Le elezioni primarie tra pubblico e privato

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Le elezioni primarie tra pubblico e privato
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UN'ANALISI DEL METODO DI SELEZIONE DEI CANDIDATI
ADOTTATO SOLO DA POCO ANCHE IN ITALIA
Le elezioni primarie tra pubblico e privato
Dario Alberto Caprio
a qualche tempo è arrivato prepotentemente alla ribalta
nel nostro Paese il tema delle elezioni primarie, anche come risposta (seppure parziale) all’esigenza di riqualificazione
della nostra rappresentanza politica.
Alle prime consultazioni volontarie iniziano già ad affiancarsi primarie regolamentate, segno evidente della necessità di riportare i cittadini nel processo decisionale e di valorizzare la
partecipazione quale elemento in grado di aiutare i partiti politici e le nostre istituzioni ad affrancarsi da una lunga e pericolosa crisi.
Il successo maggiore (almeno dal punto di vista mediatico e
di partecipazione) le primarie lo hanno ottenuto nel 2005 per
la scelta del leader dell’Unione di centro-sinistra (con la vittoria
di Romano Prodi) e per la designazione del segretario e dei “costituenti” del Partito Democratico del 14 ottobre 2007. Anche se
per quest’ultima non pochi hanno ritenuto improprio il ricorso all’appellativo di primaria.
Non mancano, rispetto alle primarie sin qui effettuate, critiche e dubbi, a partire dall’esperienza del 2005, messa sotto accusa soprattutto per ciò che attiene alla gestione dei dati relativi ai partecipanti a quella elezione primaria1.
Prima di passare in rassegna le tante esperienze privatistiche
che si sono avuti in questi anni nel nostro Paese e di evidenziare soprattutto i casi pionieristici di primarie pubblicistiche, appare opportuno definire – seppur brevemente – i tratti distintivi di questo metodo democratico.
Le elezioni primarie non sono un tema del tutto nuovo nel
dibattito politico italiano2. Non è un caso che già nel 1985 in sede di Commissione Bozzi (la Commissione Bicamerale per la riforma delle istituzioni della IX Legislatura) fu discussa, ma senza approdare ad alcun risultato, la proposta di istituire un sistema di elezioni primarie. Un’idea che, pur tra critiche e scetticismi, fu avanzata da più parti: dalla Sinistra Indipendente, nel quadro della proposta di riforma elettorale presentata da Pasquino
e Milani, nonché da Scoppola, Barbera, dallo stesso Pasquino ed
altri in un progetto di riforma che prevedeva, tra l’altro, che la
scelta dei candidati per i collegi uninominali dovesse avvenire
mediante elezioni primarie regolate per legge. La stessa relazione di maggioranza della Commissione Bozzi formalizzò una proposta di costituzionalizzazione del principio delle primarie3.
Le elezioni primarie sono, come scrive Mazzitelli “il ristabilimento di più stretti rapporti con l’elettorato e quindi un inter-
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vento nell’ambito della dinamica società-partiti”4. Possono essere, cioè, secondo molti osservatori quel metodo in grado di indebolire le logiche di partito e di privilegiare la formazione di
una classe dirigente ben agganciata alla sua base elettorale e rispondente alle esigenze ed alle aspettative dei cittadini.
Le elezioni primarie sono state introdotte, o meglio spontaneamente sperimentate negli ultimi anni nel nostro sistema politico per cercare di puntare ad un sostanziale cambiamento in
tema di partecipazione, di riavvicinamento dei cittadini alla politica e di riqualificazione dell’azione pubblica.
Come appare del tutto evidente, le elezioni primarie indicano innanzitutto che si tratta di elezioni che precedono altre elezioni, ovvero quelle “generali”, in una successione temporale.
Marco Valbruzzi ha specificato che “le primarie, in quanto modalità di selezione degli aspiranti candidati alle cariche pubbliche, si tengono logicamente prima delle elezioni in cui i candidati nominati o selezionati devono confrontarsi per la conquista della carica”5.
