XXX CONFERENZA SCUOLA NAZIONALE DI CITOMETRIA

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XXX CONFERENZA SCUOLA NAZIONALE DI CITOMETRIA
Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 com. 1 - DCB - Roma
Vol. 21, Num. 1
Aprile 2012
Periodico della Società Italiana di Citometria
PROGRAMMA PRELIMINARE
XXX CONFERENZA
SCUOLA NAZIONALE DI CITOMETRIA
Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”
25-28 settembre 2012
Produzione e caratterizzazione di scaffold da muscolo
scheletrico: bioattività, istocompatibilità e ottimizzazione
per tecniche di ingegneria tissutale
L’inibizione del proteasoma modula i livelli di espressione
dell’inibitore del ciclo cellulare p21CDKN1A in seguito a
danno al DNA, senza alterare la risposta apoptotica
News in Bibliografia: flow cytometry and cell cycle,
hematology, immunology, nanoparticle toxicology
Periodico della Società Italiana di Citometria
Vol. 21, Num. 1
DIRETTORE RESPONSABILE
Raffaele De Vita
COMITATO EDITORIALE
Marco Danova
Dipartimento di Medicina
A.O. di Pavia
S.C. di Medicina Interna e Oncologia Medica
Ospedale Civile di Vigevano
Raffaele De Vita
Unità Biologia delle Radiazioni e Salute dell’Uomo
ENEA - Centro Ricerche Casaccia
Roma
Eugenio Erba
Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”
Milano
Giuseppe Starace
Istituto Medicina Sperimentale CNR
Roma
Volume 21, numero 1 Aprile 2012
Lettere GIC
Periodico della Società Italiana di Citometria
Autorizz. del trib. di Roma n° 512/92 del 17/9/92
Edizione quadrimestrale
Spedizione in abbonamento postale
Peer Review Journal
Grafica: Renato Cafieri
SOMMARIO
Aprile 2012
XXX Conferenza Nazionale di Citometria
Programma preliminare
6
Produzione e caratterizzazione di scaffold da
muscolo scheletrico: bioattività, istocompatibilità e
ottimizzazione per tecniche di ingegneria tissutale
A. Costa, B. Perniconi, P. Aulino, L. Teodori, S. Adamo, D. Coletti
15
L’inibizione del proteasoma modula i livelli di
espressione dell’inibitore del ciclo cellulare p21CDKN1A
in seguito a danno al DNA, senza alterare la
risposta apoptotica
23
M. Tillhon, I. Dutto, O. Cazzalini, L, A. Stivala, E. Prosperi
News in Bibliografia
28
Viaggiando per convegni
31
a cura di “Marty DV.”
a cura del “Viaggiatore”
Stampa e Pubblicità:
Zona Industriale Settevene - Nepi (VT)
Tel. 0761527323 - Fax 0761527323
Redazione:
Società
Italiana di
Citometria
c/o Unità Biologia delle Radiazioni e
Salute dell’Uomo
ENEA Centro Ricerche Casaccia, s.p. 016
Via Anguillarese, 301 - 00123 ROMA
06/30484671 Fax 06/30484891
e-mail: [email protected]
http://biotec.casaccia.enea.it/GIC/
Associato alla
Unione Stampa
Periodica Italiana
In copertina: dal lavoro “L’inibizione del proteasoma modula i livelli di espressione dell’inibitore del ciclo cellulare p21CDKN1A
in seguito a danno al DNA, senza alterare la risposta apoptotica” M. Tillhon, I. Dutto, O. Cazzalini, L, A. Stivala, E. Prosperi.
Analisi tramite saggio di immunofluorescenza dei livelli delle proteine p21 e PCNA in fibroblasti primari umani LF-1 dopo trattamento con l’inibitore proteasomiale MG132 (25 µM). L’irraggiamento con radiazione UV-C è stato effettuato utilizzando un
filtro di policarbonato che permette di ottenere lesioni localizzate in regioni puntiformi del nucleo e il processamento dei campioni è avvenuto dopo 30 minuti o 4 ore. L’osservazione al microscopio confocale ha permesso di valutare l’accumulo di p21
(fluorescenza verde) e PCNA (fluorescenza rossa) dopo trattamento con MG132 ad entrambi i tempi; la co-localizzazione
delle due proteine ai siti di danno è associata al segnale giallo mentre la colorazione con Hoechst 33258 (fluorescenza blu)
ha permesso di identificare i nuclei.
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
SOMMARIO
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XXX CONFERENZA
SCUOLA NAZIONALE DI CITOMETRIA
CORSI RESIDENZIALI
DI FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
Campus Scientifico “Enrico Mattei”
Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”
25-28 settembre 2012
Programma Preliminare
Martedì 25 settembre
13.00 Registrazione
14.00 Apertura dei Lavori
SESSIONE PLENARIA comune a tutti i Corsi
SEMINARI INTRODUTTIVI
Le Raccomandazioni per la caratterizzazione citometrica dell'Emoglobinuria
Parossistica Notturna
Supported by ALEXION
Nuovi strumenti per l'analisi del processo di immunoricostituzione in pazienti HIV
Supported by BD BIOSCIENCES
Cellule T regolatorie e autoimmunità: focus sul diabete di tipo 1
Supprted by INSTRUMENTATION LABORATORY-BECKMAN COULTER
Fenotipo di cellule mieloidi soppressorie
Supported by MILTENYI BIOTEC
CONCETTI GENERALI DI CITOMETRIA
Citometria a flusso: struttura e principi di funzionamento
Le basi della fluorescenza e le proprietà fondamentali delle molecole fluorescenti
Compensazione delle fluorescenze in citometria a flusso
Docenti: Manuela Battaglia (Milano), Veronica Bordoni (Roma), Rita Casetti (Roma),
Raffaella Casotti (Napoli), Luigi Del Vecchio (Napoli),
Susanna Mandruzzato (Padova), Giuseppe Starace (Roma),
Cesare Usai (Genova)
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PROGRAMMA PRELIMINARE
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
CORSI “Base” CP
con esercitazioni pratiche
CP1 PROLIFERAZIONE-APOPTOSI-COLTURE CELLULARI
Coordinatori: I. D’Agnano, E. Erba
Mercoledì 26 settembre
Sessione: COLTURE CELLULARI E CICLO CELLULARE
Modelli di studio: colture cellulari, cellule ingegnerizzate, green fluorescent
protein, “cell tracking”
Analisi monoparametrica del DNA e del ciclo cellulare: metodologie e applicazioni
con presentazione di file citometrici
Esercitazioni pratiche: misure monoparametriche in Citometria a flusso
Sessione: ESERCITAZIONI DI ELABORAZIONE ED ANALISI DEI DATI CITOMETRICI
Elaborazione matematica degli istogrammi di DNA: presentazioni di software
e analisi di file citometrici
Tutto quello che dovreste sapere sulla misura biparametrica DNA-BrdU:
metodologie e analisi di file citometrici
Giovedì 27 settembre
Sessione: ESERCITAZIONI PRATICHE
Esercitazioni pratiche: misure in citometria a flusso con marcature BrdU
La morte cellulare dal punto di vista molecolare e citometrico: definizione di
apoptosi dal punto di vista molecolare e vie di attivazione caspasi dipendente
ed indipendente; sub-G1, Annexin V, TUNEL assay, ROS, potenziale mitocondriale,
caspasi, bcl-2
Docenti: Flavia Buccella (Urbino), Igea D’Agnano (Roma), Eugenio Erba (Milano),
Sergio Marchini (Milano), Nicolò Panini (Milano), Giuseppe Starace (Roma)
CP2 IMMUNOFENOTIPO IN EMATOLOGIA & IMMUNOLOGIA
Coordinatori: B. Canonico, L. Zamai
Mercoledì 26 settembre
Sessione: CONCETTI DI BASE DI STRUMENTAZIONE E PREPARATIVA
Cenni sulla strumentazione per citometria a flusso sia analogica che digitale
Caratteristiche dei principali fluorocromi
Modalità di raccolta, conservazione e trattamento del campione e procedure
pre-analitiche: stabilizzanti, lisanti e fissativi
Esercitazioni pratiche di Citometria: utilizzo di biglie fluorescenti su varie
piattaforme; marcature su sangue trattato con diversi anticoagulanti; uso di
lisanti e fissativi
Sessione: TECNICHE DI MARCATURA E MISURE DI CARATTERIZZAZIONE
IMMUNOFENOTIPICA
Anticorpi monoclonali e tecniche di marcatura di superficie e intracitoplasmatica;
caratterizzazione immunofenotipica di sangue periferico e cordonale e di linee
cellulari emopoietiche
Esercitazioni pratiche di Citometria: acquisizione di campioni di sangue
periferico e cordonale e analisi microscopica del campione
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
PROGRAMMA PRELIMINARE
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Giovedì 27 settembre
Sessione: ELABORAZIONE ED ANALISI DEI DATI CITOMETRICI
Analisi dei file: Boolean gating ed individuazione dei parametri di interesse,
cenni su vari software dedicati
Esercitazioni pratiche: analisi di file preselezionati
Docenti: Marcella Arcangeletti (Urbino), Barbara Canonico (Urbino), Laura Galli (Urbino),
Loris Zamai (Urbino)
CP3 CITOMETRIA NELLE BIOTECNOLOGIE VEGETALI ED AMBIENTALI
Coordinatori: R.Casotti, R. De Vita, S. Lucretti
Mercoledì 26 settembre
Sessione: TOSSICOLOGIA E AMBIENTE
La citometria a flusso in nanotossicologia
Il test della cometa nello studio del danno al DNA in Tossicologia
Ibridazione in situ Fluorescente (F.I.S.H.), strumento indispensabile nella
diagnostica citogenetica
La citometria a flusso negli studi ambientali
Sessione: BIOTECNOLOGIE VEGETALI E MICROBIOLOGIA
Detection e identificazione di batteri mediante l’impiego di anticorpi e
sonde oligonucleotidiche in citometria a flusso
Biotecnologie vegetali per produrre nuove piante: un approccio citofluorimetrico
Citogenetica molecolare a flusso: nuove metodiche per l’analisi e la separazione
di cromosomi ibridati con sonde fluorescenti
Giovedì 27 settembre
Sessione: ESERCITAZIONI PRATICHE
Esercitazioni pratiche in laboratorio: preparazione di campioni, analisi
microscopica dei campioni, misure citometriche, FISH ed il test della
cometa
Docenti: Raffaella Casotti (Napoli), Eugenia Cordelli (Roma), Raffaele De Vita (Roma),
