Capitolo II Le Donne "Tipo" di Maria
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Capitolo II Le Donne "Tipo" di Maria
Capitolo II Le Donne "Tipo" di Maria Possiamo raggrupparle in tre categorie: l. le donne sterili che concepiscono per intervento prodigioso di Dio (Sara, Rebecca, Rachele, la madre di Sansone, Anna madre di Samuele, Elisabetta). I figli nati da queste donne hanno una notevole importanza nella storia della salvezza. In Maria troviamo una situazione analoga, ma non di sterilità, bensì di verginità, mentre il Figlio che darà alla luce non sarà soltanto uno dei tanti personaggi della catena della storia della salvezza, ma lo stesso Messia, Figlio di Dio incarnato e operatore della salvezza. 2. Alcune donne (4) con ruoli diversi: il ruolo di Tamar consiste nel dare una posterità a Giuda (quarto figlio di Giacobbe) e nel dare un antenato al Messia ( Fares, cfr Mt ] ,3); Raab, prostituta, che ha generato Booz, antenato del Messia (Mt 1,5); Rut, l'unica donna virtuosa nominata nella genealogia di Gesù, cosa insolita nello schema letterario delle genealogie bibliche, che considera solo i padri; Betsabea, nominata come moglie di Urìa, collocata accanto al trono del figlio Salomone. Matteo le inserisce nella genealogia di Gesù quasi a preparare la donna finale, Maria. Queste donne presentano una situazione irregolare e dimostrano iniziativa nello svolgere il loro ruolo importante nel piano di Dio e diventano strumento nelle sue mani per portare avanti il suo progetto di salvezza, anche solo contribuendo alla generazione degli antenati del Messia. Matteo forse ha nominato queste quattro donne dalla condizione "irregolare" proprio per sottolineare che Dio prevale sulle logiche e sui mezzi umani. 3. Le donne che emergono in modo particolare nella storia biblica, di cui Dio si servì per compiere insperate vittorie epiche a salvezza del suo popolo: Debora, Giaele, Giuditta, Ester. A loro si possono aggiungere: la madre dei sette fratelli Maccabei (che adombra il coraggio di Maria), Abigail (poco conosciuta, moglie di Nabal) che adombra la saggezza e l'intercessione di Maria (l Sam 25,2-35), Myriam (sorella maggiore di Mosè), Ulda (grazie alla quale viene ritrovato il libro della Legge 2 Re 22,14-20 e 2 Cor 34,22-28) e Anna, la profetessa (di cui parla Luca 2,36-38). Sara (= principessa), vissuta verso il 1850 e il 1750 a.c. Si chiama "Sarai" (= mia principessa - mia sovrana) rimane sterile fino a 90 anni. Dopo la nascita di Isacco viene chiamata "Sara" = la principessa - la sovrana; cioè si vuole esprimere un allargamento - universalizzazione del ruolo per la vita data a Isacco. Era sterile, ma "c'è forse qualcosa di impossibile per il Signore?" (Gn 18,14). San Paolo ci induce a vedere in Sara la figura simbolica della Nuova Alleanza, mentre nella serva Agar la figura dell' Alleanza Antica. Così è lecito vedere in Sara la figura di Maria che ci dona il Messia. I tre giorni di cammino di Abramo verso il Monte Moriah fanno pensare a quelli della Pasqua del Cristo, a quelli della ricerca piena di angoscia di Giuseppe e di Maria. Avendo realizzato "il sacrificio mortale senza morte" del figlio, Abramo ha accesso alla visione della fede. Dio gli rivela il significato della immolazione. Egli vede in anticipo quella del Cristo-Agnello pasquale. Il sacrificio di Abramo che immola il proprio figlio, infatti, prefigura quello del Padre compiuto sul Calvario. E possibile che Sara non abbia acconsentito e sofferto con Abramo questo desiderio di Dio? Dio avrebbe approfittato di questo gesto insuperabile del Patriarca per fargli comprendere che un giorno ci sarebbe stato un Sacrificio Unico. Così Abramo scopre l'esistenza di una parentela più forte di quella carnale, una paternità spirituale più importante e che, per il fatto stesso, può diventare universale. Egli "genera" suo figlio alla fede nel Dio vero, che non si spegnerà più fino al Cristo. È possibile che non ci sia una maternità spirituale in unione a questa nuova paternità? Rebecca (1750 a.c. circa) Isacco sposò