1 Segnalazione editoriale. Gino De Dominicis. 2° SOLUZIONE DI
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1 Segnalazione editoriale. Gino De Dominicis. 2° SOLUZIONE DI
n. 6 Marzo/Maggio 2013 Segnalazione editoriale. Gino De Dominicis. 2° SOLUZIONE DI IMMORTALITÁ (l’universo è immobile) di Eleonora Charans, Ed. Scalpendi Riportiamo di seguito un brano estratto dal volume Gino De Dominicis. 2° SOLUZIONE DI IMMORTALITÁ (l’universo è immobile) di Eleonora Charans, di recente pubblicazione per i tipi Scalpendi. «È ancora possibile la poesia?» era il quesito contenuto nel titolo del discorso di Eugenio Montale pronunciato, il 12 dicembre 1975, in occasione del conferimento del Premio Nobel per la Letteratura. La riflessione prendeva le mosse dalla registrazione delle modalità di alcune tendenze estetiche degli ultimi anni con le quali Montale, allora quasi ottantenne, si confrontava. Si trattava di fenomeni che emergevano anche a causa dello sviluppo delle comunicazioni di massa e che avevano il potere di annientare - secondo il poeta - la possibilità di solitudine e di riflessione in favore di un'arte nuova che poneva tutta l’enfasi sullo spettacolo e sull’esibizione, inevitabilmente collegata alle logiche capitaliste. Da una fruizione solipsistica dell’arte si passava dunque ad una fruizione aperta: e cosa poteva esserci di più aperto di una composizione multisensoriale come fu quella realizzata da De Dominicis per la XXXVI Biennale di Venezia, che associava immagine e suono? Oppure ancora: di più teso al divenire di un allestimento i cui elementi mutavano sotto gli occhi degli spettatori - come il cartellino contenente il titolo che l’artista spostava dal petto di Rosa ai suoi piedi - come fosse una partitura ancora in fieri, ancora tutta da comporre? Per tornare al discorso di Stoccolma, Montale riteneva, a metà degli anni Settanta, che con il diffondersi della civiltà del benessere le arti tendessero sempre di più a smarrire la loro identità, per confondersi sempre di più. Dato che non si poteva nemmeno tentare di riprodurre il vero, l’unica via restava quella di presentarlo tout court. Come nel caso 1 dell’opera al centro di questo volume, alla quale Montale fece esplicito riferimento omettendone però titolo e autore: Alla grande mostra di Venezia anni fa era esposto il ritratto di un mongoloide: era un argomento très dègoûtant, ma perché no? L'arte può giustificare tutto. Sennonché avvicinandosi ci si accorgeva che non di un ritratto si trattava, ma dell’infelice in carne ed ossa. L’esperimento fu poi interrotto manu militari, ma in sede strettamente teorica era pienamente giustificato. Già da anni critici che occupano cattedre universitarie predicavano la necessità assoluta della morte dell’arte, in attesa non si sa di quale palingenesi o resurrezione di cui non s'intravvedono i segni. Quali conclusioni possono trarsi da fatti simili? Evidentemente le arti, tutte le arti visuali, stanno democratizzandosi nel senso peggiore della parola. L'arte è produzione di oggetti di consumo, da usarsi e da buttarsi via in attesa di un nuovo mondo nel quale l’uomo sia riuscito a liberarsi di tutto, anche della propria coscienza. L’esempio che ho portato potrebbe estendersi alla musica esclusivamente rumoristica e indifferenziata che si ascolta nei luoghi dove milioni di giovani si radunano per esorcizzare l’orrore della loro solitudine. Ma perché oggi più che mai l'uomo civilizzato è giunto ad avere orrore di se stesso?1 Montale sembra dunque ricondurre le motivazioni alla base del gesto di De Dominicis all'interno dell’emergente società del consumo in cui l'uomo si libera facilmente sia degli oggetti che della morale, disumanizzandosi ovvero prendendo le distanze dalla propria