conquiste - CISL Scuola Ravenna

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conquiste - CISL Scuola Ravenna
conquiste dellavoro
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Anno 65 - N. 221/222
SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
Quotidiano della Cisl fondato nel 1948 da Giulio Pastore ---------- ISSN 0010-6348
www.conquistedellavoro.it
VIA PO
CULTURA
Il significato attribuito
ai colori nelle diverse
culture è legato alle
consuetudini sociali,
è un fatto culturale e non
naturale. Di naturale c’è la
semplice capacità
dell’occhio e del cervello
umano di percepirli...
nell’inserto centrale
Paganica, recupero Teatro Tenda
con la raccolta fondi di Cgil Cisl Uil
U
n milione e ottocentomila euro raccolti grazie alla sottoscrizione
promossadaCgilCislUil,aseguitodelterremotochecolpìl’Abruzzo nel 2009, e da investire per la bonifica e la ristrutturazione per il
recupero funzionale del Teatro Tenda di Paganica, importante centro
polivalentediaggregazionesocialechehasubitonotevolidanniecrolli. E’ quanto prevede l’accordo tra i sindacati e il comune dell’Aquila
che verrà formalmente sottoscritto e presentato in un’iniziativa pubblicamercoledìprossimopressoilComunediL’Aquila.Presentiisegretari organizzativi di Cgil Cisl Uil - Scudiere, Mezzio e Barbagallo - insieme ai segretari regionali e territoriali, e il sindaco de L’Aquila Cialente.
Tragedia di Lampedusa. Cgil Cisl Uil proclamano per l’11 ottobre una giornata di mobilitazione nazionale
FermiamolestraginelMediterraneo
C
gil, Cisl e Uil hanno proclamato per
l’11 ottobre una giornata di mobilitazione nazionale “Fermiamo le stragi
nel Mediterraneo” per chiedere “una diversa politica in materia di immigrazione e asilo»”. La giornata si svolgerà con iniziative
che verranno definite a livello territoriale.
“La tragedia di Lampedusa - scrivono i sindacati - si aggiunge a decine di altre che si
sono consumate negli ultimi anni e che sono costate la vita ad oltre ventimila perso-
ne: esseri umani che hanno lasciato il loro
Paese fuggendo da guerre e persecuzioni o
alla ricerca di una vita migliore”. I sindacati
chiedono di “realizzare un piano per la costruzione di un efficace sistema di accoglienza, anche attraverso l’impegno della
Ue, che non può esimersi dalla responsabilità di sostenere una delle più importanti
frontiere europee nel Mediterraneo”.
Visentini e Cilento a pagina 3
Antonio Merloni
Nel giorno del suo pellegrinaggio
ad Assisi Papa Francesco
incontra i lavoratori
Di Schino a pagina 2
Il piano Air France:
(Al)Italia
in secondo piano
Telecom,
sindacati
in pressing.
Il nodo
della rete
Carbosulcis.
Regione
e sindacati
divisi sul futuro
della miniera
D’Onofrio a pagina 14
Martano a pag. 13
P
rosegue la mobilitazione dei lavoratori Inps,
indetta dalle federazioni
del pubblico impiego di
Cgil Cisl Uil e Cisal. Dopo le
assemblee in tutte le sedi
dell’ente, ieri sit-in e manifestazioni. Una mobilitazione, spiegano Cisl-Fp,
A
ir France si appresta a dare il colpo
finale, “ma è uno scontro tra sistemi
paese: la pubblica Air France sta per
uccidere la privata Alitalia”. Così il
segretario generale della Fit Cisl Giovanni Luciano valuta gli scenari che si stanno delineando. E definisce “scoperta dell’acqua calda” le ipotesi sul piano lacrime e sangue che
Air France sta preparando contestualmente
all’acquisizione della compagnia di bandiera
italiana. Indiscrezioni giornalistiche parlano
di 4 mila esuberi e del ridimensionamento
dell’hub di Fiumicino (“informazioni errate”,
assicurano fonti francesi). “Che Air France
abbia da tempo relegato ad un ruolo secondario nell’alleanza il partner Alitalia è un fatto arcinoto”, osserva Luciano, per il quale
“oggi qualcuno scopre che Alitalia è condannata ad essere una compagnia domestica,
esposta alla concorrenza delle low cost e senza prospettive sul lungo raggio. Gli allarmi
del sindacato sono stati fatti cadere sistematicamente nel vuoto dalla sordità del ministro dei Trasporti di turno”. Lunedì pomeriggio nuova riunione a Palazzo Chigi su Alitalia
tra Governo e vertici della compagnia.
Inps, prosegue mobilitazione dei sindacati
Fp-Cgil, Uil-Pa e Fialp-Cisal, “lanciata per scongiurare il rischio di una riduzione del livello dei servizi
che l’Inps ha sinora garantito anche grazie al finanzia-
mento di quei ’progetti
speciali’ che la bocciatura
del piano di riduzione della spesa varato dall’Istituto sta seriamente mettendo in discussione e per evi-
tare l'ennesimo colpo alle
buste paga”. Dunque, “occorre fare oggi la riorganizzazione che è mancata nel
momento della creazione
del cosiddetto super Inps.
Proposte che il sindacato
avanza da tempo: un piano di organizzazione, valorizzazione del personale,
innovazione nelle procedure e nei servizi. Interventi
indispensabili per ampliare e migliorare l'offerta di
servizi ai cittadini”.
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SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
Istat: cuneo fiscale I
assorbe 46%
costo del lavoro.
Lunedì sera
il confronto
Letta-sindacati
l cuneo fiscale assorbe ormai quasi la
metà del costo del lavoro. Lo rileva l’Istat. La differenza tra il costo sostenuto
dal datore di lavoro e la retribuzione netta del lavoratore (con riferimento ai dati
del 2010) è pari in media al 46,2%, ovvero a 14.350 euro: i contributi sociali dei
datori di lavoro ammontano al 25,6% e il
restante 20,6% è a carico dei lavoratori.
Il report dell’Istat indica che, stando
sempre agli ultimi dati aggiornati
(2010), il valore medio del costo del lavoro è di 31.038 euro all'anno, mentre la
retribuzione netta che rimane a disposizione del lavoratore è di soli 16.687 eu-
attualità
A
ssisi (nostro servizio). Un incontro
che per un giorno
ha sciolto l’angoscia che accompagna da
troppo tempo i lavoratori
dello stabilimento di Gaifana. Angelo Commodi, Rsu
dell’Antonio Merloni, non
avrebbe mai creduto che la
preoccupazione e il disagio
di essere senza lavoro, ormai da troppo tempo, un
giorno l’avrebbero portato
di fronte al Papa. A raccontare tutto questo al Santo
Padre.AngeloCommodi,infatti,assiemeagli RsuLuciano Recchioni della Fiom e
Rosa Di Ronza della Uilm, è
stato scelto per formare
unadelegazione.Ladelegazione che si sarebbe trovata di fronte a Papa Francesco, in visita ieri ad Assisi.
Unadelegazionechehaportato all’attenzione di Sua
Santità, tra le altre povertà
e i diversamente abili che
hanno trovato rappresentanza presso la Sala della
SpogliazionediAssisi,lavertenza Merloni. E, con essa,
la crisi che ha colpito l’interaregione. Quella diAngelo
èstataun’occasionespeciale per dare visibilità a quella
che ormai è storia quotidiana. Ovvero, la mancanza di
lavoro, la delocalizzazione,
lerispostedapartedelleistituzioni che stentano ancora ad arrivare. Intanto, i lavoratori e le proprie famiglie non ce la fanno più attendere.
Ecco quindi simboli come la
maglietta JP, regalata al Papa assieme a un quadro di
ceramica di gualdese, a raccontare un bisogno di speranza che ancora permane.
Che viene colta dallo sguardo del Papa e riflessa nel
cuoredichihapauradeldomani. Paura di non essere
ascoltato, di vedere disilluse legittime speranze, prospettive di vita dignitosa.
Angelo, assieme ai suoi colleghi, ha trovato conforto e
solidarietà. Attimi intensi e
fugaci, che non risolvono
ma aiutano a sopportare
una condizione che viene
vissuta costantemente come una Spada di Damocle.
Agli intensi momenti tra-
ro, poco più della metà (53,8%). Tutto il
resto è assorbito dal famoso cuneo, ossia la somma dell’imposta personale sul
reddito da lavoro dipendente, dei contributi sociali del lavoratore e dei contributi posti a carico del datore di lavoro, corrispondente appunto al 46,2% del costo
del lavoro.
Il cuneo fiscale e contributivo colpisce
soprattutto il Nord-Ovest del Paese,
mentre risulta più leggero nel Mezzogiorno.
Nel Nord-ovest le tasse inghiottono ben
il 47,1% del costo del lavoro, invece al
Sud e nelle Isole la fetta scende al
44,4%.
Analizzando i diversi settori, i valori più
bassi si registrano per l'agricoltura, mentre la quota più alta, pari ad oltre la metà
del costo del lavoro (50,4%), si rileva per
i dipendenti del comparto attività finanziarie e assicurative.
Un peso enorme, dunque, sia per le imprese che per i lavoratori. Un peso che il
premier, durante il discorso per la fiducia tenuto in Parlamento mercoledì, ha
annunciato di voler alleggerire. Il tema
sarà al centro del confronto che Letta e
sindacati avranno lunedì per discutere
di legge di stabilità.
Ieri ad Assisi l’incontro tra Francesco e tre Rsu della fabbrica umbra, simbolo della crisi di un’intera regione
IldrammaMerloni
raccontatoaunPapa
scorsi di fronte al Papa, si è
aggiunto il pranzo presso la
Caritas che ha permesso alla delegazione della Merloni di scoprire un senso di famiglia. Un gesto semplice
che rimarrà indelebile nella
memoria di chi ha respirato
attimiintensi.Diconsolazione.
“Pensieri, emozioni e parole che potranno solo essere
ordinati nei prossimi giorni.
Quando mi renderò veramente conto di quello che
hoavutol’onoredi viverein
questa giornata”. Ha commentato Angelo Commodi,
poco dopo aver incrociato
lo sguardo di Papa Francesco.
Nella lettera consegnata al
Papa i lavoratori della Merlonihannodescrittol’intensità del loro abbraccio a chi,
anche grazie alla presentazione del vescovo Sorrentino, ha saputo attraverso il
proprio ascolto, essere accoglienteesolidaleattraversounasemplicitàdisarmante. Nella lettera dei lavoratoriexMerloniincassaintegrazione e dipendenti JP è
stata descritta la realtà produttiva più grande del territorio. “Mille lavoratori - è
possibile leggere - con prospettive molto incerte, con
un’età media superiore ai
40anni”.Quindi,negliocchi
enelleparolediquestilavoratorilaconsapevolezzadel
pericolo di essere esclusi da
un mercato del lavoro che li
ritiene troppo giovani per
poter andare in pensione e
troppo anziani per le poche
aziende che assumono.
“Siamo, o meglio rischiamo
di essere stati - continuano
-lapiùgranderealtàproduttiva di questa fascia appenninica. Una fascia appenninica a cavallo tra Umbria e
Marche con 70 mila abitanti e dove già abbiamo perso
3 mila posti di lavoro, dopo
aver subito nel 1997 un terremotodurissimo dalquale
ci siamo faticosamente rialzati”.Poi, ladescrizione dellatragediaquotidianaedella disperata ricerca di lavoro. Di dignità. “La crisi eco-
nomica-sottolineanoilavoratori al Papa - che colpisce
duramente le condizioni di
noi lavoratori, che rischiamo di non avere futuro, è
nei fatti un secondo terremotodopoquellodel1997.
Noi vogliamo reagire e costruire il futuro, che passa
attraversoladignitàeillavoro. Perché come Lei stesso
ha sottolineato nel recente
incontro in Sardegna, non
c’èdignità senza lavoro”. Le
richieste dei lavoratori sono essenziali quanto necessarie: dare massima visibilità alla vertenza, contribuire
allarimozionedegli ostacoli
per la ripresa dell’attività, la
proroga della cassa integrazionechescadràtra40giorni, ossia il prossimo 13 novembre”. Ilrischio paventato dai lavoratori stessi è
quello della coesione sociale di tutta la fascia appenninica.“Lanostramobilitazio-
ne-hannoconclusoilavoratori - è per il lavoro, i diritti e
la dignità. Siamo convinti
chenonc’èfuturoperl’Umbria,perl’Italia e per il mondosenonsiconiuganolavoroedignità.Questoèilmessaggio di vita che lanciamo.
Questa terra francescana
getta questo seme nella sicurezza che possa essere
raccolto e fatto vivere. Grazie Papa Francesco".
Livia Di Schino
Pubblico impiego. Cisl, Cgil e Uil chiedono un incontro urgente con il presidente del Senato
Salva-precari,sindacati
inallarmeperildecreto
indacati in allarme per il futuro del decreto salva-precari. I segretari generali del pubblico impiego di Cisl Fp, Fp Cgil e UilPa manifestano la
loro preoccupazione sull’andamento della discussione parlamentare del provvedimento che riguarda la pubblica amministrazione. Le posizioni che si
vanno delineando rischiano, secondo i sindacati, di
peggiorare ulteriormente un provvedimento che le
tre sigle avevano già proposto di migliorare attraverso la presentazione di propri emendamenti.
Oltre alla situazione di “estremo disagio dei dipendenti a tempo determinato il cui futuro rimane avvolto nell’incertezza”, costretti a “mortificanti attese di periodiche proroghe”, i sindacati sottolineano
che “la mancata adozione di un provvedimento
davvero efficace di stabilità del rapporto di lavoro
comporterebbe il concreto rischio di impedire l’erogazione di servizi essenziali da parte delle pubbliche amministrazioni”. In migliaia di casi, infatti,
questi lavoratori sono inseriti organicamente nella
quotidiana attività delle pubbliche amministrazio-
S
ni.
L’ennesima emergenza occupazionale, che Cgil, Cisl e Uil vogliono evitare si vada ad aggiungere a
quelle purtroppo già in essere, “si accompagnerebbe quindi ad una estesa contrazione dei servizi ai
cittadini e alle imprese, proprio in un momento in
cui occorre produrre invece il massimo sforzo per
un rilancio generale”. L’emanazione di un solido impianto legislativo, per la progressiva immissione
nei ruoli ordinari delle amministrazioni pubbliche
dei dipendenti, in servizio con contratto non a tempo indeterminato, deve quindi rappresentare “l’occasione per giungere al superamento del precariato, così da riportare il Paese ad una normale e più
fruttifera gestione delle proprie risorse umane”.
Per questi motivi i sindacati hanno chiesto un urgente incontro al presidente del Senato, Piero Grasso, e ai capigruppo di Palazzo Madama e sollecitano un rapido intervento del Governo già durante
l’iter parlamentare “per riportare dentro l’alveo
delle soluzioni fattive e con i tempi adeguati le risposte alle problematiche dei lavoratori precari”.
nel sistema delle Pmi metalmeccaniche. A fine luglio la Fiom Cgil aveva siglato da sola un accordo di
rinnovo con la Confapi, senza però incassare l’adesione e la firma dei restanti due sindacati metalmeccanici. La segreteria confederale della Cisl ha commentato positivamente questo rinnovo, poiché “si
tratta di una ottima intesa che valorizza il ruolo del
sindacato modernizzando ed innovando le relazioni
industriali e sindacali, portando consistenti vantaggi salariali e sul piano del welfare integrativo ai lavoratori”.
Continuano invece le mobilitazioni per sollecitare i
rinnovi: oltre al settore della Gomma Plastica, anche per i sindacati dell’Edilizia è iniziata la protesta.
Lo ha deciso l'assemblea nazionale dei lavoratori visto che il contratto è scaduto da 9 mesi e restano
distanti le posizioni tra le parti.
Vertenze. Si è conclusa positivamente la vertenza
Bridgestone, lo stabilimento di Bari non chiuderà
grazie all’accordo raggiunto al ministero dello Sviluppo Economico. Il sito produttivo resterà quindi
operativo e garantirà la produzione di pneumatici.
Grazie alla sinergia tra sindacati, azienda e istituzioni è stato possibile trovare le soluzioni per ridurre i
costi del lavoro e dell'energia e introdurre percorsi
di formazione continua per i lavoratori.
Anche all’Ilva di Taranto è ripresa regolarmente l'attività dell'acciaieria, mentre il Governo ha comunicato che estenderà per tutto il 2014 la Cigs per i lavoratori di Termini Imerese.
Continua invece la mobilitazione per i lavoratori dell’Ansaldo, vista la probabile cessione di tre aziende
dei settori Energia e Trasporti di Finmeccanica; anche contro la privatizzazione della Telecom non si
fermano le proteste, mentre venerdì si è svolta una
manifestazione in difesa della Lucchini che ha visto
la partecipazione dei segretari generali Bonanni, Camusso e Angeletti.
Sette Giorni
conquiste del lavoro
di Rebecca Argento
N
azionale. Dopo un’intesa settimana politica,
tra crisi di governo e dimissioni, il Governo
Letta ce l’ha fatta e ha incassato la fiducia al
Senato e alla Camera. Un risultato di responsabilità
richiesto a gran voce dalle parti sociali che nei giorni
scorsi sollecitavano l’apertura di un tavolo di confronto con i sindacati. E così sarà, visto che il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha convocato i segretari generali per un incontro lunedì prossimo sulla legge di stabilità. Cgil, Cisl e Uil, che nelle giornate
di sabato e domenica hanno previsto volantinaggi
nelle piazze, punteranno su una legge che riduca il
livello di tassazione su lavoratori, pensionati e imprese che investono e assumono, in modo da far ripartire l’economia, l’occupazione e gli investimenti.
