infoeuropa numero 21 del 17 settembre 2007

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NUMERO 21 DEL 17 SETTEMBRE 2007
INFOEUROPA
NEWS E COMMENTI SU EUROPA, POLITICHE SOCIALI E SINDACATO
A cura di APICE – Associazione per l’Incontro delle Culture in Europa
In collaborazione con CISL LOMBARDIA – Dipartimento Internazionale
SOMMARIO
TRIBUNA EUROPA
Politica di vicinato: più
cooperazione e integrazione
di Adriana Longoni
Si e tenuta a Bruxelles la prima Conferenza
fra l’Unione europea e i Paesi direttamente
coinvolti nella Politica europea di vicinato
(PEV), situati alle immediate frontiere
orientali e meridionali dell’UE. L’obiettivo è
di rafforzare la cooperazione, al fine di
migliorare la stabilità e la sicurezza europea
A pag.11 »
La Confederazione Europea dei Sindacati ha
lanciato la raccolta di 1 milione di firme
per servizi pubblici di alta qualità
accessibili a tutti
La CES chiede alla Commissione europea di
promuovere una legislazione che:
dia priorità all’interesse generale proprio
dei servizi pubblici
garantisca la possibilità a tutti di accedere
ai servizi pubblici
rafforzi i servizi pubblici, per garantire i
diritti dei cittadini
 Firma anche tu la Petizione
Altri comunicati CES e CSI a pag. 7
10 › DOCUMENTI
≡ Rapporto su migrazione e integrazione
≡ Verso principi comuni di flexicurity
10 › APPUNTAMENTI EUROPEI
NEWS
INFORMAZIONE POLITICA
2 › Veto polacco alla Giornata europea contro
la pena di morte
2 › Adottato il programma d’azione europea
Hercule II
AVVENIRE DELL’EUROPA
2 › Barroso fiducioso per l’accordo sul
Trattato a Lisbona
ALLARGAMENTO E MOBILITÀ DEI LAVORATORI
3 › Solana: «Il Kosovo non deve essere
oggetto di scambio»
ECONOMIA
3 › BCE: risanare i conti pubblici e non
ripetere gli errori passati
4 › Economia europea solida, ma diminuisce
la crescita
4 › Ancora un ritiro di giocattoli “made in
Cina”
INFORMAZIONE SOCIALE
5 › Flexicurity: ministri europei e addetti ai
lavori a confronto
5 › Espulsioni: l’Europarlamento vota regole
comuni
6 › Chieste misure più severe contro l’abuso
di alcol
6 › Nuovi interventi e maggiori fondi contro i
disastri ambientali
Notizie e commenti APICE – Associazione per
l’incontro delle culture in Europa [email protected]
Presidente Franco Chittolina
In collaborazione con Dipartimento internazionale
USR CISL Lombardia [email protected]
Responsabile Rita Pavan
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INFORMAZIONE POLITICA
Veto polacco alla Giornata contro la pena di morte
La Polonia ha bloccato la decisione dell’UE di proclamare ufficialmente il 10 ottobre Giornata
europea contro la pena di morte. Le autorità polacche hanno infatti dato la loro disponibilità solo se
tale giornata è collegata ad altri temi di protezione della vita e alla condanna dell’aborto e
dell’eutanasia.
La Polonia, totalmente isolata rispetto agli altri 26 partner europei e alla Commissione europea, ha
fatto valere il veto su una decisione che richiede l’unanimità, ritenendo «non interessante» una
Giornata contro la pena di morte in quanto l’abolizione della pena capitale è già una realtà in tutta
l’UE. Al posto di questo tipo di iniziativa ha proposto una «Giornata in difesa della vita», ma la
presidenza di turno portoghese ha osservato come tale proposta risulti «inutile» non essendoci a
livello europeo una politica comune sull’interruzione di gravidanza e l’eutanasia, mentre esiste
invece una politica comune contro la pena di morte.
Sconcerto e preoccupazione per la decisione polacca sono stati espressi da vari rappresentanti
europei, mentre il vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini ha dichiarato che
«non si possono tollerare dubbi e incertezze su un tema come questo».
I fratelli-gemelli cattolici e conservatori Lech e Jaroslaw Kaczynski, rispettivamente presidente e
premier della Polonia, non hanno mai nascosto la loro posizione favorevole alla pena di morte,
esprimendo più volte disappunto per la sua abolizione. Nell’agosto del 2006 hanno anche tentato
di modificare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo che vincola i 47 Stati membri del
Consiglio d’Europa a vietare il ricorso alla pena capitale. La presidenza portoghese dell’UE
cercherà ora di fare cambiare idea alla Polonia prima del 9 ottobre: in quella data dovrebbe infatti
essere firmata a Lisbona una dichiarazione congiunta dell’UE e del Consiglio d’Europa per
proclamare la Giornata europea e chiedere l’abolizione universale della pena di morte. (t settembre
2007)
Link di approfondimento
Adottato il programma europeo Hercule II
È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE (L 193 del 25 luglio 2007) la Decisione del
Parlamento europeo e del Consiglio (n. 878/2007/CE) che modifica e proroga l’istituzione del
programma d’azione comunitaria per la promozione di azioni nel settore della tutela degli interessi
finanziari dell’UE (programma Hercule II).
