non sia possibile adottare in via aprioristica schemi ed etichettature, è
innegabile che in un certo senso sussistono dei fattori predisponenti allo stalking, come si
dirà nel prosieguo, tra i quali rientrano le difficoltà interazionali e disturbi di varia natura
che, da soli od associati a particolari accadimenti, costituiscono l’humus in cui alligna lo
stalking.
Come evidenziano studi medici, sovente lo stalker ha subito un trauma affettivo in età
relativamente giovane, che ne compromette un armonico sviluppo psichico
destabilizzandone l’equilibrio interiore.
Ciò posto, è bene precisare, tuttavia, che nell’ambito della scienza psichiatrica si
registrano posizioni concordi circa l’impossibilità di individuare tratti patognomonici
propri ed esclusivi dello stalker, non esistendo disturbi psichiatrici peculiari di questa
figura.
Come si evince dalle statistiche in materia, quello dello stalking è un fenomeno che
riguarda soprattutto persone di sesso maschile (secondo l’Osservatorio Nazionale Stalking
circa il 70% delle condotte di stalking sono poste in essere da uomini).
La Direzione centrale della Polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza
evidenzia che, avuto riguardo al numero complessivo delle persone denunciate per atti
persecutori, l’85% è di nazionalità italiana e l’incidenza delle persone di sesso maschile sul
Postintimate Stalkers Using the Five Factor Profile, in Journal of Personality Assessment 2004, 82 (2), pp.
169 ss.; J. H. KAMPHUIS - P. M. G. EMMELKAMP – V. DE VRIES, Individual differences in posttraumatic stress following post-intimate stalking: Stalking severity and psychosocial variables, in British
Journal of Clinical Psychology, 2003, 42 (2), pp. 145 ss.; J. H. KAMPHUIS - P. M. G. EMMELKAMP,
Stalking – a contemporary challenge for forensic and clinical psychiatry, in British Journal of Psychiatry,
2000, 176, pp. 206 ss.; J. H. KAMPHUIS - P. M. G. EMMELKAMP Traumatic distress among supportseeking female victims of stalking, in American Journal of Psychiatry, 2001, 158 (5), pp. 795 ss.; D. V.
JAMES - F. R. FARNHAM, Stalking and serious violence, in Journal of the American Academy Psychiatry
and the Law, 2003, 31 (4), pp. 432 ss.; F. R. FARNHAM – C. V. RITCHIE – D. V. JAMES – H. G.
KENNEDY, Pathology of love, in The Lancet, 1997, 350, pp. 710 ss.; AA. VV., The psychology of stalking.
Clinical and Forensic Perspectives (edited by J. R. Meloy), Academic Press, 1998; P. E. MULLEN – M.
PATHÈ – R. PURCELL – G. STUART, A study of stalkers, in American Journal of Psychiatry, 156 (8),
1999, pp. 1244 ss.
5
M. BONA, cit.
4
fenomeno si attesta intorno al 90%, considerando cittadini di nazionalità italiana e
straniera6.
Volendo tentare una classificazione della tipologia di soggetto agente in commento, può
dirsi che solitamente si tratta di persone che non riescono ad accettare la fine di una
relazione affettiva. In sostanza, la conclusione di un rapporto sentimentale non viene
elaborata nelle giuste misure e diviene l’embrione per una condotta molesta nei confronti
dell’ex partner7.
Orbene, «laddove vi sia stato un pregresso rapporto sentimentale la persecuzione
attuata rappresenta una sorta di “surrogato” della relazione persa. In tale evenienza lo
stalking è una sorta di strumento attraverso cui vincolare a sé una persona, facendola
rimanere nella propria quotidianità»8.
Si consideri che, avuto riguardo al periodo 2002-2007, il 50% degli episodi di stalking è
riconducibile entro lo schema di una relazione amorosa terminata9. Ad esserne vittima
solitamente sono donne di età compresa tra i 35 ed i 45 anni. Abitualmente il molestatore
in tali casi oscilla tra il desiderio di ricongiungimento e quello di vendetta per la ferita
narcisistica subita.
Significativamente è stato osservato che «Vi sono contesti umani in cui lo stalking […]
sembra sovrapponibile al cosiddetto vecchio “delitto d’onore”»10.
È possibile, poi, individuare soggetti in relazione ai quali lo stalking si innesta in un
quadro caratterizzato dalla sussistenza di disturbi psichici di varia tipologia, quali il
disturbo cd. bipolare (soprattutto nella cd. fase maniacale)11, i disturbi della personalità (in
particolare i quadri border-line, paranoidi e narcisistici), la schizofrenia, il delirio
erotomanico12.
Tale ultimo termine nella psichiatria, avuto riguardo alla sua concezione più autentica,
indica la convinzione infondata ed ossessiva che un’altra persona provi, segretamente,
sentimenti amorosi nei propri confronti.
Il precario equilibrio interiore porta tali soggetti ad interpretare sguardi, gesti, parole in
senso distorto ed a dare loro una direzionalità univoca secondo schemi mentali prestabiliti.
L’affezione nella variante più diffusa (quella in cui oggetto delle attenzioni è una
persona nota) è conosciuta anche con la denominazione di “sindrome di de Clerambault”,
6
V. R. MARINO, Il reato di atti persecutori, cit., p. 50.
Stando ai dati in possesso del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, il 50% degli episodi di stalking
si innesta nel contesto di una relazione affettiva cessata (V. R. MARINO, Il reato di atti persecutori, cit., p.
50).
8
V. IANNI, Le unioni di fatto: responsabilità civile eso ed endo, in AA. VV., Trattato dei nuovi danni
(diretto da P. Cendon), vol. -, Cedam, 2011, in corso di pubblicazione.
9
Osservatorio Nazionale Stalking, periodo di riferimento: 2002-2007. Dall’indagine denominata “Sicurezza
sulle donne”, condotta dall’ISTAT, è emerso che in Italia le donne vittime di comportamenti persecutori al
termine della loro relazione sentimentale sono state 2.077.000.
10
In tali termini si esprime la psicologa e psicoterapeuta Maristella Buonsante
(http://maristellabuonsante.wordpress.com/stalking-radici-relazioni-eventi/).
11
Il cd. disturbo bipolare è una patologia nella quale i normali stati dell’umore, tristezza e felicità, si
presentano ciclicamente amplificati ed alternati a periodi di normalità.
12
In passato per indicare il disturbo erano invalsi i termini “paranoia erotica” ed “illusione erotica
autoreferenziale”.
Si segnala la lettura di: M. ZONA – K. SHARMA – J. LANE, A comparative study of erotomanic and
obsessional subjects in a forensic sample, in Journal of Forensic Sciences, 1993, 38 (4), pp. 894 ss.; R. B.
HARMON – R. ROSNER – H. OWENS, Obsessional harassment and erotomania in a criminal court
population, in Journal of Forensic Sciences, 1995, 40 (2), pp. 188 ss.
7
5
dallo psichiatra francese Gaëtan Gatian de Clerambault, che nel 1921 pubblicò un trattato
sull’argomento, dal titolo “Les psychoses passionelles”.
Frequentemente nell’ambito degli stalkers si riscontrano disturbi variamente riferibili
alla personalità (problemi di autostima, difficoltà a gestire le relazioni interpersonali e, più
in particolare, i rapporti con l’altro sesso).
Si tratta della tipologia di stalkers più pericolosa, in quanto talvolta detti soggetti non
presentano una esteriorizzazione delle loro problematiche e risulta pertanto difficoltoso
approntare tempestivamente efficaci misure di tutela.
Vi è, inoltre, una categoria di stalkers che, ritenendo, più o meno fondatamente, di avere
subito un torto, tentano di farsi giustizia da sè arrecando nocumento alla serenità di un
soggetto, spesso vittima incolpevole di deliri incoscienti.
Infine, vi sono motivazioni legate ad impulsi sessuali che spingono determinati soggetti
a porre in essere delle condotte di stalking. In tali casi breve è il passo dal compimento di
atti di violenza, omicidio, aggressione fisica.
Analizzando i dati contenuti nel rapporto internazionale sulla violenza contro le donne,
curato dal Centro “Reina Sofía” para el estudio de la violencia di Valencia13, ci si avvede
che in
Italia, delle circa 200 donne uccise ogni anno per motivi passionali, circa 80
sono state precedentemente vittime di comportamenti persecutori posti in essere
dall’assassino14.
Proprio in ragione dell’incidenza di tali condotte degeneri il legislatore ha previsto,
quale aggravante del reato di omicidio, la circostanza dell’avere posto in essere condotte di
atti persecutori in pregiudizio della persona uccisa (art. 576, comma 1, n. 5.1. c.p.)15. In
tale caso è prevista la comminazione della pena dell’ergastolo.
Solitamente nell’ambito della categoria di stalkers di cui si discorre è dato ravvisarsi la
sussistenza di parafilie, termine scientifico invalso per indicare l’insieme di quelle
perversioni o deviazioni sessuali che, trascendendo l’eventuale singolarità delle personali
inclinazioni, vengono classificate tra i disturbi del comportamento sessuale.
Per essere definita “parafiliaca” una condotta umana deve causare un disagio
clinicamente significativo ed una compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altri
comparti relazionali, in cui si esplica la normale attività quotidiana.
Ciò posto, diffusi sono gli episodi di stalking che originano da situazioni di conflitto in
ambito lavorativo16. In tale caso sovente alla condotta di stalking se ne affianca una di
mobbing.
13
Si legge nel sito internet www.centroreinasofia.es: «El Centro Reina Sofía, denominación de la Fundación
de la Comunidad Valenciana para el Estudio de la Violencia, es una institución que, bajo la Presidencia de
Honor de S. M. la Reina Doña Sofía, se dedica desde 1997 al análisis de la agresión en sus distintas
formas».
14
V. J. SANMARTÌN,“Violencia contra la mujer en las relaciones de pareja. Estadísticas y legislación”, 2
n d International Report Partner Violence against Women. Statistic and Legislation, DISEÑARTE –
Goaprint, 2003, pp. 1 ss. Per quanto concerne ulteriori studi condotti sul fenomeno dello stalking si rimanda
alle seguenti documentazioni:
National
College
Women
Sexual
Victimization
study
(NCWSV)
(http://www.ncjrs.org/pdffiles1/nij/182369.pdf);
- British Crime Survey del 2001 (BCS) (http://www.homeoffice.gov.uk/rds/pdfs04/hors276.pdf);
- National Violence Against Women Survey 1995 (NVAWS) (http://www.ncjrs.gov/pdffiles/169592.pdf).
15
Si segnala la lettura di R. BRICCHETTI – L. PISTORELLI, Decreto anti-violenze, Sulla circostanza
aggravante dell’omicidio c’è il rischio di interpretazioni forzate, in Guida al diritto, 19, pp. 43 ss.
16
Si segnala la lettura di H. EGE, Oltre il mobbing: Straining, Stalking e altre forme di conflittualità sul
posto di lavoro, Franco Angeli, 2005.
