classe dirigente e governance amministrativa, dalla Banca d`Italia

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classe dirigente e governance amministrativa, dalla Banca d`Italia
Università degli Studi di Napoli
Federico II
DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN
SCIENZE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
TESI DI LAUREA IN
SCIENZA E ISTITUZIONI POLITICHE DELL’AMMINISTRAZIONE IN
EUROPA
Dalla Lira all’Euro: classe dirigente e governance
amministrativa, dalla Banca d’Italia alla Banca Centrale
Europea
RELATORE:
CANDIDATO:
PROF. ARMANDO VITTORIA
GIUSEPPE CASILLO
Matricola : M09/630
ANNO ACCADEMICO 2013-2014
Sommario
Introduzione........................................................................................................ 5
Capitolo I
La Banca d’Italia
1.1
Dalle origini al secondo dopoguerra .................................................... 7
1.2
Dal secondo dopoguerra ad oggi ....................................................... 18
1.3
La governance .................................................................................... 31
1.4
Come è organizzata la Banca d’Italia ................................................ 44
1.5 Controllo e valutazione delle attività centrali e periferiche ................... 53
1.5
Il personale......................................................................................... 54
Capitolo II
La lunga strada verso l’euro
2.1 Dal Trattato di Roma al Serpente Monetario Europeo ........................... 72
2.2 Dal Sistema Monetario Europeo all’Unione Monetaria ......................... 74
2.3 Il Sistema Europeo delle Banche Centrali .............................................. 77
2.4 Un altro sistema federale: il caso degli Stati Uniti d’America ............... 85
2.5 Un caso europeo: la Bundesbank ........................................................... 89
Capitolo III ....................................................................................................... 94
La Banca Centrale Europea .............................................................................. 94
3.1 Nascita ed evoluzione della Banca Centrale Europea ............................ 94
3.2 Come è organizzata ................................................................................ 96
3.3 Il problema dell’indipendenza .............................................................. 104
3.4 La Governance ..................................................................................... 108
3.5 Il personale ........................................................................................... 114
3.6 L’Eurosistema ...................................................................................... 118
3.7 Le Banche centrali nazionali nella BCE: trasformazione di apparati .. 119
3.8 I rapporti con altre istituzioni europee ................................................. 122
Conclusioni ..................................................................................................... 125
Bibliografia ..................................................................................................... 127
Sitografia ........................................................................................................ 133
Introduzione
La Banca d’Italia non è un Ente pubblico qualunque, nella sua storia e nella sua
evoluzione sono racchiusi i momenti migliori e quelli meno belli degli italiani.
La sua storia s’intreccia con quella dell’Italia: attraverso i governatori, figure
dalla caratura a volte straordinaria, che hanno segnato epoche, o attraverso i
rapporti con i vari governi, spesso cordiali ma qualche volta conflittuali.
L’evoluzione della Banca d’Italia possiamo definirla come una parabola. Il suo
inizio fu in sordina, stretta tra gli interessi regionalistici e le idee politiche
dell’Ottocento, poi pian piano ha assunto influenza e potere, fino ad
influenzare sotto la guida di Carli e Ciampi l’intera politica economica del
nostro Paese. Come tutte le parabole è arrivato anche il momento della discesa.
L’integrazione europea fin dagli anni Sessanta ha scandito una serie di tappe
che hanno portato la Banca d’Italia ad inserirsi nell’attuale Eurosistema:
dall’Unione Monetaria dei Pagamenti al piano Werner, dallo SME al piano
Delors, fino ad arrivare a Maastricht ed a Lisbona. L’avvento dell’Euro ha
cambiato le carte in tavola in modo definitivo: già da tempo la Banca d’Italia, a
causa degli accordi presi, stava rinunciando a sempre maggiori strumenti
d’intervento nella politica economica e monetaria, a questo punto, però ha
perso la sua caratteristica maggiormente distintiva, in altre parole non è più
stato un istituto di emissione, abbandonando definitivamente la leva della
politica monetaria. Il suo posto è stato preso dalla Banca Centrale Europea,
una ―Banca delle banche centrali‖ costruita sulla falsariga della Bundesbank
tedesca e che ha relegato gli istituti dei paesi aderenti a nuovi ruoli. A questo
punto, prendendo in considerazione il caso italiano, mi sono chiesto se vi
fossero criticità tra il vuoto lasciato dalla Banca d’Italia e l’operato attuale della
Banca Centrale Europea. In particolar modo, ho voluto confrontare gli apparati
amministrativi dei due istituti, portando alla luce le differenze nella gestione
del personale, nella selezione dei dirigenti, nei controlli interni sull’apparato
amministrativo. Lo studio dell’evoluzione della Banca d’Italia nel corso degli
anni mi ha dato la possibilità di verificare se vi fosse stata una convergenza
5
verso il modello della Banca Centrale Europea. Inoltre, l’analisi dei criteri di
selezione del personale, a tutti i livelli, mi ha permesso di giudicare il grado di
uniformità rispetto all’istituto centrale europeo. Non è stato facile dare una
risposta a tutti gli interrogativi, a causa soprattutto della natura della BCE che
rappresenta un organismo assolutamente unico nel panorama internazionale.
Tuttavia gli spunti di riflessione non sono mancati e gli elementi raccolti hanno
portato ad interessanti riflessioni.
6
Capitolo I
La Banca d’Italia
1.1 Dalle origini al secondo dopoguerra
1.1.1 Le banche centrali nell’Italia Unita
Sidney Sonnino avrebbe voluto che la Banca d’Italia nascesse nuova, scevra da
legami con il passato. In realtà non fu così, poiché derivò dalla fusione fra tre
banche di emissione pre-esistenti1. Le banche di emissione si erano affermate
negli Stati preunitari nella prima metà dell’Ottocento. L’Italia unita ebbe una
moneta unica (la lira italiana creata con la legge Pepoli del 18622), ma
mantenne una circolazione monetaria disomogenea: poiché quasi tutti gli
istituti operanti nei vecchi Stati mantennero la facoltà di emettere biglietti nel
nuovo regno. Al Nord la Banca Nazionale (che veniva dalla fusione fra la
Banca di Genova e la Banca di Torino); al Centro la Banca Nazionale Toscana,
affiancata nel 1863 dalla Banca Toscana di Credito per le Industrie e il
Commercio d'Italia; al Sud il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia. Quando,
dopo l'annessione di Roma nel 1870, la Banca degli Stati pontifici divenne
Banca Romana, gli istituti di emissione diventarono sei3. Tutte questa banche
emettevano moneta convertibile in oro ed erano in concorrenza tra di loro. Solo
due istituti di quelli nominati erano pubblici, cioè il Banco di Napoli ed il
Banco di Sicilia, gli altri erano privati ma sottoposti a vigilanza da parte dello
Stato4. Inizialmente non si realizzò una banca di emissione unica, poiché vi
erano ancora forti interessi regionali ed economici in difesa delle banche pre1
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, p. 24
2
Cfr. La "Lira italiana" dopo il 1861, in Sito ufficiale della Banca d'Italia,
http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/serv_pubblico/visitevirtuali/museo_mon/approfondimenti/sez7/28c_vet.pdf)
3
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/origini)
4
Ibidem
7
unitarie5: tuttavia nel 1874 fu varata una prima riforma sull’emissione cartacea,
indicando espressamente i sei istituti autorizzati ed introducendo di fatto un
oligopolio legalizzato6. In quegli anni le banche di deposito, come quelle che
noi siamo abituati a conoscere oggi, erano poco diffuse. Il modo più diffuso per
concedere credito era proprio l’emissione di carta moneta, la quale era accettata
dal pubblico come credito e questo consentiva alla banca stessa di far credito ai
propri clienti7. Negli anni Settanta fecero capolino le prime banche di deposito,
come la Società di Credito Mobiliare Italiano8 e la Banca Generale9. Gli istituti
di emissione pre-unitari svolsero un ruolo fondamentale: nonostante i frequenti
episodi di sospensione della convertibilità e gli interventi del governo a
sostegno delle singole banche, essi diedero un contributo essenziale al
finanziamento della produzione e dell’investimento, combatterono l’usura e
favorirono la monetizzazione dell’economia italiana10. Il modello di emissione
monetaria che l’Italia segue in questo periodo storico è comunemente detto di
Free-Banking. In questo sistema, per l’appunto, l’emissione monetaria non è
attribuita in via esclusiva ad una Banca Centrale, ma ogni banca ha facoltà di
emettere liberamente biglietti o altri debiti a vista11. Il sistema di Free-Banking,
d’altra parte, porta delle criticità e degli inconvenienti: l’Italia tra gli anni
Settanta ed Ottanta dell’Ottocento fu colpita dalla crescente instabilità dei
mercati finanziari e creditizi12 e dalla deflagrazione di gravi scandali bancari13.
Questa situazione, ovviamente, alimentò spinte verso un controllo della moneta
5
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/origini)
6
Ibidem
7
Ibidem
8
Cfr. M. PANTALEONI, La caduta della Società generale di credito mobiliare italiano,
Giuffré, 1977
9
Dipartimento Economia Università Milano-Bicocca, Lezioni Storia Economica Prof.
Mocarelli,
(http://dipeco.economia.unimib.it/persone/Mocarelli/storia_economica_a/Lezioni/lezione35.pd
f), p. 2
10
G. GIANFREDA, N. JANSON, Le banche di emissione in Italia tra il 1861 ed il 1863: un
caso di concorrenza?, Centro di Metodologia delle Scienze Sociali, LUISS, «Guido Carli»,
Roma, p.16
11
Ivi, p.20
12
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.29
13
Cfr. E. MAGRI, I ladri di Roma. 1893 scandalo della Banca Romana: politici, giornalisti,
eroi del Risorgimento all'assalto del denaro pubblico, Mondadori Milano, 1993
8
più severo, quindi sostanzialmente pubblico e centralizzato14. Tuttavia la
permanenza di quest’assetto era legata ad interessi politici ed economici locali,
fortemente rappresentati dai parlamentari che avevano tutto l’interesse a
costruire un solido rapporto con il territorio del quale erano espressione15. Fu
proprio in questa fase che la proposta di Sonnino di riformare l’intero sistema
dell’emissione sui principi dell’unicità dell’ente emittente cadde nel vuoto: al
contrario, prevalse la linea del Presidente Giolitti16. Egli, nonostante il
precipitare degli eventi, suggeriva che l’accorpamento delle banche di
emissione dovesse avvenire per gradi. La banca più importante era in quel
momento la Banca Nazionale del Regno d’Italia1718, legata a Torino: ad essa
furono accorpate le due banche toscane, la Banca Nazionale Toscana e la
Banca Toscana di Credito19. Ciò avvenne con la legge n. 449 del 10 agosto
189320. L’accelerazione definitiva ed il superamento delle resistenze dipese in
buona parte dallo scandalo che travolse la Banca Romana. Questa entrò in una
grave crisi a causa della grave depressione iniziata nel 1887-88 e degli
eccessivi e spregiudicati investimenti nel settore edilizio specialmente a Roma,
dopo che questa divenne capitale, ed a Napoli, in seguito alle operazioni di
risanamento seguite al colera del 1884. La crisi fu talmente grave da causare il
fallimento della banca stessa, che divenne anche oggetto di un’inchiesta
parlamentare: dopo le prime iniziali resistenze uscì fuori che la Banca Romana,
a fronte dei sessanta milioni autorizzati per i quali possedeva sufficienti riserve
auree, aveva emesso biglietti per più di cento milioni di lire, incluse banconote
false per circa quaranta milioni emesse in serie doppia21. Fu proprio la
14
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.29
Ibidem
16
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/origini)
17
Cfr. Atti n.2585 Convenzione per la formazione della Banca d'Italia (11 ottobre 1865) e
Statuto per la Banca d'Italia (11 marzo 1865)
18
Cfr. Atti n.2586 Convenzione per l'assunzione del servizio di Tesoreria dello Stato da parte
della Banca Nazionale
19
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.30
20
Archivio Storico della Camera dei Deputati (http://storia.camera.it/cronologia/leg-regnoXVIII/elenco)
21
E. MAGRI, I ladri di Roma. 1893 scandalo della Banca Romana: politici, giornalisti, eroi del
Risorgimento all'assalto del denaro pubblico, Mondadori Milano, 1993
15
9
creazione della Banca d’Italia a placare l’onda lunga dello scandalo, che
durante le indagini arrivò a toccare persino Giolitti e Crispi.
1.1.2 La nascita della Banca d’Italia: da Grilli a Marchiori
Il primo Direttore Generale della neonata banca centrale fu Giacomo Grilli, il
quale procedette a liquidare definitivamente la Banca Romana, mentre gli
istituti meridionali, Banco di Napoli e Banco di Sicilia, continuarono ad
emettere moneta22. Nel Dicembre del 1893 fu approvato anche lo Statuto della
Banca d’Italia, il quale tra le altre cose prevedeva che il Direttore Generale era
nominato dal Consiglio Superiore della Banca previa approvazione del
governo23. La Banca d’Italia, d’altronde, pur essendo un organismo avente
natura giuridica di società privata era sottoposta ad un rigido controllo da parte
del pubblico: la variazione dei tassi di sconto era subordinata all’approvazione
del Ministero del Tesoro, l’apertura di nuove sedi doveva essere autorizzata dal
Governo, il Ministero dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio era
l’organo di vigilanza deputato al controllo dell’attività della Banca ed infine un
membro del Governo poteva partecipare, con potere di veto, alle riunioni del
Consiglio Superiore24. Un altro scoglio da superare durante la fusione fu la
percezione che la Banca Nazionale dava al resto del Paese: ovvero quella di un
forte gruppo capitalistico privato, intento a seguire i propri interessi a discapito
di quelli pubblici25. Sonnino aveva paura che anche la neonata Banca d’Italia
ereditasse questa percezione da parte dell’opinione pubblica, così sostituì già
nel 1894 il Direttore Generale Grillo con Giuseppe Marchiori26. Nel disegno di
Sonnino questi doveva fare in modo che la banca perseguisse gli interessi
22
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/origini)
23
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.30
24
Ibidem
25
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, p.24
26
Ibidem
10
pubblici e solo subordinatamente quelli privati. Marchiori sostenne l’interesse
pubblico nella politica del cambio, nella distribuzione dei dividendi e nella
politica dello sconto27. Il nuovo Direttore Generale pretese per la Banca anche
una maggiore autonomia operativa: che si concretizzò con l’istituzione di un
tasso di sconto ridotto da applicare ai clienti migliori in modo da rimanere in
contatto con il mercato monetario28. Marchiori restò in carica dal 1894 al 1900,
anno in cui fu sostituito da Bonaldo Stringher29.
1.1.3 L’era Stringher
Quest’ultimo seppe conciliare, anche grazie alla congiuntura economica
favorevole, la stabilità finanziaria e del cambio con il sostegno alle attività
produttive30. Una volta raggiunta la parità della Lira con l’oro posseduto, dal
1902 la Banca d’Italia si comportò come se fosse in regime di gold standard31,
pur non dichiarando mai la convertibilità della moneta con l’oro. La banca
centrale preferì dare preminenza all’obiettivo della stabilità del cambio
piuttosto che reintrodurre la convertibilità del circolante cartaceo a vista in oro,
poiché quest’ultima operazione avrebbe potuto causare problemi come quelli
registrati durante gli anni Settanta e Ottanta e che avevano portato alla crisi del
settore bancario32. Nel 1907, grazie all’opera di moral suasion del direttore
Stringher nei confronti del resto del sistema bancario, la Banca d’Italia
27
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, p.24
28
Ivi, p.25
29
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/dal1893_a_giolitti)
30
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/dal1893_a_giolitti)
31
Cfr. B. EICHENGREEN, M. FLANDREAU, Gold Standard in Theory & History,
Routledge, New York, Prima Edizione 1985, Edizione Consultata 2005 – Il gold standard è un
sistema monetario nel quale la base è data dalle riserve auree. Il caso italiano è atipico poiché
non vi fu in questa fase la reintroduzione dell’obbligo di convertire a vista i biglietti in oro, ma
di fatto la Banca d’Italia si comportò come se fosse in un regime di totale convertibilità del
circolante cartaceo in oro.
32
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, p.27
11
intervenne a sostegno della Società Bancaria Italiana33. Per la prima volta fu
possibile salvare un grande gruppo bancario senza l’ausilio di soldi pubblici,
poiché il direttore Stringher riuscì a persuadere gli altri gruppi bancari che la
crisi della Società Bancaria Italiana avrebbe potuto intaccare le fondamenta
dell’intero sistema se non affrontata per tempo34. Nell’arginare la crisi del 1907
il legislatore ampliò i limiti della circolazione della moneta con la legge n. 804
del 31 Dicembre 190735, la quale prevedeva la riduzione della tassa per i
biglietti emessi in eccedenza al limite normale36. Durante la Prima Guerra
Mondiale la Banca d’Italia si allineò alle esigenze del Paese, così tutti i suoi
sforzi furono indirizzati nel sostegno all’impegno bellico con anticipazioni ai
sottoscrittori di titoli di debito pubblico37. In questa fase, per la precisione nel
1914, nasce anche l’Ufficio Studi, che si rivelerà un modo eccelso per sottrarre
all’esecutivo il monopolio dei dati e delle informazioni economiche e,
conseguentemente, per rafforzare l’autonomia dell’istituto38. Grazie alle
indiscusse capacità di Stringher ed all’enorme assorbimento di risorse causato
dalla guerra, la Banca d’Italia divenne il principale consigliere del governo e
l’esecutore di buona parte della sua politica finanziaria39. Finita la guerra per la
Banca d’Italia cambiarono anche le prerogative, divennero prioritarie le lotte
all’inflazione ed alla disoccupazione40. La tutela dei redditi e dei posti di lavoro
fu legata alla stabilità del sistema bancario41. Gaetano Mosca disse al riguardo:
33
C. P. KINDLEBERGER, A Financial History of Western Europe, Routledge, Londra, 1984,
p. 143, [en]
34
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 31
35
Cfr. InfoLeges, Banca dati giuridica on-line
(http://www.infoleges.it/service1/scheda.aspx?service=1&id=80035)
36
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, p.48
37
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, p.28
38
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 32
39
Ivi, p.33
40
F. COTULA, L. SPAVENTA, La politica monetaria tra le due guerre 1919-1935, Editori
Laterza, Roma-Bari, 1993, p.124
41
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, p.28
12
«Scettica (la classe politica) non senza motivo sulla tenuta sociale del Paese e custode
di un sistema bloccato, questa classe – intimamente aliena dall’accettare virtù e
durezze del mercato e della concorrenza – utilizza i mezzi dei quali dispone per evitare
rotture che non è certa di poter controllare.»42
Fino a questo momento i rapporti della Banca con i vari governi seguirono la
linea dettata dallo stesso Stringher fin dal suo discorso d’insediamento del 3
Dicembre 1900:
«Per me fra Banca e Stato non vi può essere dissidio. Comune dev’essere l’intento di
migliorare le condizioni dell’attività nazionale e di rialzarne le sorti. Ma comunanza
d’intenti non significa menomamente rinunzia alla piena autonomia nostra
nell’esercizio del credito entro i confini seguenti dalle leggi e dagli statuti»43.
Questa fase s’interrompe inevitabilmente con il rafforzarsi del fascismo. La
Banca d’Italia ha sempre meno possibilità di influenzare il governo e,
contemporaneamente, viene meno anche la condivisione delle politiche e delle
responsabilità44. La politica monetaria italiana in questi anni inseguì la
deflazione ad ogni costo, ma la scelta fu autonoma dei Ministri delle Finanze o
dello stesso Mussolini45. La maggiore funzione dell’istituto in questi anni è
quella di garanzia verso l’estero: la Banca utilizzò la reputazione conquistata
negli anni precedenti per garantire nei confronti delle altre banche centrali,
sospettose del fascismo, il buon fine dei prestiti che erano necessari per
rientrare nel gold standard46. Stringher, pur restando al suo posto negli anni del
fascismo, non fu mai fascista: egli restò al suo posto per senso delle istituzioni
42
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, p.28
43
E. TUCCIMEI, La ricerca economica a Via Nazionale - Una storia degli "Studi" da Canovai
a Baffi (1894-1940), in Quaderni dell'Ufficio Ricerche Storiche, Banca d'Italia, Numero 9,
Settembre 2005, p. 18
44
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, p.31
45
Ibidem
46
Ibidem
13
e perché Mussolini ritenne opportuno avvalersi delle sue prestazioni47. Nel
1926, con il Regio Decreto Legge n. 812, intitolato ―Unificazione del servizio
di emissione dei biglietti di banca‖, il governo affidò in via esclusiva
l’emissione dei biglietti alla Banca d’Italia48
istituzionale
della
posizione
dell’istituto
49
. Quest’ulteriore rafforzamento
andava
in
direzione
della
stabilizzazione decisa dal governo: l’obiettivo era il raggiungimento di una
nuova parità aurea, raggiunta nel 1927, attraverso misure di risanamento
finanziario e l’attuazione di una stretta creditizia50. Sempre nel 1926, con il
Regio Decreto Legge n. 150651, il governo fornì alla Banca d’Italia nuove
competenze nel campo della supervisione sul sistema creditizio52. A
compimento del percorso di riforma istituzionale, la Banca nel 1928 fu dotata
di un nuovo statuto. L’innovazione maggiore fu la creazione di una nuova
figura, quella del Governatore, che rappresentava la banca di fronte a terzi e
che precedeva in via gerarchica il Direttore ed il Vicedirettore: tutti questi
organi erano nominati dal Consiglio Superiore previa approvazione del
governo. Governatore, Direttore Generale e Vicedirettore componevano il
Direttorio53.
1.1.4 Da Stringher ad Azzolini: la Banca d’Italia diventa Ente di diritto
pubblico
47
Sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Sezione del Ministro per la semplificazione
e la pubblica amministraizone, Archivio Storico (http://www.funzionepubblica.gov.it/lazionedel-ministro/il-centocinquantenario-dellunita-ditalia/biografie/24062011---bonaldostringher.aspx)
48
Cfr. Archivio Storico della Camera dei Deputati
(http://archivio.camera.it/patrimonio/archivio_della_camera_regia_1848_1943/are01o/docume
nto/CD0000001424)
49
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, p.50
50
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.33
51
Cfr. Archivio Storico della Camera dei Deputati
(http://archivio.camera.it/patrimonio/archivio_della_camera_regia_1848_1943/are01o/docume
nto/CD0000001554)
52
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.34
53
Ibidem
14
Il primo Governatore della Banca, nel 1928, fu proprio Bonaldo Stringher,
mentre Vincenzo Azzolini gli succedette in qualità di Direttore Generale.
Proprio in questi anni, nel biennio 1927 – 1928, veniva finalmente a
compimento l'opera di riforma con la fissazione della nuova parità aurea della
Lira ed il ripristino della convertibilità in oro o in divise estere convertibili54. fu
introdotto l'obbligo di mantenere una riserva in oro o in valute estere
convertibili non inferiore al quaranta per cento del circolante55. Nel 1930
Stringher morì ed Azzolini gli succedette da Governatore. Erano gli anni della
Grande Depressione e la svalutazione della sterlina, avvenuta nel Settembre
1931, e di gran parte delle altre monete equivalse di fatto a un’ulteriore
rivalutazione della Lira. Ciò non fu più sostenibile per l’economia italiana, già
gravata da politiche pesantemente deflattive e pesanti furono le conseguenze
sull’attività economica e sul sistema finanziario56. Inizialmente fu Banca
d’Italia a salvare dal tracollo le maggiori banche del Paese, gonfie di
partecipazioni azionarie sempre più svalutate, ma presto l’istituto si ritrovò
nella condizione di non poter più fare molto. A questo punto entra in scena un
nuovo personaggio: Alberto Beneduce. Egli era stato Ministro del Lavoro con
l’ultimo esecutivo democratico di Ivanoe Bonomi e dopo la salita al potere di
Mussolini aveva scelto di non tornare più in Parlamento. Ciò nonostante
godeva di una tale stima che pur senza prendere mai la tessera del Partito
Nazionale Fascista divenne ben presto uno dei più autorevoli consiglieri
economici di Mussolini e dei Ministri delle Finanze De Stefani e Volpi 57. Fu
proprio Beneduce, uomo delle istituzioni liberali e del sud, nato a Caserta, a
realizzare un canale privilegiato e separato di finanziamento per il settore
industriale, separando il credito a breve, assegnato agli istituti ordinari da
54
Cfr. B. EICHENGREEN, M. FLANDREAU, Gold Standard in Theory & History,
Routledge, New York, Prima Edizione 1985, Edizione Consultata 2005, [en] – Abbiamo un
diverso tipo di Sistema Aureo, detto gold exchange standard: ovvero, le banconote sono
convertibili solo in parte, risultando la quantità della carta-moneta circolante come un multiplo
del valore dell'oro posseduto dallo Stato. Quindi la circolazione cartacea è convertibile solo
parzialmente in oro.
55
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/il_dopoguerra)
56
Ibidem
57
M. FRANZINELLI, M. MAGNANI, Beneduce. Il finanziere di Mussolini, Mondadori,
Milano, 2009
15
quello a medio e lungo termine58. furono così creati prima l'Istituto Mobiliare
Italiano (IMI) con il compito di assicurare i finanziamenti di medio - lungo
periodo59 e poi l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), che acquisì il
controllo delle società cui le banche avevano conferito le partecipazioni
industriali e delle finanziarie che a loro volta controllavano le banche 60. Nel
frattempo, Azzolini ben sapeva che non sarebbe servito a nulla protestare
contro le politiche deflazioniste del Governo, soprattutto in una situazione di
orientamento protezionistico dell’economia che avrebbe minato l’autonomia
della Banca61. Tuttavia riuscì ad attenuare la deflazione richiesta dal regime,
grazie ad una lettera a Mussolini in cui argomentava che la liquidità non poteva
essere ridotta ulteriormente senza produrre un senso di soffocamento delle
energie vitali del Paese62. Finalmente, nel 1936, la Lira fu svalutata del
quarantuno per cento e l’economia riuscì a trarne benefici consistenti63. Nello
stesso anno fu eliminata di fatto la convertibilità della Lira in oro e fu sospeso
l'obbligo della riserva aurea64: in questo modo veniva eliminato ogni limite alla
possibilità che il Ministero del Tesoro si finanziasse presso la Banca centrale,
la quale così facendo non aveva più il controllo della moneta65. Sempre nel
1936 fu elaborata in ambito IRI, ed al di fuori del controllo e talvolta della
conoscenza dello stesso Azzolini, la legge di riforma bancaria66. La Banca
assunse la definizione di ―istituto di diritto pubblico‖ e le fu affidata
definitivamente la funzione di emissione, la quale fino a quel momento era
58
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 35
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/il_dopoguerra)
60
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.36
61
Ibidem
62
F. COTULA, L. SPAVENTA, La politica monetaria tra le due guerre 1919-1935, Editori
Laterza, Roma-Bari, 1993, p. 725
63
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, p.33
64
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/il_dopoguerra)
65
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, p.33
66
Ivi, p.34
59
16
stata dalla Banca centrale solo in concessione67. Le quote in possesso di
azionisti privati furono espropriate ed affidate successivamente ad enti
pubblici, contemporaneamente fu vietato alla Banca di svolgere la funzione di
istituto commerciale e quindi di erogare credito alle imprese non bancarie68. Il
R.D.L. n. 375 del 12 Marzo 193669, oltre alle innovazioni sopra citate, innovò
anche il sistema di vigilanza creditizia e finanziaria. Esso definì l’attività
bancaria funzione di interesse pubblico70 e creò un nuovo organo per
migliorare l'azione di vigilanza: l’Ispettorato per la difesa del risparmio e
l'esercizio del credito, presieduto dal Governatore e operante anche con mezzi e
personale della Banca d'Italia, ma diretto da un Comitato di ministri presieduto
dal capo del Governo71.
Azzolini, nonostante la politica isolazionista, dell’Italia, riorganizzò il Servizio
Studi per coltivare relazioni esterne, soprattutto con il mondo anglosassone72.
La seconda guerra mondiale rappresentò una tragedia anche economica per il
Paese: con la fuga del re, la nascita della Repubblica Sociale Italiana a Salò ed i
combattimenti nella penisola la situazione non poté che peggiorare. La Lira si
ridusse ad un trentesimo del suo valore nel 1938, per capire la gravità della
situazione basti pensare che alla fine della prima guerra mondiale il valore
della Lira era un quinto di quello antecedente l’inizio delle ostilità. La Banca
d’Italia, come tutte le amministrazioni statali, visse momenti drammatici con lo
sdoppiamento delle attività amministrative tra il nord, occupato dai fascisti, ed
67
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/il_dopoguerra)
68
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.36
69
Cfr. Archivio Storico della Camera dei Deputati
(http://archivio.camera.it/patrimonio/archivio_della_camera_regia_1848_1943/are01o/docume
nto/CD0000006231)
70
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, p.58
71
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/il_dopoguerra)
72
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, p.35
17
il sud, liberato dagli alleati. Nel Gennaio 1945 Luigi Einaudi fu nominato
Governatore ed iniziò a lavorare per il ritorno alla normalità73.
1.2 Dal secondo dopoguerra ad oggi
1.2.1 I trenta mesi di Einaudi
Luigi Einaudi è stato, tra i Governatori della Banca d’Italia, quello che ha
avuto il mandato più breve, ma la sua azione è stata al tempo stesso tra le più
incisive74. Già nella cerimonia d’insediamento, il Governatore Einaudi insiste
sull’esigenza di proseguire nella collaborazione tra Banca d’Italia e Ministero
del Tesoro75:
«La Banca d’Italia, pur nella sua autonomia, è la longa manus del Tesoro nel
convogliare il risparmio del Paese per quella parte che non affluisce direttamente nel
pubblico erario a mezzo delle casse postali, degli istituti di credito ed assicurativi e
nelle sottoscrizioni dei buoni del tesoro, […] attraverso la Banca, a fare fronte alle
esigenze del bilancio statale; e le anticipazioni di circolante colmano la differenza.»76
Questo doveva avvenire senza soffocare le energie dei privati, i quali avrebbero
supportato gran parte del peso della ricostruzione, che si sarebbe rivelato
pesantissimo da portare. Infine, la Banca d’Italia doveva inquadrarsi nei nuovi
organismi internazionali creati a Bretton Woods per non perdere la ripresa
mondiale77. L’economista si ritrovò a gestire l’istituto avendo solo parte degli
strumenti funzionanti: pur essendo ancora in vigore la riforma del 1936, nel
1944 erano stati soppressi il Comitato dei Ministri, presieduto dal Capo del
Governo e costituito dai Ministri delle Finanze, dell’Agricoltura e delle
73
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/il_dopoguerra)
74
R. FANUCCI, Il governatorato di Luigi Einaudi (1945-1947), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.39
75
Ivi, p.51
76
L. EINAUDI, a cura di P. BARUCCI, Considerazioni finali della Banca d'Italia, Treves
Editore, Roma, 2008
77
R. FANUCCI, Il governatorato di Luigi Einaudi (1945-1947), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.51
18
Corporazioni, e l’Ispettorato per la difesa del risparmio e l’esercizio del
credito, presieduto dallo stesso Governatore78. Questi organismi erano
fondamentali per consentire il corretto funzionamento della Banca d’Italia79. Il
legislatore interviene nel 1947 per colmare questo vuoto: con il Decreto Legge
n. 691 del 17 Luglio 194780, al Comitato dei Ministri subentra un nuovo
organo: il Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio81. A questo
nuovo organo è attribuita la funzione di vigilanza in materia di tutela del
risparmio e di esercizio della funzione creditizia. Con lo stesso decreto sono
trasferite definitivamente alla Banca d’Italia le funzioni del vecchio Ispettorato,
garantendo all’istituto l’acquisizione della titolarità delle competenze
tecnicoamministrative di vigilanza bancaria82. Le banche private non ebbero
problemi di stabilità, al contrario del primo dopoguerra: poiché erano dotate di
scarsi immobilizzi83. Il primo compito di Einaudi fu quello di arrestare
l’inflazione. In ciò fu aiutato dal neonato il Comitato Interministeriale per il
Credito ed il Risparmio: fu utilizzato un nuovo sistema di riserve obbligatorie,
calcolate in modo da assorbire il superfluo residuo di liquidità costituito dai
depositi delle banche presso la Banca centrale84. In secondo luogo il
Governatore dovette intervenire per porre un limite all’indebitamento del
Tesoro nei confronti della Banca Centrale:
Legislativi n.7 del 21 Gennaio
85
così, nel 1948 con i Decreti
e n.544 del 7 Maggio86 fu posto il limite, nel
primo caso in valore assoluto di cento miliardi87 per l’importo massimo delle
78
R. FANUCCI, Il governatorato di Luigi Einaudi (1945-1947), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.52
79
Ibidem
80
Cfr. Sito ufficiale Edizioni Europee Informatica S.r.l,
(http://www.edizionieuropee.it/data/html/14/zn30_11_003.html)
81
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, p.64
82
Ibidem
83
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/guerra)
84
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, p.66
85
Cfr. Normattiva - Banca dati sulle leggi italiane, (http://www.normattiva.it/urires/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1948-00-00;7)
86
Cfr. Sito ufficiale Edizioni Europee Informatica S.r.l,
(http://www.edizionieuropee.it/data/html/1/zn12_02_005.html)
87
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, p.69
19
anticipazioni temporanee e nel secondo caso del quindici per cento delle spese
previste nel bilancio dello Stato88. In seguito, Einaudi, diede un’accelerata al
processo di inserimento nella comunità finanziaria internazionale iniziato nel
1946 con l’adesione agli accordi di Bretton Woods: diede inizio alla
liberalizzazione del commercio dei cambi e per la gestione delle transazioni
valutarie fu creato l’Ufficio Italiano Cambi89. Nel documento istitutivo di
quest’ultimo Einaudi volle che fossero inserita questa dizione:
« Fino a quando durerà il monopolio dei cambi, è riservato all'Ufficio Italiano dei
Cambi il commercio delle divise e di qualsiasi altro mezzo che possa servire per
pagamenti all'estero, in tutte le forme possibili.»90
Grande innovazione fu costituita dall’inserimento del principio della tutela del
risparmio, fissato nella nuova Costituzione del 1948 con l’art. 47. L’azione
della Banca in questo periodo fu essenziale sia per stabilizzare la Lira e
costruire una piattaforma da cui partire per avere una crescita non
inflazionistica, sia per attrarre e gestire gli aiuti internazionali che consentirono
di uscire dall’emergenza e di avviare la ricostruzione.
