Dal 23 ottobre al 14 febbraio, 110 opere dell

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Dal 23 ottobre al 14 febbraio, 110 opere dell
Dal 23 ottobre al 14 febbraio, 110 opere dell’inventore della scultura in movimento
Calder
La prima monografica a Roma sul più innovativo scultore del XX secolo
Dal 23 ottobre 2009 al 14 febbraio 2010, Alexander Calder è il protagonista, per la
prima volta a Roma, di un’ampia mostra monografica
a Palazzo delle Esposizioni.
I suoi famosissimi mobile e stabile, le sue sculture realizzate con fil di ferro, i bronzi,
le gouache, i disegni e i dipinti ad olio, sono esposti in una rassegna che ricostruisce
le tappe fondamentali del suo percorso artistico, curata da Alexander S.C. Rower,
presidente della Fondazione Calder di New York.
La mostra è realizzata con il generoso contributo di Terra Foundation for
American Art
e grazie al sostegno di BNL e Lottomatica
e gode dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica
“Perché l’arte deve essere statica? Se osservi un’opera astratta, che sia una scultura o un quadro, vedi
un’intrigante composizione di piani, sfere e nuclei che non hanno senso. Sarebbe perfetto, ma è pur
sempre arte statica. Il passo successivo nella scultura è il movimento”, questa dichiarazione di
Alexander Calder apparsa in un’intervista sul “New York World Telegram” nel 1932, accompagnava la
nascita dei suoi mobile, la più rilevante innovazione espressiva della modernità. Sculture destinate a
essere investite da una enorme popolarità, nelle quali l’artista armonizzò forma, colore e un movimento
reale, concependo l’insieme come un “universo”, nel quale “ogni elemento può muoversi, spostarsi
oscillare avanti e indietro in un rapporto mutevole con ciascuno degli altri elementi”.
Alexander Calder (1898-1976), la cui carriera abbraccia gran parte del Novecento, è uno dei più celebri
e stimati scultori del nostro tempo. Nato in una famiglia di famosi artisti di formazione classica, Calder
ha utilizzato il suo genio innovativo per rivoluzionare il corso dell’arte moderna. Il primo passo è stato
l’elaborazione di una nuova tecnica di scultura: delineare le masse suggerendone il volume con poche
linee di filo metallico. Calder ha ottenuto la fama con l’invenzione dei mobile, sculture mobili
composte da elementi astratti che, sospesi, si muovono seguendo un’armonia equilibrata e sempre
diversa. Si è anche dedicato alla realizzazione di sculture monumentali per esterni utilizzando lamiera
di acciaio e bulloni. Oggi i suoi magnifici titani abbelliscono le piazze delle città di tutto il mondo.
La retrospettiva del Palazzo delle Esposizioni documenta il suo intero percorso creativo, attraverso un
repertorio dei suoi lavori più importanti accanto ai quali sono esposti alcuni sviluppi della sua ricerca
meno noti al grande pubblico. Il percorso si snoda dagli inizi figurativi, con olii, gouaches e wire
sculptures (sculture costruite con il fil di ferro), ai bronzi degli anni Trenta, sino alla scoperta dell’arte
astratta e all’invenzione dei mobile e degli stabile.
Gli inizi, segnati dai lungi soggiorni a Parigi e dalla nascita di salde amicizie con Léger, Duchamp,
Miró, Mondrian e con altri esponenti dell’avanguardia artistica, sono ripercorsi attraverso capolavori
come Romulus and Remus dal Guggenheim di New York (e la cui presenza a Roma provoca un felice
cortocircuito), Hercules and Lion, Circus Scene, tutte sculture realizzate con il fil di ferro, in alcune
delle quali l’artista ha sperimentato le prime forme di movimento in una dimensione di gioco e di
divertita ironia.
Raramente visibile al grande pubblico è il gruppo di piccoli bronzi che Calder realizzò a Parigi intorno
al 1930, figure di acrobati o contorsionisti ricavate modellando originarie forme in gesso, che
documentano la sperimentazione di tecniche diverse e i differenti modi nei quali l’artista ha declinato
l’idea di movimento.
La celebre scultura Croisière del 1931, insieme ad altre dello stesso periodo, documenteranno la sua
adesione all’astrattismo, avvenuta dopo la visita allo studio parigino di Mondrian nell’ottobre del 1930.
Si tratta di un importante corpus di opere cui Duchamp diede il nome di mobile e in alcune delle quali,
per la prima volta, il movimento è impresso da fattori contingenti o atmosferici.
