Modulo 3

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Modulo 3
Intermediari Finanziari (ex art. 106 del TUB)
Sono intermediari finanziari ex art. 106 i soggetti, iscritti nel relativo elenco, che
esercitano nei confronti del pubblico in via professionale l'attività di concessione di
finanziamenti, di assunzione di partecipazioni, di intermediazione in cambi, così
come definite dal Decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze del 17 febbraio
2009, n. 29 (G.U. del 3 aprile 2009 S.G. n.78).
A partire dall'emanazione del Decreto Legislativo del 13 Agosto 2010 n. 141, che ha
rivisitato completamente la normativa relativa agli Intermediari Finanziari del Titolo
V del Tub, l'autorità di vigilanza si è posta l'obiettivo di ridefinire le regole di settore
declinandole in modo da renderle omogenee rispetto alla normativa prudenziale
applicata alle banche
Il menzionato Decreto Legislativo ha riformulato l'art. 106 del Tub, secondo il
comma primo del quale "L'esercizio nei confronti del pubblico dell'attività di
concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma è riservato agli intermediari
finanziari autorizzati, iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d'Italia".
Il perimetro della riserva di legge è dunque stato ritracciato escludendone attività
quali l'assunzione di partecipazioni e l'intermediazione in cambi.
Rientrano in tale perimetro le seguenti fattispecie:
•
•
•
•
•
Banche
OICR: SGR e SICAV
SIM
SOCIETA’ FINANZIARIE
INTERMEDIARI DEL SISTEMA DEI PAGAMENTI
La struttura di un Fondo Comune di Investimento
«Patrimonio autonomo, suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di
partecipanti, gestito in monte» (TUF, art. 1, lettera j)
BANCA DEPOSITARIA
Funzione di Custodia e di
Controllo di Legittimità
SGR
Funzione di Gestione
FONDO
DI
INVESTIMENTO
Funzione di Disciplina dei
rapporti con i partecipanti
REGOLAMENTO
DEL
FONDO
La gestione del Fondo Comune di Investimento
- Attività di gestione (asset allocation)
- Attività di Custodia/Amministrazione
- Attività di regolazione dei rapporti con i partecipanti al Fondo
Classificazione dei fondi comuni di investimento:
- In base alla possibilità di sottoscrizione/rimborso
1) Fondi aperti
2) Fondi chiusi
- In base ai possibili rischi assunti
1) Fondi di diritto italiano armonizzati
2) Fondi riservati
3) Fondi speculativi
- In base alla classificazione Assogestioni
1) Azionari
(>70% azioni)
2) Obbligazionari
(0% azioni)
3) Bilanciati
(10% - 90% azioni)
4) Liquidità
(0% azioni)
5) Flessibili
(0% - 100% azioni)
Servizi/vantaggi offerti dai Fondi Comuni di
Investimento
- Maggiore diversificazione del risparmio e maggiore
frazionamento del rischio
- Accesso a un servizio di gestione professionale
- Maggiore liquidabilità dell’investimento effettuato
- Riduzione dei costi di transazione
Le Società di Intermediazione Mobiliare (SIM)
Con la riforma del 1988 del Ministro del Tesoro Amato le
SIM vengono autorizzate ad operare in Borsa per conto
proprio e per conto di terzi, vengono definite come un
soggetto polifunzionale e ad esse è conferita un'ampia delega
per disciplinare il conflitto d'interessi.
Viene così abolito il monopolio legale degli agenti di cambio
che operavano in Borsa dal 1913 esclusivamente per conto
terzi.