Contrattazione. Novità importanti per i metalmeccanici delle piccole e medie industrie: la Fim Cisl e la
Uilm Uil hanno sottoscritto un accordo con la Confimi, organizzazione di rappresentanza maggioritaria
3
SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
in calo i prezzi delle case. Nel secondo trimedi energia elettrica a settembre, pari a
Istat. Ancora
Terna. La26,1richiesta
stre 2013, sulla base delle stime preliminari, l’indimiliardi di kWh, è diminuita del 2,6% rispetto a
dei prezzi delle abitazioni (Ipab) acquistate dalle
settembre 2012. Lo rende noto Terna precisando che,
Prezzi cefamiglie
sia per fini abitativi sia per investimento regidepurata dall'effetto calendario, la variazione della
Consumi
domanda elettrica diventa -3,2%.
stra una diminuzione dello 0,6% rispetto al trimestre
e del 5,9% nei confronti dello stesso perioRispetto a settembre dell'anno scorso, infatti, a froncase precedente
elettricità
do del 2012. Lo rileva l'Istat, aggiungendo che con
te di una temperatura media mensile pressochè invaquello
del
secondo
trimestre,
i
cali
congiunturali
sono
si è avuto un giorno lavorativo in più (21 contro
ancora sette consecutivi, ma la loro ampiezza, dopo la dimigiù riata,
20).
registrata nel quarto trimestre del 2012
9 mesi 2013 la domanda è scesa del 3,7% rispetto
in calo nuzione
del 3,2% Nei
(-2,2%), si va riducendo (-1,5% nel primo trimestre
al corrispondente periodo del 2012.
-0,6% nel secondo).
mese di settembre la domanda di energia elettridel 5,9% 2013,
in mese Nel
Su base annua, invece, la flessione è la sesta consecutica è stata soddisfatta per l'89,1% con produzione nama la dinamica tendenziale mostra segni di stabilize per la quota restante (10,9%) dal saldo dell'
su 2012 va,zazione
settembre zionale
(-5,9% da -6,0% del trimestre precedente).
energia scambiata con l'estero.
La Ces si indigna per le migliaia di morti lungo il confine sud del Vecchio Continente, ma il problema sono i governi nazionali
dibattito
StragediLampedusa,cosapuòfarel’Ue
conquiste del lavoro
L
e tragedia delle morti
nel Mediterraneo è
uno sfregio alla civiltà
europea. La Ces si indigna per le migliaia di morti
che avvengono lungo i confini dell’Europa sul lato italiano, maltese, spagnolo, greco.
Il sindacato europeo si rivolge alle istituzioni europee:
abbandonate le ossessioni
repressive dell’immigrazione clandestina che portano
ai respingimenti in mare e alla rinuncia ad assistere i naufraghi. Abbandonate il principio per il quale ogni segno di
benevolenza per le vittime è
interpretato come indulgenza per chi sfida il mare o gestisce i maledetti viaggi della
speranza.
La Ces da anni cerca di spiegare che la lotta contro i mercanti di esseri umani è sacrosanta ma non può esimere i
governi dal tutelare con ogni
mezzo il diritto alla vita e alla
dignità delle persone.
Occhi puntati sull’Europa,
quindi. Ma senza ipocrisie.
La volontà dell’Europa è la
volontà dei governi nazionali. Gli spazi di azione concessi
alla Commissione europea e
alle sue agenzie (es. Frontex)
sono gli spazi loro attribuiti
dal governo greco, italiano,
spagnolo, tedesco ecc.
La politica comune dell’immigrazione è recente e per questo gli ambiti di azione delle
istituzioni europee sono limitati. Il Parlamento europeo
ed il Comitato economico e
sociale si sforzano di porre al
centro delle politiche comunitarie la tutela della vita
umana. Ma si scontrano contro la volontà del co-legislatore: il Consiglio, ovvero i governi nazionali.
La trasparenza nelle stanze
del Consiglio dei ministri è
quasi nulla. Sarebbe interessante sapere come vota il governo italiano in materia di
immigrazione, quali proposte avanza e quale impegno
profonde per creare consenso.
Questa estate il Parlamento
europeo ha adottato un pacchetto di norme in materia
di asilo e protezione dei rifugiati. Una riforma modesta
ancora una volta annacquata dall’atteggiamento degli
stati membri. I limiti di questo pacchetto sono due. Il primo è di insistere sulla non
trasferibilità dei fuggitivi. Solo il 30% delle richieste di trasferimento dell’immigrato
ad altro stato membro va a
buon fine. In tal modo gli stati più esposti ai flussi irregolari non possono contare sull’aiuto degli altri stati. Il secondo è di subire il bilancio
comunitario e quindi rassegnarsi all’insufficienza di risorse a disposizione delle
strutture comuni per l’immigrazione, compreso Frontex.
Il problema dei viaggi della
speranza è veramente europeo. La situazione in Grecia è
talmente grave da aver spinto la Corte di giustizia europea ad ammettere che il territorio greco è un angolo di
Europa in cui non vi è garanzia del rispetto dei diritti
umani. La Commissione europea ha di fatto messo sotto
tutela la Grecia per il controllo delle sue frontiere con la
Turchia. Ma non è certo questa la soluzione.
Si tratta piuttosto di rivedere le norme che pemettono
di evitare le morti in mare, introducendo principi nuovi
quali:
l’introduzione del divieto di
respingimento delle imbarcazioni di immigrati e sostituirlo con un obbligo all’assistenza dei naufraghi;
eliminare con regolamento
europeo ogni forma di reato
legato all’assistenza in mare
delle imbarcazioni con immigrati;
creare dei centri di accoglienza Europei “aterritoriali” in
modo da gestire con strumenti comuni (es. tramite
Frontex) le procedure di accoglienza, di identificazione,
di valutazione delle domande di asilo, di rimpatrio, di
riascio dei permessi di soggiorno o di trasferimento verso gli stati secondo i criteri
del Regolamento di Dublino;
attribuire risorse aggiuntive
alle istituzioni europee per
le politiche dell’immigrazione.
Si tratta di punti forti perché
segnano il ritorno a politiche
dell’immigrazione fondate
sul rispetto dei diritti umani
universalmente riconosciuti.
La Ces ha l’autorevolezza per
farsi portatrice di proposte
di tal guisa. Alleanze con il
mondo della società civile e
della Chiesa, attivissimi a
Bruxelles, possono esercitare una pressione sulle istituzioni comunitarie. Nel frattempo, queste proposte devono avere delle gambe nazionali ed i governi nazionali
vanno sollecitati sul piano
della trasparenza e della responsabilità quando agiscono nel Consiglio europeo.
Luca Visentini
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SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
Lunedì 7 ottobre alle 18, presso
il Circolo dei Lettori di Torino,
Hans Joas, tra i massimi
rappresantanti
della filosofia sociale, ospite
della Scuola di Alta
Formazione Filosofica di Torino
terrà una lezione magistrale
intitolata Potere politico
e interpretazione religiosa.
Sacralizzazione e desacralizzazione
conquiste del lavoro
VIA PO CULTURA
I
n generale gli esseri
umani trovano
grande piacere nel
colore. L’occhio ne ha
bisogno, come ha
bisogno della luce. Ci si
ricordi il sollievo che dà il
sole in una giornata cupa
quando illumina uno
squarcio di paesaggio
dando risalto ai colori (…)
ogni colore produce
sull’essere umano una
particolare impressione
manifestando a quella
stregua la sua natura
all’occhio e all’animo. Ne
consegue direttamente
che il colore può venire
usato per determinati
scopi sensibili, morali ed
estetici”. Nel suo trattato
“Della teoria dei colori”
(1808) Johann Wolfgang
Goethe, il poliedrico
genio del romanticismo
tedesco, così descriveva
il valore che i colori
hanno per l’uomo,
scagliandosi contro la
teoria della luce che nel
1672, piu’ di un secolo
prima, aveva formulato
quell’altro grande genio
della scienza moderna
che fu Isaac Newton
(1642-1727). Il quale era
riuscito a dare una
rigorosa spiegazione
scientifica della natura
fisica della luce e del
colore.
L’esperimento cruciale di
Newton fu alquanto
ingegnoso: schermando
una finestra, fece entrare
un fascio stretto di luce
in una stanza buia e gli
fece attraversare un
prisma, che a sua volta
proiettò la luce su uno
schermo bianco. Dove,
quasi per magia,
apparvero nitidissimi i
colori dell'arcobaleno in
una sequenza che andava
dal rosso al violetto, una
striscia sfumata che lo
scienziato inglese chiamò
spettro della luce.
Dopo una lunga serie di
esperimenti, Newton
ipotizzò che la luce
bianca era un mix di luci
colorate e che il colore
degli oggetti era legato al
modo di reagire delle
superfici alla luce. Fu
senz’altro consapevole
che per capire il
fenomeno della
percezione dei colori da
parte degli esseri umani
bisognava indagare i
meccanismi fisiologici
che la producevano, ma
non esplorò questo
aspetto perché a quel
tempo mancavano
strumenti e conoscenze
scientifiche adatte allo
scopo.
Goethe ripetè
quell’esperimento, ma in
modo erroneo: si limitò a
osservare una parete
bianca attraverso un
prisma, senza
permettere alla luce di
scomporsi
attraversandolo. Così
facendo, continuò a
Il perno del Medio Oriente
Reportage da Shama’,
in Libano, sede
del Comando Sector West
di Unifil (la Forza
di Interposizione
delle Nazioni Unite)
e di gran parte
dei caschi blu italiani...
(nelle pagine centrali)
Il linguaggio
dei semplici:
il sorprendente
pontificato
di Jorge
Mario
Bergoglio
VIA PO CULTURA - DORSO SETTIMANALE DI CONQUISTE DEL LAVORO - 825
a pagina 7
diretto da Mauro Fabi
Il senso del colore
Un agile libro di divulgazione scientifica analizza
un aspetto rilevante della percezione visiva a lungo sottovalutato
di SALVATORE SPERANZA
vederla bianca e credette
di aver smentito, con sua
grande soddisfazione,
l’esperimento di Newton.
Avanzò, allora, una ben
altra teoria: il colore non
è solo una
manifestazione della
luce, ma anche
un’elaborazione
dell’occhio e della
mente. Un fenomeno
attivo che investe
psicologia, simbologia e
spiritualità, cioè il mondo
dei significati e delle
sensazioni. Nella
percezione dei colori,
secondo lui, c’era anche
una preziosa
componente soggettiva
che il riduzionismo
newtoniano, intento
soltanto all’indagine del
mondo fisico utilizzando
strumenti
fisico-matematici, aveva
ignorato.
Per quanto la teoria di
Goethe non trovò seguito
nel mondo scientifico del
tempo, ebbe comunque
il merito di avanzare
istanze, come si direbbe
oggi, antropologiche e
culturali, nonché
neuroscientifiche di una
certa rilevanza.
Da allora il significato dei
colori è stato variamente
studiato e dal Novecento
è stato oggetto di
interessanti
approfondimenti.
“Semiotica dei colori”
(Carocci editore, Roma
2013, pp. 128, euro
11,00), un agile libro di
Marialaura Agnello, ci
permette di avere un
quadro chiaro e puntuale
del problema. Rivolto
principalmente alla
formazione universitaria,
in molte delle sue parti,
quelle storiche e
linguistiche in
particolare, è anche
molto adatto al più vasto
pubblico dei lettori,
perché sollecita la
curiosità e la riflessione
su un tema affascinante
su cui spesso si hanno
informazioni
approssimate legate al
senso comune.
Infatti, ci dice Agnello,
dei colori si crede di
sapere già tutto: “non c’è
persona che non creda
che il rosso significhi
‘passione’ e il verde
‘speranza’, il giallo
‘gelosia’, il nero
‘tristezza’ e così via”. E
nessuno si stupisce del
fatto che poi nella vita
pratica vi siano evidenti
contraddizioni al
proposito. Per esempio,
se il verde è, come detto,
‘speranza’, perché,
allora, “sta nel semaforo
a indicare la possibilità di
avanzare o nelle croci
delle farmacie, nei camici
dei medici, nei tavoli da
gioco, nei numeri
telefonici gratuiti ecc. ?”.
Si parla spesso di
‘mistero’ del colore,
proprio per questa sua
natura ambigua e, in
sostanza, irrazionale.
Il fatto è che il significato
attribuito ai colori nelle
diverse culture è legato
alle consuetudini sociali,
è un fatto culturale e non
naturale. Di naturale c’è
la semplice capacità
dell’occhio e del cervello
umano di percepire i
colori.
Ad esempio, anche la
pittura, l’arte
considerata più sensibile
al colore, ha vissuto e
vive nella cultura di cui si
nutre e, in epoca
moderna, spesso il suo
modo di ‘vedere’ i colori
è stato influenzato anche
dalle scoperte
scientifiche. Quando i
chimici del XVIII secolo
distinsero tra colori
primari (giallo, blu,
rosso) e complementari
(verde, viola, arancione),
molta arte del XIX e XX
secolo, in cerca del
cromatismo puro,
cominciò a usare solo
colori primari (Piet
Mondrian ne è l’esempio
per eccellenza), sebbene
violassero i tradizionali
usi sociali concreti.
Oggi più di ieri il colore
ha un potente valore in
tutti i campi della vita
sociale, nell’arte, nella
religione, nella politica,
nelle ideologie e, ancora,
nel marketing e la
pubblicità, nei costumi e
il folklore,
nell’abbigliamento e la
moda, nell’architettura e
il design, nell’araldica e la
diplomazia, nella
tecnologia (basti pensare
ai cellulari coloratissimi,
passione dei più giovani).
L’analisi culturale del
fenomeno è complessa,
nota Agnello, perché
implica una ricostruzione
storica, geografica e
antropologica: il senso
dei colori varia da epoca
a epoca, da paese a
paese. Il significato del
bianco e del nero è
opposto in Occidente e in
Oriente (da noi il lutto è
nero, in Asia è bianco). Il
verde nella nostra storia
non è sempre stato un
colore positivo, mentre
nel mondo islamico è il
colore della divinità; il
giallo, da noi a lungo
trascurato, è
tradizionalmente il
simbolo della regalità
nella cultura cinese. Vi
sono continui intrecci tra
i diversi campi della
società che danno
significati ai colori. Un
caso tipico in Occidente è
la storia del colore blu,
che oggi per noi significa
eleganza, sobrietà e
raffinatezza.
Nell’antichità i colori
basilari che servivano a
marcare ruoli sociali
erano il bianco, il rosso e
il nero, mentre “il blu,
Continua a pagina 6
6
Uncircolo virtuoso
Sull’idea di rinnovamento, un saggio della filosofa Roberta De Monticelli
di LUCA ROLANDI
soprattutto al rischio di
rimozione, e sostituzione con
le scorciatoie emozionali
urlanti) di una sensibilità ai
fatti di valore e disvalore nel
cui esercizio consiste l’essenza
della vita personale. E se
questo esercizio è reso
impossibile nella vita
associata, si delinea la
condizione della somma
ingiustizia, che kantianamente
equivale alla perdita di senso e
di valore anche della vita
individuale (“non vale più la
pena di vivere dove la giustizia
manca completamente”). Il
lavoro di ricerca e analisi
esplicita le due condizioni alle
quali il rinnovamento – che
dunque è insieme morale e
civile – è possibile: di questo
parlano i due capitoli
conclusivi: Un’idea di catarsi e
Un’idea di radice. Per De
Monticelli è dunque essere
una positiva reazione ad uno
stato depressivo, senza
speranza di una comunità:
“Non ci vediamo più…Niente
rileva, tutto disgusta o annoia,
“sono tutti eguali”. E’ il mondo
della banalità. Da cui non si
genera altra banalità, e dal
quale è necessario uscire per
non perire. De Monticelli, ha
lavorato a lungo sull’“enigma
dell’ontologia sociale”: la
scomparsa dei volti, cioè dei
soggetti autonomi di
cognizione e scelte, nella
formazione e distribuzione di
quel tipo di consenso (passivo
e implicito) su cui si basa il
potere di chi lo esercita sopra
e mediante un dato collettivo.
In questo senso l’enigma
dell’ontologia sociale è
l’enigma stesso della caverna
di Platone, o meglio del
destino infausto riservato a
chiunque tenti di sostituire i
meccanismi opachi
dell’appartenenza con la
discussione critica e cognitiva,
socratica: cioè il faccia a faccia,
il modo d’essere insieme delle
persone in quanto soggetti
morali e razionali. Così lo
studio parte dalla versione
particolarmente desolante di
questa destituzione dei
soggetti morali cui assistiamo
a tutti i livelli della vita
associata italiana, dove questa
auto-destituzione assume la
caratteristica forma
consortile, nel caso limite
mafiosa, di cui nei due testi
precedenti. La questione
morale e La questione civile
sono delineate attraverso le
ragioni teoriche e storiche,
abbozzando una sorta di
fenomenologia della “banalità
del male” specificamente
italiana. O meglio, trova
questo sfondo desolante
come quello che è interpellato
dalla prepotente e impotente
domanda che da troppi anni
sale in noi – in molti di noi – e
nelle associazioni e
manifestazioni di società civile
che le danno espressione: la
domanda di rinnovamento. Il
libro prova a precisare il senso
di questa domanda di
rinnovamento morale e civile,
e a delinearne le condizioni.
Per farlo affronta molte
questioni indubbiamente
attuali, a partire dall’istanza
etica che connota la parte
migliore dei movimenti di
protesta, alle questioni sulla
natura e necessità dei partiti,
al ruolo della rete nella
potenziale immissione di
elementi di democrazia diretta
in una democrazia
rappresentativa. Esplicitando
fin dal primo capitolo i
Fondamenti di tutta l’analisi,
che sono l’individuazione
dell’esperienza di valore come
costitutiva della vita personale
oltre che come autentica fonte
di conoscenza, soggetta quindi
a illusione, correzione,
scoperta, approfondimento.
Roberta De Monticelli,
Sull’idea di rinnovamento,
Raffaello Cortina Editore, 2013
VIA PO cultura e società
SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
I
n questi tempi in cui si parla
molto di rinnovamento ma
che poco fa per realizzarlo:
tra le aspre ma comprensibili
parole della rottamazione o
con quelle populiste del tutti a
casa il denso saggio della
filosofa Roberta De Monticelli,
da molti indicata come
pensatrice vicina al
movimento Cinque Stelle, con
il consueto rigore intellettuale
ci introduce al complesso
orizzonte del vero concetto di
rinnovamento. Una buona
lezione per guardare a questo
tema oltre le convenienze
tattiche e la semplificazione
mediatica. Dice De Monticelli:
“Rinnovamento, una parola
lucente tanto difficile da
maneggiare con attenzione:
ma rinnovamento di che cosa
e rispetto a che cosa?” La tesi
centrale del saggio è che non
può nascere un rinnovamento
del nostro modo di stare
insieme se non si parte dal
rinnovamento morale degli
individui, in un circolo
virtuoso: i valori della
convivenza civile sono
stimolati dalla coscienza
morale e insieme la stimolano.