È fuor di dubbio come le primarie non possano essere il “toccasana” della crisi della politica italiana e come in esse vi siano
non poche implicazioni che consigliano di essere almeno guardinghi. Nel contempo non si può neppure trascurare lo straordinario successo che a partire dal 2004 esse hanno avuto nel sistema politico italiano. Dove nascono le elezioni primarie? Quali sono le diverse tipologie? E come si sviluppano in Europa e nel
resto del mondo? Sono tre domande che possono aiutarci ad inquadrare maggiormente il “fenomeno primarie”.
Com’è noto le primarie sono nate negli USA, nella Contea di
Crawford, nel 1842 per iniziativa del Partito Democratico (il primo Stato a regolare le primarie dirette fu, invece, la South Caroline, nel 1896) e da circa 30 anni sono adottate dalla maggioranza degli Stati. Fra le primarie american-style e tutti gli altri
tipi di elezioni che, correttamente o erroneamente, vengono definite primarie vi sono sostanziali differenze. Le elezioni primarie in USA sono, innanzitutto, caratterizzate dal fatto di essere
strettamente regolate dalle leggi dei singoli Stati e, quindi, il loro funzionamento ed il loro controllo sono, quasi per intero,
nelle mani delle pubbliche autorità. Negli USA, poi, nelle primarie è permesso di votare, come minimo, a tutti quegli elettori (e
quindi non esclusivamente agli iscritti), che si dichiarano al momento dell’elezione o entro un certo tempo, che di solito è un
mese, dall’elezione primaria stessa, membri del partito in cui si
tengono le primarie.
Le primarie sono solitamente distinte in 4 tipologie: 1. pri-
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marie di tipo privatistico o pubblicistico, il cui discrimine è dato dal tipo di norma che ne disciplina lo svolgimento; 2. primarie di partito o di coalizione, in base al soggetto che decide di farvi ricorso; 3. primarie per la selezione di candidati a cariche monocratiche o collegiali, che riguardano cioè la tipologia di candidatura alla quale si applicano; 4. primarie di tipo aperto o chiuso, il cui discrimine è la maggiore o minore limitazione dell’elettorato attivo.
In particolare: Le primarie di tipo privatistico sono disciplinate direttamente da coloro che intendono farvi ricorso, senza
alcun intervento da parte dell’autorità pubblica. Si tratta di una
tipologia di primarie alquanto diffusa. Le ritroviamo, infatti, in
Spagna, in Francia, in Gran Bretagna, in Finlandia, in Israele, in
Bulgaria ed in Cile, oltre che in Italia.
Le primarie di tipo pubblicistico sono, invece, disciplinate in
tutto o in parte direttamente dalla legge. L’unico caso europeo
ove si riscontra la presenza di una specifica normativa è in Toscana che ha legiferato sulle primarie con la legge regionale n.
70/2004, modificata con la legge regionale n. 16/2005. Vi sono
anche alcuni comuni che hanno previsto le primarie nei propri
Statuti Comunali. In Sud America, invece, il fenomeno è molto
più diffuso ed un esempio emblematico di primarie di tipo pubblicistico è quello dell’Argentina.
Le primarie di partito sono quelle utilizzate per selezionare
la/e candidatura/e di un determinato partito, così come quelle di
coalizione servono invece a selezionare il leader della stessa, in
vista della formazione di una coalizione elettorale che parteciperà alle successive consultazioni. Le primarie di partito sono molto diffuse: a livello europeo si sono registrate, ad esempio, in Spagna per la selezione del candidato del PSOE al ruolo di Primo Ministro; in Francia sia per la carica di Presidente della Repubblica
che per la carica di Sindaco di Parigi (in entrambi i casi all’interno del PS. L’esperimento di Nicolas Sarkozy dell’Umf, che si è
sottoposto ad una specie di referendum on-line tra gli iscritti del
suo partito non può essere agevolmente “catalogato” in una tipologia di primarie) e in Finlandia per la selezione del candidato che concorrerà alla carica di Presidente della Repubblica.
Le primarie di coalizione, oltre che in Italia sperimentate nel
2005 nell’ambito dell’ Unione, si sono registrate soltanto in Bulgaria per il candidato presidenziale ed in Cile per il candidato
alla Presidenza della Repubblica.
