voci e volti della grande guerra

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voci e volti della grande guerra
Scuola Primaria di Cellio
LA GRANDE GUERRA e …
le piccole storie di 100 anni fa.
Anno scolastico 2014/2015
Gli storici ci dicono…
L’attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914 ad opera dello studente serbo Gavrilo Princip,
costato la vita all’arciduca ed erede al trono asburgico, Francesco Ferdinando e a sua
moglie Sofia, fu la miccia che fece esplodere la Prima Guerra Mondiale. L’Austria, dopo
essersi assicurata l’appoggio dell’Impero Tedesco, il 28 luglio 1914, dichiarò guerra alla
Serbia, scatenando l’inferno in Europa. La Francia, a sua volta, dichiarò guerra all'Austria
e alla Germania, e fu presto appoggiata dalla Russia e dall'Inghilterra, in seguito
all'occupazione tedesca del Belgio. L'Italia mantenne per circa un anno un atteggiamento
di neutralità, schierandosi nell'aprile del 1915 al fianco delle forze dell'Intesa, in cambio del
riconoscimento dei diritti su Trentino, Alto Adige, Trieste, Istria e Dalmazia. Il conflitto
assunse carattere mondiale con l'entrata in guerra del Giappone e degli Usa, al fianco
dell'Intesa. Nei primi anni la guerra vide in forte difficoltà le forze dell'Intesa, con i Tedeschi
che arrivarono alle porte di Parigi. Ma tra il 1917 e il 1918 gli Inglesi, i Francesi, gli Italiani,
gli Statunitensi e i loro alleati sbaragliarono la resistenza di Austriaci e Tedeschi,
constringendoli alla capitolazione. Nella Prima Guerra Mondiale persero la vita oltre 37
milioni di persone.
1915/2015
IL CENTENARIO
Ora diventeremo noi piccoli storici
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Prima tappa: ricerca delle informazioni al Comune di Cellio
Siamo stati ricevuti dal Sindaco che ci ha fornito il nominativo di due alpini, signor
Terazzi e signor Bracchi, i luoghi dei Monumenti dei Caduti e del Parco Pendente.
Davanti al Comune e alla sinistra delle scuole Primaria e dell’Infanzia si trova il
Monumento dei Caduti che ricorda i Caduti della Prima Guerra Mondiale, che negli
anni è stato spostato diverse volte nella parte centrale del paese. È stato il primo ad
essere costruito e la croce che vediamo è stata voluta da Don Paolo Gianoli, originario
di Campertogno, cappellano militare che ha combattuto in prima linea e ha lasciato un
diario con i fatti accaduti scritti in modo preciso e minuzioso. A Cellio ricordano anche
il dottor Carlo Velatta, ufficiale medico degli alpini e anche sindaco,come persona
patriottica di questa guerra.
All’entrata del paese troviamo uno dei due Monumenti dei Caduti, il secondo ad essere
stato costruito e dove si possono leggere per lo più i Caduti della Seconda Guerra
Mondiale.
Questo è il parco,vicino al cimitero, dove sono stati messi tutti i ceppi dei caduti delle
guerre.
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Seconda tappa: descrizione del Monumenti dei Caduti davanti al Comune
Il Monumento dei Caduti si trova davanti al Comune , è posto su una base di marmo
attorniato da un muro di sassi che scala verso i due gradini con a lato due vasi di fiori,
contenenti ciascuno un piccolo pino e una piantina di erica, per abbellire questa
importante testimonianza. Ai quattro lati, invece, si trovano i proiettili degli aerei della
Prima Guerra Mondiale come simbolo di questo triste evento. Negli anni è stato
spostato più volte e ora sembra sia stata trovata la collocazione definitiva. Nella base
è stata inserita una targa, con una frase incompleta, per far ricordare e commemorare
tutti i Caduti delle guerre. Sopra è stato posto il crocifisso voluto da Don Paolo Gianoli,
figura di spicco per l’eroismo dimostrato nelle due Guerre Mondiali. Il monumento è
stato costruito intorno al 1920 e ha la forma di un parallelepipedo così nelle quattro
facciate sono stati scritti i defunti per lo più della Prima Guerra Mondiale, solo in una
facciata troviamo quelli della Seconda dove è stata messa anche la foto e le date di
Mario Bonini, un alpino, al quale è stato costruito, in particolare in suo ricordo, il Parco
Pendente vicino al cimitero del paese. Quello che ci ha fatto riflettere e rattristare
maggiormente è stato leggere la giovanissima età dei soldati morti in questa guerra,
infatti il più giovane aveva solo 18 anni e il più vecchio, si fa per dire, 42 anni. Inoltre
leggendo i nomi abbiamo notato che alcuni cognomi ancora presenti a Cellio, come
Medana, ricorrono spesso tra i Caduti. Anche qui c’è una targa, questa volta con il
testo completo, con una frase significativa che riportiamo in modo integrale:
“NOI DEMMO ALLA PATRIA LA VITA, VOI DATE AMORE CONCORDIA E PACE,
COSI’ INVOCANO I NOSTRI CADUTI. CELLIO
FEDELE E GRATA ACCOGLI E I MONITI A PERENNE RICORDO
GUERRE 1915-1918 1940-1945 –CELLIO MCMLXXV”.
