“Bling Ring” di Sofia Coppola

Transcript

“Bling Ring” di Sofia Coppola
Con il patrocinio del
Comune di Bologna –
Quartiere Savena
Approfondimento
bibliografico a cura della
Biblioteca “Ginzburg”
Oratorio Don Bosco
via B. M. Del Monte, 12
40139 BOLOGNA
C.G.S. “Vincenzo Cimatti”
Progetto CINEMAINSIEME
in collaborazione col circolo ARCI Benassi
“Il disagio giovanile”
Tre serate cinematografiche per riflettere sulla crisi di identità e di valori dei giovani e sulle
dinamiche adolescenziali.
1. martedì 10 marzo 2015
2. martedì 17 marzo 2015
3. martedì 24 marzo 2015
“Radiofreccia”
“Mean Creek”
“Bling Ring”
di Luciano Ligabue
di Jacob Aaron Estes
di Sofia Coppola
3
martedì 24 marzo 2015 ore 20:45
verrà proiettato, in sala audiovisivi dell’oratorio, il film
“Bling Ring”
di Sofia Coppola
SCHEDA
titolo Bling Ring (tit. orig.: The Bling Ring)
distribuito da Lucky Red
Katie Chang (Rebecca Ahn) [dopp. da
Rossa Caputo], Israel Broussard (Marc
Hall) [dopp. da Federico Viola], Emma
Watson (Nicki Moore) [dopp. da Letizia
Ciampa], Claire Julien (Chloe Tainer)
[dopp. da Giorgia Brasini], Taissa
Farmiga (Sam Moore) [dopp. da Virginia
Brunetti], Georgia Rock (Emily Moore)
[dopp. da Roisin Nicosia], Leslie Mann
(Laurie Moore) [dopp. da Francesca
Fiorentini], Carlos Miranda (Rob),
Gavin McGregor Rossdale (Ricky)
[dopp. da Christian Iansante], Annie
Fitzgerald (la Kate di Vanity Fair)
[dopp. da Claudia Catani], Erin Daniels
(Shannon) [dopp. da Barbara De
interpreti
Bortoli], Patricia Lentz (il giudice
Henley) [dopp. da Antonella Giannini],
Stacy Edwards (la madre di Marc),
Marc Coppola (sig. Hall, il padre di
Marc), Nina Siemaszko (isp. di Las
Vegas), Bailey Coppola (ragazzo),
Yolanda Lloyd Delgado (la madre di
Rob), Paris Hilton (Paris Hilton),
Lauren Conrad (immagini di
repertorio), Rebecca Cook (se stessa),
Kirsten Dunst (se stessa), Mark
Heidelberger (l'avvocato di Marc),
Lindsay Lohan (immagini di repertorio),
Heidi Montag (immagini di repertorio),
Audrina Patridge (immagini di
repertorio) [dopp. da Maria Giulia Ciucci]
fotografia Christopher Blauvelt; Harris Savides
musiche Daniel Lopatin; Brian Reitzell
sceneggiatura Sofia Coppola; Nancy Jo Sales
regia Sofia Coppola
USA / GB /
Francia /
produzione
Germania /
Giappone, 2013
gen. drammatico
durata 1h 30'
Ispirato a fatti realmente accaduti, racconta le vicende di un gruppo ragazzi
trama di Los Angeles ossessionati dai personaggi famosi e che attraverso Internet
tentano di rintracciare le case delle celebrità per compiervi dei furti …
Concorsi e premi
Questo film ha partecipato a:
•
66 edizione Festival di Cannes (2013) concorrendo nell* categori* premio della sez. "Un
certain regard" (a Sofia Coppola).
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Recensioni.
ACEC
Soggetto: A Los Angeles un gruppo di liceali (un ragazzo e alcune ragazze)con una
passione vera e propria per il glamour e per il lusso decide di entrare nelle abitazioni di
personaggi noti durante la loro assenza. Rintracciati su internet gli indirizzi, i giovani
visitano nottetempo le ville di nomi quali Paris Hilton, Orlando Bloom, Rachel Bilson.