Le primarie sono di norma utilizzate per la selezione di candidati a cariche monocratiche, come avviene in Francia, Gran Bretagna, Spagna, Finlandia, Bulgaria, Italia etc. Per la selezione dei
candidati nelle liste di partito in competizione proporzionale esse appaiono alquanto problematiche. Vi sono in Europa solo 2
casi di questo tipo: nella nostra Toscana, previste con la legge suddetta e in Israele.
L’istituto delle primarie viene definito di tipo aperto o chiuso in base al grado di limitazione dell’elettorato attivo. A queste
due tipologie estreme (aperte/chiuse) si accompagnano anche
alcuni tipi cosiddetti intermedi (semi-chiuse/semi-aperte).
Portare la contabilità delle elezioni primarie che da qualche
anno vengono organizzate in Italia è un’operazione alquanto ardua, poiché il numero di tali esperienze aumenta vertiginosamente di anno in anno. Senza dimenticare quelle pregresse, a partire dalle primarie bolognesi del 1999 per la scelta del candidato
del centro-sinistra alla carica di sindaco.
Nel 2005 sono state organizzate primarie per decidere il candidato del centro-sinistra alle elezioni regionali in Puglia (oltre a
quelle nazionali dell’Unione e a quelle toscane), ma anche per
quelle del piccolo comune di Grottaferrata in provincia di Roma;
nel 2006 si sono tenute per la scelta del candidato di centro-sinistra alla presidenza della Regione Siciliana, ma anche a Milano per
il candidato sindaco dell’Unione, a Cagliari per le comunali e nel
comune di Collepasso. Nel 2007 il centro-sinistra ha fatto ricorso
al metodo delle primarie per scegliere i propri candidati a sindaco o a presidente di provincia in molte realtà locali. Le consultazioni più importanti si sono svolte a Palermo e a Genova il 4 febbraio del 2007; altre sfide sono state effettuate a Como, La Spezia,
Lucca, L’Aquila, Carrara, Matera, Isernia, Avezzano, Rieti, Agrigento, Belluno, Paternò, Rignano sull’Arno, Olbia, Novara etc.
Il dato di Palermo è stato abbastanza eclatante, non solo per il
ritorno sul territorio di uno dei leader storici dell’antimafia, ma
anche perché candidato in chiaro contrasto con il maggior partito della coalizione di centro-sinistra. Leoluca Orlando con il 72,72%
ha surclassato Alessandra Siragusa, insegnante, ex assessore comunale di giunta del centro-sinistra e appoggiata dai Ds e Giusto Catania, professore ed euro parlamentare, presentato dal Prc.
A Palermo, però, vi è stata un’affluenza inferiore a quella registrata alle scorse primarie regionali per la scelta del candidato governatore (19 mila elettori per le primarie comunali, contro i 23 mila di quelli regionali).
Il dato più interessante di queste ultime primarie, quelle di
febbraio del 2007, è ancora una volta relativo all’affluenza. Le cifre variano dagli oltre 35.000 votanti di Genova, la più alta, pur
se in flessione rispetto al 2005, ai 2.000 di Como, la più bassa (la
metà del 2005), passando per i 19.000 di Palermo, i 15.000 di La
Spezia, i 10.000 di Carrara, gli 8.700 dell’Aquila e i 5.600 di Avezzano. Si tratta di dati che confermano la voglia di partecipazione dei cittadini e che danno a questo metodo di selezione dei candidati un evidente valore democratico.
