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La balena bianca
di Crescenzo Zito
Per i ricordi, vero?
Sollevai la testa per capire se quella domanda fosse rivolta a me.
È triste per il ricordo in sé o per l’oggetto del suo ricordo?
La fissai: all’incirca trentacinque anni e alta poco più di me, sul metro e
settantacinque.
Non rimanga prigioniera dei ricordi perché nel rivivere il passato, non fa che
indebolire il suo presente e questo la rende fragile e disarmata nell’affrontare il
futuro.
Mi somigliava fisicamente, ma non nell’abbigliamento, tanto meno nel
temperamento; infatti, il portamento aggraziato dei gesti era discordante col timbro
della voce con cui si rivolgeva a me. La guardavo per prendere tempo.
L’abito, in crespo di seta verde bottiglia, le accarezzava il corpo e si fermava al
ginocchio, mentre la scollatura a punta lasciava intravedere la rotondità dei seni che
una camicetta trasparente, invece di celare, evidenziava.
I capelli rossi raccolti in uno chignon, terminavano con due riccioli ai lati della
fronte, mentre ai lobi brillavano due piccole rose. Il collo diafano era circondato da
una collanina preziosa. L’ovale del viso metteva in risalto i due zigomi ben disegnati
e, più su, gli occhi castani oblunghi erano esaltati da un tratto di matita scura. Le
labbra erano perfettamente disegnate, come i capezzoli turgidi che spingevano il
leggero crespo del corpetto. Al braccio destro una piccola borsa di pelle, mentre la
mano sinistra reggeva una giacca.
Non potevo ancora restare in silenzio e, per bloccare altre sue considerazioni,
riaffermai ciò che i miei amici sapevano da anni.
Odio l’estate, tutto qui.
Che cosa?
Odio l’estate che allunga le giornate dal caldo insopportabile e che rende invivibile
anche la notte, soprattutto in questa città disordinata e affollata.
Io contribuisco…sono di passaggio.
Odio l’estate perché è arrivata in tutta fretta mentre ero presa da altro.
Ah…
Odio l’estate che trasforma i miei indumenti in una seconda pelle, per colpa della mia
eccessiva sudorazione...
Non è l’unica…
Odio l’estate perché mi allerta i sensi…
Cioè? Scusi posso sedermi…
Prego si accomodi, tanto il mio amico ritarderà, come sempre.
Grazie mi chiamo Viola… e lei?
Rosa.
Piacere.
Ci guardammo e sorridemmo all’unisono perché pensammo la stessa cosa.
Quante possibilità c’erano di trovare due sconosciute col nome di un fiore?
Una floreale coincidenza.
Infatti, alquanto singolare.
Da molti anni, da fine giugno a inizio settembre, mi rintanavo in casa e sparivo per il
resto del mondo. Era la tattica che usavo d’estate, per non fare nuove conoscenze,
perché le amicizie estive finivano sempre nel peggiore dei modi.
I miei amici giustificavano questo comportamento bizzarro, come parte essenziale del
mio processo creativo. In fondo le mie foto avevano un discreto successo ed io non
desideravo di più. La troppa notorietà m’inquietava, quasi come Viola.
- Odio l’estate, che mi ferisce più di ogni altra stagione.
- Lei davvero crede che il suo attuale stato sia colpa soltanto di questa stagione?
Perché mai dovrebbe riguardare i ricordi?
La spossatezza del caldo non rende il suo sguardo assente, com’era prima… lei… tu,
posso darti del tu?
Va bene…ma io non credo che dalla contrazione dei miei muscoli facciali si capisca
il mio animo. Tutt’al più se sono esasperata, ma da che cosa? Dal caldo o da un
ritardo? Depressa o arrabbiata? Delusa da uno stronzo o da un’amica. Per caso tu hai
studiato psicologia o sei vittima di uno psicoterapeuta?
No, no... sono un’artista. Un’artista figurativa.
Ah, ecco! Mi mancava una contemporanea dei dinosauri ma dal bel faccino
innocuo…
Sorrisi e la contagiai.
- Ci vuole coraggio, dopo la nascita della fotografia, a riproporre arte figurativa. Dai
dimmi: dove hai nascosto la macchina del tempo? Tu arrivi direttamente dal secolo
passato…
La guardai con più attenzione e capii che mi ricordava le donne degli anni quaranta,
per colpa di quella pettinatura così antica ma affascinante.
E siamo ritornate al passato, di nuovo ai ricordi…
Ricominci? Forse sei tu a essere fissata con questa supposizione. Perché dovrei essere
tristemente persa nei ricordi…
Qualche storia finita male?