Alcuni capolavori realizzati intorno alla metà degli anni Trenta testimoniano la sua vena surrealista,
come Gibraltar del MoMA di New York e la scultura intitolata Tightrope proveniente dalla
Fondazione Calder ed esposta nelle principali mostre dedicate all’artista a partire dagli anni Quaranta.
Le grandi attrazioni della mostra sono alcuni dei suoi più celebri mobile, da Untitled del 1933, uno dei
primi esemplari, a 13 Spines del 1940, conservato al Museum Ludwig di Colonia, Roxbury Flurry del
1946 e Big Red del 1959 del Whitney Museum di New York, Cascading Flowers del 1949 della
National Gallery of Art di Washington, Le 31 Janvier del 1950 del Pompidou di Parigi, The Y del
1960 proveniente dalla collezione Menil di Houston. E’ esposto, inoltre, il mobile monumentale (il suo
diametro supera gli otto metri) permanentemente collocato all’interno dell’aeroporto di Pittsburgh ed
eccezionalmente concesso in prestito per la mostra al Palazzo delle Esposizioni.
L’invenzione del mobile fu solo uno dei suoi innovativi traguardi. Negli anni Trenta ha realizzato i
primi stabile, sculture statiche chiamate così da Jean Arp, a sottolineare la loro caratteristica di essere
opere non cinetiche “cui bisogna camminarvi intorno o passarci in mezzo”, al contrario del mobile che
“danza di fronte a te”. Sculture spesso colorate e pervase di una forte carica di vitalità, astrazioni
geometriche anche monumentali come La Grande vitesse, Sabot o Spiny, tutte presenti in mostra.
Fusione dei suoi due modi principali d’interpretare la scultura sono gli standing mobile. Sculture in
movimento non più sospese nell’aria, ma ancorate a terra, come Little Spider dalla National Gallery di
Washington, The Spider dal Raymond and Patsy Nasher Collection di Dallas o Pomegranate dal
Whitney Museum di New York.
Sono esposte, inoltre, le celebri Constellations, tutte datate 1943 nelle quali le traiettorie segnate dai fili
metallici collegano piccoli elementi di legno dipinto o di ceramica creando un sistema che ricorda,
come accade spesso nelle opere dell’artista, un fenomeno celeste o una cosmogonia. Sono presenti in
mostra anche alcune delle opere conosciute con il titolo di Tower risalenti al 1951, tra le quali
Bifurcated Tower del Whitney Museum di New York e una selezione dei modelli in bronzo realizzati
dall’artista nel 1944.
La grandezza dell’opera di Calder nell’aver introdotto una nuova nozione di scultura, basata sull’idea
di movimento, di spazio aperto e di trasparenza, ha trovato una ennesima, eccezionale espressione negli
stabile monumentali. Opere con le quali Calder ha rinnovato il concetto di scultura “pubblica”,
realizzando sculture di grandi dimensioni perfettamente integrate agli ambienti per cui sono state
pensate. In mostra sono esposte le maquette di alcune di queste sculture monumentali, che hanno
riscosso così tanto successo al punto da diventate emblemi di prestigio in molte città del mondo. Tra le
altre il modello del Teodelapio di Spoleto conservato al MoMA di New York e le maquette di
Jerusalem e Man.
Le sezioni della mostra
Come opera d’apertura, collocata nella Rotonda centrale del Palazzo delle Esposizioni, il visitatore
ammirerà l’imponente Pittsburgh; il mobile è circondato da quattro piccole maquette, i modelli dai
quali venivano ricavate le sculture monumentali. Tra gli altri, il modello per Teodelapio, scultura
commissionata all’artista per il Festival dei Due Mondi di Spoleto del 1962. Quest’opera costituisce
non solo uno dei pochi esempi contemporanei di scultura monumentale in Italia ma è anche il primo
lavoro progettato per ravvivare e trasformare completamente un ampio spazio pubblico ed è molto
significativa nel percorso artistico di Calder.
Nella prima sezione si va dalle sculture degli esordi, Dog e Duck (1909), realizzate all’età di undici
anni, ai primi dipinti e alle vivaci illustrazioni di animali realizzate all’inizio degli anni Venti, quando
era allievo della scuola d’arte di New York. Nel 1926 Calder si trasferì a Parigi ed entrò a far parte
dell’esuberante comunità degli artisti d’avanguardia. Poco dopo il suo arrivo nella capitale francese,
l’artista inventò le wire sculptures, sculture in fil di ferro, un modo del tutto nuovo di descrivere con
una sola linea lo spazio tridimensionale. In questa sezione troviamo la più grande scultura del genere,
Romulus and Remus (1928), un ingegnoso ritratto dei fondatori di Roma allattati da una lupa in filo
metallico e fermaporte di legno, esposto nella capitale per la prima volta.