1.2.2 Domenico Menichella ed i primi germogli di Europa
Nel 1948 Einaudi fu eletto Presidente della Repubblica, così divenne
Governatore della Banca d’Italia l’ex Direttore Generale Domenico
Menichella. Gli obiettivi della Banca restarono pressappoco gli stessi: garantire
stabilità alla moneta e favorire una ripresa economica91. Gli strumenti
economici per Menichella erano gli stessi degli anni scorsi: l’istituto a quel
tempo aveva solo limitate possibilità di controllo della base monetaria.
L’offerta di carta moneta dipendeva principalmente dal deficit di cassa dello
Stato, mentre l’offerta di riserve bancarie era controllata dal Governo, per
quanto riguardava i buoni del Tesoro acquistati dagli istituti privati, o dalle
88
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/guerra)
89
Ibidem
90
G. CARLI, Pensieri di un ex governatore, Edizioni Studio Tesi, Pordenone, 1988, p.105
91
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/ricostruzione_svil)
20
banche92. L’unica strada che aveva quindi Menichella per influire sulla base
monetaria era la moral suasion nei confronti delle banche: doveva influenzarle
affinché creassero o distruggessero moneta nella quantità ritenuta sufficiente93.
Chiaramente ciò sarebbe potuto avvenire solo se Banca centrale e grandi
gruppi bancari privati avessero operato in simbiosi: ebbene, Menichella fu
maestro nel costruire con le grandi banche, quasi tutte di proprietà pubblica, un
rapporto di fiducia estremamente saldo94. Tanto è vero che durante il
governatorato di Menichella si narra che mai la vigilanza varcò la soglia di uno
dei grandi gruppi bancari95. Con il capo della Banca Nazionale del Lavoro, Ing.
Imbriani Longo, addirittura Menichella costruì un rapporto personale di fiducia
e rispetto reciproco96. Menichella alle banche private inviò poche direttive
formali e molti messaggi informali, ma alla fine fu capace di esprimere un
fronte unico in grado di neutralizzare quelle variabili su cui aveva scarso potere
di controllo: l’economia internazionale e l’attività dello Stato97. Il fine ultimo
di Menichella fu quello di mantenere la l’offerta monetaria ritenuta adeguata a
consentire lo sviluppo veloce dell’economia industriale italiana98. Il
governatorato di Menichella è storicamente importante anche perché proprio in
quegli anni nascono i primi germogli di quella che sarà l’Europa unita99.
1.2.2 Guido Carli, il boom economico ed il ritorno dell’inflazione
Nel 1960 Domenico Menichella lasciò la guida della Banca d’Italia, al suo
posto subentrò Guido Carli. Il nuovo Governatore,
negli anni successivi,
assistette alla graduale trasformazione del quadro strutturale dell'economia del
92
M. DE CECCO, Il governatorato di Donato Menichella (1947-1960), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.80
93
Ibidem
94
M. DE CECCO, Il governatorato di Donato Menichella (1947-1960), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.80
95
Ibidem
96
M. DE CECCO, Il governatorato di Donato Menichella (1947-1960), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.78
97
Ivi, p.81
98
Ibidem
99
Cfr. Paragrafo 2.1
21
Paese e tentò di adeguare la Banca ad esso100. Giangiacomo Nardozzi parlando
nel 1988 della politica inaugurata durante il governatorato Carli dalla Banca
d’Italia, diede la definizione di politica del contrappeso: ovvero, la
partecipazione dei Governatori della Banca alla scelta delle politiche
economiche, quindi non solo monetarie, da attuare nel medio – lungo
periodo101. Nel 1964 Carli individua nell’assetto monetario internazionale la
presenza di forze non facilmente dominabili dalle autorità monetarie, quindi
avverte che non si possono comprendere queste forze senza prescindere dalle
condizioni strutturali di base che sono parte del sistema102. Le idee di Carli
probabilmente influenzarono il potere politico, tanto è vero che proprio in
quegli anni si scelse per l’istituto una nuova strategia: la Banca doveva essere
coinvolta attivamente anche nel processo di negoziazione politica103. La Banca
d’Italia quindi assunse ampi poteri di strutturazione e configurazione, in
autonomia dal governo, del sistema finanziario e creditizio ed inoltre ebbe
sempre maggior voce sull’intera strategia economica del Paese104. Ciò però
ebbe un prezzo: la Banca dovette abbandonare in buona sostanza la sua
tradizionale missione, cioè la stabilità della moneta e dei mercati finanziari, per
consegnare e piegare la politica monetaria alle esigenze di questo nuova
politica105. Carli fin dall’inizio del suo mandato fece intuire con la Banca
d’Italia risultasse inadeguata alla nuova missione alla quale era chiamata,
quindi si dedicò ad arricchirla tecnicamente e ad ammodernarla106. I sistemi
economici erano divenuti più complessi e gli strumenti tradizionali, in
particolar modo quelli che regolavano la politica monetaria, non erano più
sufficienti. Le maggiori innovazioni introdotte in questo periodo da Carli
100
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/ricostruzione_svil)
101
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.40
102
G. GUARINO, Il governatorato di Guido Carli (1960-1975), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.86
103
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.40
104
Ibidem
105
Ibidem
106
G. GUARINO, Il governatorato di Guido Carli (1960-1975), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.90
22
furono le operazioni a mercato aperto107 ed il rifinanziamento delle aziende di
credito, riducendo il limite superiore della riserva obbligatoria108
109
. In questo
modo la Banca centrale aveva nuovi strumenti per immettere carta – moneta
nel sistema economico o per assorbirla, quindi le possibilità di manovra in
politica monetaria aumentarono in misura esponenziale. Oltre agli strumenti di
politica monetaria Carli si adoperò anche nel potenziamento del Centro Studi:
sotto il suo governatorato fu introdotto il modello econometrico110 e furono
realizzati i conti finanziari111. Il governatorato di Carli è ricordato anche per il
periodo difficile dal punto di vista economico vissuto alla fine degli anni
Sessanta: la fine degli accordi di cambio concordati a Bretton Woods, il
passaggio alla fluttuazione dei cambi a causa della decisione del Governo
statunitense di sganciare il dollaro, il brusco aumento del prezzo del petrolio112.
Tutto ciò portò ad un fenomeno fino ad allora sconosciuto, convissero due mali
ritenuti fino a quel momento antitetici: stagnazione e inflazione113. L’inflazione
in Italia raggiunse vette maggiori rispetto agli altri Paesi industrializzati: tra il
107
Operazioni di transazione che la banca centrale effettua in Borsa per sostenere la moneta
nazionale. Mediante questo tipo di operazioni l’istituto emittente acquista o vende titoli di
Stato, immettendo o assorbendo moneta: quindi i titoli vengono poi ricollocati in un'asta
esterna alla Borsa riservata a grandi investitori, i quali rivendono i titoli ai risparmiatori e ad
altri
soggetti
economici.
Sito
ufficiale
della
Borsa
Italiana,
(http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/operazioni-mercato-aperto.htm#)
108
La aziende di credito erano enti raccoglitrici di risparmio a breve termine, con
l’introduzione in tempi recenti della banca universale come la conosciamo noi tale categoria è
stata inglobata ed è scomparsa. che deve essere accantonata alle banche centrali in appositi
conti degli istituti di credito. La riserva obbligatoria serve alla banca centrale per garantire che
ogni istituto sia in grado di saldare il proprio debito. L’aumento o la diminuzione della riserva
obbligatoria è uno strumento di politica monetaria, poiché fa aumentare o diminuire il
circolante - P. SAMUELSON, W.D. NORDHAUS, C.A. BOLLINO, Economia, The McGraw
- Hill Companies, diciannovesima edizione 2009, pp. 268 e seguenti
109
G. GUARINO, Il governatorato di Guido Carli (1960-1975), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.90
110
Si occupa dell’analisi dei fenomeni economici. Cfr. Sito ufficiale della Società
econometrica, (http://www.econometricsociety.org/) [en]
111
Si tratta di un modello finanziario costituito da una tabella a due colonne: nella colonna
―dare‖ vengono inserite le variazioni finanziarie attive, mentre nella colonna ―avere‖ vengono
inserite le variazioni finanziarie passive. – Cfr. Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/temist/cofin03/manuale_conti_finanziari.pdf)
112
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/la_turbolenza)
113
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/la_turbolenza)
23
1973 e il 1984 non scese mai al di sotto del 10 per cento114. Le cause di
dell’inflazione fuori controllo non furono solo esterne: la crescita della
disoccupazione e la spesa pubblica fuori controllo non accompagnata da un
aumento delle entrate giocarono un ruolo importante115. Nel frattempo il
processo di integrazione a livello europeo procedette spedito116.
1.2.3 Paolo Baffi: attacco alla Banca d’Italia
Paolo Baffi fu nominato Governatore il 19 agosto 1975 in sostituzione del
dimissionario Guido Carli. Il suo governatorato fu senza dubbio di rottura
rispetto al passato: in esso saranno poste le basi per la successiva deflazione ed
in esso si riscontrerà la forte spinta ad isolare la Banca d’Italia dal potere
politico117. Il nuovo Governatore si rese conto che l’estesa influenza che ormai
la Banca centrale esercitava in materia di politica economica aveva finito per
minare l’indipendenza e la credibilità in materia di lotta all’inflazione118. Baffi
cercò di sfuggire a quella funzione di supplenza alle decisioni politiche che
soprattutto nell’ultimo periodo era stata la norma: cercò di stabilire una
distanza più marcata con il mondo della politica, riaffermando la Banca d’Italia
come Ente indipendente, capace di intraprendere rapporti dialettici e non
accondiscendenti con le altre istituzioni statali119. Baffi cercò di recuperare
margini di autonomia sufficienti nell’azione dell’istituto, restituendo talune
responsabilità decisionali alle forze politiche. A tal proposito scriveva nelle
considerazioni di fine anno del 1977:
«[…] il direttorio della Banca d’Italia è poco incline ad assumere responsabilità
globali di politica economica. Solo se l’azione sulla moneta e sul credito è
complementare, e non sostitutiva, di quelle che altri centri e altre forze della vita
economica esercitano su variabili ad essi più vicine, l’economia può indirizzarsi verso
114
A. FAZIO, La politica monetaria in Italia dal 1947 al 1978, in Moneta e Credito, n. 127,
Settembre 1979
115
Ibidem
116
Cfr. Paragrafo 2.2
117
G.B. PITTALUGA, Il governatorato di Paolo Baffi (1975-1979), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.151
118
Ivi, p.130
119
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.41
24
una migliore realizzazione degli obiettivi ultimi di benessere e di giustizia distributiva.
L’azione della banca centrale sarà tanto più efficace e tanto meglio compresa quanto
più si riconoscerà che il suo compito non è di perseguire da sola quegli obiettivi, bensì
quello, più importante, ma più modesto, di contribuirvi operando per la stabilità del
valore della moneta.»120.
Tale linea della Banca d’Italia fu legittimata dalla decisione della CEE di
istituire il Sistema Monetario Europeo121. Per quanto riguardava l’inflazione,
secondo Baffi in Italia esisteva una coalizione politico – sociale che
promuoveva e sosteneva l’inflazione: da un lato l’ampio disavanzo dello Stato
determinava un’eccessiva immissione di liquidità nel sistema, dall’altro lato le
imprese avevano ben poca avversione alla crescita inflazionistica, poiché
l’inflazione portava una continua riduzione del peso del debito e nello stesso
tempo il cambio favorevole dava competitività sui mercati internazionali122. Il
Governatore era molto scettico sulle reali capacità dell’istituto di controllare
l’inflazione in questa congiuntura storica123. Infatti, durante il governatorato
Baffi non si riuscì ad arginare del tutto questo fenomeno, ma furono messe le
basi affinché una politica deflazionistica seria potesse sanare il sistema
economico durante il governatorato di Ciampi124. Baffi diede nuova vita anche
al potere di vigilanza della Banca centrale. Tale potere era stato accantonato
negli anni precedenti: utilizzando forti elementi di discrezionalità e rapporti
bilaterali erano spariti anche i riferimenti all’attività di vigilanza che
solitamente erano presenti nella relazione annuale di fine anno fino al 1963125.
A partire dal 1976 al tema della vigilanza fu dedicato un intero paragrafo nelle
Considerazioni finali e dal 1978 addirittura un capitolo126. Nel marzo 1979 un
fulmine a ciel sereno colpì l’istituto di Via Nazionale: Baffi fu incriminato per
favoreggiamento ed interesse privato in atti d'ufficio. L’inchiesta riguardava il
120
G.B. PITTALUGA, Il governatorato di Paolo Baffi (1975-1979), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.130
121
Cfr. 2.2
122
G.B. PITTALUGA, Il governatorato di Paolo Baffi (1975-1979), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.133
123
Ibidem
124
Ivi, p.135
125
Ivi, p.147
126
Ivi, p.148
25
mancato esercizio della vigilanza sugli istituti di credito. Oltre a Baffi anche il
vicedirettore Mario Sarcinelli fu incriminato ed addirittura arrestato 127. Furono
ambedue integralmente prosciolti in istruttoria l'11 giugno 1981, ma Baffi
preferì ugualmente dimettersi dall'incarico di Governatore128. Paolo Baffi e
Mario Sarcinelli ricevettero numerosi attestati di solidarietà da parte sia del
mondo economico sia da quello politico. In particolare, 147 economisti
firmano un appello pubblico in loro favore ed una lettera manoscritta del
Segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer giunse all’ex
Governatore129.
1.2.4 Il governatorato di Ciampi ed il divorzio Tesoro – Banca d’Italia
Nel pieno della tempesta scatenata dalle accuse a Baffi e Sarcinelli, Carlo
Azeglio Ciampi fu nominato Governatore della Banca d’Italia, in sostituzione
del suo dimissionario predecessore130. Ciampi in seguito ha raccontato un
aneddoto riguardante quei concitati momenti:
«Appena nominato Governatore andai a rendere omaggio al Capo dello Stato e dissi
chiaramente che se Mario Sarcinelli avesse dovuto lasciare la Banca d'Italia, mi
dovevano considerare dimissionario»131.
Fin da quei primi momenti s’intuì che Ciampi non sarebbe stato un
Governatore qualunque. Di formazione umanistica, era infatti laureato in
Filosofia ed in Giurisprudenza132, seppe guidare in modo fermo e deciso
l’istituto attraverso anni molto complicati: sia dal punto di vista interno, vedi
accuse ed arresti, sia da quello esterno, vedi gli sconvolgimenti che il Trattato
127
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/la_turbolenza)
128
Ibidem
129
S. GERBI, B. A. PICCONE, Parola di Governatore, Nino Aragno Editore, Torino, 2013
130
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/maastricht)
131
Sito ufficiale di La Storia siamo noi, programma di approfondimento storico della Rai puntata "Qualunque cosa succeda" dedicata a Giorgio Ambrosoli
(http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/qualunque-cosa-succeda/1000/default.aspx)
132
Sito ufficiale del Quirinale, la biografia di Carlo Azeglio Ciampi,
(http://www.quirinale.it/qrnw/statico/ex-presidenti/Ciampi/cia-biografia.htm)
26
di Maastricht avrebbe apportato di lì a poco133. Nel 1979-1980 un nuovo shock
petrolifero causò un netto rialzo dei prezzi: l’inflazione galoppava oltre il 20%
ed i prezzi salirono di circa il 15%134. Per frenare quest’ascesa e per
ristrutturare in parte il sistema produttivo furono necessari due eventi: nel 1979
entrò in vigore il Sistema Monetario Europeo, accompagnato da una politica di
stabilizzazione dei cambi135; nel 1981 il cosiddetto ―Divorzio Tesoro – Banca
d’Italia‖, ovvero il raggiungimento da parte dell’istituto dell’autonomia sulle
decisioni per l’acquisto dei Buoni Ordinari del Tesoro rimasti invenduti nelle
aste ordinarie136. Di particolare importanza fu quest’ultimo evento: protagonisti
del quale furono l’allora Ministro del Tesoro Nino Andreatta ed il Governatore
Ciampi. La scelta non fu facile, tanto è vero che Andreatta dieci anni dopo
scriveva così:
«Il divorzio non ebbe allora il consenso politico, né lo avrebbe avuto negli anni
seguenti; nato come congiura aperta tra il Ministro ed il Governatore divenne un fatto
della vita che sarebbe stato troppo costoso abolire per ritornare alle più confortevoli
abitudini del passato»137.
La separazione tra la Banca Centrale ed il Ministero è consensuale. Vi è anche
un carteggio tra Ciampi ed Andreatta che lo conferma: entrambi sono concordi
nel cercare di donare all’istituto maggiore autonomia nei confronti del Tesoro,
necessaria per regolare al meglio la politica monetaria del Paese 138. L’idea di
unità monetaria europea nasce proprio in quegli anni; l’eredità politica lasciata
da Ciampi ed Andreatta è legata in modo anche abbastanza esplicito alla
moneta unica: autonomia delle banche centrali, stabilità dei prezzi e divieto di
finanziamento dei disavanzi pubblici sono diventati capisaldi nel cammino
133
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/maastricht)
134
G. NARDOZZI, Il governatorato di Carlo Azeglio Ciampi (1979-1993), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.155
135
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.41
136
G. MUSSARI, Un cambiamento per la stabilità monetaria, in AREL, L'autonomia della
politica monetaria - il divorzio Tesoro - Banca d'Italia trent'anni dopo, Il Mulino, Roma, 2011,
p.13
137
Ibidem, Il Sole 24 Ore, Luglio 1991
138
M. DRAGHI, Una scelta coraggiosa che guardava avanti, in AREL, L'autonomia della
politica monetaria - il divorzio Tesoro - Banca d'Italia trent'anni dopo, Il Mulino, Roma, 2011,
p.37
27
verso l’Euro ed in Italia si sono affermati proprio in quel periodo139. Il
Divorzio, tuttavia, non fu importante solo dal punto di vista della politica
monetaria. L’autonomia dell’istituto era fondamentale anche per un altro
aspetto: quello della vigilanza. In un sistema come quello italiano la funzione
di sorveglianza e guida degli istituti di credito è indispensabile per evitare
ingerenze politiche140. In questo campo fu proprio sotto in governatorato di
Ciampi che si ebbe una svolta141. Il futuro Presidente della Repubblica era
consapevole del fatto che per aumentare l’efficienza operativa delle banche e
per far si che il sistema finanziario desse un contributo significativo al
rafforzamento della competitività dell’industria era necessario promuovere la
concorrenza142. Ciampi era consapevole che questo snodo si sarebbe rivelato
fondamentale: l’industria italiana era nella condizione storica di doversi
riorganizzare e senza il supporto degli istituti di credito questo sarebbe stato
impossibile143. La vigilanza da parte di Via Nazionale si estese negli anni
Ottanta anche agli intermediari non bancari. Prima di allora la supervisione
avveniva attraverso una serie di autorizzazione che erano rilasciate per
orientare la struttura del sistema, da quel momento furono decise delle regole
generali di comportamento cui tutti dovevano attenersi144. La Banca d’Italia
comunque non fu l’unica a modificare il suo modus operandi in virtù del
Divorzio dal Tesoro. La stessa controparte, in altre parole il Ministero, finì per
dotarsi di un proprio centro studi, dopo anni di sostanziale subordinazione al
Servizio Studi della Banca d’Italia145. L’istituto negli ultimi anni del
governatorato Ciampi visse anche un’ulteriore rivoluzione: fu attuata la
completa informatizzazione del sistema con il varo del Mercato telematico dei
139
M. DRAGHI, Una scelta coraggiosa che guardava avanti, in AREL, L'autonomia della
politica monetaria - il divorzio Tesoro - Banca d'Italia trent'anni dopo, Il Mulino, Roma, 2011,
pp.40-41
140
F.A. GRASSINI, Come garantire l'autonomia del Governatore, in AREL, L'autonomia della
politica monetaria - il divorzio Tesoro - Banca d'Italia trent'anni dopo, Il Mulino, Roma, 2011,
p.84
141
G. NARDOZZI, Il governatorato di Carlo Azeglio Ciampi (1979-1993), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.161
142
Ivi, p.162
143
Ivi, p.163
144
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/maastricht)
145
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.42
28
depositi interbancari (MID)146. Infine, durante gli ultimi anni in cui Ciampi fu
in Via Nazionale fu firmato il Trattato di Maastricht, con il quale furono
stabiliti severi parametri di convergenza ai quali avrebbero dovuto adeguarsi i
paesi per entrare nell’unione monetaria147.
1.2.5 Da Fazio a Visco: la Banca d’Italia oggi
Nel 1993 Carlo Azeglio Ciampi fu chiamato al governo, così Antonio Fazio gli
successe e divenne il nuovo Governatore. Il nuovo governo diede risposte forti
alla crisi: furono effettuati tagli alla spesa pubblica e furono aumentate le
entrate per risanare il deficit. Fino al 1996 la Banca mantenne un certo rigore
monetario, cosicché anche l’inflazione si ridusse notevolmente148. Il
governatorato di Fazio è stato segnato soprattutto dalla convergenza, anche
negli assetti istituzionali, con le altre Banche centrali europee, in linea con le
prescrizioni di quello che era stato il Trattato di Maastricht 149. In particolare,
sono stati eliminati gli obblighi di specializzazione, i quali hanno caratterizzato
le banche italiane fin dalla legge bancaria del 1936. era così introdotta in Italia
la figura della banca universale150. Inoltre, vi sono state due leggi
particolarmente innovative per la Banca d’Italia: il Testo unico bancario
dell’autunno del 1993 ed il Testo unico della finanza del 1998. La prima ha
avuto lo scopo di aumentare l’autonomia della Banca centrale, salvaguardando
la libertà d’iniziativa e l’indipendenza in tema di interventi per regolare e
controllare la liquidità151. La seconda ha cercato di raggruppare le nuove regole
generali per quanto riguardava l’attività bancaria, creditizia e finanziaria 152. La
146
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/europa)
147
Ibidem
148
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, pp.116-117
149
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/europa)
150
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, pp.111-115
151
Ivi, p.113
152
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/europa)
29
legge 28 dicembre 2005, n. 262153, contente disposizioni per la tutela del
risparmio e la disciplina dei mercati finanziari, riforma nuovamente la struttura
dell’istituto: per la prima volta è introdotto un termine al mandato del
Governatore e dei membri del Direttorio ed ha previsto la ridefinizione delle
quote di partecipazione all’istituto154. Tale regolamento non è stato comunque
mai redatto155. I rapporti di Fazio con il potere politico hanno vissuto fasi
alterne. Nel 2001, nelle considerazioni finali all’assemblea generale, il
Governatore dichiarò di appoggiare in pieno le scelte economiche del governo
Berlusconi, parlando di un possibile nuovo miracolo economico 156. Nel 2005,
per la seconda volta nella storia dell’istituto di Via Nazionale, un Governatore
resta implicato in guai giudiziari. Il quotidiano Il Giornale pubblicò alcune
intercettazioni telefoniche, le quali lasciavano trasparire un intervento del
Governatore affinché la Banca Centrale approvasse un'offerta pubblica
d'acquisto da parte di Banca Popolare di Lodi della Banca Antonveneta. Tale
operazione nel frattempo era stata dichiarata illegittima dall’ufficio di vigilanza
della Banca. Dalle stesse intercettazioni si può dedurre che l’intervento di
Fazio derivi dalla sua appartenenza ad un gruppo d’affari, del quale farebbero
parte politici ed imprenditori. Proprio come Baffi, anche Antonio Fazio ha
deciso di dimettersi per intaccare la credibilità dell’istituto: ha quindi
rassegnato dimissioni da Governatore il 19 dicembre 2005157. Il 29 Dicembre è
stato nominato il suo successore: Mario Draghi. Il nuovo Governatore già con
le sue prime Considerazioni Finali, risalenti al 31 Maggio del 2006, ha
illustrato quelle che sarebbero state le linee guida del suo governatorato.
Draghi fin dall’inizio ha dato alla Banca d’Italia una dimensione
internazionale, ricordando che con l’Eurosistema il campo d’azione delle
banche centrali dell’Unione è mutato rispetto ai classici impegni di vigilanza e
153
Archivio Storico della Camera dei Deputati,
(http://www.camera.it/parlam/leggi/05262l.htm)
154
Ibidem
155
Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/europa)
156
A. FAZIO, Considerazioni finali - Assemblea generale ordinaria dei partecipanti, Roma 31
Maggio 2001, Centosettesimo esercizio, Banca d'Italia, p.35
157
M. TRAVAGLIO, P. GOMEZ, Inciucio, Bur, Milano, 2010
30
politica monetaria158. Draghi ha posto anche l’accento sull’importante
questione della crescita159, indicando le misure politiche da prendere per
favorire la ripresa dell’economia160. Altra linea guida per la politica di Draghi
in Via Nazionale è stata la ricerca della stabilità come condizione necessaria
per lo sviluppo161. Nel 2011 Mario Draghi è scelto per guidare la Banca
Centrale Europea. Prima di lasciare la guida della Banca d’Italia nelle ultime
Considerazioni Finali da Governatore, quelle del 31 Maggio 2011, Draghi
elenca nuovamente le misure da prendere per arginare la crisi ed agganciare la
crescita: federalismo, taglio della spesa pubblica, diminuzione della tassazione
e del costo del lavoro162. Dall’1 Novembre 2011 è subentrato il nuovo
Governatore per sostituire il dimissionario Draghi, la scelta è ricaduta su
Ignazio Visco. L’azione del nuovo Governatore è iniziata nel segno della
continuità con il suo predecessore: stabilità, concertazione con l’Europa e
rilancio dell’economia sono stati fin da subito al centro delle sue politiche163.
1.3 La governance
1.3.1 La natura giuridica ed il capitale sociale
La Banca d’Italia ancora oggi non è facilmente inquadrabile dal punto di vista
giuridico. L’art. 1 dello Statuto dell’istituto recita:
«La Banca d’Italia è istituto di diritto pubblico.»164.
Tuttavia fin dalla sua nascita l’istituto di Via Nazionale ha avuto una natura
parzialmente privatistica, essendo nata come una società per azioni ed essendo
158
M. DRAGHI, Considerazioni finali - Assemblea generale ordinaria dei partecipanti, Roma
31 Maggio 2006, Centododicesimo esercizio, Banca d'Italia, p. 22
159
Ivi, pp. 9-14
160
Ibidem
161
Ivi, pp. 7-9
162
M. DRAGHI, Considerazioni finali - Assemblea generale ordinaria dei partecipanti, Roma
31 Maggio 2011, Centodiciassettesimo esercizio, Banca d'Italia, pp. 18-19
163
I. VISCO, Considerazioni finali - Assemblea generale ordinaria dei partecipanti, Roma 31
Maggio 2012, Centodiciottesimo esercizio, Banca d'Italia, pp. 3-17
164
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf)
31
sottoposta anche alla disciplina del codice del commercio165. Nel 1936 la
Banca d’Italia nasce quindi come «[…] istituto di diritto pubblico», ma con
capitale sociale di trecento milioni di lire sottoscritto da istituti di credito,
banche, casse di risparmio, istituti di previdenza e di assicurazione, con una
natura quindi privatistica nella sostanza166. Nello Statuto erano inizialmente
previste delle limitazioni per l’ingresso dei privati per quanto riguardava la
titolarità delle quote di capitale, infatti tutti gli istituti che partecipavano
avevano natura pubblica167. Tuttavia, con il tempo tutti gli istituti sottoscrittori
si trasformarono in società per azioni e nel 1990 con il d.lgs. n.356 168 fu
consentita la titolarità di quote anche a società che erano diventate private. A
quella data però, lo Statuto dell’istituto di Via Nazionale prevedeva ancora la
partecipazione maggioritaria di soggetti pubblici. Un ulteriore intervento
legislativo, cioè il d.lgs. n.153 del 1999169, ha ulteriormente disciplinato la
partecipazione al capitale di banche, istituti di credito o assicurativi e delle
fondazioni bancarie; inoltre, ha derogato definitivamente alla normativa
civilistica le regole sulla circolazione di quote, diritto agli utili e diritto di voto
in assemblea. Nel 2005 il legislatore ha tentato di riorganizzare la struttura
proprietaria della Banca con la legge 262/2005, prevedendo che nell’arco di tre
anni tutte le quote in possesso di privati sarebbero dovute passare allo Stato o
ad altri enti pubblici170. Tuttavia all’approvazione della legge non è seguita
l’esecuzione della stessa, tanto è vero che ad oggi tra i proprietari di quote della
Banca d’Italia figurano molti soggetti privati171. L’ultima modifica risale al 29
Gennaio del 2014. In quel giorno è stato approvato alla Camera dei Deputati il
cosiddetto decreto Bankitalia – Imu, questo tra le varie cose prevedeva che il
capitale sociale della Banca d’Italia fosse aumentato da centocinquantaseimila
euro circa, in altre parole l’equivalente dei trecento milioni del 1936, a sette
165
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.55
Ivi, p.56
167
Ibidem
168
Normattiva - Banca dati sulle leggi italiane, (http://www.normattiva.it/urires/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:1990;356)
169
Normattiva - Banca dati sulle leggi italiane, (http://www.normattiva.it/urires/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:1999;153)
170
Archivio Storico della Camera dei Deputati,
(http://www.camera.it/parlam/leggi/05262l.htm)
171
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.58
166
32
miliardi e mezzo di euro172. L’aumento del capitale non è però avvenuto con
l’inserimento di denaro da parte dei soci, ma sono state utilizzate le riserve
statutarie, in altre parole le riserve di valute estere appartenenti al patrimonio
dello Stato173. Peculiarità della Banca d’Italia è che lo Statuto interviene sulla
questione della proprietà delle quote ed in particolare della distribuzione degli
utili, in particolare l’art. 3 comma 4 recita:
« Nessun partecipante può possedere, direttamente o indirettamente, una quota del
capitale superiore a quanto previsto dalla legge. Per le quote possedute in eccesso
non spetta il diritto di voto e i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie
della Banca d’Italia; tali quote debbono essere alienate nel termine stabilito dal
Consiglio superiore.»174
La legge, in questo caso il già citato decreto Imu – Bankitalia, definisce nel 3%
la quota massima di capitale che può essere posseduta da un singolo azionista,
tuttavia il legislatore non ha ancora indicato le modalità con le quali i
possessori di quote superiori dovranno adeguarsi alla normativa175. Uno dei
problemi maggiori è quello della suddivisione degli utili. Il calcolo, come
disciplinato dal d.lgs. 153/1999176, è fatto secondo le normali procedure
civilistiche. Tuttavia lo Statuto precisa, nell’art. 40 comma 2:
« 2. L’utile netto è così destinato:
a) alla riserva ordinaria, fino alla misura massima del 20 per cento;
b) ai partecipanti, fino alla misura massima del 6 per cento del capitale;
c) alla riserva straordinaria e ad eventuali fondi speciali fino alla misura massima del
20 per cento;
d) allo Stato, per l’ammontare residuo.