Alcune delle esperienze sin qui maturate in tema di primarie meritano un supplemento d’attenzione. A partire dalla Regione Calabria, ove per la scelta del candidato del centro-sinistra alla presidenza della Regione fu nel 2004 adottato un metodo alCritica Sociale [
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quanto inedito. Agazio Loiero, l’ex Vicepresidente della Margherita alla Camera, fu infatti scelto dai grandi elettori, quasi 2.600
persone indicate da partiti, associazioni ed enti locali: un esperimento assolutamente innovativo in Italia in tema di selezione della rappresentanza, anche se non apprezzato in maniera univoca. All’Assemblea, presieduta dal Presidente dell’Ordine degli
Avvocati, con la presenza anche di un cancelliere e di un notaio,
si partecipava dopo aver ritirato la delega per il voto e aver anche versato un contributo per l’organizzazione di 10 Euro. Dopo la presentazione del programma e la relativa discussione ed
approvazione all’unanimità, furono presentate le candidature e
iniziò la votazione, che avvenne in forma segreta in 20 cabine
elettorali. Agazio Loiero, che vinse questa specie di primarie di
grandi elettori, si affermò, com’è noto, anche alle elezioni regionali, diventando il Presidente della Regione Calabria.
Le elezioni primarie dell’Unione di Cagliari per selezionare
il candidato sindaco in vista delle elezioni comunali del giugno
2006, si sono svolte il 29 gennaio 2006. I quattordici seggi predisposti dal comitato organizzatore videro la partecipazione di
7.397 elettori, vale a dire il 7% dei 32.352 elettori che avrebbero votato per i partiti del centro-sinistra nelle elezioni di giugno. Gianmario Selis risultò vincitore con il 47,7% dei voti a livello comunale, ottenendo la maggior quantità di voti in 13 dei
14 seggi (Selis è stato poi sconfitto al primo turno dal candidato del centro-destra, Floris che si è imposto con oltre il 53% dei
voti, infliggendo al candidato del centro-sinistra circa 15 punti
di percentuale di distacco). In occasione di queste primarie comunali Fulvio Venturino dell’Università di Cagliari, realizzò
una rilevazione facendo ricorso ad un questionario composto da
10 domande. Vennero intervistati 1.200 elettori per cercare di cogliere le caratteristiche sociologiche e politiche dei partecipanti e le motivazioni del voto alle primarie. Le conclusioni della
ricerca appaiono molto interessanti e valide per una riflessione
più approfondita sul tema delle primarie più in generale. Un
primo elemento che emerge dall’analisi dei dati è che gli elettori non sono affatto disorientati dal ricorso ad una procedura inconsueta e apprezzano le procedure di democrazia interna alla
coalizione di centro-sinistra. La ricerca evidenzia, inoltre, che le
primarie non producono necessariamente un vantaggio per i
candidati estremi e che i partiti sembrano in grado di controllare le candidature, di incanalare il consenso e di limitare la voice di taglio anti-partitico che talora può essere insita nello stesso ricorso alle primarie. L’indagine di Venturino evidenzia come
la mobilitazione degli elettori cagliaritani sulle primarie sia andata ben al di là delle cerchia degli iscritti ai partiti dell’Unione,
come mostrato dalla partecipazione di un’ampia maggioranza
di simpatizzanti non iscritti6.
Le primarie della Puglia, come ha scritto Gianfranco Pasqui12. Colloqui italo - britannici [
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no «meritano più che un semplice onore di cronaca giornaliera. Sono state un significativo esercizio di partecipazione politica effettiva ed efficace»7. Vendola, il candidato voluto da Rifondazione Comunista, ribaltò i pronostici della vigilia e vinse le primarie con il 50,8%, battendo il candidato della Margherita, voluto anche dai Ds, Francesco Boccia, che si fermò al 49,2%.
Vendola vinse, poi, contro ogni pronostico anche le elezioni
regionali, tenutesi il 3 e 4 aprile 2005, con il 49,8% delle preferenze. Le primarie pugliesi si tennero, in 112 seggi, distribuiti in
questo modo: 42 seggi a Bari, 12 a Brindisi, 24 seggi a Foggia, 21
a Lecce e 13 a Taranto. I seggi utilizzarono le sezioni dei partiti:
ben 34 furono locati presso sedi del Prc; 31 nei locali dei Ds; 19
in quelli della Margherita; 14 in casa dello Sdi; 2 nel Psdi; 7 nelle sedi dei Verdi; 2 in quelli dei Socialisti Autonomisti e 3 seggi
furono allocati in altri tipi di strutture.