Sono vigilate dalla Consob e dalla Banca d’Italia
Le attività della SIM
1. Collocamento Titoli
2. Consulenza
3. Gestione di portafogli
4. Negoziazione per conto proprio e di terzi
Società Finanziarie
1. Credito al Consumo
2. Leasing
3. Factoring
Intermediari del sistema dei pagamenti
- Società emittenti carte di debito/credito
Le assicurazioni ramo danni
«In un contratto di assicurazione contro i danni l’impresa di assicurazione si
impegna, in cambio di un corrispettivo (premio), a risarcire l’assicurato nel
caso in cui un sinistro danneggi i suoi beni o nel caso in cui in capo
all’assicurato gravi l’obbligo di risarcire un danno cagionato a un terzo»
1) Copertura rischi personali (infortuni e malattie)
2) Copertura rischi inerenti beni economici (incendi, furti, rapine)
3) Copertura rischi di responsabilità civile (rc auto; rischi professionali)
Due principi di base:
1) Principio indennitario
2) Principio di non arricchimento (indennità non maggiore del danno)
Le assicurazioni ramo vita
-
Assicurazione per il caso di morte
«L’assicuratore si impegna a effettuare la prestazione prevista nel
contratto solo nell’ipotesi che l’assicurato muoia durante il periodo
contrattualmente definito»
-
Assicurazione per il caso di vita
«L’assicuratore si impegna a effettuare la prestazione prevista nel
contratto solo nell’ipotesi di sopravvivenza dell’assicurato»
A seconda di come viene definita la sopravvivenza, si può parlare di:
1. Copertura con capitale differito (la prestazione viene erogata in
un’unica soluzione)
2. Rendite (la prestazione viene erogata attraverso una serie periodica di
versamenti)
I Prodotti di Ramo Terzo
1. Polizze Index Linked
2. Polizze Unit Linked
IL SISTEMA PREVIDENZIALE
In tutti i sistemi economici una percentuale elevata del risparmio degli individui e
delle famiglie viene accantonata per il futuro, in previsione della cessazione
dell'attività lavorativa, con l’obiettivo di assicurarsi le risorse necessarie a mantenere
un adeguato tenore di vita.
Il sistema previdenziale, che poggia su un "pilastro" pubblico (obbligatorio) e uno
privato (integrativo), è il complesso di istituzioni e previsioni normative attraverso le
quali viene garantita una risposta istituzionale a questa esigenza.
Mentre la previdenza obbligatoria adotta un meccanismo "a ripartizione" (i
contributi versati dai lavoratori attivi vengono trasformati in prestazioni
pensionistiche erogate a favore di chi è già in pensione), gli strumenti di previdenza
complementare si basano su un principio di "capitalizzazione", raccogliendo e
investendo il TFR e i contributi versati dagli aderenti allo scopo di costituire una
pensione integrativa di quella pubblica.
Previdenza obbligatoria e previdenza complementare
Nella maggior parte delle economie avanzate si sta affermando, con modalità e tempi
differenti, un modello previdenziale misto o a più "pilastri", caratterizzato dalla
coesistenza di sistemi di previdenza obbligatoria e sistemi di previdenza
complementare.
In Italia il sistema pensionistico è basato su due “pilastri”: il primo è rappresentato dalla
previdenza obbligatoria (Inps, Inpdap, Casse professionali, ecc.) che assicura a tutti i
cittadini la pensione di base; il secondo è rappresentato dalla previdenza
complementare, a cui è possibile aderire per garantirsi una pensione aggiuntiva a
quella pubblica.
Modalità di calcolo della prestazione pensionistica.
Può essere basata su un criterio retributivo e quindi commisurata alla retribuzione
pensionabile del singolo lavoratore, ovvero su un criterio contributivo ed essere
calcolata in base all'entità dei contributi versati dal lavoratore nel corso della sua vita
lavorativa.
La previdenza complementare
Il secondo pilastro su cui poggiano i sistemi previdenziali misti è quello della previdenza
complementare o integrativa. Attraverso l'adesione a strumenti previdenziali collettivi o
individuali (fondi pensione), la previdenza complementare offre ai cittadini la possibilità
di costituire una pensione aggiuntiva, che integra in tutto o in parte le prestazioni erogate
dal sistema ad adesione obbligatoria. Al contrario di quest'ultimo, l'adesione alla
previdenza complementare è volontaria e libera (seppur fortemente incentivata dallo
Stato) ed è aperta in diverse forme a tutti i cittadini, anche a quelli che non dispongono di
un reddito da lavoro
I Fondi pensione
Attraverso un fondo pensione il lavoratore accantona una quota dei propri guadagni
realizzati durante la vita lavorativa allo scopo di garantirsi prestazioni pensionistiche
aggiuntive (pensione integrativa) rispetto a quelle erogate dagli enti previdenziali
obbligatori.