Viola, mi violava nel profondo e, per nascondere l’inquietudine che provavo, cercai
degli appigli visivi e scrutai nei dintorni alla ricerca di un punto stabile su cui fermare
lo sguardo. Fissai un lampione poco distante e mi accorsi che era acceso, nonostante
fosse soltanto il primo pomeriggio. Fu quella luce a farmi prendere coscienza che
battevo regolarmente, e inconsciamente, il piede destro sul marciapiede e il tentativo
di bloccare il ritmo del sandalo aumentò la mia sudorazione. Provai a calmare il
respiro con l’aiuto dei sei mesi di un corso di yoga; acquietai così le mie sensazioni e
iniziai a ricapitolare.
Ero seduta fuori da un bar in attesa di Giulio; sola ma in compagnia di una
sconosciuta piuttosto sexy ma troppo invadente. No, non funzionava, ero di nuovo
preda dell’agitazione, dovevo continuare a parlare.
Non sei di Roma, vero? Dall’accento direi che sei Ligure…
Hai ragione, sono di Savona.
Che ci fai qui? Sei venuta per l’omelia di Papa Francesco?
Assolutamente no, anche se quest’ultimo papa mi è molto simpatico. Sono qui per
l’inaugurazione di una mostra di pittura e per chiudere una storia d’amore…
Un buon motivo… e uno triste.
No, per niente, ho io deciso di troncare. Le relazioni a distanza non funzionano, per
me la vicinanza fisica vale l’ottanta per cento del rapporto; poi questa mostra è
bellissima. C’è anche un terzo motivo che sta per diventare il più importante. Questo
viaggio mi ha anche permesso di fare la conoscenza con una bella e timida ragazza.
Mi corteggia! –pensai.
In un primo momento questa consapevolezza mi sconcertò, perché non avevo mai
preso in considerazione che potessi essere fonte di desiderio per un’altra donna, ma
subito dopo ne fui gratificata.
Desiderata da un’altra donna…
Mentalmente soppesavo questo pensiero.
- …da una donna.
E ripensai a lei, a colei che mi era stata negata nel momento più fragile della mia vita.
Il passato s’impose e velò la mia percezione e ripiombai a nove anni, incapace di
oppormi alla decisione di mio padre, che mi strappò da mamma per sempre.
Per colpa mia. Fui io, infatti, in quell’estate di tanti anni fa, a dire a papà che avevo
visto mamma baciare il padre di Marco, il mio compagno di banco. Pensavo che
baciarsi tra amici fosse normale, invece mio padre capì tutto quell’altro invisibile alla
mia età.
Nel giro di tre settimane ci trasferimmo a Roma e mi fu proibito persino di parlare al
telefono con mamma e fui costretta a crescere con un’innaturale menomazione
affettiva.
Sentivo il bisogno di una condivisione e, per quanto tenessi a freno le lacrime, avevo
gli occhi lucidi. Non potevo avvicinarmi a Viola, avrebbe frainteso; poi ripensai che
ero ripiombata nel passato per quel suo parlare a sproposito.
Eppure venti minuti prima ero serena, in attesa di Giulio che mi avrebbe portato una
copia autografata del suo primo romanzo. Contenta di essere stata citata nei
ringraziamenti, per il saccheggio di un episodio buffo della mia sgangherata vita
sentimentale, ma soltanto perché non avevo avuto la capacità di negargli il permesso.
Fu proprio in quell’occasione che mi aveva fatto riflettere sulla scelta dei miei
partner.
Li scegli tutti con una sessualità borderline, per dirlo senza offendere i tuoi
sentimenti… perché non provi con una donna…
Mi chiesi di chi fosse la colpa se in quel momento mi agitavo come una mosca,
incollata alla ragnatela del bailamme di Viola.
Ti rendi conto che sei nuovamente sprofondata nel passato? Hai gli occhi luccicanti
di nostalgia…
Sono state le tue chiacchiere a risvegliare note dolenti…
…ma per nulla trascorse, vero?
... episodi che non volevo in nessun modo ricordare. Hai aperto una ferita antica.
Dimmi, perché sei così interessata a me?
Davvero lo vuoi sapere?
Non è mia abitudine porre domande retoriche.
Perché sei sexy e quel velo di tristezza ti rende irresistibile ai miei occhi.
Mi stai corteggiando spudoratamente ed io credevo fosse esclusivamente
un’abitudine maschile... ma c’è sempre da imparare a questo mondo.