La domanda di rinnovamento
ne risulta essere una domanda
di sopravvivenza della nostra
stessa humanitas, del senso e
valore delle nostre vite,
essendo al fondo il doloroso
risveglio in noi (soggetto
SEGUE
conquiste del lavoro
DA PAGINA 5 - IL SENSO DEI COLORI
anche a causa delle difficoltà tecniche
nel riprodurlo e padroneggiarlo, non
era neanche considerato un colore, o
quanto meno non era usato per
simboleggiare alcunché”. Per gli antichi
Romani, il blu era il colore dei barbari:
una donna con gli occhi di quel colore
era di malaffare, un uomo risultava
ridicolo. Nella Bibbia il blu vien
menzionato rarissimamente. Solo gli
antichi egizi lo consideravano segno di
fortuna e benessere.
Nel Medioevo, osserva Agnello, avviene
una vera e propria rivoluzione
cromatica, e per cause squisitamente
religiose. Con l’ascesa del culto
mariano, il manto della Madonna, fino
ad allora grigio o nero, diviene blu,
come il cielo. Ma le esigenze di una
società più complessa richiedono l’uso
di altri colori, come il verde e il giallo,
per designare differenti tipi sociali. Il
sistema cromatico tradizionale a tre
colori (bianco, rosso, nero, viene
rimpiazzato da uno a sei (bianco, nero,
rosso, blu, giallo, verde). In
quest’ultimo sistema il blu è il contrario
del rosso, che, sempre per ragioni
religiose, perde il valore di nobiltà che
aveva nel mondo latino. Se ora il rosso è
il colore del diavolo, il blu (cobalto)
simboleggia al contempo regalità e
religiosita’. Più tardi la Riforma
protestante darà un’ulteriore spinta
all’uso del colore blu, che, contro il
rosso peccaminoso, diverrà, con il grigio
e il nero, segno di rigore, sobrietà e
moderazione, divenendo il colore
ufficiale dell’abito maschile (proprio
come oggi).
Un aspetto interessante del discorso
sviluppato da Agnello verte su come le
lingue abbiano denominato i diversi
colori. La questione è più rilevante di
quel che, di primo acchito, può
sembrare e coinvolge i rapporti tra
lingua e percezione, lingua e
conoscenza, lingua e pensiero. Le lingue
denominano diversamente gli stessi
colori, non ne ‘vedono’ alcuni o ne
distinguono diversi per lo stesso colore.
Il lessico cromatico cambia molto “a
seconda delle lingue, delle epoche
storiche e dei sistemi culturali”. Il latino
e il germanico, nell’antichità, “davano
più peso ai gradi di brillantezza che non
alle distinzioni tra tinte, finendo per
mescolare colori che per noi sono
indiscutibilmente diversi. Nei poemi
omerici, è stato osservato, lo stesso
termine designa ora il blu ora il grigio,
ora altri colori scuri. E inoltre: in quella
lingua il mare è il ‘colore del vino’, i
capelli di Ulisse sono di ‘color giacinto’
e il sangue è ‘nero’.
“Le categorie linguistiche, allora, non
sarebbero – nota Agnello –
automaticamente lo specchio di quelle
percettive, e in particolare cromatiche”.
Già da fine Ottocento, molti
esperimenti hanno rilevato “come
esponenti di popolazioni allora
considerate non progredite, come i
nubiani e i fuegini, pur non possedendo
nella loro lingua i corrispettivi termini di
colore, sapevano distinguere
perfettamente oggetti o campioni di
cartine colorate dopo un po’ di
apprendimento”.
La prospettiva semiotica aiuta a
spiegare tutte queste serie di variazioni
storiche e culturali inserendole in
sistemi di significazione. Agnello dedica
buona parte del libro ad analisi
semiotiche accurate sul colore.
Lasciando al lettore più scaltrito il
piacere di scoprire gli aspetti più tecnici
della questione, qui vale la pena
accennare che questo tipo di approccio
considera la dimensione cromatica
come un linguaggio a sé stante, “così da
analizzarlo perciò, al modo della
linguistica, come un meccanismo
formale di dipendenze interne, come un
sistema di regole che si reggono una
sull’altra sino a formare una struttura
chiusa in sé stessa”.
Si tratta il colore, allora, come se fosse
una parola e della struttura della parola
ha le principali caratteristiche. Ogni
colore se preso in considerazione in
quanto tale, al di fuori del suo contesto
comunicativo, significa molte cose
insieme, spesso contraddittorie tra
loro. Per esempio il nero indica
austerità ma al contempo lutto,
tristezza ecc.
Come disambiguare i diversi significati?
Riportandoli ai diversi contesti del loro
uso, cioè se consideriamo di volta in
volta dove e come il colore è usato: per
la tonaca del prete (nero per austerità),
ad esempio, o per l’abito da sera (nero
per eleganza), o per il vestito indossato
per un funerale (nero per lutto), ecc. In
definitiva, il colore “non vale mai di per
sé, ma sempre come componente di
un’entità comunicativa più ampia (un
abito, un segnale stradale, un fiore)”.
7
VIA PO filosofia e religione
SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
conquiste del lavoro
Q
uello di papa Francesco
è ormai comunemente
considerato un
pontificato sorprendente e
rivoluzionario, a motivo dei
molti gesti inusuali compiuti da
Bergoglio, fino dalla sera della
sua elezione, quando salutò la
folla con un semplice “Fratelli e
sorelle, buonasera!” , ma
soprattutto per
l’atteggiamento umile, affabile
e fraterno che egli manifesta
nei confronti della gente.
Rinunciando alla ieraticità
legata alla sua figura e al suo
ruolo, parla il linguaggio dei
semplici e si mette al livello di
chi sa poco o niente di teologia
e di dottrina, ma comprende
facilmente, almeno in teoria,
cosa significa bontà,
misericordia, amore, fedeltà.
Aldo Maria Valli, attuale
vaticanista del Tg1, noto
collaboratore di quotidiani e
riviste e autore di numerosi
libri sui temi della famiglia,
della religione e dei mass
media, ha pubblicato presso
l’Editrice Ancora un volume
che sottolinea proprio la
novità che sta caratterizzando
il pontificato di Francesco. In
apertura del libro, Valli ha
posto il testo di un colloquio
avuto con Enzo Bianchi, nel
quale il fondatore della
comunità di Bose tenta una
prima valutazione dell’esordio
di questo papato: da esso
emerge la convinzione che dal
13 marzo 2013, giorno
dell’elezione di Francesco, si
sia aperta per la Chiesa una
nuova primavera, dopo quella
contrassegnata dal pontificato
di Giovanni XXIII. Afferma
infatti Bianchi: “Io credo che i
cristiani, tutti, abbiano un
grande compito: donare una
Illinguaggiodei semplici
Il sorprendente pontificato di Jorge Mario Bergoglio
di MAURIZIO SCHOEPFLIN
parola di speranza agli uomini
d’oggi. Stiamo vivendo una
terribile crisi di fiducia.
Francesco riesce a comunicare
la fiducia”. Il volume
ricostruisce sapientemente i
primi mesi dell’attuale
pontificato, seguendo il filo
degli interventi papali
(discorsi, omelie, meditazioni
del mattino e testi scritti per gli
Angelus domenicali e le
udienze generali del
mercoledì), intercalati da
notazioni di cronaca sui grandi
e piccoli gesti compiuti dal
papa, gesti che hanno sorpreso
positivamente i fedeli e hanno
additato la prospettiva di una
Chiesa profetica, che parla con
il mondo senza rinunciare alle
sue peculiarità. Su questa linea
interpretativa si pone anche
un volumetto edito dalla
Libreria Editrice Vaticana,
dedicato ai messaggi del Papa
su Twitter. Nell’ Introduzione,
Gabriele Mangiarotti, il
sacerdote che cura il sito
“Culturacattolica.it”, scrive:
“Avete fra le mani un libro che
racconta i tweet di papa
Francesco, il quale si muove in
questo mondo della
comunicazione digitale come
un pesce nell’acqua. Noi lo
ascoltiamo con simpatia e ci
sembra che le metafore da lui
spesso usate e che così tanto
colpiscono l’immaginazione
degli ascoltatori siano fatte
apposta per essere lanciate in
un tweet”. Le frasi brevissime,
talora lapidarie, che vengono
riportate nel testo, sono in
realtà molto più che dei
semplici tweet: sono una sorta
di catechismo, rapido, incisivo,
che induce a una profonda
riflessione sulla fede proposta
nelle sue molteplici
sfaccettature: l’amore, la
misericordia, la testimonianza,
la gioia, il sacrificio, la
preghiera, la santità. Francesco
è un papa che parla al mondo
di oggi e ne usa il linguaggio
più tipico, quello dei social
network: anche questa è una
rivoluzione.
Aldo Maria Valli, Le sorprese di
Dio. I giorni della rivoluzione
di Francesco, Ancora, Milano,
2013, pp. 190, euro 15
Papa Francesco, I messaggi del
Papa su Twitter, Libreria
Editrice Vaticana, Città del
Vaticano, 2013, pp. 70, euro 8
La tragedia, la luce e il Crocifisso
Uno scritto del giovane Eugenio Scalfari apparso in un mensile cattolico nel 1942
di GIOVANNI TASSANI
L
a tragedia, la luce, il
Crocifisso, e il giovane Scalfari, di Giovanni
Tassani
Gioventù Italica era
l’organo della Gioventù
italiana di Azione
cattolica (Giac), che nel
’41, tempo di guerra e
sacrifici, inaugurerà una
nuova serie, mensile,
simile nella forma al
papiniano Il Frontespizio
che aveva chiuso l’anno
precedente, dopo una
fase un po’ imbolsita. La
Giac voleva invece
rappresentare una
nuova generazione in
trapasso e con inedite
aspirazioni, aperta a
fermenti nuovi ed in
sintonia con il “misereor
super turbam” della
chiesa di Pio XII. Un papa
che impersonava il suo
tempo, tragico e
spirituale, e additato da
un film, Pastor
Angelicus, prodotto nel
’42 dal Centro Cattolico
Cinematografico (in cui
ebbero parte tra gli altri
Silvio d’Amico, Ennio
Flaiano e Diego Fabbri,
oltre al regista Romolo
Marcellini) come il vero
riferimento morale oltre
la crisi nazionale e
mondiale. Leggendo
oggi Gioventù Italica nei
due anni - ’41 e ’42 prima della sua sosta per
la durezza della guerra,
scorgiamo un’apertura
tematica preziosa ed
una ricca varietà di
firme. Tra queste, in
gran parte di
giovanissimi, ed insieme
ad altre niente affatto
scontate: Raniero
Panzieri, Carlo Lizzani,
Ennio De Concini, Ugo
Zatterin, troviamo anche
quella di Eugenio Scalfari
che nel numero di
marzo-aprile 1942 tratta
di: L’elemento
“tragedia” nell’anima
umana. Non sappiamo
chi sia stato a
prospettare al
promettente
diciottenne - Scalfari è
del ’24 - la
collaborazione al
mensile cattolico. Forse
se ne ricorderà Scalfari e
sarebbe interessante se
potesse riandare con la
memoria a
quell’episodio. Dalla sua
penna abbiamo appreso
che si mantenne
credente fino al liceo
quando, insieme al
compagno di classe Italo
Calvino, volse ad una
specie di naturalismo
evoluzionista di cui oggi
ribadisce i concetti,
dapprima nelle lettere
estive a papa Francesco,
ed in questi giorni
nell’intervista al Papa (la
Repubblica, 1˚ ottobre).
Qui Scalfari afferma di
credere nell’Essere, che
così definisce,
rispondendo ad una
diretta domanda di
Francesco: “L’Essere è
un tessuto di energia.
Energia caotica ma
indistruttibile e in eterna
caoticità. Da
quell’energia emergono
le forme quando
l’energia arriva al punto
di esplodere… (L’uomo)
è animato da istinti e
desideri ma aggiungo
che contiene anche
dentro di sé una
risonanza, un’eco, una
vocazione di caos”. Nel
rileggere, accanto a
queste recenti
confessioni, le
considerazioni scritte
dallo Scalfari
diciottenne, appare una
continuità sul tema
tragico-caos, ove la
discontinuità è data
invece dalla sua,
successiva, resezione del
tema religioso. Cosa
scriveva nel ’42 Scalfari?
Che l’elemento tragico,
come la religione, la
libertà e la bellezza è
insito e indistruttibile
nell’anima dell’uomo.
Con la differenza che
esso, a differenza degli
altri elementi, lirici e
gaudiosi, è
essenzialmente
“conflitto”, e nasce dal
dubbio e dal dolore non
del singolo, ma
dell’umanità intera. Il
diciottenne Scalfari
accenna alle prime
forme del tragico nella
storia umana: il culto
degli eroi e il mito
prometeico. Per poi
evocare il Cristo
crocefisso: “Lo Spirito
tragico sosta nel suo
volo (per un istante o
per una eternità?)
presso ad una Croce di
legno rozzo ove il
Dio-Uomo, alla presenza
della natura atterrita
dallo spettacolo
sovrumano, unifica nel
tormento dell’agonia i
due contrari in lotta, per
poi giungere fino a noi
attraverso la sonorità
spaventosamente vuota
e rimbalzante dei secoli
oscuri di barbarie o
illuminati dalla luce di un
pensiero che sembra
giungere da profondità
abissali”. Quando
scriveva queste cose il
liceale Scalfari era quasi
certamente già assalito
da dubbi ed attratto da
visioni illuministe che
avrebbero in lui, di lì a
poco, prevalso. Ma c’è
quel tema della “luce”, e
la realtà, tragica, del
Crocefisso che
permangono nella
coscienza del
neo-illuminista, e che gli
permettono oggi il
dialogo sincero con papa
Francesco. Allora, più di
settanta anni fa, in un
momento davvero
tragico eppur di nuove
speranze tra i giovani,
così concludeva il
giovanissimo Scalfari il
suo saggio: “Noi
vogliamo un Uomo
migliore fra altri Uomini
migliori, e fidiamo nella
forza della tragedia (si
intenda: della tragedia
non del dramma)… La
tragedia come
concretazione scenica
deve rinascere e
rinascerà. Essa sarà
essenzialmente religiosa
e avrà compito religioso:
scoprire Dio
nell’Uomo!”.
8
SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
Il perno del Medio Oriente
Viaggio a Shama’, nel Libano, presso la base militare ”Millevoi”
conquiste del lavoro
VIA PO storia e storie
di ALESSANDRA MULAS
S
hama’ – Libano. Questo
Paese è il perno della
situazione del Medio
Oriente. La seconda
tappa del mio viaggio prevede
una immersione nel sud del
paese, presso la base militare
“Millevoi” di Shama’, sede del
Comando Sector West di
Unifil, United Nation Interim
Force Lebanon (Forza di
Interposizione in Libano delle
Nazioni Unite) e di gran parte
dei caschi blu italiani. Tutto il
sud è a maggioranza sciita e
sino al 2000 era
completamente sotto il
controllo di Hezbollah che ha
lasciato una forte impronta
essendosi occupato della
liberazione dei territori, invasi
da Israele, e di tutte le
problematiche infrastrutturali
e sociali durante la prima fase
della ricostruzione. La
decisione dell’UE di inserire
nella lista nera del terrorismo
il braccio armato del Partito di
Dio e l’andamento della guerra
in Siria hanno appesantito la
situazione anche per i militari
impegnati nella missione, il
grado di attenzione è salito
anche perché ci troviamo
appunto al confine con il
paese sionista. Nonostante
tutto questo qui regna una
situazione di stabilità, la
presenza dei caschi blu Unifil
delle NU ha decisamente
portato in questa regione un
clima di pace. 120 km di
confine sono costantemente
monitorati, garantendo il
mantenimento di non ostilità
attraverso la definizione della
Blue Line, linea di
demarcazione che è stata
presa come punto di
riferimento a seguito del
ripiegamento delle Forze
Armate israeliane dal
territorio libanese. Nata nel
2000, comincia a prendere
realmente corpo solo nel
2007, a seguito dell’ultimo
conflitto, in cui si è deciso di
marcarla fisicamente e
inserirla nelle carte. Gli ultimi
scontri avvenuti nel nord del
paese non hanno avuto
riscontro al sud, sicuramente
grazie anche alla presenza dei
caschi blu dell’ONU.
Unifil è una missione che va
avanti da 38 anni. Il senso di
un tempo così prolungato è da
ricercarsi nel fatto che questa
è una delle zone più a rischio
del Medio Oriente e staccare
la spina potrebbe mettere a
repentaglio il faticoso
equilibrio sino ad oggi
costruito tra i due paesi,
Libano e Israele, che non
possono certo definirsi amici e
che non hanno mai firmato un
accordo di pace. A capo del
Force Commander di Unifil è il
Generale di Divisione Paolo
Serra, ancora una volta un
italiano al comando dello
schieramento di 12000, tra
uomini e donne, di 37 diverse
nazioni; per l’Italia e per le
Forze Armate questo
rappresenta un attestato di
stima e di fiducia da parte
della comunità internazionale.
Lo incontro presso la base di
Naqoura, Quartier Generale
della missione delle NU, ed è
proprio lui a sottolineare che
la professionalità, la
competenza, e l’approccio
comprensivo con le istituzioni
e la popolazione locale, tipici
del soldato italiano, sono
apprezzati a livello
internazionale. “È
determinante il nostro ruolo
all’interno del contesto
libanese e, a livello politico, il
riconoscimento di imparzialità
sul terreno da parte sia di
Libano che di Israele”.
L’importanza della missione,
senza la quale il progetto di
pace si sarebbe certamente
interrotto da tempo, è
racchiusa nella risoluzione
ONU 1701 e si può riassumere
in tre pilastri: Monitoraggio
del cessate il fuoco, Supporto
all’esercito libanese affinché
un giorno possa
autonomamente gestire la
sicurezza del sud, Assistenza
alla popolazione. L’incidenza
della comunità sciita in questa
regione raggiunge il 90%, ciò
determina una forte presenza
dei partiti Hezbollah e Amal,
“Hezbollah – prosegue il
generale - fa parte del tessuto
sociale della popolazione che
continua ad avere aspettative
da parte loro. Dal 2006 la
situazione è cambiata, almeno
esteriormente non vi è una
presenza di Hezbollah nel
senso di uomini in uniforme,
personale armato e ceckpoint;
ci siamo solo noi di Unifil e le
Forze Armate Libanesi a
controllare il territorio.
