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Due ex nemici
TURCHIA
Storia di due paesi vicini e storicamente rivali che ora devono sostenersi per uscire dal tunnel. Marta Ottaviani
T
urchia e Grecia, due storie diverse, che oggi si incontrano, dopo anni di dissapori politici e con i
ruoli paradossalmente ribaltati. Da una parte il paese
della Mezzaluna, che cresce da anni a ritmi cinesi,
ma che continua la sua lunga attesa fuori dalle porte
dell’Europa. Dall’altra l’Ellade, culla culturale del Vecchio continente e da tempo membro del club di Bruxelles, che versa in una crisi profonda, rischiando di
trascinare con sé tutta l’Eurozona.
Un aiuto concreto potrebbe arrivare proprio dall’ex
vicino scomodo. Negli ultimi 5 anni, anche per la forte
volontà dell’attuale esecutivo islamico moderato al governo nella Mezzaluna, i rapporti con la Grecia sono sensibilmente migliorati. Durante le visite ufficiali, sono stati
firmati 25 accordi bilaterali. Nel 2009, prima che iniziasse
la lotta dell’Ellade contro il default, l’interscambio commerciale era arrivato quasi a diversi miliardi di dollari.
In Turchia operano circa 400 imprese greche, che
stanno spostando i loro quartier generali, attirate non
solo dalla crescita economica, ma dalla maggiore possibilità di fare business. Gli investimenti diretti greci in Turchia ammontano in totale a circa 6 miliardi
di euro. I campi preferiti sono quelli dell’information
technology, delle telecomunicazioni, dell’agricoltura, del farmaceutico, del turismo e delle costruzioni.
La Mezzaluna risponde con un’importante presenza
bancaria, quella di Ziraat Bankasi, in Grecia dal 2008
e pronta a sostenere le imprese turche che vorranno
puntare sul paese vicino.
Certo, a guardarle adesso, il contrasto fra le due
capitali è notevole. Atene ed Ankara: in comune c’è
solo l’iniziale, per il resto, i destini di Grecia e Turchia
sono così diversi e mutati nel corso del tempo, che ad
osservarli sembra di assistere a un paradosso.
AP Photo/P. Karadjias
Una donna seduta vicino
al checkpoint di Nicosia, Cipro.
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east . rivista europea di geopolitica
In una foto del maggio 2010,
il primo ministro George
Papandreou e quello turco
Recep Tayip Erdogan durante
iI primo incontro bilaterale
della High-Level Council
Strategic Partnership.
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emici nel passato, con un futuro di amicizia che
porta anche grandi speranze, c’è un’immagine che
descrive perfettamente questo scambio di ruoli.
Qualche mese fa è arrivata la notizia che la casa
ateniese della famiglia Onassis era stata venduta allo
Stato turco, che vi avrebbe stabilito la nuova ambasciata. L’immobile, che prima della crisi aveva un valore fra i 23 e i 30 milioni di euro, è stato venduto per
18. Si trova nel centro della capitale, non distante dal
Parlamento e vicino a quella Piazza Sintagma nei mesi
scorsi al centro dell’attenzione mondiale per le manifestazioni violente che hanno interessato la capitale
greca, e ancora oggi uno dei luoghi simbolo del disagio
dell’Ellade durante la crisi.
La notizia è stata trattata con grande interesse dai
media turchi, come se l’acquisto dell’immobile fosse
anche una sorta di riscatto non tanto nei confronti di
Atene, ma contro il Vecchio Continente, che si ostina
a sottovalutare le potenzialità del paese della Mezzaluna. Onassis, originario di Smirne, da cui era scappato
nel 1923 in seguito all’espulsione dei greci dalla città,
non aveva mai nascosto quella pagina dolorosa del suo
passato e i sentimenti nei confronti della Turchia. E
numero 44 . ottobre 2012
W. Qiang/Xinhua Press/Corbis
di
nell’immaginario del paese della Mezzaluna incarnava, insieme con Maria Callas, il mito della Grecia di
successo nel mondo.
Oggi i piani sembrano essersi tragicamente ribaltati. La Turchia cresce e ruggisce come una tigre, anche se nel 2012 la sua espansione economica subirà
un ridimensionamento fisiologico, dovuto in buona
parte alla crisi nell’Eurozona. La Grecia è legata a un
modello economico vecchio, da cui deve necessariamente staccarsi per non essere risucchiata nel baratro.
