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Libera Università dell’autobiografia di Anghiari - 18 maggio 2013
Intervento di Vandana Shiva
al Convegno Nazionale
Per una ecologia narrativa
Un sentito ringraziamento all'Università per l'immenso sforzo nell’organizzare questo convegno
di Ecologia Narrativa, per aver fatto di Anghiari
un luogo in cui potrà attecchire un nuovo rapporto con la terra e per le nuove iniziative che germoglieranno. Un ringraziamento a tutti gli speakers e a alla generosità di Maria Grazia Mammuccini, a Giannozzo Pucci e a Carolyne per il
lavoro del Comitato Internazionale e di Navdanya
International.
Io vengo di tanto in tanto come una farfallina,
una piccola impollinatrice, un fertilizzante ad ampio raggio.
Penso che questa iniziativa di permettere alla terra di parlarci e a noi di rinarrare la terra sia vitale
per il nostro futuro. Fare pace con la terra è vitale
non solo per l'Italia ma per il mondo intero.
Ogni giorno, nella mia terra, assisto alle scene che abbiamo visto nel video. Le foreste
più belle vengono distrutte e le case demolite. Nel mio libro "Fare pace con la terra"
esprimo tutto il dolore del mondo indirizzatosi contro la terra. Viaggiando mi rendo conto
che questa guerra contro la terra sta diventando una guerra contro le persone.
Purtroppo questi temi non raggiungono la stampa internazionale e, specialmente in
questo periodo di crisi a causa della globalizzazione, India e Cina mantengono in vita la
vecchia narrazione.
Ci viene raccontata la favola della crescita. Per alcuni anni abbiamo avuto il 90% di crescita in quanto la globalizzazione connette il mondo ma al tempo stesso induce ad
esempio l'India a non produrre per gli Indiani ma per il resto del mondo.
Questa visione costringe i paesi a non produrre più per se stessi. Vendiamo il nostro
cotone, dopo averlo fatto crescere in condizioni di schiavitù in India, coltivato, sempre in
schiavitù negli U.S.A, trattato dall'industria tessile nel Regno Unito per poi raggiungere il
nostro paese. Ciò sta a dimostrare che anche se diventiamo indipendenti politicamente,
non saremo mai liberi. E così siamo ingabbiati in un circolo vizioso fino a che non raggiungeremo la nostra libertà.
Dobbiamo diventare consapevoli di quello che sta accadendo a causa della globalizzazione per quanto riguarda i semi. I semi sono di proprietà delle multinazionali che avevano importato i veleni.
Le cosiddette compagnie chimiche hanno trasferito la loro mentalità bellicosa in agricoltura. Il messaggio è che senza agenti chimici non ci possono essere coltivazioni, senza
fertilizzanti il terreno non può essere fertile.
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Negli anni 80, con i nuovi strumenti di ingegneria genetica, diffusi ad altri organismi al
fine di creare gli OGM, è stato dichiarato che i semi sono di proprietà delle multinazionali. I produttori di OGM sono diventati per questo i creatori di una nuova vita. La Monsanto ha i brevetti sui semi, persino le granaglie sono di loro proprietà e i contadini non
possono utilizzarle per i semi. Perciò se comprano del grano al mercato è di proprietà di
Monsanto e questo porta come conseguenza che siamo tutti diventati ostaggi degli
OGM.
In Europa 50 stati hanno dichiarato di rifiutare gli OGM, questa libertà in India non c'è.
Ma la Commissione Europea vuole un regolamento che impedisca la libertà di scelta
rendendo illegali i semi non OGM.
Non è una direttiva, poiché in quel caso ci sarebbe una scelta, ma una regola designata
per prevenire l'alternativa, ossia semi locali, diversi, disponibili per i contadini, che possono creare un altro modello, un'altra relazione con la natura. In questo modo si favorisce la logica e la storia dell’industrializzazione, l’idea della privatizzazione, il miracolo
della tecnologia.
Ho dato avvio a Navdanya nel 1987 contro la Legge Internazionale che considera criminale chi conserva i semi. Trovo che una tale affermazione sia profondamente sbagliata dal momento che nel mio lavoro sono sempre stata guidata e favorita dalla natura. La
natura ci insegna la diversità. La natura non crea mai monocultura, la natura è biodiversità.
Tutte queste diverse espressioni della natura hanno diritto di esistere ed esistono indipendentemente da noi. Dobbiamo renderci conto che la terra viene prima. La terra è un
soggetto.
Ecco perché paesi come la Bolivia e l'Ecuador hanno inserito nella Costituzione il diritto
alla natura.