3. La riserva ordinaria, se diminuita per perdite, deve essere reintegrata in misura
172
Sito ufficiale de Il Fatto Quotidiano, (www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/30/imu-bankitaliase-il-governo-e-le-banche-diventano-soci-in-affari/863652/)
173
Ibidem
174
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf)
175
Sito ufficiale de Il Fatto Quotidiano, (www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/30/imu-bankitaliase-il-governo-e-le-banche-diventano-soci-in-affari/863652/)
176
Normattiva - Banca dati sulle leggi italiane, (http://www.normattiva.it/urires/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:1999;153)
33
corrispondente al suo precedente ammontare prima di dar luogo alle altre
destinazioni previste dal secondo comma.»177
Quindi, considerando che ai soci può andare al massimo il 6% del capitale,
ogni anno gli azionisti della Banca d’Italia potranno dividersi al massimo una
torta di quattrocentocinquanta milioni di euro. Ad oggi le trecentomila quote
della Banca d’Italia sono così divise:
Partecipante
Quote
Intesa Sanpaolo S.p.A.
91.035
UniCredit S.p.A.
66.342
Assicurazioni Generali S.p.A.
19.000
Cassa di Risparmio in Bologna S.p.A. Ente
18.602
INPS
15.000
Banca Carige S.p.A. - Cassa di Risparmio di Genova e Imperia
11.869
Banca Nazionale del Lavoro S.p.A.
8.500
Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.
7.500
Cassa di Risparmio di Biella e Vercelli S.p.A.
6.300
Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza S.p.A.
6.094
Cassa di Risparmio di Firenze S.p.A.
5.656
Fondiaria - SAI S.p.A.
4.000
Allianz Società per Azioni
4.000
Banco Popolare s.c.
3.668
Cassa di Risparmio del Veneto S.p.A.
3.610
Cassa di Risparmio di Asti S.p.A.
2.800
Cassa di Risparmio di Venezia S.p.A.
2.626
Banca delle Marche S.p.A.
2.459
INAIL
2.000
Milano Assicurazioni
2.000
Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia S.p.A. (CARIFVG 1.869
S.P.A.)
Cassa di Risparmio di Pistoia S.p.A.
1.126
177
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf)
34
Cassa di Risparmio dell’Umbria S.p.A.
1.106
Cassa di Risparmio di Ferrara S.p.A.
949
Banca Popolare di Milano S.c.a r.l.
873
Cassa di Risparmio di Ravenna S.p.A.
769
Banca Regionale Europea S.p.A.
759
Cassa di Risparmio di Fossano S.p.A.
750
Banca Popolare di Vicenza S.c.p.A.
687
Cassa di Risparmio di Cesena S.p.A.
675
Banca dell’Adriatico S.p.A.
653
Cassa di Risparmio di S. Miniato S.p.A.
652
Cassa dei Risparmi di Forlì e della Romagna S.p.A.
605
Banca Carime S.p.A.
500
Società Reale Mutua Assicurazioni
500
Veneto Banca S.c.p.a.
480
Banca Popolare dell’Emilia Romagna S.c.
430
Banca CARIM - Cassa di Risparmio di Rimini S.p.A.
393
Cassa di Risparmio di Bolzano S.p.A.
377
Cassa di Risparmio di Bra S.p.A.
329
Cassa di Risparmio di Cento S.p.A.
311
Cassa di Risparmio della Spezia S.p.A.
266
Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo S.p.A.
251
Cassa di Risparmio di Orvieto S.p.A.
237
Banca Cassa di Risparmio di Savigliano S.p.A.
200
Cassa di Risparmio di Volterra S.p.A.
194
Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti S.p.A.
151
Cassa di Risparmio di Fermo S.p.A.
130
Cassa di Risparmio di Savona S.p.A.
123
TERCAS - Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo
115
Cassa di Risparmio di Civitavecchia S.p.A.
111
Credito Valtellinese S.c.
101
Cassa di Risparmio di Carrara S.p.A.
101
CARILO - Cassa di Risparmio di Loreto S.p.A.
100
Cassa di Risparmio della Repubblica di S. Marino S.p.A.
36
Banca CARIPE S.p.A.
8
Banca Monte Parma S.p.A.
8
35
Cassa di Risparmio di Rieti S.p.A.
8
Cassa di Risparmio di Saluzzo S.p.A.
4
Banca del Monte di Lucca S.p.A.
2
Dati tratti dal sito ufficiale della Banca d’Italia
178
1.2.3 L’evoluzione della governance
La struttura di vertice della Banca d’Italia si articola fin dal principio in due
sottostrutture: gli organi deliberativi e quelli direttivi179. Per organi deliberativi
s’intendono l’Assemblea generale dei partecipanti, il Consiglio superiore ed il
Comitato del Consiglio superiore. Gli organi direttivi, invece, sono il
Governatore, il Direttore generale, ed i due Vicedirettori generali: l’insieme
degli organi direttivi costituisce il cosiddetto Direttorio della Banca180. Nel
corso degli anni la fisionomia della Banca d’Italia è rimasta molto simile.
Pochi sono stati i cambiamenti: tra questi bisogna ricordare che inizialmente la
figura del Governatore non era prevista ed all’inizio della sua storia il
Consiglio superiore deteneva maggiori poteri rispetto a quelli attuali181. Il
Consiglio superiore era inizialmente composto da 31 membri e ad esso spettava
la nomina del Direttore generale e dei suoi vice, oltre a varie altre competenze
di natura bancaria182. Il Consiglio superiore era espressione per 5 membri
dell’Assemblea dei partecipanti, mentre per i restanti 26 era espressione dei
Consigli delle sedi locali dell’istituto. Tuttavia il Consiglio superiore restava un
organo portatore di interessi privati, mentre il Direttore generale rappresentava
di più gli interessi pubblici: fu la dialettica tra questi due organi che nella prima
parte di storia della Banca causò le prime modifiche alla governance 183. Sul
finire dell’Ottocento, nel 1899, fu eliminata una delle due cariche di
178
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/partecipanti/Partecipanti.pdf)
179
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.59
180
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, p.124
181
A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della
Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia
e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228
182
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.59
183
Ibidem
36
Vicedirettore generale184. La dialettica tra direzione generale e Consiglio
superiore vide prevalere alla lunga la prima. I motivi sono essenzialmente due:
in primo luogo sempre più membri del Consiglio furono nominati dal Direttore
generale, in questo modo l’Assemblea dei partecipanti perdeva potere
sull’organo che sarebbe dovuto essere portatore dei propri interessi; in secondo
luogo il Direttore generale si dimostrò l’unico organo in grado di dialogare con
il potere politico, quindi le istanze degli azionisti per essere tutelate dovevano
passare necessariamente attraverso questa mediazione185. Nel 1928 fu istituita
la carica di Governatore. Da questo momento l’equilibrio di potere si sposta
definitivamente dalla parte degli organi direttivi186. Sempre nel 1928 fu creato
il Comitato del Consiglio, un organo consultivo con compiti di supporto al
Consiglio superiore187. Nel 1936 intervenne una nuova riforma dopo della
quale la struttura resterà pressoché invariata fino ai giorni nostri. Cambiarono
in parte le regole per l’Assemblea dei partecipanti: avevano diritto ad
intervenire solo coloro che erano in possesso di almeno 100 quote, fino a 500
quote ogni azionista aveva diritto ad un voto ogni 100 quote, da quel limite in
poi aveva diritto ad un voto aggiuntivo ogni 500 quote. Il Consiglio superiore
fu riformato nella composizione, non più 31 membri ma 15: eletti in misura di
12 dai Consigli delle sedi locali ed in misura di 3 dalla Corporazione della
previdenza e del credito. Il Comitato del Consiglio, previsto inizialmente con
una composizione di 11 membri, fu portato a 5: eletti in misura di 4 dal
Consiglio superiore ed in misura di 1 dal Governatore188. Infine, con la riforma
del 1936 fu sostanzialmente istituzionalizzata l’interferenza da parte del potere
politico nella nomina degli organi direttivi: infatti, fu previsto che questi ultimi
fossero si nominati dal Consiglio superiore, ma con decreto promosso dal Capo
184
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.60
F. BONELLI, La Banca d'Italia dal 184 al 1913, momenti della formazione di una banca
centrale, Laterza, 1991, pp. 1-114
186
A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della
Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia
e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228
187
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.60
188
Ivi, p.61
185
37
del governo di concerto con il Ministro delle Finanze189. Il Consiglio fu inoltre
spogliato di altri poteri: in particolare la politica monetaria passava sotto la
potestà del Governatore ed anche le decisioni riguardanti il personale
divenivano di responsabilità di quest’ultimo190. L’ultima modifica significativa
prima dei giorni nostri è avvenuta nel 1969: anno in cui è stato inserito
nuovamente un secondo Vicedirettore generale ed in cui i due Vicedirettori
sono stati compresi nel Direttorio insieme al Governatore ed al Direttore
generale191.
1.3.3 Gli organi deliberativi
Gli organi deliberativi della Banca d’Italia sono gli organismi consiliari
espressione degli azionisti192. Il più numeroso di questi è l’Assemblea dei
partecipanti. Art. 9 comma 1 dello Statuto:
«Hanno diritto di intervenire e votare in assemblea coloro che sono iscritti nel registro
dei partecipanti da almeno tre mesi. I partecipanti che siano titolari di un numero di
quote inferiore allo 0,1 per cento del capitale possono intervenire ed esprimere il
proprio voto solo facendosi rappresentare da un altro partecipante.»193
L’Assemblea dei partecipanti pur essendo simile all’assemblea degli azionisti
di una normale società per azioni ha delle regole diverse: poiché come detto nel
paragrafo precedente194 il numero di voti non è proporzionale alla quota di
partecipazione e comunque vi è un limite di 50 voti per partecipante.
L’Assemblea delibera sul bilancio generale dell’istituto, sulla ripartizione degli
utili e su alcune questioni riguardanti il personale, come l’ammontare dei
189
A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della
Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia
e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228
190
A. POLSI, Stato e Banca Centrale in Italia - Il governo della moneta e del sistema bancario
dall'Ottocento ad oggi, Laterza, Roma-Bari, 2001, Cap. IV
191
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.62
192
Ivi, p.62
193
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf)
194
Cfr. 1.3.2
38
compensi spettanti ai funzionari. Oltre a questi poteri, che sono considerati
ordinari, l’Assemblea ha anche un potere straordinario: ovvero l’approvazione
di modifiche allo Statuto, le quali per prassi sono proposte dal Consiglio
superiore su iniziativa del Governatore195. Art. 6 comma 1 dello Statuto:
«Le assemblee dei partecipanti sono ordinarie e straordinarie. Le assemblee
straordinarie deliberano sulle modificazioni dello statuto; le assemblee ordinarie
deliberano su ogni altra materia indicata dallo statuto.»196
L’Assemblea generale ordinaria dei partecipanti è convocata dal Consiglio
superiore, si svolge a Roma ogni anno non più tardi del 31 Maggio. Hanno
diritto ad intervenire solo coloro che erano in possesso di almeno 100 quote,
fino a 500 quote ogni partecipante ha diritto ad un voto ogni 100 quote, da quel
limite in poi ha diritto ad un voto aggiuntivo ogni 500 quote. L’Assemblea
raggiunge il numero legale se intervengono almeno un terzo dei partecipanti
che posseggono almeno un quinto del capitale. Nel caso in cui questo limite
non è raggiunto la seduta è rinviata a non meno di otto giorni ed a non più di
quindi giorni dopo: in questa seconda convocazione la seduta sarà valida
qualunque sia il numero dei rappresentanti ed il valore del capitale
rappresentato. La delega è permessa a patto che il rappresentante legale non sia
già membro del Consiglio o del Collegio sindacale197. Per quanto riguarda
l’Assemblea straordinaria l’art. 11 dello Statuto recita:
«L’assemblea straordinaria è regolarmente costituita quando sia rappresentato almeno
un terzo del capitale. In mancanza, l’assemblea è riconvocata con le formalità stabilite
nell’art. 10.»
Un altro organo deliberativo è il Consiglio superiore. Esso equivale
grossomodo, pur se con talune marcate differenze, al consiglio di
195
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.63
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf)
197
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, pp. 63-64
196
39
amministrazione di una normale società per azioni198. L’art. 15 dello Statuto
regolamenta la composizione del Consiglio:
«1. Il Consiglio superiore si compone del Governatore e di 13 consiglieri. I consiglieri
sono nominati dall’assemblea, convocata ai sensi dell’art. 13, fra i candidati
individuati dal comitato previsto dal comma 5, in possesso dei requisiti indicati
nell’art. 16.
2. Ciascun consigliere rimane in carica 5 anni ed è rieleggibile per non più di due
volte.
3. Il Direttore generale interviene alle riunioni del Consiglio e, quando non sostituisce
il Governatore, ha soltanto voto consultivo.
4. I Vice Direttori generali assistono alle riunioni del Consiglio e uno di essi, su
designazione del Consiglio superiore, assume l’ufficio di segretario e ne redige i
verbali.
5. Il Consiglio superiore costituisce al proprio interno un comitato nomine, composto
di tre consiglieri effettivi e due supplenti, con il compito di vagliare il possesso, da
parte dei candidati alla nomina o alla rielezione a consigliere, dei requisiti di cui
all’art. 16. Il Consiglio superiore disciplina il funzionamento di tale comitato
attraverso un regolamento.»199
Il Consiglio, prima del 2006, aveva l’importante prerogativa della nomina del
nuovo Governatore. Dopo la riforma di quell’anno è rimasto al Consiglio
superiore il solo potere di formulare un parere consultivo non vincolante.
Tuttavia, resta prerogativa del Consiglio la nomina del Direttore Generale e dei
Vicedirettori generali, anche se è un potere puramente formale poiché tali
nomine avvengono su proposta del Governatore stesso200. Inoltre il Consiglio
detiene altre competenza: come per esempio alcuni poteri decisionali sulla
gestione del personale, in tema di organico e di stipendi, la possibilità di
emanare regolamenti interni, esaminare il bilancio annuale e decidere
sull’impiego delle riserve. Al Consiglio è inoltre riservata la vigilanza
198
A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della
Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia
e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228
199
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf)
200
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.65
40
sull’andamento della gestione della Banca e l’autorizzazione preventiva alla
compravendita di quote della stessa201. Il Governatore può delegare al
Consiglio altre competenze rientranti nell’area dell’amministrazione della
Banca, purché queste non siano già assegnate ad altri organi per Statuto202.
Infine, il Consiglio detiene il potere di intervenire sull’organizzazione
periferica della Banca, poiché ha compiti di gestione e supervisione delle
filiali203. Dal punto di vista organizzativo il Consiglio superiore si riunisce a
Roma ed è convocato e presieduto dal Governatore. Partecipano alle sedute
anche il Direttore generale ed i Vicedirettori, ma essi hanno potere meramente
consultivo204. Le riunioni ordinarie del Consiglio avvengono con cadenza
bimestrale, mentre quelle straordinarie sono convocate a discrezione del
Governatore oppure su richiesta di almeno tre consiglieri. Per essere valida la
seduta, nel caso delle riunioni ordinarie, devono essere presenti almeno sette
consiglieri. Il voto è a scrutinio segreto e le decisioni sono prese a maggioranza
assoluta. Per essere valide le riunioni straordinarie, invece, devono essere
presenti almeno due terzi dei consiglieri e le decisioni sono prese con una
maggioranza qualificata di almeno due terzi dei presenti205.
1.3.4 Gli organi direttivi
Riguardo agli organi direttivi la riforma del 2006 è stata determinante nel
provocare cambiamenti significativi rispetto all’equilibrio precedente206. Sino
ad allora il Direttorio in quanto tale non era considerato un vero e proprio
organo: ma era considerato un insieme di organi individuali207. In passato su
alcuni argomenti era prevista una delibera del Direttorio in quanto organo
collegiale, ma questa eventualità era stata eliminata nel 1948 con le modifiche
201
P. FERRO-LUZI, Cosa è la Banca d'Italia, in Banca, Borsa, Titoli di Credito, vol. 60, n. 3,
pp. 364-367
202
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.66
203
Ibidem
204
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf)
205
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.66
206
Ivi, p.67
207
A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia,
Donzelli, 2006, capitolo 1
41
statutarie avvenute in quell’anno208. Da quel momento, con il Direttorio
svuotato di veri e propri poteri, il Governatore divenne ancor più centrale
nell’organigramma della Banca. Il Governatore accentrava a se poteri enormi
sia su questioni interne alla Banca, sia su materie economiche ed addirittura, a
volte, su decisioni da prendere in campo internazionale209. Con la riforma del
2006 molte cose sono cambiate: è stato aggiunto un nuovo Vicedirettore
generale ed il Direttorio è stato trasformato in un organo collegiale, inoltre la
facoltà di adottare «atti di rilievo esterno relativi all’esercizio di funzioni
pubbliche»210
è passata dal Governatore ad Direttorio stesso. Art. 22 dello
Statuto:
«1. Il Direttorio è costituito dal Governatore, dal Direttore generale e da tre Vice
Direttori generali.
2. I membri del Direttorio durano in carica sei anni. Il mandato è rinnovabile per una
sola volta.
3. Al Direttorio spetta la competenza ad assumere i provvedimenti aventi rilevanza
esterna relativi all’esercizio delle funzioni pubbliche attribuite dalla legge alla Banca o
al Governatore per il perseguimento delle finalità istituzionali.»211
Prima del 2006 il Direttorio era nominato dal Consiglio superiore riunito in
seduta straordinaria, quindi da un organo interno alla Banca. Tuttavia la
nomina doveva essere approvata con un decreto del Presidente della
Repubblica promosso dal Governo, quindi dal potere politico 212. Oggi il potere
di nomina delle cariche componenti il Direttorio è stato trasferito al Governo,
con il Consiglio superiore che può dare solo un parere non vincolante. Inoltre,
fino al 2006 non erano previsti limiti di tempo per la carica di Governatore: da
quella data è stato introdotto un termine di sei anni. Inoltre, il Governo può
208
A. FINOCCHIARO, A.M. CONTESSA, La Banca d'Italia ed i problemi del governo della
moneta, Editore Banca d'Italia, Roma, 1986,
209
M.S. GIANNINI, Diritto Amministrativo (volume 2), Giuffrè, 1993,
210
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.68
211
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf)
212
M. STIPO, L'autonomia della Banca d'Italia nel quadro generale della problematica storicogiuridica dell'autonomia, in AA.VV., Scritti in memoria di Pietro De Vecchis, vol.2, Editore
Banca d'Italia, pp.1049-1074
42
sfiduciare il Governatore con un decreto previa consultazione del Consiglio
superiore213. Nonostante la riforma del 2006, tuttavia, il potere del Governatore
si è rafforzato grazie all’ingresso della Banca d’Italia nel Sistema Europeo
delle Banche Centrali e nella Banca Centrale Europea. Infatti, l’art. 14 comma
2 dello statuto del SEBC dice:
« Gli statuti delle banche centrali nazionali devono prevedere in particolare che la
durata del mandato del governatore della banca centrale nazionale non sia inferiore a
cinque anni.
Un governatore può essere sollevato dall'incarico solo se non soddisfa più alle
condizioni richieste per l'espletamento delle sue funzioni o si è reso colpevole di gravi
mancanze. Una decisione in questo senso può essere portata dinanzi alla Corte di
giustizia dal governatore interessato o dal consiglio direttivo, per violazione del
trattato o di qualsiasi regola di diritto relativa all'applicazione del medesimo. Tali
ricorsi devono essere proposti nel termine di due mesi, secondo i casi, dalla
pubblicazione della decisione, dalla sua notificazione al ricorrente ovvero, in
mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza. »214
Il Trattato sull’Unione Europea rafforza ulteriormente l’autonomia del
Governatore. Infatti, oltre a stabilire che non vi possono essere interferenze tra
il potere politico, sia esso proveniente da un Paese membro o dall’Unione
stessa, e le direzioni delle Banche centrali, il Trattato stabilisce anche le
incompatibilità con le più alte cariche delle stesse. Quindi, chi fa parte del
Direttorio di una Banca centrale dell’Unione non potrà essere parlamentare, né
ricoprire altre cariche politiche, né far parte di istituti di credito o finanziari215.
Per quanto riguarda le prerogative del Governatore: innanzitutto egli è il
rappresentante della Banca in Italia ed all’estero, inoltre dispone dei poteri di
nomina, trasferimento e promozione del personale, sia nella sede centrale che
nelle filiali. Il Governatore presiede l’Assemblea dei partecipanti e lì espone
anche le sue considerazioni finali dell’anno in corso, inoltre presiede le sedute
213
M. MANETTI, Le autorità indipendenti, Laterza, Roma-Bari, 2007, voce Banca d'Italia,
Sito ufficiale della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
215
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.69
214
43
del Consiglio superiore e del Comitato del Consiglio. Sempre il Governatore
partecipa come osservatore alle riunioni di altre istituzioni, quali ad esempio: il
Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e l’Ufficio
Italiano Cambi. Per quanto riguarda gli organi internazionali non va
dimenticato che il Governatore della Banca d’Italia siede di diritto nel Direttivo
della Banca Centrale Europea. Il Governatore è altresì il responsabile del
sistema di vigilanza della Banca. Infine, egli nel corso degli anni ha rafforzato
sempre di più il suo ruolo di consulente dell’azione economica del Governo216.
Ovviamente il Governatore non ottempera da solo a tutti i compiti a lui
riservati, ma si avvale di collaboratori. Questi collaboratori sono in primo
luogo il Direttore generale ed in secondo luogo i tre Vicedirettori generali.
Oltre ad una discrezionale divisione del lavoro, il Direttore generale in primo
luogo fa le veci del Governatore quando quest’ultimo è assente. I Vicedirettori,
a loro volta, fanno le veci del Direttore generale quando è quest’ultimo ad
essere assente. Il Direttore generale è responsabile, su delega del Governatore,
dei rapporti con il personale della Banca. I Vicedirettori, invece, assolvono
solitamente anche alla funzione di segretari delle riunioni del Consiglio
superiore217.
1.4 Come è organizzata la Banca d’Italia
1.4.1 L’Amministrazione centrale
La Direzione della Banca, nell’attuazione degli indirizzi strategici, è affiancata
dall’Amministrazione centrale. Questa è la struttura di supporto agli organi
superiori dell’istituto, è responsabile dell’elaborazione e dell’attuazione di
piani preposti al raggiungimento degli obiettivi indicati. Inoltre, si occupa
anche del controllo dei risultati ottenuti218. Nel corso degli anni
l’organizzazione dell’Amministrazione centrale è mutata parecchio, sia in virtù
dei diversi contesti storici in cui la Banca ha operato, sia in virtù delle diverse
216
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, pp. 69-70
Ivi, p.71
218
A. FINOCCHIARO, A.M. CONTESSA, La Banca d'Italia ed i problemi del governo della
moneta, Editore Banca d'Italia, Roma, 1986
217
44
scelte politiche219. Nel 1894 la struttura della Banca d’Italia era organizzata in
cinque macroaree, delle quali due avevano funzione istituzionale: l’area
preposta al conio della moneta e l’area dedita all’attività bancaria; le altre tre
macroaree avevano funzione di supporto alle prime due: contabilità, affari
legali e organizzazione interna. Tutti gli uffici appartenenti a queste macroaree
dipendevano direttamente dal Direttore generale: in questa prima fase di vita
della Banca vigeva un principio accentratore, secondo cui quasi tutti i compiti
si concentravano non in capo alle filiali ma all’Amministrazione centrale220.
L’adesione al SEBC ed il continuo confronto con le altre Banche centrali ha
causato un’evoluzione non solo della Banca d’Italia, ma anche degli altri
istituti. Tanto è vero che è stato possibile riscontrare alcune tendenze comuni:
le funzioni considerate non core, in altre parole non strettamente collegate alla
missione dell’istituto, sono state esternalizzate; al contrario, vi è stata
un’ulteriore
rafforzamento
delle
amministrazioni
impegnate
nel
raggiungimento di funzioni core221; per quanto riguarda il personale, le
amministrazioni sono diventate più snelle, grazie alla digitalizzazione le
comunicazioni sono diventate più agevoli ed i processi decisionali sono
diventati più veloci; vi è stata anche una diffusa tendenza ad assumere
personale più qualificato222. Il processo di evoluzione della Banca d’Italia ha
visto come protagonisti in particolare due uffici: l’Area ricerca economica e
l’Area vigilanza. La ricerca economica si è ormai spostata da un’area nazionale
ad un’area europea, quindi anche i rispettivi uffici delle Banche centrali
aderenti alla Banca Centrale Europea hanno ceduto le loro funzioni a
quest’ultima, orientando il loro funzionamento al supporto del Consiglio dei
governatori. L’Area vigilanza, invece, ha dovuto adattarsi al mutuare del
contesto internazionale: i mercati hanno assunto la dimensione sovranazionale
219
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.71
A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della
Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia
e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228
221
Le cosiddette "core functions", ovvero quelle strettamente attinenti alla missione
istituzionali, sono: la sorveglianza dei sistemi di pagamento, la definizione e l'attuazione della
politica monetaria per assicurare la stabilità dei prezzi, la stabilità del sistema finanziario, la
solidità della moneta e la fiducia del pubblico in essa. - Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(https://www.bancaditalia.it/eurosistema/comest/pubBCE/varie/bce_ssp.pdf)
222
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.74
220
45
e quindi anche gli uffici deputati al controllo ed alla supervisione hanno dovuto
adeguare le strutture e gli organici alla nuova situazione, inoltre si è dovuto
anche prevedere un coordinamento a livello europeo per rendere l’azione più
efficace223. Rispetto ai primi anni, oggi le macroaree funzionali della Banca
d’Italia sono otto. L’istituto resta sempre molto centralizzato, negli anni i
compiti di coordinamento, indirizzo e pianificazione sono aumentati e con essi
il personale impiegato nell’Amministrazione centrale, passato da 25% del
totale nel 1920, al 45% di oggi224. L’evoluzione storica vide il percorso
inverso, in altre parole l’organizzazione periferica rafforzarsi a discapito
dell’Amministrazione centrale, nel 1899: si preferì allora rendere più flessibile
la Banca rispetto alle esigenze locali. Questo è anche il periodo in cui le
macroaree passano da cinque ad otto. Nel 1903 fu definitivamente codificata
con un regolamento interno l’organizzazione dell’istituto: fu introdotta
l’articolazione su tre livelli, Direzione generale, servizi e uffici. Gli uffici
rappresentavano la parte operativa dell’articolazione e erano raggruppati in
servizi in base all’omogeneità dei compiti svolti225. Sempre nel regolamento
del 1903 fu predisposto che la disposizione degli uffici passava dal Consiglio
superiore al Direttore generale, il quale diveniva quindi responsabile della
struttura operativa. Ciò consentì ai direttori di disporre a proprio piacimento
degli uffici, beneficiando di una certa flessibilità e consentendo modifiche
anche sostanziali all’organizzazione: per esempio, Stringher nel 1914
riorganizzò il Gabinetto della Direzione generale creando al suo interno la
Segreteria particolare, la Biblioteca, l’Ufficio studi economici e finanziari e
l’Ufficio stampa226. La Banca d’Italia fu solo negli anni Venti che si vide
assegnate le fondamentali funzioni della vigilanza e l’esclusivo monopolio
dell’emissione
di
carta-moneta:
quindi
dovette
anche
riorganizzare
l’Amministrazione centrale con la creazione di un nuovo Servizio Studi
economici, in cui era compreso l’ufficio che si occupava della vigilanza, e
223
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.74
Ivi, p.75
225
Ivi, p.76
226
A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della
Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia
e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228
224
46
dovette ampliare e riorganizzare l’ufficio fabbricazione biglietti 227. Dopo la
crisi di fine anni Venti la Banca d’Italia decise di riformare ulteriormente
l’Amministrazione centrale per raggiungere due obiettivi: accorciare la linea di
comando per rendere più efficace ed efficiente la realizzazione delle decisioni
prese e risparmiare. Quindi si decise di accorpare diversi uffici, in particolar
modo gli uffici di segreteria furono fusi con gli uffici operativi, mentre altri,
come l’ufficio consulenze legali e l’ufficio economato, furono soppressi
assegnando i loro compiti a dirigenti che a loro volta rispondevano
direttamente al Direttore generale228. Da questo momento fino agli anni
Settanta non vi furono sostanziali innovazioni dal punto di vista
dell’organizzazione dell’Amministrazione centrale della Banca. Tra gli anni
Cinquanta e Sessanta fu solo costituito il Servizio organizzazione, il quale
diede il via alla meccanizzazione prima ed all’informatizzazione poi della
burocrazia dell’istituto229. Negli anni Settanta i Servizi sono riorganizzati
assegnando quelli più omogenei tra loro a delle Aree funzionali. Queste erano
di responsabilità di funzionari generali, i quali si avvalevano di comitati
formati dai dirigenti dei vari Servizi facenti parte di quell’Area funzionale per
gestirla al meglio. In seguito, presso i vari Servizi furono create delle Direzioni
per dividere meglio il lavoro tra i dirigenti 230. Successivamente, nella metà
degli anni Ottanta, la Banca d’Italia adottò il modello divisionale: ovvero
nell’ambito dello stesso Servizio furono soppresse le direzioni intermedie,
affidando i loro compiti a dirigenti di grado superiore, mentre gli uffici furono
accorpati creandone di nuovi con funzioni più complesse231. Il modello
divisionale risponde a criteri di razionalità, in quanto accentra le decisioni
strategiche presso la direzione generale, mentre alle divisioni è assegnata la
227
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.77
A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della
Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia
e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228
229
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.78
230
A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della
Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia
e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228
231
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.79
228
47
gestione operativa232. Con l’ingresso nel SEBC la Banca d’Italia ha visto il
proliferare di organi collegiali con competenze specifiche, adibiti a compiti di
integrazione, coordinamento e controllo233. Il Governatore è deputato alla
gestione dell’organizzazione interna: è lui che può creare, accorpare o
modificare
le
varie
unità
organizzative
della
Banca.
Ad
oggi
l’Amministrazione centrale della Banca d’Italia è così formata: vi è un livello
superiore costituito dalle Aree funzionali, le quali sono coordinate da
funzionari generali; passando al livello successivo, le Aree funzionali sono
composte da Servizi, i quali sono affidati a dirigenti di grado superiore; i
Servizi, a loro volta, sono composti da unità operative con a capo un
funzionario chiamate Divisioni ed Uffici: le prime sono più ampie e complesse,
mentre i secondi sono unità di piccole dimensioni che solitamente svolgono
mansioni meno complesse; Divisioni ed Uffici possono a loro volta
suddividersi in sub-unità più semplici: Settori, i quali si caratterizzano per
l’assunzione autonoma di responsabilità per quanto riguarda i compiti svolti
rispetto all’unità superiore alla quale appartengono, Aree di lavoro, che sono
unità organizzate in modo flessibile in base alle necessità, e Reparti, che sono
composti da operai234. Possono essere previste anche task force interservizi
quando il progetto da portare a termine rende necessario il coordinamento di
diverse
competenze
ed
attività
operative235.
L’unico
ufficio
dell’Amministrazione centrale che non rientra nelle Aree funzionali è la
Segreteria particolare, la quale fa capo direttamente ad Direttorio ed è
responsabile della comunicazione istituzionale236. Le Aree funzionali sono
otto: tre delle quali, Area Banca centrale, Area Vigilanza bancaria ed Area
Circolazione monetaria, svolgono funzioni core, legate alla missione
istituzionale dell’istituto, mentre le altre cinque, Area Ricerca economica, Area
232
M. BARAVELLI, La banca multibusiness. Evoluzione e innovazione dei modelli strategici
e organizzativi nell'industria finanziaria globalizzata, Giappichelli, 2011, Cap. 1
233
A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della
Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia
e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228
234
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.80
235
Ivi, p.81
236
Ibidem
48
Risorse umane, Area risorse informatiche, Area patrimonio immobiliare ed
Area Bilancio, hanno funzione di supporto237.