Debora Giorgi (Roma), Giorgio Leter (Roma), Sergio Lucretti (Roma),
Anita Manti (Urbino), Mauro Nanni (Roma)
CP4 STRUMENTI E METODOLOGIE IN CITOMETRIA E MICROSCOPIA
Coordinatori: G. Mazzini, C. Usai
Mercoledì 26 settembre
Sessione: MICROSCOPIA OTTICA IN FLUORESCENZA
Dal microscopio ottico normale alla microscopia in fluorescenza: principi di
microscopia ottica fluorescenza e fluorocromi
Esercitazioni pratiche di microscopia: allestimento e osservazione di campioni
citologici “colorati” ed in “fluorescenza”
Sessione: CITOMETRIA A FLUSSO
Dal microscopio al citometro a flusso: struttura e funzionamento dei citometri a
flusso basati su laser e su lampada
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Esercitazioni pratiche di citometria: metodiche di fissazione e di colorazione di
DNA e proteine, immunomarcature; allestimento e analisi di campioni
PROGRAMMA PRELIMINARE
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
Giovedì 27 settembre
Sessione: MICROSCOPIA E CITOMETRIA APPLICATA
Microscopia confocale ed altre microscopie “avanzate”: principi di funzionamento
della microscopia confocale. Cenni alle microscopie avanzate; esempi pratici di
utilizzo
Citometria applicata: analisi del DNA in colture sperimentali ed in campioni
clinici; analisi multiparametrica: problemi metodologici e strumentali
Docenti: Erica Cesarini (Urbino), Eugenio Erba (Milano), Giuliano Mazzini (Pavia),
Cesare Usai (Genova)
CORSI “Avanzati” CA
CA1 EMATOLOGIA CLINICA E SPERIMENTALE
Coordinatori: M. Della Porta, L. Del Vecchio
Mercoledì 26 settembre
Sessione: ANALISI IMMUNOFENOTIPICA DELLE LEUCEMIE E DELLE SINDROMI
MIELODISPLASTICHE
Avanzamenti e controversie nell’analisi immunofenotipica delle leucemie acute
mieloidi
Presentazione di casi clinici con files citometrici
Integrazione di parametri morfologici immunofenotipici e molecolari nella
diagnosi e nella prognosi delle sindromi mielodisplastiche
Presentazione di casi clinici con files citometrici
Sessione: LEUCEMIA LINFATICA CRONICA E MIELOMA MULTIPLO
Linfocitosi B monoclonale (MBL) e leucemia linfatica cronica
Presentazione di casi clinici con files citometrici
Utilità clinica e significato prognostico della citometria a flusso multiparametrica
nel mieloma multiplo
Presentazione di casi clinici con files citometrici
Giovedì 27 settembre
Sessione: BIOPSIE LINFONODALI E CELLULE ENDOTELIALI CIRCOLANTI
La citometria a flusso per l’analisi immunofenotipica di biopsie linfonodali
Presentazione di casi clinici con files citometrici
Nuove metodiche per la standardizzazione del conteggio delle cellule
endoteliali circolanti in citometria a flusso
Presentazione di casi clinici con files citometrici
Docenti: Luigi Del Vecchio (Napoli), Matteo Della Porta (Pavia), Paolo Ghia (Milano),
Patrizia Mancuso (Milano), Bruno Paiva (Salamanca), Alessandra Stacchini (Torino)
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
PROGRAMMA PRELIMINARE
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CA2 LA CITOMETRIA NEGLI AVANZAMENTI DELL’IMMUNOLOGIA
Coordinatori: D. Fenoglio. L. Zamai
Mercoledì 26 settembre
Sessione: ALCUNI ASPETTI POCO CONOSCIUTI DELLA BIOLOGIA DEL SISTEMA
IMMUNITARIO
Th17 cells: in salute e malattia
I linfociti T gammadelta, effettori che collegano l’immunità innata e acquisita
Le cellule NK: attività citotossica e differenziamento (con dimostrazioni di file
citometrici)
Nuovi aspetti della comunicazione cellulare: un possibile legame tra la
comunicazione cellulare e il pathway apoptotico in cellule T
Sessione: CIRCUITI IMMUNOREGOLATORI
Standardizzazione della valutazione fenotipica e funzionale delle popolazioni
T regolatorie (con dimostrazioni di file citometrici)
Immunomodulazione e mesenchimali
Sessione: IL SISTEMA IMMUNITARIO CONTRO TUMORI E VIRUS E VICEVERSA:
UN GIOCO A SCACCHI
La citometria in oncologia clinica con particolare riguardo alle target therapies
di natura immunologica
Standardizzazione dei protocolli di valutazione del follow-up immunologico
nell’immunoterapia dei tumori
Giovedì 27 settembre
Sessione: LA CITOMETRIA NELL’INFEZIONE DA HIV E LA PERSONALIZZAZIONE
DELLA RISPOSTA IMMUNITARIA
Immunoattivazione ed immunoregolazione nella malattia da HIV
Citomica multiparametrica e polifunzionale nello studio dell’infezione da HIV
I Linfociti T GAMMADELTA TH1/TH17 sono espansi nei pazienti HIV-1 e
rispondono alla Candida Albicans
Come le NK influenzano alcune patologie: tumori, infezioni ed autoimmunità
Docenti: Andrea Cossarizza (Modena), Andrea Fattorossi ( Roma),
Daniela Fenoglio (Genova), Francesca Luchetti (Urbino), Alessandro Poggi (Genova),
Loris Zamai (Urbino), Maria Raffaella Zocchi (Genova)
CA3 ONCOLOGIA CLINICA E SPERIMENTALE
Coordinatori: M. Danova, G. Pirozzi
Mercoledì 26 settembre
Sessione: CITOMETRIA E FISH IN ONCOLOGIA
Evoluzione del ruolo della Citometria in Oncologia: applicazioni emergenti
nello studio della biologia dei tumori solidi
Dall'analisi del DNA allo studio degli eventi rari ed al “sorting”
L’applicazione della FISH in Oncologia
Analisi DNA o DNA/BrDU: studi con linee cellulari e con modelli animali
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PROGRAMMA PRELIMINARE
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
Presentazione di file sperimentali con misure di Fase S/Apoptosi e approfondimenti
su modellistica di analisi
Sessione: CELLULE TUMORALI CIRCOLANTI E “CANCER STEM CELLS”
Cellule Tumorali Circolanti: analisi ed implicazioni cliniche
“Cancer Stem Cells”: analisi ed implicazioni cliniche
Giovedì 27 settembre
Sessione: INVASIONE, METASTATIZZAZIONE E TERAPIE
“Cell and Gene Therapy” in Oncoematologia Pediatrica
Invasione e Metastatizzazione
Discussione sulle sinergie tra i diversi approcci di studio e ricerca traslazionale
Docenti: Ettore Biagi (Monza), Marco Danova (Vigevano), Eugenio Erba (Milano),
Renato Franco (Napoli), Giuseppe Pirozzi (Napoli), Virginia Tirino (Napoli)
CONFERENZA NAZIONALE DI AGGIORNAMENTO
NUOVE METODOLOGIE ANALITICHE IN
EMATOLOGIA, IMMUNOLOGIA E ONCOLOGIA
Giovedì 27 settembre
Coordinatori: G. Gaipa, S. Papa
Immunofenotipizzazione delle leucemie acute in citometria a flusso: indirizzi
metodologici e valore clinico
Standardizzazione delle metodiche di valutazione delle cellule endoteliali circolanti
e dei progenitori endoteliali circolanti tramite analisi citofluorimetrica
Il microambiente tumorale: meccanismi di immunoevasione
Telomerasi, quale target della cancer immunotherapy
Venerdì 28 settembre
Recettori chimerici come nuova prospettiva di cura delle leucemie
Mieloma multiplo: progressi nelle acquisizioni biologiche e nuove terapie
Potenziali implicazioni terapeutiche delle cellule staminali tumorali
Percorsi di Qualità in Citometria
Qualifica di Citometrista: percorso di formazione e certificazione
Relatori: Ettore Biagi (Monza), Rosa Chianese (Ivrea), Raffaele De Vita (Roma),
Matteo Della Porta (Pavia), Daniela Fenoglio (Genova), Giuseppe Gaipa (Monza),
Francesco Lanza (Cremona), Giuliano Mazzini (Pavia), Bruno Paiva (Salamanca),
Stefano Papa (Urbino), Alessandro Poggi (Genova), Lucia Ricci Vitiani (Roma)
Accreditamento E.C.M. per Corsi e Conferenza:
Biologo, Medico, Chimico, Farmacista, Veterinario, Tecnico Sanitario Laboratorio Biomedico
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
PROGRAMMA PRELIMINARE
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Corso e Conferenza
Soci GIC
Non Soci GIC
Non strutt. Soci GIC
QUOTE DI ISCRIZIONE
€ 350,00
€ 390,00
€ 230,00
Conferenza
Soci GIC
Non Soci GIC
Non strutt. Soci GIC
€ 120,00
€ 150,00
€ 100,00
+ Corso ECM FAD
€ 40,00**
+ Crediti Formativi ECM
€ 30,00*
dopo
€
€
€
dopo
€
€
€
il 31 maggio
390,00
430,00
270,00
il 31 maggio
140,00
170,00
120,00
*I Partecipanti che richiedono i crediti ECM sono tenuti a versare un contributo spese
di € 30,00
**Con una integrazione di € 40,00 è possibile iscriversi al Corso FAD "La Citometria
nella Biologia e nella Clinica" accreditato ECM con 25 crediti per Biologo, Medico,
Chimico, Farmacista, Tecnico S.L.B. e Veterinario
"Le quote sono da intendersi IVA esclusa"
Qualifica di Citometrista
La partecipazione ai Corsi ed alla Conferenza permetteranno di ottenere Crediti
Formativi GIC utili per il processo di acquisizione della "Qualifica di Citometrista" insieme
ad altri requisiti, in alcuni ambiti di particolare rilevanza applicativa della Citometria.
I “non strutturati” (Tesisti, Borsisti etc. max 35 anni) per poter usufruire della quota
ridotta dovranno inviare, insieme alla scheda di iscrizione, un’autocertificazione vistata
dal responsabile della struttura di appartenenza, che attesti la posizione del richiedente.
Le schede per la partecipazione ai Corsi e alla Conferenza possono essere scaricate dal
sito GIC: http://biotec.casaccia.enea.it/GIC/
I Corsi sono a numero chiuso e si svolgono in parallelo; gli iscritti riceveranno materiale
didattico nella forma di file contenuti in una pendrive.
Nell’ambito della Conferenza è prevista l’annuale Assemblea della Società Italiana di
Citometria GIC, la consegna dei Premi di Studio GIC e la presentazione di materiale e
di apparecchiature da parte delle principali Aziende del settore.