I fondi pensione sono regolati da norme di diritto privato che regolano i rapporti giuridici
di natura volontaria tra i fondi stessi e gli aderenti a vario titolo. Finanziariamente sono
gestiti secondo il principio della capitalizzazione integrale dei versamenti con il rischio
economico a carico degli aderenti. L'ammontare delle prestazioni previdenziali
dipenderà pertanto dai contributi versati, dal periodo di permanenza nel fondo e dal
rendimento ottenuto dall'investimento del patrimonio.
Le Fonti di finanziamento dei fondi pensione
Le fonti di finanziamento dei fondi pensione si differenziano a seconda della
tipologia di aderente:
1.
lavoratore dipendente
2.
lavoratore autonomo
3.
soggetti differenti dalle prime due tipologie
Le fonti contributive dei lavoratori dipendenti sono rappresentate da:
contribuzione del lavoratore
2.
contribuzione del datore di lavoro (o committente)
3.
il versamento del trattamento di fine rapporto (Tfr)
Nell'ambito della libera determinazione dei contributi da versare al Fondo, la legge
consente che la determinazione del contributo minimo da versare a carico del lavoratore
e a carico del datore di lavoro (o committente) avvenga in base ad accordi collettivi o
aziendali. Anche in assenza di detti accordi sia il lavoratore sia il datore di lavoro (o
committente) possono liberamente versare al Fondo. Nel caso dei lavoratori autonomi la
sola fonte di finanziamento è rappresentata dal contributo dell'aderente.
1.
Le risorse raccolte dai fondi pensione vengono investite nei mercati finanziari al fine di
produrre un rendimento che va ad aggiungersi alla contribuzione tempo per tempo
versata nelle posizioni individuali. Essi sono quindi gestiti secondo il sistema tecnico
finanziario della capitalizzazione.
Il fondo non è tenuto a fare investimenti che tutelino il capitale, garantendo un
interesse positivo, per quanto basso, come titoli di Stato oppure obbligazioni.
La legge italiana limita fortemente la possibilità di investire in strumenti a rendimento
e capitale garantito, come titoli di Stato. Il Decreto Ministeriale n. 703/1996, art. 4,
pone i seguenti limiti agli investimenti:
-1) fino al 50% del patrimonio del fondo può essere investito in titoli di debito e di
capitale, negoziati in mercati regolamentati di Europa, Canada, Stati Uniti, e Giappone
(titoli emessi da soggetti residenti o meno nei Paesi OCSE).
- 2) non più del 20% del patrimonio del fondo può essere investito in titoli di debito e
capitale non negoziati nei mercati regolamentati di questi Paesi, purché emessi da
soggetti ivi residenti.
- 3) non più del 5% del patrimonio può essere investito in titoli di debito e capitale
emessi da soggetti diversi dai Paesi non aderenti all'OCSE o a uno degli organismi
internazionali cui appartiene almeno un Paese dell'Unione Europea.
PRESTAZIONE
La prestazione tipica di un fondo pensione è l'erogazione di una rendita all'iscritto a
partire dal momento del pensionamento. È comunque consentita la facoltà di optare
per una liquidazione in capitale (soluzione unica) per un importo che non ecceda il
50% del montante finale accumulato. In alcuni casi specifici (ad esempio montante
finale non significativo, rendita ottenibile dal 75% del montante minore della metà
della pensione sociale) è consentita una liquidazione del 100% in capitale.
Per garantire flessibilità al sistema sono previste ulteriori forme di prestazioni che
scattano al verificarsi di precisi eventi o di esigenze che possono verificarsi negli
anni di permanenza nel fondo pensione:
1.
in caso di cessazione dei requisiti di partecipazione (es. licenziamento o
dimissioni dall'azienda) l'importo maturato può essere riscattato o trasferito
ad altro fondo pensione;
2.
in caso di acquisto di prima casa per sé o per i figli o per ristrutturazioni,
ovvero per spese mediche straordinarie può essere richiesto un anticipo su
quanto accumulato;
3.
in caso di morte o invalidità dell'iscritto l'importo maturato viene riscattato
dal coniuge, in mancanza del coniuge dai figli, in mancanza di coniuge e
figli dai genitori purché conviventi e a carico dell'iscritto. In mancanza di
queste figure, il riscatto può essere destinato a qualunque beneficiario
indicato dall'iscritto.