In questo contesto va letto il memorandum concluso
da Atene con la Troika (Banca Centrale Europea, Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale), che ha
portato alla concessione del maxiprestito da 240 miliardi di euro, necessario al paese per evitare il default.
Parte integrante della strategia greca è il vasto progetto
di privatizzazione, in cui le aziende turche potrebbero
fare la parte del leone.
ono tanti i motivi che spiegano questo divario. La
Turchia conta su una popolazione molto giovane, l’età media è di 28 anni, una posizione geografica
strategica e che ha fatto di tutto per valorizzare. Non
solo. L’equilibrio interno è retto, pur non senza po-
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n paese in crisi, ma anche pieno di
opportunità e che ce la vuole fare.
Dimitris Papanikolaou, presidente
per la parte greca dell’Associazione
per il business turco-greco ha spiegato a East perché il suo Paese, in questo momento così difficile, rappresenti una grande opportunità.
Dimitris Papanikolaou, crisi sì, ma
anche momento strategico, perché si
dovrebbe investire in Grecia proprio
adesso?
Una crisi come questa crea inevitabilmente delle grandi opportunità, è
possibile investire a prezzi veramente
convenienti. Oltretutto potrebbero
scendere ulteriormente nei prossimi
mesi, sarebbe un peccato non approfittarne.
La Turchia potrebbe essere un buon
candidato?
Assolutamente sì. I rapporti politici ed economici sono migliorati esponenzialmente rispetto agli anni scorsi.
Si tratta di un paese confinante e facilmente raggiungibile. La Grecia ha già
dimostrato di sapere puntare tanto
sulla Turchia, abbiamo investimenti
per 6 miliardi di dollari. Da parte greca
sono 45 milioni di dollari, credo che si
potrebbe fare qualcosa di più e faremo tutto il possibile per incentivare gli
investimenti in questo senso.
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e la voglia di fare della sua gente, animati da un senso
di riscatto, alimentato anche dagli atteggiamenti contradditori di Bruxelles.
Dall’altra parte c’è Atene, attaccata alla sua inestimabile eredità culturale, ma in bilico fra un presente
non più sostenibile e un futuro che potrebbe diventare
luminoso. Per avvicinarsi, però, prima bisogna uscire
dal tunnel. .
Lapresse
lemiche, scandali e nodi irrisolti, da una invidiabile
stabilità politica, garantita da un premier carismatico, che è stato capace di convincere gli investitori
stranieri, accorsi negli ultimi anni a centinaia per
sfruttare tutte le opportunità che la Mezzaluna offriva. In testa i paesi, come Francia e Germania: proprio le due nazioni più ostili all’ingresso di Ankara
nell’Unione Europea. Ma quello su cui la Turchia
può fare maggiormente conto è il grande dinamismo
Ultimamente è uscita la notizia che
sono sempre di più gli uomini greci
che da Atene spostano la loro attività
a Istanbul. Cosa li attrae così tanto?
Sicuramente la condizione economica favorevole nel paese e la crescita
che credo continuerà ancora per qualche anno. Penso che giochi a favore
anche il clima di grande ottimismo che
si respira da quelle parti.
Lei è stato in Turchia di recente? Che
idea si è fatto del paese?
Negli ultimi mesi sono andato in
Turchia varie volte, soprattutto per
illustrare le possibilità di privatizzazione in Grecia. Già dall’areoporto di
Istanbul si percepisce il clima di grande positività che attraversa il paese.
La città è pulita, ordinata. La gente
dinamica, ovunque c’è qualcuno che
ha voglia di fare. Penso che la stessa impressione sia comune a tutti gli
stranieri che arrivano nel paese.
Crede che la Turchia possa diventare
un modello per la Grecia con la sua
crescita economica e il suo dinamismo?
La Turchia sta crescendo tanto e
se questo succede in parte è anche
merito delle riforme che il governo in
carica (l’esecutivo islamico-moderato
guidato da Recep Tayyip Erdogan
ndr). Loro hanno avuto il coraggio di
cambiare le regole che bloccavano la
crescita del loro paese, soprattutto
eliminando molta burocrazia, il che
ha permesso alle loro aziende di investire. In Grecia c’è ancora molta burocrazia, ma mi permetta di dire che nel
2001 la Turchia era affetta da una crisi
economica molto grave e invece l’economia greca andava bene.
Torniamo al suo paese. Crede che la
Grecia riuscirà a rimanere nell’euro?
Che idea si è fatto del governo tecnico guidato da Lucas Papadimos (rimasto in carica 3 mesi ndr) e quello
eletto a giugno e guidato da Antonis
Samaras?