1.4.2 L’articolazione territoriale
La Banca d’Italia è nata dalla fusione di diversi istituti di emissione e, come
abbiamo visto238, soprattutto nella prima parte della sua storia ha dovuto fare i
conti con gli interessi locali provenienti dai territori di provenienza di quegli
istituti. La Banca fin dall’inizio, proprio per placare questi interessi, ha scelto
di dotarsi di una fitta rete periferica di filiali. Queste erano dotate di una certa
autonomia nel commercio bancario, soprattutto a causa della rete
infrastrutturale che spesso non permetteva di tenere buone comunicazioni con
alcune zone della penisola239. Comunque già nel 1898 fu apportata una prima
innovazione alla rete periferica con l’introduzione delle agenzie. Queste,
introdotte per la prima volta dai francesi qualche anno prima, erano strutture
più piccole, dotate spesso di non più di tre o quattro dipendenti. Esse erano più
flessibili, potevano essere diffuse in modo più capillare sul territorio e
godevano di una minore autonomia: dipendendo quasi totalmente dalla sede
dalla quale erano distaccate240. Nel 1936 il nuovo statuto della Banca d’Italia
introdusse la previsione secondo cui doveva essere presente un presidio
dell’istituto in ogni città capoluogo di provincia. Così le filiali e le agenzie
proliferarono, insediandosi anche in città non capoluoghi di provincia ma
ugualmente importanti dal punto di vista economico ed acquisendo anche
maggiori responsabilità: infatti fin dal 1926 avevano ricevuto anche compiti di
vigilanza bancaria. L’ultimo atto di questa evoluzione avvenne nel 1963, anno
in cui si decise di ridurre l’articolazione territoriale della Banca: le agenzie
furono chiuse e furono salvati solo i presidi presenti nelle città capoluoghi di
237
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, pp. 81-82
Cfr. 1.1
239
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.93
240
A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della
Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia
e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228
238
49
provincia241. Fino al 2006 le filiali della Banca d’Italia sono state 99, di cui 14
sono classificate come sedi poiché più grandi ed importanti ed 85 sono
succursali242. Le sedi erano situate su tutto il territorio nazionale: 6 al nord,
Bologna, Genova, Milano, Torino, Trieste e Venezia, 4 al centro, Firenze,
Livorno, Ancona e Roma, 4 al sud e nelle isole, Napoli, Bari, Palermo e
Cagliari. Le succursali erano distribuite 36 nell’Italia settentrionale, 23
nell’Italia centrale e 25 nell’Italia meridionale ed insulare. La differenza tra
sedi e succursali sta tutt’oggi nell’organizzazione interna delle stesse: nelle sedi
i funzionari compongono un organo consiliare, il Consiglio di reggenza, che si
affianca al Direttore nell’amministrazione della filiale; nelle succursali invece
non vi è alcun organo collegiale di supporto, infatti i funzionari svolgono
singolarmente le funzioni loro conferite243. I funzionari sono sempre scelti tra
gli esponenti più rappresentativi dell’economia locale. I responsabili delle
filiali sono i Direttori, essi sono nominati direttamente dal Governatore ed
hanno la responsabilità della tesoreria provinciale; inoltre, sono responsabili
del funzionamento della filiale e ne programmano e controllano l’attività. I
Direttori delle filiali partecipano di diritto ai Consigli di reggenza, mentre i
Direttori delle succursali presiedono le riunioni dei consiglieri244. I funzionari
affiancano gli organi direttivi di filiali e succursali con funzioni tecniche e di
sorveglianza. Essi sono scelti dal Consiglio superiore su proposta del
Governatore tra le persone dotate di più profonda conoscenza dell’economica
locale245. L’organizzazione delle filiali è regolata dallo Statuto e dai
regolamenti interni. Il Consiglio di reggenza in particolare è regolato dagli
articoli 28, 29 e 30 dello Statuto.
«1. In ciascuna sede vi è un Consiglio di reggenza.
2. I reggenti sono scelti tra le persone aventi profonda conoscenza dell’economia
locale e in possesso dei requisiti previsti dall’art. 16, comma 2. Il loro numero varia, in
241
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.94
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/organizzazione/filiali)
243
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.95
244
Ibidem
245
Ivi, p.96
242
50
ragione dell’attività delle singole sedi, da sette a quattordici. Del Consiglio fa parte il
direttore della sede.
3. I reggenti delle sedi devono essere domiciliati nella Regione dove sono chiamati a
esercitare il loro ufficio.
4. I reggenti sono nominati dal Consiglio superiore, su proposta del Governatore, per
sei anni e scadono per metà ogni triennio. Essi sono rieleggibili.
5. I membri del Consiglio superiore sono di diritto reggenti, oltre quelli di cui al
comma secondo, presso le sedi ove sono stati eletti.
6. Ogni Consiglio nomina fra i reggenti, per un periodo di tre anni, un presidente e un
segretario, i quali possono essere rieletti.»246
Di norma il Consiglio di reggenza si riunisce una volta ogni due mesi, oppure
quando il Presidente lo ritenga opportuno. Il numero legale si raggiunge
quando sono presenti la maggioranza dei reggenti in carica e le decisioni sono
prese a maggioranza assoluta: in caso di parità il voto del Presidente vale
doppio. Una delle funzioni principali del Consiglio di reggenza è quello di
curare l’amministrazione della sede alla quale appartiene. I reggenti sono così
detti perché ad essi è attribuita la chiusura e l’apertura della cassa e le chiavi
della sacrestia, in altre parole il locale dove sono conservate le banconote247.
L’organizzazione delle succursali è invece disciplinata dall’art. 31 dello
Statuto:
« 1. In ciascuna succursale vi sono da quattro a dieci consiglieri, in numero variabile
in ragione dell’attività delle singole succursali. I consiglieri sono nominati dal
Consiglio superiore, su proposta del Governatore, tra persone in possesso dei requisiti
previsti dall’art. 16, comma 2. Essi durano in carica sei anni, si rinnovano per metà
ogni triennio e sono rieleggibili.
2. I consiglieri devono essere domiciliati nella Regione dove sono chiamati a
esercitare il loro ufficio.
3. I consiglieri, sotto la presidenza del direttore, si riuniscono almeno due volte ogni
anno.
246
Art. 28 dello Statuto della Banca d’Italia – Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf)
247
Art. 29 e Art. 30 dello Statuto della Banca d’Italia - Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf)
51
4. I consiglieri aventi funzioni di censore svolgono il servizio di apertura e chiusura
delle sagrestie con le modalità di cui all’art. 30, comma 2.»248
Con il tempo hanno assunto maggior rilievo nelle filiali i settori della Ricerca
economica, divenuto importantissimo per analizzare e monitorare i territori
eterogenei dal punto di vista economico, e della Vigilanza. La Direzione, la
Ricerca economica e la Vigilanza sono supportate dalla Segreteria dal punto di
vista organizzativo249. Nel 2006 è iniziato un piano di riorganizzazione che ha
portato l’articolazione territoriale della Banca d’Italia alla forma attuale: 20
filiali stabilite nei capoluoghi di Regione; 6 succursali, dipendenti direttamente
dalla filiale regionale, specializzate in attività di vigilanza; 6 succursali con
autonomia operativa più ampia, che curano tutti i compiti esclusa l’analisi
economica e la rilevazione statistica; 25 succursali specializzate nei servizi agli
utenti; 6 succursali specializzate nella distribuzione delle banconote alle
banche ed agli uffici postali; una filiale specializzata nel servizio di tesoreria
dello Stato, situata a Roma250. Rispetto al modello precedente al 2006 sono
state chiuse numerose filiali, privilegiando il funzionamento di quelle site nei
capoluoghi di regione. Le funzioni delle filiali sono state differenziate in base
al territorio di appartenenza ed alla richiesta dell’utenza, rendendole più
funzionali al contesto dove operano. Il nuovo modello, in sostanza, ha
abbandonato la dimensione provinciale delle filiali per abbracciare quella
regionale: le unità situate nei capoluoghi di regione sono il fulcro del sistema,
esse fungono sia da coordinamento per le altre sia sono la sede dell’intera
gamma dei compiti previsti per l’articolazione territoriale della Banca251. In
particolare, alle filiali è affidato il servizio di tesoreria regionale, il servizio di
vigilanza sulle attività bancarie e finanziarie in ambito locale, la regolazione
della circolazione monetaria con annesso controllo della qualità dei biglietti in
circolazione e con la possibilità di immettere liquidità sul mercato ed infine,
248
Art. 31 dello Statuto della Banca d’Italia – Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf)
249
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.96
250
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/organizzazione/filiali)
251
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, pp. 97-98
52
l’analisi economica e la rilevazione statistica a livello locale252. Dopo il 2006 è
stata anche modificata la presenza all’estero di filiali e delegazioni della Banca
d’Italia: sono state chiuse le filiali presenti nell’area euro di Bruxelles, Parigi e
Francoforte perché ritenute inutili nel nuovo contesto; restano ad oggi attive le
filiali di Londra, Tokio e New York253. Inoltre, presso alcune rappresentanze
diplomatiche operano degli addetti finanziari della Banca. La funzione delle
filiali e degli addetti finanziari all’estero è quella di studiare l’evoluzione della
congiuntura economica internazionale e di svolgere funzioni di consulenza per
le rappresentanze diplomatiche italiane, oltre che quella di intrattenere relazioni
con le organizzazioni economiche internazionali254.
1.5 Controllo e valutazione delle attività centrali e periferiche
La Banca d’Italia prevede due tipi di controllo sulle attività interne: un
controllo di tipo formale, cioè disciplinato dallo Statuto, ed uno di tipo
informale, cioè disciplinato dal regolamento interno255. Il controllo formale è
effettuato da due organi interni: il Collegio sindacale per l’Amministrazione
centrale ed i Censori per le articolazioni periferiche. Il Collegio sindacale è
composto da cinque membri effettivi, detti sindaci, più due supplenti. I sindaci
rimangono in carica per tre anni e non sono rieleggibili per più di tre volte. La
funzione principale del Collegio è quella di controllare che l’amministrazione
della Banca sia conforme alla legge, allo Statuto ed al regolamento generale.
Inoltre, ha funzione di supervisore della corretta tenuta della contabilità ed
esamina il bilancio. Il Collegio può produrre delle osservazioni da comunicare
in seguito al Governatore, ed ha anche il compito di riportare quelle prodotte
dai censori256. I Censori operano presso le amministrazioni periferiche: non
possono essere presenti in un numero superiore a quattro presso ciascuna sede
252
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/organizzazione/filiali)
253
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, pp. 98-99
254
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/organizzazione/filiali)
255
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 100
256
Art. 20 dello Statuto della Banca d’Italia – Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf)
53
o succursale. Le funzioni dei Censori sono quelle di analizzare l’andamento
delle attività nella sede di competenza e quello di effettuare una verifica di
cassa almeno una volta al trimestre257. Il controllo di tipo informale, invece, è
dato fin dal 1998 da un sistema di programmazione e pianificazione delle
risorse aziendali: il Piano d’Istituto, che ha durata triennale. Questo è affidato
al Comitato strategico per il Piano d’Istituto, presieduto dal Governatore e
composto dal Direttore generale, dai Vicedirettori e dai funzionari generali. Il
sistema funziona in questo modo: i vertici della Banca emanano degli indirizzi
strategici da seguire, le Aree funzionali propongono dei piani di sviluppo nel
triennio di riferimento, il Comitato a sua volta analizza questi piani ed
evidenzia eventuali criticità258. La parte più importante del lavoro del Comitato
è il confronto tra gli obiettivi indicati dai piani di sviluppo e le coperture
finanziarie stanziate dall’istituto. Una volta che il Comitato ha approvato il
piano generale di sviluppo, questo è comunicato al Consiglio superiore a titolo
informativo e è presentato al Direttorio che deve approvarlo. Dopo di che si
passa alla fase operativa, durante la quale sono previsti comunque degli step di
verifica in cui il Comitato vaglia l’esecuzione del piano programmato259.
1.5 Il personale
1.5.1 Il processo di selezione dei vertici
Il processo di selezione dei vertici della Banca d’Italia nel corso degli anni ha
presentato elementi costanti, ma anche alcune innovazioni260. Per quanto
riguarda la provenienza sociale, l’istituto di Via Nazionale ha sempre
dimostrato di non essere affatto chiuso o classista, criteri come la provenienza
sociale od il censo non sono mai stati discriminanti261. Gigliobianco nel 2006
ha analizzato 37 personalità di spicco della Banca d’Italia dalla nascita ad oggi.
257
Art. 21 dello Statuto della Banca d’Italia – Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf)
258
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 101
259
Ibidem
260
Ivi, p.106
261
A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia,
Donzelli, 2006, p.358
54
I risultati hanno mostrato che «7 provengono dalla classe sociale più bassa, 16 dalla
media, 3 dalla medio - alta ed 11 dalla classe alta. Si può notare una presenza relativa
dei ceti medi ed una significativa presenza dei ceti inferiori, la quale risulta più
marcata tra i governatori (2 su 9) che negli altri membri del Direttorio (7 su 37)»262. Il
primo Direttore generale, Giuseppe Marchiori, proveniva da una famiglia
veneta benestante con un’attività commerciale avviata ed un cugino che era
stato addirittura deputato263. Di origini più modeste era invece il suo
successore, infatti il padre di Bonaldo Stringher di professione faceva il
commesso264. Vincenzo Azzolini era un uomo del sud, la sua famiglia
apparteneva alla borghesia napoletana: suo padre era un funzionario del Banco
di Napoli e sua madre era figlia di un magistrato265. Einaudi, al contrario degli
altri, quando giunse al governatorato della Banca d’Italia era già un uomo
prestigioso ed aveva raccolto e fatto incetta di cariche. Tuttavia, la sua famiglia
non aveva navigato dell’oro: la madre era ereditiera di un’antica famiglia di
possidenti terrieri, però ormai decaduta alla nascita del futuro Governatore, ed
il padre era concessionario del servizio di riscossione imposte266. La famiglia di
Donato Menichella era anch’essa di proprietari terrieri, avevano tenute di
dimensione medio - grande nel Tavoliere delle Puglie267. Il padre di Guido
Carli proveniva invece dal mondo accademico, è stato un importante docente e
studioso, abbastanza famoso in ambito economico e sociologico268. Paolo Baffi
proveniva da una famiglia abbastanza modesta: il padre era un piccolo
agricoltore, che tentò senza fortuna anche di emigrare in Argentina, e la madre
262
I A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia,
Donzelli, 2006, p.358
263
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, pp.24-25
264
Ivi, p.26
265
Ivi, p.32
266
R. FANUCCI, Il governatorato di Luigi Einaudi (1945-1947), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp.39-47
267
M. DE CECCO, Il governatorato di Donato Menichella (1947-1960), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 69-75
268
G. GUARINO, Il governatorato di Guido Carli (1960-1975), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 85-86
55
si arrangiava facendo la sarta269. Carlo Azeglio Ciampi proveniva dalla piccola
borghesia di Livorno, con il padre proprietario di un negozio di ottica270.
Antonio Fazio proveniva dalla provincia di Frosinone e potette sostenere i suoi
studi proprio grazie ad una borsa di studio della Banca d’Italia 271. La famiglia
di Mario Draghi, invece, è di origine borghese: il padre, Carlo Draghi, ha
ricoperto incarichi importanti presso la Banca d’Italia sotto il governatorato di
Donato Menichella272. L’attuale Governatore, Ignazio Visco, proviene dalla
classe media: nato a Napoli da una famiglia originaria di Colli al Volturno,
piccolo paesino in provincia di Isernia273. Curiosamente, ma non troppo, quasi
tutti i gruppi sociali presenti nel nostro Paese sono rappresentati dai
Governatori che si sono succeduti alla guida della Banca d’Italia nel corso
degli anni: in particolare vi sono ben quattro Governatori legati al mondo
agricolo, Marchiori, Einaudi, Menichella e Baffi, segno che la nostra società
affonda proprio lì le sue radici274. Al contrario della provenienza sociale, vi è
un altro carattere distintivo che invece è frequente tra i Governatori o
comunque tra i massimi dirigenti della Banca d’Italia: l’essere uomini di
Stato275. Nei primi anni la Banca è stata guidata da uomini dagli ideali
risorgimentali, in seguito da nazionalisti e poi da europeisti convinti: tutti però
sono stati servitori fedeli dello Stato. Marchiori è stato un garibaldino, ha
combattuto diverse battaglie con l’eroe dei due mondi ed in seguito è stato
deputato e senatore della Destra storica276. Stringher fu un nazionalista, senza
mai cadere negli eccessi del fascismo egli era profondamente convinto che lo
Stato fosse l’unica via per salvaguardare gli interessi generali e raggiungere un
269
G.B. PITTALUGA, Il governatorato di Paolo Baffi (1975-1979), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 123-126
270
G. NARDOZZI, Il governatorato di Carlo Azeglio Ciampi (1979-1993), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp.155-158
271
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.108
272
Ivi, p.109
273
Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/direttorio/visco)
274
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.110
275
Ibidem
276
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, pp.24-25
56
progresso diffuso277. Azzolini fu altrettanto nazionalista, tanto da arruolarsi
volontario in occasione della Prima Guerra Mondiale, dimostrando tanto
coraggio da meritarsi la medaglia d’argento al valor militare278. Menichella
proveniva dalla scuola dell’IRI, dove si sviluppò una classe dirigente fedele
allo Stato ed incline all’intervento economico dello stesso nella società279. La
formazione di Baffi fu influenzata in modo determinante da Giorgio Mortara,
suo professore di economia alla Bocconi che aveva sviluppato una teoria
economica improntata molto al nazionalismo. Baffi fu inoltre il primo
Governatore ad essersi formato interamente all’interno della Banca d’Italia280.
L’eccezione di Baffi divenne ben presto la regola, l’istituto nel corso degli anni
si è affermato come un incubatore di idee capace di forgiare da solo nuove elite
dirigenti281. Ciampi in quanto a formazione fu in linea con i suoi predecessori.
Egli fu nazionalista sanguigno, tanto che durante la guerra attraversò la linea
del fronte clandestinamente per unirsi al neonato Regno d’Italia al sud e
combattere al suo fianco contro in nord ancora in mano ai fascisti. Dopo la
guerra, insieme a Baffi, militò nel partito d’Azione, diventando anche
segretario della sezione di Livorno282. I Governatori della Banca d’Italia fino a
Ciampi hanno anche un’altra caratteristica, sono tutti di formazione laica. Dopo
Ciampi, Fazio rappresentò una significativa eccezione: egli era di formazione
cattolica, eletto durante il mandato del Presidente Scalfaro anch’egli con la
stessa formazione283. Il laicismo ed i valori di riferimento risorgimentali si sono
ovviamente allentati con il passare degli anni: tuttavia anche in epoca postunitaria è rimasto forte il senso del dovere e dello Stato nella classe dirigente
277
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, p.26
278
Ivi, p.32
279
M. DE CECCO, Il governatorato di Donato Menichella (1947-1960), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 69-75
280
G.B. PITTALUGA, Il governatorato di Paolo Baffi (1975-1979), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 123-126
281
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.112
282
G. NARDOZZI, Il governatorato di Carlo Azeglio Ciampi (1979-1993), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp.155-158
283
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.113
57
dalla Banca284. Anche nel passato, alcuni Governatori si sono trovati nella
condizione di dover rinunciare alle proprie idee pur di salvaguardare la pace
sociale o la stabilità politica: sono esempi alcune scelte di Stringher o di Carli
riguardo la stabilità monetaria. In altri casi i dirigenti della Banca d’Italia
hanno rischiato proprio la vita per il bene dell’istituto e dell’intero Paese:
durante la Seconda Guerra Mondiale alcuni dirigenti della Banca, Introna,
Sforza, Azzolini ed Orgera, riuscirono a salvaguardare la riserva aurea
resistendo alle rivendicazioni tedesche e nascondendo l’oro a Fortezza, in Alto
Adige, fino alla fine delle ostilità285.
1.6.2 La formazione dei dirigenti
La formazione degli alti dirigenti della Banca d’Italia ha subito un’evoluzione
nel corso degli anni. Prima della Seconda Guerra Mondiale, quindi prima di
Einaudi, l’avere una preparazione spiccatamente economica non era requisito
essenziale per giungere ai vertici della Banca286. Da Baffi in poi s’inaugurò
l’era degli economisti ai vertici dell’istituto287. Questa svolta dipese in parte dal
mutato contesto storico, in parte dall’innovazione portata da Azzolini288: il
quale aveva fondato il primo moderno Servizio Studi, inaugurando una scuola
di formazione che avrebbe prodotto, tra gli altri, personalità del calibro di
Baffi, Ossola, Sarcinelli, Fazio, Padoa-Schioppa, e Ciocca289. D’altronde in
Italia non esistevano, né esistono, istituti per formare in modo specifico le
classi dirigenti quali le scuole d’elite francesi o alcune università inglesi. Nel
nostro Paese rappresentano una significativa eccezione le università Federico II
di Napoli, Bocconi di Milano e negli ultimi anni La Sapienza di Roma, dalle
quali sono provenuti ben tre membri del Direttorio ciascuna nel corso della
284
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.113
Ivi, pp. 113-114
286
Ivi, p.114
287
G. GUARINO, Il governatorato di Guido Carli (1960-1975), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 85-86
288
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, pp. 34-35
289
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.115
285
58
storia della Banca290. Nei primi anni di vita della Banca la formazione dei
membri del Direttorio oltre ad essere variegata era anche di diverso grado: basti
pensare che spesso i Vicedirettori o addirittura il Direttore Generale non erano
laureati291. L’ultimo membro del Direttorio non laureato è stato Ernesto
Bindocci, il quale aveva conseguito il solo titolo di ragioneria ed è stato
nominato Vicedirettore generale nel 1953292. Il primo Direttore generale,
Giuseppe Marchiori, non proveniva dal mondo bancario e non aveva neanche
una formazione economica: era addirittura laureato in ingegneria293.
Probabilmente, ciò era dovuto al fatto che il Governo di allora preferì una
figura non legata alle tradizionali lobby che governavano il mondo della
finanza per impostare la politica economica294. Il successore di Marchiori,
Stringher, aveva studiato in un istituto tecnico commerciale e successivamente
aveva frequentato la Scuola superiore di commercio Cà Foscari di Venezia295.
Egli non ebbe una formazione economica canonica, ma fu bensì più un
economista autodidatta, così come il suo Vice, Tito Canovai296, che era
piuttosto un intellettuale: tutto questo caratterizzò anche il suo governatorato,
in cui infatti non fu prestata troppa attenzione alla formazione297. Azzolini,
come detto in precedenza, ebbe un’attenzione diversa per la formazione in
quanto fu lui a rinnovare completamente il Servizio Studi. Tuttavia lo stesso
Azzolini non proveniva da una formazione economica: egli studiò al Liceo
Classico Gian Battista Vico di Napoli, s’iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza
e si laureò con tesi in Scienze delle Finanze, con relatore Francesco Saverio
290
A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia,
Donzelli, 2006
291
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.115
292
A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia,
Donzelli, 2006, cap. 5
293
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, pp.24-25
294
A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia,
Donzelli, 2006, cap. 1
295
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, pp. 26-27
296
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.116
297
A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia,
Donzelli, 2006, p.117
59
Nitti. La sua formazione proseguì occupando alcune cariche al Ministero del
Tesoro298. Il Direttore Generale durante il Governatorato di Azzolini fu
Pasquale Troise, il quale era laureato in Giurisprudenza come il Governatore,
mentre uno dei Vicedirettori, ovvero Nicolò Introna, aveva conseguito il solo
diploma di ragioneria299. Nel secondo dopoguerra lo stesso Donato Menichella
aveva una formazione mista: conseguì nel 1913 il diploma di ragioniere presso
l’istituto Pietro Giannone di Foggia e nel 1920 si laureò in Scienze sociali
presso l'Istituto Cesare Alfieri di Firenze300. Anche uno dei suoi Vicedirettori
dell’epoca, Paride Formentini, pur essendo laureato alla Scuola Superiore di
Commercio di Genova proveniva da una formazione prettamente bancaria e
quindi non era un economista nel senso più stretto del termine301. Guido Carli
aveva una formazione mista. Pur essendo laureato in giurisprudenza
all'Università degli Studi di Padova302, egli conseguì un titolo post laurea in
Germania con una tesi di Economia monetaria incentrata sul sistema del gold
exchange standard303, inoltre proseguì la sua formazione ai vertici di numerosi
istituti bancari, nonché dell’IRI e del Ministero del Commercio, fino a giungere
al Direttorio della Banca d’Italia304. Baffi fu il primo economista canonico alla
guida dell’istituto. Egli era laureato all’Università Bocconi di Milano ed aveva
conseguito una specializzazione presso la London School of Economics and
Political Science305. Ciampi rappresenta in questo periodo un’eccezione
rispetto alla formazione dei suoi predecessori e dei suoi successori: egli infatti
298
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, pp. 32-35
299
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.116
300
M. DE CECCO, Il governatorato di Donato Menichella (1947-1960), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 69-75
301
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.116
302
G. GUARINO, Il governatorato di Guido Carli (1960-1975), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 85-86
303
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.117
304
G. GUARINO, Il governatorato di Guido Carli (1960-1975), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 85-86
305
G.B. PITTALUGA, Il governatorato di Paolo Baffi (1975-1979), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 123-126
60
si è laureato in lettere presso la Scuola Normale di Pisa e solo il suo percorso
ulteriore presso il Servizio Studi della Banca d’Italia l’ha portato ad apprendere
sul campo le nozioni di economia306. Gli ultimi tre Governatori, ovvero Fazio,
Draghi e Visco, hanno in comune la laurea in economia presso l’Università La
Sapienza di Roma. In particolare, sia Draghi307 sia Visco308 hanno avuto come
loro relatore il Prof. Federico Caffè, il quale insegnava Politica economica e
finanziaria presso l’ateneo romano ed è stato uno dei principali diffusori della
politica keynesiana in Italia. In seguito sia l’attuale Governatore sia il suo
predecessore si sono specializzati all’estero: Mario Draghi ha proseguito gli
studi presso il Massachusetts Institute of Technology, mentre Ignazio Visco ha
perfezionato i suoi studi presso l’University of Pennsylvania, negli Stati Uniti
d'America, dove ha ottenuto un master in economia. Fazio309, invece, ha
condiviso con Draghi la specializzazione presso il Massachusetts Institute of
Technology, in cui entrambi sono stati allievi del premio Nobel Franco
Modigliani. Dal 1993 ad oggi, quindi, si sono succeduti Governatori che hanno
avuto in comune buona parte della loro formazione, garantendo anche una certa
continuità dal punto di vista della visione generale del sistema e delle politiche
da perseguire. Questa continuità però non si è sempre avuta nel corso della
storia dell’istituto. Nei primi anni vi furono diversi contrasti ai vertici della
Banca d’Italia riguardo la scuola di politica economica da seguire. I due
modelli più in voga all’epoca erano quello tedesco, di stampo più
protezionistico e nazionalista, e quello inglese, che invece privilegiava il libero
scambio310. Stringher per primo cercò di trovare un compromesso tra questi
due modelli, improntò la sua politica su un moderato protezionismo abbinato a
regole certe di concorrenza311. Il governatorato del suo successore, Azzolini, fu
306
G. NARDOZZI, Il governatorato di Carlo Azeglio Ciampi (1979-1993), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp.155-158
307
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/governatori/governatore)
308
Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/direttorio/visco)
309
Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/governatori/Fazio)
310
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.117
311
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
61
influenzato sia dal contesto storico, infatti quelli furono gli anni in cui anche le
democrazie liberali si rivolsero al protezionismo più spinto per difendere le
economie nazionali, sia dal fascismo, che in Italia impose determinate scelte
politiche come l’autarchia o la valorizzazione della Lira. Ciò nonostante la
Banca cercò di mediare le rigide posizioni del regime con quelle più morbide
necessarie a garantire lo sviluppo dell’economia312. Einaudi fu il primo vero
Governatore proveniente dalla scuola anglosassone – keynesiana, tuttavia
durante il governatorato la sua politica fu mediata dal Direttore generale
Menichella, il quale invece proveniva dalla scuola tedesca ed aveva idee più
protezionistiche313. Lo stesso Menichella, però, quando fu Governatore mediò
le sue posizioni in favore di una politica più aperta314. Carli e Baffi furono i
primi Governatori ad aver svolto un periodo di formazione all’estero, in
particolare nel loro caso in Inghilterra. Prima della guerra era molto raro che
qualcuno andasse a completare la preparazione in un’università estera, quando
accadeva le prescelte erano di solito inglesi, tedesche o più raramente francesi.
Dopo la guerra divenne più frequente questa pratica, con le università
anglosassoni che divennero poli di formazione per gli economisti italiani, in
particolare quelle statunitensi dagli anni Cinquanta in poi 315. Da questo periodo
storico s’inaugura anche la partecipazione degli economisti italiani ai gruppi di
lavoro dei vari organismi internazionali quali l’Ocse, il Fmi e le Comunità
Europee316.
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, pp. 26-32
312
G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia
dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA
ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni
Polistampa, Firenze, 2004, pp. 32-35
313
R. FANUCCI, Il governatorato di Luigi Einaudi (1945-1947), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 39-68
314
M. DE CECCO, Il governatorato di Donato Menichella (1947-1960), in FONDAZIONE
"SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi
a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 69-83
315
P. CIOCCA, Il contributo di Via Nazionale, in G. GAROFALO, A. GRAZIANI, La
formazione degli economisti in Italia (1950 - 1975), Bologna, Il Mulino, pp.579-598
316
Ibidem
62
1.6.3 I criteri di selezione dei dirigenti
Uno dei primi criteri utilizzati per selezionare i massimi dirigenti della Banca
d’Italia fu quello geografico317. L’istituto nei primi anni della sua storia fu
condizionato dalle pressioni locali, derivanti dal fatto che l’unità del Paese era
stata raggiunta da pochi anni. Considerando che la Banca d’Italia nacque
inizialmente dalla fusione di banche toscane e piemontesi, il primissimo
Direttorio si trovò a rispecchiare grossomodo gli equilibri territoriali: con due
piemontesi, Grillo e Ponte, ed un toscano, Levi Della Vida318. Dopo questa
primissima esperienza furono utilizzati altri criteri. Nella seconda fase si decise
di privilegiare personalità più spiccatamente patriottiche, ovvero non legate
agli interessi locali ma accomunate dallo spirito risorgimentale. Queste figure
furono trovate soprattutto nella borghesia veneta, dalla quale provenivano sia
Marchiori sia Stringher319. La terza fase della Banca coincise con la revoca agli
istituti meridionali del potere di emissione di moneta. Con la Banca d’Italia
unico istituto emittente si ebbero diversi dirigenti provenienti dal meridione:
D’Aroma, Azzolini, Troise e Acanfora320. Inoltre, con l’avvento del fascismo si
assistette ad un particolare fenomeno, ovvero i vertici dell’istituto iniziarono ad
essere reclutati non più dalla borghesia, ma dalle amministrazioni statali321.
Quindi, durante il governatorato di Azzolini il Direttorio fu formato da
dirigenti meridionali provenienti dalla Pubblica Amministrazione: per esempio,
Azzolini proveniva dal Ministero del Tesoro322. Nel secondo dopoguerra il
criterio geografico divenne definitivamente obsoleto. Mentre quello che vedeva
nella provenienza dal settore pubblico un elemento fondamentale si rafforzò.
Al contrario della Bank of England, che reclutava le proprie classi dirigenti tra i
privati, la Banca d’Italia preferì continuare a reclutare i suoi vertici nel settore
pubblico: questo perché l’istituto doveva rispettare, nelle intenzione della
317
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.121
Ibidem
319
A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia,
Donzelli, 2006, capitolo 1
320
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.122
321
A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia,
Donzelli, 2006, capitolo 1
322
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.122
318
63
classe politica di allora, le posizioni prese dallo Stato e non rappresentare gli
interessi delle lobby legate al mondo della finanza323. Rispetto agli anni
precedenti, però, qualcosa cambiò: prima di Einaudi tutti gli alti dirigenti della
Banca d’Italia che provenivano dall’apparato dello Stato avevano vissuto le
proprie esperienze in seno ai ministeri, quindi erano espressione dello Stato
centrale. Da Einaudi in poi s’inaugurò una nuova fase, in cui i dirigenti erano
reclutati tra i manager pubblici, ovvero tra coloro che erano già responsabili di
apparati economici dello Stato324. In particolare, lo stesso Einaudi, Menichella,
Formentini e Carli provenivano dall’IRI, ente che più di tutti fornì alti dirigenti
alla Banca d’Italia325. Baffi, Ciampi e Fazio, rappresentarono una nuova fase:
essi infatti provenivano tutti dal Servizio Studi della Banca o, in ogni caso, si
erano formati all’interno della stessa. Dal 1975, anno di insediamento di Baffi,
al 2005, anno di fine mandato di Fazio, l’istituto fu quasi totalmente
monopolizzato da alti dirigenti formatisi in seno alla Banca stessa326. Il
successore di Fazio, ovvero Mario Draghi, non può essere considerato un
interno alla Banca d’Italia perché non è mai stato suo dipendente. Tuttavia, egli
ha beneficiato di un ufficio in Via Nazionale per un certo periodo in quanto
rappresentante del nostro Paese in seno alla Banca mondiale, inoltre Ciampi lo
nominò consulente dell’istituto e per un certo periodo nel 1990 partecipò, da
esterno, alle riunioni del Servizio Studi327. L’attuale Governatore, invece,
prima di diventare tale è stato per quattro anni Vicedirettore della Banca.
