Acqua, il Sud e il progetto di un grossista unico
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Acqua, il Sud e il progetto di un grossista unico
13/12/2016 Stampa | Staffetta Acqua (SQ) stampa | chiudi Copyright © RIP Srl Management e Gestione martedì 13 dicembre 2016 Acqua, il Sud e il progetto di un grossista unico Laboratorio servizi pubblici locali di Ref Ricerche: sarebbe risposta a molti problemi del sistema idrico nel Mezzogiorno, ma servono knowhow, flussi di cassa stabili e forte cooperazione tra territori Ritardo infrastrutturale, governance debole, carenze organizzative e gestionali, mancanza di competenze e di risorse: sono mali che affliggono il servizio idrico nel Mezzogiorno d'Italia, che – non va dimenticato – è caratterizzato soprattutto da una forte interdipendenza dei vari territori sul piano idrico, un aspetto che ha la sua rilevanza nell'origine di diverse criticità. Il progetto di una gestione unica dell'approvvigionamento idrico nel distretto idrografico dell'Appennino meridionale di cui si è discusso in tempi recenti (v. Staffetta 25/10) potrebbe porre rimedio ad alcune delle debolezze del sistema idrico del Sud, consentendo peraltro di spendere i fondi già a disposizione concentrandoli in capo ad un unico soggetto attuatore degli interventi. Il futuro gestore, però, dovrà non solo essere dotato di “adeguato knowhow e dimensioni”, ma dovrà anche poter contare su flussi di cassa stabili per mantenere l'equilibrio economicofinanziario, e per questo avrebbe bisogno di interagire con gestori d'Ambito del servizio idrico integrato, andrebbero dunque superate le molte gestioni in economia ancora esistenti. Sono le considerazioni del Laboratorio servizi pubblici locali di Ref Ricerche affidate all'ultimo contributo di analisi per la collana Acqua “Urge un gestore unico per l'approvvigionamento idrico del Mezzogiorno”. Nel distretto idrografico dell'Appennino meridionale (che comprende i territori di Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, parte dell'Abruzzo e basso Lazio), spiega il Laboratorio, la disponibilità della risorsa idrica è assai disomogenea e concentrata principalmente in tre Regioni: Basilicata, Molise e parte della Campania. Per questo sono necessari continui trasferimenti interregionali della risorsa, che hanno motivato in passato la realizzazione di infrastrutture dedicate. “Si tratta di un sistema di invasi artificiali, dighe e lunghe condotte di approvvigionamento, con estensione anche sovraregionale – spiegano gli autori del contributo –, che pur avendo una vita tecnica molto lunga (100 anni e oltre per i serbatoi, 6080 anni per le grandi condotte) necessitano ora a distanza di tanti anni di interventi di manutenzione ingenti. Tali interventi non sono oggi garantiti dai vari enti non economici o dai consorzi di bonifica a cui è stata affidata la gestione. Questi enti – aggiungono –, che rappresentano il retaggio storico, a causa delle limitate capacità tecniche e organizzative , della mancanza di vocazione industriale, sono palesemente inadeguati rispetto alla dimensione del problema e alle sue potenziali ricadute. Non è dunque in primis un problema di risorse finanziarie quanto piuttosto organizzativo, istituzionale e industriale”. A complicare il quadro, i tanti livelli di governo coinvolti che faticano a coordinarsi, creando farraginosità anche laddove il gestore avrebbe le competenze necessarie. Peraltro, aggiunge il Laboratorio, l'area dell'Appennino meridionale è soggetta a rischio sia sismico che di stress idrico, da mitigare con opportuni interventi. “Gli interventi sugli invasi – si osserva nel contributo – potrebbero essere disegnati per integrare utilmente anche la produzione di energia idro elettrica, contenendo così i costi energetici”. La dipendenza dagli invasi per l'approvvigionamento idrico rende il Sud Italia più esposto a crisi idriche ed è nel Mezzogiorno che, secondo dati Istat, si trova una maggiore percentuale di famiglie che lamentano irregolarità nell'erogazione dell'acqua potabile. A queste difficoltà vanno aggiunte le carenze del sistema fognariodepurativo , censurate dalla Commissione europea e dalla Corte di giustizia dell'Ue; l'applicazione delle sanzioni eventualmente inflitte da quest'ultima, fanno notare gli autori, si tradurrà inevitabilmente in una “minore disponibilità di fondi comunitari futuri”. Le risorse già stanziate per il Sud invece, secondo dati della struttura di missione di Palazzo Chigi contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, restano spesso impigliate in difficoltà e ritardi di attuazione delle opere (v. Staffetta 18/02). Criticità legate anche, evidenzia il Laboratorio, al fatto che i Comuni sono