Il programma persegue i seguenti obiettivi: potenziare la cooperazione transnazionale e
pluridisciplinare tra le autorità degli Stati membri, la Commissione e l’Ufficio europeo per la lotta
antifrode (OLAF); costruire reti negli Stati membri, nei Paesi in via di adesione e nei Paesi
candidati che agevolino lo scambio di informazioni, esperienze e migliori pratiche, nel rispetto allo
stesso tempo delle specifiche tradizioni di ciascuno Stato membro; fornire un supporto tecnico e
operativo alle autorità degli Stati membri preposte all’applicazione della legge nella lotta contro le
attività transfrontaliere illegali, ponendo l’accento sul sostegno alle autorità doganali; realizzare un
equilibrio geografico senza compromettere l’efficacia operativa, inserendo, se possibile, tutti gli
Stati membri, i Paesi in via di adesione e i Paesi candidati nelle attività finanziate a titolo del
programma; moltiplicare e intensificare le misure nei settori individuati come più sensibili, in
particolare nel settore del contrabbando e della contraffazione di sigarette. (10 settembre 2007)
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AVVENIRE DELL’EUROPA
Barroso fiducioso per Trattato a Lisbona
Al termine del primo incontro di negoziati tecnici avviati nell’ambito della Conferenza
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intergovernativa (CIG) e dopo un colloquio con il presidente del Portogallo, Paese attualmente alla
presidenza dell’UE, il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso si è detto
fiducioso per un accordo sul futuro Trattato dell’UE nel prossimo Vertice di Lisbona che si terrà nei
giorni 18-19 ottobre.
I giuristi dei 27 Stati membri hanno infatti consegnato alla presidenza dell’UE la nuova bozza del
Trattato riformato, che sarà sottoposta nei prossimi giorni alla riunione informale dei ministri degli
Esteri a Viana do Castelo (Portogallo). La bozza «ha risolto la maggioranza dei problemi tecnici»,
ha dichiarato la presidenza portoghese, mentre «restano aperti alcuni aspetti, che saranno ripresi
dagli esperti subito dopo la riunione dei ministri degli Esteri».
Secondo il presidente della Commissione europea, «si intravedono prospettive piuttosto positive.
Una soluzione è a portata di mano e può essere trovata. Il lavoro compiuto finora non ha segnalato
nuovi grossi problemi». Per questo, Barroso si dice «convinto che a Lisbona sarà un successo,
non solo per il Portogallo, ma per tutta l’Europa».
Sulla scadenza di ottobre restano però due incognite politiche, rappresentate dalla richiesta del
premier britannico Gordon Brown di svolgere comunque un referendum e dalla crisi politica in
Polonia. Su quest’ultimo punto, Barroso ha dichiarato: «Eventuali elezioni politiche in Polonia non
sono un buon motivo per rinviare la firma del nuovo Trattato. La Polonia si è impegnata come
Stato, attraverso il suo presidente, indipendentemente dalla formula di governo. E il suo presidente
resterà comunque in carica». (6 settembre 2007)
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ALLARGAMENTO E MOBILITÁ DEI LAVORATORI
Il Kosovo non deve essere oggetto di scambio
L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Javier Solana, ha incontrato a
Bruxelles il premier della Serbia, Vojislav Kostunica, ribadendo che l’adesione della Serbia all’UE e
lo status del Kosovo devono restare questioni separate e «non essere oggetto di scambio».
Solana ha rilevato infatti i progressi fatti dalle autorità di Belgrado sulla via dell’Accordo di
associazione e stabilizzazione (ASA), sottolineando come sarà fatto tutto il possibile per avvicinare
la Serbia all’UE, ma ciò non deve essere in alcun modo legato alla questione del Kosovo per la
quale è invece necessario un «impegno costruttivo delle due parti».
Dal canto suo, il premier serbo ha dichiarato che «la Serbia non vuole minacciare nessuno, ma
l’Europa deve chiarire che un’eventuale dichiarazione d’indipendenza unilaterale da parte del
Kosovo non solo violerebbe la Carta dei diritti dell’ONU ma sarebbe anche un pericolo per la
stabilità dell’area e di tutta la comunità internazionale». Kostunica ha quindi ribadito che il Kosovo
deve avere la possibilità di svilupparsi liberamente, ma senza violare l’integrità territoriale della
Serbia.
L’UE, che sulla questione del Kosovo sta cercando di assumere ufficialmente una posizione
comune tra i 27 Stati membri, fa parte con USA e Russia della troika che entro il 10 dicembre
prossimo dovrà presentare sulla materia un Rapporto al Consiglio di sicurezza dell’ONU, mentre a
fine settembre si svolgeranno a New York degli incontro bilaterali tra rappresentanti kosovari e
serbi. (12 settembre 2007)
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ECONOMIA
BCE: risanare i conti e non ripetere gli errori passati
«Il risanamento strutturale delle finanze pubbliche continua a progredire con lentezza ed esiste il
rischio che alcuni Paesi perseguano politiche procicliche di tipo espansivo»: è quanto sostiene la
Banca Centrale Europea (BCE), secondo cui occorre «utilizzare interamente le entrate maggiori
delle attese per accelerare la riduzione del disavanzo e del debito».