Riscatto parziale o totale
Il D. Lgs. n. 252/2005 introduce e disciplina il riscatto parziale o totale dei fondi
pensione. Ai sensi del decreto infatti devono essere previste forme e modalità.
Prima del decreto, non era obbligatoria alcuna forma di riscatto. Se aderisce ai
fondi pensione, il lavoratore perde il diritto alla liquidazione. In caso di dimissioni
o licenziamento individuale, ha diritto a riscattare soltanto il 50% di quanto
versato. Il riscatto e il trasferimento di quote si escludono a vicenda. In altre parole,
se opta per il riscatto, e trova un altro impiego con lo stesso o diverso fondo di
categoria, perde la quota del 50% maturata nel precedente impiego, quota che non
viene girata nel nuovo fondo. Può ottenere il riscatto totale chi resta disoccupato
più di 48 mesi, o subisce un'invalidità permanente che riduce la capacità lavorativa
a meno di un terzo.
Reversibilità del trattamento pensionistico
La legge italiana non prevede la reversibilità obbligatoria della pensione
complementare in caso di decesso del coniuge.
La reversibilità della pensione è prevista dal cosiddetto "diritto della vedova",
introdotta negli anni '80, ma vale solamente per la pensione INPS e delle Casse
delle associazioni professionali e artigiani.
Per la previdenza complementare, la reversibilità del trattamento
previdenziale risulta essere al 100% anziché al 60% come per l'INPS. Non è
un diritto dei sottoscrittori, ma un'opzione che si paga in termini di una rendita
minore al momento della pensione e/o maggiori contributi previdenziali.
In base al D. Lgs. n. 252 del 2005, è invece previsto il riscatto totale delle
posizioni maturate a favore di eredi legittimi o testamentari e beneficiari designati,
in caso di decesso dell'iscritto prima del pensionamento.
TASSAZIONE
La parte finanziaria dell'investimento in fondi pensione è stata tassata all'11% fino al 2013
e al 20% a partire dal 2014 (finanziaria 2015); i premi accantonati ai fondi sono deducibili
fino a un massimo di 5.164,57 euro. Al momento del pensionamento bisogna distinguere il
capitale e la parte finanziaria maturata anno per anno: la parte finanziaria è esente, perché
già tassata, il capitale è imponibile con un'aliquota che varia dal 9% al 15%; tale aliquota
viene ridotta dello 0,3% per ogni anno di contribuzione oltre il quindicesimo fino al
minimo del 9% (35 anni di contribuzione) partendo da un massimo del 15%.
TIPOLOGIE
Secondo la normativa prevista dalla legislazione italiana (decreto legislativo n.
252/2005), chi vuole una pensione integrativa può scegliere di aderire a un fondo,
negoziale o aperto, o di sottoscrivere un PIP (acronimo di Piano Previdenziale
Individuale) che è una vera e propria polizza assicurativa, pur potendo utilizzare la
denominazione fondo pensione.[1]
1.
Fondo pensione a contribuzione definita: è certa l'entità dei contributi, che è
periodica e costante, ma non è certa l'entità della prestazione (il rischio cade
sull'aderente); l'entità della prestazione dipenderà dalle performance di
gestione del fondo.
2.
Fondo pensione a prestazione definita: è certa l'entità della prestazione, ma
l'entità dei contributi varia a seconda delle esigenze del gestore del fondo con
riguardo agli obiettivi che intende perseguire (il rischio grava sul gestore del
fondo).
FONDI PENSIONE PRE-ESISTENTI
È la categoria più numerosa, formata dai fondi pensione già istituiti alla data del 15
novembre 1992, quando entrò in vigore la legge delega in base alla quale fu poi
emanato il Decreto lgs. 124/1993. Con DM Economia 62/2007 è stata dettata la
disciplina per l'adeguamento alla nuova normativa di sistema introdotta dal Decreto
lgs. 252/2005. Sono denominati fondi pensione preesistenti autonomi quelli dotati di
soggettività giuridica.
Esempi tra quelli iscritti all'albo sono: il Fondo Pensione per i Dipendenti IBM, il
Fondo Pensioni Dipendenti DOW, il Fondo Pensione delle Società Esercizi
Aeroportuali - FONSEA.
