classe dirigente e governance amministrativa, dalla Banca d`Italia
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classe dirigente e governance amministrativa, dalla Banca d`Italia
Università degli Studi di Napoli Federico II DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE TESI DI LAUREA IN SCIENZA E ISTITUZIONI POLITICHE DELL’AMMINISTRAZIONE IN EUROPA Dalla Lira all’Euro: classe dirigente e governance amministrativa, dalla Banca d’Italia alla Banca Centrale Europea RELATORE: CANDIDATO: PROF. ARMANDO VITTORIA GIUSEPPE CASILLO Matricola : M09/630 ANNO ACCADEMICO 2013-2014 Sommario Introduzione........................................................................................................ 5 Capitolo I La Banca d’Italia 1.1 Dalle origini al secondo dopoguerra .................................................... 7 1.2 Dal secondo dopoguerra ad oggi ....................................................... 18 1.3 La governance .................................................................................... 31 1.4 Come è organizzata la Banca d’Italia ................................................ 44 1.5 Controllo e valutazione delle attività centrali e periferiche ................... 53 1.5 Il personale......................................................................................... 54 Capitolo II La lunga strada verso l’euro 2.1 Dal Trattato di Roma al Serpente Monetario Europeo ........................... 72 2.2 Dal Sistema Monetario Europeo all’Unione Monetaria ......................... 74 2.3 Il Sistema Europeo delle Banche Centrali .............................................. 77 2.4 Un altro sistema federale: il caso degli Stati Uniti d’America ............... 85 2.5 Un caso europeo: la Bundesbank ........................................................... 89 Capitolo III ....................................................................................................... 94 La Banca Centrale Europea .............................................................................. 94 3.1 Nascita ed evoluzione della Banca Centrale Europea ............................ 94 3.2 Come è organizzata ................................................................................ 96 3.3 Il problema dell’indipendenza .............................................................. 104 3.4 La Governance ..................................................................................... 108 3.5 Il personale ........................................................................................... 114 3.6 L’Eurosistema ...................................................................................... 118 3.7 Le Banche centrali nazionali nella BCE: trasformazione di apparati .. 119 3.8 I rapporti con altre istituzioni europee ................................................. 122 Conclusioni ..................................................................................................... 125 Bibliografia ..................................................................................................... 127 Sitografia ........................................................................................................ 133 Introduzione La Banca d’Italia non è un Ente pubblico qualunque, nella sua storia e nella sua evoluzione sono racchiusi i momenti migliori e quelli meno belli degli italiani. La sua storia s’intreccia con quella dell’Italia: attraverso i governatori, figure dalla caratura a volte straordinaria, che hanno segnato epoche, o attraverso i rapporti con i vari governi, spesso cordiali ma qualche volta conflittuali. L’evoluzione della Banca d’Italia possiamo definirla come una parabola. Il suo inizio fu in sordina, stretta tra gli interessi regionalistici e le idee politiche dell’Ottocento, poi pian piano ha assunto influenza e potere, fino ad influenzare sotto la guida di Carli e Ciampi l’intera politica economica del nostro Paese. Come tutte le parabole è arrivato anche il momento della discesa. L’integrazione europea fin dagli anni Sessanta ha scandito una serie di tappe che hanno portato la Banca d’Italia ad inserirsi nell’attuale Eurosistema: dall’Unione Monetaria dei Pagamenti al piano Werner, dallo SME al piano Delors, fino ad arrivare a Maastricht ed a Lisbona. L’avvento dell’Euro ha cambiato le carte in tavola in modo definitivo: già da tempo la Banca d’Italia, a causa degli accordi presi, stava rinunciando a sempre maggiori strumenti d’intervento nella politica economica e monetaria, a questo punto, però ha perso la sua caratteristica maggiormente distintiva, in altre parole non è più stato un istituto di emissione, abbandonando definitivamente la leva della politica monetaria. Il suo posto è stato preso dalla Banca Centrale Europea, una ―Banca delle banche centrali‖ costruita sulla falsariga della Bundesbank tedesca e che ha relegato gli istituti dei paesi aderenti a nuovi ruoli. A questo punto, prendendo in considerazione il caso italiano, mi sono chiesto se vi fossero criticità tra il vuoto lasciato dalla Banca d’Italia e l’operato attuale della Banca Centrale Europea. In particolar modo, ho voluto confrontare gli apparati amministrativi dei due istituti, portando alla luce le differenze nella gestione del personale, nella selezione dei dirigenti, nei controlli interni sull’apparato amministrativo. Lo studio dell’evoluzione della Banca d’Italia nel corso degli anni mi ha dato la possibilità di verificare se vi fosse stata una convergenza 5 verso il modello della Banca Centrale Europea. Inoltre, l’analisi dei criteri di selezione del personale, a tutti i livelli, mi ha permesso di giudicare il grado di uniformità rispetto all’istituto centrale europeo. Non è stato facile dare una risposta a tutti gli interrogativi, a causa soprattutto della natura della BCE che rappresenta un organismo assolutamente unico nel panorama internazionale. Tuttavia gli spunti di riflessione non sono mancati e gli elementi raccolti hanno portato ad interessanti riflessioni. 6 Capitolo I La Banca d’Italia 1.1 Dalle origini al secondo dopoguerra 1.1.1 Le banche centrali nell’Italia Unita Sidney Sonnino avrebbe voluto che la Banca d’Italia nascesse nuova, scevra da legami con il passato. In realtà non fu così, poiché derivò dalla fusione fra tre banche di emissione pre-esistenti1. Le banche di emissione si erano affermate negli Stati preunitari nella prima metà dell’Ottocento. L’Italia unita ebbe una moneta unica (la lira italiana creata con la legge Pepoli del 18622), ma mantenne una circolazione monetaria disomogenea: poiché quasi tutti gli istituti operanti nei vecchi Stati mantennero la facoltà di emettere biglietti nel nuovo regno. Al Nord la Banca Nazionale (che veniva dalla fusione fra la Banca di Genova e la Banca di Torino); al Centro la Banca Nazionale Toscana, affiancata nel 1863 dalla Banca Toscana di Credito per le Industrie e il Commercio d'Italia; al Sud il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia. Quando, dopo l'annessione di Roma nel 1870, la Banca degli Stati pontifici divenne Banca Romana, gli istituti di emissione diventarono sei3. Tutte questa banche emettevano moneta convertibile in oro ed erano in concorrenza tra di loro. Solo due istituti di quelli nominati erano pubblici, cioè il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia, gli altri erano privati ma sottoposti a vigilanza da parte dello Stato4. Inizialmente non si realizzò una banca di emissione unica, poiché vi erano ancora forti interessi regionali ed economici in difesa delle banche pre1 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p. 24 2 Cfr. La "Lira italiana" dopo il 1861, in Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/serv_pubblico/visitevirtuali/museo_mon/approfondimenti/sez7/28c_vet.pdf) 3 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/origini) 4 Ibidem 7 unitarie5: tuttavia nel 1874 fu varata una prima riforma sull’emissione cartacea, indicando espressamente i sei istituti autorizzati ed introducendo di fatto un oligopolio legalizzato6. In quegli anni le banche di deposito, come quelle che noi siamo abituati a conoscere oggi, erano poco diffuse. Il modo più diffuso per concedere credito era proprio l’emissione di carta moneta, la quale era accettata dal pubblico come credito e questo consentiva alla banca stessa di far credito ai propri clienti7. Negli anni Settanta fecero capolino le prime banche di deposito, come la Società di Credito Mobiliare Italiano8 e la Banca Generale9. Gli istituti di emissione pre-unitari svolsero un ruolo fondamentale: nonostante i frequenti episodi di sospensione della convertibilità e gli interventi del governo a sostegno delle singole banche, essi diedero un contributo essenziale al finanziamento della produzione e dell’investimento, combatterono l’usura e favorirono la monetizzazione dell’economia italiana10. Il modello di emissione monetaria che l’Italia segue in questo periodo storico è comunemente detto di Free-Banking. In questo sistema, per l’appunto, l’emissione monetaria non è attribuita in via esclusiva ad una Banca Centrale, ma ogni banca ha facoltà di emettere liberamente biglietti o altri debiti a vista11. Il sistema di Free-Banking, d’altra parte, porta delle criticità e degli inconvenienti: l’Italia tra gli anni Settanta ed Ottanta dell’Ottocento fu colpita dalla crescente instabilità dei mercati finanziari e creditizi12 e dalla deflagrazione di gravi scandali bancari13. Questa situazione, ovviamente, alimentò spinte verso un controllo della moneta 5 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/origini) 6 Ibidem 7 Ibidem 8 Cfr. M. PANTALEONI, La caduta della Società generale di credito mobiliare italiano, Giuffré, 1977 9 Dipartimento Economia Università Milano-Bicocca, Lezioni Storia Economica Prof. Mocarelli, (http://dipeco.economia.unimib.it/persone/Mocarelli/storia_economica_a/Lezioni/lezione35.pd f), p. 2 10 G. GIANFREDA, N. JANSON, Le banche di emissione in Italia tra il 1861 ed il 1863: un caso di concorrenza?, Centro di Metodologia delle Scienze Sociali, LUISS, «Guido Carli», Roma, p.16 11 Ivi, p.20 12 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.29 13 Cfr. E. MAGRI, I ladri di Roma. 1893 scandalo della Banca Romana: politici, giornalisti, eroi del Risorgimento all'assalto del denaro pubblico, Mondadori Milano, 1993 8 più severo, quindi sostanzialmente pubblico e centralizzato14. Tuttavia la permanenza di quest’assetto era legata ad interessi politici ed economici locali, fortemente rappresentati dai parlamentari che avevano tutto l’interesse a costruire un solido rapporto con il territorio del quale erano espressione15. Fu proprio in questa fase che la proposta di Sonnino di riformare l’intero sistema dell’emissione sui principi dell’unicità dell’ente emittente cadde nel vuoto: al contrario, prevalse la linea del Presidente Giolitti16. Egli, nonostante il precipitare degli eventi, suggeriva che l’accorpamento delle banche di emissione dovesse avvenire per gradi. La banca più importante era in quel momento la Banca Nazionale del Regno d’Italia1718, legata a Torino: ad essa furono accorpate le due banche toscane, la Banca Nazionale Toscana e la Banca Toscana di Credito19. Ciò avvenne con la legge n. 449 del 10 agosto 189320. L’accelerazione definitiva ed il superamento delle resistenze dipese in buona parte dallo scandalo che travolse la Banca Romana. Questa entrò in una grave crisi a causa della grave depressione iniziata nel 1887-88 e degli eccessivi e spregiudicati investimenti nel settore edilizio specialmente a Roma, dopo che questa divenne capitale, ed a Napoli, in seguito alle operazioni di risanamento seguite al colera del 1884. La crisi fu talmente grave da causare il fallimento della banca stessa, che divenne anche oggetto di un’inchiesta parlamentare: dopo le prime iniziali resistenze uscì fuori che la Banca Romana, a fronte dei sessanta milioni autorizzati per i quali possedeva sufficienti riserve auree, aveva emesso biglietti per più di cento milioni di lire, incluse banconote false per circa quaranta milioni emesse in serie doppia21. Fu proprio la 14 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.29 Ibidem 16 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/origini) 17 Cfr. Atti n.2585 Convenzione per la formazione della Banca d'Italia (11 ottobre 1865) e Statuto per la Banca d'Italia (11 marzo 1865) 18 Cfr. Atti n.2586 Convenzione per l'assunzione del servizio di Tesoreria dello Stato da parte della Banca Nazionale 19 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.30 20 Archivio Storico della Camera dei Deputati (http://storia.camera.it/cronologia/leg-regnoXVIII/elenco) 21 E. MAGRI, I ladri di Roma. 1893 scandalo della Banca Romana: politici, giornalisti, eroi del Risorgimento all'assalto del denaro pubblico, Mondadori Milano, 1993 15 9 creazione della Banca d’Italia a placare l’onda lunga dello scandalo, che durante le indagini arrivò a toccare persino Giolitti e Crispi. 1.1.2 La nascita della Banca d’Italia: da Grilli a Marchiori Il primo Direttore Generale della neonata banca centrale fu Giacomo Grilli, il quale procedette a liquidare definitivamente la Banca Romana, mentre gli istituti meridionali, Banco di Napoli e Banco di Sicilia, continuarono ad emettere moneta22. Nel Dicembre del 1893 fu approvato anche lo Statuto della Banca d’Italia, il quale tra le altre cose prevedeva che il Direttore Generale era nominato dal Consiglio Superiore della Banca previa approvazione del governo23. La Banca d’Italia, d’altronde, pur essendo un organismo avente natura giuridica di società privata era sottoposta ad un rigido controllo da parte del pubblico: la variazione dei tassi di sconto era subordinata all’approvazione del Ministero del Tesoro, l’apertura di nuove sedi doveva essere autorizzata dal Governo, il Ministero dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio era l’organo di vigilanza deputato al controllo dell’attività della Banca ed infine un membro del Governo poteva partecipare, con potere di veto, alle riunioni del Consiglio Superiore24. Un altro scoglio da superare durante la fusione fu la percezione che la Banca Nazionale dava al resto del Paese: ovvero quella di un forte gruppo capitalistico privato, intento a seguire i propri interessi a discapito di quelli pubblici25. Sonnino aveva paura che anche la neonata Banca d’Italia ereditasse questa percezione da parte dell’opinione pubblica, così sostituì già nel 1894 il Direttore Generale Grillo con Giuseppe Marchiori26. Nel disegno di Sonnino questi doveva fare in modo che la banca perseguisse gli interessi 22 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/origini) 23 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.30 24 Ibidem 25 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.24 26 Ibidem 10 pubblici e solo subordinatamente quelli privati. Marchiori sostenne l’interesse pubblico nella politica del cambio, nella distribuzione dei dividendi e nella politica dello sconto27. Il nuovo Direttore Generale pretese per la Banca anche una maggiore autonomia operativa: che si concretizzò con l’istituzione di un tasso di sconto ridotto da applicare ai clienti migliori in modo da rimanere in contatto con il mercato monetario28. Marchiori restò in carica dal 1894 al 1900, anno in cui fu sostituito da Bonaldo Stringher29. 1.1.3 L’era Stringher Quest’ultimo seppe conciliare, anche grazie alla congiuntura economica favorevole, la stabilità finanziaria e del cambio con il sostegno alle attività produttive30. Una volta raggiunta la parità della Lira con l’oro posseduto, dal 1902 la Banca d’Italia si comportò come se fosse in regime di gold standard31, pur non dichiarando mai la convertibilità della moneta con l’oro. La banca centrale preferì dare preminenza all’obiettivo della stabilità del cambio piuttosto che reintrodurre la convertibilità del circolante cartaceo a vista in oro, poiché quest’ultima operazione avrebbe potuto causare problemi come quelli registrati durante gli anni Settanta e Ottanta e che avevano portato alla crisi del settore bancario32. Nel 1907, grazie all’opera di moral suasion del direttore Stringher nei confronti del resto del sistema bancario, la Banca d’Italia 27 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.24 28 Ivi, p.25 29 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/dal1893_a_giolitti) 30 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/dal1893_a_giolitti) 31 Cfr. B. EICHENGREEN, M. FLANDREAU, Gold Standard in Theory & History, Routledge, New York, Prima Edizione 1985, Edizione Consultata 2005 – Il gold standard è un sistema monetario nel quale la base è data dalle riserve auree. Il caso italiano è atipico poiché non vi fu in questa fase la reintroduzione dell’obbligo di convertire a vista i biglietti in oro, ma di fatto la Banca d’Italia si comportò come se fosse in un regime di totale convertibilità del circolante cartaceo in oro. 32 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.27 11 intervenne a sostegno della Società Bancaria Italiana33. Per la prima volta fu possibile salvare un grande gruppo bancario senza l’ausilio di soldi pubblici, poiché il direttore Stringher riuscì a persuadere gli altri gruppi bancari che la crisi della Società Bancaria Italiana avrebbe potuto intaccare le fondamenta dell’intero sistema se non affrontata per tempo34. Nell’arginare la crisi del 1907 il legislatore ampliò i limiti della circolazione della moneta con la legge n. 804 del 31 Dicembre 190735, la quale prevedeva la riduzione della tassa per i biglietti emessi in eccedenza al limite normale36. Durante la Prima Guerra Mondiale la Banca d’Italia si allineò alle esigenze del Paese, così tutti i suoi sforzi furono indirizzati nel sostegno all’impegno bellico con anticipazioni ai sottoscrittori di titoli di debito pubblico37. In questa fase, per la precisione nel 1914, nasce anche l’Ufficio Studi, che si rivelerà un modo eccelso per sottrarre all’esecutivo il monopolio dei dati e delle informazioni economiche e, conseguentemente, per rafforzare l’autonomia dell’istituto38. Grazie alle indiscusse capacità di Stringher ed all’enorme assorbimento di risorse causato dalla guerra, la Banca d’Italia divenne il principale consigliere del governo e l’esecutore di buona parte della sua politica finanziaria39. Finita la guerra per la Banca d’Italia cambiarono anche le prerogative, divennero prioritarie le lotte all’inflazione ed alla disoccupazione40. La tutela dei redditi e dei posti di lavoro fu legata alla stabilità del sistema bancario41. Gaetano Mosca disse al riguardo: 33 C. P. KINDLEBERGER, A Financial History of Western Europe, Routledge, Londra, 1984, p. 143, [en] 34 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 31 35 Cfr. InfoLeges, Banca dati giuridica on-line (http://www.infoleges.it/service1/scheda.aspx?service=1&id=80035) 36 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, p.48 37 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.28 38 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 32 39 Ivi, p.33 40 F. COTULA, L. SPAVENTA, La politica monetaria tra le due guerre 1919-1935, Editori Laterza, Roma-Bari, 1993, p.124 41 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.28 12 «Scettica (la classe politica) non senza motivo sulla tenuta sociale del Paese e custode di un sistema bloccato, questa classe – intimamente aliena dall’accettare virtù e durezze del mercato e della concorrenza – utilizza i mezzi dei quali dispone per evitare rotture che non è certa di poter controllare.»42 Fino a questo momento i rapporti della Banca con i vari governi seguirono la linea dettata dallo stesso Stringher fin dal suo discorso d’insediamento del 3 Dicembre 1900: «Per me fra Banca e Stato non vi può essere dissidio. Comune dev’essere l’intento di migliorare le condizioni dell’attività nazionale e di rialzarne le sorti. Ma comunanza d’intenti non significa menomamente rinunzia alla piena autonomia nostra nell’esercizio del credito entro i confini seguenti dalle leggi e dagli statuti»43. Questa fase s’interrompe inevitabilmente con il rafforzarsi del fascismo. La Banca d’Italia ha sempre meno possibilità di influenzare il governo e, contemporaneamente, viene meno anche la condivisione delle politiche e delle responsabilità44. La politica monetaria italiana in questi anni inseguì la deflazione ad ogni costo, ma la scelta fu autonoma dei Ministri delle Finanze o dello stesso Mussolini45. La maggiore funzione dell’istituto in questi anni è quella di garanzia verso l’estero: la Banca utilizzò la reputazione conquistata negli anni precedenti per garantire nei confronti delle altre banche centrali, sospettose del fascismo, il buon fine dei prestiti che erano necessari per rientrare nel gold standard46. Stringher, pur restando al suo posto negli anni del fascismo, non fu mai fascista: egli restò al suo posto per senso delle istituzioni 42 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.28 43 E. TUCCIMEI, La ricerca economica a Via Nazionale - Una storia degli "Studi" da Canovai a Baffi (1894-1940), in Quaderni dell'Ufficio Ricerche Storiche, Banca d'Italia, Numero 9, Settembre 2005, p. 18 44 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.31 45 Ibidem 46 Ibidem 13 e perché Mussolini ritenne opportuno avvalersi delle sue prestazioni47. Nel 1926, con il Regio Decreto Legge n. 812, intitolato ―Unificazione del servizio di emissione dei biglietti di banca‖, il governo affidò in via esclusiva l’emissione dei biglietti alla Banca d’Italia48 istituzionale della posizione dell’istituto 49 . Quest’ulteriore rafforzamento andava in direzione della stabilizzazione decisa dal governo: l’obiettivo era il raggiungimento di una nuova parità aurea, raggiunta nel 1927, attraverso misure di risanamento finanziario e l’attuazione di una stretta creditizia50. Sempre nel 1926, con il Regio Decreto Legge n. 150651, il governo fornì alla Banca d’Italia nuove competenze nel campo della supervisione sul sistema creditizio52. A compimento del percorso di riforma istituzionale, la Banca nel 1928 fu dotata di un nuovo statuto. L’innovazione maggiore fu la creazione di una nuova figura, quella del Governatore, che rappresentava la banca di fronte a terzi e che precedeva in via gerarchica il Direttore ed il Vicedirettore: tutti questi organi erano nominati dal Consiglio Superiore previa approvazione del governo. Governatore, Direttore Generale e Vicedirettore componevano il Direttorio53. 1.1.4 Da Stringher ad Azzolini: la Banca d’Italia diventa Ente di diritto pubblico 47 Sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Sezione del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministraizone, Archivio Storico (http://www.funzionepubblica.gov.it/lazionedel-ministro/il-centocinquantenario-dellunita-ditalia/biografie/24062011---bonaldostringher.aspx) 48 Cfr. Archivio Storico della Camera dei Deputati (http://archivio.camera.it/patrimonio/archivio_della_camera_regia_1848_1943/are01o/docume nto/CD0000001424) 49 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, p.50 50 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.33 51 Cfr. Archivio Storico della Camera dei Deputati (http://archivio.camera.it/patrimonio/archivio_della_camera_regia_1848_1943/are01o/docume nto/CD0000001554) 52 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.34 53 Ibidem 14 Il primo Governatore della Banca, nel 1928, fu proprio Bonaldo Stringher, mentre Vincenzo Azzolini gli succedette in qualità di Direttore Generale. Proprio in questi anni, nel biennio 1927 – 1928, veniva finalmente a compimento l'opera di riforma con la fissazione della nuova parità aurea della Lira ed il ripristino della convertibilità in oro o in divise estere convertibili54. fu introdotto l'obbligo di mantenere una riserva in oro o in valute estere convertibili non inferiore al quaranta per cento del circolante55. Nel 1930 Stringher morì ed Azzolini gli succedette da Governatore. Erano gli anni della Grande Depressione e la svalutazione della sterlina, avvenuta nel Settembre 1931, e di gran parte delle altre monete equivalse di fatto a un’ulteriore rivalutazione della Lira. Ciò non fu più sostenibile per l’economia italiana, già gravata da politiche pesantemente deflattive e pesanti furono le conseguenze sull’attività economica e sul sistema finanziario56. Inizialmente fu Banca d’Italia a salvare dal tracollo le maggiori banche del Paese, gonfie di partecipazioni azionarie sempre più svalutate, ma presto l’istituto si ritrovò nella condizione di non poter più fare molto. A questo punto entra in scena un nuovo personaggio: Alberto Beneduce. Egli era stato Ministro del Lavoro con l’ultimo esecutivo democratico di Ivanoe Bonomi e dopo la salita al potere di Mussolini aveva scelto di non tornare più in Parlamento. Ciò nonostante godeva di una tale stima che pur senza prendere mai la tessera del Partito Nazionale Fascista divenne ben presto uno dei più autorevoli consiglieri economici di Mussolini e dei Ministri delle Finanze De Stefani e Volpi 57. Fu proprio Beneduce, uomo delle istituzioni liberali e del sud, nato a Caserta, a realizzare un canale privilegiato e separato di finanziamento per il settore industriale, separando il credito a breve, assegnato agli istituti ordinari da 54 Cfr. B. EICHENGREEN, M. FLANDREAU, Gold Standard in Theory & History, Routledge, New York, Prima Edizione 1985, Edizione Consultata 2005, [en] – Abbiamo un diverso tipo di Sistema Aureo, detto gold exchange standard: ovvero, le banconote sono convertibili solo in parte, risultando la quantità della carta-moneta circolante come un multiplo del valore dell'oro posseduto dallo Stato. Quindi la circolazione cartacea è convertibile solo parzialmente in oro. 55 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/il_dopoguerra) 56 Ibidem 57 M. FRANZINELLI, M. MAGNANI, Beneduce. Il finanziere di Mussolini, Mondadori, Milano, 2009 15 quello a medio e lungo termine58. furono così creati prima l'Istituto Mobiliare Italiano (IMI) con il compito di assicurare i finanziamenti di medio - lungo periodo59 e poi l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), che acquisì il controllo delle società cui le banche avevano conferito le partecipazioni industriali e delle finanziarie che a loro volta controllavano le banche 60. Nel frattempo, Azzolini ben sapeva che non sarebbe servito a nulla protestare contro le politiche deflazioniste del Governo, soprattutto in una situazione di orientamento protezionistico dell’economia che avrebbe minato l’autonomia della Banca61. Tuttavia riuscì ad attenuare la deflazione richiesta dal regime, grazie ad una lettera a Mussolini in cui argomentava che la liquidità non poteva essere ridotta ulteriormente senza produrre un senso di soffocamento delle energie vitali del Paese62. Finalmente, nel 1936, la Lira fu svalutata del quarantuno per cento e l’economia riuscì a trarne benefici consistenti63. Nello stesso anno fu eliminata di fatto la convertibilità della Lira in oro e fu sospeso l'obbligo della riserva aurea64: in questo modo veniva eliminato ogni limite alla possibilità che il Ministero del Tesoro si finanziasse presso la Banca centrale, la quale così facendo non aveva più il controllo della moneta65. Sempre nel 1936 fu elaborata in ambito IRI, ed al di fuori del controllo e talvolta della conoscenza dello stesso Azzolini, la legge di riforma bancaria66. La Banca assunse la definizione di ―istituto di diritto pubblico‖ e le fu affidata definitivamente la funzione di emissione, la quale fino a quel momento era 58 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 35 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/il_dopoguerra) 60 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.36 61 Ibidem 62 F. COTULA, L. SPAVENTA, La politica monetaria tra le due guerre 1919-1935, Editori Laterza, Roma-Bari, 1993, p. 725 63 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.33 64 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/il_dopoguerra) 65 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.33 66 Ivi, p.34 59 16 stata dalla Banca centrale solo in concessione67. Le quote in possesso di azionisti privati furono espropriate ed affidate successivamente ad enti pubblici, contemporaneamente fu vietato alla Banca di svolgere la funzione di istituto commerciale e quindi di erogare credito alle imprese non bancarie68. Il R.D.L. n. 375 del 12 Marzo 193669, oltre alle innovazioni sopra citate, innovò anche il sistema di vigilanza creditizia e finanziaria. Esso definì l’attività bancaria funzione di interesse pubblico70 e creò un nuovo organo per migliorare l'azione di vigilanza: l’Ispettorato per la difesa del risparmio e l'esercizio del credito, presieduto dal Governatore e operante anche con mezzi e personale della Banca d'Italia, ma diretto da un Comitato di ministri presieduto dal capo del Governo71. Azzolini, nonostante la politica isolazionista, dell’Italia, riorganizzò il Servizio Studi per coltivare relazioni esterne, soprattutto con il mondo anglosassone72. La seconda guerra mondiale rappresentò una tragedia anche economica per il Paese: con la fuga del re, la nascita della Repubblica Sociale Italiana a Salò ed i combattimenti nella penisola la situazione non poté che peggiorare. La Lira si ridusse ad un trentesimo del suo valore nel 1938, per capire la gravità della situazione basti pensare che alla fine della prima guerra mondiale il valore della Lira era un quinto di quello antecedente l’inizio delle ostilità. La Banca d’Italia, come tutte le amministrazioni statali, visse momenti drammatici con lo sdoppiamento delle attività amministrative tra il nord, occupato dai fascisti, ed 67 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/il_dopoguerra) 68 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.36 69 Cfr. Archivio Storico della Camera dei Deputati (http://archivio.camera.it/patrimonio/archivio_della_camera_regia_1848_1943/are01o/docume nto/CD0000006231) 70 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, p.58 71 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/il_dopoguerra) 72 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.35 17 il sud, liberato dagli alleati. Nel Gennaio 1945 Luigi Einaudi fu nominato Governatore ed iniziò a lavorare per il ritorno alla normalità73. 1.2 Dal secondo dopoguerra ad oggi 1.2.1 I trenta mesi di Einaudi Luigi Einaudi è stato, tra i Governatori della Banca d’Italia, quello che ha avuto il mandato più breve, ma la sua azione è stata al tempo stesso tra le più incisive74. Già nella cerimonia d’insediamento, il Governatore Einaudi insiste sull’esigenza di proseguire nella collaborazione tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro75: «La Banca d’Italia, pur nella sua autonomia, è la longa manus del Tesoro nel convogliare il risparmio del Paese per quella parte che non affluisce direttamente nel pubblico erario a mezzo delle casse postali, degli istituti di credito ed assicurativi e nelle sottoscrizioni dei buoni del tesoro, […] attraverso la Banca, a fare fronte alle esigenze del bilancio statale; e le anticipazioni di circolante colmano la differenza.»76 Questo doveva avvenire senza soffocare le energie dei privati, i quali avrebbero supportato gran parte del peso della ricostruzione, che si sarebbe rivelato pesantissimo da portare. Infine, la Banca d’Italia doveva inquadrarsi nei nuovi organismi internazionali creati a Bretton Woods per non perdere la ripresa mondiale77. L’economista si ritrovò a gestire l’istituto avendo solo parte degli strumenti funzionanti: pur essendo ancora in vigore la riforma del 1936, nel 1944 erano stati soppressi il Comitato dei Ministri, presieduto dal Capo del Governo e costituito dai Ministri delle Finanze, dell’Agricoltura e delle 73 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/1936/il_dopoguerra) 74 R. FANUCCI, Il governatorato di Luigi Einaudi (1945-1947), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.39 75 Ivi, p.51 76 L. EINAUDI, a cura di P. BARUCCI, Considerazioni finali della Banca d'Italia, Treves Editore, Roma, 2008 77 R. FANUCCI, Il governatorato di Luigi Einaudi (1945-1947), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.51 18 Corporazioni, e l’Ispettorato per la difesa del risparmio e l’esercizio del credito, presieduto dallo stesso Governatore78. Questi organismi erano fondamentali per consentire il corretto funzionamento della Banca d’Italia79. Il legislatore interviene nel 1947 per colmare questo vuoto: con il Decreto Legge n. 691 del 17 Luglio 194780, al Comitato dei Ministri subentra un nuovo organo: il Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio81. A questo nuovo organo è attribuita la funzione di vigilanza in materia di tutela del risparmio e di esercizio della funzione creditizia. Con lo stesso decreto sono trasferite definitivamente alla Banca d’Italia le funzioni del vecchio Ispettorato, garantendo all’istituto l’acquisizione della titolarità delle competenze tecnicoamministrative di vigilanza bancaria82. Le banche private non ebbero problemi di stabilità, al contrario del primo dopoguerra: poiché erano dotate di scarsi immobilizzi83. Il primo compito di Einaudi fu quello di arrestare l’inflazione. In ciò fu aiutato dal neonato il Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio: fu utilizzato un nuovo sistema di riserve obbligatorie, calcolate in modo da assorbire il superfluo residuo di liquidità costituito dai depositi delle banche presso la Banca centrale84. In secondo luogo il Governatore dovette intervenire per porre un limite all’indebitamento del Tesoro nei confronti della Banca Centrale: Legislativi n.7 del 21 Gennaio 85 così, nel 1948 con i Decreti e n.544 del 7 Maggio86 fu posto il limite, nel primo caso in valore assoluto di cento miliardi87 per l’importo massimo delle 78 R. FANUCCI, Il governatorato di Luigi Einaudi (1945-1947), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.52 79 Ibidem 80 Cfr. Sito ufficiale Edizioni Europee Informatica S.r.l, (http://www.edizionieuropee.it/data/html/14/zn30_11_003.html) 81 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, p.64 82 Ibidem 83 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/guerra) 84 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, p.66 85 Cfr. Normattiva - Banca dati sulle leggi italiane, (http://www.normattiva.it/urires/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1948-00-00;7) 86 Cfr. Sito ufficiale Edizioni Europee Informatica S.r.l, (http://www.edizionieuropee.it/data/html/1/zn12_02_005.html) 87 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, p.69 19 anticipazioni temporanee e nel secondo caso del quindici per cento delle spese previste nel bilancio dello Stato88. In seguito, Einaudi, diede un’accelerata al processo di inserimento nella comunità finanziaria internazionale iniziato nel 1946 con l’adesione agli accordi di Bretton Woods: diede inizio alla liberalizzazione del commercio dei cambi e per la gestione delle transazioni valutarie fu creato l’Ufficio Italiano Cambi89. Nel documento istitutivo di quest’ultimo Einaudi volle che fossero inserita questa dizione: « Fino a quando durerà il monopolio dei cambi, è riservato all'Ufficio Italiano dei Cambi il commercio delle divise e di qualsiasi altro mezzo che possa servire per pagamenti all'estero, in tutte le forme possibili.»90 Grande innovazione fu costituita dall’inserimento del principio della tutela del risparmio, fissato nella nuova Costituzione del 1948 con l’art. 47. L’azione della Banca in questo periodo fu essenziale sia per stabilizzare la Lira e costruire una piattaforma da cui partire per avere una crescita non inflazionistica, sia per attrarre e gestire gli aiuti internazionali che consentirono di uscire dall’emergenza e di avviare la ricostruzione. 