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La BCE mette in evidenza come i programmi di bilancio del 2008 degli Stati membri «dovrebbero
tenere conto della necessità, presente ancora in diversi Paesi, di compiere ulteriori progressi nel
risanamento dei conti pubblici, includendo misure concrete di riduzione dei disavanzi,
preferibilmente dal lato della spesa». La politica di bilancio per il 2008 e per gli anni successivi
dovrebbe pertanto continuare a «considerare il risanamento come parte integrante di una più
ampia strategia di medio termine che migliori la sostenibilità e la qualità delle finanze pubbliche».
Contenimento della spesa e riforma dei sistemi di previdenza sociale sono considerati dalla BCE
strumenti che non solo «favoriscono il conseguimento degli obiettivi fissati per il disavanzo e per il
debito», ma che permettono anche una «diminuzione della pressione fiscale al fine di migliorare gli
incentivi all’occupazione».
Gli Stati membri dell’UE sono dunque invitati dalla BCE a evitare di ripetere gli errori del passato,
ad esempio quanto avvenne nel 1999-2000 quando si prevedevano favorevoli prospettive
economiche e di bilancio: «Ciò spinse i governi a ridurre l’imposizione tributaria e ad aumentare la
spesa in modo permanente, senza predisporre interventi compensativi di natura strutturale dal lato
della spesa» ricorda la BCE. Per non ritrovarsi in quella situazione la prima cosa da fare è che i
governi dell’UE sfruttino «le attuali opportunità per correggere rapidamente gli squilibri dei conti
pubblici, così da conseguire solide posizioni di bilancio nel medio periodo». In secondo luogo,
osserva la BCE, i governi dovrebbero «evitare interventi fiscali discrezionali di carattere espansivo,
sia sotto forma di maggiori spese e/o di minore tassazione di misura permanente».
Per quanto concerne l’Italia, poi, la Banca Centrale Europea osserva che il deficit 2007 dovrebbe
scendere sotto il 3% ma che il raggiungimento del pareggio di bilancio è a rischio fino al 2011. (13
settembre 2007)
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Economia europea solida, ma diminuisce la crescita
La Commissione europea ha presentato le sue previsioni economiche intermedie elaborate dalla
direzione Affari economici e monetari, correggendo leggermente al ribasso le previsioni di crescita
dell’UE. Per l’anno in corso, infatti, è prevista una crescita economica del 2,5% del PIL nella zona
euro (rispetto al 2,6% previsto in primavera) e del 2,8% nell’UE a 27 Stati (rispetto al 2,9% delle
precedenti previsioni).
La Commissione europea prevede che «la crescita dell’economia europea resti sostenuta da solidi
fondamentali e da condizioni ancora favorevoli», tuttavia osserva che «le recenti turbolenze hanno
chiaramente aumentato i rischi di ulteriori ribassi» e per questo chiede ai governi europei «di
mantenere invariata la via delle riforme strutturali e di consolidare lo stato dei propri conti pubblici».
Ritoccate invece al rialzo le stime sull’inflazione, che alla fine del 2007 dovrebbe attestarsi al 2%
nell’area dell’euro (con un ritocco di 0,1 punti percentuali) e al 2,2% nell’UE a 27, ma che secondo
la Commissione dovrebbe comunque «rimanere sotto controllo».
Il documento elaborato dall’esecutivo europeo afferma che i consumi privati hanno costituito il
principale motore della crescita nel primo trimestre, nonostante il rallentamento della crescita
dell’occupazione, e che «indicazioni positive per i servizi e la vivace crescita delle entrate IVA fino
ad agosto indicano che la domanda interna continuerà a essere il principale fattore di spinta
nell’anno». Secondo il commissario europeo per gli Affari economici e finanziari, Joaquìn Almunia,
«il picco del ciclo di crescita è alle nostre spalle, però i fondamentali dell’economia europea
restano solidi e abbiamo la possibilità di avere una situazione favorevole nei prossimi mesi».
Per quanto riguarda poi la situazione economica italiana, il commissario europeo ha dichiarato che
«la stima di una crescita del PIL italiano dell’1,9% nel 2007 è coerente con l’evoluzione attuale
dell’attività economica e delle finanze pubbliche in Italia», ma Almunia si augura che «alla fine
dell’anno il deficit eccessivo italiano venga corretto, in linea con le stime di crescita di oggi». (11
settembre 2007)
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Ancora un ritiro di giocattoli “made in Cina”
Il colosso mondiale dei giocattoli Mattel ha annunciato il ritiro di altri giocattoli fabbricati in Cina per
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i rischi legati alla eccessiva concentrazione di piombo delle vernici. Si tratta del terzo ritiro di
giocattoli nocivi in poco più di un mese.
Il 14 agosto la Mattel aveva reso noto il ritiro di circa 19 milioni di giocattoli nel mondo per le
quantità di vernici al piombo o perché contenevano piccoli magneti che staccandosi potevano
facilmente essere inghiottiti dai bambini. Due settimane prima, il primo di agosto, il gruppo aveva
ritirato un altro milione e mezzo di pezzi della Fisher-Price.