Affascinati dalla quantità di oggetti che trovano, portano via soprattutto vestiti e gioielli,
tutti di grandi marche. Quando escono, vanno in discoteca a proseguire la notte. Ma
l'euforia dura poco. Mark, il ragazzo, vende in nero una serie di Rolex portati via da una
casa, e il meccanismo si inceppa. Interviene la polizia, tutti vengono arrestati, processati
e condannati. Quando escono, ecco Nicky, una delle ragazze, intenta a spiegare in
un'intervista che quell'episodio è servito a farla maturare e sentire un essere umano con
l'obbiettivo di fare qualcosa di buono per gli altri. Anzi informa che a breve aprirà un sito
sul quale scriverà la propria esperienza.
Valutazione Pastorale: L'articolo di Nancy Jo Sales apparso su Vanity Fair è incentrato
sulla vera storia di una teen gang che tra il 2008 e il 2009 rubò più di 3 milioni di dollari
in beni di lusso, entrando nelle ville di alcune star. "Ho letto l'articolo -dice Sofia Coppolae ho pensato che era proprio la trama di un film (...) Le dichiarazioni dei ragazzi mi hanno
molto colpita. Sembrava non si rendessero conto di aver fatto qualcosa di sbagliato e che
fossero interessati soprattutto alla celebrità ottenuta grazie alle rapine." La vicenda è in
effetti fin troppo lineare: i ragazzi stringono a scuola una superficiale amicizia, poi, aiutati
dalla estrema facilità con cui trovano indirizzi, entrano nelle case e vi restano a lungo,
riescono ad appropriarsi di ingenti quantitativi di oggetti belli e costosi. Tutto sembra
giocarsi sul momento della visione: stupore, meraviglia, incredulità affollano frasi e occhi
delle ragazze. Il 'dopo' sembra quasi passare in secondo piano. La regia osserva i fatti in
modo calmo, tranquillo, divertito. Solo nella seconda parte interviene uno sguardo più
stringente e riflessivo. Ma Coppola preferisce non entrare nel vivo degli interrogativi e
limitarsi a raccontare. Le colpe sono distribuite tra tutti: scuola, famiglia, i 'famosi', i 'fan',
chi produce consumismo chi vuole partecipare al consumo. La California come specchio
del mondo? Forse, ma è solo una possibilità. I new media come luogo che scava un solco
sempre più ampio tra finzione e verità? Anche questo. I giovani lasciati liberi di cedere a
seduzioni e raggiri, in un circuito spettacolare che non distingue tra lecito e illecito? In
non pochi passaggi prevale uno stile neutro e asettico, il gelo delle scelte di vita è senza
ritorno. Coppola resta aderente ad un cinema pulito ma privo di slanci emotivi, poco
aggressivo, meno illuminato rispetto ai tempi di "Lost in translation". L'argomento
meritava uno scavo generazionale più approfondito, e il film, dal punto di vista pastorale,
è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.
Giancarlo Zappoli (“MYmovies”)
Los Angeles un gruppo di adolescenti si dedica a un'attività piuttosto inconsueta.
Irresistibilmente attratti dal glamour della vita delle star individuano le loro abitazioni e,
in loro assenza, rubano tutti gli oggetti che, ai loro occhi, appaiono come status symbols.
Prima di essere individuati dagli investigatori avevano già accumulato una refurtiva di più
di tre milioni di dollari; tra le loro vittime ci sono stati (si tratta di fatti realmente
accaduti) Paris Hilton e Orlando Bloom.
Sofia Coppola al suo quinto lungometraggio conferma la propria attrazione, che
possiamo ormai definire autoriale, per il mondo dell'adolescenza. Dopo “Le vergini
suicide” e la giovane Scarlett Johansson in “Lost in translation”, dopo l'inedito e
coloratissimo ritratto di Marie Antoinette e la struggente solitudine della Cloe di
“Somewhere” questa volta il suo sguardo si sposta su un gruppo di 4 fanciulle della City
of Angels che coinvolgono un loro coetaneo, arrivato da fuori, nelle loro imprese.