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Segreteria Scientifica
Società Italiana di Citometria
c/o Unità Biologia delle Radiazioni e
Salute dell'Uomo
ENEA Centro Ricerche Casaccia s.p. 016
Via Anguillarese, 301 - 00123 Roma
tel. 06 30484671 - fax 06 30484891
e-mail: [email protected]
http://biotec.casaccia.enea.it/GIC/
PROGRAMMA PRELIMINARE
Segreteria Campus Urbino
Dott.ssa Elisabetta Fucili
tel.: 0722 304279 fax: 0722 304243
e-mail: [email protected]
Segreteria Organizzativa
Italymeeting s.r.l.
Via Parsano, 6/b - 80067 Sorrento NA
tel. 081 8073525 - 081 8784606 fax
081 8071930
e-mail: [email protected]
http://www.italymeeting.it
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
in collaborazione
con il Centro di Citometria Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”
con il Patrocinio di:
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”
ENEA Agenzia nazionale per le nuove tecnologie,
l’energia e lo sviluppo economico sostenibile
CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche
Ordine Nazionale dei Biologi
Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”
Istituto Nazionale Tumori “Fondazione G. Pascale”
Stazione Zoologica “Anton Dohrn”
Comune di Urbino
Provincia di Pesaro e Urbino
Regione Marche
E.R.S.U. Urbino
PROGRAMMA SOCIALE
Preliminare
Martedì 25 settembre
11.00 Visita al Palazzo Ducale di Urbino*
13.00 Registrazione con Caffè
18.30 Brindisi di Benvenuto
Mercoledì 26 settembre
18.00 Visita alla Casa di Raffaello*
20.30 Cena Sociale GIC
Giovedì 27 settembre
17.30 Assemblea dei Soci
☺ Omaggio ai Soci in regola per quota 2013
18.30 Aperitivo “Sapere i Sapori … a Km 0”
Venerdì 28 settembre
12.45 Sorteggio Premi scheda valutazione evento
13.00 Colazione Speciale di saluto*
15.00 Visita Museo della Città di Urbino “Palazzo Odasi”*
16.00 Visita Oratorio di San Giovanni Battista*
* Per gli eventi contrassegnati è indispensabile la prenotazione alla Segreteria
GIC con un messaggio e-mail o fax entro il 10 settembre 2012.
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
PROGRAMMA PRELIMINARE
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Produzione e caratterizzazione di scaffold da
muscolo scheletrico: bioattività, istocompatibilità e
ottimizzazione per tecniche di ingegneria tissutale
Alessandra Costa1,3, Barbara Perniconi2,4, Paola Aulino2, Laura Teodori3,
Sergio Adamo2, Dario Coletti2,4
di Roma Tor Vergata, 00133 Roma, Italia
di Roma La Sapienza, Dipartimento di Scienze Anatomiche, Istologiche, Medico-legali e dell’Apparato
Locomotore, Sezione Istologia ed Embriologia Medica, 00161 Roma, Italia
3Laboratorio di Diagnostica e Metrologia, UTAPRAD-DIM, ENEA-Frascati, 00044 Roma, Italia
4UPMC Univ Paris 6 – UR4, F-75005 Paris, France
2Università
1Università
e-mail: [email protected]
Abstract
La sostituzione di tessuto muscolare con tessuto muscolare ingegnerizzato scheletrico può rappresentare un
intervento terapeutico utile in caso di danno o miopatia.
A tale scopo si richiede tessuto muscolare scheletrico
altamente orientato, vascolarizzato e funzionale. Tra i
biomateriali per l’ingegneria tissutale sono ampiamente
utilizzati gli scaffold derivanti dalla decellularizzazione
di organi interi. Noi abbiamo prodotto scaffold da tessuto muscolare scheletrico murino decellularizzato. Questo
mantiene sia le caratteristiche chimiche sia la struttura
tridimensionale del tessuto di origine, caratteristiche
conservate durante un periodo di stoccaggio pre-impianto e responsabili della sua bioattività in vivo: in particolare, abbiamo dimostrato che lo scaffold è per se un
ambiente pro-miogenico in grado di supportare la formazione di nuove fibre muscolari.
Introduzione
La principale caratteristica dei biomateriali consiste nell’interazione con le componenti biologiche dell’ospite [1].
Molte strategie sono state adottate per produrre biomateriali per applicazioni di ingegneria tissutale, tra queste la
produzione di costrutti derivanti da tessuto decellularizzato successivamente ripopolato con cellule di varia natura.
Questi sono utilizzati soprattutto per la sostituzione di quei
tessuti o organi la cui composizione chimica e organizzazione spaziale sono complesse. La decellularizzazione di
un tessuto elimina la componente cellulare e preserva la
matrice extracellulare (ECM) [2]. L’ECM è per definizione un biomateriale ideale in quanto è sintetizzato da cellule residenti nel tessuto ed è quindi biocompatibile [3]. Uno
dei principali ostacoli all’ingegneria tissutale del muscolo
scheletrico è l’organizzazione altamente ordinata e gerarchica delle fibre muscolari. Per superare questo problema
sono utilizzate aree di matrice muscolare acellulare autologa in cui sono stati coltivati dei mioblasti [4], oppure
cellule miogeniche su matrici fibrillari [5]. Sebbene la
generazione di un cuore bioingegnerizzato funzionale ha
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
dimostrato che è possibile produrre in vitro un intero organo dalla struttura complessa [6], non è stato ancora prodotto tessuto muscolare scheletrico anatomicamente definito
e trapiantabile. A questo scopo abbiamo generato uno
scaffold acellulare derivante da muscolo scheletrico e lo
abbiamo trapiantato in un ospite singenico in un modello
murino. Questo approccio ci ha permesso un’ampia caratterizzazione dell’istocompatibilità, della bioattività e dell’integrazione in vivo dello scaffold.
Materiali e Metodi
Animali
Negli esperimenti di trapianto sono stati utilizzati topi
BALB/C adulti dello stesso sesso. Per esperimenti specifici sono stati utilizzati anche topi Nude adulti (ceppo
NU/NU Crl:NUFoxn1nu, Charles River, Milano, Italia).
Gli animali sono stati trattati secondo le linee guida del
Comitato Guida istituzionale per la sperimentazione animale. I topi donatori sono stati sacrificati prima della
rimozione del muscolo, mentre i topi riceventi sono stati
anestetizzati prima del trapianto.
Decellularizzazione del muscolo scheletrico
Recentemente è stato dimostrato che l’incubazione in
una soluzione di 1% SDS è in grado di rimuovere completamente la componente cellulare di un cuore di ratto
[6]. Per la decellularizzazione, quindi i muscoli Tibialis
anterior (TA) ed Extensor digitorum longus (EDL) sono
stati dissezioni ed immediatamente incubati in una soluzione di 1% SDS in acqua bidistillata (circa 10 ml per
due muscoli) per 24 e 48 ore, rispettivamente, a temperatura ambiente in rotazione. Alla fine della decellularizzazione i muscoli sono stati lavati per tre volte per 30
min in PBS sterile. Gli scaffold decellularizzati sono stati
utilizzati direttamente oppure conservati per specifici
esperimenti.
Procedura di trapianto
Gli scaffold di muscolo TA sono stati trapiantati al posto
ATTIVITÀ SCIENTIFICA
15
del muscolo omologo in un animale ricevente singenico,
tranne dove diversamente specificato. Dopo aver anestetizzato gli animali con Avertina A (tribromoetanolo e 2metilbutanolo, Sigma, St Louis, MO, USA), ed aver sterilizzato l’area interessata, è stata effettuata un’incisione
nel derma, prestando particolare attenzione all’integrità
dell’epimisio. Il tendine distale e un terzo del muscolo
prossimale sono stati lasciati in situ come supporto per la
sutura dello scaffold. Lo scaffold è stato suturato secondo l’orientamento originario del muscolo con punti di
seta (USP 5-0 TR-17 black silk 45 cm). Infine sono stati
suturati sia l’epimisio che la pelle. I costrutti trapiantati
sono stati successivamente dissezionati a una, due tre o
quattro settimane dal trapianto.
Analisi istologica
Il muscolo TA dissezionato è stato immerso nel mezzo di
congelamento (Leica, Wetzlar, Germania) e congelato in
isopentano raffreddato in azoto liquido. Le criosezioni
trasversali (8 µm, se non diversamente specificato) sono
state ottenute dalla parte centrale del campione utilizzando un criotomo Leica. Per l’analisi istologica le criosezioni sono state colorate con il metodo standard per ematossilina-eosina. Le immagini sono state acquisite con il
sistema Axioscop2 plus equipaggiato system con
Axiocam HRc (Zeiss, Oberkochen, Germania) ad una
risoluzione di 1300X1030 pixel.
Immunofluorescenza
Criosezioni trasversali sono state fissate in 4% paraformaldeide per 10 min. Dopo l’incubazione con 1% BSA
(Sigma) per 30 min, sono state incubate con anticorpi
rabbit-anti-laminina (1:100) o falloidina (1:500) in 1%
BSA, e successivamente con 0.5 ug/ml Hoechst 33342
(Sigma). Un protocollo con un passaggio di permeabilizzazione della membrana plasmatica con 0,5% di Triton X
100 è stato necessario per l’incubazione con gli anticorpi Sigma mouse-anti-MHC (Myosin Heavy Chain) e rabbit-anti-sarcoglicano β diluiti rispettivamente 1:200 e
1:50 in goat serum. Dopo numerosi lavaggi in PBS le
criosezioni sono state incubate con gli appropriati anticorpi secondari diluiti 1:500 in 1% BSA coniugati ai
fluorocromi verdi (Alexa 488) o rossi (Alexa 568).
Un’aliquota di 25.000 cellule dagli esperimenti di citofluorimetria è stata citocentrifugata per analizzare
l’espressione di PW1 [7, 8]. Abbiamo utilizzato un anticorpo anti-PW1 diluito a 1:2000 in 1% BSA, seguito da
incubazione con anticorpo secondario Alexa 568 diluito
1:500 in 1% BSA (Molecular Probes, Eugene, OR,
USA). Per il controllo negativo è stato utilizzato siero
pre-immune. L’Hoechst è stato utilizzato per evidenziare
i nuclei. Le immagini sono state acquisite con il sistema
Axioscop2 plus equipaggiato system con Axiocam HRc
(Zeiss, Oberkochen, Germania) ad una risoluzione di
1300X1030 pixel.
18
ATTIVITÀ SCIENTIFICA
Analisi citofluorimetrica
Un costrutto trapiantato, un muscolo controlaterale ed un
muscolo normale sono stati dissezionati e digeriti in una
soluzione di 50 U/ml di collagenasi di tipo II (Sigma), 35
U/ml di ialuronidasi di tipo IV (Sigma) e 1 mg/ml di collagenasi/dispasi in PBS [9]. Dopo l’aggiunta di siero, la
soluzione è stata filtrata in un filtro da 40 µm, centrifugata e risospesa in PBS. Le cellule sono state fissate in
2% paraformaldeide per 10 min, incubate con 1% BSA
per 30 min, e successivamente con gli anticorpi monoclonali anti-CD45 coniugato a PE-Cy5 o a un anticorpo
monoclonale anti-Sca-1coniugato FITC, diluiti 1:100 in
0.1% BSA per 30 min, a temperatura ambiente (BD
Biosciences, San Jose, CA, USA). Altri anticorpi utilizzati in questa analisi (tutti alla concentrazione di 0,025
µg/µl) sono gli anticorpi policlonale di ratto anti-topo
M3/84 Mac-3, Rb6-8C5 Gr-1 e CD3 (BD Bioscience).