Inoltre, Ignazio Visco, al contrario di Draghi, proviene come formazione dal
Servizio Studi del quale è stato a capo fin dal 1990, mentre la sua assunzione
alla Banca d’Italia risale addirittura al 1972328. Se il reclutamento dei
governatori, come abbiamo visto, nel corso degli anni ha conosciuto criteri
diversi, per gli altri membri del Direttorio vi è stata una linea comune fin dal
governatorato di Stringher. Infatti, da allora i direttori generali ed i vicedirettori
323
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.122
Ivi, p.123
325
Ibidem
326
Ibidem
327
Ivi, p.124
328
Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/direttorio/visco)
324
64
sono stati scelti sempre tra il personale già al servizio della Banca329.
Gigliobianco individua solo cinque eccezioni dal 1928 ad oggi: «[…] Cavallini
(banchiere), D’Aroma, Troise, Acanfora (funzionari pubblici) e Formentini (manager
pubblico)»330. Un ultimo punto da analizzare è quello inerente il reale potere di
nomina e promozione dei vertici della Banca. Oltre le apparenze, è sempre
stato noto fin dall’inizio che il Governo godeva di un enorme potere riguardo la
nomina dei massimi dirigenti. Con il governatorato di Stringher si evidenziò
anche il potere di negoziazione dello stesso Governatore331. Egli nominò
Direttore generale Azzolini, il quale poi sarebbe diventato il suo successore.
Stessa sorte toccò a Menichella, il quale nominò Carli Direttore generale e
questi in seguito occupò il suo posto ai vertici di Via Nazionale332. In generale,
i criteri di selezione da parte del Governo, in accordo o meno con il
Governatore uscente, del nuovo massimo dirigente della Banca non sono del
tutto chiari. C’è possibile analizzare i vertici del passato, ma restano comunque
sotto traccia le influenze dei grandi gruppi economici e finanziari che sedevano
e siedono nel Consiglio superiore e che possono influenzare lo stesso
Governo333. Il fatto che sostanzialmente la scelta non è sottoposta ad alcun tipo
di requisito rende più oscuri i criteri di nomina e difficilissima l’analisi della
selezione334. Il Consiglio superiore, in ogni caso, nel corso della storia
dell’istituto ha svolto un ruolo abbastanza secondario nella scelta delle classi
dirigenti, in quanto è stato spesso chiamato ad assecondare scelte già prese e
raramente è stato decisivo nella designazione dei vertici335. Comunque, bisogna
sottolineare che pur avendo un peso predominante nella scelta dei vertici di Via
Nazionale il potere politico non ha mai attuato una spartizione delle poltrone,
al contrario di quello che è avvenuto in altre amministrazioni pubbliche336. Le
motivazioni non sono ben chiare e potrebbero essere molteplici, tuttavia la più
verosimile è che data l’importanza della Banca d’Italia vi fosse una sorta di
329
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 124
A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia,
Donzelli, 2006
331
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 125
332
Ibidem
333
Ibidem
334
Ibidem
335
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 125
336
Ivi, p.126
330
65
patto non scritto tra i partiti che ha impedito la politicizzazione dell’istituto. Il
Paese ha beneficiato di questa peculiarità quando vari tecnocrati provenienti
dall’istituto sono stati chiamati a ricoprire incarichi politici perché considerati
neutrali dalla partitocrazia337.
1.6.4 La gestione dei dipendenti
Alla sua nascita la Banca d’Italia annoverava nel suo organico circa
millecinquecento dipendenti, tutti maschi, divisi nelle due categorie vigenti
all’epoca: la carriera di concetto e la carriera d’ordine. Nella carriera di
concetto erano ricompresi quattrocento amministrativi e duecento cassieri, tutti
gli altri dipendenti facevano parte della categoria d’ordine. Inoltre, l’organico
era completato da ausiliari ed operai338. Il primo regolamento del personale
risale al 1896. Questi era ridotto all’essenziale. In primo luogo riconfermava le
categorie di impiegati d’ordine e di concetto, inoltre si affermava che gli
impiegati dovevano essere nominati dal Consiglio superiore su proposta del
Direttore generale. Il primo anno i neo assunti lavoravano senza percepire
alcuno stipendio ed erano considerati in prova, dopo di che accedevano alla
carriera impiegatizia. Le assunzioni e le promozioni erano comunque
totalmente a discrezione dei vertici della Banca339. La situazione, da questo
punto di vista, sarebbe rimasta grossomodo invariata fino agli anni Sessanta.
Sovraordinato agli impiegati vi era il cosiddetto personale direttivo, questo
comprendeva le figure di segretario generale, direttore di filiale, cassiere,
ispettore e capo del contenzioso340. Pur nella discrezionalità assoluta dei
vertici, promozioni ed aumenti di stipendio seguirono fino agli inizi del
Novecento una linea guida ben precisa: gli aumenti avvenivano solitamente
con cadenza quinquennale e le promozioni avvenivano per merito in base alla
337
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 125
Ivi, p.127
339
Introna ispettore, a cura di Elisabetta Loche e Renata Martano, Archivio
dell'Amministrazione centrale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/serv_pubblico/elenco-deiservizi/doc_storici/strumric/guida/5_ARCHIVI_AMM__CENTRALE_195_282.pdf)
340
A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della
Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia
e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228
338
66
produttività ed alle valutazioni redatte dai diretti superiori. La retribuzione
degli impiegati era in questo periodo circa dodici volte inferiore rispetto a
quella del dirigente con il grado più alto341. Il regolamento prevedeva anche il
versamento di una cauzione per alcune figure, come i cassieri ad esempio, che
avevano mansioni speciali. Erano anche previste le possibili cause del
licenziamento:
«[…]per dimissioni volontarie, per decadenza o dispensa dall’impiego, per misure
disciplinari, per riforma di uffici o soppressione di posti.»342.
Come detto le garanzie erano minime: in caso di dimissioni non era
riconosciuta né la pensione, né un trattamento di fine rapporto, né il rimborso
delle ritenute già versate alla cassa previdenziale. Le sanzioni in caso di
violazione del regolamento erano ancor più dure ed andavano dal trasferimento
al licenziamento. Tali sanzioni potevano essere inflitte sia per inadempienza ai
compiti previsti dal contratto, sia per «mancanze contro l’onore»343. A tal
proposito il regolamento prevedeva per gli impiegati il dovere di «tenere una
condotta morale costantemente informata a principi di dignità, di moralità, d’ordine e
di solidarietà verso l’istituto e verso i colleghi»344, mentre per i dirigenti il dovere
di «sorvegliare i subordinati, ammonirli qualora si rendessero negligenti, inesatti,
ritardatari a presentarsi negli uffici nelle ore stabilite, o commettessero altre consimili
mancanze.»345. In questi anni la cassa previdenziale di riferimento era ancora
privata e non era regolata dal regolamento, né tantomeno il regolamento
prevedeva rappresentanze o diritti sindacali346. Tra il regolamento del 1896 e
quello successivo del 1923 non accadde molto. Degna di nota è la nascita di
una rete di supporto agli impiegati grazie alla Cassa di sovvenzioni e risparmio,
341
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.128
Introna ispettore, a cura di Elisabetta Loche e Renata Martano, Archivio
dell'Amministrazione centrale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/serv_pubblico/elenco-deiservizi/doc_storici/strumric/guida/5_ARCHIVI_AMM__CENTRALE_195_282.pdf)
343
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.129
344
Ivi, p.128
345
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.128
346
A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della
Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia
e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228
342
67
questo era un istituto nato per agevolare l’accesso al credito dei dipendenti347.
Con la Prima Guerra Mondiale giunse anche il momento di assumere personale
femminile presso la Banca d’Italia, ciò fu dovuto all’emergenza che spinse il
Paese a reclutare molti dipendenti da mandare al fronte348. Queste assunzioni
avevano un carattere straordinario, nel dopoguerra furono comunque
confermate e con esse fu introdotto anche il riposo settimanale ed i turni di
lavoro furono resi meno pesanti349. Nel 1923 fu redatto un nuovo regolamento
interno. Tale regolamento derivava un altro evento, ovvero la nascita delle
prime unioni sindacali di categoria nel 1919, le quali erano state riconosciute
dall’istituto e che nello stesso anno avevano sollecitato la creazione di una
commissione ad hoc per modificare il regolamento interno. Tale commissione,
formata in parte da membri scelti dalla Direzione generale ed in parte
dall’Unione, organizzazione sindacale dei dipendenti della Banca d’Italia,
presentò il progetto per la riforma del regolamento nel 1923 e l’accoglimento,
seppur solo in parte, portò alle definitive modifiche350. Per prima cosa fu
regolarizzata la presenza delle donne all’interno dell’istituto: erano ancora
discriminate, in quanto lo stipendio era del venticinque per cento più basso
rispetto a quello dei loro colleghi uomini e dovevano per forza essere nubili,
pena il licenziamento in caso di matrimonio, ma la loro posizione da
straordinaria divenne permanente351. Altra importante innovazione fu
l’introduzione delle organizzazioni sindacali, le quali sedevano nelle
commissioni miste create per mediare sulle delicate materie delle assunzioni,
delle promozioni e dei licenziamenti. Queste commissioni non avevano un vero
e proprio potere decisionale, ma solo consultivo: tuttavia rappresentarono
un’innovazione importante per l’epoca352. Infine, furono regolamentate le
347
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.129
B. CURLI, Le prime impiegate della Banca d'Italia, 1899-1940, in AA.VV., 1993, pp.73-78
349
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.129
350
Introna ispettore, a cura di Elisabetta Loche e Renata Martano, Archivio
dell'Amministrazione centrale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/serv_pubblico/elenco-deiservizi/doc_storici/strumric/guida/5_ARCHIVI_AMM__CENTRALE_195_282.pdf)
351
B. CURLI, Le prime impiegate della Banca d'Italia, 1899-1940, in AA.VV., 1993, pp.73-78
352
Introna ispettore, a cura di Elisabetta Loche e Renata Martano, Archivio
dell'Amministrazione centrale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/serv_pubblico/elenco-deiservizi/doc_storici/strumric/guida/5_ARCHIVI_AMM__CENTRALE_195_282.pdf)
348
68
procedure di assunzione ed i requisiti che dovevano essere in possesso dei
candidati: dal titolo di studio, che variava in base alla posizione, all’età, che
solitamente variava tra i ventisette ed i trent’anni massimo353. Infine, questo
regolamento introduceva per la prima volta dei criteri per la redazione del
contratto per gli operai. Questi potevano essere operai di ruolo, con tutte le
garanzie che spettavano agli impiegati, oppure avventizi, privi delle
garanzie354. Nel 1932 fu introdotta una nuova innovazione: il Bollettino del
personale. Qui erano pubblicate tutte le notizie riguardanti la gestione del
personale, dalle nuove assunzioni alle promozioni, dai trasferimenti alle
sanzioni, ai licenziamenti355. Sei anni dopo, nel 1938, il regime fascista
modificò nuovamente il regolamento. Tutti i diritti sindacali e le
rappresentanze nelle commissioni miste furono cancellati, il personale per
lavorare nell’istituto fu costretto a giurare fedeltà al regime ed inoltre fu
modificata l’organizzazione del personale356. Il personale amministrativo357, di
cassa, d’ordine358 e di servizio359 appartenevano ad un ruolo detto Unico, sia
per le filiali sia per l’Amministrazione centrale360. Gli ispettori, il personale
tecnico e quello delle officine apparteneva al ruolo Speciale ed era presente
nella sola Amministrazione centrale361. Non era possibile passare dal ruolo
Unico a quello Speciale o viceversa. L’unico reale miglioramento apportato dal
regolamento del 1938 fu relativo alla condizione femminile: infatti per la prima
volta fu previsto l’avanzamento di carriera anche per le donne, il nubilato fu
cancellato dai requisiti richiesti e fu cancellata anche la disparità di
353
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.130
Ivi, p.131
355
Ibidem
356
Ibidem
357
Impiegati con il grado di segretario e segretario generale
358
Applicati di segreteria e personale femminile
359
Uscieri, custodi ed inservienti
360
Introna ispettore, a cura di Elisabetta Loche e Renata Martano, Archivio
dell'Amministrazione centrale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/serv_pubblico/elenco-deiservizi/doc_storici/strumric/guida/5_ARCHIVI_AMM__CENTRALE_195_282.pdf)
361
Introna ispettore, a cura di Elisabetta Loche e Renata Martano, Archivio
dell'Amministrazione centrale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/serv_pubblico/elenco-deiservizi/doc_storici/strumric/guida/5_ARCHIVI_AMM__CENTRALE_195_282.pdf)
354
69
retribuzione362. Altre innovazioni furono rappresentate dall’introduzione dei
premi di produttività. Inoltre, in quegli anni si assistette ad un consistente
aumento del personale che passò dalle tremila unità circa presenti fino ad allora
a circa seimila363. Nel secondo dopoguerra e fino agli anni Sessanta
l’evoluzione della gestione del personale nella Banca proseguì su due linee: da
un lato furono reintrodotte le rappresentanze sindacali e dall’altro si equiparò il
personale dell’istituto al resto dei dipendenti pubblici. Già nel 1947 furono
reintrodotte le commissioni miste con partecipazione dei sindacati eliminate
dal fascismo, l’Unione sindacale personale istituto di emissione divenne il
principale sindacato dei dipendenti della Banca364. Nel 1956 fu introdotto il
meccanismo concorsuale per le assunzioni e nel 1962 le carriere furono
riorganizzate: da un lato la carriera impiegatizia, che poteva essere direttiva, di
concetto od esecutiva, dall’altro la carriera di tipo operaio, alla quale fu
dedicato uno specifico regolamento365. Con il governatorato di Carli, inoltre, si
passò nella scelta delle promozioni dalla prevalenza del criterio di anzianità
alla prevalenza di quello di merito, con l’introduzione di apposite
graduatorie366. Negli anni Settanta i dipendenti della Banca ottennero un nuovo
spazio in cui i sindacati potevano avanzare proposte, i gruppi per la
partecipazione paritetici. All’aumento del peso del sindacato corrispose anche
una nuova modifica delle carriere: la carriera impiegatizia passò dalla
precedente tripartizione ad una bipartizione, infatti fu divisa in direttiva ed
operativa, con quest’ultima categoria che comprendeva le precedenti due367.
Nel 1970 nel nostro Paese era stato approvato lo Statuto dei lavoratori, questo
portò una sostanziale innovazione anche nella Banca d’Italia: infatti, anche
nell’istituto di Via Nazionale fu introdotto l’accordo negoziale tra Banca ed
organizzazioni sindacali per stipulare la disciplina del rapporto di lavoro,
questa era sottoposta dal Governatore al Consiglio superiore che poi poteva
362
B. CURLI, Le prime impiegate della Banca d'Italia, 1899-1940, in AA.VV., 1993, pp.73-78
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.132
364
Ibidem
365
Ivi, p.133
366
Ibidem
367
Ibidem
363
70
accettare o rifiutare e rispedire l’accordo al tavolo di contrattazione 368. Fu
proprio questa nuova prassi che portò nel 1980 all’ultima sostanziale modifica
del regolamento per quanto riguarda la gestione del personale. In quell’anno fu
introdotto il coadiutore, grado più alto della carriera operativa, e furono
introdotti gli scatti automatici per quanto riguardava la retribuzione. Inoltre, in
quegli anni il sindacato si divise in diverse sigle e confederazioni rompendo il
fronte unico che aveva caratterizzato i dipendenti della Banca fino a quel
momento: ciò è dovuto in parte all’onda lunga del fermento post Sessantotto, in
parte al mutato clima sociale presente nel nostro Paese verso la fine degli anni
Settanta ed in parte al continuo confronto interno tra i lavoratori delle varie
sezioni369.
368
369
G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.134
Ibidem
71
Capitolo II
La lunga strada verso l’euro
2.1 Dal Trattato di Roma al Serpente Monetario Europeo
Nel 1950 i diciotto paesi firmatari del trattato istitutivo dell’Organizzazione
Europea dei Pagamenti (OECE)1 fondarono l’Unione Europea dei Pagamenti
(UEP). Quest’ultima voleva costituire un sistema internazionale di mutuo
credito: avrebbe dovuto svolgere essenzialmente le funzioni di una banca
centrale, con gli obiettivi di far sviluppare il commercio e facilitare i pagamenti
tra gli stati membri2. Per trovare un primo riferimento ad intenti di
coordinamento delle politiche monetarie europee devono passare altri cinque
anni ed arrivare al 1955, più precisamente alla Dichiarazione di Messina:
«(si stabilisce) una generica adozione di metodi suscettibili di assicurare un
coordinamento sufficiente delle politiche monetarie dei Paesi membri per permettere
la creazione e lo sviluppo di un mercato comune»3.
I successivi avvenimenti, ovvero il Trattato di Roma del Marzo 1957 e la
successiva entrata in vigore dello stesso nel Gennaio 19584, fanno registrare un
passo avanti storico per quanto riguarda il processo di integrazione economica
1
È stata un’organizzazione istituita nel 1948 per coordinare gli aiuti internazionali del Piano
Marshall per la ricostruzione dell’Europa. I Paesi aderenti erano: Austria, Belgio, Danimarca,
Francia, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo,
Regno Unito Regno Unito, Svezia, Svizzera, Territorio libero di Trieste, Turchia. In seguito
aderirono anche la Repubblica Federale Tedesca e la Spagna.
2
A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.18
3
Sito ufficiale del CVCE - centro di ricerca interdisciplinare e documentazione sul processo di
integrazione europea,
(http://www.cvce.eu/obj/resolution_adopted_by_the_foreign_ministers_of_the_ecsc_member_
states_messina_1_to_3_june_1955-en-d1086bae-0c13-4a00-8608-73c75ce54fad.html) [en]
4
Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri documenti dell'UE
considerati di dominio pubblico, (http://eurlex.europa.eu/it/treaties/dat/12002E/pdf/12002E_IT.pdf)
72
europea, ma segnano un progresso molto minore per quanto riguarda gli aspetti
monetari5. Secondo il Trattato di Roma la politica in materia di cambi va
considerata un problema di interesse comune, in particolare negli articoli 1036
e 1087, mentre l’articolo 1058 istituisce un Comitato Monetario a carattere
consultivo per promuovere in coordinamento delle politiche degli stati membri
in campo monetario. Nel 1964 il Consiglio dei Ministri dell’Economia della
CEE decise di creare il Comitato dei Governatori, organo che andava ad
affiancarsi al già citato Comitato Monetario9. Del nuovo Comitato fanno parte i
sei governatori delle banche centrali dei paesi CEE, esso ha il compito di
promuovere un coordinamento tra le politiche monetarie dei paesi aderenti. Il
fine ultimo è il raggiungimento della stabilità dei prezzi, ma è prevista anche la
possibilità di emettere pareri sull’ordinamento generale della politica
monetaria. Tali pareri, possono essere indirizzati sia ai singoli paesi sia al
Consiglio dei Ministri della CEE10. Bisognerà attendere ancora, fino alle fine
degli anni Sessanta, per vedere dei progressi più evidenti. Nel 1968-1969 sul
mercato dei cambi si manifestarono gravi turbolenze, così gravi da spingere i
paesi della CEE a convocare un vertice a l’Aja per parlarne. Il risultato fu la
proposta di realizzare un piano che avesse come suo fine ultimo la
realizzazione dell’unione economica e monetaria11. Il primo passo fu la
creazione di una task force con a capo il Presidente del Governo
lussemburghese Pierre Werner, questi aveva l’incarico di redigere una
relazione con un piano che indicasse i mezzi per raggiungere l’obiettivo finale.
Nel 1970 Werner presentò la relazione: il piano prevedeva l’attuazione
dell’Unione Monetaria Europea (UME) entro dieci anni, attraverso il passaggio
da un piano nazionale ad uno comunitario della politica economica con
5
A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.19
6
Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri documenti dell'UE
considerati
di
dominio
pubblico,
(http://eurlex.europa.eu/it/treaties/dat/12002E/pdf/12002E_IT.pdf), p.73
7
Ivi, p.77
8
Ivi, p.75
9
A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.19
10
Ibidem
11
Ibidem
73
l’adozione di una moneta unica come ultimo fine12. Il piano prevedeva una
prima fase sperimentale ed una seconda fase pienamente operativa. Nel 1971 il
crollo del sistema di Bretton Woods e la decisione adottata dal Governo
statunitense di sganciare il dollaro e lasciarlo fluttuare liberamente provocò una
grave instabilità nei mercati dei cambi: in questo modo la parità delle monete
europee entrò in crisi e con esse lo stesso progetto dell’UME13. I vertici CEE
risposero con l’attuazione dei primi due punti del piano Werner: innanzitutto
una risoluzione del Consiglio istituiva nel 1972 il Serpente Monetario Europeo.
La sua principale caratteristica consisteva nell’impegno da parte dei contraenti
di limitare la fluttuazione rispetto al dollaro delle loro valute nel valore
massimo del 2,25%14. Oltre al Serpente Monetario Europeo, fu creato in seno
alla CEE un Fondo di sviluppo regionale (FESR)15. Il Serpente Monetario
Europeo ebbe comunque vita breve, nel 1972 ne uscirono Gran Bretagna ed
Irlanda, nel 1973 l’Italia. Un mese dopo l’uscita dell’Italia il Serpente
Monetario Europeo fu definitivamente abbandonato16. A parziale coperture
nell’Aprile 1973 fu istituito il Fondo Europeo di Cooperazione Monetaria
(FECOM), questo era già previsto nel piano Werner. Ad esso fu affidato il
compito di ridurre i margini di fluttuazione delle monete europee17. Purtroppo
però, la scarsità degli strumenti a disposizione e lo stop al piano Werner non
consentirono al FECOM di svolgere al meglio il proprio compito18.
2.2 Dal Sistema Monetario Europeo all’Unione Monetaria
Il processo di stabilizzazione monetaria in Europa non si arrestò con i
fallimenti dei primi anni Settanta. Nel 1975 comparve sulla scena europea un
12
Sito ufficiale della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/educational/facts/euint/html/ei_003.it.html)
13
A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.19
14
Sito ufficiale della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/educational/facts/euint/html/ei_003.it.html)
15
A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.21
16
Ibidem
17
Ibidem
18
Ibidem
74
nuovo attore: l’Unione di conto europea o UCE; questo è grossomodo
l’antenato dell’euro, la nostra moneta unica, come lo conosciamo oggi19.
L’UCE era una moneta paniere, ovvero contenitore dove erano presenti delle
quantità definite che rappresentavano tutte le monete dei Paesi della Comunità
Economica Europea. Nel 1979 l’UCE fu denominata ECU, ovvero European
Currency Unit20. L’anno prima, nel 1978, il Presidente della Repubblica
francese Valery Giscard d’Estaing ed il Cancelliere tedesco Helmut Schmidt
avevano riproposto la questione della stabilità dei prezzi in Europa: il risultato
fu una risoluzione del Consiglio europeo del 5 Dicembre 1978 in cui era
delineato il nuovo Sistema Monetario Europeo, o SME21. Esso, come il
Serpente Monetario suo predecessore, si proponeva di arrestare la fluttuazione
dei tassi di cambio tra le monete dei Paesi appartenenti alla CEE: per farlo si
dotava di due strumenti, l’ECU e l’ERM. L’Exchange Rate Mechanism
rappresentava un sistema di regolazione dei cambi simile a quello delineato
dagli accordi di Bretton Woods, prevedendo anche meccanismi automatici
d’intervento per le banche centrali22. Lo SME alla prova dei fatti non fornì una
buona prova di se per quanto riguarda i motivi che avevano portato alla sua
creazione, tuttavia ebbe un notevole successo per un altro motivo: esso fu
fondamentale nella creazione di un rapporto di reciproco sostegno tra Banca
centrale della maggiore economia dei Paesi appartenenti ad esso, ovvero la
Bundesbank, e gli altri Paesi europei. La Germania grazie allo SME riuscì a
stabilizzare il Marco e nello stesso tempo agevolò gli altri Paesi europei nel
raggiungimento di una certa stabilità monetaria, in definitiva affermò la sua
leadership economica in quest’area e questa sarebbe durata ininterrottamente
fino ad oggi23. La Bundesbank si affermò come perno istituzionale del sistema
e questa sua posizione l’avrebbe portata in seguito ad influenzare tutto il
processo di creazione della Banca Centrale Europea e della moneta unica24.
Risultava comunque ovvio che non si poteva basare un processo di
19
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.15
Ibidem
21
A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.22
22
Ibidem
23
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.16
24
Ibidem
20
75
integrazione economica e monetaria così delicato su una sola Banca centrale,
poiché quando gli interessi della Germania non sarebbero più coincisi con
quelli dell’Europa sarebbero potuti sorgere dei problemi25. Nel Giugno 1985 il
Presidente della Commissione Europea Jacques Delors presentò il cosiddetto
Libro Bianco, ovvero un dossier sul completamento del mercato interno e
dell’unione economica26. Dopo questa sollecitazione, nel Giugno del 1988
durante il Consiglio europeo tenuto ad Hannover, il Cancelliere tedesco
Helmut Kohl propose di istituire un comitato che, seguendo le disposizioni del
Libro Bianco, producesse un piano effettivo per il raggiungimento dell’unione
economica e monetaria. Il Consiglio approvò: a capo del comitato fu posto lo
stesso Delors, gli altri membri erano i dodici presidenti delle dodici banche
centrali e tre esperti esterni; inoltre furono nominati due segretari, Tommaso
Padoa Schioppa e Gunter Baer27. Nell’Aprile del 1989 il comitato presentò la
propria relazione, questa riprendeva quasi completamente il Rapporto Werner
di diciannove anni prima e prevedeva tre fasi per conseguire gli obiettivi
prestabiliti28. Delors presentò il suo Rapporto nella stesura definitiva al
Consiglio Europeo di Madrid del 1990 e questo diede il via alla prima fase da
esso prevista. Nel 1991 il Consiglio tenuto a Roma decise di convocare una
conferenza intergovernativa, la quale avrebbe dovuto proporre la bozza per un
nuovo trattato29. In realtà già da queste prime fasi fu subito chiaro che
l’attenzione era tutta rivolta all’unione monetaria più che economica,
tralasciando la parte istituzionale: ciò in seguito avrebbe causato non poche
difficoltà30.
25
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.17
A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.23
27
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.17
28
A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.23
29
Ibidem
30
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.17
26
76
2.3 Il Sistema Europeo delle Banche Centrali
2.3.1 Come è nato
Il comitato Delors diede un contributo fondamentale alla creazione della Banca
centrale europea. In particolar modo, il comitato nella sua relazione espresse la
convinzione che non vi poteva essere unione monetaria senza
una base
istituzionale comune: era la prima volta che si parlava di un istituto centrale a
livello europeo31. Il 7 Febbraio 1992 a Maastricht, nei Paesi Bassi, fu siglato il
Trattato sull’Unione Europea. Questo stabiliva per gli stati aderenti i nuovi
parametri da rispettare per garantire la stabilità monetaria e la costituzione di
una banca centrale a livello europeo32. Tuttavia all’inizio il Trattato di
Maastricht si rivelò di difficile attuazione, diversi Paesi, tra cui l’Italia, non
riuscirono a rientrare nei parametri e la convergenza fu sospesa quando anche
la Francia fu costretta a sforare33. Nonostante tutte le difficoltà, con la firma del
Trattato di Maastricht si concludeva la prima delle tre fasi previste dal rapporto
Delors nel raggiungimento dell’unione monetaria. La seconda fase prevedeva
la creazione degli strumenti per la realizzazione della moneta unica34. In
quest’ottica, nel Gennaio del 1994 nacque l’Istituto Monetario Europeo (IME).
Questo era un organo transitorio nel processo di unione monetaria, aveva il
compito rafforzare la cooperazione tra gli istituti emittenti dei vari Paesi e di
preparare l’istituzione del Sistema Europeo delle Banche Centrali35. La terza ed
ultima fase si è compiuta tra il 1997 ed il 1999. In questo intervallo temporale
tutte le competenze di politica monetaria sono state trasferite dagli istituti di
emissione nazionali al SEBC e dal 1 Gennaio 1999 l’Euro ha sostituito l’ECU
con un tasso di uno ad uno36.
31
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.18
A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.24
33
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.20
34
A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.24
35
Ibidem
36
Ivi, p.26
32
77
2.3.2 Un sistema centralizzato
Il Sistema Europeo delle Banche Centrali è formato dalle ventotto banche
centrali dei Paesi aderenti all’Unione Europea, quindi le diciassette che hanno
adottato l’euro e le undici che ancora non l’hanno fatto, e dalla Banca Centrale
Europea37. Quando il SEBC è stato creato ci si è trovati di fronte ad un bivio:
fondere le banche centrali esistenti in un’unica nuova banca centrale a livello
europeo, oppure utilizzare gli istituti nazionali e la nuova banca centrale in
modo dualistico. Il secondo modello è stato preferito poiché se è vero che
anche gli Stati che adottano il modello federalista hanno sempre preferito una
banca centrale unitaria, è altrettanto vero che in Europa non esisteva ancora un
potere politico centrale e forte: così si rischiava di far risultare deleteria
l’eliminazione delle banche centrali nazionali38. Nel SEBC è presente, inoltre,
anche un sottoinsieme chiamato Eurosistema: qui sono raggruppate le banche
centrali dei Paesi aderenti alla moneta unica39. Proprio come in uno Stato
federale all’interno del SEBC vi sono due livelli organizzativi: la Banca
Centrale Europea e le banche centrali nazionali. Il Sistema in quanto tale non
ha personalità giuridica, la quale è attribuita alla sola BCE. Allo stesso modo il
potere decisionale è riservato alla sola Banca Centrale Europea, mentre è solo
l’attuazione delle decisioni prese che è affidata alle banche centrali nazionali o
alla BCE stessa40. Quindi, mentre il vertice è caratterizzato dalla presenza di un
unico organo decisionale, le altre funzioni possono essere anche decentrate. Per
quanto riguarda le funzioni analitiche, il SEBC si affida ai servizi di ricerca
delle banche centrali nazionali: questi, come per esempio il Servizio studi della
Banca d’Italia, hanno grandi tradizioni e capacità. Inoltre, questi servizi di
ricerca si riuniscono in comitati in seno alla Banca Centrale Europea per
analizzare specifici settori e comparare i risultati41. Le funzioni analitiche sono
per lo più costituite dalla formulazione di idee e proposte da parte dei Servizi di
37
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.39
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007,
pp.110-115
39
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.39
40
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007,
pp.125-129
41
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.41
38
78
ricerca che poi sono sottoposte ai Governatori delle banche centrali nazionali e
che fungono da supporto al processo decisionale42. Per quanto riguarda le
funzioni operative, invece, lo Statuto del SEBC riporta:
«Per quanto possibile ed opportuno, fatto salvo il disposto del presente articolo, la
BCE si avvale delle banche centrali nazionali per eseguire operazioni che rientrano nei
compiti del SEBC.»43.
Quest’articolo è stato interpretato in modo estensivo nel corso degli anni,
utilizzando sempre più spesso le banche centrali nazionali per applicare le
decisioni prese dalla Banca Centrale Europea44. Questo sistema s’ispira al
principio della sussidiarietà che a livello europeo ha ispirato i trattati ed è
considerato uno dei pilastri dell’Unione. Tuttavia all’interno del SEBC non si
può parlare di vera e propria sussidiarietà, poiché a livello decisionale non vi è
spazio per l’applicazione di questo principio: non vi sono competenze
concorrenti ma tutti i compiti affidati al SEBC sono soggetti alle decisioni della
BCE45. Inoltre, considerata la già rimarcata centralità del potere decisionale a
vantaggio della BCE, se quest’ultima dovesse decidere che l’esecuzione di una
determinata decisione dovesse essere realizzata attraverso le banche centrali
nazionali, queste ultime non sarebbero titolari di nessuna funzione propria, ma
sarebbero solo delegate in tal senso dalla Banca Centrale Europea46. Le banche
centrali nazionali si ritrovano ad essere giuridicamente subordinate alla BCE e
non sono quindi concepite come partner, ma come semplici bracci operativi47.
Infatti, lo Statuto recita:
42
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.42
Art. 12 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
44
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.42
45
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, pp.
136-139
46
Ivi, p.130
47
Ibidem
43
79
«Le banche centrali nazionali costituiscono parte integrante del SEBC e agiscono
secondo gli indirizzi e le istruzioni della BCE. Il consiglio direttivo adotta le misure
necessarie per assicurare l'osservanza degli indirizzi e delle istruzioni della BCE,
richiedendo che gli venga fornita ogni necessaria informazione.»48.