Viene tramandata un’idea distruttiva della natura, 250 anni di quella che chiamo allucinazione, per cui le persone che vivono in una certa località, territorio, paese sono considerate come non esistenti. L'intero continente americano è stato colonizzato, i nativi
americani trattati come non umani, gli Aborigeni africani, come ha attestato l'Enciclopedia Britannica fino a 10/15 anni fa, venivano considerati parte della flora e della fauna. E
naturalmente flora e fauna non contano nulla.
Questo atteggiamento bellicoso diventa possibile se dichiariamo che la terra e la natura
sono morte. Come si può uccidere qualcosa che è già morto? Ecco allora che subentra
la licenza di uccidere creando l’allucinazione della morte.
L'idea della separazione dell'uomo dalla terra è allucinazione. Ogni singola cellula del
nostro corpo è stata creata dalla terra, il cibo con il quale ci nutriamo ci è stato dato dalla terra. Abbiamo un'idea folle, che io chiamo hyper-apartheid, la separazione dell'uomo
dalla terra. E questa separazione/allucinazione cresce proporzionalmente, più diventiamo dipendenti dalla terra, più fingiamo di essere liberi dalla natura.
L'agricoltura industriale richiede una quantità di energia dieci volte superiore a quella
prodotta. L'agricoltura ecologica, fondata sul rispetto della biodiversità, è molto più produttiva delle grandi monocolture industriali. Vi è l’illusione di una migliore efficienza dell’agricoltura industriale, ma un modello di crescita reale e orientato verso il futuro non
può ignorare il problema della rigenerazione delle risorse che l’attuale sfruttamento intensivo ha distrutto. La retorica del cibo “a basso prezzo”, l’idea che le grandi imprese
possano produrre quantità maggiori di cibo e siano necessarie per combattere la pover2
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tà, è falsa. Sappiamo che le piccole aziende agricole, la coltivazione organica e il ricorso alla biodiversità sono più produttivi delle grandi monocolture industriali.
Dipendiamo dagli agenti chimici, dai carburanti fossili, siamo dentro ad una storia distruttiva e alienante per noi esseri umani. C’è bisogno di una narrazione ecologica, prima di tutto per la salvezza della terra, l’unico modo per le società di raccontare la loro
storia, un’altra storia per l’umanità. C'è bisogno di crescita qualitativa, di decrescita felice.
Intere famiglie di contadini che producono, lavorando sotto il sole, con la pioggia, vengono tacciate di non contribuire alla crescita, di non produrre.
Le donne svolgono un ruolo fondamentale all’interno delle economie di sussistenza. A
loro viene affidato il compito di prendersi cura dei bambini, dei malati, di assistere gli
anziani, i genitori, dispensare il cibo e l’acqua per tutti. Il lavoro straordinario che portano avanti le donne del terzo mondo per fornire l'acqua è incredibile. Ma questo loro lavoro non viene preso in considerazione.
Nei 40 anni di attivismo ecologico mi sono resa conto del lungo cammino compiuto dalle
donne per ottenere l'acqua. Ma quando il cammino è diventato troppo lungo si sono
domandate la ragione di tanta sofferenza.
40 anni fa mia sorella che viveva nell'Himalaya mi informò sul problema della continua
deforestazione, del prosciugamento dei ruscelli e del lungo cammino delle donne per
trovare l'acqua.
Mi disse che avrebbero dovuto passare sui loro corpi prima di distruggere le loro foreste. Le donne dei villaggi hanno cominciato ad abbracciare gli alberi – chipko significa
abbraccio – per impedirne l’abbattimento. Hanno resistito per 11 anni, senza una rupia
in tasca, con un pugno di riso nelle mani per nutrire i loro figli, facendo i turni in modo da
non lasciare soli vacche e bambini. La foresta non fu abbandonata per nessuna ragione.
Nel 1981 il Governo Indiano riconobbe che avevano ragione, la funzione ecologica delle
foreste è di fornire l'acqua. Venne vietata la deforestazione dei territori settentrionali dell’Himalaya.
Anni fa hanno iniziato gli allevamenti industriali di gamberetti. L'industria non può creare
gamberetti che vivono nel mare. Hanno catturato le femmine gravide e le hanno forzate
a depositare le uova. I gamberetti in cattività non fanno uova, perciò gli hanno levato gli
occhi provocandogli un trauma in modo da costringerle a depositare le uova in uno stagno. Così lo stagno pullula di gamberetti, cosa che non avrebbe potuto verificarsi in mare.