Per valutare la straordinaria performance di Vendola è forse
opportuno partire dalla campagna elettorale. Anche perché rappresenta, a nostro avviso, un modello di comunicazione efficace, in grado di raggiungere gli obiettivi in poco tempo e senza
ricorrere ad ingenti risorse, che ben potrebbe essere mutuata
nelle esperienze di primarie.
Secondo i dati forniti dal Segretario Regionale del Prc e da alcuni membri dello staff che si occuparono della campagna elettorale di Vendola, l’organizzazione degli eventi fu effettuata con
un budget di circa 17.000 Euro. Oltre a Rifondazione che fornì
un notevole sostegno logistico e finanziario, una parte dei fondi fu reperita, mediante sottoscrizioni private e, seppur in misura inferiore, attraverso l’autofinanziamento derivante dalla
vendita di gadget. La campagna di Vendola fu capillare ed incessante: in 10 giorni furono organizzate 97 iniziative, all’insegna
dello slogan La Puglia nel Cuore. Va sottolineata l’importanza
dei comitati locali spontanei per Vendola, che costituirono strutture fondamentali per la sponsorizzazione del candidato. Gli
strumenti utilizzati furono principalmente i comizi elettorali,
gli incontri e le conferenze stampa, aventi come interlocutori,
in modo particolare, singoli cittadini impegnati nei comitati
elettorali in favore di Vendola, comitati ambientalisti e membri
dell’associazionismo giovanile. Furono affrontate in particolare i temi relativi al territorio pugliese, dalla riforma sanitaria alla creazione della discarica di Panni, nel foggiano, invisa ai cittadini del luogo. Non sono mancate ovviamente le presenze degli esponenti politici di livello nazionale. Gli incontri pubblici
furono accompagnati da circa 15.000 manifesti, da 200.000 cartoline, da un sito internet che ha registrato 100.000 presenze e
da contatti telefonici attraverso due linee telefoniche dedicate.
A chiusura della campagna, fu organizzato un concerto a Bari.
La campagna elettorale di Boccia, invece, che ebbe per slogan
La Puglia per tutti, fu condotta con un numero medio-alto di
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iniziative e con il supporto logistico dei partiti di riferimento ed
in particolare della Margherita. Anche se non mancò l’apporto
di associazioni di categoria e di appartenenti al mondo cattolico. Boccia scelse di privilegiare una campagna elettorale orientata al tessuto produttivo locale, attraverso incontri su temi squisitamente economici. I comizi e le assemblee pubbliche furono
pochi, mentre fu fatto un notevole impiego di manifesti elettorali, di volantini e di una pubblicazione scritta dal candidato e
contenente il programma. Boccia si dedicò particolarmente alle conferenze stampa.
Si può sostenere, anche alla luce di questi dati, che la campagna elettorale di Vendola si caratterizzò per essere più spontanea,
meno ingessata, più fresca e popolare negli slogan e nei messaggi e, in definitiva, più nuova ed accattivante. Il candidato Vendola, poi, pur essendo molto radicato sul territorio (e quindi molto
conosciuto), appariva come una novità, soprattutto in funzione
della carica di governatore che avrebbe potuto ricoprire. Vendola girò per le periferie più degradate delle città pugliesi, incontrò
persone di ogni estrazione sociale, parlò dei temi del welfare e del
degrado della regione, avanzando un’idea nuova per il governo
delle istituzioni, basato sul capovolgimento dello stile affermato durante il governo di Raffaele Fitto. Vendola fece passare il
progetto di governo partecipato (meno accentramento e più delega a tutti i livelli). Francesco Boccia, dal canto suo, non fu in grado di arrivare alla base degli elettori, di farsi conoscere. Preferì condurre una campagna elettorale contro Fitto, spesso utilizzando i
suoi stessi strumenti. La sua fu una campagna elettorale forse
anche più ricca di quella di Vendola, ma con temi veicolati male, che non raggiunsero i cittadini. Linguaggi diversi, temi diversi e oratoria diversa: quella di Vendola coinvolgente ed emozionante; quella di Boccia più fredda, più dotta (da professore) e con
scarsa presa sugli elettori. Alla vigilia le previsioni più ottimistiche accreditavano circa 50.000 elettori, fissando in 30.000 la soglia di decenza. Gli oltre 79.000 votanti sono andati oltre queste
cifre, forse anche grazie alla forte mobilitazione indotta dal tipo
di campagna elettorale condotta da Nichi Vendola.