Per distinguere le cellule dai residui di ECM abbiamo
marcato le cellule con una soluzione 50 mg/ml di Ioduro
di Propidio (PI). Le cellule sono state analizzate con un
citofluorimetro Coulter Epics XL (Beckman Coulter,
Fullerton, CA, USA). Sono stati registrati 100,000 eventi ed i dati sono stati analizzati con il software Summit
(Beckman Coulter). Le cellule marcate con PI sono state
selezionate e il segnale rappresentato come valore biparametrico di forward scatter (FSC) contro side scatter
(SSC). Dopo aver settato il bianco, cellule CD45 o Sca1 positive sono state selezionate e rappresentate in forma
di dot plot. Per ogni campione 20,000 eventi sono stati
analizzati.
Risultati
Caratterizzazione istologica ed istochimica di scaffold
derivanti da muscolo scheletrico
I muscoli dissezionati sono stati immediatamente sottoposti a decellularizzazione. Dopo l’incubazione in SDS i
muscoli appaiono trasparenti e leggermente dilatati (Fig.
1A). Attraverso esperimenti preliminari abbiamo fissato
il tempo minimo necessario per una completa decellularizzazione: 24 ore per l’EDL e 48 ore per il TA (Fig. 1B).
Per i successivi esperimenti l’analisi si è concentrata sul
TA. La colorazione ematossilina-eosina del muscolo
decellularizzato mostra un network filamentoso debolmente colorato in rosa, mentre i nuclei sono totalmente
assenti. L’esclusiva presenza dei componenti della ECM
è ulteriormente confermata dall’immunofluorescenza per
laminina, che conserva la tipica organizzazione poligonale della lamina basale che circonda le fibre muscolari
(Fig. 1C pannelli inf.). La completa assenza della componente miofibrillare e dei nuclei è dimostrata nell’immunofluorescenza per actina e nuclei in cui si osserva la
completa scomparsa di questi elementi cellulari (Fig. 1C
pannelli sup.). Poiché uno dei maggiori obiettivi dell’ingegneria tissutale è la produzione di materiali conservabili, abbiamo studiato la conservazione degli scaffold nel
tempo. Gli scaffold sono conservabili per due settimane
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
Fig. 1: Decellularizzazione del muscolo scheletrico. A) Muscoli TA ed EDL (1 e 2) prima (pannello di sinistra) e
dopo (pannello di destra) la decellularizzazione in 1% SDS dopo 48 ore (1) e 24 ore (2). B) Time course di decellularizzazione in sezione trasversale, colorazione ematossilina-eosina dei muscoli EDL (pannelli sup.) e TA (pannelli inf.).
C) Immunofluorescenza per actina in rosso (pannelli sup.) e laminina in verde (pannelli inf.) in sezioni trasversali di
muscolo TA (pannelli di sinistra) e di scaffold (pannelli di destra). I nuclei sono marcati in blu con Hoechst.
Conservazione dello scaffold. D) Nei pannelli di sinistra colorazioni ematossilina-eosina, nei pannelli di destra immunofluorescenza per laminina in verde o rosso su sezioni trasversali di scaffold derivanti da muscoli TA. I nuclei sono
stati colorati con Hoechst. Barra = 50 micron.
in condizioni sterili sia a +4 °C in PBS (Fig. 1D pannelli sup.) sia a +37 °C, 5% CO2, in DMEM (Fig. 1D pannelli inf.): dopo questo tempo infatti è ancora rilevabile
il segnale della laminina che mantiene anche la sua struttura tridimensionale. Quindi lo scaffold può essere conservato non solo a basse temperature, ma anche in condizioni adatte alla coltura cellulare.
Risposta infiammatoria allo scaffold
Allo scopo di analizzare la bioattività dello scaffold,
abbiamo eseguito esperimenti di trapianto ortotopico. I
costrutti trapiantati sono stati analizzati a diversi tempi:
una, due, tre e quattro settimane dal trapianto.
Dall’analisi per immunofluorescenza del costrutti a due
settimane è evidente che questo è stato invaso da moltissime cellule che ricoprono lo spazio intorno e dentro la
lamina basale (Fig. 2A). Inoltre la presenza delle immunoglobuline evidenzia una forte infiammazione (Fig.
2A). Per chiarire la natura di queste cellule infiltranti,
abbiamo eseguito un’analisi citofluorimetrica per CD45
(Fig. 2B). Le cellule esprimenti CD45 sono molto
abbondanti nel costrutto trapiantato, in netto contrasto
con la percentuale delle stesse cellule nel muscolo controlaterale, comparabile alla percentuale del muscolo
normale (Fig. 2B). Questo indica che nel costrutto trapiantato è presente una popolazione di cellule leucocitiche, assente nel muscolo contro laterale, e quindi
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
l’infiammazione non è sistemica, ma ristretta al sito del
trapianto. Abbiamo inoltre approfondito la natura delle
cellule mononucleate CD45 positive attraverso
un’analisi citofluorimetrica della co-espressione di CD3
per identificare i linfociti, Gr-1 per i granulociti e Mac-3
per i macrofagi. Come mostra la Tabella1, la percentuale relativa di cellule CD45 positive nel muscolo controlaterale e nello scaffold trapiantato è paragonabile, tuttavia quest’ultimo presenta una percentuale maggiore di
granulociti (CD45+/Gr-1+) sia a due sia a quattro settimane dal trapianto. Muscoli che hanno subito danno
vanno incontro a un processo infiammatorio seguito da
rigenerazione mediata da cellule staminali miogeniche,
portando infine alla formazione di nuove fibre muscolari. In accordo, abbiamo individuato due popolazioni di
cellule presentanti Sca-1 (stem cell antigen 1) nel
costrutto trapiantato a due settimane dal trapianto (Fig.
2C). La sotto-popolazione di cellule Sca-1+ con i valori
più bassi di FSC e SSC è presente anche nel muscolo
controlaterale e nel muscolo normale (Fig. 2C). Sca-1 è
un antigene aspecifico per la staminalità e nel muscolo
scheletrico è co-espresso con PW1/Peg3. PW1 è stato
recentemente identificato come un marcatore specifico
per cellule staminali interstiziali, che prendono il nome
di PICs [7,8]. La presenza di PICs nello scaffold trapiantato è stata confermata dall’espressione di PW1 [7] in
citocentrifugati (Fig. 2D).
ATTIVITÀ SCIENTIFICA
19
Fig. 2: Interazione scaffold-ospite. A) Immunofluorescenza per laminina in rosso ed Ig in verde su sezione trasversale centrale (ricostruzione fotografica) di scaffold derivante da muscolo TA dopo due settimane dal trapianto. I nuclei
sono colorati con Hoechst in blu. B e C) Analisi al citofluorimetro del segnale SSC in funzione del segnale FSC per
cellule CD45+ (pannelli sup.) o Sca-1+ (pannelli inf.) in (da sinistra a destra) muscolo TA normale, muscolo TA controlaterale e scaffold analizzato dopo 2 settimane dal trapianto. D) Immunofluorescenza per PW1 (rosso)/ nuclei (blu)
su citocentrifugati di muscolo sano (pannelli sup.) e scaffold derivante da muscolo TA, analizzato a due settimane dal
trapianto (pannelli inf.).
Potenziale miogenico dello scaffold
L’analisi morfologica del costrutto trapiantato a una settimana dal trapianto rivela la presenza di miofibre
nascenti disperse nella popolazione di cellule infiammatorie (Fig. 3A). Queste fibre muscolari variano in dimensioni, mostrano un abbondante citoplasma eosinofilo e
un nucleo centrale, caratteristiche distintive delle fibre
muscolari rigeneranti. Queste fibre rigeneranti sono
posizionate lontane dal muscolo dell’animale ospite sia
in senso radiale che longitudinale (Fig. 3A). Anche a due
settimane dal trapianto il costrutto trapiantato presenta
fibre muscolari di nuova formazione (dati non mostrati).
Poiché il costrutto trapiantato è invaso da cellule leucocitiche, abbiamo deciso di trapiantare gli scaffold in topi
atimici. La presenza di fibre muscolari rigeneranti è confermata anche nei topi atimici a due settimane dal trapianto, sia a livello morfologico che molecolare (Fig. 3B
e C). In particolare l’espressione di markers del differenziamento tardivo del muscolo scheletrico, come la MHC,
dimostrano la presenza di tessuto muscolare scheletrico
di nuova formazione, inoltre il numero delle fibre rigeneranti non appare significativamente alterato negli animali immuno-depressi (Fig. 3C).
20
Discussione e Conclusioni
Crescente interesse si sta sviluppando per l’ingegneria tissutale e la medicina rigenerativa, due discipline che hanno
come obiettivi il ripristino o la sostituzione di tessuti o
organi danneggiati attraverso l’utilizzo di cellule staminaATTIVITÀ SCIENTIFICA
li e biomateriali [11]. Un approccio ampiamente utilizzato
prevede la coltivazione di cellule sia autologhe sia eterologhe in uno scaffold biocompatibile dalla struttura tridimensionale porosa, insieme ad appropriati fattori di crescita. Lo scaffold fornisce il supporto per l’adesione cellulare, la proliferazione ed il differenziamento, inoltre mima
le caratteristiche strutturali e funzionali della ECM, che ha
un ruolo fondamentale nel controllo e nella regolazione
del comportamento cellulare [12]. I risultati finora ottenuti nell’ingegneria tissutale del muscolo scheletrico sono
lontani da quelli ottenuti per altri tessuti o organi a causa
dell’intrinseca complessità di questo tessuto. I maggiori
ostacoli nella costruzione di tessuto muscolare ingegnerizzato sono: l’abbondanza del tessuto, che rappresenta circa
il 40% della massa corporea; la sua complessa organizzazione gerarchica e tridimensionale; la vascolarizzazione
capillare; l’innervazione per la funzionalità; le connessioni tendinee. Noi crediamo che uno scaffold derivante da
tessuto muscolare decellularizzato sia un approccio razionale per il superamento di queste problematiche. I metodi
utilizzati precedentemente per decellularizzare il muscolo
scheletrico erano basati su una lunga serie di digestioni
enzimatiche e trattamenti detergenti [13], mentre il metodo messo appunto da noi è più semplice, veloce e garantisce la sterilità. Inoltre gli scaffold ottenuti possono essere
conservati per qualche settimana sia a +4 °C che a +37 °C.