In India abbiamo un sistema tremendo. Durante le stagioni piovose, quando il sale è più
diluito, si coltiva il riso, e nelle stagioni secche, quando c'è più sale, la stessa acqua
contiene i gamberetti. Perciò gli escrementi dei gamberetti diventano il fertilizzante per il
riso e la paglia che cade dal riso diventa cibo per i gamberetti. Un sistema di produzione
perenne tra riso e gamberi. In questo sistema non vengono mai presi in considerazione
i gamberetti insieme al riso, ma solo i gamberetti e dal momento che non producono
abbastanza gli creano delle prigioni, li riempiono di antibiotici, li foraggiano con il mangime, inquinando il mare. In questo modo l'acqua dolce è diventata acqua salata e bisogna andare sempre più lontano per avere acqua pulita.
Viviamo in un sistema la cui logica dice che la produzione ha unicamente luogo quando
si producono beni di consumo. Non riuscire a vendere il proprio lavoro equivale a non
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lavorare. E in questo momento di crisi mondiale in cui vendere il proprio lavoro sta diventando sempre più difficile, non possiamo appoggiare un modello in cui l'intera produttività viene affidata ad un esiguo numero di persone. In agricoltura non si calcola
quanto cibo viene prodotto quante persone lavorano la terra.
Più della metà dell'umanità lavora la terra. Ciò che è peggio è che l'80% del cibo viene
dalle piccole fattorie, ma si vuol trasmettere l'illusione che siano le fattorie industriali a
produrlo.
Viene detto che se si produce ciò che si consuma, non si produce, in modo da spingere
sempre di più sulla capacità produttiva delle società per finanziare la guerra, comprare
armi e vendere armi. In questo modo si crea un'emergenza che è ormai diventata permanente.
Il Pil misura ciò che lascia una famiglia. La logica è quella di esportare quello che si
produce e importare quello di cui si ha bisogno. L'agricoltura non viene impiegata per
produrre cibo, ma un’ingente somma di denaro viene utilizzata per comprare carburanti,
guidare auto, e in buona parte per maltrattare gli animali. I bovini sono erbivori ma vengono torturati, imbottiti di granaglie, chiusi in allevamenti intensivi per farli produrre più
carne e più latte. Si tratta di vere e proprie fabbriche di tortura che non dovrebbero esistere, ma i profitti sono alti. Il sistema di produzione attuale è molto costoso.
I contadini comprano i fagioli di soia in quanto sono economici, ma non è economico
coltivarli. Le fattorie brasiliane hanno esportato la soia geneticamente modificata in Europa e si spendono 2.2 miliardi peri i diritti della Monsanto.
I sussidi per l’agricoltura ammontano a 400 miliardi di dollari, ma queste cifre non aiutano i piccoli agricoltori bensì le poche grandi imprese, un’ingente quantità di cibo viene
acquistata in un’altra parte del mondo e rovesciata sul mercato indiano. Così un sistema di produzione molto costoso appare economico. Si spende metà del denaro pubblico per questi sussidi. In India abbiamo ottenuto la libertà per mezzo del cotone, ma oggi
stiamo per diventare nuovamente schiavi attraverso la diffusione del cotone geneticamente modificato e brevettato, credendo alla promessa che avrebbe incrementato il
raccolto. I profitti sono crollati, i prezzi dei semi sono saliti, il prezzo del cotone gonfiato
a causa della globalizzazione.
I contadini vengono schiacciati da questa logica e minacciati di perdita della loro terra.
Ci sono stati 270 suicidi di piccoli agricoltori a causa della globalizzazione. La Monsanto
ha brevettato i semi e costretto i contadini a non usare altri semi. Mentre una parte del
mondo si arricchisce i nostri contadini muoiono.
Inoltre molti bambini mal nutriti non potranno essere in salute né fisicamente né mentalmente. Non saranno esseri umani nel vero senso della parola a causa di questa mentalità distorta. Il futuro è compromesso se continuiamo con questa penosa distorsione
della crescita.
Come possiamo parlare di crescita se i nostri fiumi muoiono, se i contadini muoiono, se
i nostri figli non sono sani?
Ciò che si misura è lo spostamento delle merci-profitto e non il benessere delle persone. La ricchezza oggi distrugge il benessere. Il significato originario della parola ricchezza è la condizione di benessere. Il Butan ha indicato 4 pilastri che possono garantire il benessere. Essi non misurano il PIL ma la crescita della felicità nazionale: il rispetto
per la natura, il rispetto per gli anziani, i valori sacri, la sostenibilità.
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Prima di introdurre un cambiamento occorre valutarne l’impatto fino alla settima generazione. Se un'azione può causare danni alla settima generazione non bisogna intraprenderla. Solo così possiamo preservare la sostenibilità e la bellezza della natura.