1.2.2 Domenico Menichella ed i primi germogli di Europa Nel 1948 Einaudi fu eletto Presidente della Repubblica, così divenne Governatore della Banca d’Italia l’ex Direttore Generale Domenico Menichella. Gli obiettivi della Banca restarono pressappoco gli stessi: garantire stabilità alla moneta e favorire una ripresa economica91. Gli strumenti economici per Menichella erano gli stessi degli anni scorsi: l’istituto a quel tempo aveva solo limitate possibilità di controllo della base monetaria. L’offerta di carta moneta dipendeva principalmente dal deficit di cassa dello Stato, mentre l’offerta di riserve bancarie era controllata dal Governo, per quanto riguardava i buoni del Tesoro acquistati dagli istituti privati, o dalle 88 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/guerra) 89 Ibidem 90 G. CARLI, Pensieri di un ex governatore, Edizioni Studio Tesi, Pordenone, 1988, p.105 91 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/ricostruzione_svil) 20 banche92. L’unica strada che aveva quindi Menichella per influire sulla base monetaria era la moral suasion nei confronti delle banche: doveva influenzarle affinché creassero o distruggessero moneta nella quantità ritenuta sufficiente93. Chiaramente ciò sarebbe potuto avvenire solo se Banca centrale e grandi gruppi bancari privati avessero operato in simbiosi: ebbene, Menichella fu maestro nel costruire con le grandi banche, quasi tutte di proprietà pubblica, un rapporto di fiducia estremamente saldo94. Tanto è vero che durante il governatorato di Menichella si narra che mai la vigilanza varcò la soglia di uno dei grandi gruppi bancari95. Con il capo della Banca Nazionale del Lavoro, Ing. Imbriani Longo, addirittura Menichella costruì un rapporto personale di fiducia e rispetto reciproco96. Menichella alle banche private inviò poche direttive formali e molti messaggi informali, ma alla fine fu capace di esprimere un fronte unico in grado di neutralizzare quelle variabili su cui aveva scarso potere di controllo: l’economia internazionale e l’attività dello Stato97. Il fine ultimo di Menichella fu quello di mantenere la l’offerta monetaria ritenuta adeguata a consentire lo sviluppo veloce dell’economia industriale italiana98. Il governatorato di Menichella è storicamente importante anche perché proprio in quegli anni nascono i primi germogli di quella che sarà l’Europa unita99. 1.2.2 Guido Carli, il boom economico ed il ritorno dell’inflazione Nel 1960 Domenico Menichella lasciò la guida della Banca d’Italia, al suo posto subentrò Guido Carli. Il nuovo Governatore, negli anni successivi, assistette alla graduale trasformazione del quadro strutturale dell'economia del 92 M. DE CECCO, Il governatorato di Donato Menichella (1947-1960), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.80 93 Ibidem 94 M. DE CECCO, Il governatorato di Donato Menichella (1947-1960), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.80 95 Ibidem 96 M. DE CECCO, Il governatorato di Donato Menichella (1947-1960), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.78 97 Ivi, p.81 98 Ibidem 99 Cfr. Paragrafo 2.1 21 Paese e tentò di adeguare la Banca ad esso100. Giangiacomo Nardozzi parlando nel 1988 della politica inaugurata durante il governatorato Carli dalla Banca d’Italia, diede la definizione di politica del contrappeso: ovvero, la partecipazione dei Governatori della Banca alla scelta delle politiche economiche, quindi non solo monetarie, da attuare nel medio – lungo periodo101. Nel 1964 Carli individua nell’assetto monetario internazionale la presenza di forze non facilmente dominabili dalle autorità monetarie, quindi avverte che non si possono comprendere queste forze senza prescindere dalle condizioni strutturali di base che sono parte del sistema102. Le idee di Carli probabilmente influenzarono il potere politico, tanto è vero che proprio in quegli anni si scelse per l’istituto una nuova strategia: la Banca doveva essere coinvolta attivamente anche nel processo di negoziazione politica103. La Banca d’Italia quindi assunse ampi poteri di strutturazione e configurazione, in autonomia dal governo, del sistema finanziario e creditizio ed inoltre ebbe sempre maggior voce sull’intera strategia economica del Paese104. Ciò però ebbe un prezzo: la Banca dovette abbandonare in buona sostanza la sua tradizionale missione, cioè la stabilità della moneta e dei mercati finanziari, per consegnare e piegare la politica monetaria alle esigenze di questo nuova politica105. Carli fin dall’inizio del suo mandato fece intuire con la Banca d’Italia risultasse inadeguata alla nuova missione alla quale era chiamata, quindi si dedicò ad arricchirla tecnicamente e ad ammodernarla106. I sistemi economici erano divenuti più complessi e gli strumenti tradizionali, in particolar modo quelli che regolavano la politica monetaria, non erano più sufficienti. Le maggiori innovazioni introdotte in questo periodo da Carli 100 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/ricostruzione_svil) 101 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.40 102 G. GUARINO, Il governatorato di Guido Carli (1960-1975), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.86 103 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.40 104 Ibidem 105 Ibidem 106 G. GUARINO, Il governatorato di Guido Carli (1960-1975), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.90 22 furono le operazioni a mercato aperto107 ed il rifinanziamento delle aziende di credito, riducendo il limite superiore della riserva obbligatoria108 109 . In questo modo la Banca centrale aveva nuovi strumenti per immettere carta – moneta nel sistema economico o per assorbirla, quindi le possibilità di manovra in politica monetaria aumentarono in misura esponenziale. Oltre agli strumenti di politica monetaria Carli si adoperò anche nel potenziamento del Centro Studi: sotto il suo governatorato fu introdotto il modello econometrico110 e furono realizzati i conti finanziari111. Il governatorato di Carli è ricordato anche per il periodo difficile dal punto di vista economico vissuto alla fine degli anni Sessanta: la fine degli accordi di cambio concordati a Bretton Woods, il passaggio alla fluttuazione dei cambi a causa della decisione del Governo statunitense di sganciare il dollaro, il brusco aumento del prezzo del petrolio112. Tutto ciò portò ad un fenomeno fino ad allora sconosciuto, convissero due mali ritenuti fino a quel momento antitetici: stagnazione e inflazione113. L’inflazione in Italia raggiunse vette maggiori rispetto agli altri Paesi industrializzati: tra il 107 Operazioni di transazione che la banca centrale effettua in Borsa per sostenere la moneta nazionale. Mediante questo tipo di operazioni l’istituto emittente acquista o vende titoli di Stato, immettendo o assorbendo moneta: quindi i titoli vengono poi ricollocati in un'asta esterna alla Borsa riservata a grandi investitori, i quali rivendono i titoli ai risparmiatori e ad altri soggetti economici. Sito ufficiale della Borsa Italiana, (http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/operazioni-mercato-aperto.htm#) 108 La aziende di credito erano enti raccoglitrici di risparmio a breve termine, con l’introduzione in tempi recenti della banca universale come la conosciamo noi tale categoria è stata inglobata ed è scomparsa. che deve essere accantonata alle banche centrali in appositi conti degli istituti di credito. La riserva obbligatoria serve alla banca centrale per garantire che ogni istituto sia in grado di saldare il proprio debito. L’aumento o la diminuzione della riserva obbligatoria è uno strumento di politica monetaria, poiché fa aumentare o diminuire il circolante - P. SAMUELSON, W.D. NORDHAUS, C.A. BOLLINO, Economia, The McGraw - Hill Companies, diciannovesima edizione 2009, pp. 268 e seguenti 109 G. GUARINO, Il governatorato di Guido Carli (1960-1975), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.90 110 Si occupa dell’analisi dei fenomeni economici. Cfr. Sito ufficiale della Società econometrica, (http://www.econometricsociety.org/) [en] 111 Si tratta di un modello finanziario costituito da una tabella a due colonne: nella colonna ―dare‖ vengono inserite le variazioni finanziarie attive, mentre nella colonna ―avere‖ vengono inserite le variazioni finanziarie passive. – Cfr. Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/temist/cofin03/manuale_conti_finanziari.pdf) 112 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/la_turbolenza) 113 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/la_turbolenza) 23 1973 e il 1984 non scese mai al di sotto del 10 per cento114. Le cause di dell’inflazione fuori controllo non furono solo esterne: la crescita della disoccupazione e la spesa pubblica fuori controllo non accompagnata da un aumento delle entrate giocarono un ruolo importante115. Nel frattempo il processo di integrazione a livello europeo procedette spedito116. 1.2.3 Paolo Baffi: attacco alla Banca d’Italia Paolo Baffi fu nominato Governatore il 19 agosto 1975 in sostituzione del dimissionario Guido Carli. Il suo governatorato fu senza dubbio di rottura rispetto al passato: in esso saranno poste le basi per la successiva deflazione ed in esso si riscontrerà la forte spinta ad isolare la Banca d’Italia dal potere politico117. Il nuovo Governatore si rese conto che l’estesa influenza che ormai la Banca centrale esercitava in materia di politica economica aveva finito per minare l’indipendenza e la credibilità in materia di lotta all’inflazione118. Baffi cercò di sfuggire a quella funzione di supplenza alle decisioni politiche che soprattutto nell’ultimo periodo era stata la norma: cercò di stabilire una distanza più marcata con il mondo della politica, riaffermando la Banca d’Italia come Ente indipendente, capace di intraprendere rapporti dialettici e non accondiscendenti con le altre istituzioni statali119. Baffi cercò di recuperare margini di autonomia sufficienti nell’azione dell’istituto, restituendo talune responsabilità decisionali alle forze politiche. A tal proposito scriveva nelle considerazioni di fine anno del 1977: «[…] il direttorio della Banca d’Italia è poco incline ad assumere responsabilità globali di politica economica. Solo se l’azione sulla moneta e sul credito è complementare, e non sostitutiva, di quelle che altri centri e altre forze della vita economica esercitano su variabili ad essi più vicine, l’economia può indirizzarsi verso 114 A. FAZIO, La politica monetaria in Italia dal 1947 al 1978, in Moneta e Credito, n. 127, Settembre 1979 115 Ibidem 116 Cfr. Paragrafo 2.2 117 G.B. PITTALUGA, Il governatorato di Paolo Baffi (1975-1979), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.151 118 Ivi, p.130 119 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.41 24 una migliore realizzazione degli obiettivi ultimi di benessere e di giustizia distributiva. L’azione della banca centrale sarà tanto più efficace e tanto meglio compresa quanto più si riconoscerà che il suo compito non è di perseguire da sola quegli obiettivi, bensì quello, più importante, ma più modesto, di contribuirvi operando per la stabilità del valore della moneta.»120. Tale linea della Banca d’Italia fu legittimata dalla decisione della CEE di istituire il Sistema Monetario Europeo121. Per quanto riguardava l’inflazione, secondo Baffi in Italia esisteva una coalizione politico – sociale che promuoveva e sosteneva l’inflazione: da un lato l’ampio disavanzo dello Stato determinava un’eccessiva immissione di liquidità nel sistema, dall’altro lato le imprese avevano ben poca avversione alla crescita inflazionistica, poiché l’inflazione portava una continua riduzione del peso del debito e nello stesso tempo il cambio favorevole dava competitività sui mercati internazionali122. Il Governatore era molto scettico sulle reali capacità dell’istituto di controllare l’inflazione in questa congiuntura storica123. Infatti, durante il governatorato Baffi non si riuscì ad arginare del tutto questo fenomeno, ma furono messe le basi affinché una politica deflazionistica seria potesse sanare il sistema economico durante il governatorato di Ciampi124. Baffi diede nuova vita anche al potere di vigilanza della Banca centrale. Tale potere era stato accantonato negli anni precedenti: utilizzando forti elementi di discrezionalità e rapporti bilaterali erano spariti anche i riferimenti all’attività di vigilanza che solitamente erano presenti nella relazione annuale di fine anno fino al 1963125. A partire dal 1976 al tema della vigilanza fu dedicato un intero paragrafo nelle Considerazioni finali e dal 1978 addirittura un capitolo126. Nel marzo 1979 un fulmine a ciel sereno colpì l’istituto di Via Nazionale: Baffi fu incriminato per favoreggiamento ed interesse privato in atti d'ufficio. L’inchiesta riguardava il 120 G.B. PITTALUGA, Il governatorato di Paolo Baffi (1975-1979), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.130 121 Cfr. 2.2 122 G.B. PITTALUGA, Il governatorato di Paolo Baffi (1975-1979), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.133 123 Ibidem 124 Ivi, p.135 125 Ivi, p.147 126 Ivi, p.148 25 mancato esercizio della vigilanza sugli istituti di credito. Oltre a Baffi anche il vicedirettore Mario Sarcinelli fu incriminato ed addirittura arrestato 127. Furono ambedue integralmente prosciolti in istruttoria l'11 giugno 1981, ma Baffi preferì ugualmente dimettersi dall'incarico di Governatore128. Paolo Baffi e Mario Sarcinelli ricevettero numerosi attestati di solidarietà da parte sia del mondo economico sia da quello politico. In particolare, 147 economisti firmano un appello pubblico in loro favore ed una lettera manoscritta del Segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer giunse all’ex Governatore129. 1.2.4 Il governatorato di Ciampi ed il divorzio Tesoro – Banca d’Italia Nel pieno della tempesta scatenata dalle accuse a Baffi e Sarcinelli, Carlo Azeglio Ciampi fu nominato Governatore della Banca d’Italia, in sostituzione del suo dimissionario predecessore130. Ciampi in seguito ha raccontato un aneddoto riguardante quei concitati momenti: «Appena nominato Governatore andai a rendere omaggio al Capo dello Stato e dissi chiaramente che se Mario Sarcinelli avesse dovuto lasciare la Banca d'Italia, mi dovevano considerare dimissionario»131. Fin da quei primi momenti s’intuì che Ciampi non sarebbe stato un Governatore qualunque. Di formazione umanistica, era infatti laureato in Filosofia ed in Giurisprudenza132, seppe guidare in modo fermo e deciso l’istituto attraverso anni molto complicati: sia dal punto di vista interno, vedi accuse ed arresti, sia da quello esterno, vedi gli sconvolgimenti che il Trattato 127 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/la_turbolenza) 128 Ibidem 129 S. GERBI, B. A. PICCONE, Parola di Governatore, Nino Aragno Editore, Torino, 2013 130 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/maastricht) 131 Sito ufficiale di La Storia siamo noi, programma di approfondimento storico della Rai puntata "Qualunque cosa succeda" dedicata a Giorgio Ambrosoli (http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/qualunque-cosa-succeda/1000/default.aspx) 132 Sito ufficiale del Quirinale, la biografia di Carlo Azeglio Ciampi, (http://www.quirinale.it/qrnw/statico/ex-presidenti/Ciampi/cia-biografia.htm) 26 di Maastricht avrebbe apportato di lì a poco133. Nel 1979-1980 un nuovo shock petrolifero causò un netto rialzo dei prezzi: l’inflazione galoppava oltre il 20% ed i prezzi salirono di circa il 15%134. Per frenare quest’ascesa e per ristrutturare in parte il sistema produttivo furono necessari due eventi: nel 1979 entrò in vigore il Sistema Monetario Europeo, accompagnato da una politica di stabilizzazione dei cambi135; nel 1981 il cosiddetto ―Divorzio Tesoro – Banca d’Italia‖, ovvero il raggiungimento da parte dell’istituto dell’autonomia sulle decisioni per l’acquisto dei Buoni Ordinari del Tesoro rimasti invenduti nelle aste ordinarie136. Di particolare importanza fu quest’ultimo evento: protagonisti del quale furono l’allora Ministro del Tesoro Nino Andreatta ed il Governatore Ciampi. La scelta non fu facile, tanto è vero che Andreatta dieci anni dopo scriveva così: «Il divorzio non ebbe allora il consenso politico, né lo avrebbe avuto negli anni seguenti; nato come congiura aperta tra il Ministro ed il Governatore divenne un fatto della vita che sarebbe stato troppo costoso abolire per ritornare alle più confortevoli abitudini del passato»137. La separazione tra la Banca Centrale ed il Ministero è consensuale. Vi è anche un carteggio tra Ciampi ed Andreatta che lo conferma: entrambi sono concordi nel cercare di donare all’istituto maggiore autonomia nei confronti del Tesoro, necessaria per regolare al meglio la politica monetaria del Paese 138. L’idea di unità monetaria europea nasce proprio in quegli anni; l’eredità politica lasciata da Ciampi ed Andreatta è legata in modo anche abbastanza esplicito alla moneta unica: autonomia delle banche centrali, stabilità dei prezzi e divieto di finanziamento dei disavanzi pubblici sono diventati capisaldi nel cammino 133 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/maastricht) 134 G. NARDOZZI, Il governatorato di Carlo Azeglio Ciampi (1979-1993), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.155 135 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.41 136 G. MUSSARI, Un cambiamento per la stabilità monetaria, in AREL, L'autonomia della politica monetaria - il divorzio Tesoro - Banca d'Italia trent'anni dopo, Il Mulino, Roma, 2011, p.13 137 Ibidem, Il Sole 24 Ore, Luglio 1991 138 M. DRAGHI, Una scelta coraggiosa che guardava avanti, in AREL, L'autonomia della politica monetaria - il divorzio Tesoro - Banca d'Italia trent'anni dopo, Il Mulino, Roma, 2011, p.37 27 verso l’Euro ed in Italia si sono affermati proprio in quel periodo139. Il Divorzio, tuttavia, non fu importante solo dal punto di vista della politica monetaria. L’autonomia dell’istituto era fondamentale anche per un altro aspetto: quello della vigilanza. In un sistema come quello italiano la funzione di sorveglianza e guida degli istituti di credito è indispensabile per evitare ingerenze politiche140. In questo campo fu proprio sotto in governatorato di Ciampi che si ebbe una svolta141. Il futuro Presidente della Repubblica era consapevole del fatto che per aumentare l’efficienza operativa delle banche e per far si che il sistema finanziario desse un contributo significativo al rafforzamento della competitività dell’industria era necessario promuovere la concorrenza142. Ciampi era consapevole che questo snodo si sarebbe rivelato fondamentale: l’industria italiana era nella condizione storica di doversi riorganizzare e senza il supporto degli istituti di credito questo sarebbe stato impossibile143. La vigilanza da parte di Via Nazionale si estese negli anni Ottanta anche agli intermediari non bancari. Prima di allora la supervisione avveniva attraverso una serie di autorizzazione che erano rilasciate per orientare la struttura del sistema, da quel momento furono decise delle regole generali di comportamento cui tutti dovevano attenersi144. La Banca d’Italia comunque non fu l’unica a modificare il suo modus operandi in virtù del Divorzio dal Tesoro. La stessa controparte, in altre parole il Ministero, finì per dotarsi di un proprio centro studi, dopo anni di sostanziale subordinazione al Servizio Studi della Banca d’Italia145. L’istituto negli ultimi anni del governatorato Ciampi visse anche un’ulteriore rivoluzione: fu attuata la completa informatizzazione del sistema con il varo del Mercato telematico dei 139 M. DRAGHI, Una scelta coraggiosa che guardava avanti, in AREL, L'autonomia della politica monetaria - il divorzio Tesoro - Banca d'Italia trent'anni dopo, Il Mulino, Roma, 2011, pp.40-41 140 F.A. GRASSINI, Come garantire l'autonomia del Governatore, in AREL, L'autonomia della politica monetaria - il divorzio Tesoro - Banca d'Italia trent'anni dopo, Il Mulino, Roma, 2011, p.84 141 G. NARDOZZI, Il governatorato di Carlo Azeglio Ciampi (1979-1993), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.161 142 Ivi, p.162 143 Ivi, p.163 144 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/anni50/maastricht) 145 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.42 28 depositi interbancari (MID)146. Infine, durante gli ultimi anni in cui Ciampi fu in Via Nazionale fu firmato il Trattato di Maastricht, con il quale furono stabiliti severi parametri di convergenza ai quali avrebbero dovuto adeguarsi i paesi per entrare nell’unione monetaria147. 1.2.5 Da Fazio a Visco: la Banca d’Italia oggi Nel 1993 Carlo Azeglio Ciampi fu chiamato al governo, così Antonio Fazio gli successe e divenne il nuovo Governatore. Il nuovo governo diede risposte forti alla crisi: furono effettuati tagli alla spesa pubblica e furono aumentate le entrate per risanare il deficit. Fino al 1996 la Banca mantenne un certo rigore monetario, cosicché anche l’inflazione si ridusse notevolmente148. Il governatorato di Fazio è stato segnato soprattutto dalla convergenza, anche negli assetti istituzionali, con le altre Banche centrali europee, in linea con le prescrizioni di quello che era stato il Trattato di Maastricht 149. In particolare, sono stati eliminati gli obblighi di specializzazione, i quali hanno caratterizzato le banche italiane fin dalla legge bancaria del 1936. era così introdotta in Italia la figura della banca universale150. Inoltre, vi sono state due leggi particolarmente innovative per la Banca d’Italia: il Testo unico bancario dell’autunno del 1993 ed il Testo unico della finanza del 1998. La prima ha avuto lo scopo di aumentare l’autonomia della Banca centrale, salvaguardando la libertà d’iniziativa e l’indipendenza in tema di interventi per regolare e controllare la liquidità151. La seconda ha cercato di raggruppare le nuove regole generali per quanto riguardava l’attività bancaria, creditizia e finanziaria 152. La 146 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/europa) 147 Ibidem 148 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, pp.116-117 149 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/europa) 150 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, pp.111-115 151 Ivi, p.113 152 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/europa) 29 legge 28 dicembre 2005, n. 262153, contente disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari, riforma nuovamente la struttura dell’istituto: per la prima volta è introdotto un termine al mandato del Governatore e dei membri del Direttorio ed ha previsto la ridefinizione delle quote di partecipazione all’istituto154. Tale regolamento non è stato comunque mai redatto155. I rapporti di Fazio con il potere politico hanno vissuto fasi alterne. Nel 2001, nelle considerazioni finali all’assemblea generale, il Governatore dichiarò di appoggiare in pieno le scelte economiche del governo Berlusconi, parlando di un possibile nuovo miracolo economico 156. Nel 2005, per la seconda volta nella storia dell’istituto di Via Nazionale, un Governatore resta implicato in guai giudiziari. Il quotidiano Il Giornale pubblicò alcune intercettazioni telefoniche, le quali lasciavano trasparire un intervento del Governatore affinché la Banca Centrale approvasse un'offerta pubblica d'acquisto da parte di Banca Popolare di Lodi della Banca Antonveneta. Tale operazione nel frattempo era stata dichiarata illegittima dall’ufficio di vigilanza della Banca. Dalle stesse intercettazioni si può dedurre che l’intervento di Fazio derivi dalla sua appartenenza ad un gruppo d’affari, del quale farebbero parte politici ed imprenditori. Proprio come Baffi, anche Antonio Fazio ha deciso di dimettersi per intaccare la credibilità dell’istituto: ha quindi rassegnato dimissioni da Governatore il 19 dicembre 2005157. Il 29 Dicembre è stato nominato il suo successore: Mario Draghi. Il nuovo Governatore già con le sue prime Considerazioni Finali, risalenti al 31 Maggio del 2006, ha illustrato quelle che sarebbero state le linee guida del suo governatorato. Draghi fin dall’inizio ha dato alla Banca d’Italia una dimensione internazionale, ricordando che con l’Eurosistema il campo d’azione delle banche centrali dell’Unione è mutato rispetto ai classici impegni di vigilanza e 153 Archivio Storico della Camera dei Deputati, (http://www.camera.it/parlam/leggi/05262l.htm) 154 Ibidem 155 Sito ufficiale della Banca d'Italia, http://www.bancaditalia.it/, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/europa) 156 A. FAZIO, Considerazioni finali - Assemblea generale ordinaria dei partecipanti, Roma 31 Maggio 2001, Centosettesimo esercizio, Banca d'Italia, p.35 157 M. TRAVAGLIO, P. GOMEZ, Inciucio, Bur, Milano, 2010 30 politica monetaria158. Draghi ha posto anche l’accento sull’importante questione della crescita159, indicando le misure politiche da prendere per favorire la ripresa dell’economia160. Altra linea guida per la politica di Draghi in Via Nazionale è stata la ricerca della stabilità come condizione necessaria per lo sviluppo161. Nel 2011 Mario Draghi è scelto per guidare la Banca Centrale Europea. Prima di lasciare la guida della Banca d’Italia nelle ultime Considerazioni Finali da Governatore, quelle del 31 Maggio 2011, Draghi elenca nuovamente le misure da prendere per arginare la crisi ed agganciare la crescita: federalismo, taglio della spesa pubblica, diminuzione della tassazione e del costo del lavoro162. Dall’1 Novembre 2011 è subentrato il nuovo Governatore per sostituire il dimissionario Draghi, la scelta è ricaduta su Ignazio Visco. L’azione del nuovo Governatore è iniziata nel segno della continuità con il suo predecessore: stabilità, concertazione con l’Europa e rilancio dell’economia sono stati fin da subito al centro delle sue politiche163. 1.3 La governance 1.3.1 La natura giuridica ed il capitale sociale La Banca d’Italia ancora oggi non è facilmente inquadrabile dal punto di vista giuridico. L’art. 1 dello Statuto dell’istituto recita: «La Banca d’Italia è istituto di diritto pubblico.»164. Tuttavia fin dalla sua nascita l’istituto di Via Nazionale ha avuto una natura parzialmente privatistica, essendo nata come una società per azioni ed essendo 158 M. DRAGHI, Considerazioni finali - Assemblea generale ordinaria dei partecipanti, Roma 31 Maggio 2006, Centododicesimo esercizio, Banca d'Italia, p. 22 159 Ivi, pp. 9-14 160 Ibidem 161 Ivi, pp. 7-9 162 M. DRAGHI, Considerazioni finali - Assemblea generale ordinaria dei partecipanti, Roma 31 Maggio 2011, Centodiciassettesimo esercizio, Banca d'Italia, pp. 18-19 163 I. VISCO, Considerazioni finali - Assemblea generale ordinaria dei partecipanti, Roma 31 Maggio 2012, Centodiciottesimo esercizio, Banca d'Italia, pp. 3-17 164 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf) 31 sottoposta anche alla disciplina del codice del commercio165. Nel 1936 la Banca d’Italia nasce quindi come «[…] istituto di diritto pubblico», ma con capitale sociale di trecento milioni di lire sottoscritto da istituti di credito, banche, casse di risparmio, istituti di previdenza e di assicurazione, con una natura quindi privatistica nella sostanza166. Nello Statuto erano inizialmente previste delle limitazioni per l’ingresso dei privati per quanto riguardava la titolarità delle quote di capitale, infatti tutti gli istituti che partecipavano avevano natura pubblica167. Tuttavia, con il tempo tutti gli istituti sottoscrittori si trasformarono in società per azioni e nel 1990 con il d.lgs. n.356 168 fu consentita la titolarità di quote anche a società che erano diventate private. A quella data però, lo Statuto dell’istituto di Via Nazionale prevedeva ancora la partecipazione maggioritaria di soggetti pubblici. Un ulteriore intervento legislativo, cioè il d.lgs. n.153 del 1999169, ha ulteriormente disciplinato la partecipazione al capitale di banche, istituti di credito o assicurativi e delle fondazioni bancarie; inoltre, ha derogato definitivamente alla normativa civilistica le regole sulla circolazione di quote, diritto agli utili e diritto di voto in assemblea. Nel 2005 il legislatore ha tentato di riorganizzare la struttura proprietaria della Banca con la legge 262/2005, prevedendo che nell’arco di tre anni tutte le quote in possesso di privati sarebbero dovute passare allo Stato o ad altri enti pubblici170. Tuttavia all’approvazione della legge non è seguita l’esecuzione della stessa, tanto è vero che ad oggi tra i proprietari di quote della Banca d’Italia figurano molti soggetti privati171. L’ultima modifica risale al 29 Gennaio del 2014. In quel giorno è stato approvato alla Camera dei Deputati il cosiddetto decreto Bankitalia – Imu, questo tra le varie cose prevedeva che il capitale sociale della Banca d’Italia fosse aumentato da centocinquantaseimila euro circa, in altre parole l’equivalente dei trecento milioni del 1936, a sette 165 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.55 Ivi, p.56 167 Ibidem 168 Normattiva - Banca dati sulle leggi italiane, (http://www.normattiva.it/urires/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:1990;356) 169 Normattiva - Banca dati sulle leggi italiane, (http://www.normattiva.it/urires/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:1999;153) 170 Archivio Storico della Camera dei Deputati, (http://www.camera.it/parlam/leggi/05262l.htm) 171 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.58 166 32 miliardi e mezzo di euro172. L’aumento del capitale non è però avvenuto con l’inserimento di denaro da parte dei soci, ma sono state utilizzate le riserve statutarie, in altre parole le riserve di valute estere appartenenti al patrimonio dello Stato173. Peculiarità della Banca d’Italia è che lo Statuto interviene sulla questione della proprietà delle quote ed in particolare della distribuzione degli utili, in particolare l’art. 3 comma 4 recita: « Nessun partecipante può possedere, direttamente o indirettamente, una quota del capitale superiore a quanto previsto dalla legge. Per le quote possedute in eccesso non spetta il diritto di voto e i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d’Italia; tali quote debbono essere alienate nel termine stabilito dal Consiglio superiore.»174 La legge, in questo caso il già citato decreto Imu – Bankitalia, definisce nel 3% la quota massima di capitale che può essere posseduta da un singolo azionista, tuttavia il legislatore non ha ancora indicato le modalità con le quali i possessori di quote superiori dovranno adeguarsi alla normativa175. Uno dei problemi maggiori è quello della suddivisione degli utili. Il calcolo, come disciplinato dal d.lgs. 153/1999176, è fatto secondo le normali procedure civilistiche. Tuttavia lo Statuto precisa, nell’art. 40 comma 2: « 2. L’utile netto è così destinato: a) alla riserva ordinaria, fino alla misura massima del 20 per cento; b) ai partecipanti, fino alla misura massima del 6 per cento del capitale; c) alla riserva straordinaria e ad eventuali fondi speciali fino alla misura massima del 20 per cento; d) allo Stato, per l’ammontare residuo. 