Il decentramento operativo è comunque molto importante poiché mette tutte le
banche centrali aderenti, almeno in teoria, in condizione di parità. Ovviamente,
le dimensioni degli istituti e le rispettive capacità operative influiscono sulla
loro capacità operativa ed anche, indirettamente, sul peso all’interno del
SEBC49. Obiettivo del SEBC per il futuro è quello di utilizzare il criterio della
specializzazione nella divisione dei compiti tra le banche centrali nazionali:
invece di disperdere le risorse operando tutte in tutti i campi, ognuna dovrebbe
concentrarsi su un’unica o comunque su poche funzioni ben delimitate,
quest’operazione dovrebbe favorire l’efficienza e l’efficacia50. Un altro
importante effetto del decentramento è che gli istituti di credito continuano a
tenere la liquidità depositata presso gli istituti nazionali e non presso la BCE51.
La stampa delle monete e delle banconote è affidata alle banche centrali
nazionali. In modo particolare per quanto riguarda l’Euro il conio delle monete
è affidato alle zecche di stato, mentre la stampa delle banconote è affidata alle
stamperie delle banche centrali nazionali aderenti all’Eurosistema52. La
centralità del sistema prevede che la BCE, un’organizzazione relativamente
piccola con circa millecinquecento dipendenti, si trovi a coordinare ed a
prendere decisioni per l’intero SEBC, ed in particolare per l’Eurosistema. Basti
pensare che i soli dipendenti delle banche centrali appartenenti all’Eurosistema
sono circa cinquantamila, mentre si stimano in almeno altri trentamila i
dipendenti degli altri istituti centrali dei Paesi non aderenti alla moneta unica:
si nota bene il rapporto sproporzionato tra i dipendenti della BCE e quelli dei
48
Art. 14 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
49
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.42
50
Ibidem
51
Ibidem
52
Ivi, p.43
80
suoi ―bracci operativi‖53. Per ovviare a questa sproporzione e consentire alla
―piccola‖ Banca Centrale Europea di cooperare finanche con gli organi più
periferici delle banche centrali nazionali sono state previste due misure: la
prima riguarda la creazione di un efficiente sistema di collegamento telematico
all’interno del SEBC, la seconda la creazione di una serie di comitati di
coordinamento54. Bisogna notare, comunque, che in questo caso per bracci
operativi parliamo soprattutto delle banche centrali nazionali dell’Eurosistema,
poiché nel caso dei Paesi non aderenti all’Euro le funzioni in comune sono
molto ridotte. Il sistema telematico è stato creato seguendo i principi
dell’efficacia e dell’efficienza: si è pensato bene di sostituire la rete di filiali
che sarebbe stata necessaria in altre epoche storiche con un sistema telematico
a raggiera, il quale vede in una posizione centrale l’ufficio preposto a ciò della
BCE e nelle aree periferiche i sistemi informativi delle varie banche centrali.
Pur affrontando delle difficoltà iniziali, dovute soprattutto all’eterogeneità dei
sistemi preesistenti, alla fine è stato possibile creare una rete funzionante che
nel corso degli anni ha portato anche i sistemi informativi delle banche centrali
nazionali ad omogeneizzarsi rispetto a quello centrale55. La seconda misura,
come detto, ha riguardato la creazione di una serie di comitati: uno per ogni
area nella quale il SEBC è impegnato dai trattati.
«Il consiglio direttivo istituisce e scioglie i comitati. Questi supportano l’attività degli
organi decisionali della BCE e riferiscono al consiglio direttivo attraverso il comitato
esecutivo.»56.
Il Consiglio direttivo è quello della Banca Centrale Europea, quindi anche
nell’istituzione dei comitati è conservata la centralità decisionale. Detti
comitati svolgono un ruolo di supporto agli organi decisionali fornendo la
propria consulenza nei settori di competenza. I comitati sono generalmente
formati dal personale delle banche centrali dell’Eurosistema. Nel caso in cui
53
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.44
Ivi, pp. 44-45
55
Ibidem
56
Art. - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Decisione della BCE del 19 febbraio 2004
che adotta il regolamento interno della BCE (BCE/2004/2), GU L 80 del 18.3.2004
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/l_08020040318it00330041.pdf)
54
81
vengano esaminate questioni di carattere più generale e che riguardano l’intero
SEBC partecipano anche i rappresentanti delle banche centrali dei Paesi che
non hanno ancora adottato l’Euro. I comitati istituiti in modo permanente sono
tredici. A questi si aggiunge il Comitato per il bilancio preventivo, la
Conferenza per le risorse umane, importante perché è il luogo di confronto
riguardo le politiche sulle risorse umane, ed il Comitato direttivo per
l’informatica, che è quello preposto ad apportare miglioramenti al sistema
telematico centralizzato57.
«I comitati sono composti da massimo due membri di ciascuna banca centrale
nazionale dell’Eurosistema e della Banca Centrale Europea, nominati rispettivamente
da ciascun governatore e dal comitato esecutivo. Il consiglio direttivo determina il
mandato dei comitati e nomina i relativi presidenti. Di regola, il presidente è un
membro del personale della Banca Centrale Europea. Il consiglio direttivo ed il
comitato esecutivo hanno il diritto di richiedere ai comitati studi su argomenti
specifici. La Banca Centrale Europea fornisce assistenza di segretario ai comitati.
Anche la banca nazionale di ciascuno Stato membro non partecipante può nominare
fino ad un massimo di due membri del proprio personale affinché prenda parte alle
riunioni di un comitato ogni qual volta si tratti di questioni di competenza del
consiglio generale ed ogni qual volta il presidente di un comitato ed il comitato
esecutivo lo ritengano opportuno.»58.
Le banche centrali nazionali non vedono le proprie competenze limitate a
quelle indicate dal SEBC, ma vi sono anche delle aree in cui continuano ad
avere funzioni non connesse con quelle degli altri istituti. La più importante di
queste funzioni è quella della supervisione dei mercati, e del controllo agli
istituti di credito, dei mercati e degli intermediari finanziari59. Negli altri
sistemi federali, solitamente, l’organo di controllo è unico: così non è nel caso
dell’Unione Europea. I motivi sono molteplici, sia di carattere tecnico sia
politico, il più importante dei quali è il fatto che non tutti i Paesi dell’Unione
57
Sito ufficiale della Banca d'Italia, (https://www.bancaditalia.it/eurosistema/assetto/comitati)
Art. 9 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Decisione della BCE del 19 febbraio
2004 che adotta il regolamento interno della BCE (BCE/2004/2), GU L 80 del 18.3.2004
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/l_08020040318it00330041.pdf)
59
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.48
58
82
hanno aderito alla moneta unica. In ogni caso, vi è una legislazione fissata dalle
direttive comunitarie che già dal Trattato di Maastricht copre l’area della
supervisione e del controllo dei mercati, tuttavia non fu creato un organismo
sovranazionale che svolgesse questa delicata funzione60. Così ogni Paese ha
mantenuto il suo sistema di sorveglianza: in alcuni è la stessa banca centrale a
vigilare, in altri vi sono altre autorità specializzate. Il Trattato di Maastricht si è
limitato solo ad eliminare gli ostacoli alla comunicazione tra questi organismi,
senza entrare nel merito della questione dal punto di vista istituzionale61.
Tuttavia, la crisi economica del 2007 è arrivata come un fulmine a ciel sereno
ed ha riproposto la questione istituzionale del sistema di controllo, ritenuto uno
dei maggiori responsabili della recessione intervenuta in quegli anni. Gravi
lacune sono state riscontrate nei sistemi di vigilanza degli Stati ed il problema è
stato individuato in una deficienza di cooperazione62. Il risultato è stata una
riforma del sistema a livello europeo: il 1 Gennaio 2011 sono divenute
operative tre nuove autorità con competenze estese al territorio dell’intera
Unione. Queste sono l’European Banking Authority (EBA), con compiti di
vigilanza bancaria, l’European Securities and Market Authority (ESMA), con
compiti di vigilanza sui mercati finanziari e l’European Insurance and
Occupational Pensions Authority (EIOPA), con compiti di controllo nel settore
delle assicurazioni e dei fondi pensione63. Le nuove autorità hanno l’obiettivo
di promuovere l’uniformazione delle regole e delle prassi di vigilanza nei
singoli ordinamenti nazionali e di supervisionare le banche centrali e le autorità
nazionali preposte al compito nei singoli Paesi. Per fare ciò, le nuove autorità
possono emettere raccomandazioni e proporre soluzioni, oltre che, in alcuni
casi specifici, scavalcare le autorità nazionali e dare direttamente
disposizioni64. In conclusione, il SEBC è stato creato con l’evidente obiettivo
di garantire la stabilità dei prezzi e di controllare l’inflazione. Tale obiettivo è
stato inserito in primo luogo nello Statuto, ma è anche frutto dell’integrazione
europea e dell’esperienza storica avuta dalla Germania, che è senza dubbio il
60
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.49
Ivi, p.50
62
Ivi, p.51
63
Ibidem
64
Ibidem
61
83
Paese europeo più sensibile a questi temi dopo la crisi terribile vissuta negli
anni Trenta del Novecento65.
«[...] l'obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto
salvo l'obiettivo della stabilità dei prezzi, esso sostiene le politiche economiche
generali della Comunità»66.
Per fare ciò al Sistema Europeo delle Banche Centrali sono stati affidati
compiti specifici, elencati in maniera dettagliata dallo Statuto:
«[...]i compiti fondamentali assolti tramite il SEBC sono:
— definire e attuare la politica monetaria della Comunità;
— svolgere le operazioni sui cambi in linea con le disposizioni dell'articolo 111 del
trattato;
— detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri;
— promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento.»67.
Il SEBC, pur volendo mantenere le apparenze di un sistema in cui tutti sono
uguali, nella pratica risulta sbilanciato a favore di alcuni piuttosto che di altri.
«Il SEBC è governato dagli organi decisionali della BCE.»68.
L’articolo 8 dello Statuto, che è titolato ―Principio generale‖, conferma in
modo inequivocabile l’accentramento del potere decisionale presso la Banca
Centrale Europea a discapito delle banche centrali nazionali. Come vedremo
molti caratteri tipici della BCE, ed alcuni anche del SEBC, sono diretta
evoluzione della Bundesbank tedesca: non solo per quanto riguarda
65
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, pp.54-87
Art. 2 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
67
Art. 3 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
68
Art. 8 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
66
84
l’indipendenza dagli organi politici, ma anche per gli atti giuridici come le
istruzioni e le direttive69. Da questa derivazione, oltre che altri fattori di
carattere politico, deriva il ruolo guida e di supremazia che la Germania ha
assunto nel processo di integrazione economica europea70.
2.4 Un altro sistema federale: il caso degli Stati Uniti d’America
L’unico modo per comprendere meglio il funzionamento del Sistema Europeo
delle Banche Centrali e dell’Eurosistema è quello di analizzare anche altri casi
di autorità monetarie operanti in situazioni simili. Ovviamente per situazioni
simili bisogna intendere degli Stati federali di vario tipo, poiché l’esperienza
dell’Unione Europea è unica nel panorama mondiale sia attuale sia passato e
non esiste un termine di paragone perfettamente attinente. Un primo importante
esempio di decentralizzazione è quello intrapreso all’inizio della sua storia dal
Federal Reserve System of the United States of America. Questo è il Sistema
Federale delle Banche centrali degli Stati Uniti d’America, che era stato scelto
fin dal 1913, a seguito degli studi fatti da un’apposita commissione, per
controllare i mercati finanziari, gestire la moneta e prevenire le crisi
economiche71. Il modello originale prevedeva che il Sistema fosse composto da
dodici banche centrali regionali, chiamate Federal Reserve Banks, ognuno di
esse operante in un distretto. Il Consiglio di amministrazione di queste banche
era nominato in gran parte dalle banche commerciali operanti in ciascun
distretto che detenevano le quote di capitale della banca centrale regionale
corrispondente72. Il cardine del sistema era rappresentato dal Federal Reserve
Board, un organo centrale di coordinamento costituito a Washington da sette
membri nominati direttamente dal Presidente degli Stati Uniti, con il consenso
69
S. ANTONIAZZI, La Banca centrale europea tra politica monetaria e vigilanza bancaria,
Giappichelli, Torino, 2013, p.30
70
Ivi, p.31
71
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007,
p.133
72
S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal
Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli,
2004, p.96
85
del Senato, con un mandato di dieci anni73. Il Presidente di quest’organo di
coordinamento era il Ministro delle Finanze degli Stati Uniti, il quale sedeva di
diritto nel Board74. In questa fase storica il Sistema era estremamente
decentrato: infatti in quegli anni alcune banche centrali regionali arrivarono
finanche
a stringere
accordi internazionali
scavalcando l’organo di
collegamento75. Oltre al chiaro decentramento era netta anche la natura
pubblicistica, chiaramente dimostrata dal fatto che un membro del governo
federale era addirittura il Presidente designato del Board76. Quest’impronta
deriva soprattutto dal fatto che all’epoca della creazione della Federal Reserve,
chiamata anche semplicemente Fed, il Presidente degli Stati Uniti era Wilson e
la maggioranza era democratica. L’opposizione repubblicana tentò di far
approvare un progetto diverso, chiamato National Reserve Association, gestito
direttamente dai banchieri e di proprietà degli stessi. Il carisma di Wilson fece
naufragare i propositi repubblicani, ma dovette comunque concedere un certo
peso ai privati nelle banche centrali regionali77. Il livello di decentramento fu
identificato da alcuni economisti, insieme alle interferenze portate dai privati,
come causa principale dell’incapacità della Fed nella gestione della grande
depressione che colpì gli Stati Uniti tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli
anni Trenta78. Fu un’altra amministrazione democratica, quella di Roosevelt,
che avviò una nuova riforma. Nel 1933 fu emanato il Glass-Steagall Act, che
intervenne sugli istituti di credito ponendo una serie di limitazioni con lo scopo
di proteggere i consumatori da eventuali fallimenti. Del 1935 è il Banking Act,
questo provvedimento modificava radicalmente il vecchio sistema della Fed,
abrogando talune norme del vecchio Federal Reserve Act ed introducendone
73
S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal
Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli,
2004, p.96
74
Ibidem
75
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007,
p.134
76
S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal
Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli,
2004, p.97
77
S. BARONCELLI, La Banca centrale europea: profili giuridici e istituzionali. Un confronto
con il modello americano della Federal Reserve, Editore EPAP, Collana Edizioni accademiche,
Firenze, 2000, pp. 49 e ss.
78
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007,
p.134
86
altre79. Le Federal Reserve Banks furono private di alcuni poteri e di alcune
funzioni che invece passarono al nuovo Board, il quale cambiò anche la
denominazione in Boards of governors of the Federal Reserve System, ovvero
Consiglio dei Governatori della Federal Reserve come ancora oggi è
chiamato80. Fu modificata anche la composizione, nel senso che furono
eliminati i membri di diritto e per tutti fu prevista la nomina del Presidente
degli Stati Uniti con l’assenso del Senato. Il mandato fu allungato per tutti e
sette i componenti fino a quattordici anni, così da ridurre al minimo la
possibilità di influenze politiche o altre lobby81. Inoltre, fu istituito un nuovo
organo chiamato Federal Open Market Committee, o più semplicemente
FOMC, il quale nelle intenzioni originali doveva fungere da raccordo tra il
Board e le Federal Reserve Banks. Il Comitato era costituito dai sette membri
del Consiglio dei Governatori e da cinque governatori delle banche centrali
regionali: in questi cinque era sempre presente quello del distretto di New
York, mentre gli altri partecipavano a rotazione82. Il FOMC riceveva come
funzione principale quella di decidere l’esecuzione di alcuni tipi di operazioni
finanziarie che prima erano riservate alle banche regionali, come quelle che
riguardavano le transazioni dei titoli di stato. Nell’immediato l’impatto fu
limitato, ma nel lungo periodo questo tipo di operazioni divenne fondamentale
nella politica economica degli Stati Uniti, come degli altri Paesi d’altronde, ed
il FOMC assunse grande rilievo nel sistema83. Le scelte attuate dal legislatore
americano nel 1935 si rivelarono molto lungimiranti: infatti il Federal Reserve
System è arrivato a noi sostanzialmente immutato da allora. Il sistema
americano è simile al SEBC nella misura in cui il centro decisionale, il Board
in questo caso, si ritrova privo di capacità operative, le quali sono invece
demandate alle banche centrali regionali che costituiscono l’area periferica. In
79
S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal
Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli,
2004, p.99
80
S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal
Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli,
2004, p.100
81
Ibidem
82
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.40
83
S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal
Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli,
2004, p.100
87
particolare riveste una particolare importanza la Federal Reserve Bank of New
York, a ragione del ruolo rivestito dalla grande mela nei mercati finanziari
internazionali84. Riguardo al servizio informazioni, invece, nella Fed questo è
sdoppiato: essendo presente sia a livello centrale presso il Consiglio dei
Governatori sia a livello periferico presso le banche centrali regionali85. Il
confronto tra la BCE, l’Eurosistema ed il SEBC e la Fed risulta comunque
assai complicato86. In primo luogo vi è una sostanziale differenza tra questi due
sistemi: data dal fatto che negli Stati Uniti è presente un forte potere politico
centrale, cosa che in Europa ancora non esiste87. Anche se nominalmente
l’esecutivo non dovrebbe avere poteri rilevanti dal punto di vista monetario
neanche negli Stati Uniti, non si può negare che il Board sia nominato
direttamente dal Presidente, oltre al fatto che il Governo ha il potere di imporre
un indirizzo politico-economico specifico88. Inoltre il mandato della Fed è
molto più vasto, soprattutto per il problema del potere politico centrale assente
in Europa, di quello del SEBC: mentre per l’organismo europeo i compiti si
limitano al mantenimento della stabilità della moneta, negli Stati Uniti è
previsto anche l’impegno a garantire la piena occupazione, la stabilità dei
prezzi e la stabilità dei tassi d’interesse su livelli bassi89. La Fed, inoltre, ha
saputo instaurare, nonostante la rimarcata indipendenza, un rapporto di
collaborazione con il Congresso, soprattutto attraverso il funzionamento di una
serie di comitati90. In Europa tutto ciò è al momento reso impossibile
dall’assenza di un potere legislativo centrale paragonabile al Congresso, infatti
il Parlamento europeo non ha poteri neanche comparabili a quelli della camera
americana91. Infine, è da rimarcare l’assenza nel SEBC di un organo
paragonabile al FOMC, il quale nel corso dello scorso secolo si è rivelato il
84
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.40
Ibidem
86
Ibidem
87
Ibidem
88
S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal
Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli,
2004, p.135
89
Ibidem
90
Ibidem
91
Ibidem
85
88
vero elemento propulsore ed unificatore della Fed92. In conclusione si può dire
che le differenze sostanziali tra il Federal Reserve System of the United States
of America ed il Sistema Europeo delle Banche Centrali deriva soprattutto dal
diverso contesto politico in cui muovono93. Il sistema europeo dovrà affrontare
nuove ed impegnative sfide nei prossimi anni se vorrà colmare il gap che lo
separa in modo inequivocabile da quello americano94.
2.5 Un caso europeo: la Bundesbank
La dottrina europea è ormai da tempo concorde sul fatto che il SEBC sia
derivato direttamente dal sistema tedesco e che la Bundesbank abbia di fatto
influenzato il processo di integrazione economica e monetaria95. Tuttavia lo
stesso processo evolutivo delle istituzioni economiche e finanziarie in
Germania è abbastanza travagliato. Nell’immediato secondo dopoguerra gli
Alleati imposero in Germania un sistema direttamente derivato dal Federal
Reserve System96 : vi era una struttura centrale chiamata Bank Deutscher
Länder, riproposizione del Board presente nella Fed, ed undici filiali a livello
regionale, sul modello delle Federal Reserve Banks97.La Bank Deutscher
Länder aveva sede a Francoforte sul Meno ed iniziò ad operare dal 1 Marzo
1948: l’organo deliberativo era l’Ufficio dei direttori, composto dal Presidente,
dai presidenti delle banche centrali regionali e dal Presidente dell’Ufficio dei
dirigenti della banca dei Länder98. Le banche regionali agivano come vere e
proprie banche centrali, godevano di ampia autonomia ed avevano diverse
92
S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal
Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli,
2004, p.136
93
Ibidem
94
Ivi, p.137
95
R. BIFULCO, Bundesbank e Banche centrali dei Länder come modello del Sistema europeo
delle Banche centrali, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli, 2004, p.75
96
Ivi, pp.76-77
97
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007,
p.134
98
R. BIFULCO, Bundesbank e Banche centrali dei Länder come modello del Sistema europeo
delle Banche centrali, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli, 2004, p.76
89
funzioni99. Caratteristica di questo sistema è che fin dall’inizio sia le banche
regionali che quella centrale godettero di grande autonomia ed indipendenza
rispetto al potere politico100. In questo periodo storico la Banca degli Stati
tedeschi, ovvero la Bank Deutscher Länder, risultò essere una sorta di filiale
sul piano giuridico delle banche regionali: queste, infatti, ne detenevano il
capitale e nominavano i dirigenti, oltre a comporre per intero l’Ufficio dei
direttori101. Non possiamo parlare di una vera e propria banca centrale, bensì di
un luogo di confronto per le banche regionali102. Questo sistema risultava
comunque figlio di un imposizione da parte degli Alleati, i quali nel 1948
occupavano ancora la Germania Occidentale. Nel 1957, due anni dopo aver
riottenuto la sovranità nazionale, la Repubblica Federale Tedesca decise di
riformare il sistema. Lo fece sostanzialmente unificando i due livelli e creando
la Deutsche Bundesbank: in questo modo il sistema risultò capovolto, non fu
più la banca centrale ad essere filiale di quelle regionali, ma le banche dei
Länder divennero amministrazioni di quella centrale103. Tuttavia, vi era anche
la necessità di salvaguardare il principio federalista, così si decise che
comunque i vertici della Bundesbank dovevano essere scelti dai Länder104.
L’indipendenza della Bundesbank dal potere politico fu sancita sia dalla
legislazione ordinaria sia da quella costituzionale, infatti l’art. 88 della
Costituzione tedesca oggi recita:
« La Federazione istituisce una banca valutaria e di emissione, come Banca federale.
Le sue funzioni e competenze possono essere trasferite, nel quadro dell'Unione
99
R. BIFULCO, Bundesbank e Banche centrali dei Länder come modello del Sistema europeo
delle Banche centrali, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli, 2004, p.76
100
Ibidem
101
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007,
p.135
102
Ibidem
103
R. BIFULCO, Bundesbank e Banche centrali dei Länder come modello del Sistema europeo
delle Banche centrali, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli, 2004, p.77
104
Ibidem
90
Europea, alla Banca Centrale Europea, che è indipendente ed è vincolata allo scopo
primario della sicurezza della stabilità dei prezzi.»105.
Bisogna notare che la parte riguardante la Banca Centrale Europea è stata
inserita solo successivamente al Trattato di Maastricht, tuttavia il legislatore ha
voluto rimarcare l’indipendenza anche dell’istituto europeo oltre che al
compito principale della stabilità dei prezzi. L’indipendenza e la stabilità dei
prezzi sono proprio le caratteristiche fondamentali della Bundesbank e già da
questo si nota una certa vicinanza tra le due istituzioni106. La riforma del 1957
ha ovviamente modificato anche l’organizzazione interna della Bundesbank.
Ad oggi l’organo più importante è il Consiglio bancario centrale, il quale è
composto dal Presidente e dal Vicepresidente della Banca, dai membri della
Direzione generale e dai Presidenti delle banche centrali dei Länder107. Le sue
funzioni principali sono quelle di decidere la politica monetaria e di indicare le
direttive per l’amministrazione della Banca, inoltre in alcuni casi può emettere
istruzioni dirette agli altri organi di governo108. La Direzione generale, invece,
pur condividendo con il Consiglio la natura di supremo organo federale
rappresenta l’organo esecutivo. Le sue funzioni sono quelle di dirigere ed
amministrare la Banca e da essa dipende l’amministrazione del personale109. La
Direzione è composta dal Presidente e dal Vicepresidente, oltre che da altri sei
membri nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del
Governo110. Il mandato dura da un minimo di cinque fino ad un massimo di
otto anni111. Prima di proporre i nomi al Presidente della Repubblica, il
Governo deve verificare che si tratti di personalità dotate di specifiche
qualifiche professionali e deve sentire il parere del Consiglio bancario
105
P. BISCARETTI DI RUFFIA, Costituzioni straniere contemporanee, vol. I, Giuffré Editore,
1994
106
R. BIFULCO, Bundesbank e Banche centrali dei Länder come modello del Sistema europeo
delle Banche centrali, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli, 2004, p.78
107
Ivi, p.85
108
Ibidem
109
Ibidem
110
Ivi, p.86
111
Ibidem
91
centrale112. I membri della Direzione sono inamovibili se non per dimissioni
personali o per iniziativa promossa dal Consiglio, ciò è previsto per renderli
indipendenti in più possibile dalle pressioni politiche113. La riforma del 1957 ha
allo stesso modo modificato anche l’organizzazione delle banche regionali.
Queste sono state trasformate in amministrazioni periferiche della Bundesbank
e sono chiamate Hauptverwaltung114. Esse sono passate dalle undici iniziali a
nove e quindi non corrispondono più al numero dei Länder. Tuttavia
l’organizzazione prevista prevede che ogni Land abbia un rappresentante in
seno alla banca regionale di riferimento115. Le banche regionali sono rette da
un Consiglio di amministrazione, detto Vorstand, composto dal Presidente, da
un Vicepresidente e nelle banche centrali che hanno competenza su tre Länder
da un secondo Vicepresidente, così che ogni Land possa avere un
rappresentante in seno al Consiglio116. I presidenti sono nominati con decreto
del Presidente della Repubblica, su proposta del Bundestrat, ovvero la camera
delle autonomie tedesca detta anche Consiglio federale, che è a sua volta
vincolato alla proposta proveniente dagli organi esecutivi dei Länder in
questione117. Il Bundestrat non può avanzare autonomamente delle proposte ma
può respingere quelle provenienti dal Governo del Land in questione118. Questo
meccanismo serve ad affermare il principio del federalismo e ad impedire che
il Governo centrale possa assumere un potere eccessivo nella determinazione
dei membri del Consiglio bancario centrale119. Nella nomina degli altri membri
dei Consigli di amministrazione invece il potere è esclusivo della Bundesbank,
in quanto la designazione è del Consiglio bancario centrale e la nomina è del
Presidente della Bundesbank120.La banca centrale tedesca ha anche affrontato il
problema dei rapporti con il mondo bancario e finanziario. Sono stati creati
presso le banche regionali dei comitati, chiamati Beiräte, costituiti dai
112
R. BIFULCO, Bundesbank e Banche centrali dei Länder come modello del Sistema europeo
delle Banche centrali, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli, 2004, p.86
113
Ibidem
114
Ibidem
115
Ivi, 87
116
Ibidem
117
Ibidem
118
Ibidem
119
Ivi, p.88
120
Ibidem
92
rappresentanti del mondo bancario, commerciale, industriale ed agricolo121.
Questi comitati hanno una funzione consultiva obbligatoria presso i presidenti
delle banche dei Länder122. I membri di questi comitati sono proposti dai
governi dei Länder competenti e sono poi nominati dal Presidente della
Bundesbank123. In conclusione si può dire che la struttura della Bundesbank
tedesca riflette grosso modo quello che è l’ordinamento istituzionale dello
Stato tedesco: così come il Bundestrat, formato esclusivamente dai
rappresentanti dei Länder, partecipa al processo legislativo, le banche regionali
partecipano attraverso i loro presidenti alla funzione decisionale del Consiglio
bancario centrale. Inoltre, intervengono in varia misura nel processo della
scelta degli organi della Bundesbank il Presidente delle Repubblica, il
Bundestrat, il Governo ed i governi dei Länder: tutto ciò avviene per garantire
l’indipendenza della Bundesbank dagli influssi politici e delle lobby124. Il
modello SEBC è senz’altro derivato da quello tedesco, non fosse altro per i
chiari riferimenti presenti in entrambi all’indipendenza dal potere politico ed
alla funzione di stabilità della moneta e per la somiglianza che vedremo
accomuna la Banca Centrale Europea e la Bundesbank. Tuttavia la questione
trasla inevitabilmente sugli sviluppi futuri che attendono l’Unione Europea,
quando finalmente la forma di stato sarà chiara anche la sua banca centrale
dovrà adattarsi di conseguenza. Ad oggi il carattere comune che accomuna la
Bundesbank ed il SEBC è probabilmente frutto della posizione dominante
assunta
dalla
Germania
nel
processo
121
di
integrazione
europea125.
R. BIFULCO, Bundesbank e Banche centrali dei Länder come modello del Sistema europeo
delle Banche centrali, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli, 2004, p.88
122
Ibidem
123
Ibidem
124
Ivi, pp. 90-91
125
Ibidem
93
Capitolo III
La Banca Centrale Europea
3.1 Nascita ed evoluzione della Banca Centrale Europea
Il 7 Febbraio 1992 viene firmato a Maastricht il Trattato sull’Unione Europea,
entrato in vigore definitivamente il 1 Novembre 19931. Questo Trattato deriva
in gran parte dal lavoro della Commissione presieduta da Jaques Delors e
riprende le linee guida indicate nel suo Rapporto. Il nuovo Trattato stabilisce le
linee guida a cui i Paesi aderenti dovranno attenersi, tra queste vi sono i
parametri di convergenza e la costituzione di una nuova Banca Centrale
Europea con il compito di governare l’ECU2. Il Rapporto Delors ebbe il merito
di indicare la creazione di una base istituzionale, che sarebbe stata la Banca
Centrale Europea, e di una moneta unica, l’Euro, come base per la
realizzazione dell’unione monetaria3. Dal 1994 iniziò ad operare l’Istituto
Monetario Europeo. Questo istituto è il progenitore della Banca Centrale
Europea e fu creato come strumento utile al raggiungimento dell’unione
monetaria, esso segnava la strada per la nascita del Sistema Europeo delle
Banche Centrali e della moneta unica4. La decisione di procrastinare la nascita
definitiva della Banca Centrale Europea all’ultima fase prima dell’unione
monetaria risale alla Conferenza intergovernativa del 1990. Qui fu accettata
anche la bozza di statuto della nuova Banca centrale preparata dal Comitato dei
Governatori delle Banche centrali nazionali aderenti e queste proposte furono
inserite nel Trattato5. Nel 1997 durante il vertice di Amsterdam è adottato il
Patto di stabilità e crescita, già impostato ed approvato a Dublino nel Dicembre
1
L. GALANTINO, Diritto Comunitario del Lavoro, Giappichelli Editore, Torino, Decima
edizione aggiornata al 15 Luglio 2012, p. 10
2
A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.24
3
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.18
4
A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.25
5
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.19
94
del 1996. Tale Patto aveva il fine dichiarato di impedire che i vari Paesi dopo
aver raggiunto gli obiettivi di convergenza dettati dal Trattato di Maastricht
fossero portati a discostarsene di nuovo, quindi erano stabiliti nuovi vincoli e
nuove sanzioni6. Il Patto di Stabilità affonda le sue radici nel periodo
immediatamente successivo alla firma del Trattato di Maastricht. In Danimarca
il referendum per la ratifica ebbe esito negativo, nel Settembre del 1992 la Lira
e la Sterlina furono a più riprese svalutate, così come lo Scudo portoghese, la
Peseta spagnola e la Sterlina irlandese. Ciò fu dovuto ad una forte crisi
economica che nell’Agosto del 1993 colpì anche il Franco. Il Sistema
Monetario Europeo si trovava così in crisi prima ancora di giungere a
compimento, ma i Paesi aderenti non si fermarono e proseguirono nella ratifica
del Trattato di Maastricht. Una volta raggiunta una certa stabilità si decise di
prendere provvedimenti per evitare nuove oscillazioni delle monete nell’ultima
e più delicata fase del passaggio all’Euro7. Il 1 Giugno 1998 nasce
definitivamente la Banca Centrale Europea, che prende il posto dell’Istituto
Monetario Europeo e diventa definitivamente operativa il 1 Gennaio 1999. Da
quest’ultima data tutte le funzioni di politica monetaria e del tasso di cambio
delle allora undici banche centrali nazionali sono state trasferite alla BCE8.
Inoltre, dal 1 Gennaio 1999 l’Euro ha sostituito l’ECU diventando così la
moneta unica europea9, almeno sui mercati finanziari. Il nuovo conio è entrato
effettivamente in circolazione il 1 Gennaio 200210. Il Trattato di Lisbona,
entrato in vigore dal 1 Dicembre 2009, apporta alcune modifiche anche alla
Banca Centrale Europea. Quest’ultima fino a questo momento è stata
considerata un organismo comunitario sui generis, con il Trattato di Lisbona la
BCE è inserita tra le istituzioni dell’Unione11.