Forse il motivo è da ricercarsi nell'ombra che papà Francis Ford ha gettato con la sua
imponente presenza sulla sua fase di passaggio dall'infanzia all'età adulta. Sta di fatto che
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gli eventi che erano accaduti qualche anno fa e ai quali la regista non aveva prestato un
particolare interesse divengono ora un film. Lo sguardo della sempre più adulta Sofia non
condanna i propri protagonisti. Compie un'azione ancor più dolente e incisiva: li osserva e
descrive con il senso di impotenza di chi ha ben chiare le cause dell'amoralità che li
pervade e al contempo si chiede se e come si possa tornare alla 'sana' trasgressione che
ha segnato in tutte le epoche la fase dell'adolescenza. Perché ciò che più sconcerta,
insieme alle loro dichiarazioni a posteriori desolatamente 'vere', è il compulsivo bisogno di
Nicki, Sam, Mark, Chloe e Rebecca non di opporsi al mondo degli adulti ma di
conformarvisi attraverso quegli oggetti e quei gadget che ne identificano a livello
comunicativo il potere. È come se il potere illusionistico dell'omologazione non avesse più
dinanzi a sé alcun ostacolo nella propria marcia universale. Perché le vicende che qui si
raccontano sono accadute negli Stati Uniti ma avrebbero potuto trovare cittadinanza
pressoché ovunque.
Da quando il desiderio di avere ha di gran lunga surclassato quello di essere, un virus
sembra essersi annidato in ciò che resta delle coscienze. Sofia Coppola ce ne mostra una
manifestazione utilizzando uno stile che sa, anche questa volta, adattare alla storia che
ha deciso di raccontare.
Abbandonati i tempi dilatati di “Somewhere” in “The Bling Ring” a dominare è il ritmo,
quasi sempre incalzante e dettato dalla musica, di una coazione a ripetere la cui meta
finale è il vuoto pneumatico interiore. Rivestito però dalle migliori griffes.
Valerio Caprara (“Il Mattino” 26 settembre 2013)
Sofia Coppola conferma una visione del cinema che può sembrare acritica ed
epidermica, ma anche, se accettata, pregnante e pertinente. In questo senso 'Bling Ring'
è un film inconfondibile perché inizia, procede e finisce senza concedere molto agli
spettatori interessati alla piena sostanza di soggetto, ritmo, emozioni e fatti; mentre, in
virtù della stessa scelta finto-documentaristica, sorprende, diverte e allarma quelli
disposti a esplorare senza pregiudizi le più contorte contraddizioni e contrapposizioni del
costume
odierno.
Anche in questo caso,
infatti, l'autrice dei
molto apprezzati e
molto detestati 'Lost in
Translation',
'Marie
Antoinette'
e
'Somewhere'
non
vuole arrivare a una
morale o un giudizio
scolpiti o proclamati,
bensì animare con i
chiaroscuri dello stile
un universo parallelo:
quello
degli
adolescenti
afflitti
dall'ansia di esibirsi,
sindrome ossessiva e
compulsiva
oggi
diffusa ai massimi livelli. (...) L'occhio della Coppola ostenta distacco, neutralità e
leggerezza pop: la chiave del film si trova non a caso nel fatto che i ragazzi cercano il
lusso, ma più ancora la fama, l'essere riconosciuti, il brivido dell'esperienza in tempo
reale sui social network. II circolo vizioso, ma nelle loro vacue testoline innocente, è
quello di conoscere tutto del carrozzone delle Paris Hilton, Lindsay Lohan, Megan Fox e
compagnia paparazzata, a cominciare dall'indirizzo di casa; sfruttarne le assenze per
lavoro, viaggi, feste, festival per effettuare facili raid (magari l'ereditiera lascia sotto lo
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zerbino le chiavi del castello); tuffarsi sui mucchi di Chanel, Prada, Louboutin, Vuitton con
aggiunta di rotoli di dollari e sacchetti di cocaina e prelevare a piacimento; postare
qualche ora dopo su Facebook le foto di se stessi adornati del bottino. I paradossi di
questa caccia a un tesoro sotto vuoto edonistico, consumistico e fiabesco si sprecano
perché derubati e ladri appaiono in fondo interscambiabili: una delle mini-criminali
indossa davanti al giudice una collana rubata alla Lohan e un'altra si ritrova in cella con la
stessa sciroccata arrestata per guida in stato d'ubriachezza. Le riprese, la fotografia, i
dialoghi, le interpretazioni, la strepitosa colonna sonora hip hop e indie rock sono di alto
livello proprio in quanto virtuosisticamente calibrate sul ciglio tra reale e virtuale su cui
oscilla la vita di milioni di giovani in America e nel mondo.