3. La riserva ordinaria, se diminuita per perdite, deve essere reintegrata in misura 172 Sito ufficiale de Il Fatto Quotidiano, (www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/30/imu-bankitaliase-il-governo-e-le-banche-diventano-soci-in-affari/863652/) 173 Ibidem 174 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf) 175 Sito ufficiale de Il Fatto Quotidiano, (www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/30/imu-bankitaliase-il-governo-e-le-banche-diventano-soci-in-affari/863652/) 176 Normattiva - Banca dati sulle leggi italiane, (http://www.normattiva.it/urires/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:1999;153) 33 corrispondente al suo precedente ammontare prima di dar luogo alle altre destinazioni previste dal secondo comma.»177 Quindi, considerando che ai soci può andare al massimo il 6% del capitale, ogni anno gli azionisti della Banca d’Italia potranno dividersi al massimo una torta di quattrocentocinquanta milioni di euro. Ad oggi le trecentomila quote della Banca d’Italia sono così divise: Partecipante Quote Intesa Sanpaolo S.p.A. 91.035 UniCredit S.p.A. 66.342 Assicurazioni Generali S.p.A. 19.000 Cassa di Risparmio in Bologna S.p.A. Ente 18.602 INPS 15.000 Banca Carige S.p.A. - Cassa di Risparmio di Genova e Imperia 11.869 Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. 8.500 Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. 7.500 Cassa di Risparmio di Biella e Vercelli S.p.A. 6.300 Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza S.p.A. 6.094 Cassa di Risparmio di Firenze S.p.A. 5.656 Fondiaria - SAI S.p.A. 4.000 Allianz Società per Azioni 4.000 Banco Popolare s.c. 3.668 Cassa di Risparmio del Veneto S.p.A. 3.610 Cassa di Risparmio di Asti S.p.A. 2.800 Cassa di Risparmio di Venezia S.p.A. 2.626 Banca delle Marche S.p.A. 2.459 INAIL 2.000 Milano Assicurazioni 2.000 Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia S.p.A. (CARIFVG 1.869 S.P.A.) Cassa di Risparmio di Pistoia S.p.A. 1.126 177 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf) 34 Cassa di Risparmio dell’Umbria S.p.A. 1.106 Cassa di Risparmio di Ferrara S.p.A. 949 Banca Popolare di Milano S.c.a r.l. 873 Cassa di Risparmio di Ravenna S.p.A. 769 Banca Regionale Europea S.p.A. 759 Cassa di Risparmio di Fossano S.p.A. 750 Banca Popolare di Vicenza S.c.p.A. 687 Cassa di Risparmio di Cesena S.p.A. 675 Banca dell’Adriatico S.p.A. 653 Cassa di Risparmio di S. Miniato S.p.A. 652 Cassa dei Risparmi di Forlì e della Romagna S.p.A. 605 Banca Carime S.p.A. 500 Società Reale Mutua Assicurazioni 500 Veneto Banca S.c.p.a. 480 Banca Popolare dell’Emilia Romagna S.c. 430 Banca CARIM - Cassa di Risparmio di Rimini S.p.A. 393 Cassa di Risparmio di Bolzano S.p.A. 377 Cassa di Risparmio di Bra S.p.A. 329 Cassa di Risparmio di Cento S.p.A. 311 Cassa di Risparmio della Spezia S.p.A. 266 Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo S.p.A. 251 Cassa di Risparmio di Orvieto S.p.A. 237 Banca Cassa di Risparmio di Savigliano S.p.A. 200 Cassa di Risparmio di Volterra S.p.A. 194 Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti S.p.A. 151 Cassa di Risparmio di Fermo S.p.A. 130 Cassa di Risparmio di Savona S.p.A. 123 TERCAS - Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo 115 Cassa di Risparmio di Civitavecchia S.p.A. 111 Credito Valtellinese S.c. 101 Cassa di Risparmio di Carrara S.p.A. 101 CARILO - Cassa di Risparmio di Loreto S.p.A. 100 Cassa di Risparmio della Repubblica di S. Marino S.p.A. 36 Banca CARIPE S.p.A. 8 Banca Monte Parma S.p.A. 8 35 Cassa di Risparmio di Rieti S.p.A. 8 Cassa di Risparmio di Saluzzo S.p.A. 4 Banca del Monte di Lucca S.p.A. 2 Dati tratti dal sito ufficiale della Banca d’Italia 178 1.2.3 L’evoluzione della governance La struttura di vertice della Banca d’Italia si articola fin dal principio in due sottostrutture: gli organi deliberativi e quelli direttivi179. Per organi deliberativi s’intendono l’Assemblea generale dei partecipanti, il Consiglio superiore ed il Comitato del Consiglio superiore. Gli organi direttivi, invece, sono il Governatore, il Direttore generale, ed i due Vicedirettori generali: l’insieme degli organi direttivi costituisce il cosiddetto Direttorio della Banca180. Nel corso degli anni la fisionomia della Banca d’Italia è rimasta molto simile. Pochi sono stati i cambiamenti: tra questi bisogna ricordare che inizialmente la figura del Governatore non era prevista ed all’inizio della sua storia il Consiglio superiore deteneva maggiori poteri rispetto a quelli attuali181. Il Consiglio superiore era inizialmente composto da 31 membri e ad esso spettava la nomina del Direttore generale e dei suoi vice, oltre a varie altre competenze di natura bancaria182. Il Consiglio superiore era espressione per 5 membri dell’Assemblea dei partecipanti, mentre per i restanti 26 era espressione dei Consigli delle sedi locali dell’istituto. Tuttavia il Consiglio superiore restava un organo portatore di interessi privati, mentre il Direttore generale rappresentava di più gli interessi pubblici: fu la dialettica tra questi due organi che nella prima parte di storia della Banca causò le prime modifiche alla governance 183. Sul finire dell’Ottocento, nel 1899, fu eliminata una delle due cariche di 178 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/partecipanti/Partecipanti.pdf) 179 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.59 180 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, p.124 181 A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228 182 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.59 183 Ibidem 36 Vicedirettore generale184. La dialettica tra direzione generale e Consiglio superiore vide prevalere alla lunga la prima. I motivi sono essenzialmente due: in primo luogo sempre più membri del Consiglio furono nominati dal Direttore generale, in questo modo l’Assemblea dei partecipanti perdeva potere sull’organo che sarebbe dovuto essere portatore dei propri interessi; in secondo luogo il Direttore generale si dimostrò l’unico organo in grado di dialogare con il potere politico, quindi le istanze degli azionisti per essere tutelate dovevano passare necessariamente attraverso questa mediazione185. Nel 1928 fu istituita la carica di Governatore. Da questo momento l’equilibrio di potere si sposta definitivamente dalla parte degli organi direttivi186. Sempre nel 1928 fu creato il Comitato del Consiglio, un organo consultivo con compiti di supporto al Consiglio superiore187. Nel 1936 intervenne una nuova riforma dopo della quale la struttura resterà pressoché invariata fino ai giorni nostri. Cambiarono in parte le regole per l’Assemblea dei partecipanti: avevano diritto ad intervenire solo coloro che erano in possesso di almeno 100 quote, fino a 500 quote ogni azionista aveva diritto ad un voto ogni 100 quote, da quel limite in poi aveva diritto ad un voto aggiuntivo ogni 500 quote. Il Consiglio superiore fu riformato nella composizione, non più 31 membri ma 15: eletti in misura di 12 dai Consigli delle sedi locali ed in misura di 3 dalla Corporazione della previdenza e del credito. Il Comitato del Consiglio, previsto inizialmente con una composizione di 11 membri, fu portato a 5: eletti in misura di 4 dal Consiglio superiore ed in misura di 1 dal Governatore188. Infine, con la riforma del 1936 fu sostanzialmente istituzionalizzata l’interferenza da parte del potere politico nella nomina degli organi direttivi: infatti, fu previsto che questi ultimi fossero si nominati dal Consiglio superiore, ma con decreto promosso dal Capo 184 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.60 F. BONELLI, La Banca d'Italia dal 184 al 1913, momenti della formazione di una banca centrale, Laterza, 1991, pp. 1-114 186 A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228 187 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.60 188 Ivi, p.61 185 37 del governo di concerto con il Ministro delle Finanze189. Il Consiglio fu inoltre spogliato di altri poteri: in particolare la politica monetaria passava sotto la potestà del Governatore ed anche le decisioni riguardanti il personale divenivano di responsabilità di quest’ultimo190. L’ultima modifica significativa prima dei giorni nostri è avvenuta nel 1969: anno in cui è stato inserito nuovamente un secondo Vicedirettore generale ed in cui i due Vicedirettori sono stati compresi nel Direttorio insieme al Governatore ed al Direttore generale191. 1.3.3 Gli organi deliberativi Gli organi deliberativi della Banca d’Italia sono gli organismi consiliari espressione degli azionisti192. Il più numeroso di questi è l’Assemblea dei partecipanti. Art. 9 comma 1 dello Statuto: «Hanno diritto di intervenire e votare in assemblea coloro che sono iscritti nel registro dei partecipanti da almeno tre mesi. I partecipanti che siano titolari di un numero di quote inferiore allo 0,1 per cento del capitale possono intervenire ed esprimere il proprio voto solo facendosi rappresentare da un altro partecipante.»193 L’Assemblea dei partecipanti pur essendo simile all’assemblea degli azionisti di una normale società per azioni ha delle regole diverse: poiché come detto nel paragrafo precedente194 il numero di voti non è proporzionale alla quota di partecipazione e comunque vi è un limite di 50 voti per partecipante. L’Assemblea delibera sul bilancio generale dell’istituto, sulla ripartizione degli utili e su alcune questioni riguardanti il personale, come l’ammontare dei 189 A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228 190 A. POLSI, Stato e Banca Centrale in Italia - Il governo della moneta e del sistema bancario dall'Ottocento ad oggi, Laterza, Roma-Bari, 2001, Cap. IV 191 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.62 192 Ivi, p.62 193 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf) 194 Cfr. 1.3.2 38 compensi spettanti ai funzionari. Oltre a questi poteri, che sono considerati ordinari, l’Assemblea ha anche un potere straordinario: ovvero l’approvazione di modifiche allo Statuto, le quali per prassi sono proposte dal Consiglio superiore su iniziativa del Governatore195. Art. 6 comma 1 dello Statuto: «Le assemblee dei partecipanti sono ordinarie e straordinarie. Le assemblee straordinarie deliberano sulle modificazioni dello statuto; le assemblee ordinarie deliberano su ogni altra materia indicata dallo statuto.»196 L’Assemblea generale ordinaria dei partecipanti è convocata dal Consiglio superiore, si svolge a Roma ogni anno non più tardi del 31 Maggio. Hanno diritto ad intervenire solo coloro che erano in possesso di almeno 100 quote, fino a 500 quote ogni partecipante ha diritto ad un voto ogni 100 quote, da quel limite in poi ha diritto ad un voto aggiuntivo ogni 500 quote. L’Assemblea raggiunge il numero legale se intervengono almeno un terzo dei partecipanti che posseggono almeno un quinto del capitale. Nel caso in cui questo limite non è raggiunto la seduta è rinviata a non meno di otto giorni ed a non più di quindi giorni dopo: in questa seconda convocazione la seduta sarà valida qualunque sia il numero dei rappresentanti ed il valore del capitale rappresentato. La delega è permessa a patto che il rappresentante legale non sia già membro del Consiglio o del Collegio sindacale197. Per quanto riguarda l’Assemblea straordinaria l’art. 11 dello Statuto recita: «L’assemblea straordinaria è regolarmente costituita quando sia rappresentato almeno un terzo del capitale. In mancanza, l’assemblea è riconvocata con le formalità stabilite nell’art. 10.» Un altro organo deliberativo è il Consiglio superiore. Esso equivale grossomodo, pur se con talune marcate differenze, al consiglio di 195 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.63 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf) 197 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, pp. 63-64 196 39 amministrazione di una normale società per azioni198. L’art. 15 dello Statuto regolamenta la composizione del Consiglio: «1. Il Consiglio superiore si compone del Governatore e di 13 consiglieri. I consiglieri sono nominati dall’assemblea, convocata ai sensi dell’art. 13, fra i candidati individuati dal comitato previsto dal comma 5, in possesso dei requisiti indicati nell’art. 16. 2. Ciascun consigliere rimane in carica 5 anni ed è rieleggibile per non più di due volte. 3. Il Direttore generale interviene alle riunioni del Consiglio e, quando non sostituisce il Governatore, ha soltanto voto consultivo. 4. I Vice Direttori generali assistono alle riunioni del Consiglio e uno di essi, su designazione del Consiglio superiore, assume l’ufficio di segretario e ne redige i verbali. 5. Il Consiglio superiore costituisce al proprio interno un comitato nomine, composto di tre consiglieri effettivi e due supplenti, con il compito di vagliare il possesso, da parte dei candidati alla nomina o alla rielezione a consigliere, dei requisiti di cui all’art. 16. Il Consiglio superiore disciplina il funzionamento di tale comitato attraverso un regolamento.»199 Il Consiglio, prima del 2006, aveva l’importante prerogativa della nomina del nuovo Governatore. Dopo la riforma di quell’anno è rimasto al Consiglio superiore il solo potere di formulare un parere consultivo non vincolante. Tuttavia, resta prerogativa del Consiglio la nomina del Direttore Generale e dei Vicedirettori generali, anche se è un potere puramente formale poiché tali nomine avvengono su proposta del Governatore stesso200. Inoltre il Consiglio detiene altre competenza: come per esempio alcuni poteri decisionali sulla gestione del personale, in tema di organico e di stipendi, la possibilità di emanare regolamenti interni, esaminare il bilancio annuale e decidere sull’impiego delle riserve. Al Consiglio è inoltre riservata la vigilanza 198 A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228 199 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf) 200 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.65 40 sull’andamento della gestione della Banca e l’autorizzazione preventiva alla compravendita di quote della stessa201. Il Governatore può delegare al Consiglio altre competenze rientranti nell’area dell’amministrazione della Banca, purché queste non siano già assegnate ad altri organi per Statuto202. Infine, il Consiglio detiene il potere di intervenire sull’organizzazione periferica della Banca, poiché ha compiti di gestione e supervisione delle filiali203. Dal punto di vista organizzativo il Consiglio superiore si riunisce a Roma ed è convocato e presieduto dal Governatore. Partecipano alle sedute anche il Direttore generale ed i Vicedirettori, ma essi hanno potere meramente consultivo204. Le riunioni ordinarie del Consiglio avvengono con cadenza bimestrale, mentre quelle straordinarie sono convocate a discrezione del Governatore oppure su richiesta di almeno tre consiglieri. Per essere valida la seduta, nel caso delle riunioni ordinarie, devono essere presenti almeno sette consiglieri. Il voto è a scrutinio segreto e le decisioni sono prese a maggioranza assoluta. Per essere valide le riunioni straordinarie, invece, devono essere presenti almeno due terzi dei consiglieri e le decisioni sono prese con una maggioranza qualificata di almeno due terzi dei presenti205. 1.3.4 Gli organi direttivi Riguardo agli organi direttivi la riforma del 2006 è stata determinante nel provocare cambiamenti significativi rispetto all’equilibrio precedente206. Sino ad allora il Direttorio in quanto tale non era considerato un vero e proprio organo: ma era considerato un insieme di organi individuali207. In passato su alcuni argomenti era prevista una delibera del Direttorio in quanto organo collegiale, ma questa eventualità era stata eliminata nel 1948 con le modifiche 201 P. FERRO-LUZI, Cosa è la Banca d'Italia, in Banca, Borsa, Titoli di Credito, vol. 60, n. 3, pp. 364-367 202 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.66 203 Ibidem 204 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf) 205 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.66 206 Ivi, p.67 207 A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia, Donzelli, 2006, capitolo 1 41 statutarie avvenute in quell’anno208. Da quel momento, con il Direttorio svuotato di veri e propri poteri, il Governatore divenne ancor più centrale nell’organigramma della Banca. Il Governatore accentrava a se poteri enormi sia su questioni interne alla Banca, sia su materie economiche ed addirittura, a volte, su decisioni da prendere in campo internazionale209. Con la riforma del 2006 molte cose sono cambiate: è stato aggiunto un nuovo Vicedirettore generale ed il Direttorio è stato trasformato in un organo collegiale, inoltre la facoltà di adottare «atti di rilievo esterno relativi all’esercizio di funzioni pubbliche»210 è passata dal Governatore ad Direttorio stesso. Art. 22 dello Statuto: «1. Il Direttorio è costituito dal Governatore, dal Direttore generale e da tre Vice Direttori generali. 2. I membri del Direttorio durano in carica sei anni. Il mandato è rinnovabile per una sola volta. 3. Al Direttorio spetta la competenza ad assumere i provvedimenti aventi rilevanza esterna relativi all’esercizio delle funzioni pubbliche attribuite dalla legge alla Banca o al Governatore per il perseguimento delle finalità istituzionali.»211 Prima del 2006 il Direttorio era nominato dal Consiglio superiore riunito in seduta straordinaria, quindi da un organo interno alla Banca. Tuttavia la nomina doveva essere approvata con un decreto del Presidente della Repubblica promosso dal Governo, quindi dal potere politico 212. Oggi il potere di nomina delle cariche componenti il Direttorio è stato trasferito al Governo, con il Consiglio superiore che può dare solo un parere non vincolante. Inoltre, fino al 2006 non erano previsti limiti di tempo per la carica di Governatore: da quella data è stato introdotto un termine di sei anni. Inoltre, il Governo può 208 A. FINOCCHIARO, A.M. CONTESSA, La Banca d'Italia ed i problemi del governo della moneta, Editore Banca d'Italia, Roma, 1986, 209 M.S. GIANNINI, Diritto Amministrativo (volume 2), Giuffrè, 1993, 210 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.68 211 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf) 212 M. STIPO, L'autonomia della Banca d'Italia nel quadro generale della problematica storicogiuridica dell'autonomia, in AA.VV., Scritti in memoria di Pietro De Vecchis, vol.2, Editore Banca d'Italia, pp.1049-1074 42 sfiduciare il Governatore con un decreto previa consultazione del Consiglio superiore213. Nonostante la riforma del 2006, tuttavia, il potere del Governatore si è rafforzato grazie all’ingresso della Banca d’Italia nel Sistema Europeo delle Banche Centrali e nella Banca Centrale Europea. Infatti, l’art. 14 comma 2 dello statuto del SEBC dice: « Gli statuti delle banche centrali nazionali devono prevedere in particolare che la durata del mandato del governatore della banca centrale nazionale non sia inferiore a cinque anni. Un governatore può essere sollevato dall'incarico solo se non soddisfa più alle condizioni richieste per l'espletamento delle sue funzioni o si è reso colpevole di gravi mancanze. Una decisione in questo senso può essere portata dinanzi alla Corte di giustizia dal governatore interessato o dal consiglio direttivo, per violazione del trattato o di qualsiasi regola di diritto relativa all'applicazione del medesimo. Tali ricorsi devono essere proposti nel termine di due mesi, secondo i casi, dalla pubblicazione della decisione, dalla sua notificazione al ricorrente ovvero, in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza. »214 Il Trattato sull’Unione Europea rafforza ulteriormente l’autonomia del Governatore. Infatti, oltre a stabilire che non vi possono essere interferenze tra il potere politico, sia esso proveniente da un Paese membro o dall’Unione stessa, e le direzioni delle Banche centrali, il Trattato stabilisce anche le incompatibilità con le più alte cariche delle stesse. Quindi, chi fa parte del Direttorio di una Banca centrale dell’Unione non potrà essere parlamentare, né ricoprire altre cariche politiche, né far parte di istituti di credito o finanziari215. Per quanto riguarda le prerogative del Governatore: innanzitutto egli è il rappresentante della Banca in Italia ed all’estero, inoltre dispone dei poteri di nomina, trasferimento e promozione del personale, sia nella sede centrale che nelle filiali. Il Governatore presiede l’Assemblea dei partecipanti e lì espone anche le sue considerazioni finali dell’anno in corso, inoltre presiede le sedute 213 M. MANETTI, Le autorità indipendenti, Laterza, Roma-Bari, 2007, voce Banca d'Italia, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 215 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.69 214 43 del Consiglio superiore e del Comitato del Consiglio. Sempre il Governatore partecipa come osservatore alle riunioni di altre istituzioni, quali ad esempio: il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e l’Ufficio Italiano Cambi. Per quanto riguarda gli organi internazionali non va dimenticato che il Governatore della Banca d’Italia siede di diritto nel Direttivo della Banca Centrale Europea. Il Governatore è altresì il responsabile del sistema di vigilanza della Banca. Infine, egli nel corso degli anni ha rafforzato sempre di più il suo ruolo di consulente dell’azione economica del Governo216. Ovviamente il Governatore non ottempera da solo a tutti i compiti a lui riservati, ma si avvale di collaboratori. Questi collaboratori sono in primo luogo il Direttore generale ed in secondo luogo i tre Vicedirettori generali. Oltre ad una discrezionale divisione del lavoro, il Direttore generale in primo luogo fa le veci del Governatore quando quest’ultimo è assente. I Vicedirettori, a loro volta, fanno le veci del Direttore generale quando è quest’ultimo ad essere assente. Il Direttore generale è responsabile, su delega del Governatore, dei rapporti con il personale della Banca. I Vicedirettori, invece, assolvono solitamente anche alla funzione di segretari delle riunioni del Consiglio superiore217. 1.4 Come è organizzata la Banca d’Italia 1.4.1 L’Amministrazione centrale La Direzione della Banca, nell’attuazione degli indirizzi strategici, è affiancata dall’Amministrazione centrale. Questa è la struttura di supporto agli organi superiori dell’istituto, è responsabile dell’elaborazione e dell’attuazione di piani preposti al raggiungimento degli obiettivi indicati. Inoltre, si occupa anche del controllo dei risultati ottenuti218. Nel corso degli anni l’organizzazione dell’Amministrazione centrale è mutata parecchio, sia in virtù dei diversi contesti storici in cui la Banca ha operato, sia in virtù delle diverse 216 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, pp. 69-70 Ivi, p.71 218 A. FINOCCHIARO, A.M. CONTESSA, La Banca d'Italia ed i problemi del governo della moneta, Editore Banca d'Italia, Roma, 1986 217 44 scelte politiche219. Nel 1894 la struttura della Banca d’Italia era organizzata in cinque macroaree, delle quali due avevano funzione istituzionale: l’area preposta al conio della moneta e l’area dedita all’attività bancaria; le altre tre macroaree avevano funzione di supporto alle prime due: contabilità, affari legali e organizzazione interna. Tutti gli uffici appartenenti a queste macroaree dipendevano direttamente dal Direttore generale: in questa prima fase di vita della Banca vigeva un principio accentratore, secondo cui quasi tutti i compiti si concentravano non in capo alle filiali ma all’Amministrazione centrale220. L’adesione al SEBC ed il continuo confronto con le altre Banche centrali ha causato un’evoluzione non solo della Banca d’Italia, ma anche degli altri istituti. Tanto è vero che è stato possibile riscontrare alcune tendenze comuni: le funzioni considerate non core, in altre parole non strettamente collegate alla missione dell’istituto, sono state esternalizzate; al contrario, vi è stata un’ulteriore rafforzamento delle amministrazioni impegnate nel raggiungimento di funzioni core221; per quanto riguarda il personale, le amministrazioni sono diventate più snelle, grazie alla digitalizzazione le comunicazioni sono diventate più agevoli ed i processi decisionali sono diventati più veloci; vi è stata anche una diffusa tendenza ad assumere personale più qualificato222. Il processo di evoluzione della Banca d’Italia ha visto come protagonisti in particolare due uffici: l’Area ricerca economica e l’Area vigilanza. La ricerca economica si è ormai spostata da un’area nazionale ad un’area europea, quindi anche i rispettivi uffici delle Banche centrali aderenti alla Banca Centrale Europea hanno ceduto le loro funzioni a quest’ultima, orientando il loro funzionamento al supporto del Consiglio dei governatori. L’Area vigilanza, invece, ha dovuto adattarsi al mutuare del contesto internazionale: i mercati hanno assunto la dimensione sovranazionale 219 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.71 A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228 221 Le cosiddette "core functions", ovvero quelle strettamente attinenti alla missione istituzionali, sono: la sorveglianza dei sistemi di pagamento, la definizione e l'attuazione della politica monetaria per assicurare la stabilità dei prezzi, la stabilità del sistema finanziario, la solidità della moneta e la fiducia del pubblico in essa. - Sito ufficiale della Banca d'Italia, (https://www.bancaditalia.it/eurosistema/comest/pubBCE/varie/bce_ssp.pdf) 222 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.74 220 45 e quindi anche gli uffici deputati al controllo ed alla supervisione hanno dovuto adeguare le strutture e gli organici alla nuova situazione, inoltre si è dovuto anche prevedere un coordinamento a livello europeo per rendere l’azione più efficace223. Rispetto ai primi anni, oggi le macroaree funzionali della Banca d’Italia sono otto. L’istituto resta sempre molto centralizzato, negli anni i compiti di coordinamento, indirizzo e pianificazione sono aumentati e con essi il personale impiegato nell’Amministrazione centrale, passato da 25% del totale nel 1920, al 45% di oggi224. L’evoluzione storica vide il percorso inverso, in altre parole l’organizzazione periferica rafforzarsi a discapito dell’Amministrazione centrale, nel 1899: si preferì allora rendere più flessibile la Banca rispetto alle esigenze locali. Questo è anche il periodo in cui le macroaree passano da cinque ad otto. Nel 1903 fu definitivamente codificata con un regolamento interno l’organizzazione dell’istituto: fu introdotta l’articolazione su tre livelli, Direzione generale, servizi e uffici. Gli uffici rappresentavano la parte operativa dell’articolazione e erano raggruppati in servizi in base all’omogeneità dei compiti svolti225. Sempre nel regolamento del 1903 fu predisposto che la disposizione degli uffici passava dal Consiglio superiore al Direttore generale, il quale diveniva quindi responsabile della struttura operativa. Ciò consentì ai direttori di disporre a proprio piacimento degli uffici, beneficiando di una certa flessibilità e consentendo modifiche anche sostanziali all’organizzazione: per esempio, Stringher nel 1914 riorganizzò il Gabinetto della Direzione generale creando al suo interno la Segreteria particolare, la Biblioteca, l’Ufficio studi economici e finanziari e l’Ufficio stampa226. La Banca d’Italia fu solo negli anni Venti che si vide assegnate le fondamentali funzioni della vigilanza e l’esclusivo monopolio dell’emissione di carta-moneta: quindi dovette anche riorganizzare l’Amministrazione centrale con la creazione di un nuovo Servizio Studi economici, in cui era compreso l’ufficio che si occupava della vigilanza, e 223 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.74 Ivi, p.75 225 Ivi, p.76 226 A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228 224 46 dovette ampliare e riorganizzare l’ufficio fabbricazione biglietti 227. Dopo la crisi di fine anni Venti la Banca d’Italia decise di riformare ulteriormente l’Amministrazione centrale per raggiungere due obiettivi: accorciare la linea di comando per rendere più efficace ed efficiente la realizzazione delle decisioni prese e risparmiare. Quindi si decise di accorpare diversi uffici, in particolar modo gli uffici di segreteria furono fusi con gli uffici operativi, mentre altri, come l’ufficio consulenze legali e l’ufficio economato, furono soppressi assegnando i loro compiti a dirigenti che a loro volta rispondevano direttamente al Direttore generale228. Da questo momento fino agli anni Settanta non vi furono sostanziali innovazioni dal punto di vista dell’organizzazione dell’Amministrazione centrale della Banca. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta fu solo costituito il Servizio organizzazione, il quale diede il via alla meccanizzazione prima ed all’informatizzazione poi della burocrazia dell’istituto229. Negli anni Settanta i Servizi sono riorganizzati assegnando quelli più omogenei tra loro a delle Aree funzionali. Queste erano di responsabilità di funzionari generali, i quali si avvalevano di comitati formati dai dirigenti dei vari Servizi facenti parte di quell’Area funzionale per gestirla al meglio. In seguito, presso i vari Servizi furono create delle Direzioni per dividere meglio il lavoro tra i dirigenti 230. Successivamente, nella metà degli anni Ottanta, la Banca d’Italia adottò il modello divisionale: ovvero nell’ambito dello stesso Servizio furono soppresse le direzioni intermedie, affidando i loro compiti a dirigenti di grado superiore, mentre gli uffici furono accorpati creandone di nuovi con funzioni più complesse231. Il modello divisionale risponde a criteri di razionalità, in quanto accentra le decisioni strategiche presso la direzione generale, mentre alle divisioni è assegnata la 227 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.77 A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228 229 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.78 230 A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228 231 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.79 228 47 gestione operativa232. Con l’ingresso nel SEBC la Banca d’Italia ha visto il proliferare di organi collegiali con competenze specifiche, adibiti a compiti di integrazione, coordinamento e controllo233. Il Governatore è deputato alla gestione dell’organizzazione interna: è lui che può creare, accorpare o modificare le varie unità organizzative della Banca. Ad oggi l’Amministrazione centrale della Banca d’Italia è così formata: vi è un livello superiore costituito dalle Aree funzionali, le quali sono coordinate da funzionari generali; passando al livello successivo, le Aree funzionali sono composte da Servizi, i quali sono affidati a dirigenti di grado superiore; i Servizi, a loro volta, sono composti da unità operative con a capo un funzionario chiamate Divisioni ed Uffici: le prime sono più ampie e complesse, mentre i secondi sono unità di piccole dimensioni che solitamente svolgono mansioni meno complesse; Divisioni ed Uffici possono a loro volta suddividersi in sub-unità più semplici: Settori, i quali si caratterizzano per l’assunzione autonoma di responsabilità per quanto riguarda i compiti svolti rispetto all’unità superiore alla quale appartengono, Aree di lavoro, che sono unità organizzate in modo flessibile in base alle necessità, e Reparti, che sono composti da operai234. Possono essere previste anche task force interservizi quando il progetto da portare a termine rende necessario il coordinamento di diverse competenze ed attività operative235. L’unico ufficio dell’Amministrazione centrale che non rientra nelle Aree funzionali è la Segreteria particolare, la quale fa capo direttamente ad Direttorio ed è responsabile della comunicazione istituzionale236. Le Aree funzionali sono otto: tre delle quali, Area Banca centrale, Area Vigilanza bancaria ed Area Circolazione monetaria, svolgono funzioni core, legate alla missione istituzionale dell’istituto, mentre le altre cinque, Area Ricerca economica, Area 232 M. BARAVELLI, La banca multibusiness. Evoluzione e innovazione dei modelli strategici e organizzativi nell'industria finanziaria globalizzata, Giappichelli, 2011, Cap. 1 233 A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228 234 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.80 235 Ivi, p.81 236 Ibidem 48 Risorse umane, Area risorse informatiche, Area patrimonio immobiliare ed Area Bilancio, hanno funzione di supporto237. 1.4.2 L’articolazione territoriale La Banca d’Italia è nata dalla fusione di diversi istituti di emissione e, come abbiamo visto238, soprattutto nella prima parte della sua storia ha dovuto fare i conti con gli interessi locali provenienti dai territori di provenienza di quegli istituti. La Banca fin dall’inizio, proprio per placare questi interessi, ha scelto di dotarsi di una fitta rete periferica di filiali. Queste erano dotate di una certa autonomia nel commercio bancario, soprattutto a causa della rete infrastrutturale che spesso non permetteva di tenere buone comunicazioni con alcune zone della penisola239. Comunque già nel 1898 fu apportata una prima innovazione alla rete periferica con l’introduzione delle agenzie. Queste, introdotte per la prima volta dai francesi qualche anno prima, erano strutture più piccole, dotate spesso di non più di tre o quattro dipendenti. Esse erano più flessibili, potevano essere diffuse in modo più capillare sul territorio e godevano di una minore autonomia: dipendendo quasi totalmente dalla sede dalla quale erano distaccate240. Nel 1936 il nuovo statuto della Banca d’Italia introdusse la previsione secondo cui doveva essere presente un presidio dell’istituto in ogni città capoluogo di provincia. Così le filiali e le agenzie proliferarono, insediandosi anche in città non capoluoghi di provincia ma ugualmente importanti dal punto di vista economico ed acquisendo anche maggiori responsabilità: infatti fin dal 1926 avevano ricevuto anche compiti di vigilanza bancaria. L’ultimo atto di questa evoluzione avvenne nel 1963, anno in cui si decise di ridurre l’articolazione territoriale della Banca: le agenzie furono chiuse e furono salvati solo i presidi presenti nelle città capoluoghi di 237 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, pp. 81-82 Cfr. 1.1 239 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.93 240 A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228 238 49 provincia241. Fino al 2006 le filiali della Banca d’Italia sono state 99, di cui 14 sono classificate come sedi poiché più grandi ed importanti ed 85 sono succursali242. Le sedi erano situate su tutto il territorio nazionale: 6 al nord, Bologna, Genova, Milano, Torino, Trieste e Venezia, 4 al centro, Firenze, Livorno, Ancona e Roma, 4 al sud e nelle isole, Napoli, Bari, Palermo e Cagliari. Le succursali erano distribuite 36 nell’Italia settentrionale, 23 nell’Italia centrale e 25 nell’Italia meridionale ed insulare. La differenza tra sedi e succursali sta tutt’oggi nell’organizzazione interna delle stesse: nelle sedi i funzionari compongono un organo consiliare, il Consiglio di reggenza, che si affianca al Direttore nell’amministrazione della filiale; nelle succursali invece non vi è alcun organo collegiale di supporto, infatti i funzionari svolgono singolarmente le funzioni loro conferite243. I funzionari sono sempre scelti tra gli esponenti più rappresentativi dell’economia locale. I responsabili delle filiali sono i Direttori, essi sono nominati direttamente dal Governatore ed hanno la responsabilità della tesoreria provinciale; inoltre, sono responsabili del funzionamento della filiale e ne programmano e controllano l’attività. I Direttori delle filiali partecipano di diritto ai Consigli di reggenza, mentre i Direttori delle succursali presiedono le riunioni dei consiglieri244. I funzionari affiancano gli organi direttivi di filiali e succursali con funzioni tecniche e di sorveglianza. Essi sono scelti dal Consiglio superiore su proposta del Governatore tra le persone dotate di più profonda conoscenza dell’economica locale245. L’organizzazione delle filiali è regolata dallo Statuto e dai regolamenti interni. Il Consiglio di reggenza in particolare è regolato dagli articoli 28, 29 e 30 dello Statuto. «1. In ciascuna sede vi è un Consiglio di reggenza. 