Sempre dal 2006 le LAF (Forze
Armate Libanesi) hanno
oltrepassato il fiume Litani e
stanno producendo uno sforzo
importante e decisivo che,
attraverso uno studio
chiamato strategic dialogue, le
porterà ad un livello totale di
autonomia, grazie al supporto
offerto da Unifil, e in un futuro
potranno stare su un piano
paritetico per poter discutere
di pace”.
Il Comando del Settore Ovest e
del contingente italiano,
composto da circa 1100 tra
uomini e donne di base a
Shama’, è attualmente
affidata alla guida della Brigata
di Cavalleria “Pozzuolo del
Friuli”, che ha sede a Gorizia,
impegnati nell’operazione
Leonte 14. Al Sector West
fanno capo, oltre ai soldati
italiani, anche i reparti
provenienti dal Brunei,
Finlandia, Ghana, Malesia,
Repubblica di Corea, Slovenia
e Tanzania. Al comando del
Settore vi è il Generale Vasco
Angelotti fiero di poter
raccontare che il contingente
italiano ha delle peculiarità
caratteriali e soprattutto una
preparazione specifica tali da
poter operare efficacemente e
contemporaneamente
costruire ottime relazioni con
la popolazione. “Bisogna tener
conto di quelle che sono le
radici culturali e la storia del
paese in cui si va ad operare.
Poi in fondo il Libano è un
paese che si affaccia sul
Mediterraneo con il quale
abbiamo certamente radici
comuni. Il nostro personale
opera con attenzione
dimostrandosi deciso
all’occorrenza, ma soprattutto
vicino e attento alle esigenze
della popolazione”.
I giorni trascorsi con il nostro
contingente mostrano l’altra
faccia della medaglia, la
presenza dei soldati dell’ONU,
facilmente riconoscibili dal
classico basco blu, sono
l’elemento fondante della
sicurezza, non solo di questa
area ma del Mediterraneo. Il
riaprirsi degli scontri qui
determinerebbe una
ingestibile situazione che
investirebbe anche noi
sull’altra sponda, siamo più
vicini di quanto possa
sembrare. L’eccellenza italiana
qui non è difficile da
incontrare, dalle scorte,
affidate in questo caso al
Reggimento dei Lagunari
angeli custodi che consentono
a noi operatori di svolgere la
professione in assoluta
sicurezza, ma anche di chi,
superando certamente difficili
barriere fisiche e culturali,
come il Capitano Carla
Brocolini che presta servizio
presso la Task Forze Italair,
sotto il comando del Colonello
Lipari, ha fatto del proprio
lavoro una passione. Italair è il
settore aereo, con sede a
Naqoura, dove operano in
sinergia i piloti delle tre FA
(Esercito, Marina e
Aeronautica) con compiti di
Casevac (casuality evacuation)
Medevac (evacuazione
medica), monitoraggio aereo,
perlustrazioni, ricognizioni,
trasporto di personale e
materiale e operazioni
antincendio. Il Capitano
Brocolini è una donna
determinata e come lei stessa
afferma “bisogna avere il
coraggio di rincorrere i propri
sogni e lottare, alle volte
anche contro i limiti che la
nostra mente stessa ci
impone”; ha conseguito il
Brevetto ‘Naval Aviator’
presso le scuole di volo della
Marina Militare degli Stati
Uniti. Ottiene in seguito
l’abilitazione per il Dornier
DO-228 e per il P-180 e supera
con successo anche la dura
prova dell’impegnativo corso
di Sopravvivenza S.E.R.E.
(Survive, Escape, Resistance,
Extraction). Corso obbligatorio
per tutti i piloti dell’AVES
soprattutto in caso di
partecipazione a missioni in
teatro operativo come
l’Afghanistan, e qualifica gli
equipaggi di volo
all’addestramento alla
sopravvivenza in caso di
atterraggio forzato in
ambiente ostile e ad essere
recuperati secondo il sistema
Joint Personnel Recovery della
NATO. È importante dare
spazio a chi con il proprio
impegno ci regala uno
spaccato dell’Italia che ha
davvero molte specialità da
mostrare.
Tra gli incontri richiesti e
programmati dal Capitano
Biagio Liotti, Capo Cellula della
Pubblica Informazione e
Portavoce del nostro
Contingente, in base anche ai
contatti stabiliti sul terreno, ci
sono il Sindaco del villaggio di
Al-Mansouri, il Presidente
delle Municipalità Abdul
Mohsen al Husseini a Tiro e il
Console Onorario d’Italia a
Tiro Ahmad Seklaqui. il
messaggio che emerge
prepotentemente da tutti è
che la presenza delle forze
internazionali, non solo è
gradita ma necessaria per il
proseguo di uno statu quo di
non ostilità fra le parti. È
soprattutto il presidente Al
Husseini, un uomo anziano,
dotato di grande carisma, che
non ha perplessità sul fatto
che questa decisione dell’UE
non potrà inficiare gli ottimi
rapporti istituiti tra le due
componenti, militari e
popolazione, anzi ha proprio
rimarcato la sua amicizia con il
contingente italiano
definendoli uomini sempre
pronti e disponibili alle
necessità dei cittadini libanesi.
“Le forze di interposizione
UNIFIL sono riuscite a
garantire al paese 7 anni pace”
ha dichiarato Al Hussein
“adesso bisogna lasciar
sedimentare la questione,
bisogna prendere tempo. I
caschi blu non cambieranno le
loro posizioni e neppure noi
cambieremo la nostra. L’Italia
non voleva votare questa
decisione. Gli Stati Uniti hanno
avuto da sempre questa
ostilità e mi sembra più un
messaggio indirizzato alla
Siria, all’Iran e alla Russia.
Anche in Siria l’obiettivo non
era Assad, ma si voleva
distruggere il Paese, e i ribelli,
criminali e terroristi che si
sono radunati in Siria avevano
questo obiettivo. Li hanno
chiamati per morire. Adesso
tutti sono preoccupati del
rientro in patria di questi:
Emirati Arabi, Arabia Saudita e
in parte anche l’Europa. In
Libano da sempre convivono
ben 18 diverse confessioni
religiose e dobbiamo
proteggere questa pluralità”.
Ci saluta tutti con un bacio
sulla fronte segno di
riconoscenza e di
appartenenza alla sua
“famiglia allargata”. Le parole
da lui pronunciate esprimono
saggezza ed esperienza,
tranquillizzano tutti, anche se
non bisogna sottovalutare le
preoccupazioni, i militari si
trovano in una zona difficile e
questa dichiarazione dell’UE
potrebbe creare non pochi
problemi, se dovesse
perdurare ed essere
riconfermata; non
dimentichiamo che i ribelli, i
terroristi inviati in Siria, anche
da al-Qaeda, per distruggere il
paese sono sempre pronti e la
destabilizzazione di un’area
non è davvero così remota.
Hezbollah invece non
dovrebbe avere nessun
motivo specifico a reagire in
questa zona del paese,
mantenere un equilibrio è
anche un loro interesse, fanno
parte del governo e della
società del paese.
Intanto le nostre Forze Armate
continuano a fare il loro lavoro
di routine al quale il
contingente è chiamato tra cui
la demarcazione della Blue
Line che purtroppo passa
anche per campi minati che
vanno bonificati attraverso
l’apertura di corridoi per il
raggiungimento di punti
specifici in cui erigere i
cosiddetti Blue Pillar, barili blu
con su scritto UN, elementi
facilmente riconoscibili, che
costituiscono, per entrambe le
parti, l’elemento necessario
per evitare sconfinamenti. Le
operazioni di bonifica sono
lunghe e difficili, nonostante le
mappe fornite dagli israeliani,
il tempo e le azioni
atmosferiche potrebbero aver
spostato le mine, i nostri
deminers avanzano, quando
sono costretti ad operare
manualmente, coprendo 2
metri quadrati al giorno, sotto
il sole e l’afa o il freddo e la
pioggia. A comandare team
del Mine Clearance è un
giovanissimo Ufficiale il
tenente Andrea Pecetta che
ha la responsabilità di gestire
tutta la squadra degli
operatori di bonifica, l’assetto
medico e quelle delle
comunicazione tra il campo e
la sala operativa. Continuano
poi i pattugliamenti delle
strade per la sicurezza di tutti
e l’impegno nei confronti della
popolazione e nell’esecuzione
di strutture e infrastrutture
attraverso progetti specifici
con il contributo sia del CIMIC
che delle ONG. Utilizzando le
parole del Gen. Serra si può
meglio sintetizzare il concetto
“Oggi UNIFIL rappresenta una
forza di deterrenza, sviluppata
attraverso attività di controllo
e di contatto con le parti. La
nostra collaborazione si
concretizza anche nella
capacità di favorire il dialogo
tra i due paesi, che di fatto non
hanno relazioni diplomatiche.
Periodicamente ha luogo un
incontro tripartito, UNIFIL,
Libano e Israele a Ras
Naqoura, anche per definire i
punti esatti per posizionare i
Blue Pillar. Loro non si parlano
direttamente: si rivolgono a
noi e noi trasmettiamo il
messaggio alla controparte:
sembra un film in bianco e
nero dei tempi della Guerra
Fredda”.
Ma se nulla è cambiato quale è
il senso della Dichiarazione?
Intanto come espresso da
Bruxelles non verranno
interrotti i rapporti con le
forze politiche libanesi, di cui
Hezbollah fa parte, inoltre
ritengo sia impossibile dare
dei nomi da inserire nella lista
nera, non esiste una
distinzione interna tra politici
e braccio armato, il
combattente, colui che è e
crede nella resistenza non è
diverso o lontano da chi
ricopre funzioni istituzionali,
sono entrambi parte
integrante della società.
Hezbollah è uno e la trovata
tutta occidentale di separarlo
mi fa pensare che si voglia in
qualche modo dare un finto
messaggio politico senza
troppe assunzioni di
responsabilità, dimenticando
purtroppo che gli interessi in
gioco sono tanti e non ultimo
la sicurezza di uomini e donne
che in questo momento
lavorano per la stabilità del
Medio Oriente. Per non
parlare dei problemi che ciò
potrebbe creare allo stesso
governo libanese che sta
cercando di trovare un nuovo
equilibrio e che a questo
punto, almeno secondo l’UE, si
troverebbe a dover fare i conti
anche con possibili ‘terroristi’.
Gli Hezbollah rappresentano
una fetta importante della
società libanese, inoltre non si
dovrebbe dimenticare che ci
troviamo in un paese in cui le
tensioni tra sciiti e sunniti non
mancano e lo si è potuto
rilevare con gli scontri
avvenuti a Sayda poco tempo
fa, a nord del fiume Litani. I
gruppi di salafiti non possono
pertanto che trovare
soddisfazione riguardo
all’inserimento nella black list
del loro nemico, ma ciò non fa
altro che aggravare una
situazione già piuttosto
incerta. Alle volte si incorre
nell’errore di parlare di Medio
Oriente con logiche
assolutamente occidentali,
che mal si sposano con la
situazione reale.
A tal proposito il Generale
Serra ha detto “UNIFIL
interviene come forza di
interposizione e se oggi
dovessimo andar via, qui al
sud in poco tempo il rischio
che la situazione degeneri
sarebbe davvero molto
elevata e la riapertura delle
ostilità non sarebbe lontana;
non c’è ancora la
consapevolezza di quanto è
importante mantenere la
pace”. Per le strade la
presenza dei caschi blu è
sentita e gradita, al passaggio
dei blindati i bambini salutano,
sorridono ed proprio come ci
ha raccontato il Generale “La
popolazione e i militari UNIFIL
ormai vivono in simbiosi. Tra
l’altro continuiamo ad essere il
maggior fornitore di lavoro per
il sud; presso l’ONU nella mia
forza ci sono 750 locali che
lavorano come impiegati, e
costituiscono parte di un alto
apparato burocratico. La
ricaduta a livello sociale sulle
famiglie è notevole, non solo
per i diretti dipendenti, ma
anche per fornitori, perché
tutti i lavori vengono fatti con
ditte locali”. Inoltre ci sono gli
interventi nelle scuole:
educazione di genere,
informazione ai ragazzi sui
territori ancora non bonificati
dalle mine, i laboratori della
Green Hill, area tecnica del
campo, messi a disposizione
degli istituti tecnici per fare
pratica. Insomma è un
ingaggio omnicomprensivo
che vede i caschi blu agire a
360 gradi.
Uno dei problemi più
imminenti della quale ci si
dovrà occupare
nell’immediato è quello dei
rifugiati. La competenza di
questo appartiene ad altre
agenzie dell’ONU, ossia
UNHCR che si occupa dei
rifugiati e l’UNRWA che si
occupa dei profughi
palestinesi, confinati nei
campi ormai dal lontano 1948:
“I rifugiati sono un grosso
problema, anzi non è giusto
dire che sono il problema, loro
sono quello che purtroppo il
problema ha creato. Dall’inizio
della guerra in Siria si contano
in tutto il Libano 600mila nuovi
profughi registrati e altrettanti
in attesa di registrazione.
Quindi su una popolazione di 4
milioni di abitanti avere più di
un milione di rifugiati e
profughi è davvero molto
impegnativo, come se in Italia
ne contassimo 20 milioni.
Presto arriverà l’inverno e il
problema sarà ancora più
sentito, la comunità
internazionale in questo
campo deve veramente
mettere non solo la faccia ma
anche le risorse. Il messaggio
che ho dato a tutte le mie
truppe è molto chiaro, deve
sempre essere comunque
gestita l’emergenza, poi siamo
costretti ad indirizzarli alle
agenzie competenti. Anche se
la guerra finisse oggi la Siria,
per essere ricostruita o per
avere una parvenza di
stabilità, necessiterà di
parecchi anni prima di poter
vedere il rientro a casa di tutti i
esuli. Queste sono tematiche
che necessitano di molta
attenzione perché provocano
problemi a tutti i livelli sociali,
economici e di sicurezza”.
Conclude il Generale. A noi
non rimane che tracciare una
linea di informazione che
consenta a tutti di poter avere
un occhio più attento su
problematiche che paiono
lontane anni luce da noi.
Voglio chiudere con le parole
di un compagno di viaggio che
vedeva il Libano direttamente
per la prima volta “Bellissimo
paese, ho però avuto sempre
la sensazione di stare seduto
sulla bocca di un vulcano,
speriamo che rimanga spento
per sempre”.
8
SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
Il perno del Medio Oriente
Viaggio a Shama’, nel Libano, presso la base militare ”Millevoi”
conquiste del lavoro
VIA PO storia e storie
di ALESSANDRA MULAS
S
hama’ – Libano. Questo
Paese è il perno della
situazione del Medio
Oriente. La seconda
tappa del mio viaggio prevede
una immersione nel sud del
paese, presso la base militare
“Millevoi” di Shama’, sede del
Comando Sector West di
Unifil, United Nation Interim
Force Lebanon (Forza di
Interposizione in Libano delle
Nazioni Unite) e di gran parte
dei caschi blu italiani. Tutto il
sud è a maggioranza sciita e
sino al 2000 era
completamente sotto il
controllo di Hezbollah che ha
lasciato una forte impronta
essendosi occupato della
liberazione dei territori, invasi
da Israele, e di tutte le
problematiche infrastrutturali
e sociali durante la prima fase
della ricostruzione. La
decisione dell’UE di inserire
nella lista nera del terrorismo
il braccio armato del Partito di
Dio e l’andamento della guerra
in Siria hanno appesantito la
situazione anche per i militari
impegnati nella missione, il
grado di attenzione è salito
anche perché ci troviamo
appunto al confine con il
paese sionista. Nonostante
tutto questo qui regna una
situazione di stabilità, la
presenza dei caschi blu Unifil
delle NU ha decisamente
portato in questa regione un
clima di pace. 120 km di
confine sono costantemente
monitorati, garantendo il
mantenimento di non ostilità
attraverso la definizione della
Blue Line, linea di
demarcazione che è stata
presa come punto di
riferimento a seguito del
ripiegamento delle Forze
Armate israeliane dal
territorio libanese. Nata nel
2000, comincia a prendere
realmente corpo solo nel
2007, a seguito dell’ultimo
conflitto, in cui si è deciso di
marcarla fisicamente e
inserirla nelle carte. Gli ultimi
scontri avvenuti nel nord del
paese non hanno avuto
riscontro al sud, sicuramente
grazie anche alla presenza dei
caschi blu dell’ONU.
Unifil è una missione che va
avanti da 38 anni. Il senso di
un tempo così prolungato è da
ricercarsi nel fatto che questa
è una delle zone più a rischio
del Medio Oriente e staccare
la spina potrebbe mettere a
repentaglio il faticoso
equilibrio sino ad oggi
costruito tra i due paesi,
Libano e Israele, che non
possono certo definirsi amici e
che non hanno mai firmato un
accordo di pace. A capo del
Force Commander di Unifil è il
Generale di Divisione Paolo
Serra, ancora una volta un
italiano al comando dello
schieramento di 12000, tra
uomini e donne, di 37 diverse
nazioni; per l’Italia e per le
Forze Armate questo
rappresenta un attestato di
stima e di fiducia da parte
della comunità internazionale.
Lo incontro presso la base di
Naqoura, Quartier Generale
della missione delle NU, ed è
proprio lui a sottolineare che
la professionalità, la
competenza, e l’approccio
comprensivo con le istituzioni
e la popolazione locale, tipici
del soldato italiano, sono
apprezzati a livello
internazionale. “È
determinante il nostro ruolo
all’interno del contesto
libanese e, a livello politico, il
riconoscimento di imparzialità
sul terreno da parte sia di
Libano che di Israele”.
L’importanza della missione,
senza la quale il progetto di
pace si sarebbe certamente
interrotto da tempo, è
racchiusa nella risoluzione
ONU 1701 e si può riassumere
in tre pilastri: Monitoraggio
del cessate il fuoco, Supporto
all’esercito libanese affinché
un giorno possa
autonomamente gestire la
sicurezza del sud, Assistenza
alla popolazione. L’incidenza
della comunità sciita in questa
regione raggiunge il 90%, ciò
determina una forte presenza
dei partiti Hezbollah e Amal,
“Hezbollah – prosegue il
generale - fa parte del tessuto
sociale della popolazione che
continua ad avere aspettative
da parte loro. Dal 2006 la
situazione è cambiata, almeno
esteriormente non vi è una
presenza di Hezbollah nel
senso di uomini in uniforme,
personale armato e ceckpoint;
ci siamo solo noi di Unifil e le
Forze Armate Libanesi a
controllare il territorio.