Rebecca, "figlia di Betuèl l'Arameo e sorella di Làbano l'Arameo" (Gn 25,20) e nipote di Nacor, fratello di Abramo. Era sterile anche lei. Rebecca, legando la propria vita a quella di Isacco, figura di Cristo vittima del sacrificio, diventa segno profetico della Vergine Maria, legata a Cristo, "suo aiuto"- sposa perfetta. Rebecca avrà un ruolo molto importante, attirando la benedizione di Isacco su Giacobbe. • Ha il presentimento che Esaù non persevererà nella fede nel Dio unico, perché ha preso mogli straniere idolatre. Essa è figura di Maria ma non nell'inganno-sotterfugio, ma solo per desiderio di fedeltà - per trasmettere la fede autentica e così consentire a Dio di realizzare le sue promesse. Benché sposa di Isacco, questi le obbedisce - ne ritiene sacro il volere - fa la sua volontà. È sua l'iniziativa delle grandi decisioni che impegnano l'avvenire religioso del mondo. E le parole di benedizione rivolte a lei dai genitori e dal fratello al momento dell' addio erano una vera profezia e non un vago augurio: "Tu, sorella nostra, diventa migliaia di miriadi e la tua stirpe conquisti la porta dei suoi nemici!" (cioè: coloro che si opporranno come satana, ai disegni del Dio dell' Alleanza) (Gn 24,60). Il dolore, che avverte in grembo per gli scontri dei suoi gemelli, è immagine del dolore della nostra Madre di fronte alla separazione - lotta degli uomini, che pure sono fratelli, figli dello stesso Padre. È Rebecca che induce Isacco a far partire Giacobbe perché non prenda in moglie una donna idolatra, come Esaù. In questo senso, è un chiaro annuncio di Maria che vigila sui suoi figli e ne ha cura, allo scopo di perpetuare la stirpe fedele al vero Dio. Rachele. Moglie amata da Giacobbe, viene detta anche lei sterile, ma da lei nacque Giuseppe, l'uomo della provvidenza per la famiglia di Giacobbe, e poi Beniamino, ultimo dei 12 figli di Giacobbe. Miryam profetessa (1250 a.c. circa). Sorella di Mosè e Aronne. La sua storia rivela un aspetto dei ruoli di Maria di Nazareth. Nel cantico, dopo il passaggio del Mar Rosso (Es 15,2), c'è come l'eco ampliato e universalizzato della voce del popolo intero, perché eco di Mosè. Esalta la lode, diventa lode e permette al popolo di identificarsi a lui e al suo liberatore. Il mare è simbolo del rifugio e dimora delle forze malefiche, come anche il Faraone e il suo esercito sono le forze nemiche di Israele, e quindi anche nemiche di Dio. Come Miryam non canta la propria vittoria, ma quella del Signore e trascina il popolo dietro di sé, ne deve la riconoscenza, pone il popolo in un atteggiamento liturgico e all'unisono col il cuore di Mosè, così Maria canta la gloria e l'azione di Dio con cuore riconoscente per sé e per l'umanità, è l'esempio vivente dei vero culto liturgico (servizio) a Dio e mette all'unisono col cuore del nuovo Mosè (Gesù) coloro che si lasciano guidare da lei. Debora (Gdc 5) - (1120 a.c. circa) Profetessa, come Miryam e Culda (2 Re 22,14), è Giudice d'Israele in Efraim (a nord di Israele). Nel nome di Dio esorta Barak a marciare con un esercito raccolto in Nèftali e in Zàbulon contro Sisara (capo dell'esercito di Iabin, re di Hazòr). La battaglia vittoriosa ad Aroset- Goim (a nord-ovest della pianura di Iezreel, sotto il Tabor) fu celebrata da uno dei più antichi Cantici di vittoria ("Il Cantico di Debora", d'autore ignoto). Il Cantico celebra un'azione di guerra santa, in cui Iahweh combatte contro i nemici del popolo, che sono anche i suoi nemici: v. 7 - era cessata ogni autorità di governo ... v. 24 - Sia benedetta fra le donne Giaele ... benedetta fra le donne della tenda! (che colpì mortalmente alla testa col piccone, n.d.r.). Debora incarna tutto il suo popolo, perché il cantico messo sulla sua bocca è in realtà l'espressione dei sentimenti del popolo di Dio, che riconosce la presenza salvifica di Jhwh che combatte al suo fianco. Giaele (Gdc 4,12-23) Vive nello stesso contesto storico. La fede fa scorgere l'azione di Dio che opera attraverso strumenti inadeguati secondo la mentalità umana, perché ciò che è debolezza nelle