«Mi chiamano la Erin Brockovich dell`Uva. Ma io mi sento un soldati

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«Mi chiamano la Erin Brockovich dell`Uva. Ma io mi sento un soldati
ATTUALITÀ / donne moderne
«Mi chiamano la Erin Brockovich
dell'Uva. Ma io mi sento un soldati
Sul futuro dell'Uva di Taranto si è appena tenuto un referendum
fra i cittadini. «Qui tanto siamo condannati» dice Daniela Spera: 39 anni,
chimica, ha raccolto montagne di dati sui veleni della fabbrica.
È grazie a lei se sono intervenuti i magistrati. La sua tenacia ora è
raccontata in un romanzo di cui è protagonista. E in questa intervista
«Non so neanch'io come ho cominciato e perché. Non sempre, nella
vita, t u t t o è razionale, scelto, voluto.
Ci sono strade segnate sulle mappe
del destino, facili da seguire. E poi
sentieri che incrociano il cammino
e non si può che andare avanti. A
tentoni, magari. Con le mani alzate a
difesa». Al telefono, la voce di Daniela
Spera è piccola e rapida come una
lama. Un po' come lei. che in Puglia
è d i v e n t a t a il s i m b o l o della l o t t a
all'inquinamento ambientale, tanto
da aver ispirato a una giornalista,
Cristina Zagaria, l'appassionante
romanzo-verità Veleno. La battaglia
di una giovane donna nella
città
ostaggio dell'Uva, in uscita in questi
giorni per Sperling & Kupfer. Nel quale Daniela. 39 anni, farmacista per
vivere e ambientalista per passione
civile, è. appunto, la protagonista.
Una ragazza esile, con lunghi capelli
castani annodati spesso in una coda
approssimativa («Ho poco tempo da
perdere») e occhi color tempesta
in un ovale da immaginetta. che in
m o l t i , qui. hanno r i b a t t e z z a t o "la
Erin Brockovich italiana".
Quindici anni fa. gli studi l'avevano
portata lontano da Taranto: Pisa. Genova. Parigi. Un'altra vita. Era tornata
a casa nel 2 0 0 9 per scrivere la tesi di
dottorato: due o tre mesi, secondo
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le sue intenzioni. Invece ha incrociato il sentiero (maledetto) dell'Uva.
Quei fumi che si mangiavano il cielo
perso tra i 256 camini dell'azienda. I
veleni che le provocavano gran mali
di testa. La processione quotidiana
da e verso la fabbrica dei 15 mila
morti-viventi, tanti sono i lavoratori
dell'acciaieria. «Me ne vado o muoio»
era stata la prima reazione. «Devo
fare qualcosa» la seconda. «Taranto
è una parte •
Cosa è s t a t o a farla decidere?
«Un video di pecore prelevate dalla
Asl in una masseria e uccise perché
avevano in c o r p o diossina c o m e
fossero elefanti. Rimasi sconvolta.
Perché era una masseria, non una casa a ridosso dell'Uva. Significa che in
questa terra tutto è avvelenato: l'aria,
l'erba, l'acqua, il latte, le pecore... E
le persone. Qui t u t t i siamo a rischio.
Ma t u t t o qui è normale. È normale
la polvere che ricopre la c i t t à e si
spazza via: sono normali le leucemie,
le malattie autoimmuni, quelle del
midollo e le f o r m e di asma: sono
normali i morti che si susseguono in
ogni famiglia e che si seppelliscono.
Fanno parte della quotidianità. La
popolazione, negli ultimi v e n t a n n i ,
si è quasi dimezzata. Ma a Taranto
hanno seppellito sempre t u t t o . Che
vuoi che sia? Si va avanti. Sempre».
In una situazione così compromessa, da dove ha cominciato?