6
Non di rado episodi di stalking avvengono in ambito condominiale; di recente conio è,
al proposito, il cd. stalking condominiale, terminologia con cui si indicano le sistematiche
vessazioni ed i soprusi subiti da un soggetto per opera di un condomino. Talvolta le
attenzioni moleste sono rivolte nei confronti dell’amministratore, il quale polarizza un pò
le tensioni che si creano nell’ambito del “microcosmo” condominio.
Come si evince da quanto sopra riferito il fenomeno dello stalking sottende un substrato
umano molto variegato (e dal punto di vista della vittima e sul versante del persecutore),
che rende approssimativa ogni rigida etichettatura17.
Come tutti i fenomeni umani anche lo stalking risulta interessato dalla simultanea
coesistenza ed interazione di una vasta gamma di variabili comportamentali, diverse tra
loro, la cui combinazione secondo modulazioni sempre differenti osta ad un compiuto
inquadramento della fattispecie di cui si discorre.
Il dato che appare certo è quello per cui le vittime di stalking solitamente sono donne
(circa l’80,03%)18 di età relativamente giovane (18-35 anni).
Nonostante la trasversalità del fenomeno sembra che chi esercita talune professioni di
assistenza (medici, psicologi, infermieri, educatori) incorre in un rischio maggiore di
divenire vittima di stalking. La ragione di ciò è da individuare nel fatto che detti soggetti
instaurano una peculiare dinamica relazionale, divenendo i collettori di sentimenti,
aspettative, idealizzazioni che, una volta traslati da un piano ideale in uno reale, possono
degenerare in condotte moleste e persecutorie.
Posta questa parametrazione disquisitiva, può adesso passarsi in rassegna il dato
letterale della norma di cui all’art. 612-bis c.p.
3. Il reato di atti persecutori.
3.1. Gli stilemi definitori.
La nuova fattispecie di reato è stata introdotta nell’ordinamento penale italiano dal
decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11 (convertito, con modifiche, dalla legge 23 aprile
2009, n. 38), sulla scorta dell’esperienza dei Paesi di Common law in cui la figura era già
presente da diverso tempo19.
Il reato è stato inserito nel capo III del titolo XII, parte II del codice penale, nella
sezione relativa ai delitti contro la libertà morale. Scelta, questa, indicativa di quale sia il
referente ermeneutico al fine di un compiuto inquadramento del delitto in commento20.
Assoluta centralità, difatti, riveste il presidio della libertà di determinarsi, secondo le
proprie inclinazioni ed aspirazioni personali, circa la propria sfera affettiva e relazionale.
Venendo al versante letterale, a mente dell’art. 612-bis, comma 1° c.p., rubricato “Atti
persecutori”: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da
17
F. MACRÌ, Modifiche alla disciplina delle circostanze aggravanti dell’omicidio e nuovo delitto di “Atti
persecutori”, in Dir. pen. e proc., 2009, 7, pp. 815 ss.: «Lo stalking non è un fenomeno unitario ed omogeneo
e - al di la della sua descrizione con locuzioni come ‘atti persecutori’o ‘molestie assillanti’ - è
particolarmente arduo racchiuderlo in una formula generale e tassativa».
18
Dati del Servizio Analisi Criminale della Direzione centrale della Polizia criminale.
19
La prima normativa in materia di stalking risale al 1991 e fu varata in California. Questi i Paesi europei,
oltre l’Italia, in cui lo stalking è normativamente contemplato: Austria, Belgio, Danimarca, Olanda,
Germania, Irlanda, Malta, Regno Unito.
20
In dottrina è stato sottolineato che la collocazione risulta «probabilmente condizionata dalla selezione
della minaccia come forma di manifestazione tipica della condotta materiale» (L. PISTORELLI, Il reato di
“stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l. n. 30/2009, cit.).
7
sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in
modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare
un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al
medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le
proprie abitudini di vita»21.
A differenza delle esperienze estere il legislatore non ha adottato un approccio analitico
nella tipizzazione delle condotte di stalking, operando un demando a fenomeni più o meno
empiricamente afferrabili sulla scorta dei dati acquisiti dalla comune esperienza.
Nella loro sequenza i tre eventi cui il legislatore subordina la punibilità della condotta di
atti persecutori, indicano una progressione in cui il vulnus va via via scemando nella sua
oggettivizzazione per assumere contorni marcatamente personalizzabili.
Il primo, il grave disagio psichico, è accertabile con l’ausilio delle conoscenze
mediche22; il secondo si presenta dalla connotazione più soggettiva ma comunque
rapportabile a parametri oggettivizzati nell’esperienza comune23; il terzo, infine, costituisce
un elemento che si modula in maniera diversificata in ragione della tipologia di vissuto e di
carattere di ogni singola persona.
In dottrina è stato osservato che detta personalizzazione palesa difficoltà di
accertamento, ragion per cui sarebbe stato preferibile che il legislatore avesse posto
l’accento sull’“idoneità” degli atti persecutori a determinare tali ripercussioni di tipo
psicologico24. Ad avviso della dottrina in commento: «In questo modo, il giudizio di
disvalore sarebbe stato incentrato sulla idoneità della condotta (dato maggiormente
oggettivo) e non sull’effetto della condotta stessa sulla psiche della vittima (dato
maggiormente soggettivo)».
La stessa dottrina ha evidenziato il rischio che la valorizzazione della dimensione
psicologica possa dar luogo ad un’applicazione lasca della norma.
Può ricordarsi che durante i lavori parlamentari del d.d.l. n. C1440, la Commissione
Giustizia della Camera dei Deputati, partendo dal dato delle difficoltà di accertamento in
sede processuale dello stato di ansia o di paura, aveva riformulato la lettera della
previsione nel senso che la condotta dovesse essere concretamente idonea a determinare
tale stato.
Tuttavia, si ritenne, poi, di riportare il delitto alla sua struttura originaria, recepita dal
decreto legge e dalla legge di conversione.
21
Trib. Bari, 6 aprile 2009.
In dottrina è stato osservato: «Per soddisfare il requisito di determinatezza (nella parte in cui
esprime l’esigenza che le norme penali descrivano fatti suscettibili di essere accertati e provati attraverso i
criteri messi a disposizione dalla scienza e dall’esperienza attuale) deve ritenersi che la formula normativa
intenda riferirsi a forme patologiche caratterizzate dallo stress e specificamente riconoscibili proprio come
conseguenza del tipo di comportamenti incriminati, le quali, sebbene non sempre compiutamente codificate,
trovano riscontro nella letteratura medica» (L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al
codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l. n. 30/2009, cit.). Prosegue la stessa dottrina: «il legislatore […]
ha descritto lo stato indotto nella vittima attraverso il ricorso a connotazioni come “grave” e “perdurante”,
le quali, per l’appunto, sembrano evocare una situazione di disequilibrio psicologico che assume carattere
patologico e dunque obiettivo».
23
In una recente pronuncia si legge: «Si tratta, senza dubbio, di condotte che, per numero e modalità, sono
verosimilmente suscettibili di comportare un “perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero il fondato
timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione
affettiva» (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 28 giugno 2010, n. 2639).
24
A. CADOPPI, Decreto anti-violenze, Efficace la misura dell’ammonimento del questore, cit.
22
8
Quanto alla nozione di prossimi congiunti la norma rinvia implicitamente a quella
prevista dal quarto comma dell’art. 307 c.p. (che attribuisce detta qualifica agli ascendenti,
ai discendenti, al coniuge, ai fratelli ed alle sorelle, agli affini nello stesso grado (salvo che
il coniuge sia deceduto e non vi sia prole), mentre non fornisce elementi utili ad approntare
una perimetrazione utile all’individuazione del soggetto legato da relazione affettiva alla
vittima delle condotte persecutorie.
Lo scrivente opina nel senso che detta dicitura debba interpretarsi in senso
particolarmente rigido, potendosi valorizzare unicamente rapporti di una certa intensità ed
ai quali presieda un significativo ed apprezzabile coinvolgimento emotivo, quale, ad
esempio, un rapporto di convivenza more uxorio25.
Ciò posto, il requisito che presenta maggiori difficoltà definitorie è sicuramente quello
concernente l’alterazione dei modi di vivere della persona vittima di stalking. Con la
suddetta terminologia deve intendersi l’apprezzabile modificazione di ogni modulo in cui
si esplica la normale, consueta dinamica relazionale, dovendosi valorizzare, però, eventuali
peculiarità caratteriali od esperenziali.
In definitiva, sembra potersi condividere quella dottrina la quale ha osservato: «In fondo
rinchiudere una realtà criminologia così vasta e complessa, come quella cui intende fare
riferimento la nuova incriminazione, in formule di maggior dettaglio, ma anche più rigide,
avrebbe rischiato di renderla inefficace e dunque il punto di equilibrio raggiunto, tra
principi costituzionali ed esigenze di tutela, pare ragionevole.
Del resto la prospettiva comparatistica dimostra come anche gli ordinamenti stranieri
che hanno deciso di dotarsi di incriminazioni analoghe, hanno incontrato simili difficoltà
nel confezionare sintesi normative completamente soddisfacenti nella prospettiva
segnalata»26.
Da un punto di vista strutturale può dirsi che il reato abituale di atti persecutori si pone
come raccordo di una vasta gamma di condotte, autonomamente perseguibili sulla base del
tracciato normativo, ma che in sede di contestazione processuale divengono suscettive di
reductio ad unum mercè la nuova previsione di legge.
Segnatamente, si tratta di una fattispecie che ricalca il delitto di minaccia e la previsione
di cui all’art. 660 c.p., che contempla la contravvenzione rubricata “molestia o disturbo
alle persone”27, caratterizzandosi, rispetto ad esse, per elementi di specificità quali la
25
In dottrina è stato posto in rilievo: «l’orizzonte della “relazione affettiva” è potenzialmente indefinito e
avrebbe richiesto ben altro sforzo definitorio da parte del legislatore» (L. PISTORELLI, Il reato di
“stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l. n. 30/2009, cit.).
Sul tema delle convivenze more uxorio si rimanda, avuto riguardo alle pubblicazioni più recenti, alla lettura
di V. IANNI, Coppie di fatto e conviventi more uxorio: profili giuridici e soluzioni giurisprudenziali, Nel
Diritto, 2010; ID., Le convivenze more uxorio: un progetto di vite convissute (nota a Cass. civ., sez. I, 28
settembre 2009 – 22 gennaio 2010, n. 1096), in Nel Diritto, 2010, 5, pp. 638 ss.; F. TAVANO, La famiglia di
fatto, Faq, 2010; E. FALLETTI, Famiglie di fatto e convivenze, Cedam, 2009; S. ASPREA, La famiglia di
fatto, Giuffrè, 2009; L. BARBIERA, Le convivenze. Diritto civile nazionale e orientamenti europei, Cacucci,
2010.