Il nuovo ritiro di giocattoli riguarda in particolare sette accessori della Barbie, compresi cani e gatti
in miniatura, potenzialmente pericolosi per quantità eccessive di piombo presenti nelle vernici
utilizzate. Il richiamo comprende anche tre giochi con marchio Fisher-Price: due treni della linea
GeoTrax e uno strumento musicale a percussione. In totale, si tratta di 844.000 pezzi, di cui
522.000 negli Stati Uniti e 322.000 nel resto del mondo. La Mattel raccomanda di non restituire i
giochi al negozio, ma di contattare direttamente il produttore. (5 settembre 2007)
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INFORMAZIONE SOCIALE
Flexicurity: ministri e addetti ai lavori a confronto
I ministri dell’UE, riuniti a Lisbona in una Conferenza organizzata dalla presidenza di turno
portoghese, hanno discusso per la prima volta la proposta della Commissione europea di definire
un approccio comune in materia di flexicurity, cioè il tentativo di conciliare flessibilità e sicurezza
del lavoro.
Il dibattito europeo sulla flexicurity, lanciato circa un anno fa dalla Commissione europea con il
Libro Verde sulla modernizzazione del diritto del lavoro e proseguito con la comunicazione del
giugno scorso sui principi comuni, è in pieno svolgimento e vede posizioni piuttosto divergenti tra
le varie parti coinvolte, con la Confederazione Europea dei Sindacati (CES) molto critica rispetto
all’approccio proposto dalla Commissione definito «troppo liberista». Secondo i sindacati europei,
infatti, la flexicurity è accettabile solo se porta vantaggi anche ai lavoratori oltre che ai datori di
lavoro.
La Commissione europea non si oppone a tale richiesta, almeno in teoria, e infatti il commissario
europeo responsabile per l’Occupazione e gli Affari sociali, Vladimir Špidla, sostiene la necessità di
«definire un approccio bilanciato, che metta in atto nuove forme di sicurezza per i lavoratori e li
aiuti nell’adattarsi ai cambiamenti, ma che contemporaneamente risponda al bisogno delle imprese
di manodopera adattabile e qualificata».
In questi termini si è svolto il dibattito di Lisbona, cui erano presenti oltre ai ministri europei vari
rappresentanti di organizzazioni sindacali e di imprenditori, membri di organizzazioni non
governative ed esperti della materia, mentre gli elementi di maggior rilievo emersi durante i lavori
saranno trasmessi ai leader europei che nel dicembre prossimo dovranno approvare i principi
comuni sulla flexicurity. (14 settembre 2007)
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Espulsioni: l’Europarlamento vota regole comuni
La commissione Libertà civili, Giustizia e Affari interni del Parlamento europeo ha votato un testo in
codecisione per definire gli standard comuni nelle procedure di espulsione di immigrati illegali
presenti nel territorio dell’Unione europea. L’iniziativa, partita dalla Commissione europea, mira a
definire un quadro chiaro e trasparente garantendo il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali.
L’Europarlamento, che ha introdotto oltre 200 emendamenti alla proposta della Commissione
europea (molto discussa), individua due fasi basate sulla promozione di un ritorno volontario
dell’immigrato: la decisione di rimpatrio e l’ordine di espulsione. È proposto un periodo di fermo
massimo di 18 mesi all’interno degli oltre 170 Centri per immigrati esistenti in tutta Europa,
sottolineando la necessità di particolare attenzione per la salute, l’assistenza e l’educazioni dei
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minori, che quando sono soli non possano essere detenuti secondo i deputati europei.
Ogni anno, decine di migliaia di persone cercano di entrare nell’UE clandestinamente, rivolgendosi
cioè ai canali illegali delle migrazioni, e centinaia sono vittime di tragedie soprattutto nelle acque
che circondano il territorio europeo. Sui rimpatri e le espulsioni, però, le regole previste dagli Stati
membri differiscono sensibilmente: in alcuni, ad esempio, il fermo non supera le 32 ore mentre in
altri non esistono limiti alla detenzione amministrativa. Per questo, è largamente condivisa la
necessità di regole comuni ma, sottolinea il Parlamento europeo, nel totale rispetto dei diritti
umani.
Il voto finale della relazione presentata dall’eurodeputato Manfred Weber (PPE-DE) è previsto per
la sessione autunnale del Parlamento, dopodichè toccherà agli Stati membri riuniti nel Consiglio
prendere una decisione definitiva. (14 settembre 2007)
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Chieste misure più severe contro l’abuso di alcol
Il Parlamento europeo (PE) ha approvato una relazione in cui chiede misure volte a prevenire il
consumo nocivo e pericoloso di alcol da parte di minori, donne in gravidanza e guidatori. Propone
campagne di sensibilizzazione, limiti d'accesso severi agli alcolici per i giovani e il divieto di alcol
per i neopatentati.
Secondo l’Europarlamento, il problema del consumo pericoloso di alcol, soprattutto tra i giovani, «è
evidente a livello europeo», così come fattori economici e sociali (quali stress sul lavoro,
disoccupazione e precarietà) possono avere un ruolo essenziale nel consumo eccessivo e nel
determinare la dipendenza. Nella consapevolezza che «sarebbe impossibile varare un'unica
politica uniforme in materia di alcol» tra gli Stati membri dell’UE, i deputati europei sollecitano
l’imposizione di requisiti di etichettatura più rigorosi e tasse più elevate sui cosiddetti “alcopop” e
una loro più netta separazione dagli analcolici. A chi guida in stato di ebbrezza, inoltre, va inflitta
una sospensione prolungata della patente.
