Giorgio Vasari - collegio ballerini

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Giorgio Vasari - collegio ballerini
Giorgio Vasari
Bellotti Jhonatan
Malberti Filippo
Roveda Riccardo
Classe: 4° Scientifico
Anno scolastico: 2013/2014
Biografia
Giorgio Vasari, figura principale del Manierismo, nacque ad Arezzo nel 1511, svolse
la sua attività prevalentemente a Firenze dove fondò l'Accademia delle arti e del
disegno insieme ad altri artisti, basata sul principio che lo studio del disegno è la base
per tutte le arti.
Giorgio Vasari è ricordato prevalentemente per la sua attività di storiografo e critico
d'arte per le "Vite de più eccellenti pittori, scultori et architetti" di cui si ha una prima
edizione risalente al 1550 ed una seconda del 1568 più ampliata.
Giovanissimo, divenne allievo di Guglielmo da Marsiglia, un pittore molto abile nel
realizzare vetrate, al quale è stato consigliato dal pittore Luca Signorelli, suo parente.
Spostatosi a Firenze per proseguire gli studi, entra nella cerchia di Andrea del Sarto e dai
suoi allievi Rosso e Jacopo Pontormo; qui venne apprezzato per la sua profonda
formazione umanistica. Nel 1529 visitò Roma dove studiò le opere di Raffaello e degli
altri artisti del Rinascimento romano; lo studio e l'ispirazione all'arte di Michelangelo e
di Raffaello sono evidenti nelle sue opere pittoriche che hanno soggetti allegorici e
fantastici, quali il ciclo decorativi a Palazzo Vecchio, l'affresco incompiuto all'interno
della cupola del Duomo di Firenze, e gli affreschi per la sua casa ad Arezzo.
I dipinti del Vasari furono più ammirati durante la sua vita, ma venne presto
dimenticato come pittore, ottenendo più fortuna come architetto, attività iniziata nel
1552 con la costruzione di Villa Giulia a Roma commissionatagli da Papa Giulio III.
Seguiranno altre opere architettoniche quali la cupola della Madonna dell'Umiltà a
Pistoia, le Logge ad Arezzo, ma soprattutto il Palazzo degli Uffizi a Firenze.
Dopo aver accumulato una considerevole fortuna Vasari tornò alla natia Arezzo dove
costruì nel 1547 una bella casa in città, trasformata ora un museo in suo onore; in
questa casa l'artista decorò le pareti e le volte con dipinti.
Giorgio Vasari morì a Firenze il 27 giugno 1571.
Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue
insino a' tempi nostri
Tale raccolta risulta la prima opera moderna di storiografia artistica, e assume
pertanto una notevole importanza.
La fama maggiore del Vasari oggi è infatti legata al trattato delle Vite de' più
eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri.
Pubblicato nel 1550 e riedito con aggiunte nel 1568, l'opera, preceduta da
un'introduzione di natura tecnica e storico-critica sulle tre arti maggiori (architettura,
scultura e pittura) è una vera e propria pietra miliare della storiografia artistica, punto
di partenza tutt'oggi imprescindibile per lo studio della vita e delle opere dei più di
160 artisti descritti. La prima edizione, pubblicata a Firenze dall'editore ducale
Lorenzo Torrentino nel 1550 e dedicata al granduca Cosimo I de' Medici, includeva
un prezioso trattato sui metodi tecnici impiegati nelle varie arti. Fu in parte riscritto e
arricchito nel 1568, con l'aggiunta di xilografie di ritratti degli artisti, taluni ipotetici.
La prima edizione si presentava più corposa e più artistica della seconda edizione
giuntina. Quest'ultima, con l'aggiunta di integrazioni e di correzioni, risulta più piatta,
ma è anche quella che ha riscosso più successo e diffusione, con le sue 18 edizioni
italiane ed 8 traduzioni straniere, a fronte di una sola edizione dell'opera originaria.
