“Imagine” di John Lennon è una delle canzoni più importanti degli
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“Imagine” di John Lennon è una delle canzoni più importanti degli
“Imagine” di John Lennon è una delle canzoni più importanti degli anni 70-80. Con questa canzone Lennon ci propone di immaginare un nuovo mondo, un mondo senza pregiudizi, perché non ci sarà niente per averli, senza discriminazioni, poiché saremo tutti uguali e dove non ci sia nulla che divida le persone. Nessuna religione, nessuno stato, nessun paradiso e nessun inferno un mondo dove tutti vivranno al meglio ogni singolo giorno... un mondo dove non ci saranno proprietà private, quindi nulla di cui essere gelosi e dove si condividerà tutto. Un'idilliaca visione di un mondo che non si realizzerà mai, un'utopia alla quale lo stesso Lennon dà poche speranze, sottolineando come alcuni lo possano considerare un sognatore ma come in fondo lui non sia l'unico a sognarlo. Ironia della sorte Lennon, uno dei più grandi pacifisti, morì di morte violenta. Ciò non fa altro che alimentare la malinconia e la speranza di cui è intrisa questa canzone, che ci ricorda come in fondo la speranza sia l'ultima a morire. Gli anni di piombo, così chiamati gli anni 70 in cui Lennon scrive “Imagine”, si sovrappongono e proseguono oltre il periodo della contestazione del Sessantotto che interessò l'Italia e l'Europa. In quel periodo si erano creati degli strati sociali portatori di novità, che non da tutti erano visti favorevolmente. L'economia italiana era cresciuta rapidamente ed il miglioramento del tenore di vita era percettibile. La mortalità infantile si era fortemente ridotta. La popolazione cresceva. L'analfabetismo era praticamente scomparso. Con circa un secolo di ritardo rispetto ai tempi ufficiali, l'Italia cominciava ad essere una nazione, con una lingua diffusamente parlata (o almeno capita) dalla Sicilia fino alle Alpi. La RAI era riuscita, oltre che a diffondere una lingua nazionale, a creare una certa attenzione verso i simboli nazionali, almeno in occasione di mondiali di calcio, olimpiadi e fenomeni analoghi. In quegli anni si stava anche formando una crescita culturale, molto spesso egemonizzata dalla sinistra, secondo la dottrina di egemonia culturale sviluppata da Antonio Gramsci, con effetti favorevoli in occasione delle consultazioni elettorali. Furono questi gli anni di una Italia in pieno splendore il cosiddetto “periodo dei figli dei fiori” un periodo che si sviluppò in America prendendo il nome di “beat generation”, esso era un movimento artistico e sociale ma non politico e ideologico come invece lo fu in Italia. Dove gli italiani si trovano a vivere un periodo di stabilità e sviluppo anche se non del tutto in pace sia socialmente che economicamente. La canzone quindi ha un valore documentaristico e storico. Tutto ciò mi è stato raccontato dai miei genitori, che hanno sperimentato in prima persona questi eventi. Ricordo invece gli anni in cui frequentavo questa Scuola. Certamente molto diverso era il periodo. Ero una bambina proprio come loro. Di quegli anni, che forse sono stati i più felici della mia infanzia, è difficile dimenticare quelle mattinate trascorse qui a scuola. Non ci si annoiava mai. C’era sempre qualcosa di nuovo da imparare. Ricordo ancora oggi la tensione che provavo poco prima di un saggio di fine anno, oppure semplicemente la rappresentazione di una recita o, ancora, dei canti di natale. La tensione di sbagliare qualcosa. Ma, alla fine, andava tutto per il meglio. Ricordo che ci sentivamo protagonisti e quindi felici. Ricordo le feste di carnevale. E chi può dimenticarle! La nostra aula era coperta di coriandoli e stelle filanti, e la cosa erano dei festoni che costruivamo noi bambini. Coloravamo delle strisce di carta, con le quali formavamo degli anelli legati tra loro. Erano semplici ma stupendi. Ricordo anche questa canzone, che una volta il nostro maestro Messina ci insegnò. Non ricordo esattamente per quale occasione, ma mi piacque moltissimo. Ed ora la riascolteremo insieme, sperando che ognuno di noi riesca a cogliere ciò che l’autore ha voluto comunicarci, e cioè di vivere un amore universale, senza mezzi termini Sara Vitale