Le primarie pugliesi, in definitiva, furono «una sfida vera fra
candidati veri con differenze programmatiche interessanti».8
In occasione, invece, delle elezioni primarie dell’Unione della Regione Siciliana, si sono recati alle urne 183.315 cittadini
aventi diritto, pari al 4,44% degli iscritti alle sezioni elettorali. Se
si considera il rapporto votanti su iscritti, si nota che la percentuale più elevata di partecipazione si registra nei comuni della
provincia di Enna, con il 6,03%. Messina con il 2,98% ha fatto registrare, invece, la percentuale più bassa e anche molto distante
dalla media regionale. Anche nel caso siciliano l’immagine (forte anche a livello nazionale) di Rita Borsellino e un’efficace campagna elettorale giocata sulla discontinuità e su alcuni temi for12. Colloqui italo - britannici [
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ti (dalla partecipazione alla legalità), hanno avuto la meglio rispetto al candidato voluto dalla Margherita, Ferdinando Latteri.
A Carrara, infine, le elezioni primarie per la scelta del candidato sindaco sono state vinte dal candidato dello Sdi, anche grazie all’appoggio del Nuovo Psi, a quella data non collocato nella stessa area politica dello Sdi a livello nazionale, a dimostrazione che le primarie possono anche anticipare tendenze politiche più generali, essere cioè un laboratorio per sperimentare
alleanze e coalizioni.
Ma Carrara (ed è solo un esempio) indica anche che le primarie si muovono in una dimensione territoriale che non sempre asseconda i diktat delle segreterie nazionali dei partiti, ma
che si può sviluppare anche a partire dalle dinamiche spontanee e particolari delle comunità locali.
Le elezioni primarie passate in rassegna dimostrano inconfutabilmente il successo di questo modello di partecipazione e
confermano la volontà dei cittadini ad essere coinvolti più attivamente nella selezione delle rappresentanze.
Si tratta, tuttavia, di elezioni primarie spontanee, di forma privatistica. Sono pochi, infatti, ancora i casi di elezioni primarie
organizzate per legge, anche se non mancano progetti parlamentari per normarle anche nel nostro Paese.
Sino ad oggi solo la Regione Toscana e due piccoli comuni
hanno “battuto la strada” di elezioni primarie pubblicistiche e
su questi casi pionieristici vale la pena di sviluppare un supplemento di attenzione.
(Continua) Dario Alberto Caprio
1
Primarie 2005: il giallo degli elenchi, in Le Nuove Ragioni del Socialismo, n. 48, pag. 10, anno V, settembre 2007.
2
Uno dei primi atti pubblici volti ad introdurre procedure più democratiche all’interno dei partiti politici è il progetto di legge presentato da Costantino Mortati all’Assemblea Costituente nel 1945. Vanno,
inoltre, ricordati il progetto presentato da Sturzo nel 1958 e quello
di D’Ambrosio del 1961.
3
Cfr. atti della Commissione Bicamerale per la Riforma delle Istituzioni IX Legislatura (Commissione Bozzi).
4
Alessandro Mazzitelli, in “Elezioni Primarie e Rappresentanza Politica. Il dibattito politico in Italia e l’esperienza degli Stati Uniti”, a cura di Silvio Gambino, Rubbettino, 1995.
5
Marco Valbruzzi, Primarie. Partecipazione e leadership, Bononia University Press, Bologna, 2005.
6
Il Panel di Fulvio Venturino, dell’Università di Cagliari, è stato presentato al XX Convegno della Società Italiana di Scienza Politica, che
si è svolto a Bologna dal 12 al 14 Settembre 2006.
7
Gianfranco Pasquino “Modello Puglia” da esportare, Il Sole 24 Ore del
20/01/2005.
8
Gianfranco Pasquino “Modello Puglia” da esportare, Il Sole 24 Ore del
20/01/2005.

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