È necessaria «un’azione concertata a livello di UE», sostiene il Parlamento europeo, mentre la
Commissione europea dovrebbe sollecitare gli Stati membri a perseguire una politica efficace e
ambiziosa contro il consumo nocivo e pericoloso di alcol fornendo agli Stati membri il massimo
sostegno. (7 settembre 2007)
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Interventi e fondi contro i disastri ambientali
Il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione sulle catastrofi
ambientali verificatesi in Europa negli ultimi mesi, dagli incendi alle inondazioni, sollecitando una
rapida mobilitazione del Fondo di solidarietà, la creazione di un forza europea di reazione nel caso
di disastri naturali e l’inasprimento delle pene contro i piromani.
I deputati europei sollecitano la Commissione europea a superare le lungaggini burocratiche per
rendere effettivo l’attuale Fondo europeo di solidarietà, mentre chiedono agli Stati membri dell’UE
di giungere a una decisione sul nuovo regolamento che riduce la soglia necessaria per mobilitare il
Fondo, così che l’intervento sia «più effettivo, flessibile e tempestivo».
La Commissione dovrebbe inoltre studiare la possibilità di utilizzare mezzi supplementari
provenienti anche dal settore commerciale, il cui costo dovrebbe essere finanziato dallo strumento
finanziario di protezione civile. L’Europarlamento sollecita poi gli Stati a inasprire le sanzioni penali
per gli atti dolosi che danneggiano l’ambiente, soprattutto per gli incendi, e al tempo stesso a
garantire che tutte le zone boschive incendiate siano riforestate, proibendo un cambiamento nella
destinazione dei terreni. (5 settembre 2007)
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DALL'EUROPA E DAL MONDO - FINESTRA SULL'ATIVITÀ DI CES E CSI
13 settembre 2007 La CES sottolinea che la flexicurity non ha avvenire senza un
rafforzamento dei diritti dei lavoratori
In occasione della Conferenza organizzata dalla presidenza portoghese
a Lisbona su “Flexicurity: le sfide chiave”, la Confederazione Europea
dei Sindacati (CES) invita la Commissione europea a fare in modo che
i diritti dei lavoratori siano una componente essenziale della riforma del
mercato del lavoro.
La Commisisone europea e il Consiglio stanno elaborando principi
comuni di attuazione della flexicurity in tutta l’UE. La CES sottolinea
che, spingere gli Stati membri verso riforme strutturali senza un quadro
europeo forte che li guidi, i risultati ottenuti sono più nefasti che
benefici. Gli Stati membri non potranno raggiungere un adeguato
equilibrio fra flessibilità e sicurezza se le politiche europee non
assicureranno:
- condizioni identiche per la protezione dei lavoratori contro la
concorrenza sleale sul mercato interno europeo;
- condizioni identiche in termini di imposizione, impedendo che la
concorrenza fiscale riduca le entrate pubbliche destinate a finanziare i
vantaggi sociali, la formazione di qualità e le politiche attive in materia
di mercato del lavoro;
- politiche macroeconomiche favorevoli alla crescita e in grado di
garantire un maggiore adeguamento e maggiori competenze per lavori
di migliore qualità.
Il segretario generale della CES, John Monks, ha dichiarato: «La CES
riconosce che la mondializzazione esige una maggiore adattabilità sia
in un nuovo lavoro che in un lavoro già esistente. Tuttavia, non
possiamo accettare che le imprese godano di una flessibilità virtuale
per l’incapacità dell’UE a impedire agli Stati membri di farsi concorrenza
a causa del mantenimento del lavoro precario». Secondo la CES, per
evitare che la flexicurity diventi «flexsfruttamento», la Commissione
dovrebbe conferire al mercato interno una forte dimensione sociale, in
grado di garantire i diritti e la sicurezza dei lavoratori. La CES chiede
dunque alla Commissione, al Consiglio e ai partners sociali europei di
strutturare il dibattito sulla flessibilità intorno a un calendario che
includa:
- una direttiva sul lavoro interinale, basata sul principio “a lavoro uguale,
salario uguale”;
- l’affermazione del diritto ad ore di lavoro flessibili e un numero
massimo di ore lavorative settimanali per tutti i lavoratori europei, con
l’obiettivo di migliorare l’equilibrio vita privata/lavoro;
- l’affermazione del diritto di chiedere un lavoro a tempo pieno per i
milioni di lavoratori occupati involontariamente a tempo parziale;
- la garanzia che il diritto del lavoro copre e protegge tutti i lavoratori
che si trovano in una relazione di subordinazione di fatto;
- la piena applicazione, a livello nazionale, delle regole esistenti,
decretate dalle direttive sociali europee e dagli accordi-quadro.
Leggi il comunicato
3 settembre 2007 La CES denuncia la riforma fiscale bulgara, definendola
contraria al modello sociale europeo
A pochi mesi dall’adesione della Bulgaria all’Unione europea, il governo
del primo ministro Sergey Dmitrievich Stanishev ha adottato una riforma
fiscale che introduce una tassazione fissa del 10%. Durante l’Università
estiva del Comitato economico e sociale della CES, a Sofia, i presidenti
dei due affiliati bulgari, Jeliazko Hristov (Confederazione dei sindacati
indipendenti di Bulgaria – CITUB) e Konstantin Trenchev
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DALL'EUROPA E DAL MONDO - FINESTRA SULL'ATIVITÀ DI CES E CSI
(Confederazione del lavoro – PODKREPA) hanno dichiarato la loro
netta opposizione a questa riforma fiscale nel contesto della situazione
economica e sociale della Bulgaria. I sindacati bulgari sono dei
sostenitori dell’adesione all’UE. Insieme agli imprenditori e al governo
hanno firmato un Patto di sviluppo economico e sociale, in seno al
quale tutti i partners si sono impegnati a rafforzare il dialogo sociale e a
cogliere le sfide socioeconomiche per raggiungere gli obiettivi di
Lisbona. La riforma fiscale è però una chiara violazione del Patto,
destabilizza l’economia e accentua le disuguaglianze e la povertà in
Bulgaria.