Coniugare l’istocompatibilità con la disponibilità del
materiale di partenza è una delle principali sfide degli
interventi di medicina rigenerativa basati sul trapianto.
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
Fig. 3: La miogenesi nello scaffold. A e B) Colorazione ematossilina-eosina di scaffold derivante da muscolo TA analizzato a una settimana dal trapianto in topo singenico (A) e analizzato a due settimane dal trapianto in topo Nude (B)
in sezione trasversale centrale (ricostruzione fotografica). C) Immunofluorescenza per Myosin Heavy Chain in rosso
e sarcoglicano-β in verde su sezione trasversale centrale di scaffold derivante da muscolo TA analizzato a due settimane dal trapianto in topo Nude. I nuclei sono colorati con Hoechst in blu. Barra = 50 micron.
Tabella. 1: Quantificazione della sottopolazione cellulare CD45+. Analisi citofluorimentrica delle cellule
esprimenti CD45 estratte da: muscolo TA sano, contro laterale e scaffold trapiantato, rispettivamente, a due
e quattro settimane dal trapianto. Eseguita un’analisi biparametrica per CD45 ed un marcatore dei linfociti
(CD3), uno dei granulociti (GRA1) ed uno dei macrofagi (MAC3). La media percentuale delle cellule esprimenti CD45 ed il marcatore indicato è espressa in ±SEM; 4 < n < 8 per ogni sottopopolazione analizzata.
Nei nostri studi di interazione tra lo scaffold e ospite
abbiamo trapiantato lo scaffold in topi singenici rispetto al
donatore. I risultati del trapianto suggeriscono che si sviluppi una forte risposta immunitaria, che potrebbe essere
responsabile dell’assorbimento dell’impianto (dati non
mostrati). Tuttavia la degradazione della ECM di cui è
costituito lo scaffold può rappresentare un processo bioattivo che, attraverso il rilascio di fattori solubili, contribuisce alla modulazione del comportamento cellulare [14].
Durante il processo infiammatorio le cellule mononucleate che invadono lo scaffold si distinguono in due popolazioni: cellule di natura infiammatoria, presentanti CD45, e
cellule presentanti Sca1, un antigene marcatore di staminalità. L’ulteriore caratterizzazione delle cellule CD45
positive ha dimostrato un aumento della percentuale di
cellule CD45+/Gr-1+, e quindi di granulociti, maggiore
nello scaffold rispetto al muscolo controlaterale [15]. Tra
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
le cellule staminali Sca1 positive sono presenti anche cellule staminali dal potenziale miogenico, ad esempio le
PICs [7], come dimostrato dalle analisi di citofluorimetria
e dall’espressione di PW1 [7]. Per attenuare la risposta
infiammatoria abbiamo effettuato trapianti con topi Nude
riceventi, tuttavia anche i topi atimici mostrano una risposta comparabile a quella del ricevente singenico di controllo. La scoperta più rilevante nei nostri studi è la presenza di fibre muscolari nascenti all’interno dello scaffold trapiantato. Possiamo inferire che il processo di miogenesi
nello scaffold sia dovuto a cellule staminali miogeniche
derivanti dal ricevente, poiché nessuna cellula sopravvive
al trattamento in SDS. Lo scaffold costituisce pertanto un
ambiente favorevole alla miogenesi, capace da solo di
indurre cellule miogeniche dell’ospite a differenziare, evidenziando le proprietà di nicchia della ECM del muscolo
scheletrico nella regolazione delle cellule staminali. Tutte
ATTIVITÀ SCIENTIFICA
21
queste considerazioni suggeriscono che lo sviluppo di
scaffold da muscolo scheletrico sia un promettente strumento nel futuro della medicina rigenerativa.
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L’inibizione del proteasoma modula
i livelli di espressione dell’inibitore del ciclo cellulare
p21CDKN1A in seguito a danno al DNA, senza alterare
la risposta apoptotica
Micol Tillhon1, Ilaria Dutto1, Ornella Cazzalini2, Lucia A. Stivala2, Ennio Prosperi1
2Dipartimento
1Istituto
di Genetica Molecolare CNR, Pavia;
di Medicina Sperimentale, Sez. Patologia generale, Università di Pavia, Italy
e-mail: [email protected]
Introduzione
Studi sui meccanismi impiegati dalle cellule per difendersi da lesioni al DNA indotte da agenti chimici e fisici
costituiscono un punto importante per capire come le
cellule che perdono tali capacità di difesa si trasformino
da normali a tumorali (1,2).
Negli ultimi anni, diverse ricerche hanno evidenziato che
proteine coinvolte nei checkpoints del ciclo cellulare e
nei processi di riparazione di danni al DNA possono colocalizzare a livello della lesione, indicando una stretta
correlazione tra i due processi (3,4,5). In tale panorama
risulta determinante comprendere il ruolo dei molteplici
fattori coinvolti nei meccanismi di riconoscimento e
riparazione di tali danni, tra cui quello dell’inibitore del
ciclo cellulare p21CDKN1A che svolge un ruolo importante anche nella regolazione della trascrizione e nel processo di morte cellulare programmata (6,7). Infatti, dati
recenti hanno evidenziato un’implicazione di p21 nei
meccanismi di riparazione di lesioni al DNA (8,9) e
dimostrato che una significativa degradazione dell’inibitore del ciclo cellulare avviene in presenza di elevati
livelli di danno (10), rendendo quindi l’intervento di p21
essenziale per il corretto funzionamento del macchinario
riparativo (11,12).
Recentemente sono stati sviluppati nuovi approcci farmacologici che possono influenzare i livelli di espressione della proteina p21, permettendo in questo modo di
contrastare la progressione tumorale; per esempio, molecole inibitrici delle istonedeacetilasi (HDAC) e del macchinario proteasomiale (13) sono in grado di produrre un
aumento dei livelli di espressione di p21, con conseguente blocco della crescita delle cellule trasformate (14,15).
Questi tipi di trattamento possono, comunque, essere
potenzialmente dannosi se combinati con le tradizionali
terapie chemioterapiche che inducono danni al DNA;
infatti, è stato dimostrato che elevati livelli di p21 possono inibire il processo apoptotico e consentire la riparaLettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
zione di lesioni al DNA, rendendo così le cellule cancerose poco sensibili ai trattamenti anti-tumorali.
A sostegno di quanto riportato, diversi studi hanno evidenziato che cellule difettive per p53 e/o p21 mostrano
una scarsa attività riparativa (16); sulla base di queste
ricerche, è stato ipotizzato un possibile ruolo di p21
all’interno del processo riparativo. Al contrario
un’inibizione di tale pathway è stata suggerita all’aumentare della concentrazione della proteina. Questa ipotesi è, inoltre, supportata dal fatto che p21 possa interagire con PCNA (Proliferating Cell Nuclear Antigen) altro
importante fattore coinvolto durante le fasi di replicazione e riparazione del DNA (17).
Dati più recenti forniscono ulteriori argomenti a supporto di un ruolo chiave di p21 per il corretto funzionamento del sistema di riparazione del DNA. Infatti, è stato
suggerito l’intervento di p21 nella regolazione dell’attività istoneacetiltransferasica di p300, co-fattore trascrizionale implicato in differenti processi cellulari, tra cui la
modulazione dello stato di condensazione della cromatina e coinvolgimento nel pathway riparativo. L’attività di
p300 è inibita dal legame con PCNA e l’intervento di p21
permette la dissociazione dei due fattori, rendendo p300
nuovamente libera ed enzimaticamente attiva (18). È
stato inoltre osservato che p21 è degradata attraverso il
pathway ubiquitina-proteasoma a seguito di danno al
DNA (19). Nonostante i numerosi dati riportati in letteratura riguardo a questi complessi meccanismi, gli effetti della regolazione dei livelli di espressione di p21
durante i processi riparativi, in particolare durante il processo per escissione nucleotidica (NER) sono ancora
poco chiari.
Nostri studi precedenti hanno dimostrato che gli inibitori delle HDAC non influenzano significativamente il
NER, mentre non risultano esserci chiare informazioni
riguardanti gli effetti degli inibitori proteosomiali sui
meccanismi di riparazione.
ATTIVITÀ SCIENTIFICA
23
In questo lavoro abbiamo, dunque, valutato se
l’induzione di elevati livelli di espressione della proteina
p21, da parte dell’inibitore proteasomiale MG132 (14),
possa compromettere l’efficienza di riparazione del
sistema NER e l’attivazione del processo apoptotico. È
stato, quindi, analizzato il reclutamento di p21 e di
PCNA a livello dei siti di danno al DNA e successivamente determinata l’efficienza del NER in fibroblasti
primari umani LF-1.
I nostri dati hanno così mostrato che trattamenti con
MG132 portano ad un accumulo delle proteine PCNA e
p21 a livello del sito di lesione. Tuttavia, l’efficienza riparativa del sistema NER risultava ridotta dopo inibizione
del proteasoma con conseguente aumento della percentuale di cellule apoptotiche.
Questi risultati suggeriscono che l’inibitore MG132 possa
compromettere la funzionalità del macchinario riparativo,
favorendo l’induzione del processo apoptotico, indipendentemente dalla presenza di alti livelli di p21.
Materiali e metodi
Colture cellulari e trattamenti
Gli esperimenti di seguito riportati sono stati condotti su
colture di fibroblasti primari umani LF-1, fornitici dal
Professor J. Sedivy (Università Brown, Providence,
USA).
Le cellule sono state coltivate in terreno E-MEM (con
l’aggiunta di: 10% FBS, 100 µg penicillina, 1% sodio
piruvato) in condizioni di sterilità, a 37°C ed in atmosfera umidificata al 5% di CO2.
I trattamenti con l’inibitore MG132 (Sigma/Aldrich)
sono stati condotti in terreno di coltura alla concentrazione finale di 25 µM.
L’irraggiamento dei campioni cellulari con luce UV-C
(0.5 J/m2/s), tramite lampada T-UV9 (Philips), è stato
effettuato 5 ore dopo trattamento con MG132; per ottenere lesioni localizzate in regioni puntiformi del nucleo,
ogni campione è stato irraggiato ponendo nella capsula
Petri di coltura un filtro di policarbonato (Millipore), con
pori di 3 µm di diametro. Dopo la radiazione, le cellule
sono state reincubate in terreno fresco (privo di inibitore
proteasomiale), a 37°C per differenti tempi di recupero.