Sempre dal 2006 le LAF (Forze
Armate Libanesi) hanno
oltrepassato il fiume Litani e
stanno producendo uno sforzo
importante e decisivo che,
attraverso uno studio
chiamato strategic dialogue, le
porterà ad un livello totale di
autonomia, grazie al supporto
offerto da Unifil, e in un futuro
potranno stare su un piano
paritetico per poter discutere
di pace”.
Il Comando del Settore Ovest e
del contingente italiano,
composto da circa 1100 tra
uomini e donne di base a
Shama’, è attualmente
affidata alla guida della Brigata
di Cavalleria “Pozzuolo del
Friuli”, che ha sede a Gorizia,
impegnati nell’operazione
Leonte 14. Al Sector West
fanno capo, oltre ai soldati
italiani, anche i reparti
provenienti dal Brunei,
Finlandia, Ghana, Malesia,
Repubblica di Corea, Slovenia
e Tanzania. Al comando del
Settore vi è il Generale Vasco
Angelotti fiero di poter
raccontare che il contingente
italiano ha delle peculiarità
caratteriali e soprattutto una
preparazione specifica tali da
poter operare efficacemente e
contemporaneamente
costruire ottime relazioni con
la popolazione. “Bisogna tener
conto di quelle che sono le
radici culturali e la storia del
paese in cui si va ad operare.
Poi in fondo il Libano è un
paese che si affaccia sul
Mediterraneo con il quale
abbiamo certamente radici
comuni. Il nostro personale
opera con attenzione
dimostrandosi deciso
all’occorrenza, ma soprattutto
vicino e attento alle esigenze
della popolazione”.
I giorni trascorsi con il nostro
contingente mostrano l’altra
faccia della medaglia, la
presenza dei soldati dell’ONU,
facilmente riconoscibili dal
classico basco blu, sono
l’elemento fondante della
sicurezza, non solo di questa
area ma del Mediterraneo. Il
riaprirsi degli scontri qui
determinerebbe una
ingestibile situazione che
investirebbe anche noi
sull’altra sponda, siamo più
vicini di quanto possa
sembrare. L’eccellenza italiana
qui non è difficile da
incontrare, dalle scorte,
affidate in questo caso al
Reggimento dei Lagunari
angeli custodi che consentono
a noi operatori di svolgere la
professione in assoluta
sicurezza, ma anche di chi,
superando certamente difficili
barriere fisiche e culturali,
come il Capitano Carla
Brocolini che presta servizio
presso la Task Forze Italair,
sotto il comando del Colonello
Lipari, ha fatto del proprio
lavoro una passione. Italair è il
settore aereo, con sede a
Naqoura, dove operano in
sinergia i piloti delle tre FA
(Esercito, Marina e
Aeronautica) con compiti di
Casevac (casuality evacuation)
Medevac (evacuazione
medica), monitoraggio aereo,
perlustrazioni, ricognizioni,
trasporto di personale e
materiale e operazioni
antincendio. Il Capitano
Brocolini è una donna
determinata e come lei stessa
afferma “bisogna avere il
coraggio di rincorrere i propri
sogni e lottare, alle volte
anche contro i limiti che la
nostra mente stessa ci
impone”; ha conseguito il
Brevetto ‘Naval Aviator’
presso le scuole di volo della
Marina Militare degli Stati
Uniti. Ottiene in seguito
l’abilitazione per il Dornier
DO-228 e per il P-180 e supera
con successo anche la dura
prova dell’impegnativo corso
di Sopravvivenza S.E.R.E.
(Survive, Escape, Resistance,
Extraction). Corso obbligatorio
per tutti i piloti dell’AVES
soprattutto in caso di
partecipazione a missioni in
teatro operativo come
l’Afghanistan, e qualifica gli
equipaggi di volo
all’addestramento alla
sopravvivenza in caso di
atterraggio forzato in
ambiente ostile e ad essere
recuperati secondo il sistema
Joint Personnel Recovery della
NATO. È importante dare
spazio a chi con il proprio
impegno ci regala uno
spaccato dell’Italia che ha
davvero molte specialità da
mostrare.
Tra gli incontri richiesti e
programmati dal Capitano
Biagio Liotti, Capo Cellula della
Pubblica Informazione e
Portavoce del nostro
Contingente, in base anche ai
contatti stabiliti sul terreno, ci
sono il Sindaco del villaggio di
Al-Mansouri, il Presidente
delle Municipalità Abdul
Mohsen al Husseini a Tiro e il
Console Onorario d’Italia a
Tiro Ahmad Seklaqui. il
messaggio che emerge
prepotentemente da tutti è
che la presenza delle forze
internazionali, non solo è
gradita ma necessaria per il
proseguo di uno statu quo di
non ostilità fra le parti. È
soprattutto il presidente Al
Husseini, un uomo anziano,
dotato di grande carisma, che
non ha perplessità sul fatto
che questa decisione dell’UE
non potrà inficiare gli ottimi
rapporti istituiti tra le due
componenti, militari e
popolazione, anzi ha proprio
rimarcato la sua amicizia con il
contingente italiano
definendoli uomini sempre
pronti e disponibili alle
necessità dei cittadini libanesi.
“Le forze di interposizione
UNIFIL sono riuscite a
garantire al paese 7 anni pace”
ha dichiarato Al Hussein
“adesso bisogna lasciar
sedimentare la questione,
bisogna prendere tempo. I
caschi blu non cambieranno le
loro posizioni e neppure noi
cambieremo la nostra. L’Italia
non voleva votare questa
decisione. Gli Stati Uniti hanno
avuto da sempre questa
ostilità e mi sembra più un
messaggio indirizzato alla
Siria, all’Iran e alla Russia.
Anche in Siria l’obiettivo non
era Assad, ma si voleva
distruggere il Paese, e i ribelli,
criminali e terroristi che si
sono radunati in Siria avevano
questo obiettivo. Li hanno
chiamati per morire. Adesso
tutti sono preoccupati del
rientro in patria di questi:
Emirati Arabi, Arabia Saudita e
in parte anche l’Europa. In
Libano da sempre convivono
ben 18 diverse confessioni
religiose e dobbiamo
proteggere questa pluralità”.
Ci saluta tutti con un bacio
sulla fronte segno di
riconoscenza e di
appartenenza alla sua
“famiglia allargata”. Le parole
da lui pronunciate esprimono
saggezza ed esperienza,
tranquillizzano tutti, anche se
non bisogna sottovalutare le
preoccupazioni, i militari si
trovano in una zona difficile e
questa dichiarazione dell’UE
potrebbe creare non pochi
problemi, se dovesse
perdurare ed essere
riconfermata; non
dimentichiamo che i ribelli, i
terroristi inviati in Siria, anche
da al-Qaeda, per distruggere il
paese sono sempre pronti e la
destabilizzazione di un’area
non è davvero così remota.
Hezbollah invece non
dovrebbe avere nessun
motivo specifico a reagire in
questa zona del paese,
mantenere un equilibrio è
anche un loro interesse, fanno
parte del governo e della
società del paese.
Intanto le nostre Forze Armate
continuano a fare il loro lavoro
di routine al quale il
contingente è chiamato tra cui
la demarcazione della Blue
Line che purtroppo passa
anche per campi minati che
vanno bonificati attraverso
l’apertura di corridoi per il
raggiungimento di punti
specifici in cui erigere i
cosiddetti Blue Pillar, barili blu
con su scritto UN, elementi
facilmente riconoscibili, che
costituiscono, per entrambe le
parti, l’elemento necessario
per evitare sconfinamenti. Le
operazioni di bonifica sono
lunghe e difficili, nonostante le
mappe fornite dagli israeliani,
il tempo e le azioni
atmosferiche potrebbero aver
spostato le mine, i nostri
deminers avanzano, quando
sono costretti ad operare
manualmente, coprendo 2
metri quadrati al giorno, sotto
il sole e l’afa o il freddo e la
pioggia. A comandare team
del Mine Clearance è un
giovanissimo Ufficiale il
tenente Andrea Pecetta che
ha la responsabilità di gestire
tutta la squadra degli
operatori di bonifica, l’assetto
medico e quelle delle
comunicazione tra il campo e
la sala operativa. Continuano
poi i pattugliamenti delle
strade per la sicurezza di tutti
e l’impegno nei confronti della
popolazione e nell’esecuzione
di strutture e infrastrutture
attraverso progetti specifici
con il contributo sia del CIMIC
che delle ONG. Utilizzando le
parole del Gen. Serra si può
meglio sintetizzare il concetto
“Oggi UNIFIL rappresenta una
forza di deterrenza, sviluppata
attraverso attività di controllo
e di contatto con le parti. La
nostra collaborazione si
concretizza anche nella
capacità di favorire il dialogo
tra i due paesi, che di fatto non
hanno relazioni diplomatiche.
Periodicamente ha luogo un
incontro tripartito, UNIFIL,
Libano e Israele a Ras
Naqoura, anche per definire i
punti esatti per posizionare i
Blue Pillar. Loro non si parlano
direttamente: si rivolgono a
noi e noi trasmettiamo il
messaggio alla controparte:
sembra un film in bianco e
nero dei tempi della Guerra
Fredda”.
Ma se nulla è cambiato quale è
il senso della Dichiarazione?
Intanto come espresso da
Bruxelles non verranno
interrotti i rapporti con le
forze politiche libanesi, di cui
Hezbollah fa parte, inoltre
ritengo sia impossibile dare
dei nomi da inserire nella lista
nera, non esiste una
distinzione interna tra politici
e braccio armato, il
combattente, colui che è e
crede nella resistenza non è
diverso o lontano da chi
ricopre funzioni istituzionali,
sono entrambi parte
integrante della società.
Hezbollah è uno e la trovata
tutta occidentale di separarlo
mi fa pensare che si voglia in
qualche modo dare un finto
messaggio politico senza
troppe assunzioni di
responsabilità, dimenticando
purtroppo che gli interessi in
gioco sono tanti e non ultimo
la sicurezza di uomini e donne
che in questo momento
lavorano per la stabilità del
Medio Oriente. Per non
parlare dei problemi che ciò
potrebbe creare allo stesso
governo libanese che sta
cercando di trovare un nuovo
equilibrio e che a questo
punto, almeno secondo l’UE, si
troverebbe a dover fare i conti
anche con possibili ‘terroristi’.
Gli Hezbollah rappresentano
una fetta importante della
società libanese, inoltre non si
dovrebbe dimenticare che ci
troviamo in un paese in cui le
tensioni tra sciiti e sunniti non
mancano e lo si è potuto
rilevare con gli scontri
avvenuti a Sayda poco tempo
fa, a nord del fiume Litani. I
gruppi di salafiti non possono
pertanto che trovare
soddisfazione riguardo
all’inserimento nella black list
del loro nemico, ma ciò non fa
altro che aggravare una
situazione già piuttosto
incerta. Alle volte si incorre
nell’errore di parlare di Medio
Oriente con logiche
assolutamente occidentali,
che mal si sposano con la
situazione reale.
A tal proposito il Generale
Serra ha detto “UNIFIL
interviene come forza di
interposizione e se oggi
dovessimo andar via, qui al
sud in poco tempo il rischio
che la situazione degeneri
sarebbe davvero molto
elevata e la riapertura delle
ostilità non sarebbe lontana;
non c’è ancora la
consapevolezza di quanto è
importante mantenere la
pace”. Per le strade la
presenza dei caschi blu è
sentita e gradita, al passaggio
dei blindati i bambini salutano,
sorridono ed proprio come ci
ha raccontato il Generale “La
popolazione e i militari UNIFIL
ormai vivono in simbiosi. Tra
l’altro continuiamo ad essere il
maggior fornitore di lavoro per
il sud; presso l’ONU nella mia
forza ci sono 750 locali che
lavorano come impiegati, e
costituiscono parte di un alto
apparato burocratico. La
ricaduta a livello sociale sulle
famiglie è notevole, non solo
per i diretti dipendenti, ma
anche per fornitori, perché
tutti i lavori vengono fatti con
ditte locali”. Inoltre ci sono gli
interventi nelle scuole:
educazione di genere,
informazione ai ragazzi sui
territori ancora non bonificati
dalle mine, i laboratori della
Green Hill, area tecnica del
campo, messi a disposizione
degli istituti tecnici per fare
pratica. Insomma è un
ingaggio omnicomprensivo
che vede i caschi blu agire a
360 gradi.
Uno dei problemi più
imminenti della quale ci si
dovrà occupare
nell’immediato è quello dei
rifugiati. La competenza di
questo appartiene ad altre
agenzie dell’ONU, ossia
UNHCR che si occupa dei
rifugiati e l’UNRWA che si
occupa dei profughi
palestinesi, confinati nei
campi ormai dal lontano 1948:
“I rifugiati sono un grosso
problema, anzi non è giusto
dire che sono il problema, loro
sono quello che purtroppo il
problema ha creato. Dall’inizio
della guerra in Siria si contano
in tutto il Libano 600mila nuovi
profughi registrati e altrettanti
in attesa di registrazione.
Quindi su una popolazione di 4
milioni di abitanti avere più di
un milione di rifugiati e
profughi è davvero molto
impegnativo, come se in Italia
ne contassimo 20 milioni.
Presto arriverà l’inverno e il
problema sarà ancora più
sentito, la comunità
internazionale in questo
campo deve veramente
mettere non solo la faccia ma
anche le risorse. Il messaggio
che ho dato a tutte le mie
truppe è molto chiaro, deve
sempre essere comunque
gestita l’emergenza, poi siamo
costretti ad indirizzarli alle
agenzie competenti. Anche se
la guerra finisse oggi la Siria,
per essere ricostruita o per
avere una parvenza di
stabilità, necessiterà di
parecchi anni prima di poter
vedere il rientro a casa di tutti i
esuli. Queste sono tematiche
che necessitano di molta
attenzione perché provocano
problemi a tutti i livelli sociali,
economici e di sicurezza”.
Conclude il Generale. A noi
non rimane che tracciare una
linea di informazione che
consenta a tutti di poter avere
un occhio più attento su
problematiche che paiono
lontane anni luce da noi.
Voglio chiudere con le parole
di un compagno di viaggio che
vedeva il Libano direttamente
per la prima volta “Bellissimo
paese, ho però avuto sempre
la sensazione di stare seduto
sulla bocca di un vulcano,
speriamo che rimanga spento
per sempre”.
10
VIA PO storia e storie
SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
U
n anno fa, il primo
ottobre del 2012,
è morto all’età di
novantacinque anni uno
dei maggiori e più noti
storici contemporaneisti,
l’inglese Eric J.
Hobsbawn. La sua
attività storiografica è
stata intensissima e
fortemente intrecciata
alla sua adesione
intellettuale e politica al
marxismo. Uno storico
marxista che è rimasto
tale sino alla fine,
superando anche alcune
crisi cruciali nella storia
del comunismo europeo.
Hobsbawn fu, tanto per
fare un esempio, uno dei
pochi intellettuali a non
uscire dal piccolo partito
comunista inglese in
seguito ai drammatici
eventi di Ungheria del
1956, che videro
l’ingresso delle truppe
sovietiche a Budapest.
La sua attività di studioso
si è per lungo tempo
incentrata sulle grandi
trasformazioni
economiche, sociali e
politiche dell’ottocento.
Fu influenzato dalla
metodologia della scuola
francese degli Annales e
fondò nel 1953, con gli
storici Edward P.
Thompson e Christopher
Hill, la famosa rivista
“Past and Present”.
Le rivoluzioni borghesi,
l’imperialismo, la
rivoluzione industriale
con tutti gli
stravolgimenti che
produsse, sono stati gli
oggetti fondamentali
della sua analisi. Da
questi studi elaborò
l’idea di un lungo
ottocento che si
allungava sin dentro il
ventesimo secolo.
Il naturale contrappeso a
questo lungo ottocento
è la tesi di un novecento
“corto” contenuto in
confini temporali più
stretti di quelli che la
semplice cronologia
indicherebbe. Un secolo
ventesimo che, come ha
sintetizzato nel suo più
fortunato e diffuso
volume “Il Secolo breve”
del 1994, si è dipanato a
partire dallo scoppio
della Grande Guerra
(1914) sino al crollo
dell’Unione sovietica e
alla conseguente fine
della guerra fredda
Il secolo breve di Eric Hobsbawn
di PAOLO ACANFORA
(1991).
Molte sarebbero le
considerazioni da fare
sulla sua opera. In
primis, è inevitabile, sul
condizionamento
ideologico che
l’adesione al marxismo
ha prodotto sulla sua
storiografia. Tanto più
questo discorso vale per
quelle analisi relative
all’arco di tempo in cui
egli si trovò a vivere e a
militare politicamente.
Egli stesso, d’altronde, si
definì in un suo noto
libro un “osservatore
partecipante”.
La tesi del “secolo breve”
è un’interpretazione
felice nella sua efficacia
ma che, ovviamente,
potrebbe essere
discussa e, addirittura,
rovesciata. Un grande
storico come il
tedesco-americano
George Mosse preferiva,
ad esempio, una
prospettiva di più lungo
periodo per il novecento,
indicandone l’inizio negli
ultimi anni del secolo
diciannovesimo, nella
cosiddetta fase di
decadenza e
degenerazione
stigmatizzata come crisi
“fin de siècle”.
Recentemente, Spencer
Di Scala, storico
newyorkese docente alla
Boston University, ha
indicato il secolo
ventesimo come il
“lungo secolo
dell’Europa”.
La questione è
controversa e dipende,
in sostanza, da ciò che gli
studiosi di volta in volta
desiderano enfatizzare.
Per Hobsbawn il
novecento è ruotato
attorno al comunismo e
alla sua lotta per la
democrazia. E questo
approccio lo ha indotto a
formulare talvolta giudizi
discutibili e, certamente,
meno immediati di
quanto non abbia spesso
lasciato intendere.
Asserire, ad esempio,
che fu la presenza del
comunismo sovietico –
un’esperienza definita
dallo storico inglese
terribile, drammatica ma
necessaria allo sviluppo
storico – a spingere il
capitalismo
all’autoriforma è
questione che andrebbe
vista con maggiore
cautela. Su questa scia,
qualcuno ha, addirittura,
sostenuto che né il New
deal di Roosevelt né lo
Stato sociale (e verrebbe
da dire, a questo punto,
neanche Keynes)
sarebbero esistiti senza il
comunismo.