Sono invece denominati fondi pensione preesistenti interni quelli costituiti come
poste di bilancio o patrimonio di destinazione delle imprese – banche, imprese di
assicurazione e società non finanziarie – presso cui sono occupati i destinatari dei
fondi stessi
FONDI NEGOZIALI
I fondi pensione negoziali, detti anche fondi ad ambito definito o fondi chiusi, sono
istituiti sulla base di accordi tra le organizzazioni sindacali e quelle imprenditoriali di
settori specifici: l'adesione a questi fondi è riservata a specifiche categorie di
lavoratori. Ad esempio, i fondi pensione negoziali dei lavoratori metalmeccanici
sono Fondapi e Cometa, per i lavoratori del settore chimico sono Fondapi e
Fonchim.
FONDI APERTI
I fondi aperti invece non riguardano la contrattazione collettiva ma sono creati e
gestiti da banche, assicurazioni, Sgr e Sim e poi collocati presso il pubblico.
PIP
I Piani Individuali Pensionistici (PIP), sono strumenti previdenziali che consentono,
al pari dei fondi pensione, di erogare prestazioni integrative di natura pensionistica
rispetto a quelle del sistema pubblico. La differenza con i fondi pensione sta nel
fatto che l'adesione ai PIP è a carattere individuale e ciò comporta dei vantaggi
come la possibilità di interrompere, e poi eventualmente riprendere, il versamento
dei premi prestabiliti senza che il contratto si interrompa o venga penalizzato.
Chiunque può aderire ai PIP, anche casalinghe e studenti che non hanno posizioni
previdenziali aperte con il sistema pubblico.
L’UTILIZZO DEL TFR
Dopo la riforma del 2005, tutti i lavoratori, sia delle imprese con meno di 15
dipendenti sia di quelle in numero superiore, possono decidere se destinare il
100% del TFR in azienda e farlo gestire all'INPS, oppure a un fondo pensione
privato.
Se il lavoratore sceglie di destinare il TFR in azienda, questa lo verserà all'INPS. Il
lavoratore si rivolge all'azienda per l'incasso, la rivalutazione e l'anticipazione del
TFR, mentre l'azienda si rivarrà delle medesime somme presso l'INPS. Il lavoratore
si rivolge direttamente all'INPS nel solo caso di insolvenza o fallimento del proprio
datore di lavoro.
La regola del silenzio-assenso impone che i lavoratori che non restituiscono
apposito modulo firmato alle Risorse Umane entro 6 mesi dall'assunzione,
subiscano la destinazione del TFR ai fondi pensione. Se è presente, la destinazione
avviene al fondo di categoria; diversamente a un fondo aperto scelto dall'azienda.
Chi opta per l'azienda, può successivamente destinare il TFR a fondi privati;
viceversa, la scelta del fondo pensione non è reversibile, cioè non permette
successivamente di riportare il TFR in azienda. Scelto un fondo pensione, è
possibile cambiare la destinazione a diverso fondo aperto o al fondo di categoria.
Il d.lgs. n. 252 del 2005 prevede misure compensative per le imprese, come la
detassazione del TFR versato ai fondi pensione dei contributi aggiuntivi da parte
dello Stato. Misure di detassazione esistono già per il TFR versato all'INPS,
mentre lo Stato non versa a questo alcuna quota. Se è destinato al fondo pensione,
il datore di lavoro versa il 4% della retribuzione lorda annua, il lavoratore il 2%.
Se destinato all'INPS, ossia in azienda, il lavoratore versa il 9% e il datore il 20%.
Il decreto legislativo del 2005 prevede per il datore di lavoro di detrarre fino al
4% di quanto versato al fondo pensione; il TFR versato all'INPS o in azienda è un
costo, che si detrae interamente dal reddito imponibile.
FALLIMENTI
Nel biennio 2006-2007 sono avvenuti i primi fallimenti di fondi pensione integrativi in
Italia: Cassa IBI, Comit, Carlo Felice di Genova.
Ai fondi pensione si applica la disciplina dell'amministrazione controllata e della
liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento. Non sono previste
garanzie o risarcimenti.
Secondo il diritto fallimentare, i dipendenti sono creditori privilegiati del datore di
lavoro, per le retribuzioni arretrate e per la liquidazione. Nei confronti di un fondo
pensione, interno all'azienda, o di categoria, non vantano particolari diritti che li
inseriscono ai primi posti nella lista di creditori da risarcire.