Alla sommità si trova una bellissima aquila, simbolo di forza e fierezza, con le ali
aperte come se stesse prendendo il volo.
Maria Vivolo
Noelia Flori
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Terza tappa: incontro con l’alpino Bracchi Mauro, accompagnato dalla moglie Ausilia
(maestra della Scuola Primaria di Cellio in pensione) che ci ha spiegato nei minimi
dettagli il ruolo di Don Paolo Gianoli nella Grande Guerra portandoci dei reperti scritti e
oggetti usati dai soldati. Ci ha anche confermato le notizie da noi raccolte su internet
dandoci una visuale a 360° di questo triste evento di morte.
Don Paolo Gianoli, penitenziere
Don Paolo Edmondo Gianoli, fu a lungo penitenziere di Cellio, risiedendo dove oggi
ha sede la ProLoco.
Durante la I Guerra Mondiale, fu cappellano militare, prestando il suo servizio
sacerdotale nei Lancieri di Vercelli.
Nel 1916 fu decorato della Medaglia d'Argento al Valore Militare con la seguente
motivazione:
Ammirevole esempio di coraggio e di abnegazione,
lanciavasi parecchie volte ove più ferveva il combattimento per compiere la sua
pietosa missione
e volontariamente si univa a due squadroni che muovevano all'attacco,
incitandoli con l'esempio e con la parola.
Monfalcone, 15 maggio 1916
Ed ecco i delicati e importantissimi reperti
storici
Le calze dei soldati
La gavetta che usavano i soldati
I disegni fatti da un soldato
La bandiera
La piastrina per riconoscere i soldati, in particolare quando erano
morti.
Progetto continuità Scuola Primaria e Infanzia
I giochi dei bambini durante la
Grande Guerra
Nel 1915 i giornalini furono scritti in chiave patriottica in modo da
coinvolgere anche i più giovani nella partecipazione alla Grande
Guerra.
Il "Corriere dei Piccoli", probabilmente il più celebre giornale dei
ragazzi della storia d'Italia, dette il suo contributo. Diverse immagini
rappresentavano i fanciulli intenti a dormire nel proprio lettino
mentre sognavano di partecipare ad azioni eroiche sul fronte
oppure abbracciati ai propri soldatini. È evidente come vignette di
questo tipo cercassero di fare breccia non solo sui più piccoli, ma
anche sui loro genitori.
Un altro esempio è quello delle cartoline che invitavano a seguire
gli esempi dei bambini raffigurati su carta. Da bravi piccoli italiani,
rinunciavano a saltare alla corda per non consumare troppo la
suola delle scarpe oppure cercavano di non fare macchie sui fogli
con la propria penna in modo da evitare gli sprechi
Anche i giocattoli e i giochi di gruppo cambiarono e nei negozi non
si trovavano più orsacchiotti ma imitazioni di mortai, di grossi
cannoni da assedio e di fucili. Anche il piccolo Ettore Bulligan
ricorda come "avevo fatto amicizia con i bambini delle case vicino e
giocavo con essi, naturalmente alla guerra, e avevo l'elmetto, le
giberne e la maschera antigas, mi mancava, però un fucile" La
Grande Guerra aveva coinvolto proprio tutti.