6
A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.25
7
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.20
8
A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.26
9
Ibidem
10
Ibidem
11
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.27
95
3.2 Come è organizzata
3.2.1 Il Consiglio direttivo
L’assetto istituzionale della Banca Centrale Europea può essere catalogato
come una piramide. Alla base troviamo le Banche centrali nazionali, salendo ci
imbattiamo nel Consiglio generale, poi nel Comitato esecutivo ed al vertice
troviamo il Consiglio direttivo12. Quest’ultimo organo è individuato già dal
Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)13 nell’articolo 129,
vecchio articolo 107 del Trattato sulla Comunità Europea. Inoltre, il Consiglio
direttivo è affrontato nello specifico dall’art. 10 dello Statuto della Banca
centrale europea14. In quest’organo siedono i membri del Comitato esecutivo
ed i governatori delle banche centrali nazionali dei Paesi facenti parte
dell’Eurosistema, quindi aderenti a pieno titolo all’Unione Monetaria Europea
e che adottano l’Euro come moneta unica15.
« [...] Il consiglio direttivo comprende i membri del comitato esecutivo della BCE
nonché i governatori delle banche centrali nazionali.»16
Attualmente i membri sono ventisei, ovvero i diciotto governatori delle Banche
centrali nazionali e sei membri del Comitato esecutivo17. Inizialmente
all’interno del Consiglio vigeva la regola che ogni membro aveva diritto ad un
voto. Con l’allargamento della zona euro e la conseguente crescita numerica
12
A. PALAZZO, I profili politici ed istituzionali della BCE e del SEBC, in O. ROSELLI,
Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, p.48
13
Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri documenti dell'UE
considerati di dominio pubblico (http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2012.326.01.0001.01.ITA#C_2012326IT.01001301)
14
Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di
Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
15
A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.39
16
Art. 10.1 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
17
Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Il Consiglio direttivo,
(https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/govc/html/index.it.html)
96
del Consiglio stesso sono state apportate alcune modifiche a questo sistema di
votazione.
« Ogni membro del Consiglio direttivo ha diritto a un voto. A decorrere dalla data in
cui il numero dei membri del Consiglio direttivo ecceda 21, ciascun membro del
Comitato esecutivo ha diritto a un voto e il numero dei governatori con diritto di voto
è pari a 15.»18.
I quindici diritti di voto sono stati attribuiti a tre gruppi di governatori: quattro
voti ad un gruppo di cinque, che si alterneranno a rotazione per pari periodi
temporali, otto voti ad un gruppo pari alla metà del totale dei governatori, tre
voti ai rimanenti. I gruppi sono costituiti in base a criteri economici, tanto è
vero che il primo vede raggruppate le cinque maggiori economie e poi a
diminuire19. Il Consiglio direttivo ha sostanzialmente due funzioni: da un lato
adotta gli indirizzi e prende le decisioni al fine di assicurare lo svolgimento dei
compiti affidati al SEBC, dall’altro formula la politica monetaria per l’area
dell’euro20. Il Consiglio è quindi l’organo decisionale che detta la linea politica
da seguire21. Le decisioni sono prese nella maggior parte dei casi a
maggioranza semplice: ma in alcune circostanze, come talune decisioni di
carattere finanziario, lo Statuto prevede la ponderazione dei voti in base alle
quote di capitale sottoscritto per raggiungere una maggioranza qualificata. In
alcuni casi eccezionali, come le interferenze con la sfera di autonomia delle
Banche centrali nazionali, è prevista la maggioranza dei due terzi del
Consiglio22. Alcuni autori hanno sottolineato il predominio numerico dei
Governatori delle Banche centrali nazionali nel Consiglio direttivo, deducendo
da ciò che la Banca Centrale Europea si riduca ad essere una controllata di
18
Art. 10.2 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
19
Ibidem
20
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007,
p.164
21
Ibidem
22
A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.41
97
queste ultime23. Questa tesi è suffragata dal confronto con la Federal Reserve,
dove il Consiglio dei Governatori ha ben sette voti da contrapporre ai cinque
delle Banche regionali. Oltre che dal confronto più diretto con la Bundesbank,
dove il Comitato esecutivo ha fino ad un massimo di otto voti contro i nove
delle banche centrali dei Land. La BCE si rivela essere ancora una volta più
vicina alla Bundesbank che alla Federal Reserve, ma simili confronti restano
comunque in parte viziati24. Il vizio deriva in parte dal fatto che il Comitato
esecutivo, come si vedrà nel prossimo paragrafo, gode di poteri comunque
superiori rispetto al Board of Governors di Washington o al Vorstand di
Francoforte. Questi poteri maggiori causano un’influenza superiore da parte del
Comitato nei confronti delle Banche centrali nazionali, tale da determinare in
parte anche gli indirizzi. Inoltre è il Presidente a presiedere le riunioni ed in
caso di parità il suo voto è quello determinante25. Infine, è il Comitato
esecutivo che prepara le riunioni del Consiglio direttivo26.
« Nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti
dai trattati e dallo statuto del SEBC e della BCE, né la Banca centrale europea né una
banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono
sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi
dell'Unione, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le
istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione nonché i governi degli Stati membri
s’impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli
organi decisionali della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali
nell'assolvimento dei loro compiti.»27.
L’art. 130 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea è fondamentale
per affermare un altro principio, ovvero l’autonomia decisionale della BCE. I
Governatori sono per loro stessa natura sia rappresentanti degli interessi delle
23
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007,
p.166
24
Ivi, pp. 166-167
25
Ivi, p.168
26
Ibidem
27
Art. 130 TFUE - Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri
documenti dell'UE considerati di dominio pubblico, (http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2012.326.01.0001.01.ITA#C_2012326IT.01001301)
98
Banche centrali nazionali sia rappresentanti dell’interesse comune. Tuttavia
dinanzi all’interno del Consiglio direttivo essi sono vincolati esclusivamente
agli obiettivi sovranazionali che la BCE persegue28. Per garantire
l’indipendenza dei Governatori nella loro funzione di membri del Consiglio
direttivo i verbali delle riunioni non sono pubblicati ed è previsto il più stretto
riserbo29. Tuttavia, dopo la prima riunione del mese, solitamente ne sono
previste due, le decisioni prese in modo collegiale sono spiegate in conferenza
stampa dal Presidente della BCE, assistito dal Vicepresidente30.
3.2.2 Il Comitato esecutivo
Così come il Consiglio direttivo, anche il Comitato esecutivo trova il suo
fondamento giuridico nel Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, in
particolare all’art. 28331. Il Comitato è composto da sei membri: il Presidente,
in Vicepresidente e quattro commissari, nominati per un mandato non
rinnovabile di otto anni32.
«Il comitato esecutivo comprende il presidente, il vicepresidente e quattro altri
membri»33.
Il compito principale del Comitato è quello di tradurre in pratica le linee guida
politiche decise dal Consiglio direttivo, attraverso soprattutto l’emanazione di
istruzioni destinate alle Banche centrali nazionali, che costituiscono il braccio
operativo del SEBC e quindi della BCE34. Inoltre, il Comitato è responsabile
28
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007,
p.171
29
Ivi, p.172
30
Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Il Consiglio direttivo,
(https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/govc/html/index.it.html)
31
Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri documenti dell'UE
considerati di dominio pubblico (http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2012.326.01.0001.01.ITA#C_2012326IT.01001301)
32
A. MORSELLI, Nascita ed evoluzione della Banca centrale europea, Città aperta edizioni,
Troina (EN), 2009, p.84
33
Art.11.1, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
34
O. ROSELLI, Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, p.47
99
degli affari correnti della BCE, compito molto delicato in quanto in esso è
racchiusa la gestione della politica monetaria. Quest’ultimo compito richiede
un’adeguata tempestività delle decisioni, soprattutto quando non è possibile
convocare in tempi brevi il Consiglio direttivo: tutto ciò ha portato a prevedere
un regolamento interno che prevede addirittura la possibilità di riunire il
Comitato in teleconferenza35. Questi compiti hanno portato alcuni studiosi a
definire il Comitato esecutivo come «L’esecutivo monetario europeo»36.
Inoltre, il Comitato per ottemperare a tutti i compiti è collegato e sovraordinato
a tutte le unità amministrative della BCE e può emettere circolari 37. I membri
del Comitato sono scelti «tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza
professionale nel settore monetario o bancario, di comune accordo dai governi degli
Stati membri, a livello di capi di Stato o di governo, su raccomandazione del Consiglio
previa consultazione del Parlamento europeo e del Consiglio direttivo»38. Questa
procedura rispecchia l’importanza che quest’organo riveste a livello
dell’Unione. Se da un lato risulta lampante l’assenza dal processo di nomina
dell’organo che per la sua stessa essenza rappresenta gli interessi
sovranazionali, ovvero la Commissione, dall’altro il Comitato risulta essere
l’unica istituzione a livello europeo in cui non tutti gli Stati membri hanno il
diritto di far sedere un proprio cittadino39. Una scelta che potrebbe apparire
ambigua, ma che probabilmente serve a bilanciare gli interessi nazionali con
quelli collettivi dell’Unione. Tanto è vero che la nomina è fatta da un organo
collegiale che è simile al Consiglio europeo, con la sola differenza che non vi
siede alcun rappresentante della Commissione. D’altra parte è stata prevista la
carica più lunga tra tutte quelle esistenti a livello dell’Unione Europea, ovvero
otto anni, e non rinnovabile per i membri del Comitato: così da garantire
l’indipendenza assoluta nel loro operato40. Il Comitato esecutivo è in definitiva
35
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007,
p.161
36
Ibidem, cfr. M. SELMAYR, Die Wirtschafts und Wahrungsunion als Rechtsgemeinschaft,
Aor, 1999, pp. 353, 357
37
Ibidem
38
Art. 11.2, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
39
A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.46
40
Ivi, p.47
100
un organo dal carattere sovranazionale, che vuole essere scevro da influenze
nazionali o comunitarie.
« Ogni membro del comitato esecutivo presente ha diritto di voto e dispone a tal fine
di un voto. Salvo diverse disposizioni, il comitato esecutivo delibera a maggioranza
semplice dei votanti. In caso di parità, prevale il voto del presidente»41.
La procedura di voto è molto più semplice rispetto al Consiglio direttivo, è
previsto un voto per ogni membro con prevalenza del voto del Presidente in
caso di parità. Inoltre, per il momento non c’è traccia né nei Trattati, né nello
Statuto, né tantomeno nei regolamenti interni delle «diverse disposizioni» di
cui si parla nell’articolo 11.542. Nel raffronto con la Federal Reserve il
Comitato esecutivo si differenzia poiché in quest’ultima l’organo centrale si
limita a dettare gli indirizzi di politica monetaria senza essere dotato degli
strumenti per attuarli. Il Comitato, invece, essendo un organo prettamente
amministrativo ha gli strumenti per dettare istruzioni dettagliate alle Banche
centrali nazionali, mentre le Reserve Banks statunitensi godono della più
assoluta autonomia nella scelta degli strumenti di politica monetaria.
«Al comitato esecutivo possono inoltre essere delegati taluni poteri quando lo decide il
Consiglio direttivo»43.
Il Consiglio direttivo può delegare alcune funzioni al Comitato esecutivo,
questo lascia aperti diversi spiragli per quanto riguarda gli sviluppi futuri di
quest’organo che sembra destinato ad acquistare sempre più peso all’interno
della Banca centrale europea44.
41
Art. 11.5, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
42
A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.47
43
Art.12.1, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
44
A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.49
101
3.2.3 Il Consiglio generale
Quando è stato stipulato il Trattato di Maastricht già era chiaro che non tutti gli
Stati membri avrebbero preso parte all’Unione monetaria, così oltre a
prevedere un apposito ―Statuto in deroga‖, fu prevista anche un’istituzione ad
hoc che potesse permettere di regolare le relazioni anche con questi Paesi45. Le
tesi erano principalmente due: una temeva il pericolo di un’Europa a due
velocità dopo l’entrata in vigore dell’UEM, mentre l’altra paventava il rischio
di una fin troppo stringente interferenza degli Stati non aderenti rispetto alla
politica monetaria comune. Tra le alternative di integrare ugualmente gli Stati
non aderenti e quella di tenerli fuori, si scelse di raggiungere un compromesso,
creando un terzo organo dotato di poteri minori e non decisionali, ma dove
siedono tutti i governatori delle Banche centrali dell’Unione Europea46.
«Fatto salvo l'articolo 107, paragrafo 3, del trattato, il consiglio generale è costituito
come terzo organo decisionale della BCE»47.
Il Consiglio generale è quindi considerato dallo Statuto il terzo organo
decisionale, anche se non possiede veri poteri decisionali. Sarebbe più giusto
considerare il Consiglio generale come un organo un organo di transizione:
infatti esso svolge i compiti che in precedenza erano affidati all’Istituto
monetario europeo. Queste funzioni sono state assunte dalla BCE nella terza
fase dell’UEM poiché non tutti i Paesi membri dell’Unione hanno aderito alla
moneta unica48.
«Se e fintantoché vi sono Stati membri con deroga e fatto salvo l'articolo 129,
paragrafo 1, il consiglio generale della Banca centrale europea di cui all'articolo 44
45
A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.49
Ivi, p.50
47
Art.45.1, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
48
A. MORSELLI, Nascita ed evoluzione della Banca centrale europea, Città aperta edizioni,
Troina (EN), 2009, p.85
46
102
dello statuto del SEBC e della BCE sarà costituito in quanto terzo organo decisionale
della Banca centrale europea.»49.
Il Consiglio generale è composto da tutti i governatori delle Banche centrali
nazionali dei Paesi membri dell’Unione Europea, sia dai diciotto che
appartengono all’area euro che dai dieci che ancora non hanno aderito. Inoltre,
il Consiglio comprende il Presidente della BCE ed il Vicepresidente, mentre gli
altri membri del Comitato esecutivo, il Presidente del Consiglio dell’UE e un
membro della Commissione europea possono partecipare alle riunioni senza
diritto di voto50.
«Il consiglio generale comprende il presidente e il vicepresidente della BCE e i
governatori delle banche centrali nazionali. Gli altri membri del comitato esecutivo
possono partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni del consiglio generale.»51.
Le maggiori responsabilità del Consiglio generale sono quelle che
precedentemente facevano capo all’Istituto Monetario Europeo, in particolare
spetta al Consiglio seguire la convergenza macroeconomica degli Stati membri
che non hanno aderito all’euro52. Gli altri compiti sono per lo più di natura
consultiva, dove il Consiglio generale va ad affiancare il Consiglio direttivo ed
il Comitato esecutivo ma senza alcun potere decisionale53. Alcune funzioni del
Consiglio generale riguardano la raccolta di informazioni statistiche, la
redazione del Rapporto annuale della BCE ed una forma di supervisione nella
gestione del personale54. Il regolamento interno della BCE ha specificato che il
Consiglio generale può presentare osservazioni non vincolanti55. In
conclusione si può affermare che il Consiglio generale è l’organo di
49
Art. 141.1 TFUE, Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri
documenti dell'UE considerati di dominio pubblico (http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2012.326.01.0001.01.ITA#C_2012326IT.01001301)
50
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.49
51
Art.45.2, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
52
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.49
53
A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.50
54
Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Il Consiglio generale,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/genc/html/index.it.html)
55
A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.51
103
collaborazione e collegamento che permette i rapporti tra le Banche centrali
nazionali dei Paesi della zona euro e dei Paesi non aderenti, ma comunque ad
esso non spetta alcun potere decisionale, bensì solo poteri consultivi56.
3.3 Il problema dell’indipendenza
Uno dei maggiori problemi riscontrati nel corso degli anni dal punto di vista
istituzionale nella Banca Centrale Europea è stato quello dell’indipendenza dei
poteri decisionali. La credibilità dell’istituzione dipende dalla sua capacità di
agire in modo indipendente, prendendo delle decisioni, per raggiungere gli
obiettivi prefissati57. L’obiettivo sancito dal Trattato è quello della stabilità dei
prezzi, per raggiungere il quale la BCE ha a disposizione una discreta varietà di
strumenti economici di politica monetaria. La BCE non è quindi sottoposta né
ai governi, né tantomeno alle Banche centrali nazionali58. Tuttavia, queste
ultime sono le sottoscrittrici del capitale della BCE e quindi le azioniste.
«Il capitale della BCE, che diventa operativo al momento della sua istituzione, è di 5
000 milioni di ECU. Il capitale può essere aumentato per ammontari eventualmente
determinati dal Consiglio direttivo»59.
Ad oggi, dopo diverse variazioni dovute all’ingresso di nuovi Stati membri
nell’Unione e quindi di nuove Banche centrali nazionali nella BCE, il capitale
ammonta a 10.825.007.069,61 euro. Le quote di partecipazione al capitale sono
calcolate proporzionalmente alla popolazione totale ed al prodotto interno
lordo dei vari Stati membri. Le quote sono modificate ogni qual volta che un
56
A. MORSELLI, Nascita ed evoluzione della Banca centrale europea, Città aperta edizioni,
Troina (EN), 2009, p.85
57
T. PADOA SCHIOPPA, L'Euro e la sua Banca Centrale, Il Mulino, Bologna 2004, p.56
58
A. MORSELLI, Nascita ed evoluzione della Banca centrale europea, Città aperta edizioni,
Troina (EN), 2009, p.93
59
Art. 28 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
104
nuovo Stato membro entra nell’Unione, oppure ogni cinque anni sulla base dei
dati forniti dalla Commissione. Le quote, ad oggi, sono così divise60:
Partecipante
Quote (in %)
Nationale Bank van België/Banque Nationale de Belgique 2,48
(Belgio)
Deutsche Bundesbank (Germania)
17,99
Eesti Pank (Estonia)
0,19
Bank Ceannais na hÉireann/ Central Bank of Ireland (Irlanda)
1,16
Bank of Greece (Grecia)
2,03
Banco de España (Spagna)
8,84
Banque de France (Francia)
14,18
Banca d’Italia (Italia)
12,31
Central Bank of Cyprus (Cipro)
0,15
Latvijas Banka (Lettonia)
0,28
Banque centrale du Luxembourg (Lussemburgo)
0,20
Bank Ċentrali ta’ Malta/Central Bank of Malta (Malta)
0,07
De Nederlandsche Bank (Paesi Bassi)
4,00
Oesterreichische Nationalbank (Austria)
1,96
Banco de Portugal (Portogallo)
1,74
Banka Slovenije (Slovenia)
0,35
Národná banka Slovenska (Slovacchia)
0,77
Suomen Pankki - Finlands Bank (Finlandia)
1,26
Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria)
(Bulgaria)
0,86
Česká národní banka (Repubblica Ceca)
1,61
Danmarks Nationalbank (Danimarca)
1,49
Hrvatska narodna banka (Croazia)
0,60
Lietuvos bankas (Lituania)
0,41
Magyar Nemzeti Bank (Ungheria)
1,38
Narodowy Bank Polski (Polonia)
5,12
Banca Naţională a României (Romania)
2,60
60
Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Organizzazione, Sottoscrizione del capitale
(https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/capital/html/index.it.html)
105
Sveriges riksbank (Svezia)
2,27
Bank of England (Regno Unito)
13,67
La diversa percentuale nel possesso delle quote non dà diritto ad un potere più
grande o più piccolo all’interno degli organi decisionali, bensì ad una diversa
ripartizione degli utili o, nel caso, della riparazione delle perdite.
« Il profitto netto della BCE deve essere trasferito nell'ordine seguente:
a) un importo stabilito dal Consiglio direttivo, che non può superare il 20% del
profitto netto, viene trasferito al fondo di riserva
generale entro un limite pari al 100% del capitale;
b) il rimanente profitto netto viene distribuito ai detentori di quote della BCE in
proporzione alle quote sottoscritte.
Qualora la BCE subisca una perdita, essa viene coperta dal fondo di riserva generale
della BCE, e se necessario, previa decisione del consiglio direttivo, dal reddito
monetario dell'esercizio finanziario pertinente in proporzione e nei limiti degli importi
ripartiti tra le banche centrali nazionali conformemente all'articolo 32, paragrafo 5. »61.
La BCE è quindi sostanzialmente indipendente anche dalle Banche centrali
nazionali che hanno sottoscritto il suo capitale. L’indipendenza della BCE
risale fino ai lavori del Comitato Delors, che aveva individuato questa
caratteristica come fondamentale62. Per rimarcare questo concetto è stato
inserito anche un apposito articolo nello Statuto intitolato, per l’appunto,
«Indipendenza»:
«[...] nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti
dal trattato e dal presente statuto, né la BCE, né una banca centrale nazionale, né un
membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle
istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi
altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i governi degli Stati
61
Art. 33 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
62
A. MORSELLI, Nascita ed evoluzione della Banca centrale europea, Città aperta edizioni,
Troina (EN), 2009, p.94
106
membri s’impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i
membri degli organi decisionali della BCE o delle banche centrali nazionali
nell'assolvimento dei loro compiti.»63.
Questa disposizione sancisce chiaramente l’indipendenza politica della BCE
dalle altre istituzioni dell’Unione e dai governi degli Stati membri64. Nel
Trattato sono presenti altri due principi importanti che sanciscono in modo
sostanziale l’indipendenza della Banca Centrale: il primo è che il Consiglio
decide a maggioranza semplice, il secondo è che ogni membro del Consiglio ha
diritto ad un voto. Potrebbero sembrare due principi abbastanza banali, tuttavia
se contestualizzati all’interno dell’Unione Europea il giudizio cambia in modo
sostanziale. Infatti, all’interno delle istituzioni europee prevalgono ancora in
modo netto gli interessi nazionali, ciò è dimostrato dal ruolo tutto sommato
periferico svolto da Parlamento europeo e Commissione se paragonato a quello
del Consiglio europeo. Il principio maggioritario affermato all’interno della
BCE segna invece lo spartiacque tra un accordo occasionale ed una vera
Unione65. Ulteriore sintomo di indipendenza deriva si evince dalla gestione
finanziaria della BCE, la quale è tenuta distinta da quella dell’Unione: infatti,
la Banca centrale dispone di un bilancio proprio66. Da questo punto di vista
bisogna anche precisare che la BCE non può concedere prestiti agli organi
dell’Unione né agli Stati membri o agli enti pubblici di tali Stati. Anche dal
punto di vista tecnico la BCE dispone sia delle competenze necessarie, sia
degli strumenti adatti per condurre la politica monetaria in modo efficiente e
non ha bisogno di far ricorso a nessun’altra istituzione europea. La BCE può
adottare regolamenti vincolanti nell’esercizio delle proprie funzioni67.
63
Art. 7 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
64
A. PALAZZO, I profili politici ed istituzionali della BCE e del SEBC, in O. ROSELLI,
Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, p.51
65
T. PADOA SCHIOPPA, L'Euro e la sua Banca Centrale, Il Mulino, Bologna 2004, p.57
66
O. ROSELLI, Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, pp.5253
67
F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, pp.32-34
107
3.4 La Governance
L’analisi della classe dirigente che ha guidato in la Banca centrale europea in
questi suoi primi anni di vita deve necessariamente essere accompagnata da
due premesse. In primo luogo, la composizione stessa dell’organo al vertice
della piramide decisionale, ovvero il Consiglio direttivo, suggerisce che la
governance della BCE sia strettamente legata alle classi dirigenti delle varie
Banche centrali nazionali. Infatti, sono i Governatori delle Banche centrali
nazionali a rappresentare la maggioranza nel Consiglio. La seconda
considerazione è quindi conseguente: gli unici dirigenti prettamente
riconducibili alla BCE sono quelli che siedono, o hanno seduto, nel Comitato
esecutivo. Dal 1998, anno in cui si è insediato il primo Comitato esecutivo, si
sono succeduti diciannove membri68. Il primo mandato ha visto come
Presidente, del Comitato e quindi della BCE, l’olandese Wim Duisenberg,
come Vicepresidente il francese Christian Noyer e come altri membri il tedesco
Otmar Issing, l’italiano Tommaso Padoa-Schioppa, lo spagnolo Eugenio
Domingo Solans e la finlandese Sirkka Hämäläinen-Lindfors69. Nel 2002 si è
avuto un primo cambio, quando il francese Noyer è stato sostituito alla
vicepresidenza dal greco Lucas Papademos. L’anno successivo è cambiata
anche la componente femminile del gruppo, quando la finlandese HämäläinenLindfors è stata sostituita dall’austriaca Gertrude Tumpel-Gugerell. Nello
stesso anno è terminata anche la presidenza di Duisenberg70. La formazione di
questa prima classe dirigente della BCE è piuttosto eterogenea. Issing è
laureato in economia ed ha ottenuto anche un dottorato nella stessa materia
presso l’Università di Würzburg, nel corso della sua carriera è stato professore
in diverse università tedesche e nel 1990 è diventato membro del Consiglio di
amministrazione della Deutsche Bundesbank71. Tommaso Padoa-Schioppa ha
conseguito una laurea in economia all'Università Bocconi di Milano ed ha
68
Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Il Comitato esecutivo,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/eb/html/index.it.html)
69
Ibidem
70
Ibidem
71
Otmar Issing, Sito ufficiale del The Center for Financial Studies, Goethe University
Frankfurt’s House of Finance [EN] (https://www.ifk-cfs.de/about--president.html)
108
ottenuto un Master in economia dal MIT di Boston, anche lui come Issing ha
lavorato presso la Banca centrale nazionale, ovvero la Banca d'Italia,
raggiungendo il titolo di responsabile della divisione mercati monetari del
dipartimento di ricerca72. Si discosta dal tipo di formazione dell’italiano e del
tedesco quella dello spagnolo Eugenio Domingo Solans, non tanto per la laurea
in economica, conseguita a Barcellona, o per il dottorato, conseguito presso
l'Università autonoma di Madrid, quanto perché lui non ha mai lavorato
all'interno della Banca centrale spagnola. Solans proveniva dall’ambiente
accademico come Issing ed era titolare della cattedra di Finanza Pubblica
all’UAM al momento della sua nomina al Comitato esecutivo della BCE73.
Wim Duisenberg è stato il primo presidente della BCE. Ha conseguito la laurea
in Economia all'Università di Groninga ed il dottorato nella stessa materia. Ha
lavorato per la Divisione europea del Fondo Monetario Internazionale, quindi
possedeva già esperienze a livello di organizzazioni internazionali al momento
del suo ingresso nella BCE. Nel corso della sua carriera ha lavorato anche alla
Banca centrale olandese, è stato professore di Macroeconomia all'Università di
Amsterdam ed ha ricoperto il ruolo di Ministro delle Finanze del suo Paese.
Inoltre ha seduto nel parlamento olandese ed ha avuto esperienze anche come
dirigente di banche private, come la Rabobank74. Sirkka Hämäläinen-Lindfors
è tra le più significative figure dell'economia finlandese, laureata in Scienze
economiche è stata la prima donna membro del comitato esecutivo della Banca
centrale finlandese e la prima Governatrice donna della stessa. Inoltre, è stata
anche la prima donna a sedere nel Comitato esecutivo della BCE75. Christian
Noyer è stato il primo Vicepresidente della BCE. La sua formazione è
differente rispetto a quella dei suoi colleghi, poiché è laureato in
Giurisprudenza presso l’Università di Rennes ed ha conseguito il diploma
presso il prestigiosissimo Istituto di Studi Politici di Parigi e poi presso
72
Tommaso Padoa-Schioppa, Sito personale di Tommaso Padoa-Schioppa,
(http://www.tommasopadoaschioppa.eu/biografia)
73
Eugenio Domingo Solans, Sito El Mundo, [ES]
(http://www.elmundo.es/elmundo/2004/11/09/obituarios/1100033645.html)
74
Wim Duisenberg, Sito ufficiale della Banca Centrale Slovacca, Narodna Banka Slovenska,
[SL] (http://www.nbs.sk/_img/Documents/BIATEC/BIA05_04/6_11.pdf)
75
Sirkka Hämäläinen, Sito ufficiale KONE Corporation, [EN]
(http://www.kone.com/en/company/organization/management/board-of-directors/)
109
l’altrettanto prestigiosa École nationale d'administration76. Il suo successore
alla vicepresidenza, il greco Lucas Papademos, presenta la particolarità che è
stato l’unico alto dirigente della BCE ad aver successivamente ricoperto anche
la carica di Primo Ministro del suo Paese. Inoltre, Papademos presenta una
formazione accademica assolutamente unica all'interno della classe dirigente
della BCE: ha studiato al Massachusetts Institute of Technology di Boston,
ottenendo una laurea in fisica, un master in ingegneria elettrica e un dottorato
in economia. Papademos nel corso della sua carriera è stato professore
universitario presso la Columbia University ed ha lavorato per la Banca della
Riserva Federale di Boston, esperienza anche quest’unica rispetto ai suoi
colleghi. Come molti suoi colleghi del Comitato esecutivo della BCE, invece,
ha avuto una lunga carriera presso la Banca centrale della Grecia, di cui è stato
anche Governatore. Nel 2011 ha giurato come capo del governo transitorio che
aveva il compito di traghettare la Grecia fuori dalla crisi economica che la
stava dilaniando77. È molto interessante notare come la scelta sia ricaduta su un
esponente della tecnocrazia più pura, esperto sia in tema di istituzioni
economiche europee sia con esperienze oltreoceano. Nel 2003 Win Duisenberg
annunciò le dimissioni in occasione del suo sessantottesimo compleanno. Dal
primo Novembre dello stesso anno gli subentrò nella carica di presidente il
francese Jean-Claude Trichet. A tal proposito bisogna notare come da circa un
anno, ovvero dalle dimissioni di Noyer, mancava un francese all’interno del
Comitato. Dal 2004 iniziò un processo di sostituzione dei membri del
Comitato, in parte per dimissioni ed in parte perché giunsero alla scadenza
naturale del mandato. Nel 2004 Solans fu sostituito dal connazionale José M.
González-Páramo, nel 2005 Lorenzo Bini Smaghi è subentrato a Tommaso
Padoa-Schioppa e nel 2006 il tedesco Jürgen Stark è succeduto ad Issing. Nel
2010 è scaduto il mandato di Papademos, il quale è stato sostituito alla
vicepresidenza dal portoghese Vítor Manuel Ribeiro Constancio. Nel 2011 è
giunto a scadenza anche il mandato dell’austriaca Gertrude Tumpel-Gugerell,
76
Christian Noyer, Sito ufficiale della Banca Centrale Francese, Banque de France, [FR]
(https://www.banque-france.fr/la-banque-de-france/organisation/organigramme/christiannoyer.html)
77
Lucas Papademos, Sito ufficiale della BBC, [EN] (http://www.bbc.co.uk/news/worldeurope-15643454)
110
al cui posto è stato designato Peter Praet, belga dalle origini tedesche. Nello
stesso anno Jean-Claude Trichet ha passato le consegne al suo successore
Mario Draghi, che è stato quindi il terzo presidente della BCE ed è ancora in
carica. L’anno successivo Stark è stato sostituito dal connazionale Asmussen
nel Comitato, Lorenzo Bini Smaghi dal francese Benoît Coeuré e GonzálezPáramo ha lasciato il suo posto al lussemburghese Yves Mersch. Fin dalla fine
del mandato dell’austriaca Tumpel-Gugerell era mancata all’interno del
Comitato la componente femminile. Questo deficit è stato risolto nel Gennaio
del 2014, quando la tedesca Sabine Lautenschläger ha sostituito il connazionale
Jörg Asmussen. Anche in questo caso la formazione dei vari membri del
Comitato è abbastanza omogenea. Lorenzo Bini Smaghi ha conseguito una
laurea in economia presso l'Università Cattolica di Lovanio in Belgio, Master
of Arts in economia presso la University of Southern California, una laurea in
scienze politiche presso l'Università di Bologna, ed un PhD presso l'Università
di Chicago. Dopo la straordinaria carriera accademica è giunto fino ai vertici
del Servizio studi della Banca d'Italia78. José M. González-Páramo ha
conseguito laurea e master in economia presso la Columbia University, mentre
il dottorato, sempre in economia, lo ha conseguito presso l'Università
Complutense di Madrid. Egli è entrato a far parte del mondo accademico
insegnando economia presso l'UCM, inoltre ha collaborato come consigliere
con varie istituzioni pubbliche e private, tra cui la Banca Centrale Spagnola, la
Commissione europea ed il Fondo monetario internazionale79. Jean Claude
Trichet rappresenta una delle eccezioni dal punto di vista della formazione.
L'ex Presidente della BCE ha studiato ingegneria presso l'École des Mines de
Nancy. Successivamente ha conseguito i diplomi presso l'Institut d'Etudes
Politiques e presso l'École nationale d'administration. Prima di diventare
Presidente della BCE, Trichet è stato il Governatore della Banca centrale
78
Lorenzo Bini Smaghi, Sito personale di Lorenzo Bini Smaghi,
(http://www.lorenzobinismaghi.com/)
79
José M. González-Páramo, Sito ufficiale della IESE Business School University of Navarra,
[EN] (http://www.iese.edu/en/faculty-research/professors/faculty-directory/jose-manuelgonzalez-paramo/)
111
francese80. L'austriaca Gertrude Tumpel-Gugerell ha invece conseguito una
formazione allineata con quella dei suoi colleghi. Ha studiato economia a
Vienna ed ha lavorato presso la Banca nazionale austriaca, oltre a collaborare
con alcuni gruppi bancari privati del suo Paese81. Jürgen Stark si è laureato in
economia presso l'Università di Tubinga dove ha conseguito anche il dottorato.