2. I reggenti sono scelti tra le persone aventi profonda conoscenza dell’economia locale e in possesso dei requisiti previsti dall’art. 16, comma 2. Il loro numero varia, in 241 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.94 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/organizzazione/filiali) 243 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.95 244 Ibidem 245 Ivi, p.96 242 50 ragione dell’attività delle singole sedi, da sette a quattordici. Del Consiglio fa parte il direttore della sede. 3. I reggenti delle sedi devono essere domiciliati nella Regione dove sono chiamati a esercitare il loro ufficio. 4. I reggenti sono nominati dal Consiglio superiore, su proposta del Governatore, per sei anni e scadono per metà ogni triennio. Essi sono rieleggibili. 5. I membri del Consiglio superiore sono di diritto reggenti, oltre quelli di cui al comma secondo, presso le sedi ove sono stati eletti. 6. Ogni Consiglio nomina fra i reggenti, per un periodo di tre anni, un presidente e un segretario, i quali possono essere rieletti.»246 Di norma il Consiglio di reggenza si riunisce una volta ogni due mesi, oppure quando il Presidente lo ritenga opportuno. Il numero legale si raggiunge quando sono presenti la maggioranza dei reggenti in carica e le decisioni sono prese a maggioranza assoluta: in caso di parità il voto del Presidente vale doppio. Una delle funzioni principali del Consiglio di reggenza è quello di curare l’amministrazione della sede alla quale appartiene. I reggenti sono così detti perché ad essi è attribuita la chiusura e l’apertura della cassa e le chiavi della sacrestia, in altre parole il locale dove sono conservate le banconote247. L’organizzazione delle succursali è invece disciplinata dall’art. 31 dello Statuto: « 1. In ciascuna succursale vi sono da quattro a dieci consiglieri, in numero variabile in ragione dell’attività delle singole succursali. I consiglieri sono nominati dal Consiglio superiore, su proposta del Governatore, tra persone in possesso dei requisiti previsti dall’art. 16, comma 2. Essi durano in carica sei anni, si rinnovano per metà ogni triennio e sono rieleggibili. 2. I consiglieri devono essere domiciliati nella Regione dove sono chiamati a esercitare il loro ufficio. 3. I consiglieri, sotto la presidenza del direttore, si riuniscono almeno due volte ogni anno. 246 Art. 28 dello Statuto della Banca d’Italia – Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf) 247 Art. 29 e Art. 30 dello Statuto della Banca d’Italia - Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf) 51 4. I consiglieri aventi funzioni di censore svolgono il servizio di apertura e chiusura delle sagrestie con le modalità di cui all’art. 30, comma 2.»248 Con il tempo hanno assunto maggior rilievo nelle filiali i settori della Ricerca economica, divenuto importantissimo per analizzare e monitorare i territori eterogenei dal punto di vista economico, e della Vigilanza. La Direzione, la Ricerca economica e la Vigilanza sono supportate dalla Segreteria dal punto di vista organizzativo249. Nel 2006 è iniziato un piano di riorganizzazione che ha portato l’articolazione territoriale della Banca d’Italia alla forma attuale: 20 filiali stabilite nei capoluoghi di Regione; 6 succursali, dipendenti direttamente dalla filiale regionale, specializzate in attività di vigilanza; 6 succursali con autonomia operativa più ampia, che curano tutti i compiti esclusa l’analisi economica e la rilevazione statistica; 25 succursali specializzate nei servizi agli utenti; 6 succursali specializzate nella distribuzione delle banconote alle banche ed agli uffici postali; una filiale specializzata nel servizio di tesoreria dello Stato, situata a Roma250. Rispetto al modello precedente al 2006 sono state chiuse numerose filiali, privilegiando il funzionamento di quelle site nei capoluoghi di regione. Le funzioni delle filiali sono state differenziate in base al territorio di appartenenza ed alla richiesta dell’utenza, rendendole più funzionali al contesto dove operano. Il nuovo modello, in sostanza, ha abbandonato la dimensione provinciale delle filiali per abbracciare quella regionale: le unità situate nei capoluoghi di regione sono il fulcro del sistema, esse fungono sia da coordinamento per le altre sia sono la sede dell’intera gamma dei compiti previsti per l’articolazione territoriale della Banca251. In particolare, alle filiali è affidato il servizio di tesoreria regionale, il servizio di vigilanza sulle attività bancarie e finanziarie in ambito locale, la regolazione della circolazione monetaria con annesso controllo della qualità dei biglietti in circolazione e con la possibilità di immettere liquidità sul mercato ed infine, 248 Art. 31 dello Statuto della Banca d’Italia – Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf) 249 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.96 250 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/organizzazione/filiali) 251 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, pp. 97-98 52 l’analisi economica e la rilevazione statistica a livello locale252. Dopo il 2006 è stata anche modificata la presenza all’estero di filiali e delegazioni della Banca d’Italia: sono state chiuse le filiali presenti nell’area euro di Bruxelles, Parigi e Francoforte perché ritenute inutili nel nuovo contesto; restano ad oggi attive le filiali di Londra, Tokio e New York253. Inoltre, presso alcune rappresentanze diplomatiche operano degli addetti finanziari della Banca. La funzione delle filiali e degli addetti finanziari all’estero è quella di studiare l’evoluzione della congiuntura economica internazionale e di svolgere funzioni di consulenza per le rappresentanze diplomatiche italiane, oltre che quella di intrattenere relazioni con le organizzazioni economiche internazionali254. 1.5 Controllo e valutazione delle attività centrali e periferiche La Banca d’Italia prevede due tipi di controllo sulle attività interne: un controllo di tipo formale, cioè disciplinato dallo Statuto, ed uno di tipo informale, cioè disciplinato dal regolamento interno255. Il controllo formale è effettuato da due organi interni: il Collegio sindacale per l’Amministrazione centrale ed i Censori per le articolazioni periferiche. Il Collegio sindacale è composto da cinque membri effettivi, detti sindaci, più due supplenti. I sindaci rimangono in carica per tre anni e non sono rieleggibili per più di tre volte. La funzione principale del Collegio è quella di controllare che l’amministrazione della Banca sia conforme alla legge, allo Statuto ed al regolamento generale. Inoltre, ha funzione di supervisore della corretta tenuta della contabilità ed esamina il bilancio. Il Collegio può produrre delle osservazioni da comunicare in seguito al Governatore, ed ha anche il compito di riportare quelle prodotte dai censori256. I Censori operano presso le amministrazioni periferiche: non possono essere presenti in un numero superiore a quattro presso ciascuna sede 252 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/organizzazione/filiali) 253 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, pp. 98-99 254 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/organizzazione/filiali) 255 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 100 256 Art. 20 dello Statuto della Banca d’Italia – Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf) 53 o succursale. Le funzioni dei Censori sono quelle di analizzare l’andamento delle attività nella sede di competenza e quello di effettuare una verifica di cassa almeno una volta al trimestre257. Il controllo di tipo informale, invece, è dato fin dal 1998 da un sistema di programmazione e pianificazione delle risorse aziendali: il Piano d’Istituto, che ha durata triennale. Questo è affidato al Comitato strategico per il Piano d’Istituto, presieduto dal Governatore e composto dal Direttore generale, dai Vicedirettori e dai funzionari generali. Il sistema funziona in questo modo: i vertici della Banca emanano degli indirizzi strategici da seguire, le Aree funzionali propongono dei piani di sviluppo nel triennio di riferimento, il Comitato a sua volta analizza questi piani ed evidenzia eventuali criticità258. La parte più importante del lavoro del Comitato è il confronto tra gli obiettivi indicati dai piani di sviluppo e le coperture finanziarie stanziate dall’istituto. Una volta che il Comitato ha approvato il piano generale di sviluppo, questo è comunicato al Consiglio superiore a titolo informativo e è presentato al Direttorio che deve approvarlo. Dopo di che si passa alla fase operativa, durante la quale sono previsti comunque degli step di verifica in cui il Comitato vaglia l’esecuzione del piano programmato259. 1.5 Il personale 1.5.1 Il processo di selezione dei vertici Il processo di selezione dei vertici della Banca d’Italia nel corso degli anni ha presentato elementi costanti, ma anche alcune innovazioni260. Per quanto riguarda la provenienza sociale, l’istituto di Via Nazionale ha sempre dimostrato di non essere affatto chiuso o classista, criteri come la provenienza sociale od il censo non sono mai stati discriminanti261. Gigliobianco nel 2006 ha analizzato 37 personalità di spicco della Banca d’Italia dalla nascita ad oggi. 257 Art. 21 dello Statuto della Banca d’Italia – Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/statuto/statuto.pdf) 258 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 101 259 Ibidem 260 Ivi, p.106 261 A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia, Donzelli, 2006, p.358 54 I risultati hanno mostrato che «7 provengono dalla classe sociale più bassa, 16 dalla media, 3 dalla medio - alta ed 11 dalla classe alta. Si può notare una presenza relativa dei ceti medi ed una significativa presenza dei ceti inferiori, la quale risulta più marcata tra i governatori (2 su 9) che negli altri membri del Direttorio (7 su 37)»262. Il primo Direttore generale, Giuseppe Marchiori, proveniva da una famiglia veneta benestante con un’attività commerciale avviata ed un cugino che era stato addirittura deputato263. Di origini più modeste era invece il suo successore, infatti il padre di Bonaldo Stringher di professione faceva il commesso264. Vincenzo Azzolini era un uomo del sud, la sua famiglia apparteneva alla borghesia napoletana: suo padre era un funzionario del Banco di Napoli e sua madre era figlia di un magistrato265. Einaudi, al contrario degli altri, quando giunse al governatorato della Banca d’Italia era già un uomo prestigioso ed aveva raccolto e fatto incetta di cariche. Tuttavia, la sua famiglia non aveva navigato dell’oro: la madre era ereditiera di un’antica famiglia di possidenti terrieri, però ormai decaduta alla nascita del futuro Governatore, ed il padre era concessionario del servizio di riscossione imposte266. La famiglia di Donato Menichella era anch’essa di proprietari terrieri, avevano tenute di dimensione medio - grande nel Tavoliere delle Puglie267. Il padre di Guido Carli proveniva invece dal mondo accademico, è stato un importante docente e studioso, abbastanza famoso in ambito economico e sociologico268. Paolo Baffi proveniva da una famiglia abbastanza modesta: il padre era un piccolo agricoltore, che tentò senza fortuna anche di emigrare in Argentina, e la madre 262 I A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia, Donzelli, 2006, p.358 263 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp.24-25 264 Ivi, p.26 265 Ivi, p.32 266 R. FANUCCI, Il governatorato di Luigi Einaudi (1945-1947), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp.39-47 267 M. DE CECCO, Il governatorato di Donato Menichella (1947-1960), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 69-75 268 G. GUARINO, Il governatorato di Guido Carli (1960-1975), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 85-86 55 si arrangiava facendo la sarta269. Carlo Azeglio Ciampi proveniva dalla piccola borghesia di Livorno, con il padre proprietario di un negozio di ottica270. Antonio Fazio proveniva dalla provincia di Frosinone e potette sostenere i suoi studi proprio grazie ad una borsa di studio della Banca d’Italia 271. La famiglia di Mario Draghi, invece, è di origine borghese: il padre, Carlo Draghi, ha ricoperto incarichi importanti presso la Banca d’Italia sotto il governatorato di Donato Menichella272. L’attuale Governatore, Ignazio Visco, proviene dalla classe media: nato a Napoli da una famiglia originaria di Colli al Volturno, piccolo paesino in provincia di Isernia273. Curiosamente, ma non troppo, quasi tutti i gruppi sociali presenti nel nostro Paese sono rappresentati dai Governatori che si sono succeduti alla guida della Banca d’Italia nel corso degli anni: in particolare vi sono ben quattro Governatori legati al mondo agricolo, Marchiori, Einaudi, Menichella e Baffi, segno che la nostra società affonda proprio lì le sue radici274. Al contrario della provenienza sociale, vi è un altro carattere distintivo che invece è frequente tra i Governatori o comunque tra i massimi dirigenti della Banca d’Italia: l’essere uomini di Stato275. Nei primi anni la Banca è stata guidata da uomini dagli ideali risorgimentali, in seguito da nazionalisti e poi da europeisti convinti: tutti però sono stati servitori fedeli dello Stato. Marchiori è stato un garibaldino, ha combattuto diverse battaglie con l’eroe dei due mondi ed in seguito è stato deputato e senatore della Destra storica276. Stringher fu un nazionalista, senza mai cadere negli eccessi del fascismo egli era profondamente convinto che lo Stato fosse l’unica via per salvaguardare gli interessi generali e raggiungere un 269 G.B. PITTALUGA, Il governatorato di Paolo Baffi (1975-1979), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 123-126 270 G. NARDOZZI, Il governatorato di Carlo Azeglio Ciampi (1979-1993), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp.155-158 271 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.108 272 Ivi, p.109 273 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/direttorio/visco) 274 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.110 275 Ibidem 276 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp.24-25 56 progresso diffuso277. Azzolini fu altrettanto nazionalista, tanto da arruolarsi volontario in occasione della Prima Guerra Mondiale, dimostrando tanto coraggio da meritarsi la medaglia d’argento al valor militare278. Menichella proveniva dalla scuola dell’IRI, dove si sviluppò una classe dirigente fedele allo Stato ed incline all’intervento economico dello stesso nella società279. La formazione di Baffi fu influenzata in modo determinante da Giorgio Mortara, suo professore di economia alla Bocconi che aveva sviluppato una teoria economica improntata molto al nazionalismo. Baffi fu inoltre il primo Governatore ad essersi formato interamente all’interno della Banca d’Italia280. L’eccezione di Baffi divenne ben presto la regola, l’istituto nel corso degli anni si è affermato come un incubatore di idee capace di forgiare da solo nuove elite dirigenti281. Ciampi in quanto a formazione fu in linea con i suoi predecessori. Egli fu nazionalista sanguigno, tanto che durante la guerra attraversò la linea del fronte clandestinamente per unirsi al neonato Regno d’Italia al sud e combattere al suo fianco contro in nord ancora in mano ai fascisti. Dopo la guerra, insieme a Baffi, militò nel partito d’Azione, diventando anche segretario della sezione di Livorno282. I Governatori della Banca d’Italia fino a Ciampi hanno anche un’altra caratteristica, sono tutti di formazione laica. Dopo Ciampi, Fazio rappresentò una significativa eccezione: egli era di formazione cattolica, eletto durante il mandato del Presidente Scalfaro anch’egli con la stessa formazione283. Il laicismo ed i valori di riferimento risorgimentali si sono ovviamente allentati con il passare degli anni: tuttavia anche in epoca postunitaria è rimasto forte il senso del dovere e dello Stato nella classe dirigente 277 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, p.26 278 Ivi, p.32 279 M. DE CECCO, Il governatorato di Donato Menichella (1947-1960), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 69-75 280 G.B. PITTALUGA, Il governatorato di Paolo Baffi (1975-1979), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 123-126 281 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.112 282 G. NARDOZZI, Il governatorato di Carlo Azeglio Ciampi (1979-1993), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp.155-158 283 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.113 57 dalla Banca284. Anche nel passato, alcuni Governatori si sono trovati nella condizione di dover rinunciare alle proprie idee pur di salvaguardare la pace sociale o la stabilità politica: sono esempi alcune scelte di Stringher o di Carli riguardo la stabilità monetaria. In altri casi i dirigenti della Banca d’Italia hanno rischiato proprio la vita per il bene dell’istituto e dell’intero Paese: durante la Seconda Guerra Mondiale alcuni dirigenti della Banca, Introna, Sforza, Azzolini ed Orgera, riuscirono a salvaguardare la riserva aurea resistendo alle rivendicazioni tedesche e nascondendo l’oro a Fortezza, in Alto Adige, fino alla fine delle ostilità285. 1.6.2 La formazione dei dirigenti La formazione degli alti dirigenti della Banca d’Italia ha subito un’evoluzione nel corso degli anni. Prima della Seconda Guerra Mondiale, quindi prima di Einaudi, l’avere una preparazione spiccatamente economica non era requisito essenziale per giungere ai vertici della Banca286. Da Baffi in poi s’inaugurò l’era degli economisti ai vertici dell’istituto287. Questa svolta dipese in parte dal mutato contesto storico, in parte dall’innovazione portata da Azzolini288: il quale aveva fondato il primo moderno Servizio Studi, inaugurando una scuola di formazione che avrebbe prodotto, tra gli altri, personalità del calibro di Baffi, Ossola, Sarcinelli, Fazio, Padoa-Schioppa, e Ciocca289. D’altronde in Italia non esistevano, né esistono, istituti per formare in modo specifico le classi dirigenti quali le scuole d’elite francesi o alcune università inglesi. Nel nostro Paese rappresentano una significativa eccezione le università Federico II di Napoli, Bocconi di Milano e negli ultimi anni La Sapienza di Roma, dalle quali sono provenuti ben tre membri del Direttorio ciascuna nel corso della 284 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.113 Ivi, pp. 113-114 286 Ivi, p.114 287 G. GUARINO, Il governatorato di Guido Carli (1960-1975), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 85-86 288 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 34-35 289 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.115 285 58 storia della Banca290. Nei primi anni di vita della Banca la formazione dei membri del Direttorio oltre ad essere variegata era anche di diverso grado: basti pensare che spesso i Vicedirettori o addirittura il Direttore Generale non erano laureati291. L’ultimo membro del Direttorio non laureato è stato Ernesto Bindocci, il quale aveva conseguito il solo titolo di ragioneria ed è stato nominato Vicedirettore generale nel 1953292. Il primo Direttore generale, Giuseppe Marchiori, non proveniva dal mondo bancario e non aveva neanche una formazione economica: era addirittura laureato in ingegneria293. Probabilmente, ciò era dovuto al fatto che il Governo di allora preferì una figura non legata alle tradizionali lobby che governavano il mondo della finanza per impostare la politica economica294. Il successore di Marchiori, Stringher, aveva studiato in un istituto tecnico commerciale e successivamente aveva frequentato la Scuola superiore di commercio Cà Foscari di Venezia295. Egli non ebbe una formazione economica canonica, ma fu bensì più un economista autodidatta, così come il suo Vice, Tito Canovai296, che era piuttosto un intellettuale: tutto questo caratterizzò anche il suo governatorato, in cui infatti non fu prestata troppa attenzione alla formazione297. Azzolini, come detto in precedenza, ebbe un’attenzione diversa per la formazione in quanto fu lui a rinnovare completamente il Servizio Studi. Tuttavia lo stesso Azzolini non proveniva da una formazione economica: egli studiò al Liceo Classico Gian Battista Vico di Napoli, s’iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza e si laureò con tesi in Scienze delle Finanze, con relatore Francesco Saverio 290 A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia, Donzelli, 2006 291 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.115 292 A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia, Donzelli, 2006, cap. 5 293 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp.24-25 294 A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia, Donzelli, 2006, cap. 1 295 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 26-27 296 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.116 297 A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia, Donzelli, 2006, p.117 59 Nitti. La sua formazione proseguì occupando alcune cariche al Ministero del Tesoro298. Il Direttore Generale durante il Governatorato di Azzolini fu Pasquale Troise, il quale era laureato in Giurisprudenza come il Governatore, mentre uno dei Vicedirettori, ovvero Nicolò Introna, aveva conseguito il solo diploma di ragioneria299. Nel secondo dopoguerra lo stesso Donato Menichella aveva una formazione mista: conseguì nel 1913 il diploma di ragioniere presso l’istituto Pietro Giannone di Foggia e nel 1920 si laureò in Scienze sociali presso l'Istituto Cesare Alfieri di Firenze300. Anche uno dei suoi Vicedirettori dell’epoca, Paride Formentini, pur essendo laureato alla Scuola Superiore di Commercio di Genova proveniva da una formazione prettamente bancaria e quindi non era un economista nel senso più stretto del termine301. Guido Carli aveva una formazione mista. Pur essendo laureato in giurisprudenza all'Università degli Studi di Padova302, egli conseguì un titolo post laurea in Germania con una tesi di Economia monetaria incentrata sul sistema del gold exchange standard303, inoltre proseguì la sua formazione ai vertici di numerosi istituti bancari, nonché dell’IRI e del Ministero del Commercio, fino a giungere al Direttorio della Banca d’Italia304. Baffi fu il primo economista canonico alla guida dell’istituto. Egli era laureato all’Università Bocconi di Milano ed aveva conseguito una specializzazione presso la London School of Economics and Political Science305. Ciampi rappresenta in questo periodo un’eccezione rispetto alla formazione dei suoi predecessori e dei suoi successori: egli infatti 298 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 32-35 299 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.116 300 M. DE CECCO, Il governatorato di Donato Menichella (1947-1960), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 69-75 301 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.116 302 G. GUARINO, Il governatorato di Guido Carli (1960-1975), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 85-86 303 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.117 304 G. GUARINO, Il governatorato di Guido Carli (1960-1975), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 85-86 305 G.B. PITTALUGA, Il governatorato di Paolo Baffi (1975-1979), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 123-126 60 si è laureato in lettere presso la Scuola Normale di Pisa e solo il suo percorso ulteriore presso il Servizio Studi della Banca d’Italia l’ha portato ad apprendere sul campo le nozioni di economia306. Gli ultimi tre Governatori, ovvero Fazio, Draghi e Visco, hanno in comune la laurea in economia presso l’Università La Sapienza di Roma. In particolare, sia Draghi307 sia Visco308 hanno avuto come loro relatore il Prof. Federico Caffè, il quale insegnava Politica economica e finanziaria presso l’ateneo romano ed è stato uno dei principali diffusori della politica keynesiana in Italia. In seguito sia l’attuale Governatore sia il suo predecessore si sono specializzati all’estero: Mario Draghi ha proseguito gli studi presso il Massachusetts Institute of Technology, mentre Ignazio Visco ha perfezionato i suoi studi presso l’University of Pennsylvania, negli Stati Uniti d'America, dove ha ottenuto un master in economia. Fazio309, invece, ha condiviso con Draghi la specializzazione presso il Massachusetts Institute of Technology, in cui entrambi sono stati allievi del premio Nobel Franco Modigliani. Dal 1993 ad oggi, quindi, si sono succeduti Governatori che hanno avuto in comune buona parte della loro formazione, garantendo anche una certa continuità dal punto di vista della visione generale del sistema e delle politiche da perseguire. Questa continuità però non si è sempre avuta nel corso della storia dell’istituto. Nei primi anni vi furono diversi contrasti ai vertici della Banca d’Italia riguardo la scuola di politica economica da seguire. I due modelli più in voga all’epoca erano quello tedesco, di stampo più protezionistico e nazionalista, e quello inglese, che invece privilegiava il libero scambio310. Stringher per primo cercò di trovare un compromesso tra questi due modelli, improntò la sua politica su un moderato protezionismo abbinato a regole certe di concorrenza311. Il governatorato del suo successore, Azzolini, fu 306 G. NARDOZZI, Il governatorato di Carlo Azeglio Ciampi (1979-1993), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp.155-158 307 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/governatori/governatore) 308 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/direttorio/visco) 309 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/governatori/Fazio) 310 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.117 311 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA 61 influenzato sia dal contesto storico, infatti quelli furono gli anni in cui anche le democrazie liberali si rivolsero al protezionismo più spinto per difendere le economie nazionali, sia dal fascismo, che in Italia impose determinate scelte politiche come l’autarchia o la valorizzazione della Lira. Ciò nonostante la Banca cercò di mediare le rigide posizioni del regime con quelle più morbide necessarie a garantire lo sviluppo dell’economia312. Einaudi fu il primo vero Governatore proveniente dalla scuola anglosassone – keynesiana, tuttavia durante il governatorato la sua politica fu mediata dal Direttore generale Menichella, il quale invece proveniva dalla scuola tedesca ed aveva idee più protezionistiche313. Lo stesso Menichella, però, quando fu Governatore mediò le sue posizioni in favore di una politica più aperta314. Carli e Baffi furono i primi Governatori ad aver svolto un periodo di formazione all’estero, in particolare nel loro caso in Inghilterra. Prima della guerra era molto raro che qualcuno andasse a completare la preparazione in un’università estera, quando accadeva le prescelte erano di solito inglesi, tedesche o più raramente francesi. Dopo la guerra divenne più frequente questa pratica, con le università anglosassoni che divennero poli di formazione per gli economisti italiani, in particolare quelle statunitensi dagli anni Cinquanta in poi 315. Da questo periodo storico s’inaugura anche la partecipazione degli economisti italiani ai gruppi di lavoro dei vari organismi internazionali quali l’Ocse, il Fmi e le Comunità Europee316. ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 26-32 312 G. TONIOLO, A. GIGLIOBIANCO, Governatori e Direttori Generali della Banca d'Italia dalle origini al secondo dopoguerra, in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 32-35 313 R. FANUCCI, Il governatorato di Luigi Einaudi (1945-1947), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 39-68 314 M. DE CECCO, Il governatorato di Donato Menichella (1947-1960), in FONDAZIONE "SPADOLINI - NUOVA ANTOLOGIA", Governare la moneta - La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2004, pp. 69-83 315 P. CIOCCA, Il contributo di Via Nazionale, in G. GAROFALO, A. GRAZIANI, La formazione degli economisti in Italia (1950 - 1975), Bologna, Il Mulino, pp.579-598 316 Ibidem 62 1.6.3 I criteri di selezione dei dirigenti Uno dei primi criteri utilizzati per selezionare i massimi dirigenti della Banca d’Italia fu quello geografico317. L’istituto nei primi anni della sua storia fu condizionato dalle pressioni locali, derivanti dal fatto che l’unità del Paese era stata raggiunta da pochi anni. Considerando che la Banca d’Italia nacque inizialmente dalla fusione di banche toscane e piemontesi, il primissimo Direttorio si trovò a rispecchiare grossomodo gli equilibri territoriali: con due piemontesi, Grillo e Ponte, ed un toscano, Levi Della Vida318. Dopo questa primissima esperienza furono utilizzati altri criteri. Nella seconda fase si decise di privilegiare personalità più spiccatamente patriottiche, ovvero non legate agli interessi locali ma accomunate dallo spirito risorgimentale. Queste figure furono trovate soprattutto nella borghesia veneta, dalla quale provenivano sia Marchiori sia Stringher319. La terza fase della Banca coincise con la revoca agli istituti meridionali del potere di emissione di moneta. Con la Banca d’Italia unico istituto emittente si ebbero diversi dirigenti provenienti dal meridione: D’Aroma, Azzolini, Troise e Acanfora320. Inoltre, con l’avvento del fascismo si assistette ad un particolare fenomeno, ovvero i vertici dell’istituto iniziarono ad essere reclutati non più dalla borghesia, ma dalle amministrazioni statali321. Quindi, durante il governatorato di Azzolini il Direttorio fu formato da dirigenti meridionali provenienti dalla Pubblica Amministrazione: per esempio, Azzolini proveniva dal Ministero del Tesoro322. Nel secondo dopoguerra il criterio geografico divenne definitivamente obsoleto. Mentre quello che vedeva nella provenienza dal settore pubblico un elemento fondamentale si rafforzò. Al contrario della Bank of England, che reclutava le proprie classi dirigenti tra i privati, la Banca d’Italia preferì continuare a reclutare i suoi vertici nel settore pubblico: questo perché l’istituto doveva rispettare, nelle intenzione della 317 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.121 Ibidem 319 A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia, Donzelli, 2006, capitolo 1 320 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.122 321 A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia, Donzelli, 2006, capitolo 1 322 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.122 318 63 classe politica di allora, le posizioni prese dallo Stato e non rappresentare gli interessi delle lobby legate al mondo della finanza323. Rispetto agli anni precedenti, però, qualcosa cambiò: prima di Einaudi tutti gli alti dirigenti della Banca d’Italia che provenivano dall’apparato dello Stato avevano vissuto le proprie esperienze in seno ai ministeri, quindi erano espressione dello Stato centrale. Da Einaudi in poi s’inaugurò una nuova fase, in cui i dirigenti erano reclutati tra i manager pubblici, ovvero tra coloro che erano già responsabili di apparati economici dello Stato324. In particolare, lo stesso Einaudi, Menichella, Formentini e Carli provenivano dall’IRI, ente che più di tutti fornì alti dirigenti alla Banca d’Italia325. Baffi, Ciampi e Fazio, rappresentarono una nuova fase: essi infatti provenivano tutti dal Servizio Studi della Banca o, in ogni caso, si erano formati all’interno della stessa. Dal 1975, anno di insediamento di Baffi, al 2005, anno di fine mandato di Fazio, l’istituto fu quasi totalmente monopolizzato da alti dirigenti formatisi in seno alla Banca stessa326. Il successore di Fazio, ovvero Mario Draghi, non può essere considerato un interno alla Banca d’Italia perché non è mai stato suo dipendente. Tuttavia, egli ha beneficiato di un ufficio in Via Nazionale per un certo periodo in quanto rappresentante del nostro Paese in seno alla Banca mondiale, inoltre Ciampi lo nominò consulente dell’istituto e per un certo periodo nel 1990 partecipò, da esterno, alle riunioni del Servizio Studi327. L’attuale Governatore, invece, prima di diventare tale è stato per quattro anni Vicedirettore della Banca. Inoltre, Ignazio Visco, al contrario di Draghi, proviene come formazione dal Servizio Studi del quale è stato a capo fin dal 1990, mentre la sua assunzione alla Banca d’Italia risale addirittura al 1972328. Se il reclutamento dei governatori, come abbiamo visto, nel corso degli anni ha conosciuto criteri diversi, per gli altri membri del Direttorio vi è stata una linea comune fin dal governatorato di Stringher. Infatti, da allora i direttori generali ed i vicedirettori 323 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.122 Ivi, p.123 325 Ibidem 326 Ibidem 327 Ivi, p.124 328 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/direttorio/visco) 324 64 sono stati scelti sempre tra il personale già al servizio della Banca329. Gigliobianco individua solo cinque eccezioni dal 1928 ad oggi: «[…] Cavallini (banchiere), D’Aroma, Troise, Acanfora (funzionari pubblici) e Formentini (manager pubblico)»330. Un ultimo punto da analizzare è quello inerente il reale potere di nomina e promozione dei vertici della Banca. Oltre le apparenze, è sempre stato noto fin dall’inizio che il Governo godeva di un enorme potere riguardo la nomina dei massimi dirigenti. Con il governatorato di Stringher si evidenziò anche il potere di negoziazione dello stesso Governatore331. Egli nominò Direttore generale Azzolini, il quale poi sarebbe diventato il suo successore. Stessa sorte toccò a Menichella, il quale nominò Carli Direttore generale e questi in seguito occupò il suo posto ai vertici di Via Nazionale332. In generale, i criteri di selezione da parte del Governo, in accordo o meno con il Governatore uscente, del nuovo massimo dirigente della Banca non sono del tutto chiari. C’è possibile analizzare i vertici del passato, ma restano comunque sotto traccia le influenze dei grandi gruppi economici e finanziari che sedevano e siedono nel Consiglio superiore e che possono influenzare lo stesso Governo333. Il fatto che sostanzialmente la scelta non è sottoposta ad alcun tipo di requisito rende più oscuri i criteri di nomina e difficilissima l’analisi della selezione334. Il Consiglio superiore, in ogni caso, nel corso della storia dell’istituto ha svolto un ruolo abbastanza secondario nella scelta delle classi dirigenti, in quanto è stato spesso chiamato ad assecondare scelte già prese e raramente è stato decisivo nella designazione dei vertici335. Comunque, bisogna sottolineare che pur avendo un peso predominante nella scelta dei vertici di Via Nazionale il potere politico non ha mai attuato una spartizione delle poltrone, al contrario di quello che è avvenuto in altre amministrazioni pubbliche336. Le motivazioni non sono ben chiare e potrebbero essere molteplici, tuttavia la più verosimile è che data l’importanza della Banca d’Italia vi fosse una sorta di 329 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 124 A. GIGLIOBIANCO, Via Nazionale: Banca d'Italia e classe dirigente: cento anni di storia, Donzelli, 2006 331 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 125 332 Ibidem 333 Ibidem 334 Ibidem 335 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 125 336 Ivi, p.126 330 65 patto non scritto tra i partiti che ha impedito la politicizzazione dell’istituto. Il Paese ha beneficiato di questa peculiarità quando vari tecnocrati provenienti dall’istituto sono stati chiamati a ricoprire incarichi politici perché considerati neutrali dalla partitocrazia337. 