Questa è la logica che condividono le culture dei popoli indiani e nativi americani. Lo
smantellamento neoliberista dello stato sociale non è dettato da un reale interesse per
la sorte delle generazioni future.
Non possiamo lasciare un seme sterile alla settima generazione o un fiume morto o inquinato. Se abbiamo in mente la settima generazione abbiamo in mente anche la natura.
Dobbiamo essere consapevoli che siamo dipendenti dai capitali e dalla finanza. Il contadino è dipendente dal capitale, anche se gli viene dato in prestito, per acquistare nuove macchine, più fertilizzanti, più pesticidi. Ma questo sistema, questa economia di mercato, non è un sistema di produzione efficiente. L’efficienza e la produttività dell’agricoltura non tengono conto dell’impoverimento del suolo, dei processi di erosione, dell’estinzione della biodiversità.
Bisogna cambiare il sistema cominciando con una nuova narrazione in cui l'agricoltura
deve essere in accordo con la natura e non permettere investimenti stranieri diretti.
Dobbiamo creare un'alternativa ai fertilizzanti chimici e ai pesticidi e ripristinare la fertilità del suolo e la biodiversità dei microrganismi. La foresta e gli alberi sono i migliori insegnanti.
L'energia della vita si sposta dalla terra alle piante a noi. Dobbiamo scrivere in modo
ecologico imparando dalla natura. Passare da una narrazione legata al denaro ad un
vita che si arricchisca di senso.
La parola economia ha la stessa radice della parola ecologia. Perciò l'ecologia narrativa
deve diventare una narrativa per riscrivere l'economia. Il termine economia deriva dal
greco oikos, che significa casa e la parola “ecologia” proviene dalla stessa parola greca
da cui deriva “economia”. Entrambe rimandano alla dimensione della casa, dell’ambiente di vita. Dobbiamo imparare la complessità, spostarci dalla monocultura della mente
alla diversità della mente.
L’ecologia narrativa può coltivare la diversità della mente, dobbiamo spostarci da un futuro che si basa sul principio di esclusione ad uno che si basi sul principio di inclusione.
Non possiamo rifiutare le risorse della terra, abbiamo bisogno di essere lungimiranti, di
puntare alla qualità e di pensare alle generazioni future.
Bisogna passare dal pensiero lineare a quello circolare. Il pensiero lineare crea l'usa e
getta, dobbiamo dire di no all'acquisto di prodotti spazzatura. Un’economia globale che
tiene conto dei limiti imposti dall’ecologia non può che valorizzare la produzione locale,
per ridurre gli sprechi di risorse umane e naturali. E solamente quelle economie che
adottano un modello di sviluppo ecologico possono diventare economie in grado di assicurare un futuro sostenibile, un mondo che non produce rifiuti.
Non dobbiamo aderire alla logica che siamo quello che compriamo, bensì siamo quello
che facciamo, quello che creiamo. Siamo ciò che mangiamo, l’acqua che beviamo, l’aria
che respiriamo. La tutela dell’ecologia deve essere un obiettivo prioritario, conoscere
come produrre il cibo, come vestirsi, come prendersi cura gli uni degli altri in una sorta
di co-produzione con la terra.
Non dobbiamo essere solo consumatori ma co-produttori. La parola consunzione/consumo nel Medio Evo veniva associata alla tubercolosi, si moriva di consunzione. Con5
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sumando le risorse della terra uccidiamo noi stessi e il pianeta. Dobbiamo vivere la
creatività della terra, così come fanno gli scrittori che esprimono i loro talenti letterari.
Uno scrittore non è una persona speciale, ma ognuno è uno speciale genere di scrittore.
Un'ultima assurdità letta in un giornale il mese scorso. Bill Gates, famoso miliardario di
Seattle, sta finanziando uno scienziato Australiano per aiutare le donne indiane affette
da anemia usando le banane geneticamente modificate. Le banane contengono 4 milligrammi di ferro, ma la maggior parte del nostro cibo, della nostra biodiversità fornisce
ben di più, circa il 60/80 unità di ferro. Usare le banane OGM è perciò completamente
inutile.
Dobbiamo imparare dalla natura, apprezzare la biodiversità, ricordare la nostra storia e
cultura.
La vecchia narrativa finirà con la a che sta per austerità, la nuova narrativa inizierà con
la a che sta per “abbandonare la distruzione della natura” cercando di cooperare al fine
di sprigionare tutte le nostre energie.
Traduzione di Donatella Messina
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