Alessandra Levantesi (“La Stampa” 26 settembre 2013)
Sofia Coppola con questo quinto film conferma il suo sofisticato gusto di impaginatrice
con l'occhio alle più raffinate riviste di moda; la sua vocazione a raccontare il mondo
adolescenziale, nonché la fragile consistenza della sua ispirazione artistica. Un'esilità che
il drammatico spunto letterario dell'opera prima ('Le vergini suicide'), l'esotica cornice
giapponese e le presenze divistiche (Murray/Johansson) dell'insinuante 'Lost in
Translation', il peso della Storia, dei costumi e delle parrucche in 'Marie Antoinette',
avevano provveduto a mascherare. Ma 'Somewhere' già girava a vuoto e gli insulsi
protagonisti di 'The Bling Ring', che tra l'altro nella vita reale se la sono cavata con pene
molto lievi, suscitano noia e antipatia. Anche per l'inadeguatezza dei giovani interpreti,
tutti incapaci - inclusa Emma Watson - di sopperire alla debolezza di una sceneggiatura
scritta dalla Coppola sulla falsariga dell'articolo della Sales senza preoccuparsi di creare
un minimo di spessore drammaturgico: cosicché i personaggi restano appiattiti su un
monocorde registro di cronaca. Si sa che la Coppola è una regista che lavora per
sottrazione sul non detto. Ma a 'Bling Ring' manca una ragione di essere, una prospettiva,
un'anima. C'è la curiosità di ambienti ripresi dal vero, come le cabine armadio
strabordanti di firmatissimi capi di abbigliamento della Hilton; ed è irreale e ipnotica la
fotografia notturna dell'eccellente Harry Savides (scomparso durante la lavorazione),
quasi a suggerire l'idea di una sorta di incolpevole «non coscienza» nei giovani ladri
quando compiono le loro bravate. Ma nulla suscita emozione, nulla porta a riflettere. La
scatola appare vuota come la testa di Nicki che all'uscita del tribunale dichiara (e
purtroppo sono proprio le parole pronunciate dalla vera Alexis Neiers) ai giornalisti: «Io
credo fermamente nel karma... Mi sento come una specie di Angelina Jolie... Mi vedo a
guidare un'impresa di beneficenza o al comando di un Paese». Per fortuna nel finale
passa la canzone di Frank Ocean 'Super Rich Kids with Nothing but Fake Friends', e per la
prima volta sullo schermo risuona la voce del sentimento.