1.6.4 La gestione dei dipendenti Alla sua nascita la Banca d’Italia annoverava nel suo organico circa millecinquecento dipendenti, tutti maschi, divisi nelle due categorie vigenti all’epoca: la carriera di concetto e la carriera d’ordine. Nella carriera di concetto erano ricompresi quattrocento amministrativi e duecento cassieri, tutti gli altri dipendenti facevano parte della categoria d’ordine. Inoltre, l’organico era completato da ausiliari ed operai338. Il primo regolamento del personale risale al 1896. Questi era ridotto all’essenziale. In primo luogo riconfermava le categorie di impiegati d’ordine e di concetto, inoltre si affermava che gli impiegati dovevano essere nominati dal Consiglio superiore su proposta del Direttore generale. Il primo anno i neo assunti lavoravano senza percepire alcuno stipendio ed erano considerati in prova, dopo di che accedevano alla carriera impiegatizia. Le assunzioni e le promozioni erano comunque totalmente a discrezione dei vertici della Banca339. La situazione, da questo punto di vista, sarebbe rimasta grossomodo invariata fino agli anni Sessanta. Sovraordinato agli impiegati vi era il cosiddetto personale direttivo, questo comprendeva le figure di segretario generale, direttore di filiale, cassiere, ispettore e capo del contenzioso340. Pur nella discrezionalità assoluta dei vertici, promozioni ed aumenti di stipendio seguirono fino agli inizi del Novecento una linea guida ben precisa: gli aumenti avvenivano solitamente con cadenza quinquennale e le promozioni avvenivano per merito in base alla 337 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 125 Ivi, p.127 339 Introna ispettore, a cura di Elisabetta Loche e Renata Martano, Archivio dell'Amministrazione centrale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/serv_pubblico/elenco-deiservizi/doc_storici/strumric/guida/5_ARCHIVI_AMM__CENTRALE_195_282.pdf) 340 A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228 338 66 produttività ed alle valutazioni redatte dai diretti superiori. La retribuzione degli impiegati era in questo periodo circa dodici volte inferiore rispetto a quella del dirigente con il grado più alto341. Il regolamento prevedeva anche il versamento di una cauzione per alcune figure, come i cassieri ad esempio, che avevano mansioni speciali. Erano anche previste le possibili cause del licenziamento: «[…]per dimissioni volontarie, per decadenza o dispensa dall’impiego, per misure disciplinari, per riforma di uffici o soppressione di posti.»342. Come detto le garanzie erano minime: in caso di dimissioni non era riconosciuta né la pensione, né un trattamento di fine rapporto, né il rimborso delle ritenute già versate alla cassa previdenziale. Le sanzioni in caso di violazione del regolamento erano ancor più dure ed andavano dal trasferimento al licenziamento. Tali sanzioni potevano essere inflitte sia per inadempienza ai compiti previsti dal contratto, sia per «mancanze contro l’onore»343. A tal proposito il regolamento prevedeva per gli impiegati il dovere di «tenere una condotta morale costantemente informata a principi di dignità, di moralità, d’ordine e di solidarietà verso l’istituto e verso i colleghi»344, mentre per i dirigenti il dovere di «sorvegliare i subordinati, ammonirli qualora si rendessero negligenti, inesatti, ritardatari a presentarsi negli uffici nelle ore stabilite, o commettessero altre consimili mancanze.»345. In questi anni la cassa previdenziale di riferimento era ancora privata e non era regolata dal regolamento, né tantomeno il regolamento prevedeva rappresentanze o diritti sindacali346. Tra il regolamento del 1896 e quello successivo del 1923 non accadde molto. Degna di nota è la nascita di una rete di supporto agli impiegati grazie alla Cassa di sovvenzioni e risparmio, 341 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.128 Introna ispettore, a cura di Elisabetta Loche e Renata Martano, Archivio dell'Amministrazione centrale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/serv_pubblico/elenco-deiservizi/doc_storici/strumric/guida/5_ARCHIVI_AMM__CENTRALE_195_282.pdf) 343 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.129 344 Ivi, p.128 345 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.128 346 A.M. CONTESSA, A. DE MATTIA, L'evoluzione dei compiti e dell'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947, in L'organizzazione della Banca d'Italia 1893-1947. La Banca d'Italia e la tesoreria di Stato, AA.VV., Laterza, 1993, pp. 3-228 342 67 questo era un istituto nato per agevolare l’accesso al credito dei dipendenti347. Con la Prima Guerra Mondiale giunse anche il momento di assumere personale femminile presso la Banca d’Italia, ciò fu dovuto all’emergenza che spinse il Paese a reclutare molti dipendenti da mandare al fronte348. Queste assunzioni avevano un carattere straordinario, nel dopoguerra furono comunque confermate e con esse fu introdotto anche il riposo settimanale ed i turni di lavoro furono resi meno pesanti349. Nel 1923 fu redatto un nuovo regolamento interno. Tale regolamento derivava un altro evento, ovvero la nascita delle prime unioni sindacali di categoria nel 1919, le quali erano state riconosciute dall’istituto e che nello stesso anno avevano sollecitato la creazione di una commissione ad hoc per modificare il regolamento interno. Tale commissione, formata in parte da membri scelti dalla Direzione generale ed in parte dall’Unione, organizzazione sindacale dei dipendenti della Banca d’Italia, presentò il progetto per la riforma del regolamento nel 1923 e l’accoglimento, seppur solo in parte, portò alle definitive modifiche350. Per prima cosa fu regolarizzata la presenza delle donne all’interno dell’istituto: erano ancora discriminate, in quanto lo stipendio era del venticinque per cento più basso rispetto a quello dei loro colleghi uomini e dovevano per forza essere nubili, pena il licenziamento in caso di matrimonio, ma la loro posizione da straordinaria divenne permanente351. Altra importante innovazione fu l’introduzione delle organizzazioni sindacali, le quali sedevano nelle commissioni miste create per mediare sulle delicate materie delle assunzioni, delle promozioni e dei licenziamenti. Queste commissioni non avevano un vero e proprio potere decisionale, ma solo consultivo: tuttavia rappresentarono un’innovazione importante per l’epoca352. Infine, furono regolamentate le 347 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.129 B. CURLI, Le prime impiegate della Banca d'Italia, 1899-1940, in AA.VV., 1993, pp.73-78 349 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.129 350 Introna ispettore, a cura di Elisabetta Loche e Renata Martano, Archivio dell'Amministrazione centrale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/serv_pubblico/elenco-deiservizi/doc_storici/strumric/guida/5_ARCHIVI_AMM__CENTRALE_195_282.pdf) 351 B. CURLI, Le prime impiegate della Banca d'Italia, 1899-1940, in AA.VV., 1993, pp.73-78 352 Introna ispettore, a cura di Elisabetta Loche e Renata Martano, Archivio dell'Amministrazione centrale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/serv_pubblico/elenco-deiservizi/doc_storici/strumric/guida/5_ARCHIVI_AMM__CENTRALE_195_282.pdf) 348 68 procedure di assunzione ed i requisiti che dovevano essere in possesso dei candidati: dal titolo di studio, che variava in base alla posizione, all’età, che solitamente variava tra i ventisette ed i trent’anni massimo353. Infine, questo regolamento introduceva per la prima volta dei criteri per la redazione del contratto per gli operai. Questi potevano essere operai di ruolo, con tutte le garanzie che spettavano agli impiegati, oppure avventizi, privi delle garanzie354. Nel 1932 fu introdotta una nuova innovazione: il Bollettino del personale. Qui erano pubblicate tutte le notizie riguardanti la gestione del personale, dalle nuove assunzioni alle promozioni, dai trasferimenti alle sanzioni, ai licenziamenti355. Sei anni dopo, nel 1938, il regime fascista modificò nuovamente il regolamento. Tutti i diritti sindacali e le rappresentanze nelle commissioni miste furono cancellati, il personale per lavorare nell’istituto fu costretto a giurare fedeltà al regime ed inoltre fu modificata l’organizzazione del personale356. Il personale amministrativo357, di cassa, d’ordine358 e di servizio359 appartenevano ad un ruolo detto Unico, sia per le filiali sia per l’Amministrazione centrale360. Gli ispettori, il personale tecnico e quello delle officine apparteneva al ruolo Speciale ed era presente nella sola Amministrazione centrale361. Non era possibile passare dal ruolo Unico a quello Speciale o viceversa. L’unico reale miglioramento apportato dal regolamento del 1938 fu relativo alla condizione femminile: infatti per la prima volta fu previsto l’avanzamento di carriera anche per le donne, il nubilato fu cancellato dai requisiti richiesti e fu cancellata anche la disparità di 353 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.130 Ivi, p.131 355 Ibidem 356 Ibidem 357 Impiegati con il grado di segretario e segretario generale 358 Applicati di segreteria e personale femminile 359 Uscieri, custodi ed inservienti 360 Introna ispettore, a cura di Elisabetta Loche e Renata Martano, Archivio dell'Amministrazione centrale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/serv_pubblico/elenco-deiservizi/doc_storici/strumric/guida/5_ARCHIVI_AMM__CENTRALE_195_282.pdf) 361 Introna ispettore, a cura di Elisabetta Loche e Renata Martano, Archivio dell'Amministrazione centrale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/serv_pubblico/elenco-deiservizi/doc_storici/strumric/guida/5_ARCHIVI_AMM__CENTRALE_195_282.pdf) 354 69 retribuzione362. Altre innovazioni furono rappresentate dall’introduzione dei premi di produttività. Inoltre, in quegli anni si assistette ad un consistente aumento del personale che passò dalle tremila unità circa presenti fino ad allora a circa seimila363. Nel secondo dopoguerra e fino agli anni Sessanta l’evoluzione della gestione del personale nella Banca proseguì su due linee: da un lato furono reintrodotte le rappresentanze sindacali e dall’altro si equiparò il personale dell’istituto al resto dei dipendenti pubblici. Già nel 1947 furono reintrodotte le commissioni miste con partecipazione dei sindacati eliminate dal fascismo, l’Unione sindacale personale istituto di emissione divenne il principale sindacato dei dipendenti della Banca364. Nel 1956 fu introdotto il meccanismo concorsuale per le assunzioni e nel 1962 le carriere furono riorganizzate: da un lato la carriera impiegatizia, che poteva essere direttiva, di concetto od esecutiva, dall’altro la carriera di tipo operaio, alla quale fu dedicato uno specifico regolamento365. Con il governatorato di Carli, inoltre, si passò nella scelta delle promozioni dalla prevalenza del criterio di anzianità alla prevalenza di quello di merito, con l’introduzione di apposite graduatorie366. Negli anni Settanta i dipendenti della Banca ottennero un nuovo spazio in cui i sindacati potevano avanzare proposte, i gruppi per la partecipazione paritetici. All’aumento del peso del sindacato corrispose anche una nuova modifica delle carriere: la carriera impiegatizia passò dalla precedente tripartizione ad una bipartizione, infatti fu divisa in direttiva ed operativa, con quest’ultima categoria che comprendeva le precedenti due367. Nel 1970 nel nostro Paese era stato approvato lo Statuto dei lavoratori, questo portò una sostanziale innovazione anche nella Banca d’Italia: infatti, anche nell’istituto di Via Nazionale fu introdotto l’accordo negoziale tra Banca ed organizzazioni sindacali per stipulare la disciplina del rapporto di lavoro, questa era sottoposta dal Governatore al Consiglio superiore che poi poteva 362 B. CURLI, Le prime impiegate della Banca d'Italia, 1899-1940, in AA.VV., 1993, pp.73-78 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.132 364 Ibidem 365 Ivi, p.133 366 Ibidem 367 Ibidem 363 70 accettare o rifiutare e rispedire l’accordo al tavolo di contrattazione 368. Fu proprio questa nuova prassi che portò nel 1980 all’ultima sostanziale modifica del regolamento per quanto riguarda la gestione del personale. In quell’anno fu introdotto il coadiutore, grado più alto della carriera operativa, e furono introdotti gli scatti automatici per quanto riguardava la retribuzione. Inoltre, in quegli anni il sindacato si divise in diverse sigle e confederazioni rompendo il fronte unico che aveva caratterizzato i dipendenti della Banca fino a quel momento: ciò è dovuto in parte all’onda lunga del fermento post Sessantotto, in parte al mutato clima sociale presente nel nostro Paese verso la fine degli anni Settanta ed in parte al continuo confronto interno tra i lavoratori delle varie sezioni369. 368 369 G. CAMA, La Banca d'Italia, Il Mulino, Bologna, 2010, p.134 Ibidem 71 Capitolo II La lunga strada verso l’euro 2.1 Dal Trattato di Roma al Serpente Monetario Europeo Nel 1950 i diciotto paesi firmatari del trattato istitutivo dell’Organizzazione Europea dei Pagamenti (OECE)1 fondarono l’Unione Europea dei Pagamenti (UEP). Quest’ultima voleva costituire un sistema internazionale di mutuo credito: avrebbe dovuto svolgere essenzialmente le funzioni di una banca centrale, con gli obiettivi di far sviluppare il commercio e facilitare i pagamenti tra gli stati membri2. Per trovare un primo riferimento ad intenti di coordinamento delle politiche monetarie europee devono passare altri cinque anni ed arrivare al 1955, più precisamente alla Dichiarazione di Messina: «(si stabilisce) una generica adozione di metodi suscettibili di assicurare un coordinamento sufficiente delle politiche monetarie dei Paesi membri per permettere la creazione e lo sviluppo di un mercato comune»3. I successivi avvenimenti, ovvero il Trattato di Roma del Marzo 1957 e la successiva entrata in vigore dello stesso nel Gennaio 19584, fanno registrare un passo avanti storico per quanto riguarda il processo di integrazione economica 1 È stata un’organizzazione istituita nel 1948 per coordinare gli aiuti internazionali del Piano Marshall per la ricostruzione dell’Europa. I Paesi aderenti erano: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito Regno Unito, Svezia, Svizzera, Territorio libero di Trieste, Turchia. In seguito aderirono anche la Repubblica Federale Tedesca e la Spagna. 2 A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.18 3 Sito ufficiale del CVCE - centro di ricerca interdisciplinare e documentazione sul processo di integrazione europea, (http://www.cvce.eu/obj/resolution_adopted_by_the_foreign_ministers_of_the_ecsc_member_ states_messina_1_to_3_june_1955-en-d1086bae-0c13-4a00-8608-73c75ce54fad.html) [en] 4 Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri documenti dell'UE considerati di dominio pubblico, (http://eurlex.europa.eu/it/treaties/dat/12002E/pdf/12002E_IT.pdf) 72 europea, ma segnano un progresso molto minore per quanto riguarda gli aspetti monetari5. Secondo il Trattato di Roma la politica in materia di cambi va considerata un problema di interesse comune, in particolare negli articoli 1036 e 1087, mentre l’articolo 1058 istituisce un Comitato Monetario a carattere consultivo per promuovere in coordinamento delle politiche degli stati membri in campo monetario. Nel 1964 il Consiglio dei Ministri dell’Economia della CEE decise di creare il Comitato dei Governatori, organo che andava ad affiancarsi al già citato Comitato Monetario9. Del nuovo Comitato fanno parte i sei governatori delle banche centrali dei paesi CEE, esso ha il compito di promuovere un coordinamento tra le politiche monetarie dei paesi aderenti. Il fine ultimo è il raggiungimento della stabilità dei prezzi, ma è prevista anche la possibilità di emettere pareri sull’ordinamento generale della politica monetaria. Tali pareri, possono essere indirizzati sia ai singoli paesi sia al Consiglio dei Ministri della CEE10. Bisognerà attendere ancora, fino alle fine degli anni Sessanta, per vedere dei progressi più evidenti. Nel 1968-1969 sul mercato dei cambi si manifestarono gravi turbolenze, così gravi da spingere i paesi della CEE a convocare un vertice a l’Aja per parlarne. Il risultato fu la proposta di realizzare un piano che avesse come suo fine ultimo la realizzazione dell’unione economica e monetaria11. Il primo passo fu la creazione di una task force con a capo il Presidente del Governo lussemburghese Pierre Werner, questi aveva l’incarico di redigere una relazione con un piano che indicasse i mezzi per raggiungere l’obiettivo finale. Nel 1970 Werner presentò la relazione: il piano prevedeva l’attuazione dell’Unione Monetaria Europea (UME) entro dieci anni, attraverso il passaggio da un piano nazionale ad uno comunitario della politica economica con 5 A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.19 6 Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri documenti dell'UE considerati di dominio pubblico, (http://eurlex.europa.eu/it/treaties/dat/12002E/pdf/12002E_IT.pdf), p.73 7 Ivi, p.77 8 Ivi, p.75 9 A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.19 10 Ibidem 11 Ibidem 73 l’adozione di una moneta unica come ultimo fine12. Il piano prevedeva una prima fase sperimentale ed una seconda fase pienamente operativa. Nel 1971 il crollo del sistema di Bretton Woods e la decisione adottata dal Governo statunitense di sganciare il dollaro e lasciarlo fluttuare liberamente provocò una grave instabilità nei mercati dei cambi: in questo modo la parità delle monete europee entrò in crisi e con esse lo stesso progetto dell’UME13. I vertici CEE risposero con l’attuazione dei primi due punti del piano Werner: innanzitutto una risoluzione del Consiglio istituiva nel 1972 il Serpente Monetario Europeo. La sua principale caratteristica consisteva nell’impegno da parte dei contraenti di limitare la fluttuazione rispetto al dollaro delle loro valute nel valore massimo del 2,25%14. Oltre al Serpente Monetario Europeo, fu creato in seno alla CEE un Fondo di sviluppo regionale (FESR)15. Il Serpente Monetario Europeo ebbe comunque vita breve, nel 1972 ne uscirono Gran Bretagna ed Irlanda, nel 1973 l’Italia. Un mese dopo l’uscita dell’Italia il Serpente Monetario Europeo fu definitivamente abbandonato16. A parziale coperture nell’Aprile 1973 fu istituito il Fondo Europeo di Cooperazione Monetaria (FECOM), questo era già previsto nel piano Werner. Ad esso fu affidato il compito di ridurre i margini di fluttuazione delle monete europee17. Purtroppo però, la scarsità degli strumenti a disposizione e lo stop al piano Werner non consentirono al FECOM di svolgere al meglio il proprio compito18. 2.2 Dal Sistema Monetario Europeo all’Unione Monetaria Il processo di stabilizzazione monetaria in Europa non si arrestò con i fallimenti dei primi anni Settanta. Nel 1975 comparve sulla scena europea un 12 Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/educational/facts/euint/html/ei_003.it.html) 13 A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.19 14 Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/educational/facts/euint/html/ei_003.it.html) 15 A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.21 16 Ibidem 17 Ibidem 18 Ibidem 74 nuovo attore: l’Unione di conto europea o UCE; questo è grossomodo l’antenato dell’euro, la nostra moneta unica, come lo conosciamo oggi19. L’UCE era una moneta paniere, ovvero contenitore dove erano presenti delle quantità definite che rappresentavano tutte le monete dei Paesi della Comunità Economica Europea. Nel 1979 l’UCE fu denominata ECU, ovvero European Currency Unit20. L’anno prima, nel 1978, il Presidente della Repubblica francese Valery Giscard d’Estaing ed il Cancelliere tedesco Helmut Schmidt avevano riproposto la questione della stabilità dei prezzi in Europa: il risultato fu una risoluzione del Consiglio europeo del 5 Dicembre 1978 in cui era delineato il nuovo Sistema Monetario Europeo, o SME21. Esso, come il Serpente Monetario suo predecessore, si proponeva di arrestare la fluttuazione dei tassi di cambio tra le monete dei Paesi appartenenti alla CEE: per farlo si dotava di due strumenti, l’ECU e l’ERM. L’Exchange Rate Mechanism rappresentava un sistema di regolazione dei cambi simile a quello delineato dagli accordi di Bretton Woods, prevedendo anche meccanismi automatici d’intervento per le banche centrali22. Lo SME alla prova dei fatti non fornì una buona prova di se per quanto riguarda i motivi che avevano portato alla sua creazione, tuttavia ebbe un notevole successo per un altro motivo: esso fu fondamentale nella creazione di un rapporto di reciproco sostegno tra Banca centrale della maggiore economia dei Paesi appartenenti ad esso, ovvero la Bundesbank, e gli altri Paesi europei. La Germania grazie allo SME riuscì a stabilizzare il Marco e nello stesso tempo agevolò gli altri Paesi europei nel raggiungimento di una certa stabilità monetaria, in definitiva affermò la sua leadership economica in quest’area e questa sarebbe durata ininterrottamente fino ad oggi23. La Bundesbank si affermò come perno istituzionale del sistema e questa sua posizione l’avrebbe portata in seguito ad influenzare tutto il processo di creazione della Banca Centrale Europea e della moneta unica24. Risultava comunque ovvio che non si poteva basare un processo di 19 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.15 Ibidem 21 A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.22 22 Ibidem 23 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.16 24 Ibidem 20 75 integrazione economica e monetaria così delicato su una sola Banca centrale, poiché quando gli interessi della Germania non sarebbero più coincisi con quelli dell’Europa sarebbero potuti sorgere dei problemi25. Nel Giugno 1985 il Presidente della Commissione Europea Jacques Delors presentò il cosiddetto Libro Bianco, ovvero un dossier sul completamento del mercato interno e dell’unione economica26. Dopo questa sollecitazione, nel Giugno del 1988 durante il Consiglio europeo tenuto ad Hannover, il Cancelliere tedesco Helmut Kohl propose di istituire un comitato che, seguendo le disposizioni del Libro Bianco, producesse un piano effettivo per il raggiungimento dell’unione economica e monetaria. Il Consiglio approvò: a capo del comitato fu posto lo stesso Delors, gli altri membri erano i dodici presidenti delle dodici banche centrali e tre esperti esterni; inoltre furono nominati due segretari, Tommaso Padoa Schioppa e Gunter Baer27. Nell’Aprile del 1989 il comitato presentò la propria relazione, questa riprendeva quasi completamente il Rapporto Werner di diciannove anni prima e prevedeva tre fasi per conseguire gli obiettivi prestabiliti28. Delors presentò il suo Rapporto nella stesura definitiva al Consiglio Europeo di Madrid del 1990 e questo diede il via alla prima fase da esso prevista. Nel 1991 il Consiglio tenuto a Roma decise di convocare una conferenza intergovernativa, la quale avrebbe dovuto proporre la bozza per un nuovo trattato29. In realtà già da queste prime fasi fu subito chiaro che l’attenzione era tutta rivolta all’unione monetaria più che economica, tralasciando la parte istituzionale: ciò in seguito avrebbe causato non poche difficoltà30. 25 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.17 A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.23 27 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.17 28 A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.23 29 Ibidem 30 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.17 26 76 2.3 Il Sistema Europeo delle Banche Centrali 2.3.1 Come è nato Il comitato Delors diede un contributo fondamentale alla creazione della Banca centrale europea. In particolar modo, il comitato nella sua relazione espresse la convinzione che non vi poteva essere unione monetaria senza una base istituzionale comune: era la prima volta che si parlava di un istituto centrale a livello europeo31. Il 7 Febbraio 1992 a Maastricht, nei Paesi Bassi, fu siglato il Trattato sull’Unione Europea. Questo stabiliva per gli stati aderenti i nuovi parametri da rispettare per garantire la stabilità monetaria e la costituzione di una banca centrale a livello europeo32. Tuttavia all’inizio il Trattato di Maastricht si rivelò di difficile attuazione, diversi Paesi, tra cui l’Italia, non riuscirono a rientrare nei parametri e la convergenza fu sospesa quando anche la Francia fu costretta a sforare33. Nonostante tutte le difficoltà, con la firma del Trattato di Maastricht si concludeva la prima delle tre fasi previste dal rapporto Delors nel raggiungimento dell’unione monetaria. La seconda fase prevedeva la creazione degli strumenti per la realizzazione della moneta unica34. In quest’ottica, nel Gennaio del 1994 nacque l’Istituto Monetario Europeo (IME). Questo era un organo transitorio nel processo di unione monetaria, aveva il compito rafforzare la cooperazione tra gli istituti emittenti dei vari Paesi e di preparare l’istituzione del Sistema Europeo delle Banche Centrali35. La terza ed ultima fase si è compiuta tra il 1997 ed il 1999. In questo intervallo temporale tutte le competenze di politica monetaria sono state trasferite dagli istituti di emissione nazionali al SEBC e dal 1 Gennaio 1999 l’Euro ha sostituito l’ECU con un tasso di uno ad uno36. 