Vecchio serbatoio - XForm

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Vecchio serbatoio - XForm
Design
Vecchio serbatoio,
addio!
Giorgio Aldini
Designer industriale, ha
seguito negli utlimi 15 anni
la progettazione di più di 100
prodotti. Nel 1996 è stato tra
i fondatori dell’associazione
italiana di prototipazione
rapida, APRI. Nel 2000 ha
fondato lo studio Xform
con cui sviluppa progetti in
diversi ambiti per importanti
aziende italiane e straniere.
Il passaggio che la nostra società ha compiuto dall’età
moderna all’età postmoderna, cioè semplificando, dal tempo
dei bisogni primari a quello dei bisogni simbolici è segnalato
dalla mutazione degli oggetti. In particolare di alcuni di essi
che hanno subito nell’arco degli ultimi decenni mutazioni più
evidenti nella forma e, particolarmente in questo caso, nel
contenuto. Parliamo di uno dei più sensibili indicatori estetici
della nostra epoca cioè del serbatoio di una moto.
R
ivedendo le vecchie foto, per esempio, delle Indian
di anteguerra ci si rende conto che a quel tempo una
moto non era che un motore, incorniciato da un telaio
a sua volta sovrastato da un serbatoio che fungeva
inequivocabilmente da contenitore per il carburante.
La funzione estetica di tale serbatoio era quella di baricentro formale
del veicolo. Tra componenti che avevano tutti una dominante
funzione meccanica quella scatola panciuta e tondeggiante si ergeva
a depositaria del marchio che vi campeggiava, quello del costruttore.
L’imbutitura delle lamiere, come tutte le deformazioni plastiche,
richiede che le forme abbiano grandi raccordi per limitare gli
stiramenti e ampie zone curve che distribuiscano uniformemente le
tensioni indotte dalla deformazione durante il processo di formatura.
L’evocazione della velocità suggerita dalle forme vagamente
aerodinamiche del serbatoio non era, in gran parte, che un effetto
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collaterale causato dai limiti della tecnologia di produzione.
Fino alla fine degli anni sessanta, acquistare una moto di un
determinato colore significava che solo il serbatoio di quella
moto era del colore scelto: il resto delle parti aveva un colore
che restava invariato per tutta la gamma cromatica in cui
veniva offerto il veicolo. I parafanghi erano sempre cromati
così come le superfici del motore avevano una finitura che
dipendeva esclusivamente da esigenze tecniche, e il telaio era
verniciato di nero o sabbiato. Quando si voleva far assomigliare
un modello stradale ad una moto da competizione bastava
verniciare sul serbatoio una fascia centrale di un colore
deciso che contrastasse con il resto. Quando poi tale striscia
proseguiva sulla coda, ecco che la moto perdeva ogni sembianza
stradale per proporsi come strumento di pura competizione,
talmente brutale da non poter essere utilizzato che in pista.
E
B
Osservando una vecchia
Indian di anteguerra ci si
rende conto che la moto
non era altro che un motore,
incorniciato da un telaio
a sua volta sovrastato da
un serbatoio che fungeva
inequivocabilmente
da contenitore per
il carburante.
In alcuni modelli il vecchio serbatoio metallico
riprende il suo ruolo da protagonista, per
esempio insieme alla struttura del telaio,
come nel caso della Ducati “Monster”.
E
Nella Buell Lightning
XB12Ss il serbatoio
trasparente accoglie il
sistema di aspirazione
del motore.
Passano gli anni e l’estetica
si diffonde a tutte le
parti del veicolo
Nelle moto di oggi, prodotte per una società
postmoderna, dove l’attenzione per la forma
cresce spesso a scapito del contenuto, non c’è
componente in cui la casa produttrice non
abbia tenuto conto in misura importante della
necessità di comunicare la propria immagine,
fosse anche a scapito della funzionalità stessa.
Il volto del veicolo è definito, oggi, da parti in
plastica che ricoprono la meccanica. Rispetto
alle lamiere o ai tubi esse soffrono meno di limiti tecnologici dovuti
alle tecnologie di produzione e si avvantaggiano nella libertà della
forma per il fatto di essere esentate da gravosi compiti strutturali.