«Dalla costruzione di un dossier di
storie e di dati per provare i danni
dell'inquinamento sulla salute: in
una città dichiarata a elevato rischio
ambientale già dagli anni Novanta,
nessuno lo aveva mai f a t t o . E io.
che sono laureata in chimica, avevo
gli s t r u m e n t i : q u a n d o si parla di
inquinanti, so perfettamente di " '
120 storie di malati. Li ho incontrati
uno a uno, scegliendo con cura le
malattie: non solo t u m o r i , non solo
patologie del midollo osseo. E poi
sopralluoghi, numeri, formule, dati.
Domande e risposte. Mai certe, mai
definitive. E viaggi. Analisi. Perizie.
Dichiarazioni. Manifestazioni... Da
quando ho iniziato questa battaglia,
la mia vita non è esistita più, è la
stessa della città. Il lavoro retribuito,
in farmacia, è secondario: mi serve
per vivere. La prima attività è questo
impegno, mi sento un soldato».
Lei. da sola, contro l'Uva...
« C o n t r o l'Uva e non solo. C o n t r o
l'Eni, c o n t r o Cementir, c o n t r o la
Regione, contro il Ministero dell'Ambiente, contro lo Stato, contro t u t t i
quelli che hanno violato la mia città.
In certi momenti mi sono sentita un
moscerino».
na Z
VELENO
Ut BAIIMUA n U U GKWWC DOMI»
• E l i » OTTA OSTAGGIO 0O1TWA
In /efefjo (Sperling & Kupfer) la
scrittrice e giornalista Cristina
Zagaria ha usato la sensibilità di
chi è cresciuto a Taranto per
romanzare (ma non troppo) la
storia di Daniela Spera, la chimica
che ha fatto scoppiare il caso Uva.
Il libro fa luce sul lato umano di un
dramma ambientale con una
forma, quella del romanzo-verità,
che arriva dritta al cuore.
Hanno cercato di fermarla?
«Sì. sin. Hanno c e r c a t o p u r e di
distruggermi. Non ci sono riusciti,
non mi hanno fermata. Mi fermerò
solo quando Taranto avrà ottenuto
giustizia».
E la famislia la
Grazie anche a lei. le cose stanno
cambiando.
nro. purtroppo, ta strage e
ancora in atta. Ma almeno la situa-
atura. cne e I unica
isT-irif:
jj^yiim. ir i
'
idanzatol". Un fidanzato, in un
o Sud, risolve sempre tutto. Non
è così, ovviamente. Ora, comunque,
con buona pace di mia sorella, un
fidanzato ce l'ho. Impegnato c o n
me in questa battaglia».
Che e f f e t t o le fa essere la protagonista di un roma
« U n e f f e t t o s t r a n o . Pensavo che
Mr.fanM
ppo. quello che
non è ancora nulla:
qualche
quale
anno vedremo in t u t t a
da malattie
m.
genetiche... Il li>
Cristi Zagaria è soltanto un'altra
Cristina
testin
testimonianza.
Importante certo. Ma
la vera
ven battaglia inizia ora, per que
non demorda Anzi, se così si può d
ho
raddoppiato gif sforzi creando una
rtorac
piccola squadra di volontari fìssi e
alcuni
alcun c o n s u l e n t i e s t e r n i , legali e
medici,
medie lo tré sento le energie anche
d i qu«
quelli che non possano lottare: sto
di
sveglia
svegli la notte e faccio diecimila cose
perché
pereti h o paura».
Di
Di che
eh cosà, Daniela?
«Ho
«Ho \paura che t o c c h i anche a me
prima
prirns dì aver portato a t e r m i n e Ea
mìa
mia kl o t t a . Prima d i essere riuscita a
b * * "
anche se lavora a Napoli, volesse
fare un libro dì denuncia e che camro
i il mio nome» come ha f a t t o
r i . Invece: "Tu hai u n n o m e
-janzo" m i ha d e t t o , lo non c i
.. J m a i f a t t o caso. Comunque,
il libro è una bella testimonianza
della mia battaglia per la città e a
quel punto ho pensato ai miei due
nipotini che, lì. stanno crescendo: r
re fa strage: a Taranto, si
:eì condannati».
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SaS- , - loro, la
Mariella
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