26
L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l.
n. 30/2009, cit.
27
L’art. 660 c.p., rubricato “Molestia o disturbo alle persone”, recita: «Chiunque, in luogo pubblico o aperto
al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno
molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a € 516».
9
necessaria reiterazione della condotta per un tempo giuridicamente apprezzabile e la
pervasività della stessa28.
In dottrina è stato osservato che «la nuova norma incriminatrice intende colmare una
lacuna di tutela determinata dall’incapacità delle incriminazioni di minaccia, molestie, e
violenza privata a fornire una adeguata risposta repressiva al peculiare profilo
criminologico di colui che pone in essere comportamenti consimili in maniera seriale»29.
In sede applicativa gli operatori del diritto potranno accedere alle risultanze dei repertori
giurisprudenziali, frutto di un’esperienza consolidata, in merito alla definizione degli
elementi qualificanti i due reati summenzionati.
Circa il concetto di minaccia, essa consiste essenzialmente nella prospettazione di un
danno o di un male futuro, il cui verificarsi, legato ad un facere o ad un non facere, è
percepito come verosimile da una persona di media avvedutezza.
La molestia, in via di massima semplificazione, consiste nel porre in essere una
condotta - che può assumere una vasta gamma di modulazioni - atta a turbare la serenità di
un soggetto.
Ciò posto, il reato contemplato dall’art. 612-bis c.p. è un reato plurioffensivo, in quanto
attenta, da un lato alla libertà morale e di autodeterminazione, dall’altro al bene della salute
laddove la condotta determini, sul soggetto che ne è vittima, un “perdurante e grave stato
di ansia o di paura” ovvero un fondato timore per la propria incolumità, per quella di un
prossimo congiunto o finanche per quella di una persona ad esso legata da “relazione
affettiva”30.
Tuttavia, non può trascurarsi che particolari aspetti della condotta di atti persecutori
sono suscettivi di arrecare un vulnus al diritto alla privacy (si pensi all’accesso non
autorizzato in spazi privati od alla diffusione di dati personali, quest’ultima perseguibile
sulla scorta dell’art. 167 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196).
In sostanza, come affermato da taluna dottrina, la previsione di cui all’art. 612-bis c.p.
«cerca di tutelare nel suo complesso una fascia composita di interessi individuali, non
necessariamente omogenei»31. La stessa dottrina prosegue: «Quello di atti persecutori
sembra dunque essere un reato (eventualmente) plurioffensivo».
In realtà pare che si tratti di un reato “normalmente” plurioffensivo, atteso che i vulnus
sopra descritti sono solitamente compresenti nelle condotte di stalking.
28
L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l.
n. 30/2009, cit.: «Quelle di minaccia e di molestia sono […] nozioni elastiche, idonee a provocare qualche
tensione dei principi di tassatività e determinatezza, ma la selezione da parte del legislatore di una
terminologia che vanta una robusta tradizione interpretativa può ritenersi tutto sommato tranquillizzante
argine contro pericolose estensioni dell’ambito della norma incriminatrice nella prassi applicativa».
29
L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l.
n. 30/2009, cit.
30
Presso il Dipartimento per le Pari Opportunità è stato istituito il Nucleo Carabinieri – Sezione Atti
Persecutori – composto da 13 carabinieri tra criminologi, psicologi, sociologi, biologi e informatici, con il
compito di monitorare il fenomeno dello stalking ed individuare gli stilemi che caratterizzano la figura dello
stalker e le sue condotte. La predetta attività di ricerca si prefigge la finalità di predisporre un protocollo
operativo per inquadrare la nuova tipologia di reato.
L’ADOC, ossia l’Associazione nazionale per la difesa e l’orientamento dei consumatori, degli utenti, dei
risparmiatori, dei malati e dei contribuenti ha predisposto uno sportello on-line al quale ci si può rivolgere per
avere informazioni e assistenza in materia stalking (sito web reperibile all’indirizzo www.adoc.org.)
31
L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l.
n. 30/2009, cit.
10
In ossequio a quanto evidenziato dal CSM in sede di parere espresso nel corso del
procedimento legislativo che ha condotto al varo della normativa in questa sede in
commento, deve opinarsi nel senso che quello di atti persecutori sia un reato di danno32,
ancorato al verificarsi di tre situazioni alternative (sebbene solitamente compresenti):
- «un perdurante e grave stato di ansia o di paura»;
- un fondato timore per l’incolumità, propria o di un prossimo congiunto, ovvero per
quella di persona alla quale si è legati da relazione affettiva;
- l’alterazione delle consuete dinamiche di vita.
In relazione al presente discorso può ricordarsi che in coloro che sono state vittime di
condotte di stalking si sono osservati:
 insonnia, frequenti risvegli, incubi notturni;
 facile irritabilità ed un costante stato di tensione, attacchi di panico, difficoltà di
concentrazione, apatia;
 cefalea, gastroenteriti, tachicardia, dolore osteoarticolare, disturbi dell’equilibrio,
svenimenti improvvisi;
 anoressia, bulimia, farmacodipendenza, fobie, depressione;
 assunzione di alcool e di tabacco, od aumento della quantità usualmente assunta
precedentemente al verificarsi dei comportamenti molesti;
 episodi di flashback che rinnovano il ricordo di accadimenti particolarmente
traumatici;
 condotte di evitamento verso tutto ciò che possa essere riconducibile (anche
simbolicamente) all’esperienza vissuta;
 tentativi di suicidio.
Talvolta le vittime di stalking hanno sensi di colpa per quello che è successo,
rimproverandosi di aver tenuto un dato comportamento che non ha impedito le condotte
persecutorie.
Significativo è ricordare che il colloquio con le vittime di atti persecutori spesso ha
evidenziato in esse una serie di cambiamenti, talmente pregnanti da potersi dire che gli
stessi avessero prodotto un vero e proprio snaturamento della personalità.
Ciò posto, sembra potersi precisare che il reato pare caratterizzarsi come potenzialmente
prodromico alla commissione di una vasta pletora di reati (omicidio, violenza fisica o
sessuale ( anche in pregiudizio di soggetti terzi), danneggiamento, violazione di domicilio).
Significativo è, al proposito, ricordare che sulla scorta dei dati dell’Osservatorio
Nazionale Stalking, relativi al periodo 2002-2007, il 39% dei crimini commessi da ex
partners è stato preceduto dal compimento di atti persecutori.
Alla luce di quanto sopra detto quello previsto dall’art. 612-bis c.p. è dunque un reato
che si caratterizza come volto a sanzionare condotte attuali o pregresse ed a prevenirne
delle altre.
Circa l’elemento soggettivo, sembra da preferirsi la tesi per cui si richiede la sussistenza
di un dolo generico, comprendente l’integrazione di una condotta unitamente alla
rappresentazione del verificarsi di una delle tre condizioni previste dal legislatore33.
32
Cass. pen., sez. V, 7 maggio 2010, n. 17698.
Nel senso che il reato sottenda un dolo generico v. Trib. Napoli, 30 giugno 2009; Cass. pen., sez. V, 26
marzo 2010, n. 11945.
33
11
Ritenere necessaria l’integrazione di un dolo specifico significa restringere la portata
applicativa della norma, in contrasto con l’intento del legislatore di fornire copertura
legislativa ad un ampio spettro di condotte.
La dicitura “in modo da cagionare”, che sottende una stretta correlazione tra
rappresentazione, volizione ed accadimento, porta ad escludere che possa ritenersi
bastevole un dolo eventuale.
La Suprema Corte ha osservato che la reciprocità dei comportamenti molesti non
esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori, incombendo sul giudice, in tale
ipotesi, un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell’eventus
damni34.
L’art. 612-bis c.p. reca un catalogo di aggravanti riferibili sostanzialmente a quelle
situazioni che in sede applicativa dei reati di molestia e minaccia si erano riscontrate con
maggiore frequenza.
Una prima situazione che giustifica un inasprimento del trattamento sanzionatorio
(aumento fino a due terzi della pena) è quella per cui «il fatto è commesso dal coniuge
legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva
alla persona offesa» (comma 2).
In relazione alla portata applicativa di tale ultima previsione, potrà valorizzarsi ogni
vincolo affettivo, sia esso sentimentale ovvero amicale, purchè stabile e duraturo, senza
che detta relazione implichi necessariamente la convivenza od una comunanza di vita che
involga finanche aspetti attinenti alla sfera sessuale.
In relazione al comma 2 dell’art. 612-bis c.p. in dottrina è stato evidenziato: «non si
comprende perché il legislatore abbia incluso nel fuoco dell’aggravante colui che in
passato abbia intrattenuto una relazione affettiva con la vittima, ma abbia invece escluso il
coniuge separato solo di fatto.
Per altro verso discutibile appare anche la scelta di ritenere più grave solo la posizione
di colui che ha in passato intrattenuto una relazione coniugale o affettiva con il soggetto
passivo del reato, ma non anche chi tale tipo di relazione intrattenga al momento della
consumazione dello stesso»35.
Può ricordarsi che durante il corso dell’iter della legge di conversione alla Camera è
stato respinto l’emendamento dell’On.le Vietti, volto a circoscrivere l’operatività
dell’aggravante esclusivamente all’ipotesi in cui l’omicidio fosse stato consumato nel
mentre veniva commesso il reato di stalking.
Si ha, poi, un aumento di pena fino alla metà se il fatto è commesso «a danno di un
minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui
all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata»
(comma 3).
Un’altra aggravante è prevista dall’art. 8, comma 3° del d.l. 23 febbraio 2009, n. 11,
convertito dalla della legge n. 38/2009, ai sensi del quale la pena è aumentata se il fatto è
commesso da un soggetto già ammonito dal questore secondo la misura di pubblica
sicurezza prevista dalla medesima norma.
34
Cass. pen., sez. V, 5 febbraio 2010, n. 17698.
L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l.
n. 30/2009, cit.
35
12
Il delitto è punito a querela della persona offesa, proponibile nel termine di sei mesi
dall’ultima condotta riferibile al reato di atti persecutori. Si procede tuttavia d’ufficio se il
fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona diversamente abile, nonché
quando il fatto è connesso con altro reato per il quale si deve procedere d’ufficio ovvero
qualora sia stato commesso da soggetto nei confronti del quale, in precedenza, il questore
ha proceduto all’ammonimento di cui sopra.
Il Consiglio superiore della Magistratura nella delibera del 2 aprile 2009 ha criticato il
fatto che, diversamente da quanto previsto in relazione ai reati in materia sessuale, per il
delitto di atti persecutori possa esservi remissione della querela, esponendosi di tal guisa la
vittima a possibili pressioni per coartarne la volontà.
3.2. Le questioni applicative.
Attorno alla portata applicativa dell’art. 612-bis c.p. gravitano una serie di questioni
poste al vaglio della giurisprudenza e della dottrina.