In una tale ottica la
battaglia di Stalingrado
nella seconda guerra
mondiale diventa il
simbolo del ruolo
salvifico dell’Urss anche,
paradossalmente, per il
capitalismo occidentale.
Lo stalinismo diviene
così un capitolo della
storia umana giudicato
crudele ma inevitabile.
In un passaggio de “Il
Secolo breve” si afferma
che Stalin fu accettato
dal popolo sovietico,
nonostante i soprusi, le
violenze, le coercizioni,
le deportazioni, nella
misura in cui gli inglesi
accettarono Wiston
Churchill quando
prospettò un periodo di
lacrime e sangue.
La violenza diveniva, in
questa direzione, lo
strumento terribile ma
ancora una volta
necessario al processo di
modernizzazione della
Russia post-zarista.
A sua volta, la seconda
guerra mondiale era
interpretata come un
conflitto tra l’eredità
dell’illuminismo
(incarnato da nazioni
quali la Francia, la Gran
Bretagna, gli Usa e
l’Urss) e
l’anti-illuminismo (la
Germania nazista e
l’Italia fascista). Uno
Quandolafilosofiaèpertutti
Un volume di Stefano Cazzato sul significato dell’ontologia...
di ISABELLA VILLI
conquiste del lavoro
C
hi meglio di un filosofo può
spiegare che cos’è la
filosofia? È questo il punto di
partenza del lavoro di Stefano
Cazzato che propone
un’antologia di cinquanta autori
qui chiamati a dare la loro
definizione di filosofia. Gli autori
in questione appartengono tutti
al Novecento, e non è un caso:
in questo secolo infatti, facendo
i conti con i grandi sistemi
ideologici ereditati dal passato,
si è cercato di soppiantare quel
certo modo di intendere e di
fare filosofia, ormai desueto alla
luce di nuove tendenze (meglio
sarebbe chiamarle
interpretazioni): in una parola
quell’orizzonte di senso
chiamato ontologia. Si badi
bene, l’ontologia non è morta,
ma è giusto rendersi conto che
l’essere non è più l’esclusivo
tema di cui la filosofia intende
farsi carico, anzi: i suoi confini
concettuali si sono spinti
talmente oltre che oggi è forse
difficile delimitarli.
Intorno a questa disciplina
infatti, proprio nel XX secolo, si è
costruito un confronto dialogico
con arte, musica, politica,
sociologia, che ha così
moltiplicato gli spazi d’azione e
gli ambiti di riflessione della
speculazione in genere. In
questo florilegio filosofico,
rappresentazione di
un’eterogeneità di pensiero e di
pensieri, rivivono queste
contaminazioni: tra deviazione e
derivazione la filosofia si
arricchisce di concetti e di
argomenti su cui discutere e
ragionare. Questa evoluzione ci
ricorda che la filosofia, per
garantirsi la sopravvivenza, ha
estrema necessità di rimanere al
passo con i tempi: è dunque
doveroso lasciare che una
visione dialettica coinvolga non
solo la molteplicità di cui
abbiamo parlato, ma anche
l’attualità di certi argomenti
(come i social network o il
cellulare), nell’elaborazione di
contenuti nuovi.
L’opera è così strutturata: i testi
sono preceduti da una breve
presentazione dell’autore, utile
per inquadrarlo a grandi linee, e
seguiti da una puntuale
spiegazione dei concetti chiave
espressi; i pensatori sono citati
secondo l’imparzialità
dell’ordine alfabetico: voci del
Novecento che rappresentano
la pluralità delle scuole di
pensiero esistenti come sintesi
del panorama filosofico
accademico e non.
Grazie al lavoro di Cazzato
rileggiamo insieme le pagine più
belle della filosofia
contemporanea: affascinanti le
parole di Bobbio, per cui
l’incertezza del viaggio filosofico
è spinta alla ricerca continua di
una verità molteplice; contro
tendenza la posizione di
Fayerabend che, annoverato tra
i più grandi filosofi della scienza,
predica una filosofia ben
lontana dal metodo scientifico;
non può mancare all’appello
Heidegger che, distinguendo tra
essere ed ente, diventa simbolo
di un’epoca che si chiude (quella
della metafisica occidentale) e
ispirazione per un’epoca che si
apre (quella dell’ermeneutica).
C’è posto anche per autori
meno noti, come Aldo Giorgio
Gargani, esperto di
Wittgenstein morto nel 2009,
che predica contro la superbia
del sapere infallibile come
strumento di potere, e Roger
Garaudy, scomparso l’anno
scorso, che, alle critiche mosse a
determinati autori o a
determinate concezioni, lascia
possibilità di replica: obiettare
scontro apocalittico tra
civiltà e barbarie.
Un’interpretazione che,
tra le varie conseguenze,
ha portato nella sua
storiografia al rifiuto di
una categoria
fondamentale per
l’analisi della storia
novecentesca, quella del
“totalitarismo”. E ciò
perché niente, a giudizio
di Hobsbawn, avrebbe
potuto e dovuto
accomunare comunismo
e nazionalsocialismo.
Una valutazione che è
più frutto di un
pregiudizio ideologico
che di un giudizio
storico.
Difficilmente,
d’altronde, l’intellettuale
inglese avrebbe potuto
esprimere giudizi diversi
dato che egli stesso,
nella sua autobiografia
uscita nel 2002, definì la
rivoluzione d’Ottobre del
1917 un sogno che “è
ancora da qualche parte
dentro di me”.
per coloro che da queste
critiche si sentono chiamati in
causa, così come giudicare per
coloro che leggono tale
dibattito, costituisce la base
dialogica di cui lo scrittore
francese intende farsi
portavoce. Tra i viventi si citano
i celebri Putnam con il suo
realismo pragmatico, l’uomo
postmetafisico di Nancy e il
pensiero debole di Vattimo,
coscienza critica di tutta la
tradizione occidentale.
Un modo semplice ma allo
stesso tempo accattivante per
avvicinarsi alla filosofia; uno
stimolo per coloro che si
apprestano al primo approccio
con la materia, una nuova
opportunità per coloro che
finora si ritenevano
disinteressati o poco incuriositi
dal mondo speculativo: un
eccellente vademecum per
scoprire o appassionarsi a
quello che nella splendida
definizione dell’autore è la
filosofia: un’instancabile
esercizio del pensiero.
Stefano Cazzato, Di cosa
parliamo quando parliamo di
filosofia, Giuliano Landolfi
Editore, Borgomanero (NO),
giugno 2013, pp. 112, euro 10
11
VIA PO letture
SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
conquiste del lavoro
M
artedì primo
ottobre,
nell’atmosfera
intima e verdeggiante di
Spazio Fandango di via
dei Prefetti 22, è stato
presentato da Ritanna
Armeni e Domenico De
Masi il nuovo romanzo
della giornalista Cinzia
Leone dal titolo
“Cellophane”, edito da
Bompiani per la collana
Narratori Italiani. La
trama è incentrata sulla
figura di Aurora o meglio,
sulla curiosa abitudine
della protagonista di
raccogliere la spazzatura
altrui e di “analizzarla”
alla scoperta della
personalità dell’ex
proprietario (“La
spazzatura ci racconta e ci
tradisce. Finisce per
esserci molta più verità in
quello che
abbandoniamo che in
quello che decidiamo di
trattenere”). Il suo non è
solo un singolare
passatempo, ma
soprattutto un “vizio
segreto” che occupa solo
poche ore della sua
giornata, proprio quelle
in cui Aurora sente di fare
qualcosa di veramente
“importante e unico”. La
donna, pur essendo
ancora giovane, ha già
vissuto una serie di
drammi: la morte
prematura di una sorella
perfetta, che non ha mai
conosciuto, ma che ha
“sostituito” senza
esserne all’altezza e che
ha condizionato la sua
intera esistenza; la
perdita dei genitori, già
smarriti nella
commemorazione
perpetua della
primogenita, rapita da
un’onda anomala, che
nessuno potrà mai
rimpiazzare. Per questo la
morte non le fa paura,
anzi, ha su di lei un
effetto “rassicurante”:
C
he importa ormai?
Sono Alice. E ho deciso
di seguire il Bianconiglio in
questo buco di mondo. I
palazzi, fuori, sembrano
facce, algide, distanti. Le
finestre tanti piccoli occhi
chiusi. Per non vedere. Per
dimenticare." No, non è
una favola quella che ha
scritto Simona Sparaco. Il
suo Bianconiglio non ci
trascina in un mondo
fantastico, anzi i Brucaliffi
,le Regine e i Gatti del
Cheshire che abitano la
sua storia sono medici,
madri e compagni di vita.
Con una scrittura efficace,
semplice e
diretta,"Nessuno sa di
noi", il romanzo di Simona
Sparaco, pubblicato da
Giunti Editore, finalista del
Premio Strega 2013, lascia
un segno indelebile. Luce
e Pietro, dopo anni
trascorsi a cercare di avere
un figlio, proprio quando
sembra arrivata l'ora della
resa , ricevono la bella
notizia. Luce è incinta.
Quando si recano a fare
una delle ultime ecografie,
scoprono che il bambino
presenta delle anomalie.
Si trovano così davanti a
un bivio, devono decidere
su qualcosa che cambierà
drasticamente la loro vita.
Libro intenso, coraggioso
e penetrante, come
l'argomento che vuole
trattare, una coraggiosa
incursione in un territorio
scomodo: l'aborto
terapeutico. Dopo la
Maraini e la Fallaci un'altra
donna di fronte al dolore
più grande, un dolore che
Selaveritàè ilrifiuto...
Presentato alla libreria Fandango di Roma Cellophane, il nuovo romanzo di Cinzia Leone
di FIORELLA FERRARI
mentre gli esseri umani
“nel pieno della loro
vitalità” le appaiono
“come orribili insiemi di
odori e liquami, voglie e
prepotenze, voracità e
crudeltà”, i morti, invece,
nel loro diventare
anch’essi simili a “scarti,
rifiuti”, le risultano più
familiari e comprensibili.
La sua è, quindi, una “vita
di risulta” per destino,
nell’ombra per scelta
(“Non desidero farmi
notare. Desidero
piuttosto sparire”), nella
solitudine per attitudine
(non riesce ad interagire
nemmeno con il suo
cane: “Non mi ama ed è
ricambiato”). Aurora è la
titolare di un’azienda,
ereditata dal padre, che
caccia topi, blatte e
parassiti vari in perfetto
tema con lo “sporco”
evocato dalla spazzatura,
è una donna forte che
domina nel lavoro e nei
suoi rapporti occasionali
con gli uomini; è legata in
modo ambiguo al suo
diretto concorrente, un
nemico-amico del padre
che, da sempre, prende
dalla sua famiglia tutto
ciò che gli aggrada, pur
non arrivando ad
ottenere ciò che brama di
più. L’ultima
peregrinazione della
protagonista tra gli scarti
della società, le porterà
come frutto un macabro
ritrovamento che tingerà
la storia di giallo (ma non
lo è, come precisa la
scrittrice), conducendo il
lettore in una vicenda di
traffico di rifiuti, sullo
sfondo della Sicilia degli
anni ottanta, nella quale
si muovono personaggi
più o meno loschi, alcuni
con un loro fascino. Il
titolo “Cellophane” sta a
significare che se i
sacchetti della spazzatura
fossero stati trasparenti,
per Aurora la vita sarebbe
stata meno complicata,
perché in quel caso
avrebbe potuto evitare di
provare l’irresistibile
impulso a frugare nelle
vite altrui, allo scopo di
“reinventarsene” una
sua. La storia è narrata
con una scrittura piana e
scorrevole, a volte dura,
tagliente, non sempre
Nelbuioenelsilenzio
Nessuno sa di noi, un libro di Simona Sparaco
di MARIA TERESA GALATI
annichilisce e stordisce
per sempre. Di fronte ad
una diagnosi tremenda, i
protagonisti del libro
iniziano il loro personale
calvario. Pietro è solido,
forte, apparentemente
lucido e razionale, Luce
invece è lacerata,
arrabbiata, confusa, a
tratti si aggrappa a lui, a
tratti vorrebbe
distruggere il loro
rapporto. Nel buio e nel
silenzio, l'unico calore è il
coro di donne che dai blog
e dai forum condividono la
stessa esperienza, le
danno conforto, si
raccontano. Donne che
però nella società civile
non hanno voce. Quando
decidi di diventare madre,
ed una piccola vita si
affaccia dentro di te, non ti
aspetti mai che questo
possa diventare lo strazio
più grande della tua vita,
un dolore insopportabile.
L'intensità emozionale che
solo una madre prova nel
sentire il suo bambino
muoversi dentro di sè per
la prima volta è qualcosa
di indescrivibile. Fare un
figlio dovrebbe essere una
cosa naturale dice la
protagonista del
romanzo." E dalle madri
che sempre partiamo e
torniamo". Quindi, come
accattivante, che dipana
una vicenda in cui, ad un
certo punto, l’indagine
privata della protagonista
(che, pur contribuendo
alla risoluzione del caso,
rimarrà sempre sullo
sfondo) soverchia la sua
vicenda umana della
quale, considerate le
premesse, si sarebbe
proprio avuto voglia di
sapere qualcosa di più.
Cinzia Leone, Cellophane,
Bompiani/RCS Libri S.p.A,
Milano, 2013, pp.199,
euro 16
può diventare tutto così
complicato, difficile?
Simona Sparaco è
bravissima ad aiutarci a
comprendere, a non
sottovalutare o fuggire
dalle persone che hanno
vissuto questa esperienza,
da quei genitori che
vivono le loro tragedie in
un assordante silenzio,
togliendo il velo di omertà
che si stende sulle nostre
teste, mostrandoci quanto
sia difficile fare la cosa
giusta ,e quanto, a volte
un gesto d'amore possa
apparire crudele. Niente
falsi moralismi, niente
prese di posizione. Una
scrittura terapeutica,
salvifica. La vita può, deve,
continuare. Dopo aver
avviato l'elaborazione del
lutto, Luce trova il
coraggio di saltare dalla
stella."Ma se finissimo
tutti ad abitar le stelle, poi
nel mondo chi
resterebbe?"restituendo
così all'anima la sua
immortalità ." Non so
cos'è successo, ma a un
certo punto, dove prima
c'era solo il buio che aveva
lasciato Lorenzo, a poco a
poco è rispuntata la luce.
Si sono riaccesi i colori,
sono tornata ad essere
una casa viva. Una casa
abitata".Come scrive
(Matteo 7:1) in un verso
biblico e Bob Marley in
una sua canzone:"Non
giudicate per non esser
giudicati".
Simona Sparaco, Nessuno sa di noi, Giunti Editore, 2013 pp.252, euro
12,00
12
SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
Unatramain salsapiccante
La morte di Elmore Leonard, stroncato da un infarto il 20 agosto scorso
VIA PO letture
di ENZO VERRENGIA
È
sempre l’estate la stagione crudele
che si porta via i grandi affabulatori
che hanno saputo sfidare il tempo
prolungando quello concesso loro dalla
biologia. Ottuagenari e nonagenari,
certo, ma non per questo tenuti a
rispettare la “scadenza”. Così, dopo
Bradbury e Matheson è toccato
all’ottantasettenne Elmore Leonard,
mietuto da un infarto il 20 agosto.
Potente scrittura, debole cuore.
Campione d’incassi in libreria e al
cinema, dove saccheggiavano i suoi
romanzi ma non riuscivano a superarne
la maestria delle vicende, dei personaggi
e soprattutto dei dialoghi. Leonard
prendeva tutto dal vero e trasportava
sulla pagina. Molto diverso dal
confezionare copioni con passaggi
obbligati, parole su misura per i divi che
devono incantare il pubblico.
Leonard era nato a New Orleans nel
1985 da un signore che girava per gli
Stati Uniti ad affittare siti per la General
Motors. Si parla di automobili, fiori
all’occhiello dell’industria d’oltreoceano,
che sfornava forme aerodinamiche
somiglianti ad astronavi da terra. Infatti
conquiste del lavoro
Q
uante volte, volenti o
nolenti, ci è successo
di trovarci nel posto
sbagliato nel momento
sbagliato… Che questo
inaspettato
appuntamento con il
destino possa accadere
una volta bisogna
metterlo in conto, può
succedere. Ma che poi si
replichi con le stesse
modalità, francamente,
diventa situazione
antipatica ed
inaccettabile. Di questo
spiacevole
inconveniente ne sa
qualcosa Ziv Nevo
accusato di aver
violentato nelle vie di un
tranquillo quartiere
residenziale di Tel Aviv,
Adi Reghev e Dana
Aronov. Stupratore
‘innocente’ non una, ma
ben due volte!
Tutto ha inizio in una
silenziosa notte
invernale. Una nonnina
insonne assiste dalla
finestra del suo
appartamento ad un
episodio di violenza. Con
il suo cannocchiale vede
tutto e tutti ma per
paura non parla, non
subito, almeno. E così il
nel 1934 la famiglia Leonard si stabilì a
Detroit, che dei veicoli a quattro ruote è
il centro nevralgico. Una metropoli della
cosiddetta rust belt, la cintura della
ruggine, che indica gli stati del Middle
West, dalla costa occidentale a quella
orientale, dove si concentra la maggiore
densità produttiva. E per questo vi
circola molto denaro. Era lo stesso anche
negli anni ’30, quando il crollo di Wall
Street innescò una crisi che ricorda
molto quella attuale. Niente lavoro,
niente occasioni, il sogno americano che
si spegne. Allora si prova con le maniere
forti. Elmore giovanissimo seguiva
attraverso i mezzi di comunicazione
dell’epoca la cronaca nera con
protagonisti del calibro di Dillinger,
Bonnie e Clyde ed altri. Mentre la sua
squadra di baseball preferita, quella dei
Detroit Tigers, vinceva la World Series.
Abbastanza per incendiargli la fantasia e
alimentare la sua vocazione per la
scrittura. Prima, però, il diploma delle
superiori, il servizio militare in Marina,
durante la seconda guerra mondiale, e
infine la laurea in lettere e filosofia.
Leonard trova un posto da pubblicitario
e, mentre escogita slogan per vendere le
meraviglie del suo Paese, invia racconti
alle riviste, partecipa ai concorsi
letterari. Segue la solita trafila che lo
porta al successo con la S maiuscola.