31 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.18 A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.24 33 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.20 34 A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.24 35 Ibidem 36 Ivi, p.26 32 77 2.3.2 Un sistema centralizzato Il Sistema Europeo delle Banche Centrali è formato dalle ventotto banche centrali dei Paesi aderenti all’Unione Europea, quindi le diciassette che hanno adottato l’euro e le undici che ancora non l’hanno fatto, e dalla Banca Centrale Europea37. Quando il SEBC è stato creato ci si è trovati di fronte ad un bivio: fondere le banche centrali esistenti in un’unica nuova banca centrale a livello europeo, oppure utilizzare gli istituti nazionali e la nuova banca centrale in modo dualistico. Il secondo modello è stato preferito poiché se è vero che anche gli Stati che adottano il modello federalista hanno sempre preferito una banca centrale unitaria, è altrettanto vero che in Europa non esisteva ancora un potere politico centrale e forte: così si rischiava di far risultare deleteria l’eliminazione delle banche centrali nazionali38. Nel SEBC è presente, inoltre, anche un sottoinsieme chiamato Eurosistema: qui sono raggruppate le banche centrali dei Paesi aderenti alla moneta unica39. Proprio come in uno Stato federale all’interno del SEBC vi sono due livelli organizzativi: la Banca Centrale Europea e le banche centrali nazionali. Il Sistema in quanto tale non ha personalità giuridica, la quale è attribuita alla sola BCE. Allo stesso modo il potere decisionale è riservato alla sola Banca Centrale Europea, mentre è solo l’attuazione delle decisioni prese che è affidata alle banche centrali nazionali o alla BCE stessa40. Quindi, mentre il vertice è caratterizzato dalla presenza di un unico organo decisionale, le altre funzioni possono essere anche decentrate. Per quanto riguarda le funzioni analitiche, il SEBC si affida ai servizi di ricerca delle banche centrali nazionali: questi, come per esempio il Servizio studi della Banca d’Italia, hanno grandi tradizioni e capacità. Inoltre, questi servizi di ricerca si riuniscono in comitati in seno alla Banca Centrale Europea per analizzare specifici settori e comparare i risultati41. Le funzioni analitiche sono per lo più costituite dalla formulazione di idee e proposte da parte dei Servizi di 37 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.39 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, pp.110-115 39 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.39 40 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, pp.125-129 41 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.41 38 78 ricerca che poi sono sottoposte ai Governatori delle banche centrali nazionali e che fungono da supporto al processo decisionale42. Per quanto riguarda le funzioni operative, invece, lo Statuto del SEBC riporta: «Per quanto possibile ed opportuno, fatto salvo il disposto del presente articolo, la BCE si avvale delle banche centrali nazionali per eseguire operazioni che rientrano nei compiti del SEBC.»43. Quest’articolo è stato interpretato in modo estensivo nel corso degli anni, utilizzando sempre più spesso le banche centrali nazionali per applicare le decisioni prese dalla Banca Centrale Europea44. Questo sistema s’ispira al principio della sussidiarietà che a livello europeo ha ispirato i trattati ed è considerato uno dei pilastri dell’Unione. Tuttavia all’interno del SEBC non si può parlare di vera e propria sussidiarietà, poiché a livello decisionale non vi è spazio per l’applicazione di questo principio: non vi sono competenze concorrenti ma tutti i compiti affidati al SEBC sono soggetti alle decisioni della BCE45. Inoltre, considerata la già rimarcata centralità del potere decisionale a vantaggio della BCE, se quest’ultima dovesse decidere che l’esecuzione di una determinata decisione dovesse essere realizzata attraverso le banche centrali nazionali, queste ultime non sarebbero titolari di nessuna funzione propria, ma sarebbero solo delegate in tal senso dalla Banca Centrale Europea46. Le banche centrali nazionali si ritrovano ad essere giuridicamente subordinate alla BCE e non sono quindi concepite come partner, ma come semplici bracci operativi47. Infatti, lo Statuto recita: 42 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.42 Art. 12 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 44 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.42 45 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, pp. 136-139 46 Ivi, p.130 47 Ibidem 43 79 «Le banche centrali nazionali costituiscono parte integrante del SEBC e agiscono secondo gli indirizzi e le istruzioni della BCE. Il consiglio direttivo adotta le misure necessarie per assicurare l'osservanza degli indirizzi e delle istruzioni della BCE, richiedendo che gli venga fornita ogni necessaria informazione.»48. Il decentramento operativo è comunque molto importante poiché mette tutte le banche centrali aderenti, almeno in teoria, in condizione di parità. Ovviamente, le dimensioni degli istituti e le rispettive capacità operative influiscono sulla loro capacità operativa ed anche, indirettamente, sul peso all’interno del SEBC49. Obiettivo del SEBC per il futuro è quello di utilizzare il criterio della specializzazione nella divisione dei compiti tra le banche centrali nazionali: invece di disperdere le risorse operando tutte in tutti i campi, ognuna dovrebbe concentrarsi su un’unica o comunque su poche funzioni ben delimitate, quest’operazione dovrebbe favorire l’efficienza e l’efficacia50. Un altro importante effetto del decentramento è che gli istituti di credito continuano a tenere la liquidità depositata presso gli istituti nazionali e non presso la BCE51. La stampa delle monete e delle banconote è affidata alle banche centrali nazionali. In modo particolare per quanto riguarda l’Euro il conio delle monete è affidato alle zecche di stato, mentre la stampa delle banconote è affidata alle stamperie delle banche centrali nazionali aderenti all’Eurosistema52. La centralità del sistema prevede che la BCE, un’organizzazione relativamente piccola con circa millecinquecento dipendenti, si trovi a coordinare ed a prendere decisioni per l’intero SEBC, ed in particolare per l’Eurosistema. Basti pensare che i soli dipendenti delle banche centrali appartenenti all’Eurosistema sono circa cinquantamila, mentre si stimano in almeno altri trentamila i dipendenti degli altri istituti centrali dei Paesi non aderenti alla moneta unica: si nota bene il rapporto sproporzionato tra i dipendenti della BCE e quelli dei 48 Art. 14 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 49 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.42 50 Ibidem 51 Ibidem 52 Ivi, p.43 80 suoi ―bracci operativi‖53. Per ovviare a questa sproporzione e consentire alla ―piccola‖ Banca Centrale Europea di cooperare finanche con gli organi più periferici delle banche centrali nazionali sono state previste due misure: la prima riguarda la creazione di un efficiente sistema di collegamento telematico all’interno del SEBC, la seconda la creazione di una serie di comitati di coordinamento54. Bisogna notare, comunque, che in questo caso per bracci operativi parliamo soprattutto delle banche centrali nazionali dell’Eurosistema, poiché nel caso dei Paesi non aderenti all’Euro le funzioni in comune sono molto ridotte. Il sistema telematico è stato creato seguendo i principi dell’efficacia e dell’efficienza: si è pensato bene di sostituire la rete di filiali che sarebbe stata necessaria in altre epoche storiche con un sistema telematico a raggiera, il quale vede in una posizione centrale l’ufficio preposto a ciò della BCE e nelle aree periferiche i sistemi informativi delle varie banche centrali. Pur affrontando delle difficoltà iniziali, dovute soprattutto all’eterogeneità dei sistemi preesistenti, alla fine è stato possibile creare una rete funzionante che nel corso degli anni ha portato anche i sistemi informativi delle banche centrali nazionali ad omogeneizzarsi rispetto a quello centrale55. La seconda misura, come detto, ha riguardato la creazione di una serie di comitati: uno per ogni area nella quale il SEBC è impegnato dai trattati. «Il consiglio direttivo istituisce e scioglie i comitati. Questi supportano l’attività degli organi decisionali della BCE e riferiscono al consiglio direttivo attraverso il comitato esecutivo.»56. Il Consiglio direttivo è quello della Banca Centrale Europea, quindi anche nell’istituzione dei comitati è conservata la centralità decisionale. Detti comitati svolgono un ruolo di supporto agli organi decisionali fornendo la propria consulenza nei settori di competenza. I comitati sono generalmente formati dal personale delle banche centrali dell’Eurosistema. Nel caso in cui 53 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.44 Ivi, pp. 44-45 55 Ibidem 56 Art. - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Decisione della BCE del 19 febbraio 2004 che adotta il regolamento interno della BCE (BCE/2004/2), GU L 80 del 18.3.2004 (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/l_08020040318it00330041.pdf) 54 81 vengano esaminate questioni di carattere più generale e che riguardano l’intero SEBC partecipano anche i rappresentanti delle banche centrali dei Paesi che non hanno ancora adottato l’Euro. I comitati istituiti in modo permanente sono tredici. A questi si aggiunge il Comitato per il bilancio preventivo, la Conferenza per le risorse umane, importante perché è il luogo di confronto riguardo le politiche sulle risorse umane, ed il Comitato direttivo per l’informatica, che è quello preposto ad apportare miglioramenti al sistema telematico centralizzato57. «I comitati sono composti da massimo due membri di ciascuna banca centrale nazionale dell’Eurosistema e della Banca Centrale Europea, nominati rispettivamente da ciascun governatore e dal comitato esecutivo. Il consiglio direttivo determina il mandato dei comitati e nomina i relativi presidenti. Di regola, il presidente è un membro del personale della Banca Centrale Europea. Il consiglio direttivo ed il comitato esecutivo hanno il diritto di richiedere ai comitati studi su argomenti specifici. La Banca Centrale Europea fornisce assistenza di segretario ai comitati. Anche la banca nazionale di ciascuno Stato membro non partecipante può nominare fino ad un massimo di due membri del proprio personale affinché prenda parte alle riunioni di un comitato ogni qual volta si tratti di questioni di competenza del consiglio generale ed ogni qual volta il presidente di un comitato ed il comitato esecutivo lo ritengano opportuno.»58. Le banche centrali nazionali non vedono le proprie competenze limitate a quelle indicate dal SEBC, ma vi sono anche delle aree in cui continuano ad avere funzioni non connesse con quelle degli altri istituti. La più importante di queste funzioni è quella della supervisione dei mercati, e del controllo agli istituti di credito, dei mercati e degli intermediari finanziari59. Negli altri sistemi federali, solitamente, l’organo di controllo è unico: così non è nel caso dell’Unione Europea. I motivi sono molteplici, sia di carattere tecnico sia politico, il più importante dei quali è il fatto che non tutti i Paesi dell’Unione 57 Sito ufficiale della Banca d'Italia, (https://www.bancaditalia.it/eurosistema/assetto/comitati) Art. 9 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Decisione della BCE del 19 febbraio 2004 che adotta il regolamento interno della BCE (BCE/2004/2), GU L 80 del 18.3.2004 (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/l_08020040318it00330041.pdf) 59 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.48 58 82 hanno aderito alla moneta unica. In ogni caso, vi è una legislazione fissata dalle direttive comunitarie che già dal Trattato di Maastricht copre l’area della supervisione e del controllo dei mercati, tuttavia non fu creato un organismo sovranazionale che svolgesse questa delicata funzione60. Così ogni Paese ha mantenuto il suo sistema di sorveglianza: in alcuni è la stessa banca centrale a vigilare, in altri vi sono altre autorità specializzate. Il Trattato di Maastricht si è limitato solo ad eliminare gli ostacoli alla comunicazione tra questi organismi, senza entrare nel merito della questione dal punto di vista istituzionale61. Tuttavia, la crisi economica del 2007 è arrivata come un fulmine a ciel sereno ed ha riproposto la questione istituzionale del sistema di controllo, ritenuto uno dei maggiori responsabili della recessione intervenuta in quegli anni. Gravi lacune sono state riscontrate nei sistemi di vigilanza degli Stati ed il problema è stato individuato in una deficienza di cooperazione62. Il risultato è stata una riforma del sistema a livello europeo: il 1 Gennaio 2011 sono divenute operative tre nuove autorità con competenze estese al territorio dell’intera Unione. Queste sono l’European Banking Authority (EBA), con compiti di vigilanza bancaria, l’European Securities and Market Authority (ESMA), con compiti di vigilanza sui mercati finanziari e l’European Insurance and Occupational Pensions Authority (EIOPA), con compiti di controllo nel settore delle assicurazioni e dei fondi pensione63. Le nuove autorità hanno l’obiettivo di promuovere l’uniformazione delle regole e delle prassi di vigilanza nei singoli ordinamenti nazionali e di supervisionare le banche centrali e le autorità nazionali preposte al compito nei singoli Paesi. Per fare ciò, le nuove autorità possono emettere raccomandazioni e proporre soluzioni, oltre che, in alcuni casi specifici, scavalcare le autorità nazionali e dare direttamente disposizioni64. In conclusione, il SEBC è stato creato con l’evidente obiettivo di garantire la stabilità dei prezzi e di controllare l’inflazione. Tale obiettivo è stato inserito in primo luogo nello Statuto, ma è anche frutto dell’integrazione europea e dell’esperienza storica avuta dalla Germania, che è senza dubbio il 60 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.49 Ivi, p.50 62 Ivi, p.51 63 Ibidem 64 Ibidem 61 83 Paese europeo più sensibile a questi temi dopo la crisi terribile vissuta negli anni Trenta del Novecento65. «[...] l'obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l'obiettivo della stabilità dei prezzi, esso sostiene le politiche economiche generali della Comunità»66. Per fare ciò al Sistema Europeo delle Banche Centrali sono stati affidati compiti specifici, elencati in maniera dettagliata dallo Statuto: «[...]i compiti fondamentali assolti tramite il SEBC sono: — definire e attuare la politica monetaria della Comunità; — svolgere le operazioni sui cambi in linea con le disposizioni dell'articolo 111 del trattato; — detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri; — promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento.»67. Il SEBC, pur volendo mantenere le apparenze di un sistema in cui tutti sono uguali, nella pratica risulta sbilanciato a favore di alcuni piuttosto che di altri. «Il SEBC è governato dagli organi decisionali della BCE.»68. L’articolo 8 dello Statuto, che è titolato ―Principio generale‖, conferma in modo inequivocabile l’accentramento del potere decisionale presso la Banca Centrale Europea a discapito delle banche centrali nazionali. Come vedremo molti caratteri tipici della BCE, ed alcuni anche del SEBC, sono diretta evoluzione della Bundesbank tedesca: non solo per quanto riguarda 65 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, pp.54-87 Art. 2 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 67 Art. 3 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 68 Art. 8 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 66 84 l’indipendenza dagli organi politici, ma anche per gli atti giuridici come le istruzioni e le direttive69. Da questa derivazione, oltre che altri fattori di carattere politico, deriva il ruolo guida e di supremazia che la Germania ha assunto nel processo di integrazione economica europea70. 2.4 Un altro sistema federale: il caso degli Stati Uniti d’America L’unico modo per comprendere meglio il funzionamento del Sistema Europeo delle Banche Centrali e dell’Eurosistema è quello di analizzare anche altri casi di autorità monetarie operanti in situazioni simili. Ovviamente per situazioni simili bisogna intendere degli Stati federali di vario tipo, poiché l’esperienza dell’Unione Europea è unica nel panorama mondiale sia attuale sia passato e non esiste un termine di paragone perfettamente attinente. Un primo importante esempio di decentralizzazione è quello intrapreso all’inizio della sua storia dal Federal Reserve System of the United States of America. Questo è il Sistema Federale delle Banche centrali degli Stati Uniti d’America, che era stato scelto fin dal 1913, a seguito degli studi fatti da un’apposita commissione, per controllare i mercati finanziari, gestire la moneta e prevenire le crisi economiche71. Il modello originale prevedeva che il Sistema fosse composto da dodici banche centrali regionali, chiamate Federal Reserve Banks, ognuno di esse operante in un distretto. Il Consiglio di amministrazione di queste banche era nominato in gran parte dalle banche commerciali operanti in ciascun distretto che detenevano le quote di capitale della banca centrale regionale corrispondente72. Il cardine del sistema era rappresentato dal Federal Reserve Board, un organo centrale di coordinamento costituito a Washington da sette membri nominati direttamente dal Presidente degli Stati Uniti, con il consenso 69 S. ANTONIAZZI, La Banca centrale europea tra politica monetaria e vigilanza bancaria, Giappichelli, Torino, 2013, p.30 70 Ivi, p.31 71 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.133 72 S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.96 85 del Senato, con un mandato di dieci anni73. Il Presidente di quest’organo di coordinamento era il Ministro delle Finanze degli Stati Uniti, il quale sedeva di diritto nel Board74. In questa fase storica il Sistema era estremamente decentrato: infatti in quegli anni alcune banche centrali regionali arrivarono finanche a stringere accordi internazionali scavalcando l’organo di collegamento75. Oltre al chiaro decentramento era netta anche la natura pubblicistica, chiaramente dimostrata dal fatto che un membro del governo federale era addirittura il Presidente designato del Board76. Quest’impronta deriva soprattutto dal fatto che all’epoca della creazione della Federal Reserve, chiamata anche semplicemente Fed, il Presidente degli Stati Uniti era Wilson e la maggioranza era democratica. L’opposizione repubblicana tentò di far approvare un progetto diverso, chiamato National Reserve Association, gestito direttamente dai banchieri e di proprietà degli stessi. Il carisma di Wilson fece naufragare i propositi repubblicani, ma dovette comunque concedere un certo peso ai privati nelle banche centrali regionali77. Il livello di decentramento fu identificato da alcuni economisti, insieme alle interferenze portate dai privati, come causa principale dell’incapacità della Fed nella gestione della grande depressione che colpì gli Stati Uniti tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta78. Fu un’altra amministrazione democratica, quella di Roosevelt, che avviò una nuova riforma. Nel 1933 fu emanato il Glass-Steagall Act, che intervenne sugli istituti di credito ponendo una serie di limitazioni con lo scopo di proteggere i consumatori da eventuali fallimenti. Del 1935 è il Banking Act, questo provvedimento modificava radicalmente il vecchio sistema della Fed, abrogando talune norme del vecchio Federal Reserve Act ed introducendone 73 S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.96 74 Ibidem 75 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.134 76 S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.97 77 S. BARONCELLI, La Banca centrale europea: profili giuridici e istituzionali. Un confronto con il modello americano della Federal Reserve, Editore EPAP, Collana Edizioni accademiche, Firenze, 2000, pp. 49 e ss. 78 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.134 86 altre79. Le Federal Reserve Banks furono private di alcuni poteri e di alcune funzioni che invece passarono al nuovo Board, il quale cambiò anche la denominazione in Boards of governors of the Federal Reserve System, ovvero Consiglio dei Governatori della Federal Reserve come ancora oggi è chiamato80. Fu modificata anche la composizione, nel senso che furono eliminati i membri di diritto e per tutti fu prevista la nomina del Presidente degli Stati Uniti con l’assenso del Senato. Il mandato fu allungato per tutti e sette i componenti fino a quattordici anni, così da ridurre al minimo la possibilità di influenze politiche o altre lobby81. Inoltre, fu istituito un nuovo organo chiamato Federal Open Market Committee, o più semplicemente FOMC, il quale nelle intenzioni originali doveva fungere da raccordo tra il Board e le Federal Reserve Banks. Il Comitato era costituito dai sette membri del Consiglio dei Governatori e da cinque governatori delle banche centrali regionali: in questi cinque era sempre presente quello del distretto di New York, mentre gli altri partecipavano a rotazione82. Il FOMC riceveva come funzione principale quella di decidere l’esecuzione di alcuni tipi di operazioni finanziarie che prima erano riservate alle banche regionali, come quelle che riguardavano le transazioni dei titoli di stato. Nell’immediato l’impatto fu limitato, ma nel lungo periodo questo tipo di operazioni divenne fondamentale nella politica economica degli Stati Uniti, come degli altri Paesi d’altronde, ed il FOMC assunse grande rilievo nel sistema83. Le scelte attuate dal legislatore americano nel 1935 si rivelarono molto lungimiranti: infatti il Federal Reserve System è arrivato a noi sostanzialmente immutato da allora. Il sistema americano è simile al SEBC nella misura in cui il centro decisionale, il Board in questo caso, si ritrova privo di capacità operative, le quali sono invece demandate alle banche centrali regionali che costituiscono l’area periferica. In 79 S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.99 80 S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.100 81 Ibidem 82 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.40 83 S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.100 87 particolare riveste una particolare importanza la Federal Reserve Bank of New York, a ragione del ruolo rivestito dalla grande mela nei mercati finanziari internazionali84. Riguardo al servizio informazioni, invece, nella Fed questo è sdoppiato: essendo presente sia a livello centrale presso il Consiglio dei Governatori sia a livello periferico presso le banche centrali regionali85. Il confronto tra la BCE, l’Eurosistema ed il SEBC e la Fed risulta comunque assai complicato86. In primo luogo vi è una sostanziale differenza tra questi due sistemi: data dal fatto che negli Stati Uniti è presente un forte potere politico centrale, cosa che in Europa ancora non esiste87. Anche se nominalmente l’esecutivo non dovrebbe avere poteri rilevanti dal punto di vista monetario neanche negli Stati Uniti, non si può negare che il Board sia nominato direttamente dal Presidente, oltre al fatto che il Governo ha il potere di imporre un indirizzo politico-economico specifico88. Inoltre il mandato della Fed è molto più vasto, soprattutto per il problema del potere politico centrale assente in Europa, di quello del SEBC: mentre per l’organismo europeo i compiti si limitano al mantenimento della stabilità della moneta, negli Stati Uniti è previsto anche l’impegno a garantire la piena occupazione, la stabilità dei prezzi e la stabilità dei tassi d’interesse su livelli bassi89. La Fed, inoltre, ha saputo instaurare, nonostante la rimarcata indipendenza, un rapporto di collaborazione con il Congresso, soprattutto attraverso il funzionamento di una serie di comitati90. In Europa tutto ciò è al momento reso impossibile dall’assenza di un potere legislativo centrale paragonabile al Congresso, infatti il Parlamento europeo non ha poteri neanche comparabili a quelli della camera americana91. Infine, è da rimarcare l’assenza nel SEBC di un organo paragonabile al FOMC, il quale nel corso dello scorso secolo si è rivelato il 84 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.40 Ibidem 86 Ibidem 87 Ibidem 88 S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.135 89 Ibidem 90 Ibidem 91 Ibidem 85 88 vero elemento propulsore ed unificatore della Fed92. In conclusione si può dire che le differenze sostanziali tra il Federal Reserve System of the United States of America ed il Sistema Europeo delle Banche Centrali deriva soprattutto dal diverso contesto politico in cui muovono93. Il sistema europeo dovrà affrontare nuove ed impegnative sfide nei prossimi anni se vorrà colmare il gap che lo separa in modo inequivocabile da quello americano94. 2.5 Un caso europeo: la Bundesbank La dottrina europea è ormai da tempo concorde sul fatto che il SEBC sia derivato direttamente dal sistema tedesco e che la Bundesbank abbia di fatto influenzato il processo di integrazione economica e monetaria95. Tuttavia lo stesso processo evolutivo delle istituzioni economiche e finanziarie in Germania è abbastanza travagliato. Nell’immediato secondo dopoguerra gli Alleati imposero in Germania un sistema direttamente derivato dal Federal Reserve System96 : vi era una struttura centrale chiamata Bank Deutscher Länder, riproposizione del Board presente nella Fed, ed undici filiali a livello regionale, sul modello delle Federal Reserve Banks97.La Bank Deutscher Länder aveva sede a Francoforte sul Meno ed iniziò ad operare dal 1 Marzo 1948: l’organo deliberativo era l’Ufficio dei direttori, composto dal Presidente, dai presidenti delle banche centrali regionali e dal Presidente dell’Ufficio dei dirigenti della banca dei Länder98. Le banche regionali agivano come vere e proprie banche centrali, godevano di ampia autonomia ed avevano diverse 92 S. BARONCELLI, Bilanciamento dei poteri e federalismo nell’assetto della Federal Reserve, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.136 93 Ibidem 94 Ivi, p.137 95 R. BIFULCO, Bundesbank e Banche centrali dei Länder come modello del Sistema europeo delle Banche centrali, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.75 96 Ivi, pp.76-77 97 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.134 98 R. BIFULCO, Bundesbank e Banche centrali dei Länder come modello del Sistema europeo delle Banche centrali, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.76 89 funzioni99. Caratteristica di questo sistema è che fin dall’inizio sia le banche regionali che quella centrale godettero di grande autonomia ed indipendenza rispetto al potere politico100. In questo periodo storico la Banca degli Stati tedeschi, ovvero la Bank Deutscher Länder, risultò essere una sorta di filiale sul piano giuridico delle banche regionali: queste, infatti, ne detenevano il capitale e nominavano i dirigenti, oltre a comporre per intero l’Ufficio dei direttori101. Non possiamo parlare di una vera e propria banca centrale, bensì di un luogo di confronto per le banche regionali102. Questo sistema risultava comunque figlio di un imposizione da parte degli Alleati, i quali nel 1948 occupavano ancora la Germania Occidentale. Nel 1957, due anni dopo aver riottenuto la sovranità nazionale, la Repubblica Federale Tedesca decise di riformare il sistema. Lo fece sostanzialmente unificando i due livelli e creando la Deutsche Bundesbank: in questo modo il sistema risultò capovolto, non fu più la banca centrale ad essere filiale di quelle regionali, ma le banche dei Länder divennero amministrazioni di quella centrale103. Tuttavia, vi era anche la necessità di salvaguardare il principio federalista, così si decise che comunque i vertici della Bundesbank dovevano essere scelti dai Länder104. L’indipendenza della Bundesbank dal potere politico fu sancita sia dalla legislazione ordinaria sia da quella costituzionale, infatti l’art. 88 della Costituzione tedesca oggi recita: « La Federazione istituisce una banca valutaria e di emissione, come Banca federale. Le sue funzioni e competenze possono essere trasferite, nel quadro dell'Unione 99 R. BIFULCO, Bundesbank e Banche centrali dei Länder come modello del Sistema europeo delle Banche centrali, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.76 100 Ibidem 101 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.135 102 Ibidem 103 R. BIFULCO, Bundesbank e Banche centrali dei Länder come modello del Sistema europeo delle Banche centrali, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.77 104 Ibidem 90 Europea, alla Banca Centrale Europea, che è indipendente ed è vincolata allo scopo primario della sicurezza della stabilità dei prezzi.»105. Bisogna notare che la parte riguardante la Banca Centrale Europea è stata inserita solo successivamente al Trattato di Maastricht, tuttavia il legislatore ha voluto rimarcare l’indipendenza anche dell’istituto europeo oltre che al compito principale della stabilità dei prezzi. L’indipendenza e la stabilità dei prezzi sono proprio le caratteristiche fondamentali della Bundesbank e già da questo si nota una certa vicinanza tra le due istituzioni106. La riforma del 1957 ha ovviamente modificato anche l’organizzazione interna della Bundesbank. Ad oggi l’organo più importante è il Consiglio bancario centrale, il quale è composto dal Presidente e dal Vicepresidente della Banca, dai membri della Direzione generale e dai Presidenti delle banche centrali dei Länder107. Le sue funzioni principali sono quelle di decidere la politica monetaria e di indicare le direttive per l’amministrazione della Banca, inoltre in alcuni casi può emettere istruzioni dirette agli altri organi di governo108. La Direzione generale, invece, pur condividendo con il Consiglio la natura di supremo organo federale rappresenta l’organo esecutivo. Le sue funzioni sono quelle di dirigere ed amministrare la Banca e da essa dipende l’amministrazione del personale109. La Direzione è composta dal Presidente e dal Vicepresidente, oltre che da altri sei membri nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Governo110. Il mandato dura da un minimo di cinque fino ad un massimo di otto anni111. Prima di proporre i nomi al Presidente della Repubblica, il Governo deve verificare che si tratti di personalità dotate di specifiche qualifiche professionali e deve sentire il parere del Consiglio bancario 105 P. BISCARETTI DI RUFFIA, Costituzioni straniere contemporanee, vol. I, Giuffré Editore, 1994 106 R. BIFULCO, Bundesbank e Banche centrali dei Länder come modello del Sistema europeo delle Banche centrali, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.78 107 Ivi, p.85 108 Ibidem 109 Ibidem 110 Ivi, p.86 111 Ibidem 91 centrale112. I membri della Direzione sono inamovibili se non per dimissioni personali o per iniziativa promossa dal Consiglio, ciò è previsto per renderli indipendenti in più possibile dalle pressioni politiche113. La riforma del 1957 ha allo stesso modo modificato anche l’organizzazione delle banche regionali. Queste sono state trasformate in amministrazioni periferiche della Bundesbank e sono chiamate Hauptverwaltung114. Esse sono passate dalle undici iniziali a nove e quindi non corrispondono più al numero dei Länder. Tuttavia l’organizzazione prevista prevede che ogni Land abbia un rappresentante in seno alla banca regionale di riferimento115. Le banche regionali sono rette da un Consiglio di amministrazione, detto Vorstand, composto dal Presidente, da un Vicepresidente e nelle banche centrali che hanno competenza su tre Länder da un secondo Vicepresidente, così che ogni Land possa avere un rappresentante in seno al Consiglio116. I presidenti sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Bundestrat, ovvero la camera delle autonomie tedesca detta anche Consiglio federale, che è a sua volta vincolato alla proposta proveniente dagli organi esecutivi dei Länder in questione117. Il Bundestrat non può avanzare autonomamente delle proposte ma può respingere quelle provenienti dal Governo del Land in questione118. Questo meccanismo serve ad affermare il principio del federalismo e ad impedire che il Governo centrale possa assumere un potere eccessivo nella determinazione dei membri del Consiglio bancario centrale119. Nella nomina degli altri membri dei Consigli di amministrazione invece il potere è esclusivo della Bundesbank, in quanto la designazione è del Consiglio bancario centrale e la nomina è del Presidente della Bundesbank120.La banca centrale tedesca ha anche affrontato il problema dei rapporti con il mondo bancario e finanziario. Sono stati creati presso le banche regionali dei comitati, chiamati Beiräte, costituiti dai 112 R. BIFULCO, Bundesbank e Banche centrali dei Länder come modello del Sistema europeo delle Banche centrali, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.86 113 Ibidem 114 Ibidem 115 Ivi, 87 116 Ibidem 117 Ibidem 118 Ibidem 119 Ivi, p.88 120 Ibidem 92 rappresentanti del mondo bancario, commerciale, industriale ed agricolo121. Questi comitati hanno una funzione consultiva obbligatoria presso i presidenti delle banche dei Länder122. I membri di questi comitati sono proposti dai governi dei Länder competenti e sono poi nominati dal Presidente della Bundesbank123. In conclusione si può dire che la struttura della Bundesbank tedesca riflette grosso modo quello che è l’ordinamento istituzionale dello Stato tedesco: così come il Bundestrat, formato esclusivamente dai rappresentanti dei Länder, partecipa al processo legislativo, le banche regionali partecipano attraverso i loro presidenti alla funzione decisionale del Consiglio bancario centrale. Inoltre, intervengono in varia misura nel processo della scelta degli organi della Bundesbank il Presidente delle Repubblica, il Bundestrat, il Governo ed i governi dei Länder: tutto ciò avviene per garantire l’indipendenza della Bundesbank dagli influssi politici e delle lobby124. Il modello SEBC è senz’altro derivato da quello tedesco, non fosse altro per i chiari riferimenti presenti in entrambi all’indipendenza dal potere politico ed alla funzione di stabilità della moneta e per la somiglianza che vedremo accomuna la Banca Centrale Europea e la Bundesbank. Tuttavia la questione trasla inevitabilmente sugli sviluppi futuri che attendono l’Unione Europea, quando finalmente la forma di stato sarà chiara anche la sua banca centrale dovrà adattarsi di conseguenza. Ad oggi il carattere comune che accomuna la Bundesbank ed il SEBC è probabilmente frutto della posizione dominante assunta dalla Germania nel processo 121 di integrazione europea125. R. BIFULCO, Bundesbank e Banche centrali dei Länder come modello del Sistema europeo delle Banche centrali, in O. ROSELLI, Europa e Banche centrali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p.88 122 Ibidem 123 Ibidem 124 Ivi, pp. 90-91 125 Ibidem 93 Capitolo III La Banca Centrale Europea 3.1 Nascita ed evoluzione della Banca Centrale Europea Il 7 Febbraio 1992 viene firmato a Maastricht il Trattato sull’Unione Europea, entrato in vigore definitivamente il 1 Novembre 19931. Questo Trattato deriva in gran parte dal lavoro della Commissione presieduta da Jaques Delors e riprende le linee guida indicate nel suo Rapporto. Il nuovo Trattato stabilisce le linee guida a cui i Paesi aderenti dovranno attenersi, tra queste vi sono i parametri di convergenza e la costituzione di una nuova Banca Centrale Europea con il compito di governare l’ECU2. Il Rapporto Delors ebbe il merito di indicare la creazione di una base istituzionale, che sarebbe stata la Banca Centrale Europea, e di una moneta unica, l’Euro, come base per la realizzazione dell’unione monetaria3. Dal 1994 iniziò ad operare l’Istituto Monetario Europeo. Questo istituto è il progenitore della Banca Centrale Europea e fu creato come strumento utile al raggiungimento dell’unione monetaria, esso segnava la strada per la nascita del Sistema Europeo delle Banche Centrali e della moneta unica4. La decisione di procrastinare la nascita definitiva della Banca Centrale Europea all’ultima fase prima dell’unione monetaria risale alla Conferenza intergovernativa del 1990. Qui fu accettata anche la bozza di statuto della nuova Banca centrale preparata dal Comitato dei Governatori delle Banche centrali nazionali aderenti e queste proposte furono inserite nel Trattato5. Nel 1997 durante il vertice di Amsterdam è adottato il Patto di stabilità e crescita, già impostato ed approvato a Dublino nel Dicembre 1 L. GALANTINO, Diritto Comunitario del Lavoro, Giappichelli Editore, Torino, Decima edizione aggiornata al 15 Luglio 2012, p. 10 2 A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.24 3 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.18 4 A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.25 5 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.19 94 del 1996. Tale Patto aveva il fine dichiarato di impedire che i vari Paesi dopo aver raggiunto gli obiettivi di convergenza dettati dal Trattato di Maastricht fossero portati a discostarsene di nuovo, quindi erano stabiliti nuovi vincoli e nuove sanzioni6. Il Patto di Stabilità affonda le sue radici nel periodo immediatamente successivo alla firma del Trattato di Maastricht. In Danimarca il referendum per la ratifica ebbe esito negativo, nel Settembre del 1992 la Lira e la Sterlina furono a più riprese svalutate, così come lo Scudo portoghese, la Peseta spagnola e la Sterlina irlandese. Ciò fu dovuto ad una forte crisi economica che nell’Agosto del 1993 colpì anche il Franco. Il Sistema Monetario Europeo si trovava così in crisi prima ancora di giungere a compimento, ma i Paesi aderenti non si fermarono e proseguirono nella ratifica del Trattato di Maastricht. Una volta raggiunta una certa stabilità si decise di prendere provvedimenti per evitare nuove oscillazioni delle monete nell’ultima e più delicata fase del passaggio all’Euro7. Il 1 Giugno 1998 nasce definitivamente la Banca Centrale Europea, che prende il posto dell’Istituto Monetario Europeo e diventa definitivamente operativa il 1 Gennaio 1999. Da quest’ultima data tutte le funzioni di politica monetaria e del tasso di cambio delle allora undici banche centrali nazionali sono state trasferite alla BCE8. Inoltre, dal 1 Gennaio 1999 l’Euro ha sostituito l’ECU diventando così la moneta unica europea9, almeno sui mercati finanziari. Il nuovo conio è entrato effettivamente in circolazione il 1 Gennaio 200210. Il Trattato di Lisbona, entrato in vigore dal 1 Dicembre 2009, apporta alcune modifiche anche alla Banca Centrale Europea. Quest’ultima fino a questo momento è stata considerata un organismo comunitario sui generis, con il Trattato di Lisbona la BCE è inserita tra le istituzioni dell’Unione11. 