Il segretario generale aggiunto della CES, Reiner Hoffman ha
sottolineato quanto le imposte fisse siano contrarie ai principi del
modello sociale europeo: «Se ci si riferisce ad esperienze fatte in altri
Paesi dell’UE, nulla prova che le imposte fisse migliorino la
competitività. Al contrario, esse esercitano una pressione sui sistemi di
assistenza sociale e sui servizi pubblici. Solo i Paesi che hanno sistemi
fiscali decenti e progressivi, quali i Paesi scandinavi ad esempio,
rispondono agli obiettivi di Lisbona in materia di competitività
economica, di coesione sociale e di sostenibilità ambientale». Reiner
Hoffman ha quindi chiesto al governo bulgaro di mantenere fede al
Patto sociale e di rispettare il dialogo sociale in quanto procedura
d’avvio per le riforme. La CES veglierà attentamente sugli sviluppi
politici in Bulgaria e appoggerà la CITUB e la PODKREPA nelle loro
azioni.
Leggi il comunicato
30 agosto 2007 La CES invita la Banca Centrale Europea a difendere la
crescita e l’occupazione dalle turbolenze finanziarie
La CES ha chiesto alla Banca Centrale Europea (BCE) di prendere
seriamente in considerazione, al momento di decidere sulla politica
monetaria e sui tassi d’interesse, le attuali turbolenze che scuotono il
mondo e i mercati finanziari europei. I mercati finanziari stanno già
riducendo i costi, nonché la disponibilità (fuga verso investimenti sicuri
e in liquidi) del credito in favore di nuovi investimenti. Ciò non può che
intaccare la fiducia globale degli investitori e dei consumatori e mettere
in pericolo la crescita e le prospettive d’occupazione. La BCE deve
ristabilire la fiducia e indicare di essere pronta a difendere la crescita e
l’occupazione e a ridurre, se necessario, i tassi di interesse.
Reiner Hoffman, segretario generale aggiunto della CES, ha dichiarato:
«I tassi di interesse a tre mesi raggiungono oggi il 4,75%, e cioè lo
stesso livello che, nel 2000, aveva portato l’economia europea al
ristagno per cinque anni. Per mantenere la crescita e assicurare buone
prospettive per l’occupazione, la BCE deve procedere a una riduzione
puntuale dei tassi di interesse».
Oltre a questi interventi immediati, la CES invita tutti i responsabili
economici a rivedere e adattare il modo in cui, a livello mondiale ed
europeo, sono prese le decisioni economiche e finanziarie.
Perseguendo l’annullamento dei deficit e dei debiti pubblici, la politica
attuale si basa su un ruolo limitato del settore pubblico e
sull’affidamento della gestione dell’economia alle banche centrali e ai
mercati finanziari. Accordando liquidità a tutti (privati) senza alcun
criterio né ragione, questo modello di “capitalismo casinò” ha provocato
quattro o cinque crisi importanti negli ultimi 15 anni. Se il settore
pubblico non riprenderà il suo ruolo di attore economico e di regolatore,
il “capitalismo casinò” continuerà in questo modo.
Leggi il comunicato
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DALL'EUROPA E DAL MONDO - FINESTRA SULL'ATIVITÀ DI CES E CSI
6 settembre 2007 I sindacati della regione Asia-Pacifico si unificano in una
nuova organizzazione sindacale
In occasione del Congresso fondativo della CSI Asia-Pacifico (CSI-AP),
che si è tenuto a Bangalooru il 5 e 6 settembre, è stata costituita una
nuova Organizzazione regionale della Confederazione Sindacale
Internazionale (CSI) per l’Asia e il Pacifico. Il Congresso della nuova
organizzazione ha registrato un totale mondiale di circa 18,6 milioni di
membri, suddivisi in 48 organizzazioni affiliate e distribuite su 29 Paesi
della regione. L’unificazione regionale Asia-Pacifico crea la prima delle
tre organizzazioni regionali della CSI. Il Congresso fondativo era stato
preceduto dai congressi di dissoluzione dell’APRO e della BATU,
organizzazioni regionali delle ex confederazioni internazionali CISL e
CMT. I processi di unificazione dei movimenti sindacali in Africa e nelle
Americhe sono in corso e dovrebbero terminare nei prossimi mesi. Il
Congresso della CSI-AP ha eletto G. Rajasekaran (Malesia) presidente,
Noriyki Suzuki (Giappone) segretario generale e Necie Lucero
(Filippine) segretario generale aggiunto. Oltre all’adozione degli Statuti
e dei programmi d’azione della CSI-AP il Congresso ha adottato due
risoluzioni: la prima relativa alla Birmania, dove il regime militare ha
intrapreso nuove azioni di repressione, e la seconda relativa a Israele e
Palestina, chiedendo un ritorno alla pace e alla fine della violenza.