Dario Zonta (“L’Unità” 26 settembre 2013)
Sui titoli di testa di 'Bling Ring', subito dopo la prima di una lunga serie di morbide
effrazioni nel cuore ricco di una villa da star hollywoodiana a Beverly Hills, un cartello
informa sull'origine del film (...) e un altro, subito dopo, avvisa che il si «basa su fatti
realmente accaduti». Doppia dichiarazione che serve a Sofia Coppola per esplicitare una
volta di più l'intento «antropologico» della sua ultima filmografia, quasi fosse lo studio
delle radici dei comportamenti «adolescenziali» dei ricchi americani. (...) Sofia Coppola
racconta il cambio di un paradigma: il furto ai ricchi non è per ovviare a uno stato di
necessità e neanche per diventare ricchi a propria volta. Il furto alle star ha solo una
funzione imitativa. 'Bling Ring' in questo senso è un film piuttosto straordinario come
anche l'approccio da studiosa dei fenomeni sociali e di costume che ha la figlia di Francis
Ford Coppola, e nonostante l'altissimo grado di artificio delle sue opere, fra molti anni
verranno studiate come fossero «documentari», tale è l'approfondimento dell'indagine e
la capacità di osservazione di vizi e vezzi dei ricchissimi americani.
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Massimo Bertarelli (“Il Giornale” 26 settembre 2013)
Guardi 'Bling Ring' e pensi che una sceneggiatura del genere non abbia senso logico.
La storia è emersa, nel 2009, grazie a un articolo apparso su 'Vanity Fair' e Sofia Coppola,
che viaggia a nozze con il mondo adolescenziale, ne ha fatto un discreto film. Si
raccontava di questo gruppo, ribattezzato 'Bling Ring', composto da quattro ragazze
«fashion addicted» e da un candido amico, che svaligiava le case dei vip con incredibile
facilità. (...) La Coppola rivisita il tutto puntando il dito contro il vuoto esistenziale delle
giovani generazioni ma accusando anche i genitori di essere incapaci di riempirlo, essendo
loro stessi anestetizzati da ciò che li circonda. La noia, nelle loro giovani vite, è ripetitiva,
così come lo schema dei furti che, alla lunga, finisce per stancare anche lo spettatore.
Che prendano poi di mira i loro modelli esistenziali è un perfetto cortocircuito che vale più
di tanti trattati di sociologia. Non sarà un capolavoro ma è un film da vedere con i propri
figli.
Giorgio Carbone (“Libero” 26 settembre 2013)
Piacerà a coloro che si nutrano ogni giorno di glamour (film rivista pubblicità) e
magari in qualche modo si identificano nel gruppo delle scervellate (chi non si nutre potrà
farsi una veloce cultura con l'elenco dei «brand» più amati dalle oche affette da shopping
compulsivo). Benché non esattamente successo di critica (a Cannes e poi in America) il
film
ridà
passabilmente
quota alle azioni come
regista di Sofia Coppola, in
caduta libera dopo la frana
di
'Somewhere'
inconsultamente premiato
a Venezia da un Quentin
Tarantino aldilà del bene e
del male. 'Bling Ring' non
ha il pathos del 'Giardino
delle
vergini
suicide'
(esordio di Sofia) né la
felpata ironia di 'Lost in
Translation'. Ma è ben
condotto, il divertimento è
costante,
le
ragazze
(capeggiate
da
Emma
Watson) graziose e simpatiche (oltre il dovuto, tipette così uno non le vorrebbe né come
figlie né come fidanzate). Le loro «full immersion» nel lusso e nel «fashion» sono
raccontate con opportuno distacco (Sofia non si scorda che esistono altri valori nella vita
e non manca di sottolinearlo). Certo, chi partendo dal soggetto, si aspetta la significativa
opera di costume, rimarrà fieramente deluso. La vicenda delle 'Bling Ring' forniva lo
spunto per considerazioni anche pesanti sul degrado culturale della gioventù degli anni di
Obama. Una gioventù che non contesta il mondo degli adulti, ma anzi si adagia
mollemente sui miti creati dagli stessi che vive in un mondo artificiale da principessa del
pisello. Ispirato a un articolo di 'Vanity Fair' il film ne ripropone l'eleganza, la bella
scrittura ma anche l'irrimediabile superficialità di fondo.
Arrivederci a martedì 14 aprile, per vedere
“Another Year” di Mike Leigh.
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C.G.S. “Vincenzo Cimatti” – presso Oratorio San Giovanni Bosco
via Bartolomeo M. dal Monte 14, 40139 Bologna tel.051467939
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