GIALLONEL COMASCO Trovato morto in un furgone

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GIALLONEL COMASCO Trovato morto in un furgone
PIA02#-C6
10/10/2009
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2 [ DELITTO ■ sul Lario ]
GIALLONEL COMASCO
Trovato morto in un furgone
Colpo in testa: un’esecuzione
La vittima un quarantacinquenne di Colico, il cadavere è stato rinvenuto a Tavernerio
Aveva una piccola azienda, era sparito da 24 ore. La moglie: «Me l’hanno ammazzato»
TAVERNERIO Il cadavere di un
uomo con il cranio sfondato è stato ritrovato ieri pomeriggio poco
dopo le 15 all’interno di un furgone posteggiato a Tavernerio, tra via
Europa Unita e via Alle Selve, a
venti metri in linea d’aria dalla statale.
Il corpo è quello di Antonio Di Giacomo, 45 anni, origini potentine,
residente a Colico con la moglie e
tre figli di età compresa tra i 5 e i
10 anni, grande appassionato di
windsurf e titolare della «Wind service», piccola azienda individuale che si occupa di forniture di
caffè e bevande. Non dava più notizie di sé da circa 24 ore. Ieri mattina sua moglie ne aveva denunciato la scomparsa ai carabinieri
di Colico. A trovarlo sarebbe stato
uno dei fratelli, Giuseppe, che risulta peraltro residente proprio a
Tavernerio, in via Resegone, non
lontano dal punto del ritrovamento. Il corpo era in un furgone giallo di proprietà della vittima, un
Mercedes Vito con i vetri oscurati,
i cerchi in lega e le insegne della
Wind service. Era aperto: è bastato spalancarne il portellone posteriore per scoprire il cadavere.
È stato trovato steso a pancia sotto, senza scarpe, sdraiato in un
grosso armadio di plastica grigia
che fungeva da bara, poggiata nel
vano di carico tra scatoloni carichi
di bicchierini, palette per il caffè e
cialde. Lo copriva un telo verde dal
quale spuntavano i piedi. La testa
era coperta con un sacchetto di plastica trasparente, sul genere di
quelli che si utilizzano per surgelare gli alimenti. Era zuppo di sangue, come il resto del furgone nel
quale non sono state trovate armi.
È un dettaglio importante, il primo che abbia consentito di sgomberare il campo dall’ipotesi che potesse trattarsi di un suicidio.
Di Giacomo indossava un paio di
jeans e un giubbotto blu leggero.
Sua moglie è arrivata a Tavernerio
circa un’ora e mezza dopo il ritrovamento. L’ha riconosciuto dagli
abiti: «È lui - ha gridato - me l’hanno ammazzato». La polizia, prima
che la salma fosse portata via e
messa a disposizione del pm Simone Pizzotti, ha interrogato un
certo numero di testimoni, in particolare di residenti. Sembra che il
furgone fosse posteggiato sotto i
faggi di via Europa Unita già dal
pomeriggio precedente. Senz’altro
l’ha visto, prima dell’alba, un vicino che rientrava da un turno di
notte ma, in ogni caso, pare che la
sua presenza fosse tutt’altro che
inedita. Qualcuno ha raccontato di
averlo visto anche altre volte, ed è
plausibile che si trattasse proprio
di lui, di Antonio, che da queste
parti veniva a trovare il fratello. La
prima domanda riguarda proprio
il furgone. Bisogna chiarire dove
l’imprenditore sia stato ucciso e
perché, nell’ipotesi in cui l’esecuzione sia avvenuta altrove, il killer
abbia voluto portarlo fino a qui. Si
indaga nel suo passato: appassionato di windsurf, originario come
il resto della sua famiglia - quattro
fratelli e una sorella - del Comune
di San Fele, in provincia di Potenza, Di Giacomo non aveva precedenti penali. Può non significare
molto, ma sulla carta era comunque un artigiano lontano da ambienti malavitosi o anche soltanto
in odore di malavita. Nella tarda
serata di ieri la squadra mobile della polizia, cui sono affidate le in-
[zoom]
IL CADAVERE
Era steso sul fondo di una cassa chiusa nel retro del furgone
Mercedes
dagini, stava cercando di mettere
a fuoco la rete delle sue conoscenze, di quelle che lo legavano a
clienti, fornitori, amici e conoscenti. Sono state sentite moltissime
persone, soprattutto si è cercato di
mettere a fuoco i suoi spostamenti. Sua moglie ha raccontato che
era uscito di casa venerdì verso
mezzogiorno e che aveva spento il
cellulare quasi subito. Un amico
gli avrebbe parlato attorno a mezzogiorno e mezzo, poi più nulla.