Dai suoi libri vengono tratte pellicole che
trionfano al botteghino: Quel treno per
Yuma, 52 Gioca o muori, Jackie Brown,
Get Shorty, Out of Sight. I registi che
emergono in generazioni successive non
resistono alla tentazione di attingere
dalle opere di Elmore Leonard. Il quale
ha trasferito il meccanismo del western
nel giallo contemporaneo, dove le
motivazioni di sempre –l’avidità, la
violenza, il sesso– attecchiscono fra i
grattacieli delle grandi città con le stesse
modalità che si ritrovavano negli spazi
selvaggi della frontiera.
Che siano poliziotti o delinquenti, quelli
che compongono l’umanità narrativa di
Leonard si caratterizzano per un
realismo unico. Specie se, nel pieno
dell’azione, si attardano su frasi
dall’apparenza sconnesse, proprio come
succede nella vita reale. Per esempio,
all’inizio di Out of Sight, quando la
“sceriffa” Karen Sisco ed il rapinatore
recidivo John Michael Foley finiscono
insieme nel portabagli di una berlina in
fuga per un’evasione e si impegnano a
discutere del film I tre giorni del Condor.
La scena, riprodotta fedelmente da
Steven Soderbergh nella versione
cinematografica del romanzo, malgrado
la musica cadenzata del sottofondo, non
regge rispetto all’originale.
Perché Leonard era uno sceneggiatore di
per sé. Scriveva con un taglio
cinematografico che nessun montaggio
visivo avrebbe mai raggiunto in
perfezione. Si veda uno dei suoi ultimi
romanzi apparsi in Italia, Gibbuti. Qui La
costa africana del XXI secolo somiglia
parecchio alla Tortuga dell’epoca d’oro. I
pirati flirtano con i terroristi di al Qaeda e
Harry, incaricato dall’ONU di scoprire le
cause del problema, mira solamente ad
incassare una ricca taglia piazzata dagli
americani su Jama. Quest’ultimo, in
realtà, si chiama James Russell, con
l’accento sulla e, non è affatto africano,
bensì americanissimo, e bazzica al Qaeda
ad esclusivo scopo di lucro. Ecco la
ricetta di Leonard: servire la trama nella
salsa piccante della realtà più attuale.
Unfiumeinpiena
L’interrogatorio, un romanzo di Liad Shoham
di MARIANTONIETTA TOSTI
povero Nevo, che si trova
non proprio casualmente
da quelle parti, fa da
caprio espiatorio e
diventa lo stupratore. La
polizia brancola nel buio,
vuole subito chiudere il
caso, altera le procedure
per il riconoscimento del
colpevole, corrompe
testimoni e mette in
carcere una persona
estranea ai fatti, il primo
malcapitato che si trova
tra le mani.
Tutto sembra scorrere
liscio come l’olio. Il
poliziotto Eli Nachum
scalpita per estorcere al
sospettato una
confessione, è sul punto
di riuscirci, ma quando
Nevo comprende che il
reato in questione è la
violenza carnale,
reagisce e rigetta
risolutamente ogni
accusa. Eppure, durante
l'interrogatorio,
l'indagato si era detto
'non estraneo ai fatti'. Se
non confessava lo
stupro, quale colpa,
allora, stava
riconoscendo? Quale
segreto si cela dietro il
suo freddo mutismo? E
cosa dovrebbe intuire il
veterano Nachum al
fondo di tale reticenza?
Al centro de
'L’interrogatorio' è lo
scontro tra due figure
apparentemente
antitetiche,
l’investigatore ed il
sospettato. Ma non solo.
Il romanzo è un attacco
aperto alla corruzione,
una descrizione
abbozzata ma
ugualmente significativa
della questione
israeliano- palestinese,
un inno all'amore in tutte
le sue sfumature.
E' un thriller: “forte,
cattivo, senza
compromessi,
adrenalinico e corale,
che dissemina e
moltiplica la verità in
un’incalzante sequela di
dettagli”, per la cui
soluzione non resta che
correre al sorprendente
finale. Da vittima e
carnefice, Nevo e
Nachum, man mano che
l'azione si sviluppa,
diventeranno l'uno
indispensabile alla vita
ed alla salvezza dell'altro.
Ecco perché il libro di
Shoham è, alla fine, una
storia positiva, di
riscatto, la cui chiusa
lascia presagire un
seguito certo.
Nevo e Nachum ma
anche gli altri personaggi
'spalla', tutti con un ruolo
ben preciso e studiato,
sono “fatti di sangue e
carne, corpo e anima con
un volto ed una forma”.
E’ questo quello che
attira maggiormente il
lettore, il fatto di potersi
identificare e
riconoscere in loro.
Comprendere, senza per
questo giustificarla, la
disperazione che fa agire
il padre di Adi; provare
simpatia per il giovane
giornalista in cerca dello
scoop del secolo ma non
così cinico e spietato da
volerlo ottenere a tutti i
costi; biasimare il
direttore del giornale;
ammirare la
determinazione dell’ ex
moglie di Nevo. Già, le
donne. Un libro che
traccia le varie
sfaccettature della
psicologia femminile, ne
delinea la paura, l'
orgoglio, il coraggio, la
passione, ma anche gli
sbagli. A lasciare il segno
in questo romanzo sono
proprio loro, le figure
femminili. L'anziana
spettatrice, la ex di Nevo,
il procuratore. Ma Adi e
Dana, nonostante
qualche legittimo
tentennamento di Adi,
sono le eroine che più
degli altri hanno
qualcosa di veramente
importante da insegnare:
lealtà e coerenza, in
primis. E non è cosa da
poco questa, in un
mondo come quello
descritto da Shoham
dove ipocrisia, slealtà e
folli manie di
protagonismo dominano
sovrani. Un libro che è un
fiume in piena, da
leggere tutto d'un fiato,
dunque, se non altro
perché alla fine il bene
trionfa e si tira un sospiro
di sollievo.
Liad Shoham,
L'interrogatorio, I libri
della civetta 2013, pp.
304, euro 13,90
SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
Carbosulcis. I
Regione
e sindacati
divisi
sul futuro
produttivo
della miniera
l futuro della Carbosulcis, la miniera di carbone di Nuraxi Figus nel Sulcis in Sardegna divide sindacati e Regione. Nella riunione avuta in Regione molte sono le contrapposizioni emerse a partire dal fatto che
“non si parla più del progetto del carbone
pulito”, come ci spiega Nino D’Orso, segretario generale Femca Cisl del Sulcis Iglesiente. L’Esecutivo regionale ha infatti parlato
solo di un piano relativo alla dismissione
della miniera dal 2018 al 2027, ma tutto ciò
non convince i sindacati che chiedono chiarimenti su attività produttive e garanzia
dei livelli occupazionali. “La questione continua D’Orso - è che la Regione, proprie-
taria della Carbosulcis, non ci ha presentato nessun progetto nero su bianco, ma solo
delle proposte”. Da parte sua l’assessore all’Industria, Antonello Liori, ha spiegato che
“bisogna portare avanti un piano, concordato con le parti, che possa anche influenzare positivamente la chiusura della procedura di infrazione aperta dall’Unione europea sulla Carbosulcis (per un debito di 400
milioni di euro ndr)”. Necessario - per la Regione - trovare una linea comune, che potrà scaturire da un tavolo tecnico, dove esaminare problemi e soluzioni. Fra gli obiettivi, resta fondamentale quello della salvaguardia dei posti di lavoro, ma anche l’indi-
viduazione di un adeguato piano di riconversione. “Noi non vogliamo un tavolo tecnico con la Regione, ma un piano realistico
e credibile - ha concluso D’Orso - su come si
intenda salvaguardare l’occupazione e con
quali attività produttive. Una richiesta che
deve interessare anche il Mise”. Il sindacato, infatti, ha chiesto di ritornare a parlare
della Carbosulcis al tavolo ministeriale a Roma e su questo l’assessore ha assicurato
che farà richiesta a breve per un incontro al
ministero dello Sviluppo economico. In ballo c’è il futuro di oltre 400 minatori e delle
loro famiglie.
Sara Martano
Affaire Finmeccanica. Azionista di maggioranza diventa la Cassa Depositi e Prestiti. Fim: ora progetto industriale forte
TricoloreperAnsaldoEnergia
TERRITORIO & IMPRESE
S
vendita scongiurata per Ansaldo
Energia. Sarà la
Cassa Depositi e
Prestiti a rilevare la maggioranza del pacchetto
azionario (l’85%) e ad impegnarsi a cercare un
partner industriale. Una
soluzione che, in tutta
probabilità, apre ad un ingresso nell’azionariato di
altri soggetti.
Questa risposta del Governo convince parzialmente in casa sindacale
perché se da un lato
l’azienda resta italiana e
pubblica, dall’altro c’è
una breccia aperta che
potrebbe solo posticipare lo smembramento di
un altro pezzo del nostro
patrimonio industriale. Il
futuro del Gruppo
Finmeccanica resta, quindi, ancora avvolto nell’incertezza. In discussione,
oltre alle sorti di Ansaldo
Energia, ci sono anche
quelle di Ansaldo Sts e
Ansaldo Breda.
Proprio per spingere il governo nella direzione di
una scelta strategica ieri
è stata una nuova giornata di nazionale di protesta.
”Lo sciopero ha avuto
un’adesione altissima pari quasi al 100% - commenta Marco Bentivogli,
segretario nazionale Fim
-. Quanto alla scelta avanzata per Ansaldo Energia
riteniamo che il rilevamento della maggioranza di quota azionaria da
parte della Cassa Depositi e Prestiti non è di per
sé una soluzione se non
prevede un progetto industriale forte che ne
sappia preservare le competenze, gli assetti occupazionali e le tecnolo-
conquiste del lavoro
N
gie”.
Altissima partecipazione
in tutti gli stabilimenti italiani allo sciopero di quattro proprio per ribadire il
no alla vendita.
A Genova è la voce di Antonio Graniero, segretario generale Cisl del capoluogo ligure, ad esprimere gli umori: ”L’operazione era da quella da noi auspicata; la ”testa” rimane in Italia. Ora occorre
trovare un partner indu-
ovara (nostro servizio). Finale a lieto fine per la vertenza “Step Logistica” di
Biandrate. Un mese fa tutti i 15
dipendenti erano stati licenziati, con effetto immediato, a seguito della messa in liquidazione dell’azienda, avvenuta a fine
di luglio.
Contro la decisione aziendale,
non giustificata da validi motivi, lavoratori, Fiba Cisl e Cisl territoriale decisero di proclamare
“l’assemblea permanente”, occupando di fatto gli uffici, e di
coinvolgere nella vicenda la Prefettura, la Provincia di Novara,
il Banco Popolare e, naturalmente, l’opinione pubblica.
Dopo un mese di lotta è arrivata finalmente la svolta.
Nel “preaccordo” firmato dalle
parti un paio di giorni fa è previ-
striale per far si che si affronti con successo il futuro e le nuove frontiere
dell’energia. Resta il problema Sts, anche qui auspichiamo intervenga il
Governo, in Italia c’è molto bisogno di materiale
rotabile”.
A Napoli sono state diverse centinaia i lavoratori
di Ansaldo che hanno preso parte prima al presidio organizzato in piazza
Plebiscito sotto la Prefet-
tura e poi sotto Palazzo
Santa Lucia, sede della
giunta regionale della
Campania. Lo scopo della mobilitazione era sensibilizzare le istituzioni locali a farsi portavoce nei
confronti del Governo
delle esigenze dell’industria e, in particolare, della vicenda Ansaldo. ”La
Fim di Napoli, nell’apprezzare la disponibilità
del prefetto e della Regione Campania a farsi por-
tavoce, ha riconfermato
la propria contrarietà alla cessione a gruppi stranieri di assetti industriali
che - ha dichiarato Giuseppe Terracciano, segretario della Fim Cisl di Napoli - fanno parte del patrimonio produttivo italiano. Riteniamo sbagliato che Finmeccanica e
Governo rinuncino a fare
industria. Ci aspettiamo
che ricerchino soluzioni
per riaffermare la leader-
ship italiana e renderla
competitiva sul mercato
internazionale”.
Sciopero anche allo stabilimento AnsaldoBreda di
Pistoia dove le maestranze hanno manifestato davanti ai cancelli della fabbrica. ”Ad oggi - ha detto
Jury Citera, segretario
della Fim Cisl pistoiese si parla di un piano A e un
piano B di Finmeccanica,
il primo prevede uno
spacchettamento, l'altro
una grande Ansaldo, ma
in entrambi i casi manca
un vero piano di sviluppo
di questo settore”.
Anche i lavoratori Ansaldo Breda, delle ex
Omeca, hanno dato vita
a Reggio Calabria ad un
sit - in di protesta svolto
davanti alla sede di Prefettura. Una delegazione
di operai ed i rappresentanti sindacali di Fiom
Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil e
alle Rsu ha avuto un incontro con il vice Prefetto della città. Nello stabilimento di Reggio Calabria
sono impiegati circa 600
lavoratori.
Pure in Sicilia gli operai
dell’Imesi, società del
gruppo Finmeccanica,
che si trova a Carini (Pa)
hanno bloccato la strada
statale che collega Carini
a Capaci. I lavoratori protestano anche per accendere i riflettori sulla mancata previsione da parte
di Finmeccanica di assegnare allo stabilimento siciliano nuove commesse. Sono 174 i dipendenti
del sito che si occupa di
costruzione e ristrutturazione di carrozze ferroviarie e temono di restare
senza lavoro già da dicembre.
Silvia Boschetti
Novara. Salvi tutti i posti di lavoro dopo un mese di assemblea permanente e lotta sindacale
StepLogistica,finalealietofine
sto il ritiro della messa in liquidazione della società Step Logistica, la revoca di tutti i licenziamenti, il mantenimento del contratto dei bancari/credito (seppure con una riduzione del
monte salari di circa il 9%) e una
commessa “garantita” da parte
del Banco Popolare fino al 31 dicembre 2017. “L’accordo, come da noi richiesto - spiega Emilio Lonati, segretario della Cisl
Piemonte Orientale - sarà sottoscritto ufficialmente nei prossimi giorni nella sede della Prefettura di Novara. I lavoratori hanno approvato all’unanimità l’in-
tesa e deciso di sciogliere così
l’assemblea permanente”.
Dopo un’occupazione durata
più di trenta giorni, sabati e domeniche comprese, gli impiegati sono provati, ma assolutamente soddisfatti dell’esito della vertenza.
“I licenziati - afferma Nello Bacchetta, segretario della Fiba Cisl di Novara - erano tutti ex dipendenti della Banca Popolare
di Novara, ceduti nel 2006, come ramo d’azienda, alla Step Logistica. Terminati gli anni di garanzia occupazionale da parte
della Banca Popolare (previsti
dall’intesa di cessione - cinque
anni), e con l’organico sceso sotto le quindici unità, come un fulmine a ciel sereno, sono arrivati i licenziamenti”.
Un ruolo importante in questa
vicenda è stato svolto dal Banco Popolare che non poteva, visti i precedenti, chiamarsi fuori.
“Va riconosciuto - aggiunge Bacchetta - che il Banco Popolare,
attraverso la presa in carico di
diversi problemi legati alla vertenza, ha fatto la sua parte”.
Ma senza la caparbietà e la determinazione dei lavoratori
questo risultato non sarebbe
stato raggiunto, come spiega il
segretario Cisl Lonati. “Ci siamo
impegnati a fondo - sottolinea
il sindacalista - convinti come
siamo che lottare per il lavoro
significa certamente crearne di
nuovo, ma anche difendere
quello che c’è”. Un cartello affisso in Step Logistica all’inizio dell’assemblea permanente, recitava: ”Chi lotta può anche perdere; chi non lotta è già sconfitto in partenza”.
“E mai come in questo caso conclude Lonati - è stato vero”.
Rocco Zagaria
14
SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
ppalti prorogati dal ministero delAppalti di pulizia A
l’Istruzione sino a novembre per le
imprese di pulizia nelle scuole. Si apre
spiraglio per i 24 mila lavoratori delnelle scuole, uno
le imprese del settore.
si è impegnato a destinare a
proroga Iltuttiministero
i lotti le risorse necessarie in modo
creare le condizioni per proseguire
del ministero daquesto
complesso il confronto che è stato
aggiornato
al prossimo 14 ottobre.
fino a novembre. Sempre il ministero
ha confermato a FiFilcams Uiltrasporti le intese preFisascat, evitare sascat
cedenti impegnandosi nella ricerca delle
da attuare prima dell'avvio deli licenziamenti soluzioni
le nuove gare.
cronache
M
arco Patuano, l’ad di Telecom che
ha ereditato
le deleghe del dimissionario Bernabè, si presenta
all’appuntamento
con i sindacati lanciando
messaggi rassicuranti.
Garantisce la ”piena occupazione”, perché la realizzazione del ”grande
progetto” che l’azienda
intende sviluppare ha bisogno del ”contributo di
tutti i suoi 50mila dipendenti”. E spiega che Telecom non “non avrà problemi a investire”, anzi,
lo farà con “maggiore
energia” ora che può
contare su un piano industriale ”basato sull'innovazione”.
Basterà a tranquillizzare
i sindacati? Difficile. In attesa di conoscere l’esito
dell’incontro - ancora in
corso nel momento in
cui scriviamo - quel che
si può dire è che l’unica
certezza è che non ci sono certezze. Non è ancora chiaro, ad esempio,
come si evolverà la partita che si gioca sulla rete,
per i sindacati - e per la
Cisl - una priorità assoluta. L’ipotesi che un asset
stategico tanto per l’economia che per la sicurezza nazionali venga dismesso con leggerezza
non viene neppure presa in considerazione da
Fistel e Cisl.
In materia i soci di Telco,
la scatola che garantisce
il controllo di Telecom
con poco più del 22% del
Obiettivo è quello di dare continuità occupazionale ai lavoratori coinvolti.
Data l’importanza che riveste la vertenza, a fronte delle preoccupazioni espresse dalle organizzazioni sindacali, si è deciso di coinvolgere altre istituzioni, in particolare, la Presidenza del Consiglio. Lo
stesso ministero dell’Istruzione ha già attivato la richiesta di un apposito tavolo
politico aperto alla partecipazione di più
interlocutori istituzionali.