umanità. Anche Pier Paolo Pasolini, che proprio il mese precedente il discorso di Montale era stato trucidato a Ostia, per tentare di comprendere le radici del gesto dell’artista, che arriva a definire come il prodotto della «sottocultura italiana», aveva, prima di tutto e per la quasi totalità del breve intervento, riassunto l’avvicendamento di posizioni politicoculturali nel corso del decennio precedente: Una dozzina d’anni fa si è avuto nell’Italia letteraria il movimento della neoavanguardia. Era un movimento che reagiva all’“impegno” che era stato di moda il decennio precedente: vi reagiva in nome di un nuovo tipo di vita e di rapporto con la società. La miseria non c’era più, ma c’era il benessere [...]. La grande rivoluzione "interna" del capitalismo, iniziata nei primi anni Sessanta - in cui la civiltà borghese si rinnovava, progettando una specie di palingenesi - aveva trovato i suoi servi - al solito sciocchi e teppisti – nei letterati della neoavanguardia. (...) Poi venne il '68: la rivolta studentesca travolse e distrusse questa neoavanguardia (anche se essa, col suo cinismo, aderì e si confuse col 2 movimento studentesco).2 L’amalgama che ne derivava, secondo Pasolini, permetteva anche un riciclo di persone ed idee: gli ex neovanguardisti disimpegnati potevano passare disinvoltamente tra le fila degli studenti, permettendo a questi ultimi di usufruire di argomenti già pronti da scagliare - più o meno metaforicamente - contro l’impegno dei «vecchi». Il risultato, secondo Pasolini, era una svalutazione qualunquista, generalizzata di ogni segmento della cultura italiana: il tutto veniva giustificato in nome di un atto storico di revisione dei valori che ne prevedeva l’azzeramento. L’idea di opera d’arte ascrivibile a tale contesto era dunque il risultato di una fusione tra il concetto di neoavanguardia, con il suo sperimentalismo assoluto estremizzato fino all’illeggibilità e all’inservibilità, e l’idea del movimento studentesco, «il più leggibile e servibile dei contenutismi» 3 . Per l’intellettuale questa fusione era semplicemente mostruosa poiché inconciliabile da un punto di vista dialettico e allo stesso tempo possibile solo per la figura del provocatore che nasce senza colore e senza bandiera e per questo può essere accolto ovunque e da chiunque. Dopo la lunga disamina genealogica, che occupa come ricordato quasi tutto l’intervento, Pasolini chiama in causa De Dominicis solamente a partire dall’ultimo paragrafo: II caso di De Dominicis è il tipico prodotto di tale confusione mostruosa: anzi può essere considerato una metafora. Egli mescola la provocazione della neoavanguardia - la “pop art” portata alle estreme conseguenze, eccetera - e la provocazione neomarxista dei gruppuscoli, la denuncia velleitaria e verbalistica portata ugualmente alle estreme conseguenze. Il ragazzo subnormale che egli ha esposto è il simbolo vivente dell’idea dell’opera d'arte che in questo momento determina i giudizi del mondo culturale (sottoculturale) italiano4. Le posizioni di Montale e di Pasolini sembrano a questo punto del tutto convergenti: l’opera di De Dominicis, anche se in realtà quasi sempre l’attenzione viene rivolta all’inclusione di Rosa e si perde di vista il progetto nella sua interezza, viene interpretata come il paradigma di una democratizzazione svilente, di un aggressivo azzeramento dei valori e delle griglie interpretative dei «vecchi», di una controproposta che non è portatrice di alcuna proposta, di una sfida «triste, inopportuna e furba» 5 nei confronti di un’istituzione - la Biennale di Venezia – che era giunta al suo trentaseiesimo appuntamento. Il mondo «sottoculturale» italiano risponderà, a sei anni di distanza, con una trasposizione cinematografica dello scandalo, che