Segnatamente, una prima problematica concerne la latitudine da assegnare alla clausola
con cui si apre l’art. 612-bis c.p.; si pone, poi, quella relativa alla gestione delle possibili
interferenze dell’istituto del reato continuato con l’applicazione del delitto di atti
persecutori.
Infine, discussa è la possibilità di ravvisare il tentativo nella fattispecie di reato di
recente introduzione.
3.2.1. La valenza della clausola di apertura dell’art. 612-bis c.p.
L’art. 612-bis c.p. condiziona l’applicabilità della previsione di atti persecutori alla non
rinvenibilità di altro reato. In tal senso depone la lettera dell’articolo che reca testualmente
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato”.
La clausola di apertura, presente nell’originario progetto, era stata soppressa dalla
Commissione Giustizia della Camera dei Deputati e successivamente è stata reintrodotta
dall’Aula in sede di approvazione del disegno di legge, accogliendosi il parere espresso in
tal senso dalla Commissione affari costituzionali.
Stante l’incipit dell’articolo in commento il reato di atti persecutori assorbe le fattispecie
di molestia, ingiuria, minaccia, illecito trattamento di dati personali ed anche quella di
violenza privata, atteso che l’alterazione delle abitudini di vita può considerarsi una
peculiare ipotesi di violenza privata.
Epperò, deve ritenersi che le incriminazioni di minaccia, molestia, violenza privata,
etc… possano essere apprezzabili quale autonome ipotesi di incriminazione laddove vi sia
un singolo episodio, non riscontrabile nell’ambito della usuale condotta di stalking ed a
questa non immediatamente collegabile per tempistica e modalità.
Si pensi ad uno stalking nel cui ambito non siano ravvisabili minacce di alcun tipo ma
solamente molestie; si ponga, poi, il caso che venga posta in essere una singola condotta di
minaccia che, pur temporalmente innestandosi in un contesto di atti persecutori, con esso
non presenti connessione.
Assai raramente sembra possa configurarsi una condotta di stalking non sorretta da
molestia.
Deve, poi, ritenersi che restino assorbiti nella fattispecie di atti persecutori quei reati,
non aprioristicamente individuabili se non avuto riguardo al singolo caso concreto, che per
13
la tipologia e le modalità della lesione arrecata siano sussumibili nello schema di cui
all’art. 612-bis c.p.
Ciò premesso, condivisibile è quella dottrina ad avviso della quale la clausola di
sussidiarietà, «in quanto relativamente indeterminata, non può […] trovare una
indiscriminata ed aprioristica applicazione, che risulterebbe in definitiva irragionevole»36.
Prosegue la stessa dottrina affermando che la clausola «potrà paralizzare l’operatività
dell’art. 612-bis cod. pen. solo in quei casi in cui il reato più grave richiamato dalla
clausola risulti in grado di assorbire effettivamente il disvalore dell’evento di quello di atti
persecutori.
E ciò potrà avvenire solo quando l’offesa arrecata riguardi il medesimo bene giuridico
o, quantomeno, beni giuridici omogenei».
Conclude la dottrina di cui si discorre: «In tutti gli altri casi la clausola in questione
non dovrebbe pertanto ritenersi idonea ad impedire il concorso tra il reato di nuovo conio
e i reati anche più gravi consumati attraverso le condotte persecutorie».
Conserva, dunque, una autonoma apprezzabilità il reato di atti persecutori, rispetto a
reati più gravi - laddove questi ultimi non siano connotati dalla medesimezza del vulnus,
avuto riguardo alla tipologia del bene leso ed alle modalità con cui avviene la lesione - che
potrebbero verificarsi nell’escalation della condotta persecutoria e che hanno un’autonoma
specifica previsione normativa.
Discusso è se i reati di violenza privata o di minaccia aggravate possano dirsi comunque
assorbiti nella fattispecie degli atti persecutori, o se piuttosto debba ammettersi un
concorso di reati, anche in considerazione del dato per cui la fattispecie astratta di cui
all’art. 612-bis c.p. potrebbe non includere le forme aggravate dei reati di cui agli artt. 610
e 612 c.p.
Sul punto deve sottolinearsi che non può escludersi aprioristicamente il concorso tra
questi ultimi ed il reato di atti persecutori. Tale situazione può verificarsi allorché l’illecito
più grave censuri solamente una parte della condotta dell’agente oppure, più in generale,
non esaurisca l’intero disvalore penale del fatto.
In conclusione del presente paragrafo può riportarsi quella dottrina ad avviso della quale
la clausola di riserva «non appare opportuna, dal momento che lo stalking […] è un reato
che ha una propria specificità criminologica, per cui non appare collocabile in una
posizione gerarchicamente inferiore o diversa rispetto ad altre fattispecie, che invece
possono benissimo con esso concorrere»37.
Dottrina, questa, la cui ermeneutica non sembra obliterabile, atteso che la condotta di
stalking può essere definita come una sorta di molestia o di minaccia “qualificata”, e
36
L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l.
n. 30/2009, cit.
37
A. CADOPPI, Decreto anti-violenze, Efficace la misura dell’ammonimento del questore, cit. Osserva
l’Autore: «va sottolineato il fatto che gli atti persecutori richiedono condotte reiterate di minaccia o di
molestia: in altre parole, il delitto è un delitto abituale proprio.
Il fatto costitutivo di questo delitto, dunque, implica reiterazione di condotte e abitualità; ben difficilmente lo
stalker realizzerà con lo stesso fatto un altro più grave reato, visto che nella normalità delle ipotesi il più
grave reato eventualmente commesso dallo stalker potrà essere costituito da reati di carattere istantaneo
costituiti da un unico atto. In questi casi, lo stalking, nonostante la clausola di riserva, concorrerà
sicuramente con tali reati. Altro reato che potrebbe in teoria concorrere con lo stalking ma di natura
abituale potrebbe essere quello di cui all'articolo 572 del Cp («maltrattamenti in famiglia»). Si tratta di un
reato più grave dello stalking; ma che probabilmente prevarrebbe comunque sullo stalking a prescindere da
una qualsiasi clausola di riserva».
14
dunque situantesi in una dimensione sovrastante. Detta caratterizzazione, che risulta
immediatamente percepibile in relazione ai reati di molestia e minaccia, vale, sebbene in
maniera più attenuata, anche per gli altri reati “affini” a quello di atti persecutori
(violazione di domicilio, etc…).
Significativo, a supporto della ricostruzione testè prospettata, è il dato che in epoca
anteriore all’introduzione dell’art. 612-bis c.p., la giurisprudenza aveva ravvisato il reato di
molestia nella condotta del marito separato che aveva pedinato, si sottolinei, più volte, la
ex moglie, appostandosi per ore sotto l’abitazione della stessa.
Si era, poi, valorizzato il comportamento dell’ex fidanzato della vittima il quale, in
un’opera di continuo ed insistente corteggiamento, aveva posto in essere per diverso tempo
un atteggiamento molesto nei suoi confronti, nonostante le espresse e ripetute rimostranze
della stessa38.
Ancora, il reato in commento era stato ravvisato nelle continue telefonate sull’utenza
della vittima39. Nei casi più gravi, poi, dottrina e giurisprudenza avevano ritenuto
configurabile il reato di violenza privata.
Atteso il dato che nei casi di reiterazione le predette condotte non ricevevano adeguata
risposta sul piano sanzionatorio, il legislatore ha predisposto, per tale evenienza, una
puntuale cornice normativa, introducendo una fattispecie delittuosa - quale quella di atti
persecutori - che sanziona in maniera congiunta (e compiuta sul versante sanzionatorio) le
surriferite condotte, perimetrandone la censura alla luce di un significativo disvalore dato
dalla serialità, dalla intensità e, sovente, dalla simultanea coesistenza.
Dal rapporto contenente-contenuto che è dato cogliersi sul piano logico-struttrale tra il
reato di atti persecutori e le condotte di molestia, minaccia, violenza privata, può
agevolmente ricavarsene la loro posizione “deteriore”.
Ad opinare diversamente sarebbe svilita, sul piano simbolico, l’introduzione della
previsione di cui all’art. 612-bis c.p. e si disconoscerebbe autonomia concettuale a tale
ultima norma.
3.2.2. Le problematica dell’interazione tra il reato di atti persecutori e la figura del
reato continuato.
In sede di applicazione del reato di atti persecutori si è posto il problema di quale
distinguo valga ad escludere che le condotte di violenza privata, minaccia, molestia, etc…
possano essere sussunte nell’alveo del reato continuato anziché essere ricondotte sotto le
insegne del reato di cui all’art. 612-bis c.p.
L’istituto del reato continuato costituisce una particolare figura di concorso materiale,
tradizionalmente disciplinata in maniera autonoma in ragione del fatto che la pluralità di
violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge appare riconducibile ad un
«medesimo disegno criminoso»40.
38
Cass. pen., sez. I, 18 maggio 2007, n. 19438.
Cass. pen., sez. I, 23 aprile 2004, n. 19071.
40
L’origine storica del reato continuato suole farsi risalire all’opera dei Pratici medievali, i quali avrebbero
escogitato tale istituto per ovviare alle conseguenze eccessivamente rigorose cui dava luogo l’applicazione
del cumulo materiale delle pene.
Il fatto che i reati siano sussumibili nell’alveo di un medesimo disegno criminoso, disvelerebbe una minore
riprovevolezza complessiva dell’agente e, di conseguenza, giustificherebbe un trattamento penale più mite
che non nei normali casi di concorso materiale di reati. Si rammenti che la sanzione prevista per il reato
continuato è la «pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata fino al triplo».
39
15
Si registra, sostanzialmente, una unificazione quoad poenam di una serie di reati che,
pur mantenendo piena autonomia concettuale per quanto afferisce alla prescrizione e ad
altri peculiari aspetti, sono inquadrabili in un processo deliberativo unitario atteso l’essere
legati da un rapporto di interdipendenza funzionale rispetto al conseguimento di un unico
fine41.
In ossequio alle cristallizzazioni ermeneutiche dottrinali e giurisprudenziali, più azioni
in senso naturalistico e giuridico sono suscettive di essere sussunte in un’azione
giuridicamente unitaria se unico è lo scopo che le sorregge e se si susseguono nel tempo
senza apprezzabile interruzione.
Proprio valorizzando tale ultimo dato ad avviso di chi scrive deve ritenersi che sussista
il reato di atti persecutori laddove le condotte di molestia o di minaccia si susseguano in un
lasso di tempo relativamente ampio. Può ricordarsi che proprio la sussistenza di un arco
temporale significativo, rende difficile, in sede processuale, inquadrare i reati sotto le
insegne del reato continuato.
Al dato temporale occorre affiancare un vaglio sostanziale circa la pervasività del
prisma di comportamenti di stalking. Può ragionevolmente presumersi che il reato di atti
persecutori involga un considerevole numero di episodi di molestia e di minaccia, tali da
comportare un vulnus assai più pregnante di quello che potrebbe derivare dalla
commissione di reati di molestia e di minaccia inquadrati nello schema del reato
continuato.