Hanno iniziato a cercarlo i parenti l’altra sera, poi hanno sporto denuncia. Lo spegnimento del cellulare rende difficile il tracciamento
dei suoi movimenti. Se spenti, i telefonini non agganciano le cosiddette "celle" che, distribuite sul territorio, aiutano in genere a disegnare anche gli spostamenti. La scientifica ha scandagliato a fondo il furgone. Sono state trovate molte impronte digitali sui portelloni e sulle maniglie, ma potrebbero essere
di chiunque. Il resto sarà probabilmente oggetto di verifiche più ap-
profondite, a partire dalle analisi
del sangue trovato nell’armadio
che accoglieva il cadavere.
Ma sono soprattutto due i dettagli che rendono questo delitto così inquietante. Il sacchetto e il luogo in cui è stato ritrovato il furgone. Il cellophane fa pensare a una
autentica esecuzione, quasi che
qualcuno glielo abbia messo in testa prima di sparargli per evitare
di spargere troppo sangue. Il furgone, posteggiato così vicino a casa del fratello, autorizza invece a
pensare che l’assassino abbia voluto mandare un messaggio.
Antonio Di Giacomo si era trasferito in Lombardia, con il resto della famiglia, nel 1972, quando aveva appena nove anni. Con il padre,
la madre e suoi quattro fratelli (tra
i quali una sola sorella) erano andati a vivere a Cavallasca, prima di
dividersi in età adulta, in altri Comuni della provincia di Como e di
Lecco. Al paese natale, nel Potentino, non tornavano quasi mai.
Stefano Ferrari
LA DISPERAZIONE
I parenti della vittima. A sinistra il fratello, al centro la moglie Cecilia
IL FURGONE GIALLO
Il furgone rimane a disposizione della polizia per i rilievi
scientifici
TAVERNERIO Il punto del ritrovamento del furgone, accanto alla Statale
[ L’APPELLO ]
FOLLA DI CURIOSI
L’allarme dagli amici del windsurf
Zona residenziale, piena di residenti, scesi tutti in strada
La vittima era un appassionato di questo sport: si temeva un malore
L’APPELLO SUL WEB
Gli amici del windsurf di Valmadrera avevano lanciato un
appello via web
COLICO (e. lon.) L’appello per le
ricerche di Antonio Di Giacomo era
apparso ieri pomeriggio sul sito internet del Windsurf club di Valmadrera, uno dei club di appassionati
molto frequentato dal colichese. Gli
amici si erano impegnati con il passa parola a dare una mano ai famigliari nelle ricerche. «Abbiamo ricevuto comunicazione da un amico che da ieri pomeriggio (venerdì
per chi legge Ndr) - si leggeva nel sito - non si hanno più notizie di un
windsurfista che molti di voi conosceranno. Antonio di Giacomo as-
siduo frequentatore di Colico in particolare».
Dava indicazioni precise del mezzo, il furgone Vito Mercedes, giallo
con la scritta «Wind service caffè»,
la sua ditta, con il quale era uscito
di casa venerdì mattina.
La preoccupazione degli amici dopo aver appreso dalla moglie che
Antonio non era rientrato a casa la
sera prima era che fosse rimasto vittima di un malore lungo la strada
e si chiedeva agli amici di aiutare i
famigliari nella ricerca prestando attenzione nei vari parcheggi, aree di
servizio, lungo la sponda del lago
ma anche ovunque si trovassero.
«Viste anche le cattive condizioni
meteorologiche di ieri - chiedeva
il messaggio - segnalate anche anomalie o segni particolari lungo la
strada che da Como e Lecco salgono verso Colico».
Poi ieri verso sera è arrivata a Colico, a Valmadrera, a Dervio dove hanno sede i club di wind surf da lui
frequentati la notizia del tragico ritrovamento dell’uomo che ha lasciato attoniti tutti quelli che lo conoscevano.