Un proemio introduce ognuna delle tre parti. Descrive vite ed opere degli artisti da
Cimabue in poi, sostenendo che solo gli artisti fiorentini hanno fatto rinascere l'arte
dal buio del Medioevo, talvolta esponendo idee per partito preso. Si può comunque
dire che Vasari con quest'opera è stato l'iniziatore della critica artistica e molti artisti
toscani devono la loro celebrità internazionale all'opera di valorizzazione e
divulgazione da lui iniziata, molto prima che si cominciassero a studiare altre scuole,
seppur altrettanto importanti (come la scuola romana del Duecento, la pittura
dell'Italia settentrionale del Quattro e Cinquecento), ma tutt'oggi sconosciute al
pubblico non specializzato. Come primo storico dell'arte italiana iniziò il genere,
tuttora in voga, dell' enciclopedie di biografie artistiche. Vasari coniò il termine
“Rinascita”, sebbene una consapevolezza del fenomeno artistico che stava avvenendo
era già presente sin dai tempi di Leon Battista Alberti.
Battaglia di Marciano della Chiana
Quest’ opera è un affresco situato nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio a
Firenze, che il Vasari ha dedicato alla vittoria di Cosimo I de’ Medici a Marciano, in
val di Chiana, contro i senesi.
Probabilmente, l’ affresco è stato realizzato, su richiesta di Cosimo I de’ Medici, sulla
stessa parete su cui era situato il dipinto di Leonardo da Vinci, “La battaglia di
Anghiari”, rimasto incompiuto. Il mistero rimane pertanto irrisolto: non si sa se il Vasari,
circa sessant’ anni dopo la realizzazione del dipinto di Leonardo, abbia distrutto i
frammenti leonardiani o se solo nascosti sotto un nuovo intonaco o una nuova parete.
Per quanto riguardagli accenni storici della scena rappresentata, la battaglia di
Scannagallo (conosciuta nella storia anche come Battaglia di Marciano) fu
combattuta in data 2 agosto 1554 tra l'esercito franco-senese al comando di Piero
Strozzi contro l'esercito ispano-mediceo assoldato dal duca di Firenze, Cosimo I de'
Medici, comandato dal capitano di ventura Gian Giacomo Medici. La battaglia si
concluse nei pressi del villaggio del Pozzo. Gli eserciti si affrontarono nelle colline
adiacenti il fosso di Scannagallo e l'esito sfavorevole ai Senesi segnò il declino della
Repubblica di Siena costretta ad arrendersi definitivamente al nemico nel 1559.
Un particolare dell’ affresco ha provocato diverse interpretazioni e fantasie: fra le
molte bandiere verdi dipinte ve n'è una che reca una scritta in bianco «CERCA
TROVA». La scritta, che è difficilmente leggibile da un osservatore perché si trova
molto in alto, è contemporanea al dipinto, e ciò fa presupporre che sia stata apposta
dallo stesso Vasari, e stranamente non segue le pieghe della bandiera. Sono due le tesi
principali in merito a tale dettaglio. La prima afferma che il Vasari voleva dare un’
accenno per rimandare al dipinto leonardiano su cui ha realizzato l’ opera; la seconda,
negando la veridicità della prima, spiega che il «CERCA TROVA» risulta un’
allusione a un verso dantesco [«Libertà va cercando, ch'è sì cara come sa chi per lei
vita rifiuta" (Purgatorio, versi 70-72)] presente su otto bandiere verdi portate in
battaglia dai "fuorusciti" fiorentini.
Giorgio Vasari a Camaldoli
Madonna col bambino e i santi Giovanni Battista e Girolamo
MADONNA CON BAMBINO E I SANTI GIOVANNI BATTISTA E
GIROLAMO. Olio su tavola cm 207x150. Le decorazioni in legno dorato intorno
alla tavola sono state messe dopo il restauro della chiesa del 1775.
Giorgio Vasari riceve la prima commissione dai camaldolesi nel 1537, all'età di 26
anni Le fonti ricordano che i monaci camaldolesi stupiti per la giovane età del pittore
che ritenevano inesperto, gli chiesero di fare un disegno preparatorio che Vasari
eseguì in una sola notte, cosa che lo fece apprezzare dai committenti.