A tale conclusione si perviene considerando la serialità che connota gli atti persecutori
ed il protrarsi nel tempo dei loro effetti sulla persona della vittima.
3.2.3. La configurabilità del tentativo nel reato di cui all’art. 612-bis c.p.
Una delle questioni più discusse in relazione al reato di atti persecutori è quella relativa
alla configurabilità di una fattispecie tentata.
Astrattamente non sembra potersi escludere la ravvisabilità del tentativo; tuttavia, la sua
portata applicativa è assai dimensionata. Dovrebbero, infatti, concretarsi atti di molestia,
minaccia, etc… idonei ad ingenerare una delle condizioni alternativamente previste
dall’art. 612-bis c.p., ma che tuttavia non si verificano poiché, ad esempio, dalla vittima
Si tratta, tuttavia, di un assunto politico-criminale non assolutamente pacifico: non mancano autori inclini a
ravvisare nella medesimezza del disegno criminoso un motivo di aggravamento piuttosto che di attenuazione
della colpevolezza.
41
In una recente pronuncia della Suprema Corte si legge che le singole violazioni devono «costituire […]
parte integrante di un unico programma, deliberato fin dall'inizio nelle linee essenziali: iniziale
programmazione e deliberazione, generiche, di compiere una pluralità di reati, in vista del conseguimento di
un unico fine prefissato sufficientemente specifico» (Cass. pen., sez. III, 20 marzo 2008, n. 12409). I Giudici
hanno altresì osservato: «La prova dell’unicità dei disegno criminoso, riferendosi alla interiorità psichica
dell’agente, può fondarsi anche su elementi presuntivi ed indiziari, ma, rispetto ad essi, il giudice è tenuto a
fornire adeguata motivazione, essendo indispensabile la esplicitazione del ragionamento attraverso il quale
egli sia pervenuto alla individuazione di dati ed aspetti, anche di tipo logico, che consentano di ricondurre le
singole azioni criminose nell’alveo di una originaria ed unitaria ideazione complessiva iniziale (vedi, tra le
decisioni più recenti Cass., sez. I, 11.3.2005, n. 1158)».
Inoltre, la Corte di cassazione ha puntualizzato: «Gli indici dal quali l’unicità del disegno criminoso può
essere desunta devono essere significativi alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle
condotte poste in essere. Essi hanno un carattere sintomatico e non direttamente dimostrativo, ma il
correlato accertamento deve assurgere ad effettiva dimostrazione, logica, non potendo essere affidato a
semplici congetture o presunzioni (vedi Cass., sez. I, 25.10.2006, n. 35797)».
16
non vengono percepiti come molesti, o comunque non influenzano le sue dinamiche di vita
e non ne compromettono lo stato di salute.
Il tentativo, in altri termini, sarebbe relegato su di un piano meramente di “percezione”;
spingendosi più in là si avrà il reato di atti persecutori consumato.
3.2.4. L’incidenza delle cause di non imputabilità nell’ambito del delitto di atti
persecutori.
Una delle problematiche più significative nell’ambito della presente disamina è quella
di definire i rapporti di interazione del reato di atti persecutori con le previsioni di cui agli
artt. 88 ss. del codice penale, che contemplano le cd. cause di non imputabilità.
La quaestio si pone poiché sovente chi pone in essere condotte di atti persecutori
presenta una compromissione, più o meno significativa, della capacità di relazionarsi
coscientemente, a causa di fattori patologici o, più in generale, esperenziali, di varia natura.
Posta tale premessa, sembra opportuno richiamare gli stilemi definitori della categoria
penalistica delle cd. cause di non punibilità.
La volontà umana nel suo interagire con la realtà fenomenica è soggetta a molteplici
condizionamenti. In questo contesto potenzialmente “condizionante” l’agire dell’uomo può
essere non più libero bensì “indotto”, in una misura che varia in ragione dell’incisività
delle sollecitazioni dell’ambiente esterno.
Il presente dato empirico impone al giurista di vagliare se ed in quale misura una data
condotta sia rispondente ad una scelta consapevole.
Il sistema penale italiano individua nella capacità di autodeterminarsi una condizione
insopprimibile di civiltà giuridica affinchè ad un soggetto possa essere comminata una
sanzione. Questo status di autocontrollo è tradizionalmente espresso con il termine
“imputabilità”, che attesta una sorta di “idoneità alla pena”.
Il referente normativo della presente tematica è rappresentato dall’art. 85 c.p. che recita:
«Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se al momento
in cui l’ha commesso, non era imputabile». La suddetta norma, poi, specifica: «È
imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere», vale a dire l’attitudine ad orientarsi
nel mondo esterno secondo una percezione non distorta della realtà, unitamente alla
capacità di scegliere in modo consapevole tra motivi antagonistici, tenendo in debito conto
la possibile incidenza delle proprie condotte sulle sfere giuridiche altrui.
Alla luce di quanto detto, può dirsi, dunque, che l’imputabilità è il “presupposto” della
pena.
Nel capo I del titolo IV del codice penale sono disciplinate le cause che escludono o
diminuiscono l’imputabilità. Queste possono essere distinte nelle seguenti categorie:
- condizioni di natura fisiologica o parafisiologica dipendenti rispettivamente dalla
minore età [v. artt. 97 e 98] e dal sordomutismo [v. art. 96];
- condizioni di natura psicologica dipendenti da infermità mentale [v. artt. 88 e 89];
- condizioni di natura tossica derivanti da abuso di alcool o di sostanze stupefacenti [v.
artt. 91, 93, 95].
Prescindendo, per ragioni di economia espositiva, dalla trattazione dell’apparato
argomentativo che gravita intorno alle singole cause, qui si consideri che ai fini del
presente discorso occorre prendere in considerazione quelle che la prassi giudiziaria ha
evidenziato potenzialmente valorizzabili nell’ambito delle dinamiche dello stalking.
17
Le condotte persecutorie sovente si innestano in un equilibrio psichico alterato
dall’infermità mentale, dall’abuso di sostanze stupefacenti o di alcool.
L’infermità mentale, avuto riguardo al combinato disposto degli articoli 88 e 89 c.p.,
può escludere o ridurre la capacità di intendere o di volere, a seconda di quanto
comprometta l’agire consapevole, distinguendosi al proposito tra vizio totale e parziale di
mente.
Per quanto riguarda il trattamento penale può ricordarsi che:
- il vizio totale di mente comporta il proscioglimento dell’imputato, al quale di regola si
applica la misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario;
- il vizio parziale di mente, invece, importa solamente una diminuzione della pena, a cui
normalmente si aggiunge la misura di sicurezza dell’assegnazione ad una casa di cura e
custodia, che si esegue una volta scontata la pena.
Ciò detto, è bene precisare che a mente dell’art. 220 c.p. il giudice, tenuto conto delle
particolari condizioni di infermità psichica del condannato, può disporre che il ricovero sia
effettuato prima che sia iniziata od abbia termine l’esecuzione della pena.
Lo schema testè prospettato viene trasposto dal legislatore nella gestione processuale
dello stato di incapacità legato all’abuso di sostanze stupefacenti od alcool, purchè detta
condizione sia l’effetto di caso fortuito o forza maggiore, dunque non sia volontariamente
o colposamente indotta, non risulti preordinata alla commissione di un reato e non si
caratterizzi come uno stato in cui si versi abitualmente.
In tali casi il legislatore dispone che occorra vagliare quanto risulti compromessa la
capacità di determinarsi coscientemente, per poi, in esito a tale verifica, determinare il
trattamento sanzionatorio similmente a quanto sopra descritto circa la causa di non
imputabilità dell’infermità mentale.
Ciò posto, con una significativa frequenza gli episodi di stalking si ricollegano a
peculiari avvenimenti che destabilizzano un equilibrio psichico, magari già precario, quale
ad esempio il termine di una relazione sentimentale.
Il presente discorso mette in esponente i cd. stati emotivi e passionali. Stato emotivo è
quello che importa un turbamento improvviso e transeunte nella psiche del soggetto; stato
passionale è uno stato affettivo intenso e perdurante, come certe forme di amore, di
gelosia, di odio, etc…
Giusta la previsione di cui all’art. 90 c.p., gli stati emotivi e passionali non escludono né
tampoco diminuiscono l’imputabilità. La rigidità di tale disposizione rinviene la propria
ratio nella preoccupazione politico-criminale di evitare di dichiarare incapace di intendere
e di volere ogni autore di delitto «impulsivo» e stimolare, così, il dominio della volontà
sulle proprie emozioni e passioni.
Accedendo alle acquisizioni della dottrina più recente e della giurisprudenza
maggioritaria ci si avvede che anche uno stato emotivo molto intenso (es. shock, panico,
esaltazione, etc…) può provocare un turbamento psichico tale da incidere sulla capacità di
autodeterminazione responsabile.
A tale conclusione si perviene considerando che l’affettività ha una importanza
fondamentale, atteso che le passioni e le emozioni muovono gran parte delle
determinazioni umane, orientando e talora trasformando il contenuto del pensiero.
18
Alla luce di quanto detto deve riconoscersi che anche gli stati emotivi e passionali
possano avere una qualche incidenza, più o meno significativa, sul trattamento penale dello
stalker.
Acciocchè possa valorizzarsi, nell’ottica di escludere o mitigare la capacità di intendere
o di volere, uno stato emotivo o passionale, occorrerà verificare:
a) che lo stato di coinvolgimento emozionale si innesti nel quadro di una personalità per
altro verso già debole;
b) che lo stato emotivo o passionale si presenti contiguo, se non perfettamente
sovrapponibile, ad una infermità - sia pure transitoria (ad es. squassi emotivi, raptus, etc…)
- e pertanto escluda o diminuisca l’imputabilità ai sensi degli artt. 88 e 89 c.p.
Gli stati emotivi non costituenti manifestazione di uno stato patologico, nonostante il
loro interferire con la capacità di intendere e di volere, non sono riconducibili all’infermità
e, perciò, non incidono sull’imputabilità.
Conclusivamente può dirsi che spesso lo stalker potrebbe presentare degli elementi per
cui si è in presenza di una vera e propria infermità mentale; di detta circostanza occorrerà
tenerne conto in sede di determinazione del trattamento penale.
4. La casistica giurisprudenziale in relazione alla fattispecie prevista dall’art. 612-bis
c.p.
Attesa la formulazione generica della norma di cui all’art. 612-bis c.p. si pone la
necessità di addivenire ad una piattaforma disquisitiva universalmente condivisa alla cui
luce armonizzare, in punto di applicazione, il reato di cui all’art. 612-bis c.p. con
imprescindibili referenti ordinamentali quali il principio di sufficiente determinatezza e
quello di offensività.
Sia in ambito dottrinale sia in quello giurisprudenziale si è registrato un acceso dibattito
circa la sussumibilità, nella previsione di cui all’art. 612-bis c.p., di condotte realizzate in
epoca anteriore all’entrata in vigore di detta disposizione (avvenuta il 24 febbraio 2009).