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LA PROVINCIA
DOMENICA 11 OTTOBRE 2009
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[il ricordo]
GLI AMICIDI COLICO
«La moglie
l’aveva
cercato qui»
[ LA VITTIMA ]
L’«uomo con il sorriso» e la sua sfida:
diventare un piccolo imprenditore
Da poco tempo aveva avviato una propria ditta per vendere i distributori del caffè
I NUMERI
La lunga stagione
degli omicidi
Da luglio è il quarto
COMO - Quello di Tavernerio, se
l’indagine dovesse confermare le
impressioni (e cioè che si sia trattato di una esecuzione) è il quarto
delitto in meno di quattro mesi. Un
piccolo record per la provincia di
Como. Il primo fu quello per il quale ancora oggi si indaga sulla giovane Stefania Albertani, 26enne di
Cirimido, sospettata della morte
della sorella maggiore Maria Rosa, trovata cadavere (carbonizzato) lo scorso 14 luglio. Il secondo
fu l’omicidio, ad agosto, del povero Antonio Dubini, imprenditore
sessantenne con casa a Carate
Urio, colpito a morte sul cancello
di casa da un suo ex dipendente, il
quarantenne di Cadorago Antonio
Terribile, che per vent’anni, nella
sua apparente follia (ma c’è già
una perizia psichiatrica che lo conferma) aveva covato nei suoi confronti un odio tanto intenso quanto
ingiustificato. Il terzo delitto riguarda Antonio Zingaro, cinquantenne di origini meridionali da una vita trapiantato a Laino, nell’Intelvese, ucciso dal cognato al culmine
di una furibonda lite la sera dello
scorso 6 settembre.
COLICO In paese Antonio Di Giacomo con la moglie Cecilia e i loro tre figli era arrivato da poco, soltanto da circa due anni.
Aveva preso un rustico a Colico in via Pra Lavaca
al civico 8 nella zona di Villatico e l’aveva sistemato per abitarvi con la famiglia.
La casa si trova in una zona abbastanza isolata nei
prati e nei boschi che salgono dalla frazione di Villatico verso il Legnone.
Ma nei paesi dell’Alto lago, nonostante appunto
fosse giunto da non molto tempo a Colico e l’abitazione fosse ubicata in una posizione piuttosto isolata, la vittima dell’omicidio di Tavernerio, era comunque ben conosciuta.
Antonio Di Giacomo, l’uomo trovato morto, ucciso, nel suo furgone ieri pomeriggio a Tavernerio,
era nato 46 anni a Potenza e proveniente dal Comasco, prima di arrivare a Colico aveva infatti abitato
anche a Varenna. A farlo conoscere erano sia la sua
attività sia ciò che faceva nel tempo libero. E soprattutto era noto, oltre che per la sua passione per il
surf e tutti gli appassionati di tale disciplina lo conoscevano, anche per il suo lavoro in alcune aziende da Dervio a Colico dove curava per conto di una
ditta distributrice le macchinette del caffè.
Qualcuno che in quelle aziende aveva lavorato, se
lo ricorda quando arrivava a rifornire le macchinette del caffè, e lo descrive adesso come «un giovane
sempre sorridente e sempre gentile».
E da qualche tempo aveva deciso di mettersi in proprio ed aveva dato vita alla sua ditta, la Wind service caffè, con un richiamo chiaro alla sua grande
passione nel nome sempre per la distribuzione della macchinette di caffè nella zona lecchese e verso la Valtellina. E la sua ditta ha la sede a Colico.
Il suo furgone giallo Vito Mercedes con la scritta
della ditta era facile vederlo in giro per le vie di Colico, ma soprattutto lo si poteva vedere nella zona
della riva del lago. Di pomeriggio in particolare gli
appassionati di surf lo vedevano arrivare, carico di
surf che poi scaricava per dedicarsi al suo sport preferito.
Uno sport che praticava ormai da più di 25 anni e
che aveva conosciuto proprio sulle rive dell’alto Lario e che lo aveva conquistato.
Spesso lo accompagnava nei suoi pomeriggio sul
lago la moglie Cecilia e i tre figli e il ricordo di chi
li conosceva è quello di una famigliola felice.