6 A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.25 7 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.20 8 A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001, p.26 9 Ibidem 10 Ibidem 11 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, p.27 95 3.2 Come è organizzata 3.2.1 Il Consiglio direttivo L’assetto istituzionale della Banca Centrale Europea può essere catalogato come una piramide. Alla base troviamo le Banche centrali nazionali, salendo ci imbattiamo nel Consiglio generale, poi nel Comitato esecutivo ed al vertice troviamo il Consiglio direttivo12. Quest’ultimo organo è individuato già dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)13 nell’articolo 129, vecchio articolo 107 del Trattato sulla Comunità Europea. Inoltre, il Consiglio direttivo è affrontato nello specifico dall’art. 10 dello Statuto della Banca centrale europea14. In quest’organo siedono i membri del Comitato esecutivo ed i governatori delle banche centrali nazionali dei Paesi facenti parte dell’Eurosistema, quindi aderenti a pieno titolo all’Unione Monetaria Europea e che adottano l’Euro come moneta unica15. « [...] Il consiglio direttivo comprende i membri del comitato esecutivo della BCE nonché i governatori delle banche centrali nazionali.»16 Attualmente i membri sono ventisei, ovvero i diciotto governatori delle Banche centrali nazionali e sei membri del Comitato esecutivo17. Inizialmente all’interno del Consiglio vigeva la regola che ogni membro aveva diritto ad un voto. Con l’allargamento della zona euro e la conseguente crescita numerica 12 A. PALAZZO, I profili politici ed istituzionali della BCE e del SEBC, in O. ROSELLI, Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, p.48 13 Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri documenti dell'UE considerati di dominio pubblico (http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2012.326.01.0001.01.ITA#C_2012326IT.01001301) 14 Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 15 A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.39 16 Art. 10.1 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 17 Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Il Consiglio direttivo, (https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/govc/html/index.it.html) 96 del Consiglio stesso sono state apportate alcune modifiche a questo sistema di votazione. « Ogni membro del Consiglio direttivo ha diritto a un voto. A decorrere dalla data in cui il numero dei membri del Consiglio direttivo ecceda 21, ciascun membro del Comitato esecutivo ha diritto a un voto e il numero dei governatori con diritto di voto è pari a 15.»18. I quindici diritti di voto sono stati attribuiti a tre gruppi di governatori: quattro voti ad un gruppo di cinque, che si alterneranno a rotazione per pari periodi temporali, otto voti ad un gruppo pari alla metà del totale dei governatori, tre voti ai rimanenti. I gruppi sono costituiti in base a criteri economici, tanto è vero che il primo vede raggruppate le cinque maggiori economie e poi a diminuire19. Il Consiglio direttivo ha sostanzialmente due funzioni: da un lato adotta gli indirizzi e prende le decisioni al fine di assicurare lo svolgimento dei compiti affidati al SEBC, dall’altro formula la politica monetaria per l’area dell’euro20. Il Consiglio è quindi l’organo decisionale che detta la linea politica da seguire21. Le decisioni sono prese nella maggior parte dei casi a maggioranza semplice: ma in alcune circostanze, come talune decisioni di carattere finanziario, lo Statuto prevede la ponderazione dei voti in base alle quote di capitale sottoscritto per raggiungere una maggioranza qualificata. In alcuni casi eccezionali, come le interferenze con la sfera di autonomia delle Banche centrali nazionali, è prevista la maggioranza dei due terzi del Consiglio22. Alcuni autori hanno sottolineato il predominio numerico dei Governatori delle Banche centrali nazionali nel Consiglio direttivo, deducendo da ciò che la Banca Centrale Europea si riduca ad essere una controllata di 18 Art. 10.2 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 19 Ibidem 20 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.164 21 Ibidem 22 A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.41 97 queste ultime23. Questa tesi è suffragata dal confronto con la Federal Reserve, dove il Consiglio dei Governatori ha ben sette voti da contrapporre ai cinque delle Banche regionali. Oltre che dal confronto più diretto con la Bundesbank, dove il Comitato esecutivo ha fino ad un massimo di otto voti contro i nove delle banche centrali dei Land. La BCE si rivela essere ancora una volta più vicina alla Bundesbank che alla Federal Reserve, ma simili confronti restano comunque in parte viziati24. Il vizio deriva in parte dal fatto che il Comitato esecutivo, come si vedrà nel prossimo paragrafo, gode di poteri comunque superiori rispetto al Board of Governors di Washington o al Vorstand di Francoforte. Questi poteri maggiori causano un’influenza superiore da parte del Comitato nei confronti delle Banche centrali nazionali, tale da determinare in parte anche gli indirizzi. Inoltre è il Presidente a presiedere le riunioni ed in caso di parità il suo voto è quello determinante25. Infine, è il Comitato esecutivo che prepara le riunioni del Consiglio direttivo26. « Nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dai trattati e dallo statuto del SEBC e della BCE, né la Banca centrale europea né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione nonché i governi degli Stati membri s’impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti.»27. L’art. 130 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea è fondamentale per affermare un altro principio, ovvero l’autonomia decisionale della BCE. I Governatori sono per loro stessa natura sia rappresentanti degli interessi delle 23 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.166 24 Ivi, pp. 166-167 25 Ivi, p.168 26 Ibidem 27 Art. 130 TFUE - Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri documenti dell'UE considerati di dominio pubblico, (http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2012.326.01.0001.01.ITA#C_2012326IT.01001301) 98 Banche centrali nazionali sia rappresentanti dell’interesse comune. Tuttavia dinanzi all’interno del Consiglio direttivo essi sono vincolati esclusivamente agli obiettivi sovranazionali che la BCE persegue28. Per garantire l’indipendenza dei Governatori nella loro funzione di membri del Consiglio direttivo i verbali delle riunioni non sono pubblicati ed è previsto il più stretto riserbo29. Tuttavia, dopo la prima riunione del mese, solitamente ne sono previste due, le decisioni prese in modo collegiale sono spiegate in conferenza stampa dal Presidente della BCE, assistito dal Vicepresidente30. 3.2.2 Il Comitato esecutivo Così come il Consiglio direttivo, anche il Comitato esecutivo trova il suo fondamento giuridico nel Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, in particolare all’art. 28331. Il Comitato è composto da sei membri: il Presidente, in Vicepresidente e quattro commissari, nominati per un mandato non rinnovabile di otto anni32. «Il comitato esecutivo comprende il presidente, il vicepresidente e quattro altri membri»33. Il compito principale del Comitato è quello di tradurre in pratica le linee guida politiche decise dal Consiglio direttivo, attraverso soprattutto l’emanazione di istruzioni destinate alle Banche centrali nazionali, che costituiscono il braccio operativo del SEBC e quindi della BCE34. Inoltre, il Comitato è responsabile 28 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.171 29 Ivi, p.172 30 Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Il Consiglio direttivo, (https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/govc/html/index.it.html) 31 Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri documenti dell'UE considerati di dominio pubblico (http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2012.326.01.0001.01.ITA#C_2012326IT.01001301) 32 A. MORSELLI, Nascita ed evoluzione della Banca centrale europea, Città aperta edizioni, Troina (EN), 2009, p.84 33 Art.11.1, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 34 O. ROSELLI, Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, p.47 99 degli affari correnti della BCE, compito molto delicato in quanto in esso è racchiusa la gestione della politica monetaria. Quest’ultimo compito richiede un’adeguata tempestività delle decisioni, soprattutto quando non è possibile convocare in tempi brevi il Consiglio direttivo: tutto ciò ha portato a prevedere un regolamento interno che prevede addirittura la possibilità di riunire il Comitato in teleconferenza35. Questi compiti hanno portato alcuni studiosi a definire il Comitato esecutivo come «L’esecutivo monetario europeo»36. Inoltre, il Comitato per ottemperare a tutti i compiti è collegato e sovraordinato a tutte le unità amministrative della BCE e può emettere circolari 37. I membri del Comitato sono scelti «tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o bancario, di comune accordo dai governi degli Stati membri, a livello di capi di Stato o di governo, su raccomandazione del Consiglio previa consultazione del Parlamento europeo e del Consiglio direttivo»38. Questa procedura rispecchia l’importanza che quest’organo riveste a livello dell’Unione. Se da un lato risulta lampante l’assenza dal processo di nomina dell’organo che per la sua stessa essenza rappresenta gli interessi sovranazionali, ovvero la Commissione, dall’altro il Comitato risulta essere l’unica istituzione a livello europeo in cui non tutti gli Stati membri hanno il diritto di far sedere un proprio cittadino39. Una scelta che potrebbe apparire ambigua, ma che probabilmente serve a bilanciare gli interessi nazionali con quelli collettivi dell’Unione. Tanto è vero che la nomina è fatta da un organo collegiale che è simile al Consiglio europeo, con la sola differenza che non vi siede alcun rappresentante della Commissione. D’altra parte è stata prevista la carica più lunga tra tutte quelle esistenti a livello dell’Unione Europea, ovvero otto anni, e non rinnovabile per i membri del Comitato: così da garantire l’indipendenza assoluta nel loro operato40. Il Comitato esecutivo è in definitiva 35 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.161 36 Ibidem, cfr. M. SELMAYR, Die Wirtschafts und Wahrungsunion als Rechtsgemeinschaft, Aor, 1999, pp. 353, 357 37 Ibidem 38 Art. 11.2, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 39 A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.46 40 Ivi, p.47 100 un organo dal carattere sovranazionale, che vuole essere scevro da influenze nazionali o comunitarie. « Ogni membro del comitato esecutivo presente ha diritto di voto e dispone a tal fine di un voto. Salvo diverse disposizioni, il comitato esecutivo delibera a maggioranza semplice dei votanti. In caso di parità, prevale il voto del presidente»41. La procedura di voto è molto più semplice rispetto al Consiglio direttivo, è previsto un voto per ogni membro con prevalenza del voto del Presidente in caso di parità. Inoltre, per il momento non c’è traccia né nei Trattati, né nello Statuto, né tantomeno nei regolamenti interni delle «diverse disposizioni» di cui si parla nell’articolo 11.542. Nel raffronto con la Federal Reserve il Comitato esecutivo si differenzia poiché in quest’ultima l’organo centrale si limita a dettare gli indirizzi di politica monetaria senza essere dotato degli strumenti per attuarli. Il Comitato, invece, essendo un organo prettamente amministrativo ha gli strumenti per dettare istruzioni dettagliate alle Banche centrali nazionali, mentre le Reserve Banks statunitensi godono della più assoluta autonomia nella scelta degli strumenti di politica monetaria. «Al comitato esecutivo possono inoltre essere delegati taluni poteri quando lo decide il Consiglio direttivo»43. Il Consiglio direttivo può delegare alcune funzioni al Comitato esecutivo, questo lascia aperti diversi spiragli per quanto riguarda gli sviluppi futuri di quest’organo che sembra destinato ad acquistare sempre più peso all’interno della Banca centrale europea44. 41 Art. 11.5, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 42 A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.47 43 Art.12.1, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 44 A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.49 101 3.2.3 Il Consiglio generale Quando è stato stipulato il Trattato di Maastricht già era chiaro che non tutti gli Stati membri avrebbero preso parte all’Unione monetaria, così oltre a prevedere un apposito ―Statuto in deroga‖, fu prevista anche un’istituzione ad hoc che potesse permettere di regolare le relazioni anche con questi Paesi45. Le tesi erano principalmente due: una temeva il pericolo di un’Europa a due velocità dopo l’entrata in vigore dell’UEM, mentre l’altra paventava il rischio di una fin troppo stringente interferenza degli Stati non aderenti rispetto alla politica monetaria comune. Tra le alternative di integrare ugualmente gli Stati non aderenti e quella di tenerli fuori, si scelse di raggiungere un compromesso, creando un terzo organo dotato di poteri minori e non decisionali, ma dove siedono tutti i governatori delle Banche centrali dell’Unione Europea46. «Fatto salvo l'articolo 107, paragrafo 3, del trattato, il consiglio generale è costituito come terzo organo decisionale della BCE»47. Il Consiglio generale è quindi considerato dallo Statuto il terzo organo decisionale, anche se non possiede veri poteri decisionali. Sarebbe più giusto considerare il Consiglio generale come un organo un organo di transizione: infatti esso svolge i compiti che in precedenza erano affidati all’Istituto monetario europeo. Queste funzioni sono state assunte dalla BCE nella terza fase dell’UEM poiché non tutti i Paesi membri dell’Unione hanno aderito alla moneta unica48. «Se e fintantoché vi sono Stati membri con deroga e fatto salvo l'articolo 129, paragrafo 1, il consiglio generale della Banca centrale europea di cui all'articolo 44 45 A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.49 Ivi, p.50 47 Art.45.1, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 48 A. MORSELLI, Nascita ed evoluzione della Banca centrale europea, Città aperta edizioni, Troina (EN), 2009, p.85 46 102 dello statuto del SEBC e della BCE sarà costituito in quanto terzo organo decisionale della Banca centrale europea.»49. Il Consiglio generale è composto da tutti i governatori delle Banche centrali nazionali dei Paesi membri dell’Unione Europea, sia dai diciotto che appartengono all’area euro che dai dieci che ancora non hanno aderito. Inoltre, il Consiglio comprende il Presidente della BCE ed il Vicepresidente, mentre gli altri membri del Comitato esecutivo, il Presidente del Consiglio dell’UE e un membro della Commissione europea possono partecipare alle riunioni senza diritto di voto50. «Il consiglio generale comprende il presidente e il vicepresidente della BCE e i governatori delle banche centrali nazionali. Gli altri membri del comitato esecutivo possono partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni del consiglio generale.»51. Le maggiori responsabilità del Consiglio generale sono quelle che precedentemente facevano capo all’Istituto Monetario Europeo, in particolare spetta al Consiglio seguire la convergenza macroeconomica degli Stati membri che non hanno aderito all’euro52. Gli altri compiti sono per lo più di natura consultiva, dove il Consiglio generale va ad affiancare il Consiglio direttivo ed il Comitato esecutivo ma senza alcun potere decisionale53. Alcune funzioni del Consiglio generale riguardano la raccolta di informazioni statistiche, la redazione del Rapporto annuale della BCE ed una forma di supervisione nella gestione del personale54. Il regolamento interno della BCE ha specificato che il Consiglio generale può presentare osservazioni non vincolanti55. In conclusione si può affermare che il Consiglio generale è l’organo di 49 Art. 141.1 TFUE, Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri documenti dell'UE considerati di dominio pubblico (http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2012.326.01.0001.01.ITA#C_2012326IT.01001301) 50 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.49 51 Art.45.2, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 52 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.49 53 A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.50 54 Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Il Consiglio generale, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/genc/html/index.it.html) 55 A. MALATESTA, La Banca Centrale Europea, Giuffrè Editore, Milano, 2003, p.51 103 collaborazione e collegamento che permette i rapporti tra le Banche centrali nazionali dei Paesi della zona euro e dei Paesi non aderenti, ma comunque ad esso non spetta alcun potere decisionale, bensì solo poteri consultivi56. 3.3 Il problema dell’indipendenza Uno dei maggiori problemi riscontrati nel corso degli anni dal punto di vista istituzionale nella Banca Centrale Europea è stato quello dell’indipendenza dei poteri decisionali. La credibilità dell’istituzione dipende dalla sua capacità di agire in modo indipendente, prendendo delle decisioni, per raggiungere gli obiettivi prefissati57. L’obiettivo sancito dal Trattato è quello della stabilità dei prezzi, per raggiungere il quale la BCE ha a disposizione una discreta varietà di strumenti economici di politica monetaria. La BCE non è quindi sottoposta né ai governi, né tantomeno alle Banche centrali nazionali58. Tuttavia, queste ultime sono le sottoscrittrici del capitale della BCE e quindi le azioniste. «Il capitale della BCE, che diventa operativo al momento della sua istituzione, è di 5 000 milioni di ECU. Il capitale può essere aumentato per ammontari eventualmente determinati dal Consiglio direttivo»59. Ad oggi, dopo diverse variazioni dovute all’ingresso di nuovi Stati membri nell’Unione e quindi di nuove Banche centrali nazionali nella BCE, il capitale ammonta a 10.825.007.069,61 euro. Le quote di partecipazione al capitale sono calcolate proporzionalmente alla popolazione totale ed al prodotto interno lordo dei vari Stati membri. Le quote sono modificate ogni qual volta che un 56 A. MORSELLI, Nascita ed evoluzione della Banca centrale europea, Città aperta edizioni, Troina (EN), 2009, p.85 57 T. PADOA SCHIOPPA, L'Euro e la sua Banca Centrale, Il Mulino, Bologna 2004, p.56 58 A. MORSELLI, Nascita ed evoluzione della Banca centrale europea, Città aperta edizioni, Troina (EN), 2009, p.93 59 Art. 28 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 104 nuovo Stato membro entra nell’Unione, oppure ogni cinque anni sulla base dei dati forniti dalla Commissione. Le quote, ad oggi, sono così divise60: Partecipante Quote (in %) Nationale Bank van België/Banque Nationale de Belgique 2,48 (Belgio) Deutsche Bundesbank (Germania) 17,99 Eesti Pank (Estonia) 0,19 Bank Ceannais na hÉireann/ Central Bank of Ireland (Irlanda) 1,16 Bank of Greece (Grecia) 2,03 Banco de España (Spagna) 8,84 Banque de France (Francia) 14,18 Banca d’Italia (Italia) 12,31 Central Bank of Cyprus (Cipro) 0,15 Latvijas Banka (Lettonia) 0,28 Banque centrale du Luxembourg (Lussemburgo) 0,20 Bank Ċentrali ta’ Malta/Central Bank of Malta (Malta) 0,07 De Nederlandsche Bank (Paesi Bassi) 4,00 Oesterreichische Nationalbank (Austria) 1,96 Banco de Portugal (Portogallo) 1,74 Banka Slovenije (Slovenia) 0,35 Národná banka Slovenska (Slovacchia) 0,77 Suomen Pankki - Finlands Bank (Finlandia) 1,26 Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) (Bulgaria) 0,86 Česká národní banka (Repubblica Ceca) 1,61 Danmarks Nationalbank (Danimarca) 1,49 Hrvatska narodna banka (Croazia) 0,60 Lietuvos bankas (Lituania) 0,41 Magyar Nemzeti Bank (Ungheria) 1,38 Narodowy Bank Polski (Polonia) 5,12 Banca Naţională a României (Romania) 2,60 60 Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Organizzazione, Sottoscrizione del capitale (https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/capital/html/index.it.html) 105 Sveriges riksbank (Svezia) 2,27 Bank of England (Regno Unito) 13,67 La diversa percentuale nel possesso delle quote non dà diritto ad un potere più grande o più piccolo all’interno degli organi decisionali, bensì ad una diversa ripartizione degli utili o, nel caso, della riparazione delle perdite. « Il profitto netto della BCE deve essere trasferito nell'ordine seguente: a) un importo stabilito dal Consiglio direttivo, che non può superare il 20% del profitto netto, viene trasferito al fondo di riserva generale entro un limite pari al 100% del capitale; b) il rimanente profitto netto viene distribuito ai detentori di quote della BCE in proporzione alle quote sottoscritte. Qualora la BCE subisca una perdita, essa viene coperta dal fondo di riserva generale della BCE, e se necessario, previa decisione del consiglio direttivo, dal reddito monetario dell'esercizio finanziario pertinente in proporzione e nei limiti degli importi ripartiti tra le banche centrali nazionali conformemente all'articolo 32, paragrafo 5. »61. La BCE è quindi sostanzialmente indipendente anche dalle Banche centrali nazionali che hanno sottoscritto il suo capitale. L’indipendenza della BCE risale fino ai lavori del Comitato Delors, che aveva individuato questa caratteristica come fondamentale62. Per rimarcare questo concetto è stato inserito anche un apposito articolo nello Statuto intitolato, per l’appunto, «Indipendenza»: «[...] nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal trattato e dal presente statuto, né la BCE, né una banca centrale nazionale, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i governi degli Stati 61 Art. 33 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 62 A. MORSELLI, Nascita ed evoluzione della Banca centrale europea, Città aperta edizioni, Troina (EN), 2009, p.94 106 membri s’impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti.»63. Questa disposizione sancisce chiaramente l’indipendenza politica della BCE dalle altre istituzioni dell’Unione e dai governi degli Stati membri64. Nel Trattato sono presenti altri due principi importanti che sanciscono in modo sostanziale l’indipendenza della Banca Centrale: il primo è che il Consiglio decide a maggioranza semplice, il secondo è che ogni membro del Consiglio ha diritto ad un voto. Potrebbero sembrare due principi abbastanza banali, tuttavia se contestualizzati all’interno dell’Unione Europea il giudizio cambia in modo sostanziale. Infatti, all’interno delle istituzioni europee prevalgono ancora in modo netto gli interessi nazionali, ciò è dimostrato dal ruolo tutto sommato periferico svolto da Parlamento europeo e Commissione se paragonato a quello del Consiglio europeo. Il principio maggioritario affermato all’interno della BCE segna invece lo spartiacque tra un accordo occasionale ed una vera Unione65. Ulteriore sintomo di indipendenza deriva si evince dalla gestione finanziaria della BCE, la quale è tenuta distinta da quella dell’Unione: infatti, la Banca centrale dispone di un bilancio proprio66. Da questo punto di vista bisogna anche precisare che la BCE non può concedere prestiti agli organi dell’Unione né agli Stati membri o agli enti pubblici di tali Stati. Anche dal punto di vista tecnico la BCE dispone sia delle competenze necessarie, sia degli strumenti adatti per condurre la politica monetaria in modo efficiente e non ha bisogno di far ricorso a nessun’altra istituzione europea. La BCE può adottare regolamenti vincolanti nell’esercizio delle proprie funzioni67. 63 Art. 7 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 64 A. PALAZZO, I profili politici ed istituzionali della BCE e del SEBC, in O. ROSELLI, Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, p.51 65 T. PADOA SCHIOPPA, L'Euro e la sua Banca Centrale, Il Mulino, Bologna 2004, p.57 66 O. ROSELLI, Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, pp.5253 67 F. PAPADIA, C. SANTINI, La Banca centrale europea, Il Mulino, Bologna, 1998, pp.32-34 107 3.4 La Governance L’analisi della classe dirigente che ha guidato in la Banca centrale europea in questi suoi primi anni di vita deve necessariamente essere accompagnata da due premesse. In primo luogo, la composizione stessa dell’organo al vertice della piramide decisionale, ovvero il Consiglio direttivo, suggerisce che la governance della BCE sia strettamente legata alle classi dirigenti delle varie Banche centrali nazionali. Infatti, sono i Governatori delle Banche centrali nazionali a rappresentare la maggioranza nel Consiglio. La seconda considerazione è quindi conseguente: gli unici dirigenti prettamente riconducibili alla BCE sono quelli che siedono, o hanno seduto, nel Comitato esecutivo. Dal 1998, anno in cui si è insediato il primo Comitato esecutivo, si sono succeduti diciannove membri68. Il primo mandato ha visto come Presidente, del Comitato e quindi della BCE, l’olandese Wim Duisenberg, come Vicepresidente il francese Christian Noyer e come altri membri il tedesco Otmar Issing, l’italiano Tommaso Padoa-Schioppa, lo spagnolo Eugenio Domingo Solans e la finlandese Sirkka Hämäläinen-Lindfors69. Nel 2002 si è avuto un primo cambio, quando il francese Noyer è stato sostituito alla vicepresidenza dal greco Lucas Papademos. L’anno successivo è cambiata anche la componente femminile del gruppo, quando la finlandese HämäläinenLindfors è stata sostituita dall’austriaca Gertrude Tumpel-Gugerell. Nello stesso anno è terminata anche la presidenza di Duisenberg70. La formazione di questa prima classe dirigente della BCE è piuttosto eterogenea. Issing è laureato in economia ed ha ottenuto anche un dottorato nella stessa materia presso l’Università di Würzburg, nel corso della sua carriera è stato professore in diverse università tedesche e nel 1990 è diventato membro del Consiglio di amministrazione della Deutsche Bundesbank71. Tommaso Padoa-Schioppa ha conseguito una laurea in economia all'Università Bocconi di Milano ed ha 68 Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Il Comitato esecutivo, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/eb/html/index.it.html) 69 Ibidem 70 Ibidem 71 Otmar Issing, Sito ufficiale del The Center for Financial Studies, Goethe University Frankfurt’s House of Finance [EN] (https://www.ifk-cfs.de/about--president.html) 108 ottenuto un Master in economia dal MIT di Boston, anche lui come Issing ha lavorato presso la Banca centrale nazionale, ovvero la Banca d'Italia, raggiungendo il titolo di responsabile della divisione mercati monetari del dipartimento di ricerca72. Si discosta dal tipo di formazione dell’italiano e del tedesco quella dello spagnolo Eugenio Domingo Solans, non tanto per la laurea in economica, conseguita a Barcellona, o per il dottorato, conseguito presso l'Università autonoma di Madrid, quanto perché lui non ha mai lavorato all'interno della Banca centrale spagnola. Solans proveniva dall’ambiente accademico come Issing ed era titolare della cattedra di Finanza Pubblica all’UAM al momento della sua nomina al Comitato esecutivo della BCE73. Wim Duisenberg è stato il primo presidente della BCE. Ha conseguito la laurea in Economia all'Università di Groninga ed il dottorato nella stessa materia. Ha lavorato per la Divisione europea del Fondo Monetario Internazionale, quindi possedeva già esperienze a livello di organizzazioni internazionali al momento del suo ingresso nella BCE. Nel corso della sua carriera ha lavorato anche alla Banca centrale olandese, è stato professore di Macroeconomia all'Università di Amsterdam ed ha ricoperto il ruolo di Ministro delle Finanze del suo Paese. Inoltre ha seduto nel parlamento olandese ed ha avuto esperienze anche come dirigente di banche private, come la Rabobank74. Sirkka Hämäläinen-Lindfors è tra le più significative figure dell'economia finlandese, laureata in Scienze economiche è stata la prima donna membro del comitato esecutivo della Banca centrale finlandese e la prima Governatrice donna della stessa. Inoltre, è stata anche la prima donna a sedere nel Comitato esecutivo della BCE75. Christian Noyer è stato il primo Vicepresidente della BCE. La sua formazione è differente rispetto a quella dei suoi colleghi, poiché è laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Rennes ed ha conseguito il diploma presso il prestigiosissimo Istituto di Studi Politici di Parigi e poi presso 72 Tommaso Padoa-Schioppa, Sito personale di Tommaso Padoa-Schioppa, (http://www.tommasopadoaschioppa.eu/biografia) 73 Eugenio Domingo Solans, Sito El Mundo, [ES] (http://www.elmundo.es/elmundo/2004/11/09/obituarios/1100033645.html) 74 Wim Duisenberg, Sito ufficiale della Banca Centrale Slovacca, Narodna Banka Slovenska, [SL] (http://www.nbs.sk/_img/Documents/BIATEC/BIA05_04/6_11.pdf) 75 Sirkka Hämäläinen, Sito ufficiale KONE Corporation, [EN] (http://www.kone.com/en/company/organization/management/board-of-directors/) 109 l’altrettanto prestigiosa École nationale d'administration76. Il suo successore alla vicepresidenza, il greco Lucas Papademos, presenta la particolarità che è stato l’unico alto dirigente della BCE ad aver successivamente ricoperto anche la carica di Primo Ministro del suo Paese. Inoltre, Papademos presenta una formazione accademica assolutamente unica all'interno della classe dirigente della BCE: ha studiato al Massachusetts Institute of Technology di Boston, ottenendo una laurea in fisica, un master in ingegneria elettrica e un dottorato in economia. Papademos nel corso della sua carriera è stato professore universitario presso la Columbia University ed ha lavorato per la Banca della Riserva Federale di Boston, esperienza anche quest’unica rispetto ai suoi colleghi. Come molti suoi colleghi del Comitato esecutivo della BCE, invece, ha avuto una lunga carriera presso la Banca centrale della Grecia, di cui è stato anche Governatore. Nel 2011 ha giurato come capo del governo transitorio che aveva il compito di traghettare la Grecia fuori dalla crisi economica che la stava dilaniando77. È molto interessante notare come la scelta sia ricaduta su un esponente della tecnocrazia più pura, esperto sia in tema di istituzioni economiche europee sia con esperienze oltreoceano. Nel 2003 Win Duisenberg annunciò le dimissioni in occasione del suo sessantottesimo compleanno. Dal primo Novembre dello stesso anno gli subentrò nella carica di presidente il francese Jean-Claude Trichet. A tal proposito bisogna notare come da circa un anno, ovvero dalle dimissioni di Noyer, mancava un francese all’interno del Comitato. Dal 2004 iniziò un processo di sostituzione dei membri del Comitato, in parte per dimissioni ed in parte perché giunsero alla scadenza naturale del mandato. Nel 2004 Solans fu sostituito dal connazionale José M. González-Páramo, nel 2005 Lorenzo Bini Smaghi è subentrato a Tommaso Padoa-Schioppa e nel 2006 il tedesco Jürgen Stark è succeduto ad Issing. Nel 2010 è scaduto il mandato di Papademos, il quale è stato sostituito alla vicepresidenza dal portoghese Vítor Manuel Ribeiro Constancio. Nel 2011 è giunto a scadenza anche il mandato dell’austriaca Gertrude Tumpel-Gugerell, 76 Christian Noyer, Sito ufficiale della Banca Centrale Francese, Banque de France, [FR] (https://www.banque-france.fr/la-banque-de-france/organisation/organigramme/christiannoyer.html) 77 Lucas Papademos, Sito ufficiale della BBC, [EN] (http://www.bbc.co.uk/news/worldeurope-15643454) 110 al cui posto è stato designato Peter Praet, belga dalle origini tedesche. Nello stesso anno Jean-Claude Trichet ha passato le consegne al suo successore Mario Draghi, che è stato quindi il terzo presidente della BCE ed è ancora in carica. L’anno successivo Stark è stato sostituito dal connazionale Asmussen nel Comitato, Lorenzo Bini Smaghi dal francese Benoît Coeuré e GonzálezPáramo ha lasciato il suo posto al lussemburghese Yves Mersch. Fin dalla fine del mandato dell’austriaca Tumpel-Gugerell era mancata all’interno del Comitato la componente femminile. Questo deficit è stato risolto nel Gennaio del 2014, quando la tedesca Sabine Lautenschläger ha sostituito il connazionale Jörg Asmussen. Anche in questo caso la formazione dei vari membri del Comitato è abbastanza omogenea. Lorenzo Bini Smaghi ha conseguito una laurea in economia presso l'Università Cattolica di Lovanio in Belgio, Master of Arts in economia presso la University of Southern California, una laurea in scienze politiche presso l'Università di Bologna, ed un PhD presso l'Università di Chicago. Dopo la straordinaria carriera accademica è giunto fino ai vertici del Servizio studi della Banca d'Italia78. José M. González-Páramo ha conseguito laurea e master in economia presso la Columbia University, mentre il dottorato, sempre in economia, lo ha conseguito presso l'Università Complutense di Madrid. Egli è entrato a far parte del mondo accademico insegnando economia presso l'UCM, inoltre ha collaborato come consigliere con varie istituzioni pubbliche e private, tra cui la Banca Centrale Spagnola, la Commissione europea ed il Fondo monetario internazionale79. Jean Claude Trichet rappresenta una delle eccezioni dal punto di vista della formazione. L'ex Presidente della BCE ha studiato ingegneria presso l'École des Mines de Nancy. Successivamente ha conseguito i diplomi presso l'Institut d'Etudes Politiques e presso l'École nationale d'administration. Prima di diventare Presidente della BCE, Trichet è stato il