Secondo un primo indirizzo giurisprudenziale, sostenuto da alcuni giudici di merito,
erano da ricondursi entro l’alveo applicativo dell’art. 612-bis c.p. condotte “persecutorie”
realizzate sia prima che dopo l’introduzione della nuova figura di reato, non
configurandosi in ipotesi di tal fatta alcuna violazione del principio di irretroattività, atteso
che la nuova fattispecie, in quanto integrante un’ipotesi di reato abituale, era da ritenersi
legittimamente applicabile - pur se recante un trattamento sanzionatorio più sfavorevole se parte della condotta fosse stata posta in essere in epoca successiva all’entrata in vigore
della norma42.
La dottrina prevalente ha opinato nel senso che non potessero essere valorizzate
condotte poste in essere in epoca antecedente all’entrata in vigore della norma. Detto
42
Trib. Nola, 28 gennaio 2010; Trib. Milano, 17 aprile 2009, (in Corr. merito, 2009, n. 6, pp. 650 ss.): «Il
reato stalking dopo l’entrata in vigore del dl 24.2.2009 qualora anche un solo atto di minaccia o di molestia
sia compiuto dopo quel momento, e sempre che vi siano tutti gli elementi costitutivi previsti, anche grazie ad
atti precedenti all’ultimo, ad essi legato da un vincolo di abitualità, ne consegue che il nuovo reato può
applicarsi in relazione a condotte poste in essere reiteratamente in parte prima in parte dopo la sua
introduzione»).
19
indirizzo ermeneutico è stato seguito anche da alcune pronunce di merito intervenute sulla
nuova fattispecie di stalking43.
Altra problematica palesatasi in sede di applicazione del reato è stata quella relativa al
numero di comportamenti necessari ad integrare la condotta di atti persecutori.
Il mancato riferimento a detto aspetto nella lettera dell’art. 612-bis c.p. ha palesato
dubbi di compatibilità con il principio di sufficiente determinatezza, per cui si impone al
legislatore di predisporre il dato letterale in maniera che siano individuabili gli elementi
fondanti l’illiceità penale o, comunque, la contrarietà all’ordinamento di una data
fattispecie comportamentale.
La Corte di cassazione, similmente alle esperienze estere (v. infra), in una decisione ha
stabilito che finanche due condotte sono sufficienti ad integrare il reato di cui all’art. 612bis c.p.44
Soluzione, questa, condivisibile in quanto anche due singoli episodi molesti possono
condurre alla verificazione quantomeno delle prime due delle tre situazioni
alternativamente contemplate dall’art. 612-bis c.p.
La stessa Suprema Corte in un’altra pronuncia ha osservato che nell’ambito del reato di
atti persecutori possono essere valorizzate anche le iniziative gravemente diffamatorie,
assunte presso i datori di lavoro della vittima al fine di indurre questi ultimi al
licenziamento45.
I Giudici di Piazza Cavour hanno anche ritenuto che il delitto di atti persecutori possa
attuarsi mediante il danneggiamento di beni di proprietà della persona offesa46.
In un altro decisum i Giudici di legittimità hanno osservato che integra il reato di atti
persecutori la condotta di colui il quale, in seguito alla cessazione di una relazione
sentimentale, invii alla propria ex compagna, tramite il social-network Facebook,
messaggi, filmati e fotografie che li ritraggono durante i loro rapporti sessuali47. Nel caso
sottoposto al vaglio della Corte uno di tali filmati era stato inviato anche al nuovo
compagno della donna.
Ciò posto, altra significativa pronuncia della Suprema Corte è quella in cui il Collegio
di legittimità ha confermato un provvedimento con cui erano stati disposti gli arresti
domiciliari nei confronti di un soggetto, il quale si era appostato più volte nei pressi
dall’abitazione di una dodicenne e dell’istituto scolastico da questa frequentato,
guardandola insistentemente, rivolgendole alcuni apprezzamenti e, in un’occasione,
invitandola a salire sulla propria autovettura. Questo comportamento aveva turbato molto
la minorenne, tanto da indurla a manifestare ai propri genitori l’intenzione di non volersi
più recare a scuola.
Secondo la Corte nei suesposti comportamenti era dato ravvisarsi gli estremi del reato di
stalking48.
Tanto detto, può osservarsi che il reato di atti persecutori presenta una possibile
connessione con la tematica cd. dell’abuso del diritto. Con tale locuzione, portato delle
43
In una pronuncia giurisprudenziale si legge che la norma “potrà applicarsi esclusivamente agli episodi
commessi dopo la sua entrata in vigore, a meno di non voler intaccare il fondamentale principio
dell’irretroattività della norma penale (art. 2 c.p.)” (Trib. Reggio Emilia, 12 marzo 2009).
44
Cass. pen., sez. V, 21 gennaio 2010, n. 6417.
45
Cass. pen., sez. V, 21 settembre 2010, n. 34015.
46
Cass. pen., sez. V, 7 marzo 2011, n. 8832.
47
Cass. pen., sez. VI, 30 agosto 2010, n. 32404.
48
Cass. pen., sez. V, 26 marzo 2010, n. 11945.
20
recenti acquisizioni giurisprudenziali, si intende la necessità di esercitare un diritto con
modalità che non siano lesive della posizione di altro soggetto, benché questi sia tenuto a
“subire” l’esercizio di quel diritto49.
Detta costruzione ermeneutica si impone in ossequio al canone della buona fede ed al
dovere di solidarietà ex art. 2 Cost., imprescindibili referenti ordinamentali che accedono
alle dinamiche relazionali quale ontologico corollario.
Ai fini che interessano può dirsi che il Tribunale di Varese in un recente decisum ha
stigmatizzato il comportamento di un soggetto che, ad avviso dei Giudici, integrava
“abuso” del processo50. Nella pronuncia si legge: «L’abuso del processo causa un danno
indiretto all’erario (per l’allungamento del tempo generale nella trattazione dei processi e,
di conseguenza, l’insorgenza dell’obbligo al versamento dell’indennizzo ex lege 89/2001)
e un danno diretto al litigante (per il ritardo nell’accertamento della verità) e va dunque
contrastato (v. Trib. Varese, sez. Luino, ord. 23 gennaio 2010 in Foro Italiano, 2010, 7–8,
I, 2229)».
Proseguono, poi, i Giudici: «E’ […] certo che le liti temerarie contribuiscono ad un
danno all’intera collettività, poiché il carico del lavoro giudiziario rallenta
inevitabilmente la trattazione di tutti i procedimenti sul Ruolo con riflessi negativi di
impatto elevatissimo (si pensi ai costi ingenti che lo Stato versa per i ritardi ex lege
89/2001)».
Nell’ambito del presente discorso può dirsi che ad avviso dello scrivente finanche una
condotta volta ad arrecare nocumento - attraverso l’instaurazione di giudizi non sorretti da
una fondata pretesa, o rendendo l’iter di questi più complesso senza avere in tal senso
alcun interesse giuridicamente apprezzabile - può integrare gli estremi del reato di atti
persecutori.
5. L’ammonimento all’autore della condotta di atti persecutori.
Una delle previsioni più significative, in un’ottica di efficace presidio della posizione
della vittima di stalking, è quella relativa alla possibilità di richiedere, ex art. 8 del d.l. n.
11/2009, convertito dalla legge n. 38/2009, una sorta di diffida al questore nei confronti di
colui che ha posto in essere dei comportamenti persecutori.
Risulta di meridiana evidenza la finalità deterrente di tale previsione, mercè la quale si
mira a bloccare quell’escalation verso condotte più violente, che la prassi evidenzia essere
assai frequenti nell’ambito del fenomeno dello stalking.
In relazione al presente discorso può richiamarsi quanto si legge in una recente
decisione del T.A.R. Lombardia: «La finalità dell’ammonimento è di dissuadere il
persecutore dal persistere nel suo atteggiamento in una fase prodromica in cui, pur non
attingendo la sua condotta la soglia della rilevanza penale, tuttavia, già si intravedono
elementi di rischio di una possibile escalation criminale; ovvero ancora, per dare alla
vittima, familiare del persecutore o comunque ad egli legata da vincolo affettivo, restia ad
una denuncia penale per motivi di solidarietà ed affetto, la possibilità di richiamare
l’aggressore ad una condotta non lesiva»51.
49
Cass. civ., S.U., 15 novembre 2007, n. 23726; Cass. civ., sez. III, 18 settembre 2009, n. 20106; Cass. civ.,
sez. III, 31 maggio 2010, n. 13208.
50
Trib. Varese, 22 gennaio 2011.
51
T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 28 giugno 2010, n. 2639.
21
La Questura di Napoli, avuto riguardo al periodo 13/02/2009-30/03/2010, ha emesso 83
provvedimenti di ammonimento, cui hanno fatto seguito 26 denunce. Alla luce di tale dato
può concludersi l’incidenza deterrente dell’ammonimento nel 70% circa dei casi52.
Alla predetta finalità inibente se ne aggiunge una di tipo meramente pratico: in attesa di
reperire o mettere insieme materiale utile a sorreggere la presentazione della querela, il
soggetto destinatario delle attenzioni moleste può comunque attivarsi dinanzi all’Autorità
di pubblica sicurezza.
La richiesta, formulata innanzi all’Autorità di pubblica sicurezza, è trasmessa senza
ritardo al questore che, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e
sentite le persone informate dei fatti, ritenendo fondata l’istanza ammonisce oralmente il
soggetto nei confronti del quale è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una
condotta conforme ai dettami della legge.
Sul vaglio compiuto dal questore, cui è demandata anche la valutazione circa
l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni, illumina quella
giurisprudenza per la quale questi «deve soltanto apprezzare discrezionalmente, sulla base
dei fatti esposti, degli elementi probatori forniti dal richiedente e delle altre notizie che
ritenga di acquisire dagli organi investigativi e dall’audizione delle persone informate sui
fatti, la fondatezza dell’istanza, raggiungendo una ragionevole certezza sulla plausibilità e
verosimiglianza delle vicende ivi esposte, senza che sia necessario il compiuto riscontro
dell’avvenuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice»53.
Copia del processo verbale all’uopo redatto è rilasciata al richiedente l’ammonimento
ed al soggetto ammonito.
A tenore dei commi 3 e 4 dell’art. 8 laddove il soggetto ammonito continui a molestare
la vittima, si procederà d’ufficio nei suoi confronti e la pena sarà aumentata di almeno un
terzo.
In ambito dottrinario si è posta in rilievo l’assenza di sufficienti garanzie per
l’ammonito, atteso che il questore è facultato a procedere all’ammonimento anche dopo la
semplice assunzione di sommarie informazioni.
Taluna dottrina evidenzia, tuttavia, la necessità di considerare «che l’entità della
compressione della libertà dell’ammonito a seguito dell’ammonimento appare
decisamente risibile, nel senso che questi viene semplicemente invitato, come detto, a
tenere una condotta «conforme alla legge». Per questo motivo le critiche appaiono
infondate»54.