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3 settembre 2007 Lavoro forzato: la CSI lancia un Programma mondiale
d’azione sindacale
Circa 12,3 milioni di persone nel mondo lavorano a regime forzato, così
come definito dalla Convenzione n. 29 dell’Organizzazione
Internazionale del Lavoro. Più di 2,4 milioni di queste persone
sarebbero vittime di traffici di esseri umani. Sono spesso vittime di
pressioni psicologiche e fisiche. In pratica, significa che persone
generalmente ostaggio di un debito contratto a tassi di interesse
esorbitanti, con il datore di lavoro, sono costrette a lavorare in
condizioni umilianti per poter assicurare il rimborso. Oltre allo
sfruttamento e agli abusi di cui sono vittime lavoratrici e lavoratori
domestici, altre persone continuano a essere mantenute in uno stato di
schiavitù. In alcuni Paesi, lo Stato continua a condannare buona parte
della popolazione ai lavori forzati in condizioni disumane e senza
nessun rispetto per la dignità umana. Le persone più povere e più
esposte alle discriminazioni sono le più vulnerabili di fronte al lavoro
forzato. I sindacati rappresentano lo strumento più importante per
denunciare e combattere gli abusi e lo sfruttamento delle lavoratrici e
dei lavoratori nel mondo intero e, al riguardo, hanno un ruolo
determinante per l’abolizione del lavoro forzato.
La CSI ha organizzato in Malesia dal 9 all’11 settembre una prima
Conferenza interregionale sull’azione e le strategie sindacali relative al
lavoro forzato e al traffico di essere umani. «La maggior parte delle
organizzazioni sindacali ha già sviluppato politiche, strategie e
programmi d’azione sul lavoro minorile, la manodopera migrante, il
lavoro domestico e/o il traffico di esseri umani per sfruttamento
sessuale. L’interconnessione fra queste varie problematiche non è
sempre evidente. La Conferenza permette la definizione di una politica
e di una strategia sindacale internazionale che sia esauriente e realista,
in grado di combattere il lavoro forzato e il traffico di essere umani» ha
dichiarato il segretario generale della CSI, Guy Ryder.
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Infoeuropa | Numero 21 del 17 settembre 2007 | 9
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DOCUMENTI
Terzo Rapporto su migrazione e integrazione nell’UE
La Commissione europea ha adottato il terzo Rapporto annuale su migrazione e integrazione, che
analizza le misure prese, a livello europeo e nazionale, per l’ammissione e l’integrazione dei
cittadini provenienti da Paesi terzi, fornisce una panoramica degli sviluppi politici e intende
contribuire a valutare e rafforzare le misure di integrazione.
Il Rapporto segue quelli pubblicati nel luglio 2004 e nel giugno 2006 e contiene informazioni sulla
creazione del quadro normativo comunitario per l'integrazione dei cittadini di Paesi terzi fino al
giugno 2007. Annuncia inoltre l'impegno della Commissione ad elaborare nuove iniziative per
sviluppare tale quadro, esaminando in che modo la partecipazione e la cittadinanza possono
favorire il processo di integrazione e promuovendo la definizione di indicatori e indici comuni
utilizzabili dagli Stati membri su base volontaria. I dati contenuti nel Rapporto, riferiti al gennaio
2006, stimano in 18,5 milioni il numero di cittadini provenienti da Paesi terzi residenti nell’UE, il che
equivale a circa il 3,8% della popolazione totale dell’Unione europea. L'immigrazione continua
inoltre a essere il principale elemento di crescita demografica dell'UE e in molti Stati membri si
registra una migrazione netta positiva. La migrazione netta, cioè la differenza tra immigrati ed
emigrati, per quasi tutti gli anni Novanta si era situata tra il mezzo milione e il milione annui, mentre
dal 2002 ha raggiunto un livello compreso tra 1,5 e 2 milioni.
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Verso principi comuni per la flexicurity
Conciliare flessibilità e sicurezza del lavoro è impresa ardua ma considerata fondamentale dall’UE
per rendere effettivo quanto previsto nella Strategia di Lisbona su crescita e occupazione e per
garantire la sostenibilità socio-economica europea di fronte alle sfide della globalizzazione
economica. Il documento contiene la comunicazione della Commissione europea del giugno
scorso e materiale aggiuntivo curato da esperti europei, ed è indirizzato a governi, parti sociali e a
tutti coloro che in Europa sono impegnati nella ricerca di politiche e misure per la creazione di più
posti di lavoro e di migliore qualità.
Sono presi in considerazione tutti i principali aspetti della flexicurity e le questioni ad essa legate: i
cambiamenti e le opportunità derivanti dalla globalizzazione, la necessità di un approccio integrato
a livello europeo, le varie esperienze degli Stati membri dell’UE, l’importanza del dialogo sociale, i
principi e le misure comuni da definire, la dimensione finanziaria e le interconnessioni con la
Strategia di Lisbona.