24
Immunofluorescenza e analisi mediante microscopio a
fluorescenza
Fibroblasti LF-1 sono stati seminati su vetrino coprioggetto e trattati come precedentemente descritto. In seguito, dopo essere stati sottoposti a lisi ipotonica in situ
(tampone di lisi: 10 mM Tris-HCl; 2.5 mM MgCl2, 0.1%
Igepal, 10 mM β-glicerofosfato, 0.1 mM sodio ortovanadato, 0.2 mM PMSF) a 4°C per 8 minuti e successivo
lavaggio per 4 minuti in agitazione a temperatura
ambiente (tampone di lavaggio: 10 mM Tris-HCl; 2.5
mM MgCl2, 10 mM β-glicerofosfato, 0.1 mM sodio
ortovanadato, 0.2 mM PMSF), i diversi campioni cellulari sono stati sottoposti a fissazione in 2% formaldeide
ATTIVITÀ SCIENTIFICA
per 5 minuti e successivamente in 70% etanolo. Per il
saggio di immunofluorescenza i campioni sono stati
bloccati con PBA (PBS + 0.2% Tween 20 + 1% BSA) in
agitazione a temperatura ambiente per 20 minuti; successivamente si è passati alla colorazione con specifici anticorpi primari (anti-p21 policlonale prodotto in coniglio,
N-20, Santa Cruz; anti-p21 monoclonale prodotto in
topo, DCS60.2, Neomarkers; anti-PCNA monoclonale
prodotto in topo, PC-10, Dako) per 1 ora a temperatura
ambiente. I vetrini sono poi stati incubati con gli opportuni anticorpi secondari (coniugati con i fluorocromi
Alexa 488 o Alexa 594) per 30 minuti a temperatura
ambiente. La colorazione nucleare è stata poi ottenuta
tramite incubazione con Hoechst 33258 (0,1 µg/ml in
PBS) per 2 minuti in agitazione a temperatura ambiente.
Successivamente i vetrini sono stati montati su vetrino
portaoggetto con Mowiol (Calbiochem) per permettere
una maggior durata del segnale fuorescente.
Infine si è passati all’osservazione dei differenti campioni al microscopio a fluorescenza Olympus BX51.
Saggio di incorporazione di BrdU per lo studio della sintesi riparativa del DNA
Dopo esposizione a radiazione UV-C, campioni di fibroblasti LF-1, seminati su vetrino coprioggetto, trattati e
non con MG132, sono stati incubati per 3 ore a 37°C con
100 µM bromodeossiuridina (BrdU), per poi essere fissati in 70% etanolo. La colorazione è stata preceduta da
idrolisi acida (2N HCl per 30 minuti, 0.1 M sodio tetraborato pH 8.2 per 15 minuti), per permettere la denaturazione del DNA; i campioni sono poi stati bloccati con
PBA in agitazione a temperatura ambiente per 20 minuti, incubati con anticorpo primario monoclonale prodotto
in topo anti-BrdU, successivamente incubati con anticorpo secondario anti-topo marcato con Alexa 488 prodotto
in capra e in seguito incubati con secondario anti-capra
prodotto in asino (Alexa 488) per 30 minuti a temperatura ambiente. Si è poi passati alla colorazione del DNA,
come visto in precedenza, con Hoechst 33258 e al montaggio dei vetrini con Mowiol (Calbiochem).
Risultati
L’inibitore proteasomiale MG132 aumenta i livelli di
espressione della proteina p21.
Per confermare che l’inibitore proteasomiale MG132
possa indurre l’accumulo di p21 inibendo il normale turnover della proteina, sono stati analizzati, tramite saggio
di immunofluorescenza, campioni di fibroblasti primari
umani (LF-1) di controllo e campioni sottoposti a trattamento con MG132 (25 µM, per 5 ore). La colorazione è
stata effettuata tramite anticorpo primario monoclonale
diretto contro la proteina p21 e successiva incubazione
con opportuno anticorpo secondario anti IgG di topo
marcato con il fluorocromo Alexa 488.
Come si può osservare in Figura 1, dopo trattamento con
l’inibitore proteasomiale, l’espressione della proteina
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
Fig. 1. Analisi tramite saggio di immunofluorescenza dei livelli di espressione della proteina p21 in fibroblasti primari umani
LF-1; i campioni corrispondono a cellule non trattate (control)
e a cellule sottoposte a trattamento con l’inibitore proteasomiale (MG132). I campioni sono stati sottoposti a colorazione con
anticorpo policlonale diretto contro la proteina p21 (fluorescenza verde); la colorazione nucleare è stata ottenuta con
Hoechst 33258 (fluorescenza blu).
MG132 vi sia un accumulo di fattori del NER a livello
della regione danneggiata del DNA. Fibroblasti LF-1
sono stati sottoposti a trattamento con 25 µM MG132 e
successivamente irraggiati con UV-C (30 J/m2/s) con
l’ausilio di un filtro di policarbonato, in modo da creare
danno localizzato in piccole regioni nucleari; dopo radiazione le cellule sono state reincubate in termostato a
37°C al 5% CO2 per tempi di 30 minuti o 4 ore. In parallelo sono stati allestiti dei campioni di controllo non trattati con MG132, ma sottoposti alla medesima radiazione
e agli stessi tempi di recupero. Successivamente le cellule sono state sottoposte a lisi in situ, fissazione e incubate con anticorpi specifici per p21 e PCNA.
La Figura 2 evidenzia che, in cellule di controllo dopo
30 minuti dall’irraggiamento, sia p21 che PCNA risultano essere reclutate al sito di riparazione e che i loro livelli si riducono dopo 4 ore. Al contrario, in cellule sottoposte a trattamento con l’inibitore proteasomiale è possibile osservare elevati livelli delle due proteine dopo 30
minuti, che permangono anche dopo 4 ore dalla radiazio-
Fig. 2. Analisi tramite saggio di immunofluorescenza dei livelli delle proteine p21 e PCNA in fibroblasti primari umani LF-1 dopo trattamento con l’inibitore proteasomiale MG132 (25 µM). L’irraggiamento con radiazione UV-C è stato effettuato utilizzando un filtro di
policarbonato che permette di ottenere lesioni localizzate in regioni puntiformi del nucleo e il processamento dei campioni è avvenuto
dopo 30 minuti o 4 ore. L’osservazione al microscopio confocale ha permesso di valutare l’accumulo di p21 (fluorescenza verde) e PCNA
(fluorescenza rossa) dopo trattamento con MG132 ad entrambi i tempi; la co-localizzazione delle due proteine ai siti di danno è associata al segnale giallo mentre la colorazione con Hoechst 33258 (fluorescenza blu) ha permesso di identificare i nuclei.
p21 risulta aumentata, rispetto ai fibroblasti di controllo
che non hanno ricevuto il trattamento, in cui i livelli di
tale fattore risultano basali.
Questi dati preliminari sono stati utili per allestire saggi successivi che ci hanno permesso di analizzare se l’accumulo
di p21, indotto da trattamento con MG132, possa interferire con l’efficienza del processo di riparazione NER.
MG132 induce un accumulo persistente di p21 e PCNA
a livello dei siti di riparazione del danno al DNA
Studi di immunofluorescenza sono stati allestiti con lo
scopo di comprendere se in seguito a trattamenti con
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
ne; questi dati, quindi, indicherebbero che il trattamento
con MG132 induce un aumento dell’accumulo di p21 e
PCNA ai siti di riparazione dopo danno al DNA.
Effetto dell’inibitore MG132 sull’efficienza di riparazione del danno al DNA e sull’induzione del processo apoptotico
Per analizzare l’effetto dell’inibitore proteasomiale
MG132 sull’efficienza riparativa, sono stati allestiti
esperimenti di immunofluorescenza in modo da valutare
l’incorporazione di bromodeossiuridina (BrdU) a livello
del sito di danno al DNA .
ATTIVITÀ SCIENTIFICA
25
Campioni di fibroblasti LF-1 di controllo e campioni trattati con 25 µM MG132 sono, quindi, stati sottoposti a radiazione UV-C (30 J/m2/s) con l’ausilio di un filtro di policarbonato (che permettesse danno localizzato al DNA).
Successivmente è stata aggiunta BrdU (100 µM) al terreno di coltura e i campioni così trattati sono stati reincubati in termostato a 37°C per 3 ore (in assenza di
MG132). I campioni sono poi stati sottoposti ad idrolisi
acida (per permettere la denaturazione del DNA) e colorazione con anticorpo monoclonale anti-BrdU.
È possibile osservare in Figura 3 che cellule trattate con
l’inibitore proteasomiale mostrano una minore efficienza
riparativa, corrispondente ad una minore incorporazione
di BrdU in seguito ad esposizione a radiazione ultravioletta (44,5% di cellule positive alla colorazione); al contrario, cellule non trattate, ma esposte a luce UV-C sono
caratterizzate da una maggiore incorporazione di BrdU
(90,9% di cellule positive alla colorazione), dato indicativo di un’elevata sintesi riparativa.
Dato che il trattamento con MG132 compromette la fun-
te l’induzione di morte cellulare programmata in risposta
a danni al DNA.
A questo scopo fibroblasti LF-1 sono stati sottoposti a
trattamento con 25 µM MG132 per 5 ore dopo radiazione UV-C (10 J/m2/s); successivamente le cellule sono
state incubate in termostato a 37°C per 8 ore per poi essere fissate e colorate con Hoechst 33258. L’osservazione
al microscopio a fluorescenza ha poi permesso di effettuare dei conteggi rappresentativi del numero di cellule
apoptotiche, evidenziando che nei campioni irraggiati e
trattati con MG132 la percentuale di cellule in apoptosi
era maggiore rispetto ai campioni che avevano subito la
sola radiazione UV-C (Figura 4). È altresì interessante
osservare che il solo trattamento con la molecola MG132
è già in grado di indurre il processo di morte cellulare
programmata.
Discussione
L’importanza del ruolo di p21 in differenti processi cellulari, tra cui i sistemi di risposta a danni al DNA, ha
Fig. 3. Analisi dell’efficienza riparativa tramite saggio di incorporazione di BrdU in cellule LF-1 dopo trattamento con MG132 (25
µM). In seguito a irraggiamento con UV-C, cellule non trattate con l’inibitore proteasomiale (UV-C) mostrano una maggiore capacità riparativa (fluorescenza verde) rispetto a cellule precedentemente trattate con MG132 (UV-C+MG132). In grafico sono riportate le
percentuali relative all’efficienza riparativa dei due campioni con la relativa deviazione standard (n=2); la colorazione con Hoechst
33258 (fluorescenza blu) ha permesso di identificare i nuclei.
Fig. 4. Analisi dell’induzione del processo apoptotico dopo trattamento con MG132 (25 µM) in cellule LF-1. I differenti campioni
sono stati irraggiati con luce UV-C in presenza o assenza di trattamento con l’inibitore proteasomiale; sono stati preparati anche campioni non irraggiati trattati con MG132. Successivamente si è passati alla colorazione con Hoechst 33258 (fluorescenza blu) per
l’osservazione (tramite microscopio a fluorescenza) dello stato di condensazione della cromatina. In grafico sono riportate le percentuali relative alla frazione cellulare apoptotica presente nei diversi campioni.