Era il disegno preparatorio per la tavola della Madonna con Bambino e i santi Battista
e Girolamo.
Scrive Vasari: "Dicendomi essi che vi volevano la Nostra Donna col Figlio in collo,
San Giovanni Batista e San Jeronimo, i quali ambidue furono eremiti ed abitarono i
boschi e le selve …"
La tavola della Madonna con Bambino fu eseguita in soli due mesi nel 1537.
La Vergine siede su un trono in un vano ricavato dalla struttura architettonica
semicircolare sovrastata da due lesene che incorniciano il paesaggio di fondo nel
quale sono raffigurati Il Sacro Eremo a sinistra e il Monastero a destra.
Lo schema compositivo e il modello adottato sono quelli rinascimentali a struttura
piramidale in un'atmosfera chiara e luminosa. La tavola è caratterizzata da un vivace
cromatismo e dalla posa serpentinata del gruppo della Madonna con Bambino,
peculiare della Maniera e inventata da Michelangelo. Quest'opera mostra quanto il
giovane Vasari sia stato influenzato dai contatti con gli artisti fiorentini dei primi anni
del secolo XVI, in particolare Andrea del Sarto.
Giorgio Vasari: particolare della Madonna con Bambino conservata nella Chiesa del
Monastero di Camaldoli. Sullo sfondo Vasari dipinge a sinistra il Sacro Eremo e a
destra il Monastero.
ARCHIVIO DEL MONASTERO DI CAMALDOLI (Atti Capitolari 1563-1585): Al
mese di novembre 1537 si documenta il pagamento per "Madonna e Santi " e si
asserisce che la tavola è stata dipinta a Camaldoli.
Documenti dell'Archivio di Stato di Firenze ricordano che la tavola venne pagata
trenta scudi o duecentodieci lire e che l'ornamento originale era stato realizzato in oro
per lire 34 da Battista di Borgo Sansepolcro, garzone dell'artista (oggi la tavola è
incorniciata da uno stucco dorato settecentesco)
NATIVITÀ
NATIVITÀ, Olio su tavola cm 207x150. Le decorazioni in legno dorato intorno alla
tavola sono state messe dopo il restauro della chiesa del 1775.
L'8 giugno 1538 Vasari riceve la committenza per l'esecuzione della seconda tavola
per Camaldoli che raffigura la Natività. L'opera fu eseguita fingendo una notte
alluminata dallo splendore di Cristo.
Nella tavola di Giorgio Vasari raffigurante la Natività sono presenti tre fonti di luce:
Il Bambino, fulcro della composizione; un angelo piccolissimo, in lontananza in alto
a sinistra, che secondo il Vangelo di Luca è uno solo e intensamente luminoso; due
angeli che cantano gloria in exelsis deo
Due elementi di
particolare interesse
nella Natività di Giorgio
Vasari. Il pastore
inginocchiato è diretta
derivazione della
citazione raffaellesca,
richiama infatti la figura
di Mosè, davanti al
cespuglio rovente,
raffigurata nella stanza
di Eliodoro. Le rose, in
terra dinnanzi a Gesù,
sono menzionate dai
Vangeli apocrifi.
Spunti originali di
sapore nordico sono
presenti nelle svelte
figurette che avanzano
a lume di candela.
Su un cartiglio in terra, semi arrotolato
ad un bastone, Giorgio Vasari a posto
firma e data di realizzazione della sua
Natività.
LA FUCINA DI VULCANO
La Fucina di Vulcano è un dipinto
a olio su rame (38x28 cm) di Giorgio Vasari,
databile al 1564 circa e conservato
negli Uffizi di Firenze.