mani di Dio è più forte degli uomini (1 Cor 1,25). La moglie di Manoach (Gdc 13) (1030-1070 a.C. circa). Dopo 40 anni di sottomissione ai Filistei, a causa del male fatto davanti a Dio, il popolo di Israele ebbe un eroe, liberatore: Sansone. Un angelo apparve alla moglie di un certo Manoach, che le disse: "Ecco, tu sei sterile e non hai avuto figli, ma concepirai e partorirai un figlio... il fanciullo sarà un nazireo consacrato a Dio fin dal seno materno; egli comincerà a liberare Israele dalle mani dei Filistei" (3,5). "Poi la donna partorì un figlio che chiamò Sansone. Il bambino crebbe e il Signore lo benedisse" (24-25). Anna, madre di Samuele (1040-970 a.C. circa). Come Samuele prefigura il Cristo, così Anna (la madre) è veramente l'immagine anticipata di Maria. "Anna" significa "prediletta", è sterile; la nascita di Samuele è legata all'esaudimento della sua preghiera (l Sam l, 11): Dio l 'ha ascoltata. L'insistente richiesta di Anna per avere un figlio non è interessata: essa ha intenzione di consacrarlo al Signore appena svezzato. Lo desidera per il Signore, perché sia "nazireo" (consacrato; per mezzo di voti il nazireo si impegnava a servire Dio in modo speciale, rinunciava al vino e aceto, non si tagliava i capelli e non si contaminava con i morti), sicura che suo figlio avrebbe saputo assolvere fedelmente la sua missione. Per il sacrificio, Anna prende un vitello di tre anni (e non una giovenca, come Abramo per concludere l'Alleanza; cfr Gn 15) per significare "la potenza" (dalle corna; con significato anche di Dio quando queste venivano raffigurate a forma chiusa - di anello fino a formare in ebraico la lettera "aleph" che significa che Dio è l'Unico-Uno). Anna agisce indipendentemente dal volere del marito (Èlkana): è lei a dare il nome al figlio e quindi ad assolvere il ruolo del padre. Lei stessa conduce il figlio a Silo, dove si trovava l'Arca dell' Alleanza. "Il fanciullo era con loro" (Anna e il vitello) viene tradotto anche " ... era molto giovane" (tre anni) oppure " ... diventò servo" (1 Sam 1,24). Colpisce la rassomiglianza del Magnificat con il Cantico di Anna. Entrambe hanno avuto un figlio per grazia divina, contro ogni possibilità umana. In Anna viene superato l'ostacolo della sterilità, in Maria quello della verginità. Il cantico di Anna costituisce il preludio o il modello del Magnificat. Questi tre significati sono tutti veri in senso profetico (v.24): "era con loro": anche Gesù era con Maria e Giuseppe; "era molto giovane": Samuele tre anni, Gesù ha otto giorni;"diventò servo"-"si prostrò": tutta la vita Gesù è una liturgia - azione di grazie; mentre Samuele, nel gesto di Anna, accetta la consacrazione. Ma la cosa più importante è il suo Cantico (l Sam 2,1-10) (dopo il sacrifico) di marcato senso profetico, più che storico: Anna era solo una donna del popolo, mentre nel poema parla di sé come la "Figlia di Sion", cioè lo stesso popolo eletto. Luca si è servito senz'altro di questo schema (lo cita espressamente tre volte nel Magnificat): è un chiaro invito a vedere prefigurata Maria nelle parole di Anna. Infatti, questo cantico è stato definito "prototipo" del Magnificat. Anche questo cantico era un'azione di grazie per una nascita riconosciuta come dono di Dio. 1 Sam 2, l-10 v. 1 "il mio cuore esulta" Lc 1,46-55 46 la mia anima magnifica 47 e il mio spirito esulta 4 "l'arco dei potenti è spezzato" 52 ha gettato giù 5 gli affamati ... 53 ha colmato di beni gli affamati 7 "Jahweh abbassa ed eleva" 51 ha spiegato la forza ... 