26
zionalità del sistema riparativo e per capire se la presenza di elevati livelli di p21 (indotti dall’inibitore proteasomiale) possano inibire il processo apoptotico, sono stati
condotti specifici saggi volti a valutare morfologicamenATTIVITÀ SCIENTIFICA
favorito lo sviluppo di numerose ricerche su questo inibitore del ciclo cellulare.
I nostri esperimenti sono stati disegnati allo scopo di
verificare se la presenza di elevati livelli di espressione
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
della proteina p21, indotti in seguito a trattamenti con
l’inibitore proteasomiale MG132, potesse influenzare il
pathway riparativo, permettendo così di spiegare la presenza di questa proteina a livello dei siti di danno al
DNA; la scelta di utilizzare come inibitore proteasomiale la molecola MG132 deriva dal fatto che questa classe
di composti (come per esempio Bortezomib, Lactacystin
e Epoxymicin) è allo stadio di valutazione per possibili
impieghi nei trattamenti chemioterapici.
I nostri studi hanno permesso di analizzare che l’MG132
induce un significativo accumulo di p21 ed un’inibizione
del sistema di riparazione NER; è stato inoltre osservato
che in seguito a danno al DNA (causato da esposizione a
luce UV-C), dopo trattamento con MG132, elevati livelli di p21 non inibiscono il processo apoptotico, ma al
contrario, permettono l’attivazione del processo di morte
cellulare programmata, in modo più significativo rispetto alla condizione di solo irraggiamento.
Questi dati possono essere spiegati dal fatto che in seguito a trattamento con l’inibitore proteasomiale, l’accumulo di p21 avviene nel nucleo, mentre per avere inibizione del processo di apoptosi p21 dovrebbe essere localizzata a livello citoplasmatico (11).
Esperimenti di immunofluorescenza ci hanno permesso
di dimostrare che dopo trattamento con MG132 e irraggiamento UV-C, p21 e PCNA si accumulano a livello del
sito di lesione al DNA.
I risultati sopra descritti suggeriscono, quindi, che p21
possa svolgere un ruolo decisivo all’interno del macchinario riparativo, influenzando la corretta progressione del
sistema NER e che l’inibizione della degradazione proteasomiale possa inoltre favorire il processo apoptotico in
linee cellulari tumorali esposte ad agenti danneggianti il
DNA, compromettendo il processo di riparazione.
L’uso di inibitori della degradazione proteasomiale, in
associazione con agenti danneggianti il DNA, può quindi
essere una strategia promettente per il trattamento di neoplasie resistenti alle tradizionali terapie anti-neoplastiche.
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ATTIVITÀ SCIENTIFICA
27
News in Bibliografia
a cura di “Marty DV.”
Single-Cell Mass Cytometry Adapted to
Measurements of the Cell Cycle
Gregory K. Behbehani, Sean C. Bendall, Matthew R. Clutter,
Wendy J. Fantl, Garry P. Nolan
Cytometry A, DOI: 10.1002/cyto.a.22075
Mass cytometry is a recently introduced technology that
utilizes transition element isotope-tagged antibodies for
protein detection on a single-cell basis. By circumventing the limitations of emission spectral overlap associated with fluorochromes utilized ……. . Recently, a comprehensive mass cytometry analysis was described for
the hematopoietic differentiation program …… . The
current study describes approaches to delineate cell
cycle stages utilizing 5- iodo-2-deoxyuridine (IdU) to
mark cells in S phase, simultaneously with …… that
characterize the other cell cycle phases. Protocols were
developed in which an antibody …… was used to separate cells in G0 and G1 phases of the cell cycle. This
mass cytometry method yielded cell cycle distributions of
both normal and cancer cell populations …… . We
applied this to map the cell cycle phases of cells …… .
28
La citometria di massa utilizza la coniugazione di anticorpi con ioni metallo invece dei convenzionali fluorocromi.
Recentemente utilizzando la spettrometria di massa in
citometria è stato possibile aumentare il numero dei parametri/cellula da poter misurare. La “time of flight spectrometry è un metodo della spettrometria di massa in cui
gli ioni da analizzare vengono accelerati da un campo
elettrico di intensità nota.
Questa accelerazione dà ad ogni ione un’energia cinetica
proporzionale alla sua carica, ma indipendente dalla sua
massa. Viene quindi misurato il tempo che occorre alla
particella per raggiungere un rivelatore ad una distanza
conosciuta. Dato che la velocità dello ione dipende dal
rapporto massa/carica (le particelle più pesanti raggiungono velocità più basse), da questo tempo e dai parametri
sperimentali noti si può calcolare il rapporto massa/carica
dello ione. La single-cell-mass- cytometry è stata recentemente utilizzata per caratterizzare lo stato di signaling
in una frazione di cellule in campioni umani di midollo,
analizzando simultaneamente 34 parametri diversi, alcuni
NEWS IN BIBLIOGRAFIA
markers di superficie, altri relativi a segnali intracellulari.
In questo lavoro sono stati misurati numerosi parametri di
cinetica cellulari in popolazioni cellulari finemente caratterizzate per immunofenotipo, utilizzando sia anticorpi
legati ad ioni-metallo specifici per proteine che vengono
espresse dalle cellule nelle fasi del ciclo cellulare G0, G1,
G2 e mitosi, sia la 5-iodo-2-desossio-uridina (IdU) per
studiare le cellule della fase S. E’ stato utilizzato un anticorpo anti- Rb per valutare la frazione di cellule in G0
confrontando la metodica tradizionale che utilizza il
segnale fluorescente con la single-mass cytometry.
Questo lavoro segnala come la single–cell mass cytometry ha permesso di determinare proteine coinvolte nel
ciclo cellulare in modo sensibile e quantitativo in popolazioni cellulari eterogenee caratterizzate finemente dal
punto di vista fenotipico. In futuro, con la disponibilità di
nuovi reagenti (ioni-metallo), queste analisi potranno
essere estese per la determinazione di nuovi markers di
superficie o di proteine intracellulari coinvolte nella
sopravvivenza, la proliferazione, il metabolismo cellulare, la morte cellulare, la risposta al danno al DNA dopo
trattamento con farmaci antitumorali.
Eugenio Erba
Unità di Citometria a Flusso
Istituto Mario Negri, Milano
[email protected]
Flow cytometric evaluation of nanoparticles using
side-scattered light and ROS-mediated
fluorescence-correlation with genotoxicity.
Toduka Y, Toyooka T, Ibuki Y.
e-mail: [email protected]
Environ Sci Technol. 2012 Jun 15
… recently clarified that the side-scatter(ed) light (SSC)
of flow cytometry (FCM) could be used as a guide to
measure the uptake potential of nanoparticles …… the
method was improved …… uptake potential of nanoparticles and the production of reactive oxygen species
(ROS), and correlations with genotoxicity…… . In the
FCM analysis, SSC and fluorescence of DCFH-DA
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
based on ROS production were concurrently detected
…… nanoparticles. The ZnO and CuO nanoparticles
caused high ROS production, …….. suggesting that the
extent of ROS production based on the uptake of nanoparticles differed with each kind of nanoparticle…….. a
marker of DNA damage, …….. it possible to predict not
only uptake potential but also genotoxici
Gli Autori dell’Università di Shizuoka in Giappone propongono l’aggiornamento di un metodo che hanno
messo a punto, alcuni anni orsono, che permetterebbe la
valutazione del potenziale uptake, la produzione di ROS
e la correlazione con la possibile genotossicità di nanoparticelle; utilizzano il side-scattered e la fluorescenza di
DCFH-DA per monitorare gli effetti di alcuni ossidi
metallici come ZnO e TiO2 che sono stati e sono oggetto di numerosi studi di tossicologia, con metodologie
molto diverse; infatti è noto che ZnO ed altri ossidi posso
indurre la produzione di ROS.
L’articolo è strutturato con un testo ed un iconografia
molto chiari ed inizia con la descrizione delle attuali difficoltà per l’individuazione di un metodo di screening
standardizzato, per valutare la tossicità delle nanoparticelle e questo sembra dovuto alla difficoltà nel determinare con accuratezza le proprietà fisico-chimiche e biologiche delle particelle responsabili della tossicità.
Gli Autori descrivono nei risultati le correlazioni tra
uptake cellulare, produzioni di ROS e danni al DNA
indotti dalle nanoparticelle e concludono definendo questo metodo semplice e che può essere usato su cellule
vitali, come primo strumento per uno screening iniziale
di genotossicità di nanoparticelle. Risulterà interessante
leggerlo sia per i Colleghi che si occupano di nanoparticelle o comunque di effetti nocivi, ma anche ai più interessati a conoscere nuove metodologie citometriche.
Raffaele De Vita
[email protected]
Flow cytometric identification and functional
characterization of immature and mature
circulating endothelial cells.
Mund JA, Estes ML, Yoder MC, Ingram DA Jr, Case J.
Arterioscler Thromb Vasc Biol. 2012 Apr;32(4):1045-53.
In questo studio Mund e colleghi (Indianapolis) si sono
posti l’obiettivo di identificare e caratterizzare 2 popolazioni distinte di cellule endoteliali circolanti che
includono le endothelial colony-forming cell (ECFC, ad
oggi la popolazione cellulare di riferimento per la
definizione dei progenitori endoteliali), mediante citometria a flusso policromatica (PFC), saggi clonogenici,
selezione immunomagnetica e microscopia elettronica.
Sono state analizzate cellule mononucleate da sangue
cordonale umano e da sangue periferico, utilizzando
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
recentemente pubblicato PFC protocollo. È stata identificata una popolazione cellulare contenente sia progenitori endoteliali che cellule endoteliali circolanti mature
caratterizzata dall’espressione di CD34, CD31, e CD146
e dalla mancata espressione di AC133 e CD45. Queste
cellule (purificate con separazione immunomagnetica),
non sono in grado di formare colonie emopoietiche, ma
sono in grado di generare colonie endoteliali con le caratteristiche di ECFC.
La frequenza delle ECFC è aumentata nel cordone
ombelicale, mentre questi progenitori sono estremamente rari nel sangue periferico di soggetti adulti sani. Il
protocollo citometrico utilizzato in questo studio consente di individuare questi elementi cellulari di origine
endoteliale nel sangue periferico; viceversa, gli autori
producono evidenza che i più comuni protocolli di analisi citofluorimetrica utilizzati in letteratura identificano
preferibilmente vescicole extracellulari.
Matteo G Della Porta
[email protected]
Critical reevaluation of endothelial progenitor cell
phenotypes for therapeutic and diagnostic use
Fadini GP, Losordo D, Dimmeler S.
Circ Res. 2012 Feb 17;110(4):624-37.