L'opera fu dipinta nell'ambiente lagato alla
corte medicea di Cosimo I e Francesco I de'
Medici, con una struttura e una tematica simili
a quelle dei pannelli dello studiolo di Palazzo
Vecchio.Al pari dello studiolo, deriva da
un'idea di Vincenzo Borghini, come ricorda
una lettera del letterato all'artista in cui si
raccomanda di non dipingere solo una bottega
di fabbro, ma "un'Accademia di certi virtuosi"
capeggiata da Minerva. Si tratta di un colto
riferimento all'Accademia delle Arti del
Disegno, fondata da Vasari stesso nel 1563,
sotto la protezione di Cosimo I. Almeno dal
1589 fu esposto in Tribuna.Ne esiste una copia di Pier Candido al castello di Windsor,
databile al 1565-1567.
La tecnica e il piccolo formato concorrono a creare un'opera di squisita fattura, ricca
di personaggi e dal tema mitologico, arricchito da messaggi e metafore scioglibili
sono nel colto ambiente di corte.La fucina sotterranea del dio Vulcano (qui una
personificazione dell'ingegno), rappresentata come un brulichìo di operai nudi in
movimento, che si agitano nella penombra, è lo sfondo a un incontro tra la
dea Minerva, venuta a portare un disegno da riprodurre, e il dio Vulcano stesso,
intento a cesellare un prezioso scudo retto da putti giocosi. La dea seminuda,
riconoscibile dall'elmo guerresco, regge compasso e goniometro. Sullo scudo viene
rappresentato il segno del Capricorno, ascendente e protettore del duca Cosimo, e
dell'Ariete, segno zodiacale di Francesco I, accanto a un globo. Altri due putti stanno
portando un elmo, saggio delle magnifiche doti dell'arte del dio. In alto una vittoria
sta planando per portare la corona d'alloro.Tra le attività rappresentate ci sono la
molatura, la fornace dove sono fusi i metalli, la battitura di un'armatura incandescente
sull'incudine, il trasporto di pesanti busti e di anfore ricolme di metallo.A sinistra un
gruppo di disegnatori, vegliati da una statua delle Tre Grazie (modellate sull'esempio
di quelle senesi nella Libreria Piccolomini) riceve l'illuminazione dalle fiammelle del
lampadario, arrivando all'atto supremo della creazione, che rendeva l'arte un fatto
nobile e intellettuale, come teorizzato da Vasari stesso nei suoi trattati. Le grazie,
simbolo delle "tre arti del disegno", fanno da modello ai quattro artisti nudi che le
osservano e le riproducono sui fogli.I nudi dalle pose contorte sono tipici del
pieno manierismo. Spunti dello Stradano, del Poppi e di Jacopo Zucchi sono accolti
nella particolare illuminazione in controluce e nella ricchezza di dettagli.
DEPOSIZIONE: olio su tavola cm 311x210
Giorgio Vasari sarebbe ritornato A Camaldoli per altre due volte a distanza di un
anno, nell'estate del 1539 e del 1540, prima per iniziare e poi per dare compimento
alla "Deposizione", grande opera destinata all'altare maggiore della chiesa. Il dipinto
senza dubbio di maggior impegno lavorativo e di più alto pregio artistico di Vasari a
Camaldoli.
La pala firmata in basso costituituiva la parte centrale di un complesso pittorico
smembrato nel 1775 durante i lavori di rifacimento della chiesa. Dell'opera facevano
parte anche due tavole raffiguranti Santi e attualmente poste sulle pareti laterali della
chiesa e tredici tavolette di predella. Di queste ne sono rimaste dieci, due sono
conservate nella chiesa, otto nel sovrastante coro e sono visitabili solo per motivi di
studio. La struttura architettonica che incorniciava il polittico, fu trasferita nell'antica
chiesa di Badia Prataglia allora dipendente da Camaldoli. Ad oggi risulta dispersa.
Dai Ricordi si evince che la "Deposizione di Cristo" vide il suo inizio per mano del
cugino Stefano Veltroni su un cartone approntato da Vasari che rimise mano alla
complessa opera il 16 giugno 1540 di ritorno da Bologna, un anno dopo aver ricevuto
l'incarico, il 12 giugno 1539.