Nella seconda sezione vari esempi della fase successiva della carriera artistica di Calder, la più
innovativa: il passaggio dal figurativo all’arte astratta e l’invenzione dei mobile. Nelle prime
costruzioni astratte, le linee espressive delle wire sculptures si trasformano in definizioni di pura
energia. Le primissime opere di questo tipo – un gruppo di dipinti a olio raramente accessibili al grande
pubblico – mostrano la sua abilità nel tradurre l’energia in colore e forma. Il pezzo forte della sezione è
il rivoluzionario Small Sphere and Heavy Sphere (1932-1933), il primo mobile progettato per essere
sospeso al soffitto. Sorprendente dimostrazione della forza di gravità e delle variazioni del moto,
l’opera somiglia molto a una performance: spingendo delicatamente la sfera più pesante, si attiva
l’oscillazione di quella più piccola che nella sua traiettoria imprevedibile potrebbe colpire gli oggetti
disposti sul pavimento. Lo spazio ospita anche lo splendido Untitled (1932 c.) largo quasi quattro metri,
un incantevole e precoce esempio dell’abilità di Calder di coniugare monumentalità e grazia.
Entrando nella terza sezione ci si inoltra negli anni Trenta, durante i quali la natura performativa di
Small Sphere and Heavy Spere si estende ad altre opere, quali White Panel (1936) e Red Panel (1938
c.), in cui gli oggetti astratti in primo piano agiscono sullo sfondo di solidi pannelli colorati. Molti dei
lavori di questo periodo, con le loro immagini naturalistiche portate all’eccesso, testimoniano la
simpatia con cui Calder guardava al Surrealismo. In questa sezione si può ammirare anche una raccolta
di opere di gioielleria: testimonianze di uno stile personale accuratamente realizzate a mano dall’artista,
costituiscono il lato più intimo dell’opera di Calder, infatti per la maggior parte furono create per amici
o familiari.
Nella quarta sezione sono esposti lavori di dimensioni sorprendentemente grandi accanto a poetiche
gouache o a mobile dal movimento delicato, ad illustrare la vasta gamma della produzione creativa di
Calder. I dipinti e le sculture si completano l’un l’altro: le ritmiche melodie dei mobile trovano eco nei
colori e nelle forme delle tele.
Nella quinta sezione sono raccolti numerosi lavori degli anni Quaranta, tra i quali varie Costellazioni,
costruzioni aperte in cui singoli fili metallici collegano piccoli elementi di legno. Accanto alle opere
più note e tipiche di Calder, come Spider, in questo spazio troviamo anche Tree (1941) e Scarlet
Digitals (1945), esposte per la prima volta dai lontani anni Quaranta. Nella prima osserviamo un
elegante trattamento del contrasto fra i delicati elementi in vetro e la robusta base simile a un tronco;
l’altra presenta complessi e affascinanti gruppi di movimento armonizzati in un’unica composizione.
I pezzi centrali della sesta sezione sono Parasite (1947) e Blue Feather (1948 c.), due incantevoli
esempi dell’abilità di Calder di sviluppare complessi sistemi di movimento ed equilibrio. Le Towers,
mobile appesi al muro, sono una testimonianza dell’uso del filo metallico per scolpire lo spazio, mentre
le coloratissime gouache, tutte realizzate a Parigi subito dopo la Seconda guerra mondiale e raramente
esposte, esemplificano la creatività dell’artista nello spazio a due dimensioni.
La settima sezione ospita Glass Fish (1955), elegante esempio dei rari pesci di vetro realizzati
dall’artista, i cui corpi costituiti da luccicanti frammenti di vetro ispirano la contemplazione della luce e
del movimento. La giustapposizione di mobile e bronzi sottolinea le rispettive contraddizioni: nei
primi il senso di effervescente leggerezza è bilanciato dal progressivo percorso discendente dei loro
componenti che ne sottolinea la pesantezza; i bronzi invece trasmettono un’idea di solidità incatenata al
suolo e al tempo stesso una tendenza a sfidare la forza di gravità.