Diversi subset di cellule progenitrici endoteliali
(Endothelial Progenitor Cells, EPC) sono utilizzati
attualmente in ambito sperimentale per il trattamento
delle malattie ischemiche, ed i livelli circolanti di EPC
sono considerati come biomarcatori clinicamente utili
nelle malattie coronariche e nelle arteriopatie periferiche.
Tuttavia, nonostante i significativi passi avanti fatti negli
ultimi anni nella definizione del loro potenziale in ambito diagnostico e terapeutico, ulteriori progressi sono resi
difficili da questioni irrisolte circa la definizione e il
meccanismo d’azione delle EPC. Infatti sono stati messi
a punto differenti metodi di coltura e diversi protocolli di
analisi citofluorimetrica per individuare e caratterizzare
le EPC, ma ad oggi non vi è unanime concordanza su
quale sia la popolazione cellulare identificata sulla base
di saggi clono genici e/o dell’espressione di marcatori
immunofenotipici che individui i veri progenitori endoteliali. Questo articolo rivedere criticamente i protocolli
più comunemente utilizzati per definire EPC (saggi
clono genici, citometria a flusso) finalizzati ad utilizzo
diagnostico e terapeutico, e delinea nuovi percorsi di
ricerca per migliorare le conoscenze sulla biologia EPC.
Matteo G Della Porta
[email protected]
NEWS IN BIBLIOGRAFIA
29
Seasonal variation in vitamin D₃ levels is paralleled
by changes in the peripheral blood human
T cell compartment
Khoo AL, Koenen HJ, Chai LY, Sweep FC, Netea MG,
van der Ven AJ, Joosten I.
[email protected]
PLoS One. 2012;7(1):e29250. Epub 2012 Jan 3.
30
Negli ultimo anni è emerso come la Vitamina D3 (Vit
D3) sia in grado di influenzare crescita, differenziazione
e funzione delle cellule del sistema immune innato ed
acquisito, in particolare i livelli di Vit D3 modulerebbero
la produzione di citochine infiammatorie. I risultati in tal
senso renderebbero interessante l’utilizzo della Vit D3 a
scopo terapeutico in malattie autoimmuni infiammatorie
Dato che la principale fonte di Vit D3 è la produzione
UVB-indotta, le variazioni di esposizione all’ultravioletto (UV) influenzano lo status ed i livelli di Vit D3 a tal
punto che una ridotta esposizione al sole e di conseguenza deficit dei livelli di Vit D3 sarebbero considerati fattori di rischio per lo sviluppo di malattie autoimmuni.
Uno dei target della Vit D3 è rappresentato dai linfociti T,
che esprimono il recettore per Vit D3, soprattutto quando
sono attivati. Inoltre numerosi lavori hanno dimostrato
che Vit D3 promuoverebbe il fenotipo Th2 e T regolatorio (Treg), a scapito delle componenti Th1 e Th17,
influenzando il coro di alcune patologie autoimmuni.
Sulla relazione tra Vit D3 e livelli di citochine infiammatorie come Il-17 e TNF-α, in letteratura esistono dati
contrastanti , probabilemte dipendenti dalle considerazioni che emergono da questo lavoro sulla variabilità del
comparto T infiammatorio a livello periferico a seconda
dell’esposizione ai raggi UV e di conseguenza ai livelli
di Vit D3. Inoltre altri autori hanno evidenziato che Vit
D3 svolge un ruolo importante anche sulla capacità di
homing dei linfociti T in vitro e nei modelli animali.
Questo articolo fornisce delle evidenze sulla dinamica
delle diverse popolazioni T nel distretto periferico in
relazione ai cambiamenti fisiologici dello status di Vit D3
in vivo a seconda dei livelli valutati nelle diverse stagioni dell’anno del metabolita 25(OH) D3, che è il metabolita che meglio riflette lo status di Vit D3.La prima osservazione degli autori è proprio la variabilità dei livelli
serici registrati in una coorte di pazienti che ricevano lo
stesso numero di ore di esposizione alla luce solare ed ai
raggi UVB, con picchi significativamente superiori in
estate rispetto all’autunno , e questo possiamo ritenerlo
un risultato atteso. Da questa evidenza gli autori hanno
preso lo spunto per analizzare il pool periferico dei linfociti T in termini di profilo memory-naive, funzione,
homing.
Per quanto riguarda il primo punto, non mi trovo
d’accordo con gli autori dell’articolo sulla definizione
della componente T memory o naive sulla semplice
espressione delle due isoforme del marcatore CD45
(CD45RA o CD45R0), in quanto è ormai evidente che
NEWS IN BIBLIOGRAFIA
c’è una transizione dei linfociti T memoria da CD45R0 a
CD45RA, in seguito a stimolazioni antigeniche croniche
(come quelle che potrebbero essere presenti in un contesto autoimmune con presenza continua di auto antigeni),
quindi la popolazione CD45RA potrebbe contenere sia
linfociti T naive sia cellule terminal-effector memory.
Per una più fine discriminazione è necessario l’utilizzo
combinato del marcatore CD45RA con il recettore chemochinico CCR7. Comunque , secondo gli autori, è presente nella loro coorte uno shift a favore della componente TCD4+CD45RA+ in inverno ed autunno sia nella
sottopopolazione TCD4+ sia TCD8+ intermini percentuali, ma non in termini assoluti. Questo aggiunge un
ulteriore elemento a favore dell’estrema plasticità della
popolazione T, che al suo interno si modifica, pur non
cambiando in numero assoluto; sulla base delle informazioni che gli vengono trasmesse dall’immunità innata.
Infatti, l’immunità innata è la vera interfacie tra gli agenti patogeni che circolano nell’ambiente e l’immunità T,
ed anche a questo livello ci sono numerosi lavori che
riportano l’influenza di Vit D3 e l’espressione e funzione dei loro recettori come i Toll like receptors.
Relativamente al braccio regolatorio T, i livelli di
25(OH) D3 sembrano correlare direttamente con una
migliore funzione soppressiva, piuttosto che ad un incremento del numero assoluto. Questo potrebbe dipendere
da una maggiore espressione del marcatore nucleare
Foxp3 e come suggerito da altri autori da un’influenza di
Vit D3 sulla progressione nel ciclo cellulare delle Treg.
Dal punto di vista funzionale, gli autori riportano effetti
inibitori da parte di 25(OH) D3 sulla frequenza dei linfociti che producono citochine infiammatorie, come IFN-y,
IL-17 e IL-2 in linea con altri dati in vitro e nei modelli
animali. Per quanto riguarda le proprietà di homing, i
risultati sono a favore di una maggiore espressione di
recettori chemochinici responsabili della migrazione
verso cute, intestino ed organi linfoidi indotta dai livelli
di Vit D3 sui TCD4+ compresi i linfociti Treg.
Quindi, in conclusione, i risultati riportati in questo lavoro suggeriscono che i livelli sierici di Vit D3 influenzerebbero l’omeostasi del comparto T e le caratteristiche di
homing. Ma dato che i livelli di Vit D3 possono dipendere da altri fattori, che potrebbero dipendere in parte da
variazioni stagionali (come alcuni ormoni e corticosteroidi), saranno necessarie ulteriori indagini e verifiche
per quali di questi fattori abbia in definitiva un ruolo
sull’omeostasi T.
Daniela Fenoglio
[email protected]
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
Viaggiando per convegni
a cura del “Viaggiatore”
EREMO SS. SALVATORE AI CAMALDOLI
IN NAPOLI
Suore dell’Ordine di S. Brigida
Siamo tornati viaggiando per convegni o meglio per il Consiglio
Scientifico della prossima Scuola Nazionale di Citometria e per il
Consiglio Direttivo sulla meravigliosa collina, che ha già ospitato,
in diverse occasioni, gli Amici e Colleghi del GIC: l’Eremo SS.
Salvatore ai Camaldoli in Napoli; fondato nel 1585, la struttura si erge sulla omonima collina dei Camaldoli e si affaccia tra
il Golfo di Napoli ed i “fumanti” Campi Flegrei, da Capri e Punta Campanella, fino a
Capo Miseno e poi a Procida e poi a Ischia; nelle giornate di tramontana si può scorgere persino Ventotene. Il complesso monastico rispecchia i canoni dell’architettura
cinquecentesca del tardo rinascimento campano; è stato sede, per 400 anni, dei
benemeriti Monaci Camaldolesi, che con la loro vita eremitica e cenobitica, hanno
dato al luogo un’impronta ascetica, mistica e serena, che si avverte ancora oggi. Le
Suore dell’Ordine di S. Brigida, che hanno la loro casa madre nella bellissima piazza Farnese di Roma, sono
impegnate principalmente nell’Ecumenismo, custodiscono e curano l’Eremo dopo che gli ultimi Monaci si
sono trasferiti alla Casa Madre di Camaldoli in Toscana. L’Eremo, le sue mura, i viali, i giardini, la sua aria,
sono permeati dal sereno fascino germogliato dalla fusione della bellezza austera del convento camaldolese, con la cura, squisitamente
femminile, che vi dedicano le Suore Brigidine.
L’antica foresteria principale offre stanze ampie e confortevoli e particolarmente curate, mentre hanno una specifica e affascinante personalità, le “celle a schiera” dei monaci, che si affacciano su di un proprio piccolo giardino, ognuno diverso dall’altro, per le piante ed i fiori,
che vi prosperano e ognuna con il suo grazioso pozzo/cisterna in pietra. Il lungo viale che costeggia queste antesignane delle villette a
schiera, confina sull’altro lato con l’orto, ricco di tutti gli ortaggi di stagione, affidato alle cure, sagge di antica sapienza tramandate tra le
generazioni, di Mario, amabile e
solare persona che ha profonde radici nella collina dei Camaldoli; il viale si conclude con un terrazzo paronamico
“mozza fiato”! Non mancate di visitare la Chiesa barocca, ha dipinti e affreschi di importanti pittori del XVII° secolo, come Luca Giordano, Massimo
Stanzione, Andrea Mozzilli e Federico Barocci.
Siamo sicuri che la Madre Superiore Suor Fabia, la sua più stretta collaboratrice Suor Anita e tutte le Consorelle, accoglieranno sempre con cordialissima semplicità gli Amici e Colleghi del GIC che, per lavoro o per vacanza, trascorreranno qualche giorno a Napoli o nei suoi dintorni, anche solo per una
visita o meglio ancora per una gradevolissima e serena pausa nel nostro
viaggiare……
EREMO SS. Salvatore - “Suore di Santa Brigida” - Via dell’Eremo 87, Camaldoli, 80131 Napoli
Tel 081 5872519 / 5875807, Fax 081 5876819 –
e-mail: [email protected]
http://www.brigidine.org/brigidineorg/default.aspx?idt=146
Lettere GIC Vol. 21, Num. 1 - Aprile 2012
VIAGGIANDO PER CONVEGNI
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