Dall'Autobiografia sappiamo che Vasari così scrive della tavola della Deposizione " ..
feci un Cristo che è deposto di croce con tutto quello studio e fatica che maggiore
mi fu possibile: e perché col fare e col tempo mi pareva pur migliorare qualche
cosa né mi soddisfacendo della prima bozza".
CRISTO NELL'ORTO
Per ultima questo "Cristo nell'orto" o "Cristo nel Getsemani". Un'opera di Giorgio
Vasari conservata a Camaldoli e "riscoperta" nel 2011 dalla prof.ssa Alberta Piroci
Branciaroli. La tavola che raffigura "Cristo nell'orto degli ulivi", risulta ultimata il 31
dicembre 1571 a Firenze (G.Vasari, Ricordanze)
Commissionata a Giorgio Vasari dai romiti camaldolesi, è rimasta custodita per ben
quattro secoli e mezzo nella cappella dell'infermeria della clausura del Monastero di
Camaldoli. Si è spostata per la prima volta da questo luogo nell'aprile 2011 quando,
in occasione delle celebrazioni dei cinquecento anni dalla nascita di Giorgio Vasari, è
stata esposta nel Palazzo Vescovile di Arezzo.
La tavola è gemella di quella conservata al National Museum of Western Art di Tokyo
dal 1979. "Il Cristo nell'orto" nipponico può essere identificato con quello
commissionato nel 1570 da Don Garcia di Toledo a Vasari per il re di Spagna Filippo II.
L'unica differenza tra le due pitture risulta essere il colore del manto di Cristo e della
veste di Pietro che nella tavola di Camaldoli è bianco mentre nella tavola nipponica è
blu di lapislazzulo.
LA LAPIDAZIONE DI SANTO STEFANO
La lapidazione di Santo Stefano è stata composta tra il 1569 e ol 1571 su ordine di
Cosimo de Medici presso la chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri a Pisa; il bellissimo
dipinto di Giorgio Vasari raffigura la lapidazione di Santo Stefano e si trova ora alla
Pinacoteca Vaticana.
Essa, essendo di stampo cristiano, raffigura la narrazione del testo sacro in cui
descritta la scena, che si svolge fuori dalle mura di una città richiamante un luogo
romano: si tratta della città di Gerusalemme durante la dominazione romana, e questo
è un elemento che serve a descrivere i fatti e i personaggi, specialmente il giovane
seduto a destra di chi guarda. La scena rappresenta il momento in cui carnefici si
scagliano contro Stefano per portarlo fuori della città in modo tale da lapidarlo; i
testimoni mettono poi un mantello rosso ai piedi di un giovane vestito con abiti
romani e seduto a destra del dipinto... si tratta di Paolo, o meglio, del giovane Saulo.
il mantello indica la sua autorità e il tributo a lui per quanto successo come se fossi un
onore alle sue spalle si vede un sommo sacerdote parlare con giovani e indicare
tramite l'utilizzo da parte del Vasari di uno spostamento temporale l'apprendistato
dello stesso solo da Gamaliele posto dietro le spalle dello stesso ragazzino Saulo
grande e piccolo definiscono saulo per proporzioni dovuti alla diversa età di
rappresentazione e sono uno dirimpetto all'altro. Questa simbologia utilizzata da
Giorgio Vasari indica l'irreprensibilità di Saulo nei confronti della legge, che sarà poi
la stessa a convertirlo e a renderlo uno dei testimoni più strenui del cristianesimo.
INDICE
Biografia del Vasari: pag. 1
Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a'
tempi nostri: pag. 1,2
Battaglia di Marciano: pag.2,3
Madonna col bambino e i santi Giovanni Battista e Girolamo: pag.4,5
Natività: pag.6,7,8
La fucina di Vulcano: pag.8,9
Deposizione: pag.10
Cristo nell'orto: pag.11
La lapidazione di Stefano: pag.12
SITOGRAFIA
Wikipedia, Enciclopedia Treccani, ilbelcasentino.it