Piersanti Mattarella: da solo contro la mafia
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Piersanti Mattarella: da solo contro la mafia
Piersanti Mattarella: da solo contro la mafia di DONATO PICCININO “Siamo al peggio…ma il peggio va affrontato”, sono le parole di Piersanti Mattarella ispirate ad una politica che non faceva un passo indietro rispetto alle responsabilità del proprio tempo. E’ uscito il libro di Giovanni Grasso, “Piersanti Mattarella. Da solo contro la mafia” (San Paolo Edizioni) che può considerarsi la prima vera biografia del politico cattolico ucciso il 7 gennaio del 1980, a 44 anni, mentre ricopriva il ruolo di presidente della Regione Sicilia. Alla presentazione tenutasi al Senato è intervenuto il presidente, Pietro Grasso: “(…) quel giorno, con spietata intelligenza, fu colpito anche un simbolo, un uomo che stava operando una svolta profonda non solo nell’amministrazione regionale ma anche nelle politica italiana”. 1/3 Piersanti Mattarella: da solo contro la mafia Che cosa resta del suo esempio e della sua testimonianza politica? Per Mattarella il cambiamento era nei fatti, nella misura in cui il governo della Sicilia fosse stato in grado di cambiare la situazione. La sua forza e il suo coraggio si spinsero fino ad assestate colpi micidiali agli interessi costituiti: nuovi criteri di nomina dei dirigenti, collegialità, politica di trasparenza, eliminazione di sprechi, favoritismi. L’obiettivo era “rendere la Pubblica amministrazione impermeabile ad infiltrazioni di tipo mafioso e clientelare”. Una nuova legge urbanistica ridusse gli indici di edificabilità che passarono da 21 a 7 per le aree urbane e da 0,20 a 0,03 per quelle agricole, fu emanata una nuova normativa di assoluta trasparenza per gli appalti cancellando dall’albo degli appaltatori migliaia di imprese fantasma. L’attivazione di poteri ispettivi della regione anche con la nomina di commissari con poteri di intervento sulle inadempienze delle amministrazioni comunali. Istituì, presiedendolo, il comitato per la programmazione di piani triennali, al di fuori dei quali nessuna opera poteva essere finanziata, impose anche la rotazione nei collaudi affidandoli anche a funzionari non più regionali ma del Genio Civile o del Provveditorato alle opere Pubbliche. Il messaggio della sua azione era molto chiaro: un governo apertamente in conflitto con gli interessi mafiosi perché non bastava rafforzare un’azione amministrativa che non fosse condizionata dalla mafia. Tutto questo portò al suo assassinio meno di due anni dopo quello di Aldo Moro con cui collaborava (fu tra i primi ad accorrere in via Caetani, a Roma, quel tragico 9 maggio 1978). L’anno successivo rifiutò la proposta del segretario nazionale della Democrazia Cristiana, Benigno Zaccagnini, a candidarsi per il Parlamento, perché era fermamente convinto che il suo impegno doveva continuare nella “sua” Sicilia proseguendo quella “politica del rinnovamento” che lo resero un “democristiano diverso”. “E’ lecito supporre – ha sottolineato il presidente del Senato Pietro Grasso che ha collaborato alle indagine da giovane procuratore a Palermo – che per tale omicidio si sia verificata una deliberata convergenza di interessi, rientranti tra le finalità terroristico – intimidatrici dell’organizzazione, e interessi connessi alle gestione della cosa pubblica (…). Una coincidenza di interessi che non siamo mai riusciti a chiarire e che tuttora mi toglie il sonno insieme ad altre intuizioni laceranti su tante stragi di mafia irrisolte. Anche diversi decenni dopo le indagini non mi sono arreso da Procuratore Nazionale Antimafia ho messo in atto ogni utile strumento a mia disposizione per cercare la verità su quel delitto e su molti altri che hanno segnato per sempre la vita della mia terra, e del Paese. E ancora oggi, credetemi, anche se chiamato a diverse responsabilità istituzionali, pongo a solido fondamento del mio impegno di uomo dello Stato la ricerca della giustizia ed della verità e il rispetto profondo per chi come Piersanti Mattarella ha dato la vita per le nostre libertà”. 2/3 Piersanti Mattarella: da solo contro la mafia Mattarella è stato un “martire consapevole” perché sicuro di quanto la sua azione potesse cambiare una terra difficile come la Sicilia. Nell’ultima intervista, pubblicata proprio il giorno stesso in cui veniva ucciso, Mattarella giudicava appropriato il richiamo del cardinale Pappalardo (“la mafia è pure quella sensazione di sicurezza prodotta dall’esser protetti da un amico o da un gruppo di amici che contano”) e aggiungeva: “ il problema esiste perché nella società a diversi livelli, nella classe dirigente non solo politica, ma pure economica e finanziaria, si affermano comportamenti individuali e collettivi che favoriscono la mafia. Bisogna intervenire per eliminare quanto a livello pubblico, attraverso intermediazioni e parassitismi, ha fatto e fa proliferare la mafia. Pure è necessario risvegliare doveri individuali e comportamenti dei singoli che finiscono con il consentire il formarsi di un’area dove il fenomeno ha potuto, dico storicamente, allignare e prosperare”. 3/3