in effetti occupò molto spazio nei giornali italiani, dalle 3 testate nazionali a quelle locali. La scena in questione è inserita nel celebre episodio La vacanze intelligenti, all’interno del film Dove vai in vacanza? (1978). Nell’episodio i coniugi Alberto Sordi, che ne è anche il regista oltre che co-protagonista, e Anna Longhi si recano in visita alla Biennale di Venezia, su suggerimento dei figli progressisti e vicini alla laurea. Stremata dalla lunga camminata all'interno del Padiglione centrale, Augusta (Anna Longhi) si siede mentre il marito si allontana per cercare uno spuntino. La donna viene così scambiata per scultura vivente o iperrealista e fotografata dai visitatori; il marito ritorna e porta via la moglie, tra il divertito, lo stupito ed il leggermente irritato. In effetti, De Dominicis, stemperato lo scandalo della trentaseiesima edizione, venne invitato nuovamente alla Biennale nel 1978, proprio l’edizione che riprese Sordi, e la sua opera venne presentata all'interno della sezione Sei stazioni per Artenatura curato da Jean Christophe Ammann, Achille Bonito Oliva, Antonio Del Guercio e Filiberto Menna6. De Dominicis espone II tempo lo sbaglio lo spazio, una scultura del 1969-707 composta da uno scheletro umano con i pattini che tiene al guinzaglio lo scheletro di un cane, l’opera fu esposta per la prima volta proprio all'interno della sala contestata del 1972, in prossimità della scrivania alle cui spalle erano stati disegnati i simboli contestati. Sei anni dopo, l’artista ripresenta la stessa scultura, con la variante dell’asta la cui estremità appuntita àncora a terra una falange del dito medio dello scheletro umano. Stando al catalogo ragionato, esistevano altre riprese che avrebbero restituito Sordi con lo sguardo basso e atteggiamento di cordoglio mentre osservava la scultura-scheletro di De Dominicis. L’artista, però, non gradì che la sua opera fosse inserita nel film così fece ritirare dalla circolazione i fotogrammi 8 . L’episodio è capace di dirci quanto l’artista tenesse al controllo della riproduzione delle sue opere, che fossero fisse oppure in movimento. Eleonora Charans Gino De Dominicis. 2° SOLUZIONE DI IMMORTALITÁ (l’universo è immobile) Scalpendi, Milano 2012 1 E. Montale, È ancora possibile la poesia? Discorso tenuto all’Accademia di Svezia il 12 dicembre 1975. The Nobel Lecture, Stockholm-Roma 1975. 2 P. P. Pasolini, Il mongoloide alla Biennale è il prodotto della sottocultura italiana, “Il Tempo”, Milano, 25 giugno 1972. 3 Ibidem. 4 Ibidem. Come viene definita da Natalia Aspesi: «Triste per la quieta fiducia con cui il giovanotto aveva accettato di mostrarsi. Inopportuna per essere diventata immediatamente un pretest a sfondo politico per scagliarsi contro gli organizzatori della Biennale. Furba perchè, e lo si vede dall’aria assolutamente soddisfatta che aveva oggi De Dominicis, in questi giorni l’unico artista di cui si parla è lui», in N. Aspesi, Contro De Dominicis sono intervenuti i genitori del giovane veneziano. Il “caso” delle farfalle, “Il Giorno”, Milano, 10 giugno 1972. 6 R. Barilli, G. Dorfles, F. Menna. Al di là della pittura. Arte Povera, comportamento, body art, concettualismo, Milano 1978. 7 J.C. Amman, A. Bonito Oliva, A. Del Guercio, F. Menna, Artenatura, Venezia 1978, p. 59; R. Barilli, G. Dorfles, F. Menna, Al di là della pittura. Arte Povera, comportamento, body art, concettualismo, Milano 1978, p. 190; I. Tomassoni, Gino De Dominicis: catalogo ragionato, Milano, 2011, scheda n. 95 pp. 232, 233. 8 I. Tomassoni, op. cit., p. 545. Anche Vittorio Sgarbi all’interno del suo recente volumetto L’arte contemporanea dedica un capitolo alla relazione tra la Seconda soluzione d’immortalità di De Dominicis ed il film di Sordi. 4 5 5