10 "Jhaweh dà forza al suo re 54 è venuto in aiuto di Israele ... (Samuele la regalità in Israele) i potenti ... ed eleverà la potenza del suo Messia" (si intravede il vero "consacrato": il Cristo) ... alla sua "discendenza" Nei due cantici si esprime l'esultanza nel Signore, ma, in quello di Maria è chiamato "mio Salvatore", avvicinandosi al cantico di Abacuc (3,1-8) e acquistando un valore particolare. Non si tratta più di un intervento salvifico di Dio in una situazione di impotenza umana, ma della salvezza che si realizzerà nella resurrezione di Cristo. Il concepimento e la nascita di Gesù costituiscono l'inizio dell'intervento definitivo di Dio nella storia, di cui i vari interventi a favore del popolo erano segno e preludio. La motivazione, pur essendo molto simile nei due cantici, si differenzia per la mentalità: "i nemici" in 1 Sam 2,1 sono da combattere, ma nel Magnificat diventano oggetto dell'amore. Il "Santo" sulla bocca di Anna, acquista un senso cristologico (Le 1,35), perché esprime la fede pasquale in Cristo "il Santo di Dio", il "Santo Servo di Dio". Mentre il Cantico di Anna si esprime al presente, quello di Maria parla al passato, perché Cristo, sulla croce come sconfitto, con la sua resurrezione è esaltato alla destra del Padre. Così il concepimento di Gesù è visto e interpretato alla luce della resurrezione. I "ricchi" e "gli affamati" nel Magnificat non indicano solo una povertà e una ricchezza reale, ma rispecchiano lo spirito del "discorso della montagna". Di fronte a Dio la ricchezza non è un valore, infatti lo stesso Figlio di Dio si è fatto povero. La potenza di Dio, contro la quale non si può prevalere, è la sua misericordia. Nell' A. T. la potenza di Dio si manifestava con l'aiuto nelle battaglie, sulla bocca di Maria invece si manifesta nel coprirla con la sua ombra rendendo possibile ciò che è impossibile: è la potenza della sua Parola, che "non ritorna senza effetto" (Is 55, 10), la stessa che guarisce e perdona. Anna annuncia Maria, madre del Sacerdozio: Anna tesseva ogni anno, per Pasqua, una veste che portava a Samuele; anche Maria aveva confezionato una veste "senza cuciture" (Gv 19,23), per un sacerdote non "unto" da uomini, ma da Dio stesso, il vero - unico - eterno _ sommo sacerdote. Infine è da notare il parallelo di 1 Sam 2,26 con Lc 2,52: "cresceva in statura e bontà (sapienza) davanti a Dio e agli uomini"; un riferimento per Samuele e per Gesù, come per le rispettive madri. Rut ( la moabita) (1100 a.c. circa) Atti di bontà: l. entra nel dominio e nel popolo di Jahweh, accettando il loro Dio; 2. solo Rut non abbandona la suocera (Noemi) (2,11), ma assicura la continuazione della famiglia accettando di sposare Booz, che non è il parente più vicino di sua suocera per garantire una discendenza. Rut è un'antenata di David (generò Obed, padre di lesse, padre di David) e, quindi attraverso lui, del Cristo. Giuditta (la "giudea") (ambientata nel 587 a.c. circa) . Il tipo della vera figlia di Israele che personifica la nazione ebrea. Il libro di Giuditta non è un libro storico, ma la "storia di una vittoria del popolo eletto contro i suoi nemici, grazie all' intervento di una donna". La "donna giudea" rappresenta il popolo in ciò che trionfa sul paganesimo. Testo apocalittico: Come Giuditta spicca la testa di Olofeme (13,8) così Maria schiaccia la testa del drago (Ap 12) e in questo modo la sua "personalità corporativa" congloba l'Umanità nuova. Olofeme è il simbolo delle potenze del male. La salvezza è assicurata a Betulia in quella Samaria, odiosa agli occhi dei "benpensanti" del giudaismo rigido. La "donna giudea" rappresenta simbolicamente il popolo sano e vittorioso. Mentre l'azione di Giuditta è volta alla vendetta (Gdt 8,35), perché non può tollerare l'annientamento del popolo e nello stesso tempo vuole riscattare la contaminazione del santuario, Maria compie un "gesto sacerdotale" teso a riscattare l'umanità, "immagine" di Dio contaminata dal peccato. Giuditta, come Maria, è benedetta, perché strumento nelle mani di Dio (Gdt 13,18); come Debora Anna e Miryam, intonò un cantico di ringraziamento esortando il popolo a farlo proprio. Anche Maria ci chiede di celebrare la vittoria comune perché per mezzo suo, una donna, Israele viene salvato (Gdt 16,4-6). Giuditta si proietta verso la fine dei tempi perché osa credere di essere colei che deve intonare il canto di rinnovamento, evocato dal Salmo 144,9 e da Ap 14,3 o per la vittoria finale. Prefigura, così, simbolicamente Maria, che (nuova Eva) realizzerà la promessa di Gn 3,15. Sara (Tobia) (550 a.c. circa) Il