Aurora Garau
Emma Radmann Abate
Francesco Gens
Pietro Valerio Spanio
Le elementari durante la Grande
Guerra
Anche la scuola durante la Grande Guerra si trasformò in un
sostegno patriottico. A cambiare furono in particolare le materie
perché l'obiettivo era quello di far capire anche ai bambini cosa
fossero la Patria, la guerra per Trento e Trieste, l'eroismo militare e
farli familiarizzare con gli aspetti più tragici della guerra come le
violenze quotidiane e la morte.
Nelle ore di italiano i maestri leggevano e facevano leggere articoli
di giornali, in particolare "La Domenica del Corriere". che
parlavano di guerra e di quanto stava accadendo al fronte. Di
storia, invece, approfondimenti sulla guerre di indipendenza, la
nascita del Regno d'Italia e tutta una serie di lezioni "patriottiche"
come "Entusiasmo del popolo italiano per la guerra", "Emigrati
italiani tornati in patria per partecipare alla guerra" o "Il 24 maggio
1915".
Nel 1917 divenne celebre una rivisitazione di Pinocchio, il celebre
burattino di legno inventato da Carlo Collodi nel 1881. Suo nipote
scrisse "Il cuore di Pinocchio. Nuove avventure del celebre
burattino" ambientato nel maggio 1915. Al centro non ci fu più il
naso che ad ogni bugia si allungava, ma le gambe e le braccia di
legno che ricordavano metaforicamente le amputazioni dovute a
ferite di guerra.
Di geografia l'orografia del Carso, i territori ed i luoghi del fronte, il
nome dei comuni conquistati dall'inizio della guerra, mentre in
scienze le novità tecnologiche in campo militare. I bambini così
scoprirono le armi utilizzate al fronte, gli esplosivi, la crudeltà dei
gas asfissianti e gli affascinanti aeroplani. Non mancavano poi
riferimenti alle tecniche di costruzione delle trincee, dei
camminamenti, dei reticolati e l'organizzazione delle retrovie. Le
ore di educazione fisica furono sostituite con visite agli ospedali
militari, alle fabbriche riconvertite alla produzione militare e ai
campi di prigionia.
Gli insegnanti avevano anche il compito di sorvegliare e segnalare i
casi di bambini che si dimostrassero poco inclini a sostenere la
guerra e lo sforzo patriottico. Una bambina ad esempio, in un tema,
scrisse: "Chi fa la guerra sono tutti poveretti perché di signori non
ce n'erano lì in terra" riportando delle considerazioni sentite dal
padre, ricoverato in un ospedale dopo essere stato ferito al fronte.
La maestra, dopo aver chiesto dove avesse sentito queste cose,
strappò il compito e diede un ceffone alla piccola. Nulla doveva
turbare il crescente patriottismo dei bambini.
Spillere Chiara
Saba Goglidze
Mattia Merlo
Cristopher Fornara
Lorenzo Presutti
Giosuè Brizio
Aurora Picone
La vita nelle trincee
Le trincee sono state uno dei simboli della Grande Guerra. I vari
Stati erano convinti che si sarebbe trattata di una guerra veloce,
invece, dopo poche settimane, i diversi fronti europei si
stabilizzarono ed iniziarono ad essere scavate centinaia di
chilometri di trincee, dal nord della Francia fino all'Europa orientale,
nell'attuale Polonia, nei Balcani e in Italia. Questi lunghi corridoi
erano profondi poco meno di due metri.
Tra il 1915 ed il 1918 furono la "casa" dei soldati, il luogo dove i
militari impegnati al fronte vissero per settimane (se non addirittura
mesi) tra una battaglia e l'altra.
Tutto era difficile all'interno di una trincee, infatti i soldati
dovevano affrontare dei momenti durissimi in prima linea, con il
costante terrore di essere prima o poi colpiti da qualche cecchino o
dal ricevere l'ordine di prepararsi all'assalto. Esperienze che
segnarono molti uomini per tutta la vita, come dimostrano i molti
casi di malattie mentali sviluppate già durante la guerra o appena
tornati nelle proprie case.
I problemi erano numerosi anche quando le armi tacevano. Le
scarpe erano del tutto inadatte per resistere al fango o al terreno
pietroso del Carso o delle montagne. Le borracce per l'acqua erano
di legno (assolutamente anti-igieniche) mentre le tende per dormire
(quando c'erano) erano inutilizzabili con la pioggia. Molto spesso i
soldati furono costretti a crearsi degli alloggi di fortuna per la notte,
in buche coperte da un semplice telo, in anfratti del terreno dove si
dormiva gli uni attaccati agli altri per disperdere il meno calore
possibile.