Prosegue la stessa dottrina: «D’altra parte […] l’ammonimento - utilizzato anche in
altre giurisdizioni sotto il nome di injunction - è misura assai utile nell’ambito dello
stalking, perché mira a bloccare quell’escalation verso forme più violente di
manifestazione del reato che si vogliono a tutti i costi evitare».
Venendo al versante giurisprudenziale, il T.A.R. Lombardia ha osservato: «il ben
diverso peso delle conseguenze dell’ammonimento e dei provvedimenti del giudice penale
giustificano il diverso spessore dell’attività investigativa che si richiede nelle due
ipotesi»55.
52
R. MARINO, Il reato di atti persecutori, cit., p. 48.
T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 28 giugno 2010, n. 2639.
54
A. CADOPPI, Decreto anti-violenze, Efficace la misura dell’ammonimento del questore, cit.
55
T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 28 giugno 2010, n. 2639.
53
22
Ai fini della diffida non risulta necessaria la prova del reato, potendosi valorizzare
«elementi dai quali è possibile desumere un comportamento persecutorio o gravemente
minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e di paura».
Osservano i Giudici, che, «Diversamente opinando, ovvero se si richiedesse alla vittima
di fornire prove tali da poter resistere in un giudizio penale, la previsione
dell’ammonimento avrebbe scarse possibilità di applicazione pratica, atteso che le
condotte integranti lo stalking, per loro natura, si consumano spesso in assenza di
testimoni. La disciplina normativa è infatti chiara nel delimitare i poteri-doveri del
Questore in materia, prescrivendo che questi assuma “se necessario informazioni dagli
organi investigativi” e senta “le persone informate dei fatti”, al fine di formarsi un
prudente convincimento circa la fondatezza dell’istanza (TAR SICILIA – CATANIA, SEZ.
IV – sentenza 29 aprile 2010 n. 1289)».
In ambito dottrinario si è posta la questione relativa alla valenza da assegnare agli atti
che si inseriscono nella valutazione compiuta ai fini dell’ammonimento (informazioni,
memorie difensive, eventuali dichiarazioni della persona ammonita).
Deve ritenersi che questi possano essere utilizzati unicamente nella fase delle indagini
preliminari, legittimando eventualmente l’adozione di una misura cautelare e confluendo
nel fascicolo del P.M.
Detta conclusione è condivisa da quella dottrina la quale osserva come non possano
valere in sede dibattimentale atteso l’essere prive di contradditorio56.
Il reato di atti persecutori rientra tra quelli per i quali è consentito procedere ad
intercettazione telefonica ed è possibile l’adozione di misure cautelari.
In merito a queste ultime può ricordarsi che per effetto dell’art. 9, comma 1, lett. a) del
d.l. n. 11/2009, convertito dalla legge n. 38/2009, nel codice di procedura penale è stato
introdotto l’art. 282-ter, rubricato “Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla
persona offesa”.
Il primo comma della norma recita: «Con il provvedimento che dispone il divieto di
avvicinamento il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati
abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata
distanza da tali luoghi o dalla persona offesa».
Il secondo comma dispone che «Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il
giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente
frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi
o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da
tali luoghi o da tali persone».
A termini del terzo comma il giudice può vietare all’imputato di comunicare, attraverso
qualsiasi mezzo, con le persone di cui sopra.
A tenore dell’ultimo comma: «Quando la frequentazione dei luoghi di cui ai commi 1 e
2 sia necessaria per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative, il giudice prescrive le
relative modalità e può imporre limitazioni».
6. Il risarcimento del danno da stalking.
56
R. MARINO, Il reato di atti persecutori, cit., p. 46.
23
Il reato di atti persecutori è suscettivo di significative implicazioni sul versante
civilistico, legittimando una richiesta risarcitoria a titolo di ristoro dei danni subiti a
cagione delle condotte moleste57.
In particolare, in presenza del reato contemplato dall’art. 612-bis c.p. potrà configurarsi
innanzitutto un danno patrimoniale, laddove, ad esempio, il soggetto vittima delle
“attenzioni moleste” abbia dovuto sostenere delle spese per tutelare la propria persona (es.
installazione di sistemi di sicurezza, assunzione di guardie del corpo, cambiamento della
scheda sim, mutamento dell’utenza telefonica di rete fissa, etc…).
Quanto al profilo di cui si discorre si considerino, inoltre, eventuali spese sostenute per
riparare oggetti di proprietà che siano stati eventualmente danneggiati (automobili od altro
mezzo di locomozione, etc…).
Ulteriori esborsi economici potranno essere correlati al ricorso a consulenze legali per
vagliare le misure di tutela da intraprendere, od alla necessità, al fine di fronteggiare le
conseguenze dello stalking, di seguire un percorso riabilitativo che implichi l’assunzione di
farmaci o la sottoposizione a sedute di psicoterapia.
Ciò premesso, è la fattispecie del danno non patrimoniale che spiega maggiore
valorizzabilità nell’ambito del reato di atti persecutori.
Si tratta di «quella voce di danno che attiene alla lesione di aspetti variamente riferibili
alla persona umana nella sua dimensione socio-relazionale ed alla sua integrità psicofisica»58.
Sul versante del danno non patrimoniale la condotta di atti persecutori potrà legittimare
in primo luogo il risarcimento del danno biologico, intendendosi con tale locuzione una
«lesione psicofisica, empiricamente accertabile in quanto avente substrato organico,
conseguenza diretta di un dato evento fenomenico»59.
Al proposito può ricordarsi che sovente nelle vittime di stalking è stato riscontrato il cd.
disturbo post-traumatico da stress.
Il termine indica la risposta di un soggetto ad un evento critico abnorme (incidenti
stradali, sismi, incendi, nubifragi, abusi sessuali, atti di violenza subiti o di cui si è stati
testimoni, attentati, azioni belliche, etc...).
Lungi dal caratterizzarsi come temporanea, detta reazione dispiega i propri effetti per un
arco temporale significativo, richiedendo la sottoposizione a cicli di psicoterapia di tipo
psicotraumatologico, unitamente alla somministrazione di una terapia farmacologica.
Venendo al versante esistenziale, non di rado la vittima di stalking è costretta a
modificare significativamente le proprie abitudini di vita (in un certo numero di casi è
costretta a cambiare lavoro e finanche l’abitazione di residenza); evenienza, questa, nella
quale potrà invocarsi il ristoro del cd. danno esistenziale.
Questo indica «ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma
oggettivamente accertabile) che alteri le abitudini e gli assetti relazionali propri del
soggetto inducendolo a scelte di vita diverse, quanto all’espressione e alla realizzazione
57
L. LEVITA, I danni da stalking, in AA. VV., Il risarcimento del danno in famiglia – Casistica e rimedi (a
cura di L. D’Apollo), Giuffrè, 2010.
58
V. IANNI, Danno patrimoniale e danno non patrimoniale, in AA. VV., Trattato dei nuovi danni (diretto
da P. Cendon), vol. I, Cedam, 2011, p. 101.
59
V. IANNI, Danno patrimoniale e danno non patrimoniale, cit., pp. 101-102.
24
della sua personalità nel mondo esterno, da quelle che avrebbe compiuto ove non si fosse
verificato il fatto dannoso»60.
In ottica definitoria spiega significativa valenza la decisione del Tribunale di Napoli in
cui il danno esistenziale viene definito come quella «lesione che coinvolge il fare
areddituale del soggetto, alterando le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli
erano propri, sconvolgendo la sua quotidianità e privandolo di occasioni per l’espressione
e la realizzazione della sua personalità nel mondo esterno»61.
I cambiamenti cui è costretta la vittima di stalking importano uno snaturamento
progressivo della sua personalità, legittimando il risarcimento del cd. danno morale, vale a
dire quel vulnus transeunte riferibile al tono dell’umore e, più in generale, alla vitalità di
una data persona.
L’autonoma valorizzabilità delle voci di danno biologico, morale ed esistenziale, deve
ritenersi sia rimasta impregiudicata a seguito della sentenza delle Sezioni unite della Corte
di cassazione n. 26972/2008, nella quale i Supremi Giudici hanno proceduto ad una
reductio ad unum delle categorie di danni sopra tratteggiati.
La decisione della Suprema Corte «disvela una portata più declamatoria che effettiva
perché, pur essendo ricondotti, in ottica unificatrice, sotto le insegne del danno non
patrimoniale, risulta di palmare evidenza che i tre profili (biologico, morale ed
esistenziale) nella definizione del quantum risarcitorio mantengono un’autonomia se non
formale quanto meno sostanziale. Una valenza, questa, che deriva dal fatto che il danno
non patrimoniale è ontologicamente composito»62.
In chiusura del presente paragrafo può dirsi che i tre profili in cui si articola il danno
non patrimoniale, «pur denotando evidenti punti di contatto, se sovrapposti non sono
perfettamente coincidenti»63.
7. Profili di diritto comparato.
Il fenomeno dello stalking è stato variamente attenzionato sul piano legislativo
nell’ambito degli ordinamenti esteri.
La prima normativa in materia fu introdotta nel codice penale della California ed in
particolare nella section 646.9.
In Canada il 1° agosto del 1993 è stato inserito nel criminal code il reato di molestia
criminale (criminal harassment), al fine di un efficace contrasto al fenomeno della
violenza contro le donne.
L’articolo 264 censura la condotta di chi intenzionalmente molesta un soggetto
(attraverso pedinamenti, ricerche di contatto), ingenerando in questi un timore per la
propria sicurezza personale ovvero per quella di soggetti terzi, o pone in essere condotte di
minaccia anche all’indirizzo dei familiari.
In relazione al reato di criminal harassment è prevista la pena della reclusione fino ad
un massimo di 10 anni.
In Danimarca il codice penale, già all’epoca dell’entrata in vigore avvenuta nel 1930,
conteneva una previsione riferibile allo stalking, emendata una prima volta nel 1964 ed una
seconda nel 2004.
60
Cass. civ., sez. III, 6 febbraio 2007, n. 2546.
Trib. Napoli, 4 maggio 2007.
62
V. IANNI, Danno patrimoniale e danno non patrimoniale, cit., p. 104.
63
V. IANNI, Danno patrimoniale e danno non patrimoniale, cit., p. 104.
61
25
In particolare, il codice fa riferimento alla violazione, attraverso la reiterazione di una
serie di condotte moleste, della quiete di una persona. È prevista la possibilità di un ordine
restrittivo e, sul versante sanzionatorio, è contemplata la pena della reclusione fino ad un
massimo di 2 anni.
Il Regno Unito è stato il primo Stato europeo in cui è stata varata una normativa in tema
di stalking.