libro di Tobia non è semplicemente una storia d'amore per dimostrare che la salvezza dei giusti, sopportata nella fedeltà al Signore (Tb 1,12), alla fine si tramuta in felicità duratura. I sette mariti sono lì a testimoniare un simbolo (numero delle generazioni - compimento della creazione). Sara, figlia unica, rappresenta Israele. Il popolo in esilio rischia la perdizione per l'infedeltà, ma Dio suscita un uomo fedele (Tobia) perché, sposando una donna fedele (Sara) impedisca al popolo di estinguersi. (Dio manderà il suo unico Figlio a sposare l'umanità, per rendere fecondo l'amore). L'Inno di Tobi (affine ai Salmi del Regno ed ai Cantici di Sion) manifesta alcune espressioni del Cantico di Anna (l Sam 2,1-10) e del Magnificat. (I vv. 1-8 è ringraziamento, 9-18 canto' di gloria per Gerusalemme secondo lo stile profetico). Si parla della nuova Gerusalemme (cfr Ap 21,1-27). Nella simbologia giudaica, Dio è lo sposo; nella mistica cristiana lo sposo è Cristo. Tobia potrebbe essere il simbolo/figura del Signore e Sara di Maria, tanto più che l'unione di Tobia e di Sara sarà realizzata solo dopo tre notti di astinenza e di preghiere. Queste notti possono prefigurare il mistero pasquale, i tre giorni della passione che furono come una interminabile notte nella quale Gesù porta con sé Maria per salvare l'umanità attraverso il sacrificio dell' Alleanza. È come l'unione di Gesù e Maria nel dolore della croce, da cui nasce la Chiesa e scaturisce la Vita per l'uomo. Ester (il libro 300-80 a.c. ; i fatti 486-465 a.c.) È una giovane ebrea molto bella che diventa regina. Anche questo libro, come Giuditta, presenta il popolo in una situazione senza scampo e liberato da una donna (è la terza volta a partire da Debora). Solo la promessa della salvezza affermata da Gn 3,15 permette di cogliere 1'aspetto profondamente profetico di queste liberazioni straordinarie. Possiamo ammirare la coerenza del piano di Dio e con quanta chiarezza gli interventi femminili annunciano quello della Vergine e del Messia. Con Debora si trattava di difendere una parte della Terra (promessa) conquistata da Giosuè, con Giuditta, si trattava di preservare il Tempio e il culto del Dio Unico. Al tempo di Ester, si tratta di evitare un genocidio totale deciso da Aman, ministro di Assuero (Serse I) re di Persia. La situazione di Ester e Mardocheo rispecchia in qualche modo quella di Giuseppe, che diventerà visir d'Egitto, e della storia di Daniele. Il racconto lascia intravedere la condotta misteriosa della Provvidenza che vigila sugli amici di Dio. Ester deve confidare totalmente nel Signore: rinuncia alla sicurezza della propria vita per salvare i fratelli: prefigura di Maria. Anche qui si parla di tre giorni e di tre notti di preghiera e di digiuno (come la passione e la resurrezione; come il cammino di Abramo verso il monte Moria; come la preparazione della pasqua prima di attraversare il Giordano): è una trama storica e profetica che annuncia il mistero della redenzione. Ester ha vissuto senza compromessi con il paganesimo, fedele all' Alleanza. Maria, senza cedimenti, Immacolata al concepimento e nella vita, è la vera "fedele" che pone Dio al di sopra di tutto. Maria non ha compiuto nessuna delle imprese di alcune donne esaminate. Possiamo però dire che Maria ha vinto il nemico più potente di cui tutti i nemici di Israele sono simbolo: "l'antico serpente". Ha vinto con la sua fede, con la sua obbedienza al piano di Dio, con la sua presenza accanto al Figlio nell'ora suprema dell'innalzamento. Maria realizza la suprema vittoria sul male, sul peccato, sul nemico di Dio. La vittoria di Maria è silenziosa ma efficace più di tutte: la fede batte l'incredulità, l'obbedienza umilia la ribellione, l'accettazione della sapienza della croce supera la sapienza umana, fondata sulla superbia e sulla presunzione. Anche Maria mette a disposizione tutta la sua vita per la causa del suo popolo e accetta pienamente la sua missione, come interpreta molto compiutamente Luca nel Magnificat e Giovanni parlando delle nozze di Cana.