Ieri mattina la moglie, preoccupata per il mancato
rientro del marito la sera precedente, ma già da mezzogiorno l’uomo che era uscito regolarmente la
mattina non aveva risposto al telefono cellulare, aveva presentato la denuncia
di scomparsa ai carabinieri di Lecco.
E si era recata lei stessa, cercando
di nascondere preoccupazione e
timori, nei negozi di articoli sportivi, nelle sedi della scuole di surf,
da alcuni amici a Colico ma anche a Dervio per chiedere notizie
del suo Antonio. Ma nessuno degli
amici e dei conoscenti l’aveva visto
dal giorno precedente o aveva avuto notizie di lui.
La ricerca di notizie del marito, mentre crescevano
con il passare delle ore nella donna sempre più l’angoscia e i brutti presentimenti, era durata fino all’arrivo a Colico nel primo pomeriggio da Tavernerio della tragica notizia del ritrovamento del corpo
del marito ucciso in quel modo e abbandonato nel
suo furgone.
E ieri sera, dopo essere stata a Tavernerio dove era
stato trovato il marito è tornata nella casa di Colico. «Cercate di capire la mia tragedia, - ha detto brevemente prima di entrare - abbiate rispetto e comprensione, ho tre figli da crescere».
Ernesto Longhi
COLICO «Era un
padre amorevole
con i suoi tre
bambini e con la
moglie Cecilia
formavano una
coppia perfetta.
Era un grande appassionato di wind surf ed era anche molto bravo».
E’ questo il ricordo più immediato di Maria Grazia, titolare del negozio Nautica e sport di Colico alla notizia della tragica morte di Antonio Di Giacomo.
«Sono allibita - continua - eravamo preoccupati per la sua scomparsa, ma nessuno pensava ad una
fine tanto tragica. Era una brava
persona. Lo conosco da più di 20
anni, l’ho sempre visto sulla spiaggia a fare surf, soprattutto nei pomeriggi d’estate».
E nell’ambiente degli appassionati di surf di Colico, Dervio e Valmadrera Antonio Di Giacomo era
una persona molto conosciuta, come assiduo frequentatore delle
spiagge del surf.
Era stimato anche come persona
ed era ritenuto uno molto bravo
nella disciplina. Molti negli ultimi
tempi ricordano il suo furgone giallo con il quale arrivava in spiaggia
e che gli serviva sia per il suo lavoro di imprenditore, titolare della Wind service caffè, ma anche per
caricare il surf.
Al mattino in particolare dalle 6
alle 10 lo si poteva vedere a Parè
di Valmadrera dove ha sede il
Wind surf club Valmadrera, al pomeriggio invece, soprattutto d’estate a Colico, dove solo i migliori
praticano il surf, nella zona del
club Son of a beach, scelte dettate proprio per sfruttare al meglio il
vento.
E anche nel nome della sua ditta
di assistenza alle macchinette del
caffè aveva voluto che ci fosse il riferimento alla sua grande passione il wind surf e al vento.
E a Colico lo conosceva molto bene anche il titolare della scuola di
wind surf «Son of a beach», Giovanni Bigiolli. «Era un ottimo surfista, - afferma appena saputo della morte di Antonio - veniva qui
da oltre 20 anni, ho sempre avuto
con lui un ottimo rapporto. Era
un surfista di ottimo livello. E’ una cosa sconvolgente quello che gli è
successo».
A Dervio invece Antonio Di Giacomo era
molto conosciuto e
amico di Upali Gunawardena, (nella foto)
titolare della scuola di
wind surf di Dervio.
«Era venuto qui da me a praticare il wind surf, era stato uno
dei primi - ricorda Upali - poi più
avanti aveva preferito orientarsi
sulla spiaggia di Colico. Ma siamo
rimasti molto amici. Lo conoscevo
anche per la sua attività, infatti mi
ha fornito lui la macchinetta del
caffè. Questa mattina (ieri per chi
legge Ndr) è arrivata qui la moglie
Cecilia a cercarlo e a chiedermi se
fosse venuto da me. Ma io non l’avevo visto. E poi ho avuto la tremenda notizia della sua morte».