Personalmente credo che la Grecia rimarrà nell’eurozona. Papadimos
ha rappresentato un governo di transizione che ha preparato il piano di
salvataggio e spianato la strada alle
elezioni. Samaras è ancora presto per
giudicarco ma è la prima volta che in
Grecia c’è un governo di coalizione a
tre partiti. L’autunno sarà un banco di
prova molto importante per le misure di austeriry e per la tenuta del governo. Detto questo penso che il sud
dell’Europa dovrebbe puntare sulla
rivalutazione dell’euro. Aiuterebbe
tutti, certo avremmo dei problemi con
l’inflazione, ma per il nostro debito sarebbe di grande importanza.
east . rivista europea di geopolitica
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n partner, la Grecia, che potrebbe
diventare sempre più strategico
e un paese, la Turchia, che non deve
dimenticare l’obiettivo più importante di tutti, ossia l’ingresso in Europa.
Selim Egeli, presidente per la parte
greca dell’Associazione per il business turco-greco, ha spiegato a East
lo stato attuale delle relazioni fra i
due paesi.
Selim Egeli, la Grecia sembra offrire
opportunità sempre più interessanti
per gli imprenditori turchi e non solo.
Quali sono secondo lei i settori che
presentano le prospettive più promettenti?
Ci sono molte speranze fra gli imprenditori turchi che i rapporti con
la Grecia si possano intensificare.
In questo contesto avrà una grande
importanza la campagna di privatizzazioni che il governo ha approvato.
Ci sono diversi progetti turistici e di
distribuzione energetica che penso
potrebbero essere particolarmente
strategici per gli imprenditori turchi.
Molti quotidiani includono anche il
real estate fra i settori su cui soffermarsi. Cosa ne pensa?
Dipende molto dalla sorte che
subiranno i prezzi delle locazioni. In
questo momento alcuni fra i maggiori
gruppi edilizi turchi si stanno infor-
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mando sulle condizioni per quanto
riguarda il real estate in senso stretto, quindi complessi residenziali, il
mercato delle seconde case e via
discorrendo. Ma io credo che ci siano margini molto concreti anche per
la costruzione di centri commerciali
come quelli che in pochi anni abbiamo visto proliferare in Turchia. Le
istituzioni stanno facendo del loro
meglio. Proprio nei mesi scorsi Ziraat
Bankasi (la Banca dell’Agricoltura, ancora statale e fra i maggiori istituti del
Paese ndr) ha aperto un’altra filiale in
Grecia, questa volta sull’isola di Rodi,
e al momento sta a 4. Nei prossimi
due anni conta di arrivare a 6, forse 7,
in diverse località del paese. Si tratta
di un segno concreto di una maggiore volontà di presenza sul territorio,
non solo a livello bancario, ma anche
per aiutare le imprese che intendono
investire nell’Ellade. Ma ci sono altri
ambiti su cui lavorare.
Quali, per esempio?
I progetti comuni in paesi terzi.
Qualche anno fa, per esempio, è partito un progetto molto importante per
la costruzione di numerose facilities in
Oman. Gli attori in gioco sono fra le società più importanti nei due paesi. Ma
credo sia un modello replicabile anche
con numeri minori, soprattutto in set-
tori come quello delle infrastrutture e
in territori come i Balcani. A settembre
si terrà un incontro molto importante
con la nostra controparte turca, penso
che sia in questa direzione che convenga puntare, anche per coinvolgere
maggiormente le piccole e medie imprese, molto presenti nel tessuto economico di entrambi i paesi.
Cosa ne pensa della situazione in
Grecia? Atene rimarrà nell’euro secondo lei?
La mia speranza è veramente quella che Atene riesca a rimanere nell’Eurozona, perché la Grecia fuori dall’Euro
sarebbe un colpo durissimo non solo
per l’unione monetaria, ma per tutta
l’economia su scala globale. Il governo
deve andare avanti con la sua politica
di tagli e contenimento. Si tratta di una
medicina molto amara, mi rendo conto.
Noi l’abbiamo mandata giù nel 2001,
ma è l’unico modo per uscire dalla situazione. E poi devono assolutamente
diminuire la burocrazia.
E della Turchia cosa mi dice?
La situazione economica è molto
favorevole e sotto questo aspetto il
clima all’interno del paese è positivo. Ma credo altrettanto che il nostro
obiettivo principale debba essere l’ingresso in Europa e spero si continui a
lavorare per centrarlo.
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