Data la difficoltà e la complessità della
vertenza Filcams Fisascat Uiltrasposrti si
stanno raccordando con le rispettive
confederazioni Cgil Cisl Uil per una azio-
ne coordinata a tutti i livelli della vertenza.
Inoltre le organizzazioni sindacali riconfermano il massimo impegno per dare
uno sbocco ad una vertenza che se non
viene risolta positivamente produrrebbe gravi danni sociali: aggraverebbe le
condizioni di migliaia di famiglie già ai limiti di reddito di sopravvivenza; rischierebbe di sfociare in un durissimo conflitto sociale.
Vista la difficoltà che permane anche al
tavolo del ministero del Lavoro le organizzazioni sindacali confermano lo stato
di agitazione aperto.
L’incontro. L’ad Patuano: occupazione garantita. Ma Cisl e Fistel vogliono risposte sulla rete
Telecom,sindacatiinpressing
capitale, sembrano avere una sensibilità diversa. Lo dimostra una clausola messa nero su bianco nell’accordo che ha
dato via libera alla scalata di Telefonica e che Il
Messaggero ha pubblicato ieri: “Nel caso in cui
qualsiasi Autorità competente e/o Antitrust imponga, in relazione al secondo aumento di capitale riservato, restrizioni, limitazioni o altri provvedimenti”, Telefonica
“avrà diritto, a proprio insindacabile giudizio, di
accettare tali restrizioni,
limitazioni o altri provvedimenti ovvero di non
procedere al secondo aumento di capitale”.
In pratica, i soci italiani
(Generali, Mediobanca
e Intesa) lasciano compagnia spagnola la possibili-
tà di fare marcia indietro
qualora il governo intervenga fissando condizioni giudicate eccessivamente onerose riguardo
allo scorporo della rete.
È vero che non si tratta
di un patto segreto, come si è precipitata a chiarire la Consob, bensì di
un accordo di “pubblico
dominio”. Ma la sostanza non cambia.
La reazione del governo
è fredda: “Gli accordi tra
privati non devono influenzare” la linea dell’esecutivo, commenta il
viceministro allo Sviluppo economico, Antonio
Catricalà. Significa che
tutte le opzioni restano
aperte. Anche se il governo sembra poco propenso ad intervenire per via
legislativa modificando
la legge sull’Opa: una
scelta che ”potrebbe apparire legata alla contingenza”, dice Catricalà. Insomma uno sbarramento anti - Telefonica, per
giunta costruito ex post,
e dunque suscettibile di
valutazioni non precisamente lusinghiere da
parte del mercato, al momento è da escludere:
“Non si cambiano le regole con la partita in corso”.
Altra cosa sarebbe il potenziamento della cosiddetta Golden power, facendo rientrare la rete
telefonica tra i poteri
speciali. Il regolamento,
ribadisce Catricalà, sarà
pronto a breve, anche se
“non è detto che poi lo si
debba usare”.
Quanto al progetto di separazione della rete ”c'è
un momento negoziale
che vede l'intervento
della Cdp e poi la creazione statutaria di una nuova società e infine il momento fisico della separazione”. Una procedura
che, prevede Catricalà,
per essere portata a termine necessita di ”almeno due anni”.
A meno che non si decida di battere una strada
diversa, quella cioè dello
scorporo deciso attraverso una legge per iniziativa del governo o del Parlamento. ”Non ci sarebbe nulla di sconvolgente”, assicura il presidente della Cassa Depositi e
Prestiti, Franco Bassanini, rammentando quanto accaduto per la rete
elettrica e quella della
del gas.
C.D’O.
BREVI Fnp
a cura di Ileana Rossi
conquiste del lavoro
Umbria: la crisi pesa su anziani e loro famiglie
L’incremento della povertà in Umbria mette in allarme la Fnp Cisl. In regione le famiglie relativamente povere nel 2011 erano l’8,9% del totale, nel 2012 l’ 11%.
Dal 2008 al 2012 le famiglie
povere sono quasi raddoppiate: da 28.800 a oltre
42.100. Nel periodo
2011/2012 sono cresciute
di 8mila unità. Da qui le azioni che la Fnp Cisl Umbria intende sostenere: lotta ai privilegi
per una riforma fiscale equa;
informazione e prevenzione
per tutti i pensionati, così da
liberare risorse per una politica socio - sanitaria più rispondente ai bisogni
delle persone anziane e
dei non autosufficienti;
adeguamento delle pensioni
al costo della vita. Poi “no ad aumenti della pressione fiscale complessiva”, perché “c’è necessità
di accrescere il reddito netto disponibile delle famiglie per rilanciare l'economia”. Infine,
“sostegno ai provvedimenti
che possano alleviare
lo stato di bisogno, come rimodulare la spesa
dei ticket, e sanitaria in
genere, sino a superare le
inaccettabili liste di attesa”.
Modena: corso di cucina
per badanti
Quanto deve cuocere la pasta, quanto sale mettere
nell'acqua perché il riso in bianco non diventi immangiabile, come si prepara una salsa. Questi ‘problemi’
spesso mandano “in crisi” le lavoratrici domestiche
straniere, specie se da poco in Italia. Per aiutarle a preparare correttamente i pasti per i loro datori di lavoro, i Pensionati Cisl di Vignola (Mo), attraverso l’Anteas, organizzano un corso gratuito di cucina per badanti. “La maggioranza di queste lavoratrici proviene da
tradizioni culturali e gastronomiche molto diverse dalla nostra, perciò spesso non accontentano il nostro
palato - spiega Carla Montanari, dell’Anteas di Vignola -. Dato che una buona alimentazione è anche condizione di buona salute, l’attenzione verso l'anziano a
tavola e le sue patologie favorisce una migliore integrazione della badante nella famiglia ospitante”. Il corso si tiene ogni mercoledì pomeriggio (15 - 17,30)
presso la cucina del convento dei frati Cappuccini di
Vignola. “Oltre a insegnare a cucinare, forniremo nozioni su igiene e sicurezza alimentare - aggiunge Montanari - nonché sull'alimentazione più indicata a seconda delle patologie (ipertensione, diabete, ecc.) tenute da un medico nutrizionista. Le “allieve” saranno
istruite anche su come si prepara la tavola (tovaglia,
piatti, bicchieri, pane). A fine corso l’Anteas - Cisl rilascerà un attestato di partecipazione.
Sicilia. Mancano i progetti,
a rischio fondi europei per anziani
“I tempi stringono, se i distretti sociosanitari non presenteranno entro i primi di dicembre i progetti per
l'utilizzo dei Fondi Pac, i territori di Palermo e Trapani
rischiano di perdere risorse fondamentali per l'assistenza sociosanitaria degli anziani non autosufficienti
e per i servizi all'infanzia come gli asili nido, bisogna
fare presto”. A lanciare l'allarme sono Fnp Cisl, Spi Cgil
e Uilpensionati di Palermo e Trapani, che hanno inviato una lettera ai Comuni capofila dei distretti sociosa-
nitari dei due territori per chiedere un incontro urgente e accelerare la redazione dei progetti e la loro presentazione al Ministero dell'Interno. Alla Sicilia sono
stati assegnati oltre 41 milioni di euro. Per gli anziani
le risorse destinate a Palermo e provincia, sono
9.795.456 euro, per il territorio di Trapani
3.902.301. Per i servizi di cura all'infanzia a Palermo e provincia sono stati
a s s e g n a t i
10.080.532 euro,
a Trapani e prov i n c i a
3.084.454. Solo
a Palermo città
spettano quasi
cinque milioni e
mezzo di euro
per gli anziani ed a
Trapani città oltre un
milione e duecentomila euro. Per non perdere “cosi tante risorse” i
sindacati hanno chiesto ai Prefetti di Palermo e Trapani, di “ convocare i sindaci dei Comuni
capofila dei distretti sociosanitari per chiedere
lo stato delle cose e
una mappatura dei progetti pronti per la consegna”.
SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
15
Tragediedelmare,
Osservatorio
naufragiodeidiritticivili
Cronache e approfondimenti
delle violenze sulle donne / 208
L
a tragedia di
Lampedusa rappresenta per
tutti noi un punto di non ritorno perché ci scuote e ci spinge a superare l’assuefazione dello stillicidio e a fare i conti
con qualcosa di insostenibile e smisurato. In questo quadro,
ci sentiamo coinvolte e partecipi in un
lutto che ci colpisce
in quei sentimenti di
umanità che separano la civiltà dalla barbarie. Ha fatto bene
Papa Francesco a
condensare lo strazio in un’unica parola: vergogna! Ma la
vergogna, in questo
caso, non deve spingerci a guardare dall’altra parte ma a vivere la costernazio-
ne e il lutto come uno
stimolo potente al fare e all’agire. Se vogliamo davvero onorare
le vittime dobbiamo
essere consapevoli
che questa ennesima
sciagura richiama con
urgenza un altro tempo e un altro agire della politica. L’instabilità nordafricana, la
guerra civile in Siria e
la destabilizzazione di
una geopolitica a corto di riferimenti e di
strumenti internazionali di governance rimette al centro il Mediterraneo non solo
come punto di congiunzione di culture
ma anche come scenario di spostamenti in
massa di profughi che
non possono essere
accolti improvvisando
o facendosi carico, in
totale solitudine, degli effetti connessi a tali emergenze. Le strategie nazionali di contenimento - sostenute e sollecitate dall’Europa - hanno mostrato in forma drammatica il loro fallimento,
così come è fallita la
pretesa di governare
queste ondate limitandosi al pattugliamento delle coste e senza
ricorrere a monte a
una politica di accordi
tra gli stati che si affacciano sul Mediterraneo.
In questo senso è necessaria un’Europa
che sappia agire come
continente, con politiche organiche e approcci condivisi capaci
di esprimere un modello di accoglienza
che sia sostenibile.
Ciò significa che Lampedusa è contemporaneamente territorio
italiano ed europeo e
non una semplice porta di accesso all’Europa per persone che
fuggono in cerca di un
futuro migliore. Troppe sono le vittime di
questa tragedia e tante anche le donne, incinte e con bambini al
seguito. Donne che si
erano lasciate alle
spalle il senso stesso
di una stabilità, l’idea
fondante della dimora
per sfidare il destino e
i rischi che il mare riassume e certifica sempre più spesso in forma di dramma. Vogliamo dire basta una volta per tutte a queste
morti, a questo orrendo traffico di esseri
umani e per farlo bisogna puntare con coraggio sull’unica politica
possibile, una politica
europea ampiamente
condivisa in grado di
affrontare
queste
emergenze garantendo protezione a coloro che fuggono dalle
guerre e inasprendo
le pene per i trafficanti che compiono un vero e proprio crimine
contro l’umanità. Solo
così possiamo restituire al Mediterraneo
l’antica identità di mare nostrum e non quella terribile di cimitero
di anime. Esprimiamo
il nostro cordoglio e la
nostra solidarietà alle
vittime unendoci alla
mobilitazione unitaria
indetta per il prossimo 11 ottobre.
Liliana Ocmin
ONU. ANCORA
IN TROPPI PAESI
LA PIAGA DELLA SPOSE BAMBINE
Il diritto di scegliere il proprio sposo è
riconosciuto sin dal 1946 nell’articolo
16 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ma ”ancora oggi, in troppi
Paesi a donne e bambine questo diritto
viene negato”. In un intervento ad una
riunione del ”Core Group” dei Paesi che
guidano la campagna contro il matrimonio forzato, il ministro degli esteri Emma Bonino è stata chiara: ”E giunto il
momento per noi di alzare la voce e agire con coraggio per sottolineare la gravità di questa violazione dei diritti umani”. La riunione, che si è svolta a New
York a margine dei lavori dell’Assemblea generale dell’Onu, è stata organizzato da Canada, Olanda, e Ghana, Paesi
membri del ”Core Group” di cui di recente è entrata a far parte anche l’Italia. ”Fino ad Ora, le Nazioni Unite hanno affrontato la questione nell’ambito
delle 'Omnibus Resolutions', considerandola in un ampio contesto”, che
comprende la lotta alla violenza contro
le donne e agli abusi sui bambini. Ed è
anche un fenomeno drammaticamente diffuso. Nel periodo 2000 - 2011, il
34% delle donne in 41 Paesi in via di sviluppo tra i 20 e i 24 anni si è sposata
prima del compimento del 18/mo anno
di età. Nel 2010 in questa condizione si
trovavano 67 milioni di donne, di cui il
12% si sono sposate prima di aver compiuto 15 anni.
ONU, 232 MILIONI DI MIGRANTI
NEL 2013, LA METÀ DONNE
focus
Nel 2013 i migranti nel mondo sono stati 232 milioni di persone, contro i 175
milioni del 2000. La metà di questi sono
donne. I dati del rapporto del Dipartimento di Affari Economici e sociali dell'
Onu mostrano che nonostante la recente crisi economica e finanziaria, il numero di migranti internazionali continua a
crescere per dimensioni, portata e impatto. Europa e Asia assieme sono i continenti che ospitano quasi due terzi della popolazione migrante mondiale: la
destinazione principale rimane il Vecchio Continente, con 72 milioni di persone, contro i 71 milioni dell'Asia.
FIRENZE. ACCORDO TASK FORCE
A SOSTEGNO DEL CODICE ROSA
Una task force interistituzionale che
combatta la ”violenza nei confronti delle fasce deboli della popolazione”. È
quanto prevede il protocollo d’intesa
sottoscritto dal procuratore aggiunto
di Firenze, dal procuratore di Pisa e dal
direttore generale dell’Asl 11 di Empoli
(Firenze). Si tratta di un accordo che sottolinea e garantisce la sinergia tra forze
dell’ordine e Asl 11 a sostegno del progetto Codice rosa avviato nel giugno
scorso come percorso di accesso al
pronto soccorso riservato ai gruppi fragili di popolazione vittime di violenze”.
Il protocollo si inquadra all’interno di
una cornice programmatica della Regione Toscana relativa alle politiche di contrasto, all’esclusione sociale e alle norme contro la violenza.
(A cura di Silvia Boschetti)
conquiste del lavoro
conquiste delle donne
Il 7 ottobre la giornata mondiale
del lavoro dignitoso
La CSI, Confederazione Internazionale dei Sindacati, in vista della Giornata Mondiale del Lavoro Dignitoso che
si celebrerà il prossimo 7 ottobre in
tutto il mondo invita tutte le organizzazioni aderenti a dare vita nei rispettivi paesi a manifestazioni e incontri
sul tema del lavoro dignitoso per tutti. Sono trascorsi sei anni dal primo
lancio della Giornata Mondiale e grazie a questa ricorrenza decine di mi-
lioni di persone hanno intrapreso numerose azioni per promuovere, garantire e difendere i diritti sindacali
di lavoratori e lavoratrici in tutto il
mondo ottenendo importanti risultati. Anche quest’anno, pertanto, la CSI
ha rilanciato l’appello per promuovere la giustizia sociale e il lavoro di qualità per tutti, l’unica strada per rimettere in moto l’economia. Solo il 7%
dei lavoratori e delle lavoratrici, sia
nell’economia formale sia in quella informale, sono sindacalizzati e sono
centinaia di milioni le persone che ancora non beneficiano della tutela dei
diritti sindacali.
La Giornata Mondiale per il Lavoro Dignitoso è dunque un’importante occasione per sensibilizzare il mondo
del lavoro sul tema e sostenere azioni mondiali di solidarietà. (L.M.)
Al via la terza edizione
di Frecciarosa
Tornano le Frecce di Trenitalia per
tutto il mese di ottobre per portare
avanti la campagna di sensibilizzazione e prevenzione delle malattie femminili insieme all'Associazione IncontraDonna onlus, con il patrocinio del
Ministero della Salute. Una campagna che si rivolge all'intero universo
femminile mettendo al centro dell'attenzione le donne, la loro salute, i loro diritti e il loro mondo. L'edizione
2013 di Frecciarosa punterà a consolidare il successo delle precedenti edizioni con cui sono state coinvolte oltre 2 milioni di donne in consulenze e
visite gratuite e distribuiti oltre
100mila vademecum sulla salute. Anche quest’anno il programma
riproporrà consulenze mediche a bordo treno e distribuzione di consigli e
indicazioni utili non solo per le donne
ma per la salute di tutta la famiglia.
(L.M.)
A cura del Coordinamento Nazionale Donne Cisl - ww.cisl.it - [email protected] - telefono 06 8473458/322
16
tendenze
SABATO 5 OTTOBRE
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013
Viaggiare,aiutarechiviaggiaepreservareilpianeta
conviaggilowCo2emission
V
iaggiare è il sogno di tutti, un modo per imparare, per crescere,
ma... c'è un però. Viaggiare ha un costo, spesso elevato e che non
tutti possono affrontare. Il costo dei nostri viaggi non è solo monetario e, che se ne parli o meno, i costi li paga il nostro pianeta. Inquinamento,
utilizzo delle risorse naturali (anche gli aerei hanno bisogno di carburante, non
solo le nostre auto, ed è frutto prezioso della terra), non calcoliamo poi la produzione di scarti industriali e chimici che i nostri viaggi sono capaci di creare. Quanti se
ne preoccupano? Pochi, ma fortunatamente non nessuno. Ho fatto una scoperta, si
chiama http://www.wanderio.comed è un sitodove si possonocreare e prenotareviaggi dallo spostamento, ai vari servizi di transfer e booking per il pernottamento, ma c'è di
più, grazie a questo sito possiamo conoscere perfino le emissioni di CO2 che comporterà la
nostra partenza. Un occhio al portafoglio ed uno al pianeta. Ma come nasce un sito del genere? Dietro wanderio c'è una giovane startup tutta italiana. Giovani italiani che non solo si sono
messi in gioco, ma hanno creato un'impresa che può aiutare altri giovani - e non solo - a progettare ipropri viaggi.In Italiastartup di questogenere non sonoancora numerosecome sarebbe auspicabile, i giovani non hanno i lavori che forse meriterebbero e viaggiare, senza un lavoro e senza fondi,
diventa sempre più difficile, ma è con idee come questa si può mettere in moto un processo economico positivo e perché no, aiutare soprattutto i giovani a viaggiare spendendo poco e con un occhio
alle emissioni di CO2 - è la prima informazione che ci da il sito dopo la coloratissima homepage e imparando qualcosa di positivo perché è
anche grazie ai viaggi che possiamo
crescere e, chissà, trovare
idee buone come questa.
conquiste del lavoro
Vittoria Marchegiani