Nelle moto stradali, soprattutto in quelle a vocazione sportiva, la
grafica che occupa le superfici di tali plastiche diventa il potente
strumento per comunicare le caratteristiche del veicolo. Più
economica da aggiornare, questa “livrea” serigrafata direttamente
sulle superfici è nettamente più efficace nel “gridare” alla novità.
Le plastiche, fianchetti e carenatura, salgono fino a nascondere il
volume del serbatoio che in molti casi, in realtà, nasconde l’impianto
di aspirazione del motore come sulle moto da competizione.
Intanto le parti meccaniche restando coperte da questo vestito
possono permettersi anche finiture meno nobili e assemblaggi
meno precisi a tutto vantaggio dell’economia di produzione.
La Buell, un’azienda votata all’innovazione nel settore, in
nome dell’ergonomia e della facilità di guida nasconde il
carburante direttamente nel telaio. Il serbatoio scompare e
davanti al pilota c’è un cofanetto, che nelle ultime versioni
diventa trasparente e che assolve alle funzioni ergonomiche
riprendendo le forme tradizionali di contenitore arrotondato.
Da qualche anno per riconquistare le simpatie di chi proprio non
“digerisce” la plastica sono tornate le naked. Il vecchio serbatoio
metallico avvalendosi dei progressi tecnologici dell’idroformatura
può ambire a forme più organiche e ritornare a riprendersi quel
ruolo estetico di protagonista, per esempio assieme alla struttura
del telaio, come nel caso della celeberrima Ducati “Monster”.
Ma la comunicazione per immagini sebbene privilegiata in un
mondo dominato dai media, è ben lontana dal raccontare ciò che
solo l’esperienza diretta della guida può esprimere. Il serbatoio
è ancora fondamentale nel trasmettere le sensazioni di guida al
pilota che lo tiene stretto tra le gambe mentre è piegato in avanti
C
Nel cross, da sempre
settore strettamente
legato alle esperienze
agonistiche, la forma della
sella è andata allungandosi
sul serbatoio fino a
farlo quasi scomparire
(Honda CRF 450R ’08).
C
Norton Manx. A chi
piacciono le cose semplici.
alla ricerca di qualche chilometro in più di velocità. Nelle moto
stradali l’intersezione con la sella dà vita a forme organiche che
suggeriscono una compenetrazione tra il pilota e il mezzo a
creare un’unica sagoma integrale. Interessante invece l’evoluzione
nel cross, da sempre settore strettamente legato alle esperienze
agonistiche e dominato dalla performance anche in campo
ergonomico. Qui la posizione di guida, che nelle stradali si risolve
in una ricerca della migliore aerodinamica, prevede una varietà
di situazioni a cui l’insieme sella-serbatoio si deve adattare. Per
la realizzazione dei serbatoi la tecnologia di trasformazione
delle materie plastiche ha prevalso su quella dei metalli in virtù
dell’infinita gamma di soluzioni formali che è in grado di offrire
alla risoluzione di ogni singolo problema tecnico. Ciò a cui si è
assistito è comunque un rafforzamento dell’immagine del veicolo
ottenuta legando i vari elementi funzionali in un’unica soluzione
continua in cui la forma della sella è andata allungandosi sul
serbatoio fino a farlo quasi scomparire. Alla base di queste scelte
ci sono chiaramente, oltre a motivi di immagine, anche ragioni
di carattere funzionale che privilegiano la maneggevolezza e
l’esperienza di guida in chiave dinamica. La moto da cross come
un’attrezzatura sportiva: tecnologia al servizio della performance.
Le cose non sono più ciò che sembrano. Dopo anni di onorato
servizio, il serbatoio, che nella vita aveva fatto di tutto,
oltre a contenere il carburante, pur di stare tra le braccia
del pilota, sta finendo relegato come sugli scooter negli
anfratti del telaio a contenere benzina, mentre qualcosa di
plastica che gli assomiglia gli ha sottratto l’ambito posto.
Quanto a me, se non si è ancora capito, non mi
definirei un minimalista, è che mi piacciono le
cose semplici: Norton Manx, isola di Man.
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