Il Protection from Harrasment Act del 1997 contempla una figura di reato
corrispondente a quella dell’art. 612-bis c.p. A mente della normativa in commento: “una
persona non deve attuare una condotta che sa o che dovrebbe sapere essere causa di
molestia ad un’altra. Se una persona ragionevole in possesso delle medesime informazioni
può concludere che la condotta dell’imputato corrisponde a molestia, si può ritenere che il
crimine sia stato commesso. Occorre inoltre dimostrare che l’imputato sapeva o avrebbe
dovuto sapere che la sua condotta avrebbe causato timore di violenza nella vittima”.
Più in particolare, nell’ordinamento del Regno Unito sono previste due diverse tipologie
di comportamento: la molestia vera e propria - denominata “harassment” - ed il provocare
in altri la paura di subire azioni violente, definito “putting people in fear of violence”.
Lo stalking è punito con la reclusione fino a sei mesi o con una multa fino a 5.000
Sterline (ca. 7.400 euro).
Venendo all’ordinamento penale belga, nel 1998 nel codice penale è stato inserito l’art.
442-bis che recita: «Chiunque abbia molestato una persona, mentre era a conoscenza o
avrebbe dovuto comunque sapere che il suo comportamento era tale da violare la
tranquillità di un’altra persona, sarà punito con la reclusione da 15 giorni a due anni e
con una multa da 50 a 300 euro o con una di queste sanzioni Il comportamento descritto in
questa Norma può essere punito solo su denuncia della persona molestata».
La norma presenta una definizione molto generica del fenomeno dello stalking,
denominato “belaging”, il che fornisce ai giudici un elevato potere discrezionale in sede
applicativa.
In Irlanda dal 1997 è in vigore il The Non-Fatal Offences Against Person Act, che mira
a coprire normativamente tutte le forme di molestie. Affinchè possa perseguirsi una
persona sono necessarie due o più circostanze di intrusioni indesiderate.
In ottica sanzionatoria, fermo restando che l’Autorità giudiziaria può emettere un ordine
restrittivo, in relazione alla fattispecie di cui si discorre è prevista la pena della reclusione
fino a 7 anni ed il pagamento di un’ammenda.
Il 12 luglio del 2000, grazie ad una legge denominata “Anti-stalkingswet” o “Wet
Belaging”, nel codice penale olandese è stato introdotto l’art 285b (“Wetboek van
Strafrecht”), a termini del
quale: «Chi illegittimamente, volontariamente e
sistematicamente viola la vita privata di una persona con l’intenzione di costringere la
stessa a fare, non fare o tollerare qualcosa, o a spaventarla , è punito, se colpevole di
belaging, con la reclusione sino ad un massimo di tre anni o ad una sanzione di quarta
categoria Il soggetto è perseguito solo a seguito di denuncia da parte della vittima».
Lo stalking (o waylaying) viene definito come la violazione della privacy di una persona
ed il suscitare in essa uno stato di paura. Detta condotta, fatto salvo il potere dell’Autorità
giudiziaria di emettere un ordine restrittivo, viene punita con la reclusione fino ad un
massimo di 3 anni o con un’ammenda.
26
L’intervento di tipo penale rappresenta, tuttavia, una sorta extrema ratio, atteso che i
soggetti coinvolti nella vicenda sono tenuti preliminarmente a cercare di risolvere la
situazione attraverso una conciliazione, con l’aiuto ad esempio di un mediatore.
Successivamente, laddove questo primo tentativo non abbia a sortire effetti, la vittima è
legittimata ad attivarsi in sede civile e, solo nel caso in cui anche tale soluzione si riveli
inefficace, potrebbe darsi corso ad un procedimento penale.
Nell’ordinamento penale maltese due articoli del codice penale – introdotti nel 2005 –
sono riferibili al fenomeno dello stalking. La definizione della fattispecie include il
suscitare nella vittima uno stato di tensione e la paura del compimento di atti di violenza
nei confronti della stessa ovvero di condotte di danneggiamento dei suoi beni.
Quanto al versante sanzionatorio, è prevista la comminazione di una pena fino a sei
mesi di reclusione ed un’ammenda, così come ordini di protezione specifici.
In Austria dal 2006 è entrata in vigore una normativa in tema di stalking (sezione 107
del codice penale). Quanto alla condotta incriminata, sono valorizzabili le ricerche di
contatto, anche attraverso terze persone, così come tutte le forme di violazione della
privacy della vittima, compresa l’ordinazione di beni o servizi utilizzando i suoi dati
personali.
Lo stalking è punibile con la pena della reclusione fino ad un anno e sono previsti anche
ordini di restrizione.
Un dato significativo è quello per cui durante il procedimento penale la vittima ha
diritto ad un supporto legale e psicologico; può ricordarsi, inoltre, che sono contemplati
corsi di formazione professionale specifici.
In Svizzera in data 1 luglio 2007 è entrata in vigore una normativa che ha introdotto
l’art. 28b nel codice civile, volto alla protezione delle vittime di violenza, minaccia od
insidia. In base a tale articolo la persona molestata può richiedere al giudice di vietare allo
stalker di avvicinarsi ai luoghi da essa frequentati e di porre in essere qualsivoglia forma di
contatto.
La prescrizione di tali divieti avviene attraverso provvedimenti giudiziari assimilabili a
quelli di cui all’art. 700 c.p.c. In caso di inosservanza di quanto in essi preveduto il giudice
può comminare all’autore delle molestie la pena prevista dall’art. 292 del codice penale.
Quanto alla Germania, al culmine di un dibattito iniziato alla fine del secolo scorso, il
legislatore tedesco ha proceduto ad introdurre nel codice penale teutonico - con la legge di
riforma penale (Strafänderun-gsgesetz) del 22 marzo 2007 - una nuova fattispecie
incriminatrice precipuamente rivolta alla repressione penale delle condotte di stalking.
Segnatamente, si tratta del reato contemplato dal § 238 dello Strafgesetzbuch, rubricato
“Nachstellung” (letteralmente “persecuzione”), inserito nel 18 Abschnitt della
codificazione tedesca, dedicato ai reati contro la libertà personale (“Straftaten gegen die
persönliche Freiheit”).
Detta norma censura la condotta di chi:
- perseguita una persona cercando insistentemente la sua vicinanza;
- tenta di stabilire con essa un contatto tramite i mezzi di comunicazione o l’ausilio di
soggetti terzi;
- ordina merci o servizi utilizzandone abusivamente i dati personali oppure induce un
terzo a mettersi in contatto con essa;
27
- attenta, con lesioni corporali, all’incolumità, alla salute ed alla libertà della vittima o di
una persona ad essa vicina.
È prevista, infine, la sanzionabilità di chi compia azioni similari a quelle sopra descritte,
che arrechino grave pregiudizio alle normali dinamiche di vita di una persona64.
La dottrina tedesca ha sollevato delle perplessità in ordine alla compatibilità della
presente norma, laddove reca la punibilità di condotte “similari” a quelle analiticamente
descritte, con il principio di determinatezza (Bestimmtheitsgrundsatz) di cui all’art. 103,
secondo comma della Carta costituzionale tedesca (Grundgesetz).
Ciò posto, quello previsto dalla disposizione in commento è un delitto di evento
(erfolgsdelikt), in cui quest’ultimo è dato dal “grave danneggiamento della qualità della
vita della persona offesa”; detto evento presenta una latitudine descrittiva similare a quella
che si rinviene nell’art. 612-bis del codice penale italiano.
In Slovenia non esiste una norma che censuri in maniera puntuale lo stalking; tuttavia,
al fine di fornire copertura normativa a taluni aspetti che tradizionalmente caratterizzano
la condotta persecutoria, è possibile valorizzare talune previsioni legislative.
In Portogallo non vi è una legge specifica in tema di stalking, ma la proposta di un
nuovo codice penale contiene alcune misure che posso essere applicate anche ai casi di
stalking.
Nell’ordinamento penale spagnolo, benché non sia prevista una norma specifica che
sanzioni lo stalking, nel código penal sono contemplate due fattispecie a cui ricorrere onde
perseguirlo65.
Nei casi meno gravi lo stalking viene considerato alla stregua di una condotta diretta ad
insultare, minacciare, umiliare una persona e, pertanto, viene ricondotto nell’ambito
dell’art. 620, comma 2 del codice penale, che prevede in proposito una contravvenzione.
Tale fattispecie, tuttavia, è applicabile solamente quando tra autore e vittima non
sussiste una relazione sentimentale od un rapporto professionale; inoltre, sono esclusi gli
approcci di tipo sessuale. Per tali ipotesi, infatti, il codice penale prevede specifiche
fattispecie di reato: la violenza domestica laddove vi sia un legame affettivo tra i due
soggetti, il mobbing nel caso in cui ci si trovi in un contesto lavorativo, la molestia sessuale
nell’ipotesi in cui l’agere dell’autore sia sorretto da motivazioni di tipo sessuale.
Nei casi di stalking più gravi il giudice è solito ricorrere all’art. 173 del codice penale,
contenuto nel titolo VII, rubricato “Torture ed altre offese contro l’integrità morale”. Tale
norma viene frequentemente richiamata in relazione a reiterati episodi di violenza
domestica, molestia o minaccia, in grado di arrecare un significativo vulnus alla vittima.
Vincenzo Ianni
(Reggio Calabria)
64
«Chiunque perseguita ostinatamente senza autorizzazione taluno, in modo tale da: 1. invadere la sua
intimità spaziale, 2.tentare di contattarlo avvalendosi di mezzi di telecomunicazione o comunicazione o di
terze persone, 3. rinunciare ad ordinazioni di merci o servizi a nome della persona offesa o indurre terze
persone a interrompere i propri contatti con la stessa, mediante l’utilizzazione abusiva dei dati personali di
quest’ultima, 4. minacciare la persona offesa o una persona a questa vicina di un danno alla vita,
all’integrità fisica, alla salute o alla libertà, o 5. porre in essere una condotta analoga a quelle di cui ai nr.
1-4, e con tali condotte danneggia gravemente la qualità della vita della persona offesa, è punito con la
reclusione fino a tre anni o con la pena pecuniaria».
65
V. C. VILLACAMPA ESTIARTE, Stalking y derecho penal: relevancia juridico-penal de una nueva
forma de acoso, Iustel, 2009.
28
***
PREMIO GIURIDICO
NAPOLI CULTURAL CLASSIC
CONCORSO indetto dall’ASSOCIAZIONE
CULTURALE
“NAPOLI CULTURAL CLASSIC”
con i Patrocini
- Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Napoli “Parthenope”
- Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola
- IUS SIT - www.iussit.eu – (rivista on-line di Informazione Giuridica)
III edizione (anno 2011).
__________( )__________
Autore dell’elaborato: VINCENZO IANNI.
- Categoria di gara prescelta: sezione “B” - diritto penale.
- Titolo dell’elaborato: “Ubi tu ibi ego”: il reato di atti persecutori nei suoi aspetti
fenomenici e profili giuridici.
- Numero di pagine: 26.
- Note: a piè pagina.
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