Hai ragione, scusami. Tu mi risvegli dei sentimenti dolcissimi e imprescindibili dalla
sessualità.
Ero ritornata bambina, quando mi ero ripromessa che non mi sarei mai arresa alle
decisioni degli altri; che mai più avrei tirato i remi in barca, anzi avrei lottato fino
all’ultimo, con la furia del capitano Achab.
Eccomi ora, trentatreenne, a sostenere un pugno di ferro visivo con una donna che
desiderava ardentemente accarezzare il mio corpo nudo.
Continuavamo a fissarci e anch’io cercai di comprendere qualcosa oltre i suoi occhi,
ma mi scontravo solo con quel desiderio, che non era il mio. Lo sguardo famelico già
gustava il sapore e l’odore del mio corpo, mentre le mie pupille riaffermavano una
distanza di sicurezza dalle sue labbra bramose.
Perché non vieni stasera in galleria, c’è l’inaugurazione della mia mostra personale.
Ah! Esponi tu… un modo per ritornare nella preistoria…
La risata che esalò dalle mie labbra nascondeva l’incapacità di gestire l’oceano in
burrasca che scuoteva il mio petto.
Nel caso verrò con un amico…
Porta chi vuoi, l’entrata è libera… ehi, sei tu a vivere ancora nel caos primordiale,
non io.
Non dovevo andarci perché intuivo che quella scelta avrebbe avuto un peso sul mio
futuro.
Questo è l’indirizzo della galleria, ti aspetto alle diciannove.
Elaboravo di continuo concetti contradditori mentre l’eccessivo sudore mi rendeva
nuda ai suoi occhi.
Sorrise intanto che ci stringemmo la mano, poi con disinvoltura si allontanò come se
nulla fosse accaduto. Rimasi inerme, in balia di pensieri reconditi.
Non potevo più aspettare Giulio e scappai via dopo avergli inviato un messaggio di
scuse. Avevo solo tre ore, indecisa se ritornare a casa o andare dal parrucchiere.
….
Erano trascorse tre settimane dall’incontro con Viola e avevamo vissuto la prima
settimana nel mio appartamento. Non ricordo in quale circostanza caddero tutti i miei
tabù ma, dal quel punto in poi, fu solo voglia di carnalità: sesso allo stato puro. Fui
preda di una sfrenata voluttà che scaturiva dall’intesa sessuale tra me e Viola.
Tra me e il mio riflesso.
Trascorremmo tutti i pomeriggi a raccontarci il nostro vissuto, a scambiare opinioni
sull’arte e a fare l’amore. Capii che la comprensione e la complicità tra donne sono
imparagonabili al rapporto tra uomo e donna.
- E vai… hai rotto gli indugi omoerotici con una bella sconosciuta. Perché, ora, non
organizzi un incontro a tre….
- La solita fantasia maschilista… ma se tu a fatica riesci con una sola donna per
volta…
Ambedue ridemmo a stento, io perché non ero dell’umore giusto per raccontare
l’epilogo dell’incontro e Giulio trovò indigesta la frecciatina sulla sua sapienza
sessuale.
Mai mettere in dubbio la ragione di vita dei maschi, poiché passano un’intera
giovinezza a misurarselo.
- Quindi?
- Ti dico solo che mi ha mandato a quel paese.
- No, devi dirmi tutto…
Ero avvilita, come potevo raccontare a Giulio quello che era successo, l’avrebbe
usato per un nuovo romanzo ed io non volevo che la mia vita fosse nuovamente
defraudata.
Tutto era successo la settimana prima, a Savona, quando ero felice della scelta che
avrebbe cambiato totalmente la mia vita futura. Tutta colpa di una stupida
comparazione.
Sai? All’inizio non l’avevo notato, ma poi ho capito che mi ricordavi mia madre…
No, anche tu con le somiglianze. Anche l’altra diceva che somigliavo a sua sorella,
ed è finita malissimo.
No, io volevo dire che…
Non ne posso più di indossare abiti che non sono i miei. Mi spiace, ma sei partita col
piede sbagliato.
Che cosa vuoi dire?
Che la finiamo qui. Non voglio diventare nuovamente il riflesso delle frustrazioni
altrui.
Silenziosamente scappai via, allo stesso modo ero andata via da mia madre.
Guardavo Giulio.
Dai, racconta… dopo?
Se non fossi uscita, non l’avrei incontrata… ecco perché odio l’estate.
Di nuovo questa storia dell’estate? Ma dopo?
Dopo? …dopo arriva l’autunno e ... in culo… i ricordi.