Ha rivestito alcuni importanti ruoli presso il Ministero delle Finanze della
Repubblica Federale Tedesca ed è stato Vicepresidente della Bundesbank82. In
un intervista ha dichiarato di aver partecipato alle proteste contro la guerra in
Vietnam durante i suoi anni all’Università: «Noi tutti avevano idee rivoluzionarie
su ciò che era giusto. Ma questo è un episodio che risale ai tempi dei miei studi. Poi
sono cambiato.»83. Del Presidente Mario Draghi si è già parlato nel primo
capitolo essendo stato anche Governatore della Banca d’Italia84, tuttavia basti
ricordare che anch’egli ha avuto una formazione omogenea con gli altri
membri del Comitato: laurea in economia presso l’Università La Sapienza di
Roma, master presso il Massachusetts Institute of Technology ed esperienza
presso la Banca centrale nazionale, nel suo caso addirittura da Governatore85.
Vítor Manuel Ribeiro Constancio si differenzia dagli altri membri del Comitato
non tanto per la formazione accademica, infatti anche lui ha conseguito una
laurea in economia presso l’ateneo di Lisbona, quanto per la carriera politica
che ha preceduto la sua nomina. Constancio è stato candidato premier in
Portogallo, oltre ad essere stato varie volte eletto parlamentare e Ministro del
Bilancio. Non si discosta invece per quanto riguarda l’esperienza presso la
80
Jean Claude Trichet, Sito ufficiale dell'Airbus-group, [EN] (http://www.airbusgroup.com/airbusgroup/int/en/our-company/our-governance/board-ofdirectors/members_new/trichet.html)
81
Gertrude Tumpel-Gugerell, Sito ufficiale dell'Austrian Institute of economic research, [DE]
(http://www.wifo.ac.at/jart/prj3/wifo/resources/person_dokument/person_dokument.jart?perso
nenid=2684&contenttypeid=1&sprachid=2&mime_type=application/pdf)
82
Jürgen Stark, Sito ufficiale della Credit Suisse, [EN] (https://www.creditsuisse.com/sites/conferences/aic/en/agenda/keynote-speakers/jurgen-stark.html)
83
Sito ufficiale del Financial Times, edizione del 16 Ottobre 2009, [EN]
(http://www.ft.com/cms/s/a1f15ba0-b92c-11de-98ee-00144feab49a)
84
Cfr. 1.5.1
85
Mario Draghi, Sito ufficiale della Banca d'Italia,
(http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/governatori/governatore)
112
Banca centrale nazionale, di cui è stato anche Governatore86. Benoît Coeuré,
invece, si differenzia dal punto di vista della formazione. Egli è laureato in
Scienze statistiche e dell'amministrazione economica ed ha conseguito un
Master in Analisi Economica e Politica. Dal punto di vista professionale ha
collaborato con vari istituti di consulenza finanziaria, oltre che con il Ministero
del Tesoro francese87. Peter Praet è belga, tuttavia ha origini tedesche essendo
sua madre di quella nazione. La sua formazione è comunque avvenuta in
Belgio, essendosi laureato in economia presso l'Università di Bruxelles, dove
ha anche conseguito un master ed un dottorato nella stessa materia88. Jörg
Asmussen ha una carriera politica notevole alle spalle: è iscritto al Partito
Socialdemocratico tedesco ed è stato Viceministro dell'Economia in Germania.
Si è laureato in economia a Bonn, ma ha conseguito un master in Business
Administration a Milano, presso l'Università Bocconi89. Di formazione non
omogenea è Yves Mersch, il quale ha affrontato un percorso formativo di tipo
giuridico, essendosi laureato in Giurisprudenza a Parigi ed avendo conseguito
un Master in Scienze Politiche sempre nella capitale francese. Tuttavia, dal
punto di vista professionale Mersch non si discosta dai suoi colleghi, essendo
stato in passato Governatore della Banca centrale del Lussemburgo90. Anche la
tedesca Sabine Lautenschläger ha una formazione giuridica, avendo conseguito
una laurea in giurisprudenza presso l’Università di Bonn, ed anche lei ha fatto
parte della Banca centrale nazionale del suo Paese, essendo stata
Vicepresidente della Bundesbank91. Come si evince, dunque, i profili dei
diciannove membri che si sono alternati nel Comitato esecutivo della BCE
86
Vítor Manuel Ribeiro Constancio, Sito ufficiale della Banca del Portogallo, [EN]
(http://www.bportugal.pt/enUS/OBancoeoEurosistema/Historia/Pages/Antigosgovernadores.aspx?pagenr=1)
87
Benoît Coeuré, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, [EN]
(https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/html/cvcoeure.it.html)
88
Peter Praet, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, [EN],
(https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/html/cvpraet.it.html)
89
Jörg Asmussen, Sito ufficiale del Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali della
Repubblica Federale Tedesca, [EN] (http://www.bmas.de/EN/Ministry/Political-Staff/joergasmussen-CV.html)
90
Yves Mersch, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, [EN],
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/html/cvmersch.it.html)
91
Sabine Lautenschläger, Sito ufficiale della Banca centrale tedesca, [DE]
(http://www.bundesbank.de/Navigation/DE/Bundesbank/Aufgaben_und_Organisation/Vorstan
d/Sabine_Lautenschlaeger/sabine_lautenschlaeger.html)
113
sono per la maggior parte simili. La riflessione più immediata da fare riguarda
l’equilibrio geografico: almeno un tedesco, un italiano ed un francese sono
sempre stati presenti nel Comitato, tranne il breve periodo del passaggio di
consegne tra Duisenberg e Trichet. La Germania ha avuto ben quattro
rappresentanti, l’Italia e la Francia tre, la Spagna due, Olanda, Finlandia,
Austria, Grecia, Portogallo e Lussemburgo uno. Tra i diciannove membri che si
sono alternati ci sono state solo tre donne, di cui una finlandese, un’austriaca
ed una tedesca. Dal punto di vista della formazione il percorso prevalente è
quello che riguarda gli studi economici, con ben dodici membri del Comitato
su diciannove che provenivano da questo tipo di studi, due provenivano dal
percorso giuridico, due hanno studiato scienze politiche, uno statistica, uno
ingegneria ed uno fisica. È interessante notare la polarizzazione per quanto
riguarda i membri francesi intorno agli istituti parigini, Noyer e Trichet hanno
conseguito i diplomi sia presso l'Istituto di Studi Politici che presso l'École
nationale d'administration , mentre Coeuré ha conseguito il diploma presso
l’École des hautes études en sciences sociales. Altro istituto che è stato
frequentato da ben tre membri del Comitato è il Massachusetts Institute of
Technology, che ha annoverato tra i suoi allievi anche un Presidente della BCE,
Draghi, ed un Vicepresidente, Papademos, oltre a Padoa-Schioppa.
3.5 Il personale
Nei primi anni di vita la Banca Centrale Europea si è servita spessissimo del
personale delle Banche centrali nazionali per l’esecuzione dei compiti ad essa
riservati. Con il tempo, l’istituto centrale si è dotato di personale proprio, di
una sede modernissima e di strutture adeguate92. La sede della BCE è a
Francoforte sul Meno, in Germania. Al momento i suoi uffici sono dislocati in
tre edifici del centro cittadino, di cui i due principali e più famosi sono
l’Eurotower e Eurotheum, ma è già in costruzione la nuova sede dove saranno
92
C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007,
p.519
114
trasferiti in futuro, nel settore orientale della città93. È difficile stimare
esattamente quanti siano i dipendenti diretti della BCE. Secondo i dati ufficiali,
che riguardano il 2012, il personale ammontava a 1.638 unità, provenienti da
tutti i ventotto Paesi dell’Unione94. In realtà questa quantità è solo una parte del
personale totale della Banca centrale: Marius Mager, presidente dell’European
and International Public Service Organization, ovvero il sindacato dei
dipendenti della BCE, ha dichiarato che i dipendenti sono circa 3.600, di cui
ben 2.100 circa precari con contratti di lavoro a tempo determinato95. Al
momento dell’istituzione prima I’IME e poi la BCE hanno assunto, in ampia
misura, personale già impiegato presso le banche centrali nazionali degli Stati
membri dell’Unione Europea, oggi molto è cambiato ed è la stessa Banca
centrale a selezionare il personale96. Dal punto di vista giuridico è l’articolo 36
dello Statuto della BCE, denominato appunto «Il Personale» ad occuparsi
dell’argomento:
« Il consiglio direttivo, su proposta del Comitato esecutivo, stabilisce le condizioni di
impiego dei dipendenti della BCE. La Corte di giustizia ha giurisdizione su tutte le
controversie fra la BCE e i propri dipendenti nei limiti e alle condizioni stabiliti nelle
condizioni di impiego.»97.
Il personale della BCE è molto diversificato. Ad esempio, nel 2009 la Corte dei
Conti dell’Unione Europea verificava la divisione della forza lavoro della BCE
in «personale previsto in organico», calcolato in 1.386 unità, e da «personale
non previsto in organico», 278 unità. La seconda categoria comprende il
personale SEBC, stimato in 127 unità, i partecipanti al Graduate Programme,
ovvero un programma di due anni di tirocinio per neo laureati, circa 24 unità, i
93
Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Organizzazione, Sottoscrizione del capitale
(https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/capital/html/index.it.html)
94
Ibidem
95
Eleonora Lorusso, Economia-Panorama web, 06-07-2012,
(http://economia.panorama.it/euro/Bce-c-e-troppo-lavoro-E-i-dipendenti-scrivono-a-Draghi)
96
Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Organizzazione, Sottoscrizione del capitale
(https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/capital/html/index.it.html)
97
Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di
Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
115
tirocinanti tradizionali, sia studenti che dottorandi, circa 72 unità, i ricercatori,
9 unità, ed il personale interinale, 46 unità98. La Corte dei Conti non menziona
i lavoratori precari che invece ricordava Mager, tuttavia fa riferimento a
«contratti con consulenti per far fronte a esigenze specifiche», dei quali non è
indicata né la classificazione, né l’entità numerica. Purtroppo non ci è possibile
accedere a dati più recenti di quelli del 2009, poiché la Corte dei Conti ogni
anno nella sua analisi affronta un determinato ambito gestionale e la più
recente analisi sulle risorse umane risale proprio a quell’anno99. Dall’analisi
risulta che le condizioni applicate personale sono adeguate, infatti il tasso di
turnover è ridotto e pochissimi candidati declinano l’offerta di impiego 100. Per
ciò che concerne le procedure di selezione, bisogna innanzitutto dire che spetta
alla commissione selezionatrice decidere il tipo di prove da far affrontare ai
concorrenti: test, prove scritte, colloqui, ecc. Il regolamento interno tuttavia
pone alcune condizioni: tutte le procedure di selezione devono includere
almeno un colloquio con ciascun candidato da parte dei membri della
commissione selezionatrice e per ciò che concerne le posizioni dirigenziali la
valutazione deve essere condotta da un consulente esterno101. La valutazione
del curriculum e delle competenze dei candidati spetta alla commissione
selezionatrice, la quale può anche valutare eventuali valutazioni provenienti da
supervisori o precedenti datori di lavoro102. La commissione selezionatrice
deve comunque chiedere l’avallo del responsabile dell’Unità operativa in cui si
trova il posto vacante, o del comitato esecutivo qualora la posizione disponibile
sia di tipo dirigenziale103. In ogni caso, finora nei concorsi banditi dalla Banca
Centrale Europea è stato solitamente utilizzato uno schema predefinito per la
selezione dei candidati:
•
Scrematura iniziale / preselezione (elenco ristretto)
98
Sito ufficiale della Corte dei Conti dell'Unione Europea, Relazione sull'audit dell'efficienza
operativa della gestione della Banca centrale europea per l'esercizio finanziario 2009 - la
gestione delle risorse umane presso la BCE,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/pdf/orga/ecareport2009it.pdf?bfd068cc80daf814bd119bc43372
0a2c)
99
Ibidem
100
Ibidem
101
Ibidem
102
Ibidem
103
Ibidem
116
•
Prova scritta
•
Verifica delle referenze
•
Colloquio con la commissione selezionatrice
•
Valutazione esterna delle capacità manageriali
•
Colloquio con un membro del comitato esecutivo104
Dal punto di vista anagrafico si può notare che più della metà del personale
della BCE ha un’età compresa fra i 35 e i 45 anni, mentre maggior parte dei
dirigenti e dei consiglieri ha meno di 54 anni. Questo deriva in buona parte dal
fatto che le assunzioni della BCE sono concentrate negli ultimi quindici anni e
quindi il personale sta invecchiando sostanzialmente insieme. Questo causa
della aspettative simili in termini di carriera e questo è uno dei problemi che si
ritrova ad affrontare l’istituto105. A tal proposito, è bene specificare non vi sono
percorsi di carriera predefiniti né un avanzamento automatico, bensì il
regolamento prevede le modalità per gli scatti salariali, Additional Salary
Advancement: ovvero, una procedura di selezione relativa a un posto vacante o
la trasformazione di un posto in un grado più alto. Tuttavia, ogni anno possono
essere previsti aumenti salariali e bonus per premiare la produttività di
determinati dipendenti106. Per ciò che concerne la formazione si possono
individuare due tipi di attività formative: centralizzate e decentrate. Le prime
sono offerte a tutto il personale ed sono gestite direttamente dalla Direzione
generale Risorse umane, mentre le seconde sono organizzate da ciascun’unità
operativa in relazione alle necessità107. L’organizzazione della BCE, oltre agli
organi decisionali, prevede anche altri organi di governance interna. Si può
notare che in questi organi spesso sono nominate personalità che già hanno
collaborato con la BCE in passato oppure sono stati membri del Comitato
esecutivo. Per esempio, il più importante di questi organi di governance interna
104
Sito ufficiale della Corte dei Conti dell'Unione Europea, Relazione sull'audit dell'efficienza
operativa della gestione della Banca centrale europea per l'esercizio finanziario 2009 - la
gestione delle risorse umane presso la BCE,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/pdf/orga/ecareport2009it.pdf?bfd068cc80daf814bd119bc43372
0a2c)
105
Ibidem
106
Ibidem
107
Ibidem
117
è il Comitato di audit, che assiste il Consiglio direttivo per quanto concerne
alcune funzioni di vigilanza e revisione; ad oggi il Comitato di audit è formato
da cinque membri, di cui bene tre hanno fatto parte in passato del Comitato
esecutivo: Vítor Constâncio, Christian Noyer e Jean-Claude Trichet108.
3.6 L’Eurosistema
Il sistema che vede la BCE come testa del SEBC si completa con il
l’Eurosistema. Quest’ultimo comprende la Banca Centrale Europea e le banche
centrali nazionali dei Paesi dell’Unione europea che hanno adottato l’euro. In
realtà il Trattato di Maastricht non assegna alcun nome a questa entità, bensì fa
riferimento solo al più ampio Sistema Europeo delle Banche Centrali, che
include anche le Banche centrali nazionali dei Paesi che non hanno adottato
l’Euro. Quindi, il termine Eurosistema deriva da una scelta deliberata
all’interno della BCE stessa109. Questo sottoinsieme del SEBC è stato creato
con il compito dichiarato di condurre la politica monetaria unica, in seguito alla
cessione di sovranità su quest’argomento da parte dei Paesi dell’Unione che
hanno deciso di adottare l’Euro. Gli altri Stati membri, invece, mantengono la
loro sovranità sulla politica monetaria e sono soggetti solo alle limitazioni
imposte dai Trattati e dall’appartenenza al SEBC110. L’Eurosistema, al netto
delle differenze enunciate nel capitolo precedente111, è quanto di più simile si
possa trovare in Europa rispetto al Federal Reserve System, oppure, se non
vogliamo attraversare l’Atlantico, alla Bundesbank tedesca112. L’Eurosistema
non è quindi una costellazione di entità coordinate, piuttosto è un’entità unica:
in quanto le funzioni di Banca centrale sono affidate al suo insieme, comprese
quindi quelle di politica monetaria, e gli organi decisionali riconosciuti sono
esclusivamente quelli della BCE113. Le Banche centrali nazionali si ritrovano
108
Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, La governance interna,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/governance/html/index.it.html)
109
T. PADOA SCHIOPPA, L'Euro e la sua Banca Centrale, Il Mulino, Bologna 2004, p.49
110
Ivi, p.51
111
Cfr. 2.4
112
Cfr. 2.5
113
T. PADOA SCHIOPPA, L'Euro e la sua Banca Centrale, Il Mulino, Bologna 2004, p.52
118
ad avere quindi una duplice funzione: per quanto riguarda i compiti non
attribuiti all’Eurosistema si ritrovano a continuare a svolgere il loro ruolo a
livello nazionale senza cambiamenti, mentre per ciò che concerne le
competenze attribuite dal Trattato all’istituzione centrale, esse si ritrovano ad
essere delle strutture periferiche e di mera attuazione114. I principi che il
Trattato indica nella definizione dei ruoli sono quelli comuni anche alle altre
istituzioni europee: ovvero la sussidiarietà ed il decentramento. In pratica, la
BCE si avvale delle Banche centrali nazionali per eseguire le operazioni che
rientrano nei compiti dell’Eurosistema, ma nel momento in cui la portata
dell’azione prevista è così ampia da poter essere meglio esplicata a livello
centrale l’istituto di Francoforte subentra a quelli periferici 115. Gli organi
esclusivi dell’Eurosistema sono i Comitati, istituiti dal Regolamento interno ed
aventi varie funzioni. Essi svolgono un ruolo di supporto rispetto agli organi
decisionali della BCE, fornendo la propria consulenza, su richiesta sia del
Consiglio direttivo sia del Comitato esecutivo, nei settori di propria
competenza. I Comitati sono composti solitamente dal personale delle Banche
centrali nazionali facenti parte dell’Eurosistema, ma nel caso in cui vengano
esaminate questioni di competenza generale possono partecipare anche i
rappresentanti delle altre Banche centrali nazionali aderenti al SEBC116.
3.7 Le Banche centrali nazionali nella BCE: trasformazione di apparati
Dopo la firma del Trattato di Maastricht è iniziato un processo di adeguamento
degli ordinamenti e delle istituzioni nazionali per rispettare le prescrizioni da
esso previste117. Il Trattato disponeva che al momento dell’istituzione del
Sistema Europeo delle Banche Centrali e quindi all’avvio della terza fase
dell’Unione Monetaria Europea, tutti gli Stati avrebbero dovuto già adeguare
alle nuove disposizioni le proprie legislazioni, eliminando le limitazioni ivi
114
T. PADOA SCHIOPPA, L'Euro e la sua Banca Centrale, Il Mulino, Bologna 2004, p.52
Ivi, p.53
116
Sito ufficiale della Banca d'Italia, Comitati dell'Eurosistema
(https://www.bancaditalia.it/eurosistema/assetto/comitati)
117
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, p.273
115
119
previste e modificando gli statuti delle Banche centrali nazionali per renderli
adatti a recepire il nuovo sistema118. Il compito di vigilare sugli Stati membri e
sulle Banche centrali nazionali affinché quest’adeguamento andasse a buon
fine fu assegnato all’Istituto Monetario Europeo, antenato della BCE, ed alla
Commissione europea, i quali avevano anche l’ulteriore compito di riferire al
Consiglio sui progressi compiuti in tal direzione119. L’attività dell’IME, in
particolar modo, è stata abbastanza proficua, avendo prodotto una serie di
rapporti e raccomandazioni con cui ha indirizzato l’azione di adeguamento
verso determinati principi attraverso indicazioni abbastanza specifiche120.
Questi rapporti, tra le altre cose, distinguevano gli interventi normativi in due
tipi: quelli volti ad assicurare l’indipendenza degli istituti centrali nazionali e
quelli volti ad assicurare l’integrazione degli stessi all’interno del SEBC121.
L’IME ha tenuto a precisare che non l’azione svolta non doveva essere tesa ad
ottenere un’armonizzazione totale dei vari sistemi nazionali, quanto piuttosto
doveva servire ad eliminare semplicemente gli ostacoli che si frapponevano
alla realizzazione degli obiettivi comunitari122. D’altronde lo stesso Trattato di
Maastricht non parlava di ulteriori adempimenti oltre alla rimozione delle
incompatibilità123. La condizione di compatibilità era correlata all’eliminazione
di impedimenti giuridici collegati a situazioni pregresse ed all’eliminazione di
ogni possibile contraddittorietà tra ordinamento nazionale ed ordinamento
comunitario124. In Italia questo processo è stato realizzato attraverso più atti
normativi. In un primo momento la Legge delega n.433 del 17 Dicembre
1997125 ha conferito al Governo la delega per attuare tutte le disposizioni
necessarie per adeguare l’ordinamento nazionale alle disposizioni del Trattato e
dello Statuto SEBC126. Il Governo ha successivamente emanato, grazie alla
118
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, p.274
119
Ibidem
120
Ivi, p.275
121
Ibidem
122
Ivi, p.276
123
Ibidem
124
Ivi, p.277
125
Sito ufficiale della Camera dei Deputati, Archivio delle leggi
(http://www.camera.it/parlam/leggi/97433l.htm)
126
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, p.279
120
delega ricevuta, il D.Lgs. n.43 del 10 Marzo 1998127, il quale apportava delle
modifiche all’ordinamento della Banca d’Italia128. L’art.2 del D.Lgs. n.43
recita:
«La Banca d'Italia, banca centrale della Repubblica italiana, e' parte integrante del
SEBC. Svolge i compiti e le funzioni che in tale qualità le competono, nel rispetto
dello statuto del SEBC. Persegue gli obiettivi assegnati al SEBC ai sensi dell'articolo
105, paragrafo 1, del trattato e agisce secondo gli indirizzi e le istruzioni della
BCE»129.
Il D.Lgs. 43 del 1998 quindi rappresenta il punto di arrivo del processo volto
all’acquisizione dell’indipendenza della Banca centrale nei confronti del
Governo e nello stesso tempo segna l’ingresso nell’ordinamento interno del
SEBC e della BCE130. Questo decreto prevede altresì che la Banca d’Italia
adegui il proprio Statuto in virtù dei mutamenti legislativi che sono
sopravvenuti. Il nuovo Statuto sarà approvato con D.P.R. 24 Aprile 1998 e
recepirà tutti i cambiamenti introdotti. La strada che la Banca d’Italia decide di
percorrere è quella dell’abrogazione di ampie parti del vecchio, piuttosto che
quella di una nuova produzione normativa. Lo scopo di quest’azione è quello
di lasciare ampio spazio alla diretta applicazione dei nuovi regolamenti
comunitari131. La nostra Banca centrale, d’altra parte, rispetto ad altri istituti
europei, negli ultimi anni dello scorso millennio già poteva considerarsi
pienamente indipendente rispetto al Governo132 e non si rendevano quindi
necessari ulteriori interventi legislativi in quella direzione133.
127
Sito ufficiale della Banca d'Italia, Archivio deglle norme
(http://www.bancaditalia.it/eurosistema/quanorm/atti/Dlgs_10_031998_n_43.pdf)
128
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, p.279
129
Art.2 - Sito ufficiale della Banca d'Italia, Archivio deglle norme
(http://www.bancaditalia.it/eurosistema/quanorm/atti/Dlgs_10_031998_n_43.pdf)
130
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, p.279
131
Ivi, p.282
132
Cfr. 1.2.4
133
M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano,
Cacucci Editore, Bari, 2003, p.283
121
3.8 I rapporti con altre istituzioni europee
Un ulteriore aspetto della Banca centrale europea merita di essere
approfondito, ovvero quello dei rapporti con le altre istituzioni dell’Unione. Il
principale interlocutore della BCE a livello dell’Unione è l’ECOFIN, ovvero il
Consiglio economia e finanza134. Questo è una delle principali formazioni nelle
quali si riunisce il Consiglio dell’Unione Europea ed è composto dai Ministri
dell’Economia di tutti gli Stati membri. L’ECOFIN è il centro di
coordinamento delle politiche economiche dell’Unione e ciò lo rende
fondamentale per garantire la coesione economica135. Quando si discute di
argomenti di interesse per la BCE, il Presidente della stessa può partecipare
alle riunioni dell’ECOFIN, mentre il Presidente di quest’ultimo può
partecipare, qualora lo ritenesse opportuno, alle riunioni del Consiglio direttivo
della Banca136. Tale possibilità è stata inserita all’interno del Trattato di
Maastricht ed ora è prevista dall’art. 284 del TFUE:
«Il presidente del Consiglio e un membro della Commissione possono partecipare,
senza diritto di voto, alle riunioni del consiglio direttivo della Banca centrale europea.
Il presidente del Consiglio può sottoporre una mozione alla delibera del consiglio
direttivo della Banca centrale europea.»137.
L’ECOFIN ha, inoltre, sottolineato più volte la necessità di una continua e
proficua collaborazione con la BCE, aggiungendo che in determinati casi deve
essere coinvolta nella discussione anche la Commissione europea in quanto
rappresentate degli interessi diffusi dell’Unione138.
134
A. PALAZZO, I profili politici ed istituzionali della BCE e del SEBC, in O. ROSELLI,
Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, p.53
135
Ibidem
136
Ivi, p.54
137
Art.284 - Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri documenti
dell'UE considerati di dominio pubblico (http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2012.326.01.0001.01.ITA#C_2012326IT.01001301)
138
A. PALAZZO, I profili politici ed istituzionali della BCE e del SEBC, in O. ROSELLI,
Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, p.54
122
L’organo di raccordo tra il Consiglio in composizione economica e la BCE è il
Comitato economico e finanziario, come previsto dall’art. 134 del TFUE:
«Per promuovere il coordinamento delle politiche degli Stati membri in tutta la misura
necessaria al funzionamento del mercato interno, è istituito un comitato economico e
finanziario.»139.
Tale Comitato ha compiti per lo più di natura ausiliaria e consultiva: formula
pareri destinati a Consiglio e Commissione e segue la situazione finanziaria in
generale dell’Unione140. Quindi, è possibile affermare che la BCE ha due
canali possibili di comunicazione: una ufficiale, attraverso i canali previsti dal
Trattato, ed una ufficiosa, attraverso il Comitato economico e finanziario.
Quest’ultimo canale è quello più utilizzato ed è quello che permette di
instaurare quella collaborazione proficua e continuativa a cui aspirava il
Consiglio141. Un ulteriore obbligo per la BCE è quello di tipo informativo,
ovvero l’istituto è obbligato ogni anno a redigere un rapporto da inviare a
Commissione, Parlamento europeo, Consiglio europeo, Consiglio dell’Unione
Europea e Corte dei Conti, contenente una serie di informazioni riguardanti lo
stato di salute della Banca, lo stato della politica monetaria unica, gli interventi
effettuati, le previsioni per il futuro ed altre informazioni riguardanti la politica
finanziaria effettuata142. Infine, per la BCE è stato previsto anche un controllo
giurisdizionale:
«Gli atti o le omissioni della BCE sono soggetti ad esame o interpretazione da parte
della Corte di giustizia nei casi ed alle condizioni stabilite dal trattato. La BCE può
avviare un'azione giudiziaria nei casi ed alle condizioni stabilite dal trattato.
Controversie tra, da un lato, la BCE e, dall'altro, i suoi creditori, debitori o qualsiasi
139
Art. 134 - Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri documenti
dell'UE considerati di dominio pubblico (http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2012.326.01.0001.01.ITA#C_2012326IT.01001301)
140
A. PALAZZO, I profili politici ed istituzionali della BCE e del SEBC, in O. ROSELLI,
Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, p.54
141
Ivi, p.55
142
Ivi, p.56
123
altra persona sono decise dai tribunali nazionali competenti, salvo nei casi in cui la
giurisdizione sia attribuita alla Corte di giustizia.»143.
L’art. 35 dello Statuto in modo molto chiaro e netto sottopone la Banca
centrale europea alla giurisdizione della Corte di giustizia europea. In
particolar modo alla BCE è riconosciuto il potere di ricorrere contro altre
istituzioni per far accertare la presunta violazione di un obbligo sancito dal
Trattato; allo stesso modo la BCE potrà essere chiamata davanti alla Corte per
rispondere di eventuali violazioni dello stesso Trattato. Inoltre, gli atti emanati
dagli organi della BCE potranno essere oggetto del sindacato di legittimità
della Corte di giustizia144.
143
Art.35 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema
Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
(http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf)
144
A. PALAZZO, I profili politici ed istituzionali della BCE e del SEBC, in O. ROSELLI,
Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, p.57
124
Conclusioni
Così come la Banca d’Italia ha rappresentato per il nostro Paese qualcosa di più
che una Banca centrale, così la Banca Centrale Europea sta rappresentando per
l’Europa qualcosa in più che una mera istituzione sovranazionale. Se è vero
che l’obiettivo della BCE è quello della stabilità dei prezzi, sembra che tra le
righe sia stato affidato all’istituto europeo un compito ben più importante che è
quello dell’integrazione dei popoli intorno ad una moneta: l’Euro. Se questa
strada è quella giusta o quella sbagliata potrà dircelo soltanto la storia, ad oggi
è innegabile che la crisi economica che ha sconvolto il nostro continente abbia
fatto venire alla luce delle criticità anche tra gli obiettivi stessi della BCE. La
Banca d’Italia ha vissuto nel corso della sua secolare storia un’osmosi con il
nostro Paese, dovuta al fatto che le classi dirigenti della Banca e del Paese
stesso si sono spesso mischiate, oppure hanno vissuto le stesse esperienze,
hanno condiviso la formazione, hanno frequentato gli stessi ambienti. La Banca
centrale europea nella sua pur breve storia si è rivelata incapace di vivere un
processo simile, sia per tipo di organizzazione sia per centralità geografica.
Essa è risultata legata al modello tedesco della Bundesbank, ovvero una banca
federale governata da un centro tecnocratico che demanda alle articolazioni
periferiche, nel caso europeo le Banche centrali nazionali ed in quello tedesco
le Banche centrali dei Länder. Nell’analisi mi è stato possibile inserire le classi
dirigenti italiane all’interno di uno schema virtuale basato su dei principi
comuni, che siano la provenienza geografica, il tipo di formazione o la carriera,
nei vari periodi storici,. Ciò non è stato possibile per quelle europee, che sono
accomunate solo dal criterio geografico, il quale prevede un’equa distribuzione
dei posti tra i Paesi economicamente più sviluppati. È stato comunque
interessante analizzare la formazione, la provenienza ed in parte la carriera dei
diciannove membri che si sono alternati al Comitato esecutivo della BCE. Sono
venuti fuori spunti di riflessione importanti: ad esempio, su diciannove solo tre
sono donne, a dispetto del principio di pari opportunità e gender
mainstreaming per cui l’Unione ha anche aperto processi di infrazione verso
125
molti Stati, tra cui il nostro. Assolutamente impossibile è stato confrontare il
personale della Banca d’Italia con quello della Banca Centrale Europea, sia per
motivi meramente numerici: più di ottomila per la nostra Banca centrale ed un
numero che oscilla tra i millecinquecento ed i quattromila per la BCE, sia per i
criteri. Anche in questo caso la BCE sembra utilizzare un criterio geografico,
avendo utilizzato il personale delle Banche centrali nazionali nei suoi primi
anni di vita ed avendo continuato ad assumere in modo proporzionato
nonostante i concorsi sembrerebbero non contemplare questo criterio. Inoltre,
accedere alle informazioni riguardante il personale della BCE è oltremodo
complicato. Le relazioni della Corte dei Conti dell’Unione Europea ogni anno
sono rivolte ad un settore diverso, così l’ultima volta che questa si è occupata
delle risorse umane risale al 2009 e comunque non venivano fornite cifre, le
quali sono invece fornite in maniera generica dai vertici della Banca ma sono
state poi smentite dal rappresentante di un sindacato. La Banca d’Italia, invece,
è da questo punto di vista più trasparente ed è stato possibile analizzare il
personale nelle varie epoche storiche. In conclusione è possibile affermare che
la Banca d’Italia e la BCE sono due istituti profondamente diversi tra loro e, ad
oggi, la prima è diventata un’appendice periferica della seconda. Ci sono
certamente dei punti di contatto, quali per esempio il principio di indipendenza
che è rispettato dal nostro istituto da molto tempo prima che nascesse la BCE.
Probabilmente la Banca d’Italia ha potuto incidere di più sulla storia del nostro
Paese perché i vincoli a cui era sottoposta erano senz’altro minori di quelli a
cui è sottoposta la Banca centrale europea e l’integrazione delle classi dirigenti
all’interno del sistema sociale del Paese ha dato all’istituto di via Nazionale
maggiore potenziale innovativo.
126
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