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APPUNTAMENTI EUROPEI
Istituzioni
PRES
17 – 21 settembre
Settimana europea per la mobilità
PE
24 – 27 settembre
Sessione plenaria – Strasburgo
PRES: Presidenza dell’UE PE: Parlamento europeo
Parti sociali e società civile
EIPA
20 – 21 settembre
Accessibilità ed e-Inclusion nella Pubblica Amministrazione – Milano
CES
9 – 10 ottobre
Conferenza sulle malattie correlate al lavoro – Bruxelles
EIPA: European Institute of Public Administration
CES: Confederazione Europea dei Sindacati
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TRIBUNA EUROPA
Politica di vicinato: più cooperazione e integrazione
Si e tenuta a Bruxelles il 3 settembre scorso la prima Conferenza fra l’Unione europea e i Paesi
direttamente coinvolti nella Politica europea di vicinato (PEV), situati alle immediate frontiere
orientali e meridionali dell’UE: Ucraina, Moldova, Bielorussia, Georgia, Armenia, Azerbaijan,
Algeria, Marocco, Tunisia, Egitto, Giordania, Libano, Libia, Siria, Autorità Palestinese e Israele.
L’obiettivo era quello di discutere il futuro della Politica di vicinato e in particolare di come
differenziarla e rafforzarla di fronte a Paesi partners che, politicamente, geograficamente e
strategicamente parlando, hanno situazioni, aspirazioni e approcci tanto diversi quanto sensibili
per la stabilità e la sicurezza dell’Unione europea.
La Politica di vicinato, nata in previsione del grande allargamento ad est del 2004 e diventata
inevitabile complemento del processo di Barcellona a sud (riguardante la cooperazione
euromediterranea), ha mosso i suoi primi passi politici sulla base di obiettivi divergenti, cioè da una
parte l’offerta di avvicinamento all’Europa attraverso la partecipazione alle strutture del mercato
interno, dall’altra la necessità per l’UE di contrastare le “minacce” provenienti da questi stessi
vicini, quali la criminalità transfrontaliera, il terrorismo e l’immigrazione clandestina.
Con i recenti sviluppi sul mercato internazionale dell’energia, l’Unione europea ha, infine, un
ulteriore interesse di buon vicinato con alcuni di questi Paesi, grandi produttori ed esportatori o
semplicemente di transito delle fonti energetiche.
La Conferenza ha quindi messo in evidenza proposte, aspettative e richieste che hanno avuto il
merito di chiarire sia le posizioni dell’Unione europea che quelle dei Paesi partner. Chiarezza che,
allo stato attuale, ha anche messo in evidenza alcune divergenze di fondo.
Da parte dell’UE, tre sono stati in particolare i temi proposti per la discussione: il rafforzamento
dell’integrazione economica, l’energia e i cambiamenti climatici, la mobilità delle persone.
Il rafforzamento dell’integrazione economica dei Paesi partner prospetta a lungo termine un’area
comune in cui beni, servizi e capitali potranno circolare liberamente. Una prospettiva interessante
visto che l’Unione europea rappresenta oggi un mercato potenziale di ben 500 milioni di
consumatori, ma che presuppone anche sforzi significativi da parte dei Paesi interessati per
adeguarsi alle regole di un mercato vivace e competitivo.
In tema di energia, l’Unione europea punta ad ampliare a livello regionale la cooperazione e il
partenariato in questo settore. Accordi bilaterali sono già stati conclusi con l’Azerbaijan, il Marocco
e l’Ucraina e nuovi accordi sono stati proposti ad Algeria ed Egitto. Anche qui, la prospettiva offerta
è quella di un mercato integrato che offra maggiori garanzie di sicurezza e stabilità ai consumatori,
ai produttori e ai Paesi di transito di gas e petrolio.
Ed infine, la mobilità delle persone. Se da una parte l’Unione europea si è impegnata a sostenere
una maggiore mobilità e accoglienza per studenti e imprenditori, attraverso una semplificazione
delle procedure per i visti e nuove opportunità nelle università, dall’altra ha messo
significativamente in evidenza l’esigenza di una più forte cooperazione per la lotta all’immigrazione
illegale e clandestina. La proposta di un “Partenariato per la mobilità”, quote, visti temporanei e
un’adeguata sorveglianza del mercato del lavoro su offerta e richiesta di manodopera, sono gli
strumenti proposti per promuovere un’immigrazione legale, inserita e socialmente protetta.
Benché queste proposte volte a rafforzare la Politica di vicinato siano state accolte con interesse
da parte dei partner, questi ultimi hanno tuttavia messo in evidenza l’interesse a una dimensione
più politica e globale di queste relazioni, una dimensione che chiede all’Europa di giocare più a
fondo quel ruolo di attore che la sua legittimità e il suo impegno finanziario le hanno giustamente
conferito. Non solo, ma un Paese come l’Ucraina ha chiaramente indicato i limiti di una tale
politica nei suoi confronti, viste la sua posizione geopolitica e le sue aspirazioni a diventare Paese
membro dell’UE. A questo proposito, l’Unione europea è stata chiara fin dall’inizio delle
discussioni, sottolineando che la Politica di vicinato non costituisce in alcun modo un percorso
verso l’adesione.
Infoeuropa | Numero 21 del 17 settembre 2007 | 11
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Sta di fatto che la stabilità e la sicurezza dell’UE dipendono in gran parte dall’evoluzione delle sue
relazioni con i Paesi alle sue immediate frontiere, e stabilità e sicurezza significano anche relazioni
sostenute dai valori fondanti dell’Unione europea stessa, e cioè democrazia e stato di diritto.
5 settembre 2007
Adriana Longoni
Redazione
Torino
Milano
Bruxelles
Enrico Panero – Marina Marchisio – Giovanni Mangione – Nicola
Strona
Miriam Ferrari
Adriana Longoni
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