Anche l’alimentazione fu un grande problema per le devastazioni
nei raccolti e lo svuotamento dei magazzini così il rancio dei soldati
diventava ogni giorno più esiguo e scadente.
Dovevano cucinare i pasti nelle retrovie e trasportarli durante la
notte verso le linee avanzate e in questo la pasta o il riso contenuti
nelle grandi casseruole arrivavano in trincea come blocchi collosi. Il
brodo si raffreddava e spesso si trasformava in gelatina mentre la
carne ed il pane, una volta giunti a destinazione, erano duri come
pietre. Scaldarlo una seconda volta non faceva che peggiorare la
situazione, rendendo il cibo praticamente impossibile da mangiare.
L'esercito italiano dava ogni giorno ai suoi soldati 600 grammi di
pane, 100 grammi di carne e pasta (o riso), frutta e verdura (a
volte), un quarto di vino e del caffè. L'acqua potabile invece era
un problema e raramente superava il mezzo litro al giorno.
Per coloro che si trovavano in prima linea la gavetta (o gamella) era
leggermente più grande. Prima degli assalti inoltre venivano
distribuite anche delle dosi più consistenti con l'aggiunta di gallette,
scatole di carne, cioccolato e liquori.
I soldati di tutti i paesi, accomunati dallo stesso destino, dalle
fatiche quotidiane della vita in trincea e da un senso di umanità
ancora vivo, furono in grado di stabilire dei contatti pacifici con i
nemici e di "proclamare", in certe occasioni, delle tregue.
Questo genere di episodi avvennero anche sul fronte italiano,
specialmente in quelle zone del fronte dove la distanza tra le linee
trincerate era esigua e servivano per barattare del cibo o oggetti
che il proprio esercito non distribuiva. Gli austro-ungarici ad
esempio richiedevano soprattutto qualcosa da mangiare data la
situazione precaria del loro rancio che era minore di quello italiano.
Al contrario i soldati dell'Impero possedevano quasi sempre del
tabacco che scarseggiava tra gli italiani. Il tutto doveva essere
compiuto con la massima discrezione: chi veniva scoperto poteva
essere denunciato e punito con 10 anni di prigionia.
Una delle tante eredità che una guerra lascia ai posteri è quella
delle canzoni. Da sempre infatti la musica ha fatto parte della vita
dei soldati nei campi di battaglia o nelle retrovie. Accompagnate da
un testo facilmente memorizzabile, vennero composte per
aumentare il senso di appartenenza ad un gruppo, per sollevare gli
animi oppure per esorcizzare la paura della morte, sempre in
agguato. Altre invece narrano di amori lontani, di speranze, di
lontananza dalla casa e dall'affetto materno o glorificano le gesta
eroiche esaltandone il coraggio e il sacrificio.
Alcune composizioni nate durante una guerra furono considerate
talmente importanti e significative da essere utilizzate come inni
nazionali di uno Stato. È il caso ad esempio di "Fratelli d'Italia",
scritto da Goffredo Mameli nel 1847.
Tra tutte, la più celebre è senza dubbio "La leggenda del Piave",
scritta nell'estate del 1918.
Un’altra eredità di estimabile valore sono le lettere e le
cartoline spedite dai soldati mentre erano al fronte che gli
permettevano di sentirsi più vicini ai loro cari che avevano
paura di non rivedere più. Quando scrivevano dovevano
prestare attenzione alle parole che usavano e agli
argomenti che trattavano perché erano soggetti a censura
per evitare che il nemico potesse scoprire dove era
dislocato l’esercito italiano nel caso avesse intercettato e
requisito gli scritti. Nel nostro territorio alcune persone
hanno ritrovato queste lettere e cartoline e così le
possiamo allegare alla nostra ricerca. La letture di queste è
stata a dir poco emozionante e in noi ha suscitato
un’enorme tristezza nel ricordare come nella guerra non ci
sono vinti e vincitori, ma solo vinti.
Christian Masiero
Alexandra Quaglia
Notizie dal nostro
giornale locale,
“Corriere
Valsesiano”, già
presente ai tempi
della Grande Guerra.
Alcuni stralci di
articoli, per noi i più
significativi.