i principali soggetti attuatori degli interventi: “in alcuni casi la dimensione economica e finanziaria degli interventi, per decine o centinaia di milioni di euro, non appare compatibile con le possibilità della ‘macchina amministrativa' comunale e chiamerebbe un soggetto attuatore di tipo industriale”. http://www.staffettaonline.com/staffetta_acqua/Stampa.aspx?id=268693 1/2 13/12/2016 Stampa | Staffetta Acqua (SQ) In questo scenario, poi, ha un suo peso la lentezza con cui nel Meridione si sta attuando la normativa nazionale in materia di governance del servizio idrico integrato: secondo l'ultima ricognizione dell'Aeegsi (v. Staffetta 13/07), al 30 giugno 2016 gli Enti di governo dell'Ambito non erano ancora operativi in 8 Regioni (Umbria, Lazio, Campania, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria e Sicilia) e non si era ancora provveduto all'affidamento del servizio idrico al gestore unico in Campania, Molise, Calabria e Sicilia; nelle regioni ricadenti nel Distretto Idrografico dell'Appennino Meridionale – evidenzia il Laboratorio – si contano circa 40 gestori e numerose gestioni in economia, solo Basilicata e Puglia presentano un gestore unico regionale. Una frammentazione gestionale che ha evidenti ripercussioni sulla ricognizione dei fabbisogni – commentano gli autori – e sulla loro trasposizione in Programmi degli Interventi, emergendo così una correlazione tra lo stato di attuazione della normativa del SII (e quindi di aggregazione delle gestioni) ed il livello di investimenti procapite realizzati”. Questo il quadro del solo servizio idrico integrato: più in generale, la governance dell'acqua nel distretto dell'Appennino meridionale coinvolge un'Autorità di distretto, 7 Autorità di Bacino e (di cui 1 nazionale, 3 interregionale e 3 regionali) e 7 Regioni. A fronte di tutto ciò, espongono gli analisti, manca ancora un unico Accordo di programma per la gestione e il trasferimento della risorsa idrica nell'intero distretto dell'Appennino meridionale, sebbene esistano diversi accordi bilaterali in materia e un documento d'intenti sottoscritto nel 2011 da tutte le Regioni del distretto per dar vita all'Accordo unico. Qualcosa sembra essersi smosso con il rinnovo, lo scorso 30 giugno, dell'Accordo di programma per la gestione condivisa delle risorse idriche sottoscritto dalle Regioni Puglia e Basilicata e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri (v. Staffetta 04/07). “L'estensione di tale Accordo di Programma alle altre regioni del Distretto – affermano gli analisti –, insieme all'attribuzione di piena operatività dell'Autorità di distretto quale soggetto regolatore unico per il governo della risorsa, sono due passi fondamentali per la razionalizzazione della governance e il superamento delle criticità”. Di qui, secondo quanto emerso nei mesi scorsi, si potrebbe trarre la conseguenza della creazione di un gestore unico per l'approvvigionamento idrico del distretto: già l'accordo tra governo, Basilicata e Puglia prevede la costituzione di una società partecipata dall'amministrazione centrale e dalle Regioni firmatarie, operativa dal 1° gennaio 2017, che sostituisca l'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia (Eipli, in liquidazione) nella gestione dell'acqua all'ingrosso, anche avvalendosi eventualmente degli attuali gestori del servizio idrico integrato, aperto ad adesioni da parte di altre Regioni. Si va, dunque, "nella direzione di un progetto strategico di aggregazione della gestione dell'approvvigionamento idrico nel Mezzogiorno – conclude il contributo –, che a partire dalla Basilicata e dalla Puglia, le due regioni con una cooperazione più avanzata in questo fronte, possa progressivamente estendersi alle altre regioni del Distretto, nell'ottica di favorire la valorizzazione di competenze e risorse comuni”. Un soggetto che dovrà avere il necessario knowhow per sfruttare i circa 2 miliardi di fondi pubblici previsti dai “Patti per il Sud” per investimenti infrastrutturali nel sistema idrico e che dovrà interfacciarsi con Ato e gestioni ormai pienamente conformi alla normativa vigente. “L'iniziativa – avvertono gli analisti di Ref Ricerche – necessita di un sostegno e di una forte cooperazione tra regioni , ed è per sua natura esposta al rischio di fallire per questioni di ordine politico e territoriale”. Il contributo del Laboratorio servizi pubblici locali di Ref Ricerche (n. 72, dicembre 2016) è consultabile all'indirizzo www.refricerche.it/it/laboratoriosplfuturo/contributidianalisi/. © Tutti i diritti riservati E' vietata la diffusione e o riproduzione anche parziale in qualsiasi mezzo e formato. http://www.staffettaonline.com/staffetta_acqua/Stampa.aspx?id=268693 2/2