Governatore della Banca centrale 78 Lorenzo Bini Smaghi, Sito personale di Lorenzo Bini Smaghi, (http://www.lorenzobinismaghi.com/) 79 José M. González-Páramo, Sito ufficiale della IESE Business School University of Navarra, [EN] (http://www.iese.edu/en/faculty-research/professors/faculty-directory/jose-manuelgonzalez-paramo/) 111 francese80. L'austriaca Gertrude Tumpel-Gugerell ha invece conseguito una formazione allineata con quella dei suoi colleghi. Ha studiato economia a Vienna ed ha lavorato presso la Banca nazionale austriaca, oltre a collaborare con alcuni gruppi bancari privati del suo Paese81. Jürgen Stark si è laureato in economia presso l'Università di Tubinga dove ha conseguito anche il dottorato. Ha rivestito alcuni importanti ruoli presso il Ministero delle Finanze della Repubblica Federale Tedesca ed è stato Vicepresidente della Bundesbank82. In un intervista ha dichiarato di aver partecipato alle proteste contro la guerra in Vietnam durante i suoi anni all’Università: «Noi tutti avevano idee rivoluzionarie su ciò che era giusto. Ma questo è un episodio che risale ai tempi dei miei studi. Poi sono cambiato.»83. Del Presidente Mario Draghi si è già parlato nel primo capitolo essendo stato anche Governatore della Banca d’Italia84, tuttavia basti ricordare che anch’egli ha avuto una formazione omogenea con gli altri membri del Comitato: laurea in economia presso l’Università La Sapienza di Roma, master presso il Massachusetts Institute of Technology ed esperienza presso la Banca centrale nazionale, nel suo caso addirittura da Governatore85. Vítor Manuel Ribeiro Constancio si differenzia dagli altri membri del Comitato non tanto per la formazione accademica, infatti anche lui ha conseguito una laurea in economia presso l’ateneo di Lisbona, quanto per la carriera politica che ha preceduto la sua nomina. Constancio è stato candidato premier in Portogallo, oltre ad essere stato varie volte eletto parlamentare e Ministro del Bilancio. Non si discosta invece per quanto riguarda l’esperienza presso la 80 Jean Claude Trichet, Sito ufficiale dell'Airbus-group, [EN] (http://www.airbusgroup.com/airbusgroup/int/en/our-company/our-governance/board-ofdirectors/members_new/trichet.html) 81 Gertrude Tumpel-Gugerell, Sito ufficiale dell'Austrian Institute of economic research, [DE] (http://www.wifo.ac.at/jart/prj3/wifo/resources/person_dokument/person_dokument.jart?perso nenid=2684&contenttypeid=1&sprachid=2&mime_type=application/pdf) 82 Jürgen Stark, Sito ufficiale della Credit Suisse, [EN] (https://www.creditsuisse.com/sites/conferences/aic/en/agenda/keynote-speakers/jurgen-stark.html) 83 Sito ufficiale del Financial Times, edizione del 16 Ottobre 2009, [EN] (http://www.ft.com/cms/s/a1f15ba0-b92c-11de-98ee-00144feab49a) 84 Cfr. 1.5.1 85 Mario Draghi, Sito ufficiale della Banca d'Italia, (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/storia/governatori/governatore) 112 Banca centrale nazionale, di cui è stato anche Governatore86. Benoît Coeuré, invece, si differenzia dal punto di vista della formazione. Egli è laureato in Scienze statistiche e dell'amministrazione economica ed ha conseguito un Master in Analisi Economica e Politica. Dal punto di vista professionale ha collaborato con vari istituti di consulenza finanziaria, oltre che con il Ministero del Tesoro francese87. Peter Praet è belga, tuttavia ha origini tedesche essendo sua madre di quella nazione. La sua formazione è comunque avvenuta in Belgio, essendosi laureato in economia presso l'Università di Bruxelles, dove ha anche conseguito un master ed un dottorato nella stessa materia88. Jörg Asmussen ha una carriera politica notevole alle spalle: è iscritto al Partito Socialdemocratico tedesco ed è stato Viceministro dell'Economia in Germania. Si è laureato in economia a Bonn, ma ha conseguito un master in Business Administration a Milano, presso l'Università Bocconi89. Di formazione non omogenea è Yves Mersch, il quale ha affrontato un percorso formativo di tipo giuridico, essendosi laureato in Giurisprudenza a Parigi ed avendo conseguito un Master in Scienze Politiche sempre nella capitale francese. Tuttavia, dal punto di vista professionale Mersch non si discosta dai suoi colleghi, essendo stato in passato Governatore della Banca centrale del Lussemburgo90. Anche la tedesca Sabine Lautenschläger ha una formazione giuridica, avendo conseguito una laurea in giurisprudenza presso l’Università di Bonn, ed anche lei ha fatto parte della Banca centrale nazionale del suo Paese, essendo stata Vicepresidente della Bundesbank91. Come si evince, dunque, i profili dei diciannove membri che si sono alternati nel Comitato esecutivo della BCE 86 Vítor Manuel Ribeiro Constancio, Sito ufficiale della Banca del Portogallo, [EN] (http://www.bportugal.pt/enUS/OBancoeoEurosistema/Historia/Pages/Antigosgovernadores.aspx?pagenr=1) 87 Benoît Coeuré, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, [EN] (https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/html/cvcoeure.it.html) 88 Peter Praet, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, [EN], (https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/html/cvpraet.it.html) 89 Jörg Asmussen, Sito ufficiale del Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali della Repubblica Federale Tedesca, [EN] (http://www.bmas.de/EN/Ministry/Political-Staff/joergasmussen-CV.html) 90 Yves Mersch, Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, [EN], (http://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/html/cvmersch.it.html) 91 Sabine Lautenschläger, Sito ufficiale della Banca centrale tedesca, [DE] (http://www.bundesbank.de/Navigation/DE/Bundesbank/Aufgaben_und_Organisation/Vorstan d/Sabine_Lautenschlaeger/sabine_lautenschlaeger.html) 113 sono per la maggior parte simili. La riflessione più immediata da fare riguarda l’equilibrio geografico: almeno un tedesco, un italiano ed un francese sono sempre stati presenti nel Comitato, tranne il breve periodo del passaggio di consegne tra Duisenberg e Trichet. La Germania ha avuto ben quattro rappresentanti, l’Italia e la Francia tre, la Spagna due, Olanda, Finlandia, Austria, Grecia, Portogallo e Lussemburgo uno. Tra i diciannove membri che si sono alternati ci sono state solo tre donne, di cui una finlandese, un’austriaca ed una tedesca. Dal punto di vista della formazione il percorso prevalente è quello che riguarda gli studi economici, con ben dodici membri del Comitato su diciannove che provenivano da questo tipo di studi, due provenivano dal percorso giuridico, due hanno studiato scienze politiche, uno statistica, uno ingegneria ed uno fisica. È interessante notare la polarizzazione per quanto riguarda i membri francesi intorno agli istituti parigini, Noyer e Trichet hanno conseguito i diplomi sia presso l'Istituto di Studi Politici che presso l'École nationale d'administration , mentre Coeuré ha conseguito il diploma presso l’École des hautes études en sciences sociales. Altro istituto che è stato frequentato da ben tre membri del Comitato è il Massachusetts Institute of Technology, che ha annoverato tra i suoi allievi anche un Presidente della BCE, Draghi, ed un Vicepresidente, Papademos, oltre a Padoa-Schioppa. 3.5 Il personale Nei primi anni di vita la Banca Centrale Europea si è servita spessissimo del personale delle Banche centrali nazionali per l’esecuzione dei compiti ad essa riservati. Con il tempo, l’istituto centrale si è dotato di personale proprio, di una sede modernissima e di strutture adeguate92. La sede della BCE è a Francoforte sul Meno, in Germania. Al momento i suoi uffici sono dislocati in tre edifici del centro cittadino, di cui i due principali e più famosi sono l’Eurotower e Eurotheum, ma è già in costruzione la nuova sede dove saranno 92 C. ZILIOLI, M. SELMAYR, La Banca centrale europea, Giuffrè editore, Milano, 2007, p.519 114 trasferiti in futuro, nel settore orientale della città93. È difficile stimare esattamente quanti siano i dipendenti diretti della BCE. Secondo i dati ufficiali, che riguardano il 2012, il personale ammontava a 1.638 unità, provenienti da tutti i ventotto Paesi dell’Unione94. In realtà questa quantità è solo una parte del personale totale della Banca centrale: Marius Mager, presidente dell’European and International Public Service Organization, ovvero il sindacato dei dipendenti della BCE, ha dichiarato che i dipendenti sono circa 3.600, di cui ben 2.100 circa precari con contratti di lavoro a tempo determinato95. Al momento dell’istituzione prima I’IME e poi la BCE hanno assunto, in ampia misura, personale già impiegato presso le banche centrali nazionali degli Stati membri dell’Unione Europea, oggi molto è cambiato ed è la stessa Banca centrale a selezionare il personale96. Dal punto di vista giuridico è l’articolo 36 dello Statuto della BCE, denominato appunto «Il Personale» ad occuparsi dell’argomento: « Il consiglio direttivo, su proposta del Comitato esecutivo, stabilisce le condizioni di impiego dei dipendenti della BCE. La Corte di giustizia ha giurisdizione su tutte le controversie fra la BCE e i propri dipendenti nei limiti e alle condizioni stabiliti nelle condizioni di impiego.»97. Il personale della BCE è molto diversificato. Ad esempio, nel 2009 la Corte dei Conti dell’Unione Europea verificava la divisione della forza lavoro della BCE in «personale previsto in organico», calcolato in 1.386 unità, e da «personale non previsto in organico», 278 unità. La seconda categoria comprende il personale SEBC, stimato in 127 unità, i partecipanti al Graduate Programme, ovvero un programma di due anni di tirocinio per neo laureati, circa 24 unità, i 93 Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Organizzazione, Sottoscrizione del capitale (https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/capital/html/index.it.html) 94 Ibidem 95 Eleonora Lorusso, Economia-Panorama web, 06-07-2012, (http://economia.panorama.it/euro/Bce-c-e-troppo-lavoro-E-i-dipendenti-scrivono-a-Draghi) 96 Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Organizzazione, Sottoscrizione del capitale (https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/capital/html/index.it.html) 97 Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 115 tirocinanti tradizionali, sia studenti che dottorandi, circa 72 unità, i ricercatori, 9 unità, ed il personale interinale, 46 unità98. La Corte dei Conti non menziona i lavoratori precari che invece ricordava Mager, tuttavia fa riferimento a «contratti con consulenti per far fronte a esigenze specifiche», dei quali non è indicata né la classificazione, né l’entità numerica. Purtroppo non ci è possibile accedere a dati più recenti di quelli del 2009, poiché la Corte dei Conti ogni anno nella sua analisi affronta un determinato ambito gestionale e la più recente analisi sulle risorse umane risale proprio a quell’anno99. Dall’analisi risulta che le condizioni applicate personale sono adeguate, infatti il tasso di turnover è ridotto e pochissimi candidati declinano l’offerta di impiego 100. Per ciò che concerne le procedure di selezione, bisogna innanzitutto dire che spetta alla commissione selezionatrice decidere il tipo di prove da far affrontare ai concorrenti: test, prove scritte, colloqui, ecc. Il regolamento interno tuttavia pone alcune condizioni: tutte le procedure di selezione devono includere almeno un colloquio con ciascun candidato da parte dei membri della commissione selezionatrice e per ciò che concerne le posizioni dirigenziali la valutazione deve essere condotta da un consulente esterno101. La valutazione del curriculum e delle competenze dei candidati spetta alla commissione selezionatrice, la quale può anche valutare eventuali valutazioni provenienti da supervisori o precedenti datori di lavoro102. La commissione selezionatrice deve comunque chiedere l’avallo del responsabile dell’Unità operativa in cui si trova il posto vacante, o del comitato esecutivo qualora la posizione disponibile sia di tipo dirigenziale103. In ogni caso, finora nei concorsi banditi dalla Banca Centrale Europea è stato solitamente utilizzato uno schema predefinito per la selezione dei candidati: • Scrematura iniziale / preselezione (elenco ristretto) 98 Sito ufficiale della Corte dei Conti dell'Unione Europea, Relazione sull'audit dell'efficienza operativa della gestione della Banca centrale europea per l'esercizio finanziario 2009 - la gestione delle risorse umane presso la BCE, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/pdf/orga/ecareport2009it.pdf?bfd068cc80daf814bd119bc43372 0a2c) 99 Ibidem 100 Ibidem 101 Ibidem 102 Ibidem 103 Ibidem 116 • Prova scritta • Verifica delle referenze • Colloquio con la commissione selezionatrice • Valutazione esterna delle capacità manageriali • Colloquio con un membro del comitato esecutivo104 Dal punto di vista anagrafico si può notare che più della metà del personale della BCE ha un’età compresa fra i 35 e i 45 anni, mentre maggior parte dei dirigenti e dei consiglieri ha meno di 54 anni. Questo deriva in buona parte dal fatto che le assunzioni della BCE sono concentrate negli ultimi quindici anni e quindi il personale sta invecchiando sostanzialmente insieme. Questo causa della aspettative simili in termini di carriera e questo è uno dei problemi che si ritrova ad affrontare l’istituto105. A tal proposito, è bene specificare non vi sono percorsi di carriera predefiniti né un avanzamento automatico, bensì il regolamento prevede le modalità per gli scatti salariali, Additional Salary Advancement: ovvero, una procedura di selezione relativa a un posto vacante o la trasformazione di un posto in un grado più alto. Tuttavia, ogni anno possono essere previsti aumenti salariali e bonus per premiare la produttività di determinati dipendenti106. Per ciò che concerne la formazione si possono individuare due tipi di attività formative: centralizzate e decentrate. Le prime sono offerte a tutto il personale ed sono gestite direttamente dalla Direzione generale Risorse umane, mentre le seconde sono organizzate da ciascun’unità operativa in relazione alle necessità107. L’organizzazione della BCE, oltre agli organi decisionali, prevede anche altri organi di governance interna. Si può notare che in questi organi spesso sono nominate personalità che già hanno collaborato con la BCE in passato oppure sono stati membri del Comitato esecutivo. Per esempio, il più importante di questi organi di governance interna 104 Sito ufficiale della Corte dei Conti dell'Unione Europea, Relazione sull'audit dell'efficienza operativa della gestione della Banca centrale europea per l'esercizio finanziario 2009 - la gestione delle risorse umane presso la BCE, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/pdf/orga/ecareport2009it.pdf?bfd068cc80daf814bd119bc43372 0a2c) 105 Ibidem 106 Ibidem 107 Ibidem 117 è il Comitato di audit, che assiste il Consiglio direttivo per quanto concerne alcune funzioni di vigilanza e revisione; ad oggi il Comitato di audit è formato da cinque membri, di cui bene tre hanno fatto parte in passato del Comitato esecutivo: Vítor Constâncio, Christian Noyer e Jean-Claude Trichet108. 3.6 L’Eurosistema Il sistema che vede la BCE come testa del SEBC si completa con il l’Eurosistema. Quest’ultimo comprende la Banca Centrale Europea e le banche centrali nazionali dei Paesi dell’Unione europea che hanno adottato l’euro. In realtà il Trattato di Maastricht non assegna alcun nome a questa entità, bensì fa riferimento solo al più ampio Sistema Europeo delle Banche Centrali, che include anche le Banche centrali nazionali dei Paesi che non hanno adottato l’Euro. Quindi, il termine Eurosistema deriva da una scelta deliberata all’interno della BCE stessa109. Questo sottoinsieme del SEBC è stato creato con il compito dichiarato di condurre la politica monetaria unica, in seguito alla cessione di sovranità su quest’argomento da parte dei Paesi dell’Unione che hanno deciso di adottare l’Euro. Gli altri Stati membri, invece, mantengono la loro sovranità sulla politica monetaria e sono soggetti solo alle limitazioni imposte dai Trattati e dall’appartenenza al SEBC110. L’Eurosistema, al netto delle differenze enunciate nel capitolo precedente111, è quanto di più simile si possa trovare in Europa rispetto al Federal Reserve System, oppure, se non vogliamo attraversare l’Atlantico, alla Bundesbank tedesca112. L’Eurosistema non è quindi una costellazione di entità coordinate, piuttosto è un’entità unica: in quanto le funzioni di Banca centrale sono affidate al suo insieme, comprese quindi quelle di politica monetaria, e gli organi decisionali riconosciuti sono esclusivamente quelli della BCE113. Le Banche centrali nazionali si ritrovano 108 Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, La governance interna, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/governance/html/index.it.html) 109 T. PADOA SCHIOPPA, L'Euro e la sua Banca Centrale, Il Mulino, Bologna 2004, p.49 110 Ivi, p.51 111 Cfr. 2.4 112 Cfr. 2.5 113 T. PADOA SCHIOPPA, L'Euro e la sua Banca Centrale, Il Mulino, Bologna 2004, p.52 118 ad avere quindi una duplice funzione: per quanto riguarda i compiti non attribuiti all’Eurosistema si ritrovano a continuare a svolgere il loro ruolo a livello nazionale senza cambiamenti, mentre per ciò che concerne le competenze attribuite dal Trattato all’istituzione centrale, esse si ritrovano ad essere delle strutture periferiche e di mera attuazione114. I principi che il Trattato indica nella definizione dei ruoli sono quelli comuni anche alle altre istituzioni europee: ovvero la sussidiarietà ed il decentramento. In pratica, la BCE si avvale delle Banche centrali nazionali per eseguire le operazioni che rientrano nei compiti dell’Eurosistema, ma nel momento in cui la portata dell’azione prevista è così ampia da poter essere meglio esplicata a livello centrale l’istituto di Francoforte subentra a quelli periferici 115. Gli organi esclusivi dell’Eurosistema sono i Comitati, istituiti dal Regolamento interno ed aventi varie funzioni. Essi svolgono un ruolo di supporto rispetto agli organi decisionali della BCE, fornendo la propria consulenza, su richiesta sia del Consiglio direttivo sia del Comitato esecutivo, nei settori di propria competenza. I Comitati sono composti solitamente dal personale delle Banche centrali nazionali facenti parte dell’Eurosistema, ma nel caso in cui vengano esaminate questioni di competenza generale possono partecipare anche i rappresentanti delle altre Banche centrali nazionali aderenti al SEBC116. 3.7 Le Banche centrali nazionali nella BCE: trasformazione di apparati Dopo la firma del Trattato di Maastricht è iniziato un processo di adeguamento degli ordinamenti e delle istituzioni nazionali per rispettare le prescrizioni da esso previste117. Il Trattato disponeva che al momento dell’istituzione del Sistema Europeo delle Banche Centrali e quindi all’avvio della terza fase dell’Unione Monetaria Europea, tutti gli Stati avrebbero dovuto già adeguare alle nuove disposizioni le proprie legislazioni, eliminando le limitazioni ivi 114 T. PADOA SCHIOPPA, L'Euro e la sua Banca Centrale, Il Mulino, Bologna 2004, p.52 Ivi, p.53 116 Sito ufficiale della Banca d'Italia, Comitati dell'Eurosistema (https://www.bancaditalia.it/eurosistema/assetto/comitati) 117 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, p.273 115 119 previste e modificando gli statuti delle Banche centrali nazionali per renderli adatti a recepire il nuovo sistema118. Il compito di vigilare sugli Stati membri e sulle Banche centrali nazionali affinché quest’adeguamento andasse a buon fine fu assegnato all’Istituto Monetario Europeo, antenato della BCE, ed alla Commissione europea, i quali avevano anche l’ulteriore compito di riferire al Consiglio sui progressi compiuti in tal direzione119. L’attività dell’IME, in particolar modo, è stata abbastanza proficua, avendo prodotto una serie di rapporti e raccomandazioni con cui ha indirizzato l’azione di adeguamento verso determinati principi attraverso indicazioni abbastanza specifiche120. Questi rapporti, tra le altre cose, distinguevano gli interventi normativi in due tipi: quelli volti ad assicurare l’indipendenza degli istituti centrali nazionali e quelli volti ad assicurare l’integrazione degli stessi all’interno del SEBC121. L’IME ha tenuto a precisare che non l’azione svolta non doveva essere tesa ad ottenere un’armonizzazione totale dei vari sistemi nazionali, quanto piuttosto doveva servire ad eliminare semplicemente gli ostacoli che si frapponevano alla realizzazione degli obiettivi comunitari122. D’altronde lo stesso Trattato di Maastricht non parlava di ulteriori adempimenti oltre alla rimozione delle incompatibilità123. La condizione di compatibilità era correlata all’eliminazione di impedimenti giuridici collegati a situazioni pregresse ed all’eliminazione di ogni possibile contraddittorietà tra ordinamento nazionale ed ordinamento comunitario124. In Italia questo processo è stato realizzato attraverso più atti normativi. In un primo momento la Legge delega n.433 del 17 Dicembre 1997125 ha conferito al Governo la delega per attuare tutte le disposizioni necessarie per adeguare l’ordinamento nazionale alle disposizioni del Trattato e dello Statuto SEBC126. Il Governo ha successivamente emanato, grazie alla 118 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, p.274 119 Ibidem 120 Ivi, p.275 121 Ibidem 122 Ivi, p.276 123 Ibidem 124 Ivi, p.277 125 Sito ufficiale della Camera dei Deputati, Archivio delle leggi (http://www.camera.it/parlam/leggi/97433l.htm) 126 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, p.279 120 delega ricevuta, il D.Lgs. n.43 del 10 Marzo 1998127, il quale apportava delle modifiche all’ordinamento della Banca d’Italia128. L’art.2 del D.Lgs. n.43 recita: «La Banca d'Italia, banca centrale della Repubblica italiana, e' parte integrante del SEBC. Svolge i compiti e le funzioni che in tale qualità le competono, nel rispetto dello statuto del SEBC. Persegue gli obiettivi assegnati al SEBC ai sensi dell'articolo 105, paragrafo 1, del trattato e agisce secondo gli indirizzi e le istruzioni della BCE»129. Il D.Lgs. 43 del 1998 quindi rappresenta il punto di arrivo del processo volto all’acquisizione dell’indipendenza della Banca centrale nei confronti del Governo e nello stesso tempo segna l’ingresso nell’ordinamento interno del SEBC e della BCE130. Questo decreto prevede altresì che la Banca d’Italia adegui il proprio Statuto in virtù dei mutamenti legislativi che sono sopravvenuti. Il nuovo Statuto sarà approvato con D.P.R. 24 Aprile 1998 e recepirà tutti i cambiamenti introdotti. La strada che la Banca d’Italia decide di percorrere è quella dell’abrogazione di ampie parti del vecchio, piuttosto che quella di una nuova produzione normativa. Lo scopo di quest’azione è quello di lasciare ampio spazio alla diretta applicazione dei nuovi regolamenti comunitari131. La nostra Banca centrale, d’altra parte, rispetto ad altri istituti europei, negli ultimi anni dello scorso millennio già poteva considerarsi pienamente indipendente rispetto al Governo132 e non si rendevano quindi necessari ulteriori interventi legislativi in quella direzione133. 127 Sito ufficiale della Banca d'Italia, Archivio deglle norme (http://www.bancaditalia.it/eurosistema/quanorm/atti/Dlgs_10_031998_n_43.pdf) 128 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, p.279 129 Art.2 - Sito ufficiale della Banca d'Italia, Archivio deglle norme (http://www.bancaditalia.it/eurosistema/quanorm/atti/Dlgs_10_031998_n_43.pdf) 130 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, p.279 131 Ivi, p.282 132 Cfr. 1.2.4 133 M. PELLEGRINI, Banca Centrale Nazionale e Unione Monetaria Europea - Il caso italiano, Cacucci Editore, Bari, 2003, p.283 121 3.8 I rapporti con altre istituzioni europee Un ulteriore aspetto della Banca centrale europea merita di essere approfondito, ovvero quello dei rapporti con le altre istituzioni dell’Unione. Il principale interlocutore della BCE a livello dell’Unione è l’ECOFIN, ovvero il Consiglio economia e finanza134. Questo è una delle principali formazioni nelle quali si riunisce il Consiglio dell’Unione Europea ed è composto dai Ministri dell’Economia di tutti gli Stati membri. L’ECOFIN è il centro di coordinamento delle politiche economiche dell’Unione e ciò lo rende fondamentale per garantire la coesione economica135. Quando si discute di argomenti di interesse per la BCE, il Presidente della stessa può partecipare alle riunioni dell’ECOFIN, mentre il Presidente di quest’ultimo può partecipare, qualora lo ritenesse opportuno, alle riunioni del Consiglio direttivo della Banca136. Tale possibilità è stata inserita all’interno del Trattato di Maastricht ed ora è prevista dall’art. 284 del TFUE: «Il presidente del Consiglio e un membro della Commissione possono partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni del consiglio direttivo della Banca centrale europea. Il presidente del Consiglio può sottoporre una mozione alla delibera del consiglio direttivo della Banca centrale europea.»137. L’ECOFIN ha, inoltre, sottolineato più volte la necessità di una continua e proficua collaborazione con la BCE, aggiungendo che in determinati casi deve essere coinvolta nella discussione anche la Commissione europea in quanto rappresentate degli interessi diffusi dell’Unione138. 134 A. PALAZZO, I profili politici ed istituzionali della BCE e del SEBC, in O. ROSELLI, Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, p.53 135 Ibidem 136 Ivi, p.54 137 Art.284 - Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri documenti dell'UE considerati di dominio pubblico (http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2012.326.01.0001.01.ITA#C_2012326IT.01001301) 138 A. PALAZZO, I profili politici ed istituzionali della BCE e del SEBC, in O. ROSELLI, Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, p.54 122 L’organo di raccordo tra il Consiglio in composizione economica e la BCE è il Comitato economico e finanziario, come previsto dall’art. 134 del TFUE: «Per promuovere il coordinamento delle politiche degli Stati membri in tutta la misura necessaria al funzionamento del mercato interno, è istituito un comitato economico e finanziario.»139. Tale Comitato ha compiti per lo più di natura ausiliaria e consultiva: formula pareri destinati a Consiglio e Commissione e segue la situazione finanziaria in generale dell’Unione140. Quindi, è possibile affermare che la BCE ha due canali possibili di comunicazione: una ufficiale, attraverso i canali previsti dal Trattato, ed una ufficiosa, attraverso il Comitato economico e finanziario. Quest’ultimo canale è quello più utilizzato ed è quello che permette di instaurare quella collaborazione proficua e continuativa a cui aspirava il Consiglio141. Un ulteriore obbligo per la BCE è quello di tipo informativo, ovvero l’istituto è obbligato ogni anno a redigere un rapporto da inviare a Commissione, Parlamento europeo, Consiglio europeo, Consiglio dell’Unione Europea e Corte dei Conti, contenente una serie di informazioni riguardanti lo stato di salute della Banca, lo stato della politica monetaria unica, gli interventi effettuati, le previsioni per il futuro ed altre informazioni riguardanti la politica finanziaria effettuata142. Infine, per la BCE è stato previsto anche un controllo giurisdizionale: «Gli atti o le omissioni della BCE sono soggetti ad esame o interpretazione da parte della Corte di giustizia nei casi ed alle condizioni stabilite dal trattato. La BCE può avviare un'azione giudiziaria nei casi ed alle condizioni stabilite dal trattato. Controversie tra, da un lato, la BCE e, dall'altro, i suoi creditori, debitori o qualsiasi 139 Art. 134 - Servizio Eur-lex, accesso al diritto dell'Unione Europea e ad altri documenti dell'UE considerati di dominio pubblico (http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.C_.2012.326.01.0001.01.ITA#C_2012326IT.01001301) 140 A. PALAZZO, I profili politici ed istituzionali della BCE e del SEBC, in O. ROSELLI, Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, p.54 141 Ivi, p.55 142 Ivi, p.56 123 altra persona sono decise dai tribunali nazionali competenti, salvo nei casi in cui la giurisdizione sia attribuita alla Corte di giustizia.»143. L’art. 35 dello Statuto in modo molto chiaro e netto sottopone la Banca centrale europea alla giurisdizione della Corte di giustizia europea. In particolar modo alla BCE è riconosciuto il potere di ricorrere contro altre istituzioni per far accertare la presunta violazione di un obbligo sancito dal Trattato; allo stesso modo la BCE potrà essere chiamata davanti alla Corte per rispondere di eventuali violazioni dello stesso Trattato. Inoltre, gli atti emanati dagli organi della BCE potranno essere oggetto del sindacato di legittimità della Corte di giustizia144. 143 Art.35 - Sito ufficiale della Banca Centrale Europea, Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, (http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf) 144 A. PALAZZO, I profili politici ed istituzionali della BCE e del SEBC, in O. ROSELLI, Europa e banche centrali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2004, p.57 124 Conclusioni Così come la Banca d’Italia ha rappresentato per il nostro Paese qualcosa di più che una Banca centrale, così la Banca Centrale Europea sta rappresentando per l’Europa qualcosa in più che una mera istituzione sovranazionale. Se è vero che l’obiettivo della BCE è quello della stabilità dei prezzi, sembra che tra le righe sia stato affidato all’istituto europeo un compito ben più importante che è quello dell’integrazione dei popoli intorno ad una moneta: l’Euro. Se questa strada è quella giusta o quella sbagliata potrà dircelo soltanto la storia, ad oggi è innegabile che la crisi economica che ha sconvolto il nostro continente abbia fatto venire alla luce delle criticità anche tra gli obiettivi stessi della BCE. La Banca d’Italia ha vissuto nel corso della sua secolare storia un’osmosi con il nostro Paese, dovuta al fatto che le classi dirigenti della Banca e del Paese stesso si sono spesso mischiate, oppure hanno vissuto le stesse esperienze, hanno condiviso la formazione, hanno frequentato gli stessi ambienti. La Banca centrale europea nella sua pur breve storia si è rivelata incapace di vivere un processo simile, sia per tipo di organizzazione sia per centralità geografica. Essa è risultata legata al modello tedesco della Bundesbank, ovvero una banca federale governata da un centro tecnocratico che demanda alle articolazioni periferiche, nel caso europeo le Banche centrali nazionali ed in quello tedesco le Banche centrali dei Länder. Nell’analisi mi è stato possibile inserire le classi dirigenti italiane all’interno di uno schema virtuale basato su dei principi comuni, che siano la provenienza geografica, il tipo di formazione o la carriera, nei vari periodi storici,. Ciò non è stato possibile per quelle europee, che sono accomunate solo dal criterio geografico, il quale prevede un’equa distribuzione dei posti tra i Paesi economicamente più sviluppati. È stato comunque interessante analizzare la formazione, la provenienza ed in parte la carriera dei diciannove membri che si sono alternati al Comitato esecutivo della BCE. Sono venuti fuori spunti di riflessione importanti: ad esempio, su diciannove solo tre sono donne, a dispetto del principio di pari opportunità e gender mainstreaming per cui l’Unione ha anche aperto processi di infrazione verso 125 molti Stati, tra cui il nostro. Assolutamente impossibile è stato confrontare il personale della Banca d’Italia con quello della Banca Centrale Europea, sia per motivi meramente numerici: più di ottomila per la nostra Banca centrale ed un numero che oscilla tra i millecinquecento ed i quattromila per la BCE, sia per i criteri. Anche in questo caso la BCE sembra utilizzare un criterio geografico, avendo utilizzato il personale delle Banche centrali nazionali nei suoi primi anni di vita ed avendo continuato ad assumere in modo proporzionato nonostante i concorsi sembrerebbero non contemplare questo criterio. Inoltre, accedere alle informazioni riguardante il personale della BCE è oltremodo complicato. Le relazioni della Corte dei Conti dell’Unione Europea ogni anno sono rivolte ad un settore diverso, così l’ultima volta che questa si è occupata delle risorse umane risale al 2009 e comunque non venivano fornite cifre, le quali sono invece fornite in maniera generica dai vertici della Banca ma sono state poi smentite dal rappresentante di un sindacato. La Banca d’Italia, invece, è da questo punto di vista più trasparente ed è stato possibile analizzare il personale nelle varie epoche storiche. In conclusione è possibile affermare che la Banca d’Italia e la BCE sono due istituti profondamente diversi tra loro e, ad oggi, la prima è diventata un’appendice periferica della seconda. Ci sono certamente dei punti di contatto, quali per esempio il principio di indipendenza che è rispettato dal nostro istituto da molto tempo prima che nascesse la BCE. Probabilmente la Banca d’Italia ha potuto incidere di più sulla storia del nostro Paese perché i vincoli a cui era sottoposta erano senz’altro minori di quelli a cui è sottoposta la Banca centrale europea e l’integrazione delle classi dirigenti all’interno del sistema sociale del Paese ha dato all’istituto di via Nazionale maggiore potenziale innovativo. 126 Bibliografia A. DI CHIARA, L. SARNO, Dalla Banca d'Italia alla Banca Centrale Europea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2001 A. FAZIO, Considerazioni finali - Assemblea generale ordinaria dei partecipanti, Roma 31 Maggio 2001, Centosettesimo esercizio, Banca d'Italia A. 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